Spazi di Funzioni. Docente:Alessandra Cutrì. A. Cutrì , , Metodi Matematici per l ingegneria Ing.
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1 Spazi di Funzioni Docente:Alessandra Cutrì
2 Spazi funzionali Nello studio di fenomeni di estremo interesse applicativo (problemi di controllo, trasmissione e ricezione di segnali ed in generale nella formulazione e studio dei modelli matematici di fenomeni naturali, economici, medici, il vincolo della dimensione finita di R N è troppo forte! Cosa sono gli spazi vettoriali a dimensione infinita? Sono spazi vettoriali (su R o C) i cui elementi sono FUNZIONI (vengono considerate come punti di questi nuovi spazi). L ambiente naturale per lo studio delle serie di Fourier sono particolari spazi vettoriali a dimensione infinita normati e dotati di prodotto scalare (sui quali si può definire anche il concetto di proiezione ortogonale): gli spazi di Hilbert nelle quali queste serie convergono (in un senso da precisare) senza alcuna ipotesi sul segnale!
3 Distanze-Norme Per i nostri scopi è necessario considerare spazi vettoriali normati in cui la distanza indotta dalla norma ci induca una nozione di convergenza (per le approssimazioni) Riconsideriamo l esempio:
4 perché diciamo che la terza approssimazione è la migliore? Che vuol dire che meglio approssima il segnale? Significa che è la più vicina al segnale! Cioè la sua distanza dal segnale è la più piccola dei tre casi Sono tutte funzioni... di quale distanza parliamo? Non abbiamo mai definito una distanza tra funzioni (o tra grafici di funzioni)!
5 Spazi vettoriali normati Nel piano (R 2 ) e nello spazio ( R 3 ) sappiamo che la lunghezza di un vettore v si esprime rispettivamente come Se v = (v 1, v 2 ) R 2 v = (v 1 ) 2 + (v 2 ) 2 (la norma è la lunghezza di v) Se v = (v 1, v 2, v 3 ) R 3 v = (v 1 ) 2 + (v 2 ) 2 + (v 3 ) 2 (la norma è la lunghezza di v) Questa norma induce una distanza (quella euclidea): Se v = (v 1, v 2 ) R 2 e w = (w 1, w 2 ) R 2 d 2 (v, w) := v w = (v 1 w 1 ) 2 + (v 2 w 2 ) 2 Se v = (v 1, v 2, v 3 ) R 3 e w = (w 1, w 2, w 3 ) R 3 d 2 (v, w) := v w = (v 1 w 1 ) 2 + (v 2 w 2 ) 2 + (v 3 w 3 ) 2
6 In R N, v = (v 1, v 2,..., v N ) R N v 2 = N v i 2 (Norma euclidea) i=1 e la distanza indotta (quella euclidea) Se v = (v 1, v 2,..., v N ) R N e w = (w 1, w 2,..., w N ) R N d 2 (v, w) := v w 2 = N v i w i 2 i=1 Quali proprietà ha la norma? Essendo una lunghezza è v 0 e v = 0 v = 0 λv = λ v λ R, v R N v + w v + w (disuguaglianza triangolare) Questo concetto di norma si può generalizzare ad un qualunque spazio vettoriale
7 Possiamo definire anche altre norme in R N (cioè altre funzioni che godono delle tre proprietà evidenziate nella slide precedente (che indurranno altre corrispondenti distanze). Per esempio: N v 1 = v i e i=1 d 1 (v, w) := v w 1 = N v i w i per v, w R N i=1 v = max i=1,...,n v i e d (v, w) := v w = max i=1,...,n v i w i per v, w R N
8 la distanza euclidea non ha senso in questo ambito! La distanza d_1 invece ha senso e più traiettorie realizzano tale distanza pari a 5 blocchi! 3 orizzontali+2 verticali oppure 1orizzontale +1 verticali+2 orizzontali +1 verticale! etc anche la distanza d ha senso ed in tal caso! vale 3 blocchi (massimo tra 3 e 2)
