Botanica e Selvicoltura

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1 Botanica e Selvicoltura 30. I NOMI DELLE FASCE (O PIANI) DI VEGETAZIONE Una fascia (o piano) di vegetazione è un intervallo di altitudine entro cui una o più specie si addensano fino a condizionare la fisionomia del paesaggio vegetale. Non è detto che le specie dominanti in una fascia siano esclusive di essa. L abete rosso e il leccio sono specie comuni a più fasce, ma si addensano come qualificanti del paesaggio rispettivamente di una fascia di vegetazione delle Alpi e di una fascia dei rilievi costieri del Mediterraneo. Le fasce di vegetazione sono la manifestazione più macroscopica dei rapporti fra vegetazione e clima e possono essere usate per dedurre il clima in funzione del paesaggio vegetale. Di solito esse vengono riconosciute per stima sintetica. Alcuni autori (come lo Schmid) consigliano il completamento tramite rilievi floristici, perché la flora accessoria è spesso tanto importante quanto quella arborea. In luoghi molto antropizzati si può essere costretti a prendere in considerazione anche le colture. Non bisogna confondere le fasce di vegetazione con le zone fitoclimatiche (o biocore) che sono basate su dati termici ed udometrici che occorre cercare, raccogliere ed elaborare. Per un qualche motivo, le classificazioni fitoclimatiche sono tutte opera di autori di paesi del Mediterraneo, forse dietro la spinta iniziale di studiosi di grande prestigio come Pavari, Gaussen ed Emberger, forse per le maggiori difficoltà di scelta della specie nel rimboschimento e forse anche perché l azione antropica ha reso incerti i confini fra le fisionomie vegetazionali rendendo indispensabile l approccio diretto al clima. La stima analitica del clima è più onerosa, ma il calcolo elettronico permette oramai di interpolare i dati e di cartografare i tipi di clima anche a scala piuttosto grande. Anche le classificazioni fitoclimatiche hanno i loro inconvenienti che derivano dalla scarsa densità delle stazioni di misura e dalla scarsa rispondenza delle procedure di misura con le esigenze dell ecologia vegetale. Per esempio, la misura delle temperature all ombra non rispecchia le condizioni a in cui avviene la fotosintesi; inoltre resta attenuata la differenza fra una giornata di nuvolo e una di sole. Esaminando undici classificazioni, sia fisionomiche che fitoclimatiche, risulta che i vari autori riconoscono più o meno le stesse fasce di vegetazione e le stesse zone termiche, mentre le maggiori differenze stanno nella nomenclatura. D altra parte i problemi terminologici, di fronte ad argomenti di grande rilevanza didattica non sono certamente da sottovalutare. Nell uniformare una terminologia, la prima cosa è evitare fonti di equivoco o di confusione. Poi bisogna tendere al massimo di chiarezza, cercare espressioni che entrino nel discorso in modo fluido senza inceppare la frase. Vale, infine, il detto: «usus est tirannus»; in altre parole, una nomenclatura totalmente contraria alle abitudini rischia l inapplicazione. I nomi proposti hanno diverse ispirazioni: una o più specie arboree prese come simbolo (Schmid); formazioni astratte come possono essere le zone del PAVA- RI (1916) oppure i sintaxa fitosociologici (TOMASELLI, 1970); qualificazioni dell e- I.F.M. n. 5 anno 2004

2 404 L ITALIA FORESTALE E MONTANA cologia delle specie: mesoigrofilo, crioxeromorfo, ecc. (NEGRI, 1947); nomi di zone geografiche contenenti boschi di fisionomia simile (PIGNATTI, 1979). Le denominazioni più diffuse nell uso comune anche internazionale, provengono da un libro sulla vegetazione delle Alpi pubblicato in più edizioni fra il 1904 e il 1926 (SCHROETER, 1926). I termini usati sono quanto mai discutibili: piano basale (o collinare), piano montano, piano subalpino, e poi, i piani alpino e nivale. Finché si parla dell Europa media si capisce che il piano basale e la collina individuano l area dei querceti al piede delle montagne. Nel Mediterraneo, però, la base è un altra. Non si capisce perché il piano montano debba essere ristretto alle quote a cui si addensa il faggio; forse che Livigno non è in montagna? Nel Palazzo Carignano a Torino c è la Sala del