CAPITOLO 2. Micro/nanofabbricazione e tecniche di analisi

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1 CAPITOLO 2 Micro/nanofabbricazione e tecniche di analisi Appunti dalle lezioni del corso Ing. Caterina Ciminelli Anno Accademico

2 CAPITOLO 2 - Micro/nanofabbricazione e tecniche di analisi Introduzione Tecniche di base di microfabbricazione Litografia Deposizione di film sottili e drogaggio Tecniche di etching e rimozione del substrato Bonding del substrato Tecniche di nanofabbricazione Fabbricazione e-beam e nano-imprint Epitassia e strain engineering Tecniche scanning probe Self-Assembly e Template Manufacturing Tecniche di analisi Microcopia elettronica Focussed Ion Beam Secondary Ion Mass Spectrometry Riferimenti bibliografici 84 i

3 CAPITOLO 2 Micro/nanofabbricazione e tecniche di analisi 2.1 Introduzione Le recenti innovazioni nell area della micro/nanofabbricazione hanno creato un opportunità unica per la fabbricazione di strutture con dimensioni nell intervallo da pochi manometri ad alcuni micrometri. Sfruttando le nuove tecnologie di fabbricazione si possono realizzare nuovi dispositivi elettronici, ottici, magnetici, meccanici e chimico/biologici con applicazioni che possono variare dalla sensoristica, ai computer, al controllo. In questo capitolo saranno introdotte le principali tecniche di micro/nanofabbricazione usate attualmente per la realizzazione di strutture nell intervallo da pochi nm a decine di μm. Alcune di queste tecniche renderanno anche di più semplice comprensione le tecnologie MEMS che possono essere usate per la fabbricazione di microstrutture con dimensioni al di sotto di 1 μm e che saranno brevemente illustrate nel capitolo successivo. Queste tecniche hanno raggiunto un adeguato livello di maturità per diversi prodotti commerciali basati sui MEMS, quali, ad esempio, sensori di pressione, accelerometri, giroscopi, ecc.. Recentemente le strutture di dimensioni nanometriche hanno attirato un enorme interesse per le loro uniche proprietà elettriche, magnetiche, ottiche, termiche e meccaniche. Queste potrebbero portare ad una varietà di dispositivi elettronici, fotonici e di sensori con prestazioni superiori a quelle dei corrispondenti dispositivi macroscopici. In questo capitolo saranno anche presentate brevemente alcune importanti tecniche di nanofabbricazione che sono attualmente oggetto di un intensa attività di ricerca. Sebbene per fabbricare strutture nanometriche si possono usare la litografia a fascio elettronico ed altre tecniche litografiche, la loro natura seriale e/o l elevato 15

4 costo ne precludono l applicazione ad ampio spettro. Questo ha portato i ricercatori ad esplorare tecniche alternative e potenzialmente superiori quali litografia strain engineering, self-assembly e nano-imprinting. Tra queste tecnologie, il selfassembly sembra essere il metodo più promettente per il suo basso costo e la sua capacità di produrre nanostrutture con diverse scale di lunghezza. Infine si illustreranno brevemente alcune delle tecniche di analisi usate per verificare la bontà dei passi di fabbricazione. 2.2 Tecniche di base di microfabbricazione La maggior parte delle tecniche di micro/nanofabbricazione ha le sue radici nei metodi standard di fabbricazione sviluppati per l industria dei semiconduttori. Perciò, una chiara comprensione di queste tecniche è necessaria per chiunque intraprenda un percorso di ricerca e sviluppo nell area della micro/nanofabbricazione. In questo paragrafo si presenteranno le principali tecniche di fabbricazione più frequentemente usate nella produzione di micro/nanostrutture. Alcune di queste tecniche come la deposizione di film sottili e l etching sono comuni anche nei processi di fabbricazione di microchip VLSI Litografia La litografia è il processo usato per trasferire disegni (pattern) di forme geometriche, generati da un computer, su un substrato (silicio, vetro, GaAs, etc.) per mezzo dell utilizzo di una maschera di materiale sensibile alle radiazioni (resist) che copre la superficie del wafer. Per definire le varie regioni della struttura da realizzare questi disegni devono essere poi trasferiti negli strati sottostanti. Tale trasferimento è realizzato con un processo di etching che rimuove selettivamente porzioni non mascherate di uno strato. 16