9 Spazi vettoriali normati Uno spazio Vettoriale V si dice NORMATO se è definita su V una norma, cioè una funzione che verifica: v 0 e v = 0 v = 0 λv = λ v λ R(o C), v V v + w v + w (disuguaglianza triangolare) Esempio: V = C v := (Rev) 2 + (Imv) 2 è una norma (analogamente il modulo è una norma su V = R) Esempio: V = R N, v = (v 1, v 2,..., v N ) V v 2 = N v i 2 (Norma euclidea) v 1 = i=1 N v i i=1 v = max i=1,...,n v i TUTTE LE NORME IN R N ( o più in generale negli spazi vettoriali a dimensione finita) SONO EQUIVALENTI
10 Norme equivalenti su spazi a fimensione finita Uno spazio Vettoriale V ha dimensione finita N esistono N vettori linearmente indipendenti {e 1,..., e N } tali che ogni elemento v V si esprime (in modo unico) come v = N i=1 v ie i con v i R(o C) Se V ha dimensione finita, tutte le norme sono EQUIVALENTI cioè comunque si fissino due norme a e b. esistono due costanti C 1 e C 2 tale che C 1 v b v a C 2 v b v V (1) Le distanze indotte dalle norme d(v, w) = v w sono equivalenti (successioni di punti di V con dimv = N convergenti in una norma, convergono anche nelle altre norme allo stesso limite)
11 Sfere unitarie per le tre norme definite in R 2 Ecco le sfere unitarie relative a norma euclidea v 2 1, norma v 1 1 e norma infinito v 1
12 Esempi di spazi a dimensione infinita V = C([a, b]; R) = {f : [a, b] R continue in [a, b]} V ha dimensione infinita: k N le funzioni 1, t, t 2,..., t k sono linearmente indipendenti (infatti c 0 +c 1 t+c 2 t 2 +c 3 t 3 + +c k t k = 0 c 0 = c 1 = = c k = 0) si possono definire per esempio su V le seguenti norme: f L (a,b) = max t [a,b] f (t) (esiste per il teorema di Weierstrass) e si chiama norma lagrangiana b f L 1 (a,b) = f (t) dt e si chiama norma L 1 (a, b) di f a b f L 2 (a,b) = f (t) 2 dt e si chiama norma L 2 (a, b) di f a (Oss: Le funzioni continue su [a, b] sono integrabili e dunque le norme sono ben definite)
13 Norme non equivalenti Le norme appena definite su C([a, b]; R) NON sono equivalenti. Infatti, non esiste alcuna costante C tale che f L C f L p (a,b) con p = 1, 2 f C([a, b]; R) Prendiamo [a, b] = [0, 1] e la successione di punti di C([0, 1]; R) data da f n (t) = t n n N Abbiamo: f n L (0,1)=max t [0,1] t n = 1 per ogni n N f n L 1 (0,1)= 1 0 tn dt = 1 n+1 1 f n L 2 (0,1)= Perciò il rapporto 0 t2n dt= f n L (0,1) f n L p (0,1) 1 2n+1 + per n non è limitato (la costante non può ovviamente dipendere da n!)
14 Conseguenze Per gli spazi vettoriali normati a dimensione infinita è necessario specificare la norma che si considera in quanto come spazi metrici (rispetto alla distanza indotta dallla norma: d(f, g) = f g ) hanno caratteristiche differenti. Intorni di un punto v V di raggio R: B R (v) = {w V t.c. d(v, w) = v w < R} limite di una successione (v) n V : (v) n v V lim n (v) n v = 0 In dimensione infinita una successione può convergere rispetto ad una norma e non convergere rispetto ad un altra: in C([0, 1]; R), la successione f n (t) = t n 0 in L 1 (0,1) e L 2 (0,1) NON in L (0,1)
15 Spazi di Banach Successioni di Cauchy: (x) n (V, ) è una successione di Cauchy se ɛ > 0, N ɛ N t.c. n, m > N ɛ (x) n (x) m < ɛ Ogni successione convergente in (V, ) è una successione di Cauchy (rispetto alla stessa norma) Il viceversa non è sempre vero (trovare esempio!) e gli spazi normati in cui è vero si chiamano Spazi completi o Spazi di Banach Attenzione: per gli spazi vettoriali di dimensione infinita, l essere o meno completi come spazi normati non dipende solo dallo spazio vettoriale ma anche dalla norma che si considera!