Parlamento Subalpino: non vi si trovano né l abete rosso né i mirtilli. Comunque, il Dizionario della Lingua Italiana di Devoto & Oli riporta il termine subalpino nei due sensi: quello geografico di luogo vicino alle Alpi e quello biogeografico di luogo dei boschi di alta montagna. Il termine alpino, per indicare la vegetazione soprasilvana, è equivoco, ma ha una giustificazione storica; la nozione di Alpi come grande sistema montuoso è venuta piuttosto tardi, mentre prima, le alpi altro non erano che i pascoli di montagna (FERGUSON, 2003). Resta da chiarire se per fascia alpina si intende solo la vegetazione soprasilvana delle Alpi oppure anche quella dell Appennino e, magari anche di qualsiasi grande rilievo montuoso del Mondo. Tutta la sequenza di nomi è stata ripresa per designare i termoclimi delle classificazioni fitoclimatiche più recenti (RIVAS-MARTINEZ, 1982; BLASI, 1996) ed è data per acquisita nelle Tipologie Forestali Regionali fino ad ora pubblicate. Il motivo della fortunata resistenza di questa classificazione può essere attribuito alla priorità, oppure al fatto che in origine si riferiva alle Alpi cioè ad un ambiente molto frequentato dagli studiosi e dagli appassionati. C è anche la comodità di poter trasferire gli aggettivi su altri aspetti inerenti alla fascia di vegetazione in questione: flora subalpina, peccete subalpine, peccete montane, specie sopramediterranee, ecc. All uso corrente si sono accompagnate immancabili progressive modifiche e pochi di coloro che usano questa classificazione ricordano il nome dell autore. Significativo il completamento con l aggiunta delle fasce di vegetazione di interesse mediterraneo: fascia termomediterranea, mesomediterranea e sopramediterranea (OZENDA, 1985; QUEZEL, 1985). Una versione riammodernata (valida per l Europa Centrale) è quella riportata nel Lessico di Botanica Forestale di SCHUTT, SCHUCK e STIMM (1991). (1) Piano planiziario, con la farnia nel bosco misto di querce. (2) Piano collinare con bosco misto di querce a rovere. (3) Piano submontano. (4) Piano montano, con una eventuale sottodivisione altomontana. (5) Piano subalpino. (6) Piano alpino. (7) Piano subnivale. (8) Piano nivale. Questo schema è l unico che dia valore di «piano», all unico piano che c è, cioè alla pianura. Le pianure non hanno dimensioni altitudinali mentre le fasce di vegetazione valgono per la montagna; la vegetazione delle pianure alluvionali è influenzata dai fattori edafici; tuttavia nel descrivere la vegetazione dal fondo alle vette, la pianura in qualche modo, deve essere considerata. Volendo provare a fare un riassunto, ritorna la tentazione delle modifiche. Per evitare arbìtri, l unica soluzione sta nel ricorrere alla letteratura e, inevitabilmente, ai termini tratti dalle altre proposte. Procediamo dal caldo al freddo.

3 BOTANICA E SELVICOLTURA 405 Fascia termomediterranea. (= sottozona calda del Lauretum del 2 tipo, Pavari; cingolo Stipa tortilis, Schmid; orizzonte delle spiagge e delle garighe, Negri; fascia mediterranea arida, Pignatti; fascia dell Oleo-Ceratonion, Tomaselli; per altri autori: fascia dell Oleo-Lentiscetum). L azione antropica ha lasciato residui molto frammentati. Forse il primo elemento distintivo sono le specie termofile (carrubo, agrumi, fichi d India, eucalipti, palme, ecc.) coltivate senza protezioni contro il freddo. Il confine superiore è incerto perché le formazioni antropogene (come le garighe e le pseudosteppe a Stipa tortilis) si espandono alla fascia superiore come del resto,fanno anche la palma nana, l euforbia dendroide, l erica moltiflora, il pino d Aleppo e la sughera. Questa fascia si trova sulle coste e in penetrazioni interne in Sardegna ed in Sicilia; coste della Calabria e della Puglia, promontori della costa tirrenica. È assente nella costa adriatica. Fascia mesomediterranea. (Sottozona media e parte della sottozona fredda del Lauretum, del 2 tipo; cingolo Quercus ilex; orizzonte delle macchie e delle foreste sempreverdi; fascia mediterranea temperata; climax del Quercetum ilicis). Caratterizzata da boschi e macchie in cui il leccio si associa ad altre sclerofille (sughera, corbezzolo, filliree, lentisco, mirto, alaterno). La