5 Sebbene la fotolitografia, cioè la litografia che usa una sorgente di luce UV, sia di gran lunga la tecnica litografica più usata nella fabbricazione microelettronica, la litografia a raggi X e la litografia a fascio elettronico (e-beam) sono due tecniche alternative che hanno attirato notevole attenzione negli ambiti di fabbricazione di MEMS e nanodispositivi. Clean room Ogni processo litografico deve essere realizzato in una clean room ossia un ambiente in cui l area viene mantenuta a valori ben controllati di temperatura e di umidità ed è continuamente filtrata e riciclata. La necessità di questo tipo di ambiente nasce dal fatto che la deposizione di particelle sui wafer e sulle maschere litografiche può causare un impropria definizione delle geometrie o la creazione di dislocazioni o punti difettosi che possono indurre guasti. In una clean room il numero di particelle di polvere per unità di volume deve essere controllato insieme a temperatura ed umidità. Una clean room in classe 100 presenta un numero massimo di 100 particelle per piede cubico (~ 3500 particelle per metro cubo) la cui grandezza sia superiore a 0.5 μm di diametro ed un minimo di 10 particelle per piede cubico. In un ambiente classe 100 il contenuto di polvere è circa 4 ordini di grandezza più basso di quello dell aria ordinaria. Quando la minima dimensione in gioco è dell ordine di 1 μm o minore è richiesto un controllo ancora più stringente. Per l area in cui si realizzano i processi strettamente litografici è solitamente richiesta una classe 10. Le particelle possono trarre origine dalle attrezzature o dagli esseri umani (abiti, pelle, ecc.) e, quindi, gli utenti della clean room devono indossare tute, scarpe e copricapi adeguati. 17

6 Fotolitografia La maggior parte degli apparati litografici usati per la fabbricazione di microdispositivi sono apparati ottici che utilizzano luce ultravioletta (λ = μm). Il punto di partenza, che segue la creazione al computer di un tracciato per una specifica sequenza di fabbricazione, è la generazione di una fotomaschera. Questa comprende una sequenza di processi fotografici che si traduce in una lastra di vetro contenente il disegno desiderato nella forma di un sottile (~ 100 nm) strato di cromo. Dopo la generazione della fotomaschera, il processo litografico può proseguire come mostrato in figura 2.1. Fig. 2.1 Flusso del processo litografico Questa sequenza spiega come avviene il trasferimento del disegno su un substrato ricoperto da ossido di silicio. Comunque, la stessa tecnica può essere applicata anche ad altri materiali. Dopo aver depositato il materiale desiderato sul substrato, il processo fotolitografico parte ricoprendo per spinning il substrato con un fotoresist. Questo è un materiale polimerico fotosensibile che può essere depositato sul wafer in forma liquida (solitamente prima dell applicazione del resist si usa un materiale che ne faciliti l adesione). La velocità di spinning ( giri/minuto) e la viscosità del fotoresist determinano lo spessore finale dello strato di resist, che tipicamente è compreso tra 0.5 e 2.5µm. Si possono considerare due diversi tipi di fotoresist: positivo e negativo. Nel resist positivo, le aree esposte ai raggi UV saranno dissolte nel successivo passo di sviluppo e, quindi, rimosse con il risultato che il disegno trasferito nel resist (positivo) 18