16 Gli spazi di Banach sono importanti per le applicazioni Per le applicazioni è di particolare importanza lavorare con spazi completi. Infatti l unico possibile criterio per arrestare un procedimento numerico di tipo iterativo è quello di provare che soddisfa un criterio di Cauchy! cioè che la differenza tra i valori numerici tra due iterazioni è più piccola di una soglia prefissata: (x) n (x) n 1 < soglia ARRESTA IL PROCESSO e poni la soluzione X := (x) n Ma chi ci dice che in tal caso (x) n converge?? (L unica informazione che abbiamo è che (x) n è di Cauchy) Converge se (x) n appartiene ad uno spazio completo rispetto alla norma che stiamo utilizzando!
17 Esempi di spazi completi e non completi R N è completo (con qualsiasi norma visto che sono tutte equivalenti) Q NON è completo: La successione (1 + 1 n )n è di Cauchy in Q (visto che lo è in R) ma lim n (1 + 1 n )n = e ed e Q C([a, b], ) è completo (cfr. slide successiva) C([a, b], L 1) NON è completo (cfr. slides successive) C 1 ([a, b], ) NON è completo (cfr. slides successive) C 1 ([a, b]) con la norma f,1 := f + f è completo (dimostrarlo)
18 C([a, b], ) è uno spazio di Banach Lo spazio delle funzioni continue con la norma Lagrangiana è uno spazio di Banach. Infatti, ogni successione di funzioni f n C([a, b]) che sia di Cauchy rispetto alla norma Lagrangiana f n f m L (a,b) 0 n, m verifica la condizione ɛ > 0 N ɛ N t.c. max t [a,b] f n(t) f m (t) < ɛ n, m > N ɛ quindi è uniformemente di Cauchy e per il criterio di convergenza uniforme, converge uniformemente in [a.b] ad una funzione f che essendo limite uniforme di una successione di funzioni continue, è continua e dunque appartiene a C([a, b]).
19 C([a, b], ) è uno spazio di Banach Lo spazio delle funzioni continue con la norma Lagrangiana è uno spazio di Banach. Infatti, ogni successione di funzioni f n C([a, b]) che sia di Cauchy rispetto alla norma Lagrangiana f n f m L (a,b) 0 n, m verifica la condizione ɛ > 0 N ɛ N t.c. max t [a,b] f n(t) f m (t) < ɛ n, m > N ɛ quindi è uniformemente di Cauchy e per il criterio di convergenza uniforme, converge uniformemente in [a.b] ad una funzione f che essendo limite uniforme di una successione di funzioni continue, è continua e dunque appartiene a C([a, b]).
20 C([a, b], ) è uno spazio di Banach Lo spazio delle funzioni continue con la norma Lagrangiana è uno spazio di Banach. Infatti, ogni successione di funzioni f n C([a, b]) che sia di Cauchy rispetto alla norma Lagrangiana f n f m L (a,b) 0 n, m verifica la condizione ɛ > 0 N ɛ N t.c. max t [a,b] f n(t) f m (t) < ɛ n, m > N ɛ quindi è uniformemente di Cauchy e per il criterio di convergenza uniforme, converge uniformemente in [a.b] ad una funzione f che essendo limite uniforme di una successione di funzioni continue, è continua e dunque appartiene a C([a, b]).
