Contratto internazionale: la determinazione della legge applicabile

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1 Contratto internazionale: la determinazione della legge applicabile Nel commercio internazionale vi è l'orientamento, derivante dal mondo di common law, di redigere contratti contenenti una disciplina particolarmente dettagliata e autonormativa. In tal modo si cerca di limitare, in via preventiva, ogni possibile lite e problema interpretativo e di ridurre al minimo le possibilità di integrazione del contenuto contrattuale ad opera della legge. Ma un contratto, per quanto ricco di clausole, non può prevedere tutto. Per questa ragione, in caso di insorgenza di una controversia, l'interprete (sia esso giudice o arbitro) dovrà individuare un diritto nazionale sulla base del quale poter colmare le lacune non definite dai contraenti. Nello svolgere tale ricerca, egli farà riferimento ad un gruppo di norme, di diritto internazionale privato (conflict rules), le quali gli permetteranno di stabilire qual è il diritto (o i diritti) applicabile al contratto. Questa soluzione, però, introduce degli elementi di imprevedibilità e incertezza. Le norme di diritto internazionale privato infatti variano da ordinamento a ordinamento (e quindi da Paese a Paese); pertanto la legge che verrà ritenuta applicabile al contratto sarà palesemente diversa a seconda del giudice che per primo verrà adito. Questi, con tutta probabilità, sceglierà le norme internazional-privatistiche del suo ordinamento giuridico. E in base al diritto applicato, verrà modificato anche il risultato del giudizio. Per questo è auspicabile che le parti scelgano a priori il diritto sostanziale applicabile al contratto mediante una clausola ad hoc (pactum de lege utenda): il contratto è interamente sottoposto al diritto [ ], che ne regola la conclusione, esecuzione e cessazione, ed in base al quale esso sarà interpretato, anche al fine della risoluzione delle controversie da esso nascenti. Si noti che la maggior parte dei Paesi al mondo - sia di civil law che di common law (salvo alcune eccezioni come per esempio i Paesi della Penisola Arabica) - ammette la possibilità che le parti di un contratto internazionale scelgano liberamente la legge ad esso applicabile (nell'ordinamento italiano art c.c.). La Convenzione di Roma In ambito UE, la materia della legge applicabile al contratto è regolata dalla Convenzione di Roma (1980) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, la quale detta regole uniformi a livello europeo sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il fenomeno del cd. forum shopping.

2 In Italia, l'art. 57 della legge 31 Maggio 1995, n. 218 di "Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato" rinvia espressamente alla Convenzione in questione, stabilendo che i contratti con elementi di internazionalità sono disciplinati in ogni caso dalla Convenzione di Roma del 19 Giugno L'art. 3 della Convenzione prevede, in linea di principio, che le parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto. Sebbene non venga richiesto che tale scelta sia espressa in forma scritta, è sempre consigliabile farlo per questioni probatorie, in quanto, in caso contrario, per essere fatta valere, dovrà risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. In assenza di scelta della legge applicabile, l'art. 4 della Convenzione di Roma stabilisce, come criterio sussidiario, l'applicazione al contratto della legge del Paese con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto (art. 4.1). Ai sensi del secondo comma, si presume che il collegamento più stretto si abbia con il Paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o la propria amministrazione. L'art. 3 (1) della Convenzione di Roma prevede infine la possibilità, per le parti, di assoggettare il contratto a più leggi nazionali diverse. Questa tecnica - definita depeage (frazionamento) o morcellement - che presuppone la scomposizione del contratto in più parti con l'assoggettamento di ciascuna di esse a leggi nazionali diverse, incontra ovviamente un limite nella complessiva coerenza del quadro giuridico delineato dalle parti. La tecnica in questione ha sollevato molte critiche da parte dei giuristi di common law, e anche personalmente la considero più figlia di un'impostazione teorica dei redattori della Convenzione di Roma che di reale possibile applicazione. Un altro aspetto della Convenzione di Roma, che è stato apertamente criticato dai giuristi di common law, è dato dalla prescrizione contenuta all'art. 3 (2), in base alla quale le parti hanno la possibilità di modificare, di comune accordo, la legge precedentemente scelta come regolatrice del contratto, o di effettuare tale scelta anche in un momento successivo alla conclusione del contratto. Con riguardo a questo aspetto, il common law assume una posizione più rigida, in quanto, una volta effettuata la scelta del diritto applicabile, ritiene che non sia più possibile modificarla.