7 è lo stesso di quello sulla maschera. Nel fotoresist negativo, le aree esposte rimarranno intatte dopo lo sviluppo ed il disegno formatosi nel resist è opposto a quello della maschera. A causa delle sue migliori caratteristiche di controllo nel processo di definizione delle geometrie piccole, il resist positivo è il fotoresist più estensivamente usato nei processi VLSI nonostante esso richieda delle energie di esposizione più alte e, quindi, tempi di esposizione più lunghi. Dopo aver depositato il fotoresist su wafer, il substrato è debolmente cotto (5 30 min a C) per rimuovere i solventi dal resist e migliorarne l adesione allo strato sottostante. Successivamente, la maschera è allineata al wafer ed il fotoresist è esposto ad una sorgente UV. In relazione alla separazione tra la maschera ed il wafer, si possono considerare tre diversi sistemi di esposizione ottica: 1) contatto, 2) prossimità e 3) proiezione. Sebbene la stampa per contatto fornisca una risoluzione migliore confrontata con la tecnica di prossimità, il contatto continuo della maschera con il fotoresist può portare particelle di polvere a rimanere incorporate nella maschera provocandone il danneggiamento permanente e, quindi, la presenza di difetti nelle successive esposizioni. La stampa per prossimità è simile alla precedente ad eccezione della presenza di un gap di pochi micron tra il wafer e la maschera durante l esposizione. A causa di effetti di diffrazione sui bordi della maschera la risoluzione risulta più bassa. La minima larghezza di linea che si può trasferire con questi metodi è lm λg dove λ è la lunghezza d onda della luce usata per l esposizione e g è il gap tra la maschera ed il wafer (nella stampa per prossimità g è la somma del gap di aria e dello spessore del resist). Nella stampa per proiezione si usa un sistema ottico a doppia lente per proiettare l immagine della maschera sul wafer. Per aumentare la risoluzione viene esposta solo una piccola porzione della maschera alla volta e questo richiede un 19

8 sistema step-and-repeat per coprire totalmente l area del wafer. La stampa per proiezione è sicuramente il sistema più ampiamente usato nella microfabbricazione e può assicurare risoluzioni superiori in confronto ai metodi per contatto e per prossimità. sorgente 1) lente maschera resist campione sorgente 2) lente maschera resist campione 3) maschera sistema ottico sorgente lente resist campione Fig. 2.2 Sistemi di esposizione ottica: 1) contatto, 2) prossimità, 3) proiezione La sorgente di esposizione per fotolitografia dipende dalla risoluzione che si vuole ottenere. Per una larghezza minima della linea maggiore di 0.25µm, si può usare una lampada al mercurio ad alta pressione. Tra 0.25 e 0.13µm sono richieste sorgenti nel profondo UV, come laser ad eccimeri (KrF a 248 nm e ArF a 193 nm). Per dimensioni al di sotto di 0.13µm le sorgenti più adatte sembrano essere quelle nell estremo UV (EUV) con lunghezze d onda di nm. Dopo l esposizione, il fotoresist è sviluppato con un processo simile a quello di sviluppo di una pellicola fotografica. Il resist è successivamente sottoposto ad una 20

9 cottura forte (20 30min a C) per migliorarne ulteriormente l adesione. Questo passo conclude la sequenza fotolitografica creando sul wafer il disegno desiderato. Successivamente, il film sottile sottostante è scavato ed il fotoresist è rimosso in acetone o in altri solventi organici. La figura 2.3 mostra schematicamente i passi della fotolitografia con l uso di un fotoresist positivo. SiO 2 Substrato SiO 2 Substrato a) ossidazione del substrato PR b) Spinning del fotoresist e cottura debole Luce fotomaschera SiO 2 Substrato c) Esposizione del fotoresist SiO 2 Substrato d) Sviluppo del fotoresist e cottura forte SiO 2 Substrato e) Scavo dell ossido SiO 2 Substrato f) Rimozione del fotoresist Fig. 2.3 Passi del processo fotolitografico con un resist positivo Litografia a raggi X La litografia a raggi X fa uso di sorgenti ottiche che emettono luce con lunghezze d onda minori di 10 nm. Per queste lunghezze d onda non è possibile utilizzare i principi dell ottica per riflessione o per rifrazione per realizzare il trasferimento del pattern. Inoltre non ci sono materiali che siano sufficientemente 21