21 C([a, b], L1 (a,b)) NON è uno spazio di Banach Lo stesso spazio vettoriale C([a, b]) con la norma integrale L 1 (a, b) NON è uno spazio completo. Infatti prendiamo per esempio [a, b] = [ 1, 1] e scegliamo la successione di funzioni 1 t [ 1, 1 n ] g n (t) = nt t 1 n 1 t [ 1 n, 1] Proviamo che tale successione di funzioni continue, pur essendo di Cauchy per la norma L 1, non converge in questa norma ad una funzione continua (cioè un elemento dello spazio vettoriale C([ 1, 1]). ) g n (t) sign(t) puntualmente e sign(t) C([ 1, 1]) g n (t) sign(t) L 1 = 1 1 g n(t) sign(t) dt = 1 n 0 (quindi g n converge in norma L 1 alla funzione sign(t)) g n (t) g k (t) L 1 0 n, k
22 % Infatti g n (t) g k (t) L 1 = 1 1 g n(t) g k (t) dt 1 1 g n(t) sign(t) dt g k(t) sign(t) dt 1 n + 1 k Quindi g n è una successione di Cauchy rispetto alla norma L 1. Dimostriamo che non esiste alcuna funzione ĝ C([ 1, 1]) tale che g n (t) ĝ(t) L 1 0. Se, per assurdo esistesse una tale ĝ, si avrebbe sign(t) ĝ dt sign(t) g n t dt+ g n (t) ĝ(t) dt Perciò sign(t) ĝ(t) è una funzione continua in [ 1, 1] \ {0} che soddisfa sign(t) ĝ(t) = 0 t 0 ma allora ĝ(t) non può essere continua in t = 0
23 C 1 ([ 1, 1], ) NON è completo La successione di funzioni max t [ 1,1] f n (t) = t n 2 C 1 ([ 1, 1]) converge uniformemente a f (t) = t in [ 1, 1], infatti: t n 2 t 2 n = t n + t 2 2 max t [ 1,1] 1 n 2 1 n = 1 n 0 Quindi f n è di Cauchy in. Essendo t C 1, tale spazio non è completo. Per rendere C 1 uno spazio completo, si può considerare la norma seguente che induce una convergenza uniforme anche per le derivate: f 1, = f L + f L
24 Completamento di C([a, b]) rispetto alle norme integrali Lo spazio C([a, b]) non è completo rispetto alla norma L 1. Si può provare che non è completo rispetto alle norme f L p (a,b) := ( b a f (t) p ) 1 p p 1 (2) tutte verificanti le tre proprietà caratterizzanti una norma e tutte ben definite sullo spazio C([a, b]). Per la norma L 1, quando [a, b] = [ 1, 1] la successione g n è di Cauchy, ma non converge nella norma L 1 ad alcuna funzione continua (essendo il suo limite la funzione sign(t)). Questo non sarebbe stato un controesempio alla completezza dello spazio se avessimo considerato la stessa norma su uno spazio più grande: quello delle funzioni integrabili secondo Riemann: (R(a, b); L 1) essendo sign(t) R(a, b). Ma sorgono due problemi (??) non sono norme su R(a, b) (superabile) (R(a, b); L 1) è ancora troppo piccolo per essere completo
25 % Qual è il completamento di C([a, b]) munito di una delle norme integrali (??)? È lo spazio delle funzioni misurabili secondo Lebesgue tali che la corrispondente norma L p risulti finita. Tutte le funzioni R integrabili sono Lebesgue-integrabili e gli integrali coincidono. La funzione di Dirichlet χ Q (0,1) è Lebesgue-integrabile anche se non è R integrabile le (??) non sono più norme perché non soddisfano f = 0 f = 0 Questo problema si supera se invece di considerare come elementi di questo nuovo spazio vettoriale le singole funzioni, si considerano le classi di equivalenza di funzioni uguali quasi ovunque cioè si identificano funzioni che coincidono al di fuori di un sottoinsieme di [a, b] di misura nulla