lecceta non è un buon indice perchè (pura o mista con le caducifoglie) è capace di trasgressioni nella fascia sopramediterranea. La fascia mesomediterranea si trova in tutta la collina più esterna del versante tirrenico e della isole. Accennata nel versante adriatico, relitti attorno a Lago di Garda. Oltre il limite delle sempreverdi si verifica una scissione. La fascia sopramediterranea e la fascia medioeuropea si differenziano tra loro non tanto per le temperature quanto per le piogge estive. Una si trova nella Penisola e nelle Isole, l altra nella Padania. In zone di transizione le due fasce possono coesistere con la fascia medioeuropea in posizione submontana. Fascia sopramediterranea. (Parte della sottozona calda del Lauretum e zona del Castanetum del 2 tipo; cingolo Quercus pubescens; fascia sannita; orizzonte dei boschi e delle garide xerofile). Querceti misti di specie a distribuzione europea meridionale fra cui alcune dell Europa di sud-est: cerro, farnetto, carpino nero, carpino orientale, orniello, ecc. L aridità estiva provoca lo sviluppo a piante tozze e ramose. Flora particolarmente ricca nell Appennino meridionale dove il nome di fascia sannita è particolarmente giustificato. I suoli silicatici favoriscono il castagno ed i relitti di specie medioeuropee; quelli carbonatici favoriscono la roverella e rendono possibili risalite di leccete sopramediterranee. In Sardegna è la fascia di vegetazione arborea più alta. Presente in tutta la collina e media montagna della Penisola e nelle stazioni termofile del margine delle Alpi. Possibili gelate di -20 o meno. Fascia medioeuropea. Nome proposto dal Pignatti al posto di piano collinare. Equivale alla zona del Castanetum del 1 tipo, al cingolo Quercus-Tilia-Acer e, secondo PIGNATTI (1979) alla fascia medioeuropea in zona medioeuropea; secondo Negri sarebbe l orizzonte dei boschi (planiziari) mesoigrofili più l orizzonte delle latifoglie eliofile. Le piogge estive sono sufficienti per le specie che si addensano nell Europa media: rovere, farnia, carpino bianco, frassino maggiore, acero montano, betulla. Discese del faggio. Le specie medioeuropee danno il cambio alle specie sopramediterranee in modo progressivo lasciando non rari relitti nelle pianure alluvionali e talvolta in collina (p. es. sui Monti della Tolfa). Nell Appennino Settentrionale le specie della fascia medioeuropea tendono ad inserirsi in senso submontano.

4 406 L ITALIA FORESTALE E MONTANA Fascia montana. (Zona del Fagetum; cingolo Fagus-Abies; fascia subatlantica; orizzonte dei boschi di latifoglie sciafile più orizzonte dei boschi di aghifoglie mesofile). La prevalenza in Italia di montagne con clima subatlantico, porta all identificazione con la fascia montana del faggio, ma l eccezione delle alte valli delle Alpi impone delle specificazioni. Fascia montana subatlantica. (Per Ozenda: piano montano esterno). Fra tutte le suddivisioni altitudinali è quella più riconoscibile. Nell Appennino le faggete pure prevalgono salvo occasionali mescolanze con l abete bianco: sulle Alpi, invece, la fascia delle faggete è meno continua per l intercalazione di abetine-faggete, di pinete xerofile e di discese dell abete rosso. Il limite superiore delle faggete subatlantiche coincide col limite della vegetazione arborea che si colloca a m con 6-7 di media annua. Fascia montana endalpica. (Per Ozenda: piano montano interno). In versanti delle Alpi circondati da rilievi superiori a i 3000 m. Peccete dense ed alte con sottobosco di specie nemorali. Nelle posizioni più soleggiate, pino silvestre (oppure pino nero) e risalite della rovere e altre latifoglie medioeuropee. C è anche una fascia intermedia, montana medioalpica, con boschi di conifere con sporadico faggio. Gli aggettivi submontano e altomontano, forse, servono più a qualificare dei tipi forestali che ad individuare delle fasce di vegetazione di fisionomia autonoma. Fascia subalpina (zona del Piceetum, cingolo Picea abies, fascia boreale, orizzonte dei boschi di aghifoglie crioxeroterme). Dominanza dell abete rosso oppure del larice. Boschi radi con piante di bassa statura e sottobosco a mirtilli. Pienamente caratterizzata solo in