10 trasparenti per creare lenti o maschere. Per questi motivi non è possibile realizzare una litografia per proiezione bensì una litografia per prossimità. I vantaggi sono l elevata risoluzione (30 nm con una lunghezza d onda di esposizione di 1 nm) e l insensibilità ai contaminanti organici. Il problema fondamentale di questa tecnica è la maschera. Poiché non ci sono materiali che siano trasparenti ai raggi X come il quarzo alle radiazioni UV, lo strato di materiale che costituisce la base per la maschera deve essere sottile (1 2 μm). Del resto non ci sono materiali che a queste lunghezze d onda siano opachi come il cromo alle radiazioni UV quindi lo strato dei maschera deve essere spesso ( nm). Litografia da fascio elettronico (e-beam litography) Un altro metodo per ottenere risoluzioni che siano inferiori a 100 nm è cambiare il tipo di radiazione. È possibile ottenere illuminazione del resist usando particelle cariche come gli elettroni che possono essere facilmente generati sia per effetto termoionico che per emissione dovuta ad effetto di campo e possono essere focalizzati in un fascio con una dimensione di pochi nm. Questo fascio di elettroni può essere utilizzato per scrivere il disegno della struttura desiderata direttamente sul resist. Nella scrittura diretta da fascio elettronico gli elettroni formano un fascio e sono accelerati in un determinato punto della superficie del wafer dove un resist sensibile agli elettroni come il polimetilmetacrilato (PMMA) dissolto in triclorobenzene (positivo) o policlorometilstirene (negativo) viene esposto definendo il pattern. Un sistema a fascio elettronico consiste di un cannone elettronico, di un sistema elettronico-ottico (la colonna elettronica), di uno stadio meccanico di posizionamento del wafer e di un sistema di controllo. Uno schema del sistema è riportato in figura

11 I due tipi di cannone elettronico che sono comunemente usati sono le sorgenti termoioniche e le sorgenti ad emissione di campo. Nelle prime gli elettroni sono emessi per riscaldamento del materiale della sorgente, ad esempio tungsteno (W) o esaboruro di lantanio (LaB 6 ). Nelle seconde gli elettroni sono estratti da un estremità appuntita per effetto del forte campo elettrico. Esse richiedono vuoti molto spinti e sono alquanto instabili a differenza di quelle termoioniche a base di LaB 6 che sono diventate le sorgenti più diffuse per i sistemi di litografia a fascio elettronico. H.V. power supply lens power supplies blanking amplifier electron gun column pattern generator D/A conveters detection amplifiers registration unit laser interferometer stage controller computer final lens electron detector airlock stage chamber vacuum system vibration isolation table pattern data storage Fig. 2.4 Schema di un apparato per litografia e-beam Nella colonna gli elettroni estratti vanno a formare un fascio di determinata dimensione o forma. Per questo motivo nella colonna si utilizzano elementi elettronici e ottici come lenti di focalizzazione. Ulteriori elementi della colonna sono un sistema di commutazione on/off del fascio ed un sistema di deflessione per posizionare il fascio sul wafer. Poiché il sistema di deflessione può solo indirizzare il campo di nm è necessario muovere il campione sotto il fascio da un campo di esposizione all altro per mezzo di un sistema meccanico. La posizione del supporto meccanico che contiene il campione è misurata da un interferometro e ciò consente di posizionare il fascio con un accuratezza di circa 5 nm. 23

