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1 Il luogo e la durata della prestazione di lavoro Sommario 1 Il luogo della prestazione. Il trasferimento del lavoratore. 2 L orario di lavoro. 3 Il lavoro straordinario. 4 Il lavoro notturno. 1 Il luogo della prestazione. Il trasferimento del lavoratore La prestazione di lavoro va eseguita nel luogo stabilito dalle parti nel contratto o dall imprenditore nel regolamento di impresa, in mancanza la prestazione va eseguita nella sede dell impresa (o in una delle sue sedi). Nel caso di lavoro a domicilio, invece, andrà eseguita al domicilio del lavoratore. Il potere unilaterale del datore di modificare il luogo della prestazione trova significativi limiti nell art. 2103, co. 1, c.c. La norma subordina la facoltà di trasferimento del lavoratore da un unità produttiva ad un altra alla sussistenza di «comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive». L art. 15 L. 300/1970 sancisce inoltre la nullità di qualsiasi atto o fatto volto a discriminare il lavoratore nel trasferimento. Tutele specifiche sono inoltre previste per: i dirigenti delle RSA o RSU, i candidati e i membri di commissioni interne, che possono essere trasferiti solo con il preventivo nulla osta delle organizzazioni sindacali (art. 22 L. 300/1970); i lavoratori con handicap e coloro che li assistono, che non possono essere trasferiti in altra sede, senza il loro consenso (art. 33 L. 104/1992); le lavoratrici (e i lavoratori) che fruiscono del congedo di maternità e paternità (Capo II e II del D.Lgs. 151/2001), hanno diritto, al loro rientro, salvo che espressamente vi rinuncino, a rientrare nella stessa unità produttiva in cui erano occupate all inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino (art. 56 D.Lgs. 151/2001).

2 122 2 L orario di lavoro A Evoluzione normativa L orario di lavoro è il cardine del contratto di lavoro in quanto stabilisce la durata della prestazione lavorativa, con ciò svolgendo anche la funzione di tutelare l integrità psico-fisica del lavoratore. Le principali fonti normative in materia sono rappresentate: dall art c.c., che rinvia per la determinazione dell orario di lavoro alle leggi speciali e alle norme della contrattazione collettiva; dall art. 36 Cost., che ha stabilito una riserva di legge per la determinazione della durata massima della giornata lavorativa. La concreta disciplina dell orario di lavoro è stata a lungo dettata dal R.D.L , n. 692 che aveva fissato, per la generalità dei lavoratori, il limite massimo di ore giornaliere e di 4 ore settimanali. La disciplina dell orario di lavoro è stata completamente riformata dal D.Lgs , n. 66, con cui sono state formalmente recepite nell ordinamento le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE. La normativa si applica alla generalità dei lavoratori, ma con una serie ampia di deroghe ed eccezioni (gente di mare, personale di volo, personale della scuola, dirigenti e personale direttivo, manodopera familiare, rapporti di lavoro a domicilio e telelavoro). B Orario di lavoro (normale e articolato) Il D.Lgs. 66/2003 definisce (art. 1 co. 2 lett. a) orario di lavoro «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell esercizio della sua attività o delle sue funzioni». L orario di lavoro è stabilito dal datore di lavoro, nel regolamento di azienda, recependo le previsioni della contrattazione collettiva e osservando i limiti stabiliti dalla legge. L orario di lavoro è fissato di regola su base settimanale e ha, come limite massimo, quello di 40 ore settimanali (orario normale). I contratti collettivi di lavoro possono stabilire una durata minore e riferire l orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all anno (cd. orario articolato o multiperiodale) (art. 3, D.Lgs.66/2003).