26 % L 1 (a, b) = {f : [a, b] R (o C ) t.c. f L 1 (a,b) = b a f (t) dt < } dove si considerano uguali (cioè lo stesso elemento) funzioni che coincidono quasi ovunque: f = g q.o. in [a, b] mis(t [a, b] t.c. f (t) g(t)) = 0 la funzione di Dirichlet essendo nulla in [0, 1] \ Q ed essendo mis(q) = 0 (perché Q è unione numerabile di insiemi di misura nulla (i punti)), risulta uguale a zero quasi ovunque e quindi si identifica con la funzione nulla! gli elementi di L 1 sono classi di equivalenza di funzioni secondo la relazione di equivalenza: f g f = g q.o. in [a, b]
27 Analogamente L p (a, b) = {f : [a, b] R (o C ) t.c. f L p (a,b) = ( OSS: se f è a valori complessi, f = f (t)f (t) = (Ref (t)) 2 + (Imf (t)) 2 Caso speciale: p = 2 L 2 (a, b) = {f : [a, b] R (o C ) t.c. f L 2 (a,b) = ( b a b a f (t) p dt) 1 p < } f (t) 2 dt) 1 2 < } perché è l unico spazio tra gli L p che non solo è completo ma la sua norma è indotta da un prodotto scalare b f L 2 (a,b) = dove si è posto a < f, g > L 2 (a,b):= f (t)f (t)dt = < f, f > b a f (t)g(t)dt
28 Le funzioni positive R integrabili in senso improprio sono Lebesgue integrabili: f (t) = 1 t L 1 (0, 1) f (t) = 1 t L 2 (0, 1) g(t) = 1 t L2 (1, + ) g(t) = 1 t L1 (1, + ) L 2 (0, 1) L 1 (0, 1) (perché mis((0, 1)) è finita). Infatti, essenfo f 1 2 ( f 2 + 1), si ha: 1 0 f dt ( f 2 dt + L 2 (1, + ) L 1 (1, + ) (vedi g) non è vero neanche il viceversa. Infatti L 1 (1, + ) L 2 (1, + ) dt) < +
29 Spazi con prodotto scalare Sia V uno spazio vettoriale su C. Definiamo Prodotto scalare una funzione <, >: V V C che verifica: 1 < v, w >= < w, v > v, w V 2 < λv, w >= λ < v, w > λ C, v, w V 3 < v + w, z >=< v, z > + < w, z > v, w, z V 4 < v, v > R, < v, v > 0 < v, v >= 0 v = 0 V OSS: Se V è uno spazio vettoriale su R, < v, w >=< w, v > Ponendo v := < v, v > si ottiene che (V, ) è uno Spazio Normato. La disuguaglianza triangolare segue dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz: < v, w > < v, v > < w, w > = v w Infatti da questa segue che (per esercizio): < v + w, v + w > ( v + w ) 2
30 Spazi di Hilbert Uno spazio vettoriale dotato di prodotto scalare che è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto scalare si chiama Spazio di Hilbert In R N la norma indotta dal prodotto scalare < x, y >= N i=1 x iy i è la norma euclidea x 2 = ( N i=1 x i 2) 1 2 tra le norme L p (a, b) l unica che proviene da un prodotto scalare è la norma di L 2 (a, b) ( < f, g >= b a f (t)g(t)dt) che dunque è uno spazio di Hilbert (essendo completo) tuttl gli altri L p (a, b) sono spazi di Banach ma non di Hilbert,come lo spazio C([a, b]; ) Perché? Theorem è una norma su uno spazio normato V indotta da un prodotto scalare se e solo se soddisfa l identità del parallelogramma: u + v 2 + u v 2 = 2( u 2 + v 2 ) u, v V (3)
31 Theorem è una norma su uno spazio normato V indotta da un prodotto scalare se e solo se soddisfa l identità del parallelogramma: u + v 2 + u v 2 = 2( u 2 + v 2 ) u, v V (4) OSS: V = C([0, 1]), la norma lagrangiana non soddisfa (??): Prendiamo f (x) = 1 e g(x) = x, f + g = 2, f g = 1 e f = g = 1 OSS: In R N l unica norma che soddisfa (??) è quella euclidea OSS: Gli spazi di Hilbert sono una generalizzazione infinito dimensionale degli spazi euclidei