3 Lex mercatoria e Principi UNIDROIT Non sempre le parti riescono ad accordarsi sulla legge da applicare al contratto. Sempre più spesso accade infatti che i contraenti decidano di assoggettare il loro accordo agli usi del commercio internazionale, ossia alla cd. lex mercatoria, ossia ad un corpo neutro di regole a carattere extrastatuale, emerso prevalentemente: * dalla prassi, ed in particolare dalle decisioni di alcune importanti camere internazionali di arbitrato come quella della ICC di Parigi e * dai Principi UNIDROIT dei Contratti Commerciali Internazionali la quale tende ad escludere l'applicazione delle leggi nazionali, proponendosi come soluzione alternativa alle stesse (da qui, appunto, la sua neutralità). Questa soluzione è però efficace solo se viene accompagnata dall'inserimento nel contratto di una clausola che affidi a uno o più arbitri la gestione di eventuali controversie insorte tra le parti. Gli arbitri, infatti, sono più inclini ad applicare la lex mercatoria dei giudici ordinari che, invece, tendono a preferire l'uso delle norme di diritto internazionale privato dei propri ordinamenti. Sono sempre più numerosi infatti i lodi arbitrali che, nel risolvere le dispute internazionali, applicano la lex mercatoria, e in particolare i Principi UNIDROIT più sopra citati, considerati da molti come un tentativo di codificazione della lex mercatoria e fonte autorevole per la risoluzione delle dispute a carattere transnazionale. Tali Principi possono venire applicati quando le parti abbiano convenuto che il loro contratto sia regolato dai 'principi generali del diritto', dalla 'lex mercatoria' o simili (Principi UNIDROIT, Preambolo). Sempre nel Preambolo dei Principi si legge che essi possono fornire una soluzione a questioni controverse nei casi in cui si dimostri impossibile individuare la regola pertinente del diritto altrimenti applicabile. I criteri interpretativi adottati da giudici ed arbitri In mancanza di un'espressa scelta della legge applicabile, i criteri adottati possono essere differenti, soprattutto ad opera degli arbitri, essendo questi ultimi normalmente più svincolati dall'applicazione delle norme di diritto internazionale privato. Non esiste una vera e propria regola in proposito: * alcuni interpreti hanno provato a ricavare la legge applicabile sulla base delle norme di diritto internazionale privato

4 * altri hanno cercato di risalire all'intenzione delle parti, sulla base dell'esame degli altri elementi presenti nel contratto, quali il linguaggio o particolari termini giuridici utilizzati * altri ancora, hanno cercato di individuare riferimenti, all'interno del testo contrattuale, ad elementi che consentano di definire l'ordinamento giuridico da applicare. Non è rara la situazione in cui i giudici o gli arbitri hanno valutato gli elementi contenuti nel contratto non sufficienti al fine di ricavarne un'implicita scelta della legge applicabile ad opera delle parti. Nella causa Yoshizawa ed altri c. Deutsche Lufthansa AG, il Tribunale di Tokyo si trovò ad affrontare il problema della determinazione della legge applicabile ad un contratto di lavoro internazionale. Nella fattispecie in questione, la compagnia aerea Lufthansa aveva sottoscritto un contratto di lavoro con alcuni lavoratori di nazionalità giapponese perché fossero destinati a una sede secondaria della Compagnia aerea a Tokyo. All'interno del contratto di lavoro nessun accenno veniva fatto alla legge a questo applicabile. I dipendenti della sede in Giappone erano stati assunti mediante regolari contratti di lavoro stipulati a Francoforte i quali prevedevano che la retribuzione fosse data in marchi tedeschi. Successivamente la Lufthansa decise di corrispondere un compenso aggiuntivo alla paga base dei dipendenti di Tokyo per allineare il loro stipendio a quello dei dipendenti della sede centrale in Germania. Quando, sedici anni dopo, la compagnia aerea decise di sospendere il pagamento di questo compenso extra, gli attori decisero di citarla davanti al Tribunale di Tokyo sostenendo che la legge che regolava il loro contratto di lavoro dovesse essere quella giapponese, essendo collocato in Giappone l'ufficio dove essi svolgevano prevalentemente la loro attività abituale. Tuttavia il Tribunale distrettuale di Tokyo ritenne che la sede della Lufthansa a Tokyo avesse un ruolo secondario nella determinazione della legge applicabile, rigettando la domanda degli attori e traendo le conclusioni che non vi era, nel caso in esame, alcuna circostanza che consentisse di dedurre una volontà implicita delle parti di assoggettare il contratto al diritto giapponese. Esistono, però, alcuni casi in cui la determinazione del diritto applicabile viene definita sulla base: * della clausola di deroga alla giurisdizione inserita dalle parti nel proprio contratto * della apposizione in questo di una clausola compromissoria.

5 Nel primo caso il giudice potrebbe ricavare una volontà tacita delle parti di sottoporre il contratto alla legge del foro del giudice scelto (in virtù del principio qui eligit iudicem eligit ius), soluzione spesso utilizzata per l'individuazione della legge applicabile al contratto internazionale. Il collegamento più stretto Altro criterio adoperato da giudici ed arbitri nella determinazione del diritto applicabile, al quale si fa di norma ricorso quando la scelta della legge applicabile, oltre a mancare, non sia neanche desumibile dall'esame delle intenzioni delle parti, è rappresentato dal collegamento più stretto, che, come abbiamo visto più sopra, è il criterio accolto dalla Convenzione di Roma del Il concetto in questione ha però un contenuto piuttosto vago, implicando la necessità di individuare nell'ambito del contratto uno o più fattori in base ai quali è possibile determinare quale, tra i più sistemi giuridici in conflitto, si applicherà al contratto, in quanto con esso presenta i legami più stretti. Gli elementi normalmente presi in considerazione sono la nazionalità, la residenza, il luogo di conclusione e di esecuzione del contratto. Non essendo però questi predefiniti in base alla legge o altro criterio normativo, la valutazione della loro scelta è rimessa alla discrezionalità del giudice o dell'arbitro, con ovvie conseguenze in termini di unpredictability della decisione finale. Al fine di ridurre tale incertezza, i redattori della Convenzione di Roma hanno inserito una serie di presunzioni, quale ad esempio quella secondo cui nel contratto di vendita si ritiene che la prestazione caratteristica consista nell'obbligo, da parte del venditore, di consegnare il bene al compratore: di conseguenza, la legge applicabile è quella del venditore. A tal proposito bisogna precisare, in generale, che la prestazione caratteristica comunque non è mai costituita dalla prestazione in denaro. Avv. Marco Tupponi Docente di Diritto del Commercio Internazionale - Università di Macerata Newsletter n novembre 2007

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