3 Il luogo e la durata della prestazione di lavoro 123 Qual è la differenza tra l orario normale e l orario multiperiodale? L orario normale di lavoro (40 ore stabilite dalla legge o la durata inferiore stabilita dal contratto collettivo) è un orario rigido che deve essere osservato in ciascuna settimana. L orario multiperiodale è un orario flessibile in quanto l orario normale (40 ore settimanali o meno in base al contratto collettivo) deve essere osservato come media in un certo periodo stabilito dallo stesso contratto collettivo. In effetti, con tale regime, il datore di lavoro può organizzare il lavoro dei dipendenti in base al ciclo di mercato, programmando periodi di più intensa attività produttiva con prestazioni più lunghe rispetto all orario normale settimanale e viceversa. Il vantaggio è che la compensazione permette di ridurre il lavoro straordinario (più costoso). C Limite massimo del lavoro settimanale Il D.Lgs. 66/2003 introduce (art. 4, co. 2) il limite della durata settimanale dell orario di lavoro, pari a 4 ore (compreso il lavoro straordinario) ogni 7 giorni. La contrattazione può prevedere un limite inferiore (rispetto alle 4 ore legali) e può stabilire che tale limite deve essere osservato non in modo rigido (su 7 giorni lavorativi), ma come media in un periodo di massimo 4 mesi (elevabile, da parte della contrattazione collettiva, a 6 mesi o, eccezionalmente, a 12). D Pause, riposo giornaliero e riposo settimanale Il D.Lgs. 66/2003 non prevede una durata massima giornaliera della prestazione lavorativa, limitandosi a stabilire che: il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore (cd. riposo giornaliero). In considerazione di ciò, il limite massimo della giornata lavorativa è di 13 ore, fermi restando i limiti di durata settimanale; se l orario di lavoro giornaliero eccede le 6 ore, il lavoratore ha diritto a delle pause (minimo 10 minuti) ai fini del recupero delle energie psicofisiche, di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo e, eventualmente, per la consumazione del pasto (art. ). Il D.Lgs. 66/2003 stabilisce (art. 9), inoltre, che il lavoratore deve osservare un giorno intero di riposo (24 ore consecutive) mediamente ogni 6 giorni di lavoro, di regola in coincidenza con la domenica (riposo settimanale).

4 124 Le 24 ore di riposo settimanale devono essere cumulate con le 11 ore di riposo giornaliero. Tale periodo complessivo (35 ore) deve essere fruito però non in ogni singola settimana ma come media in un periodo non superiore a 14 giorni (art. 9, co. 1, D.Lgs. 66/2003, modif. dal D.L. 112/200 conv. in L. 133/200). Il lavoratore può rinunciare al riposo settimanale? Il diritto al riposo settimanale è irrinunciabile, come è espressamente previsto dall art. 36, co. 2, Cost.; una eventuale pattuizione contraria di un contratto collettivo o di un contratto individuale sarebbe radicalmente nulla. Il D.Lgs. 66/2003 prevede però un notevole ventaglio di deroghe. In ogni caso, qualora sia richiesto di espletare attività lavorativa eccezionalmente durante la domenica, al lavoratore spetterà, oltre alla paga normale per la giornata lavorativa, una maggiorazione e una giornata di riposo compensativo da godere in un giorno normalmente lavorativo. E Festività Oltre al riposo settimanale che, come sopra visto, normalmente deve cadere di domenica, spetta al lavoratore la sospensione dal lavoro (assenza giustificata e retribuita) in occasione delle festività nazionali civili e religiose (L. 260/1949, L. 54/1977 e D.P.R. 792/195). Esse sono: il primo giorno dell anno; il giorno dell Epifania (6 gennaio); il 25 aprile (ricorrenza della Liberazione); il giorno di lunedì dopo Pasqua; il 1 maggio (festa del lavoro); la festa nazionale della Repubblica il 2 giugno (ripristinata a decorrere dal 2001 dalla L. 336/2000); il giorno dell Assunzione della Beata Vergine (15 agosto); il giorno di Ognissanti (1 novembre); il giorno della festa dell Immacolata Concezione ( dicembre); il giorno di Natale (25 dicembre); il giorno di Santo Stefano (26 dicembre). Inoltre, è festivo, in base alle previsioni dei CCNL, il giorno di celebrazione del Santo Patrono del Comune in cui i lavoratori svolgono la loro attività. F Le ferie annuali L istituto delle ferie (riposo annuale) è previsto dal già citato art. 36 Cost. che sancisce il diritto del lavoratore a fruire di un congruo periodo di riposo per avere modo di partecipare più intensamente alla vita familiare e sociale e ritemprare le proprie energie psicofisiche. Ulteriore fonte l art c.c. per il quale «il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite, possibilmente continuativo».