32 Ortogonalità Negli spazi di Hilbert si può parlare di ortogonalità tra vettori: Definition In uno spazio di Hilbert H, u, v H si dicono ortogonali se < u, v >= 0 OSS:0 H è l unico elemento di H ortogonale a tutti gli altri vettori di H OSS: Se < u, v >= 0 vale il Teorema di Pitagora: u + v 2 = u 2 + v 2 Sia V H un sottospazio di H, allora V = {w H : < w, v >= 0 v V } OSS: Se dimv = N e {e 1,... e N } è una base di V, V = {w H : < w, e i >= 0 i = 1,..., N}
33 Esempio: H = L 2 ( π, π), V = span{1} allora V = {f L 2 ( π, π) : π π f (x)dx = 0} In particolare m N: < sin(mt), 1 >=< cos(mt), 1 >= 0 in L 2 ( π, π) Esempio: H = L 2 ( π, π), f (t) = cos t, g(t) = sin t sono tra loro ortogonali infatti π π cos t sin tdt = 0 Anzi, m, n N, < cos(mt), sin(nt) >= 0 in H = L 2 ( π, π) π π ed inoltre π π π π dove cos(mt) sin(nt)dt = cos(mt) cos(nt)dt = 1 2 sin(mt) sin(nt)dt = 1 2 π δ m,n = π π π π π 1 [sin(m + n)t + sin(m n)t]dt = 0 2 [cos(m + n)t + cos(m n)t]dt = πδ m,n [cos(m n)t cos(m + n)t]dt = πδ m,n { 0 se m n 1 se m = n
34 In L 2 ( π, π) si ha: Perciò 1 = 2π sin(mt) = cos(mt) = π m N { 1 2π, cos(t) π, sin(t),..., cos(kt) π π, sin(kt) π } k = 1, 2,... m costituiscono una famiglia di 2m + 1 vettori ortogonali (anzi ortonormali perché hanno norma unitaria) in L 2 ( π, π) e generano dunque un sottospazio di L 2 ( π, π) di dimensione 2m + 1 (in quanto elementi ortogonali tra loro sono linearmente indipendenti)
35 Polinomi trigonometrici In L 2 ( π, π) la famiglia ortogonale { 1, cos t, sin t,..., cos(kt), sin(kt)} k = 1, 2,... m 2 genera dunque un sottospazio F m di dimensione 2m + 1 i cui elementi sono Polinomi Trigonometrici 1 m p(x) = α α k cos(kx) + β k sin(kx) k=1 con α 0, α k, β k R Osserviamo che, essendo p combinazione lineare di elementi ortogonali, ed essendo = π 2 e sin(kx) 2 = cos(kx) 2 = π (tutte le norme sono in L 2 ( π, π)) si ha: p(x) 2 = α m ( k=1 α k 2 cos(kx) 2 + β k 2 sin(kx) 2 = π α ) m k=1 α k 2 + β k 2
36 dalla relazione di Eulero: cos(kx) + i sin(kx) = e ikx si deduce che cos(kx) = eikx + e ikx 2 sin(kx) = eikx e ikx 2i Lo stesso Polinomio trigonometrico si scrive come combinazione lineare di e ikx con k Z cioè: Quindi p(x) = α 0 m 2 + e ikx + e ikx α k 2 k=1 + β k e ikx e ikx 2i p(x) = α 0 m 2 + ( α k 2 + β k 2i )eikx + ( α k 2 β k k=1 2i )e ikx Ponendo c 0 = α 0 2, c k = 1 2 (α k iβ k ), c k = 1 2 (α k + iβ k ) si ottiene p(x) = m k= m c k e ikx
37 {e ikx } k = 0, ±1, ±2,..., ±m Inoltre: 2m + 1 funzioni a valori complessi, appartenenti a L 2 (( π, π); C) tra loro ortogonali: π { < e ikx, e imx >= e ikx e imx 2π se k = m dx = 0 se k m π base complessa di F m sottospazio di L 2 ( π, π) p(x) 2 L 2 = m k= m c k 2 e ikx 2 L 2 = 2π m k= m c k 2
38 Proiezioni ortogonali Dato un segnale f L 2 ( π, π) come scegliere i coefficienti a 0, a k, b k (k = 1,..., n) in modo che S n (x) = a n a k cos(kx) + b k sin(kx) k=1 sia il polinomio trigonometrico di F n di migliore approssimazione per f? che succede se n +? Prima di tutto, cosa si intende per migliore approssimazione di f?
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