ambienti endalpici. Assente o incerta nelle posizioni a clima oceanico. In posizioni a clima continentale, la fascia subalpina si estende su quasi 1000 m di dislivello, al punto che potrebbe essere riconosciuta una fascia subalpina superiore: zona dell Alpinetum per Mayr-Pavari; cingolo Larix-Pinus cembra, per Schmid; asse subalpino interno per Ozenda. La fascia subalpina superiore è ben evidente in Svizzera ed in Austria. Nelle Alpi Italiane è attualmente in attiva espansione grazie all insediamento del pino cembro e delle altre conifere nei pascoli non più in uso. Tutte le fasce oltre il limite del bosco possono essere chiamate alpine. Tuttavia ci sono notevoli differenze non solo di composizione, ma anche di quota e di temperatura limite. In posizioni endalpiche, le praterie sopra-pecceta o sopra-cembreta iniziano in stazioni oltre i 2300 m e con meno di 0,5-1,5 di temperatura media annua. Nelle posizioni subatlantiche, invece, le praterie sopra-faggio iniziano a con 6-7 di media annua perché si aggiunge l influenza del vento (particolarmente forte in vicinanza dei crinali) e l influenza della minore somma di temperature estive dovuta alla nuvolosità. La composizione cambia anche con la latitudine e si va dai vaccinieti dell Appennino Settentrionale (fino al Reno) alle praterie a Sesleria tenuifolia dell Appennino Centro-Meridionale. Sull Etna, infine, sopra una fascia arborea a betulla e faggio si estendono praterie costellate da cespugli spinosi emisferici simili a quelli delle montagne del Maghreb, della Spagna meridionale e dell Iran. La vegetazione soprasilvana nel suo complesso potrebbe essere divisa in tre grandi categorie. (1) Quella alpina (alpica, per Pignatti) esclusiva delle Alpi; (2) quella dell Appennino, che Pignatti chiama mediterraneo-altomontana che Ozenda chiama fascia altimediterranea; (3) quella delle alte montagne meridionali del Mediterraneo (da noi rappresentate dall Etna): fascia irano- nevadense per Pignatti oppure fascia oro-mediterranea per Quezel.

5 BOTANICA E SELVICOLTURA 407 BIBLIOGRAFIA BLASI C., 1996 Il fitoclima d Italia. Giornale Botanico Italiano, 130 (1): CENTRO DI ECOLOGIA ALPINA, 2002 I tipi forestali del Trentino. DEL FAVERO R., LASEN C., 1993 La vegetazione forestale del Veneto. II Ediz. DEVOTO G., OLI G. Dizionario della Lingua Italiana. FERGUSON F., 2003 Cime misteriose. Carocci edit. GENTILE S., 1982 Zonation altitudinale de la végétation en Italie Meridionale et en Sicilie (Etna exclus). Ecologia Mediterranea, VIII (1-2): GIACOBBE A., 1949 Le basi concrete per una classificazione ecologica della vegetazione italiana. Archivio Botanico e Biogeografico, XXV (9):7-28. NEGRI G., 1947 Considerazioni sulla classificazione dei piani altimetrici della vegetazione in Italia. Rivista Geografica Italiana, 34 (1). OZENDA, 1985 La vegetation de la Chaine Alpine. Masson edit. PIGNATTI S., 1979 I piani di vegetazione in Italia. Giornale Botanico Italiano, 113: POLI-MARCHESE E., 1982 Zonation altitudinale de la végétation de l Etna. Ecologia mediterranea, VII. QUEZEL P., 1985 Definition of the mediterranean region and the origin of its flora. Sta in: Gomez-Campo C.L. - Plant conservation in the Mediterranean Area. Junk edit. RIVAS-MARTINEZ S., 1982 Etages bioclimatique, secteus chorologiques et séries de végétation de l Espagne méditerranéenne Ecologia Mediterranea, VIII. REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA, 1998 La vegetazione forestale e la Selvicoltura nella Regione Friuli-Venezia Giulia. REGIONE LOMBARDIA, 2002 I tipi forestali della Lombardia. REGIONE MARCHE, 2001 I tipi forestali delle Marche. REGIONE PIEMONTE, 1996 I tipi forestali del Piemonte. REGIONE TOSCANA, 1998 Boschi e Macchie di Toscana - I tipi forestali. SARFATTI G., PEDROTTI F., 1966 I vaccinieti a Vaccinium uliginosum dell Appennino tosco- emiliano. Giornale Botanico Italiano, 46: SCHROETER C., 1926 Das Pflanzen Leben der Alpen. Zurigo. SCHUTT P., SCHUCK H.J., STIMM B., 1991 Lexikon der Forstbotanik. TOMASELLI R., 1970 Note illustrative alla carta della vegetazione naturale potenziale in Italia. Collana Verde 27. GIOVANNI BERNETTI

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