5 Il luogo e la durata della prestazione di lavoro 125 Il D.Lgs. 66/2003 stabilisce (art. 10) che «il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane», consentendo tuttavia alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare in senso più favorevole, prevedendo periodi più lunghi. Poiché le ferie annuali rappresentano un diritto irrinunziabile, il D.Lgs. 66/2003 (art. 10) stabilisce che il periodo minimo feriale non può essere monetizzato, mediante corresponsione di una indennità in danaro per ferie non godute. Per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. 213/2004, valgono attualmente le seguenti regole: almeno due settimane del periodo di ferie devono essere obbligatoriamente fruite dal lavoratore nel corso dell anno di maturazione ed in modo consecutivo; le restanti due settimane di ferie spettanti possono essere godute dal lavoratore nei 1 mesi successivi al termine dell anno di maturazione; i giorni di ferie (o settimane) in più rispetto al periodo feriale fissato dal D.Lgs. 66/2003 (4 settimane), eventualmente previsti dal contratto collettivo, possono essere fruiti anche oltre i 1 mesi successivi alla loro maturazione e possono essere liberamente monetizzati, ove non fruiti alle scadenze stabilite dal contratto collettivo o individuale. Il momento di godimento delle ferie, per ciascun lavoratore, è stabilito dal datore di lavoro che deve contemperare le esigenze dell impresa con quelle del lavoratore, salvaguardando il principio di massima della continuità del periodo feriale.

6 126 tutela della integrità psico-fisica del lavoratore L orario di lavoro Determinazione orario di lavoro Fonti normative valutazione economica della prestazione art. 36 Cost. art c.c. D.Lgs. 66/2003 Media di 40 ore (o meno) in un certo periodo limite fisso di 40 ore settimanali Orario normale Contrattazione collettiva orario articolato (multiperiodale) 11 ore di riposo ogni 24 ore (riposo quotidiano) + pause giornaliere durata massima settimanale (ogni settimana) durata media (su un periodo di più settimane) 4 ore in 7 giorni (lavoro normale + straordinario) 24 ore consecutive ogni 6 giorni di lavoro mediamente in un periodo di 14 giorni (riposo settimanale) 3 Il lavoro straordinario Il lavoro straordinario è «il lavoro prestato oltre l orario normale di lavoro», cioè oltre la quarantesima ora settimanale. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro oppure, in alternativa o in aggiunta, con riposi compensativi.

7 Il luogo e la durata della prestazione di lavoro 127 Il D.Lgs. 66/2003 affida alla contrattazione collettiva la disciplina specifica del lavoro straordinario, stabilendo come unico limite di portata generale un mero principio, quello per cui «il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto» (art. 5 co.1). Resta però il limite per cui la settimana lavorativa non può superare le 4 ore comprensive di straordinario (anche se poi questo limite può essere applicato come media di un periodo più ampio). Se mancano previsioni da parte del contratto collettivo, il ricorso al lavoro straordinario è legittimo soltanto sulla base dei seguenti requisiti: previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore; per un periodo che non superi le 250 ore annuali. Tali limiti non si applicano in relazione a: casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l assunzione di altri lavoratori; casi di forza maggiore; eventi particolari (mostre, fiere etc.). Cosa si intende per lavoro supplementare? Il lavoro supplementare corrisponde alle ore di lavoro comprese tra il limite della durata dell orario di lavoro fissato dalla contrattazione collettiva e quello stabilito dalla legge; ad esempio, se il contratto collettivo prevede una settimana lavorativa di 36 ore ed il limite legale è di 40 ore, è considerato lavoro supplementare la prestazione resa tra le 36 e le 40 ore. 4 Il lavoro notturno L art. 210, co. 2, c.c. dispone che «il lavoro notturno, non compreso in regolari turni periodici, deve essere retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno». Il D.Lgs. 66/2003 definisce lavoro notturno l attività svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l intervallo fra le ore 24 e le ore 5 del mattino (art. 1 lett. d). Si definisce lavoratore notturno quel lavoratore che durante il periodo notturno (tra le 24 e le 5) svolga in via non eccezionale almeno 3 ore del lavoro giornaliero o comunque una parte del suo orario di lavoro secondo il contratto collettivo (art. 1, lett. e, n. 2, modif. dal D.L. 112/200 conv. in L. 133/200).