12 L intero sistema è sotto vuoto per consentire la formazione degli elettroni ed evitare l effetto delle vibrazioni. Il disegno, contenuto in un file CAD, è trasformato da un computer in movimenti del fascio e del supporto. Durante l illuminazione, l inclinazione del campione è continuamente misurata in modo da calibrare nuovamente il fuoco. Ci sono due schemi di esposizione: raster scan e vector scan. Nel primo il sistema di deflessione ed il supporto del campione sono controllati in modo che il campione sia scandito interamente ma il fascio è acceso e spento in accordo con la struttura da definire. Nel secondo sistema il fascio è focalizzato solo sui punti che devono essere impressionati. Il tempo di processo dipende dal disegno da trasferire ma, in ogni caso, è alquanto lungo e, per questo motivo, non è sfruttabile nella produzione di massa di dispositivi e circuiti. Tuttavia, poiché la sua risoluzione è di pochi nm, esso è prevalentemente usato in attività di ricerca e per definire le maschere da usare per la litografia ottica. La risoluzione non è limitata dalla deflessione degli elettroni ma dalla dimensione del fascio e dal backscattering (retrodiffusione) degli elettroni. Gli elettroni perdono la loro energia lentamente ed una loro significativa frazione viene diffusa dalla superficie dove essi espongono il resist anche in punti ad alcuni micron di distanza dal punto di incidenza. Questo effetto, detto effetto di prossimità, consiste nel fatto che l effettiva dose con cui il resist è esposto in ogni punto dipende dalla forma che il disegno assume nella zona vicina e questa dipendenza deve essere tenuta in conto con degli strumenti correttivi Deposizione di film sottili e drogaggio La deposizione di film sottili ed il drogaggio sono estensivamente usati nelle tecnologie di micro/nanofabbricazione. La maggior parte delle micro/nanostrutture fabbricate contiene strati di diversi materiali che sono ottenuti con diverse tecniche di deposizione o per modificazioni del substrato. I film sottili che sono utilizzati nei 24

13 dispositivi possono essere classificati in ossidi termici, materiali dielettrici, silicio policristallino e film metallici. I materiali depositati e/o drogati usati in micro/nanofabbricazioni trovano diverse applicazioni quali formazione di strutture meccaniche, isolamento elettrico, connessione elettrica, parti di sensori o attuatori, mascheratura per attacco e drogaggio, supporto durante la deposizione di altri materiali (materiali sacrificali), passivazione. La maggior parte dei film depositati ha proprietà diverse da quelle delle corrispondenti forme bulk (per esempio, i metalli mostrano resistività più alte in forma di film sottili). Inoltre, le tecniche usate per depositare questi materiali hanno un grande impatto sulle loro proprietà finali. Per esempio, lo stress interno (di compressione o di trazione) in un film è fortemente dipendente dal processo. Stress eccessivo può provocare frattura o distacco del film dal substrato e, perciò, deve essere minimizzato, sebbene esso possa essere utile per certe applicazioni. L adesione è un altro importante aspetto che è necessario considerare quando si deposita il film. In alcuni casi, come quello della deposizione di un metallo nobile (ad esempio oro), può essere necessario uno strato intermedio (cromo o titanio) per migliorarne l adesione agli strati sottostanti. Ossidazione I semiconduttori possono essere ossidati con diversi metodi che comprendono l ossidazione termica, l anodizzazione elettrochimica e la reazione da plasma. Tra questi metodi quello più importante è l ossidazione del silicio che consente di ottenere un film sottile di ossido di silicio, SiO 2, di eccellente qualità (densità di difetti bassissima) ed omogeneità dello spessore. Sebbene essa non sia propriamente una deposizione, il risultato che si ottiene è lo stesso, cioè si produce un sottile strato di un nuovo materiale che copre la superficie. Per l arseniuro di gallio (GaAs) l ossidazione termica porta alla formazione di film non stechiometrici contenenti ossidi di arsenico 25