8 12 In assenza di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno chi svolge per almeno 3 ore lavoro notturno per almeno 0 giorni lavorativi annui (art. 1). Il D.Lgs. 66/2003 prevede che l orario dei lavoratori notturni non possa superare in media le ore nell arco delle 24 ore o di un periodo più ampio, fissato dal contratto collettivo anche aziendale (art. 13). L introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta da una consultazione preventiva delle rappresentanze sindacali aziendali, o in mancanza, delle organizzazioni territoriali dei lavoratori. Lo stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno deve essere accertato attraverso controlli preventivi e periodici, secondo le disposizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi (art. 14). In caso di sopraggiunta inidoneità, per motivi di salute, al lavoro notturno, il lavoratore dovrà essere assegnato al lavoro diurno (art. 15 D.Lgs. 66/2003). Inoltre, è vietato «adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino» (art. 11 D.Lgs. 66/2003). Non sono obbligati a prestare lavoro notturno: la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, in alternativa, il padre convivente con la stessa; la lavoratrice o il lavoratore che sia l unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni; la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile. Glossario Banca delle ore: consente di compensare prestazioni di lavoro straordinario con periodi di riposo (giorni, ore) da fruire durante l anno lavorativo, secondo modalità definite nel contratto collettivo. Con tale sistema le ore di straordinario, di regola, non sono compensate con la normale maggiorazione ma fanno maturare ore accantonate su un apposito conto individuale cui il lavoratore potrà attingere per fruire di riposi supplementari. Riposo adeguato: la legge non si limita soltanto a prevedere il diritto dei lavoratori a fruire di riposi giornalieri e settimanali, ma definisce anche la qualità degli stessi stabilendo che il riposo debba essere adeguato (art. 1, lett. l, D.Lgs. 66/2003). I periodi di riposo di cui dispongono i lavoratori devono essere regolari e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine.

9 Il luogo e la durata della prestazione di lavoro 129 Riposo compensativo: è un periodo di riposo supplementare di cui il lavoratore può fruire, previo accordo con il datore di lavoro, a compensazione di un maggior numero di ore lavorative prestate, in alternativa ad una maggiorazione retributiva. Riposo sabbatico: è il riposo settimanale riconosciuto agli appartenenti alle Chiese cristiane avventiste e agli ebrei che va dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato. Tempo tuta: è il tempo occorrente al lavoratore per indossare l abbigliamento necessario per lo svolgimento dell attività lavorativa (tute, divise da lavoro etc.). Tale operazione deve essere svolta al di fuori dell orario di lavoro in quanto la legge considera «orario di lavoro» solo quello durante il quale il lavoratore è nell esercizio della sua attività (concetto di lavoro effettivo). Il tempo tuta non vale come prestazione di lavoro per la quale compete la retribuzione, ma è considerato come mera attività propedeutica all esecuzione dell attività lavorativa, così come il recarsi sul luogo di lavoro o la timbratura del cartellino (art., co. 3, D.Lgs. 66/2003). Solo nel caso in cui il datore di lavoro detti indicazioni specifiche sul tempo e il luogo per indossare e togliere l abbigliamento necessario allo svolgimento dell attività lavorativa tali attività rientrano nel lavoro effettivo e devono essere retribuite (Cass , n ). Trasferta: mutamento provvisorio e temporaneo del luogo di adempimento della prestazione del lavoratore. Al di fuori dei limiti individuati dalla contrattazione collettiva il datore di lavoro non incontra preclusioni generali al suo potere di assegnare in trasferta il lavoratore. A questi spettano, di regola, due tipi di compensi: l indennità di trasferta, cd. diaria, e un rimborso per le spese sostenute dal lavoratore nell interesse dell azienda, purché opportunamente documentate.

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