14 e di gallio e ioni di arsenico. Questi ossidi forniscono scarso isolamento elettrico e bassa protezione della superficie quindi sono poco usati nella tecnologia del GaAs. Il processo di ossidazione è tipicamente realizzato a temperature nell intervallo da 900 C a 1200 C in presenza di O 2 (ossidazione secca) o di H 2 O (ossidazione umida). Le reazioni per la formazione dell ossido nei due succitati casi sono: Si (solido) + O 2 (gas) SiO 2 (solido) e Si (solido) + 2H 2 O (vapore) SiO 2 (solido) + 2H 2 (gas). Sebbene il tasso di crescita dell ossido sia più alto per l ossidazione umida, esso è ottenuto a spese della più bassa qualità dell ossido. Poiché gli atomi di Si del substrato partecipano alla reazione, il substrato si riduce (consuma) quando l ossido cresce. L ossidazione del Si avviene anche a temperatura ambiente, tuttavia, uno strato di circa 20Å di ossido è sufficiente a passivare la superficie ed evitare ulteriore ossidazione. Per crescere strati di ossido più spessi, i wafer sono introdotti in una fornace a resistenza elettrica come quella rappresentata in Fig Fig. 2.5 Rappresentazione schematica di una tipica fornace di ossidazione In questo tipo di apparato possono essere processate contemporaneamente decine di wafer. Controllando precisamente il tempo, la temperatura ed il flusso di gas che entra nel tubo di quarzo, si può ottenere lo spessore desiderato con un elevata accuratezza. 26

15 In tempi di processo accettabili si possono ottenere spessori variabili da poche decine di Angstrom a 2µm. A dispetto della buona qualità di SiO 2 ottenuto per ossidazione termica del Si, l uso di questo processo è spesso limitato ai primi passi di fabbricazione poiché alcuni dei materiali aggiunti durante la formazione delle strutture possono non sopportare le alte temperature. Inoltre, quando i substrati sono stati precedentemente attaccati chimicamente con certi reagenti come l idrossido di potassio (KOH) o quando sono stati depositati materiali come i metalli, la fornace può essere contaminata e questo pone nella maggior parte dei casi ulteriori limitazioni all uso del processo. Drogaggio L introduzione di certe impurità in un semiconduttore può cambiare le sue proprietà elettriche, chimiche ed anche meccaniche. Impurità tipiche, o droganti, usate nel Si includono boro (per formare regioni di tipo p) e fosforo o arsenico (per formare regioni di tipo n). Il drogaggio è il processo principale usato nell industria microelettronica per fabbricare la maggior parte dei componenti come diodi e transistori. Nelle tecnologie di micro/nanofabbricazione il drogaggio ha ulteriori applicazioni come la formazione di piezoresistori per trasduttori meccanici e la creazione di strati che bloccano il processo di attacco chimico (etch stop layers). Si possono usare due diverse tecniche per introdurre le impurità in un substrato di semiconduttore: diffusione ed impiantazione ionica. La diffusione di impurità nel Si si verifica solo ad alte temperature (superiori a 800 C). Le fornaci usate per realizzare questo processo sono simili a quelle per il processo di ossidazione. I droganti sono introdotti nell atmosfera gassosa della fornace da sorgenti liquide o solide. La figura 2.6 illustra il processo di formazione di una regione di tipo n per diffusione di fosforo dalla superficie in un substrato di tipo p. Una maschera è precedentemente depositata sulla superficie per definire le aree da drogare. Comunque, poiché la diffusione è un processo isotropo, l area drogata si 27

16 estenderà anche sotto la maschera. Nella microfabbricazione, la diffusione è usata principalmente per la formazione di regioni di boro fortemente drogate (p ++ ) che sono solitamente usate come strati etch stop nel processo di bulk micromachining. Strato di mascheratura Gas drogante contenente composti di fosforo tipo n tipo p Fig. 2.6 Formazione di una regione di tipo n su un substrato di Si di tipo p per diffusione di fosforo L impiantazione ionica consente un più preciso controllo della concentrazione di impurità (la quantità totale introdotta per unità di area) e del profilo di impurità (concentrazione in funzione della profondità). Nell impiantazione ionica, le impurità sono ionizzate ed accelerate verso la superficie del semiconduttore. La penetrazione di impurità nel materiale segue una distribuzione Gaussiana. Dopo l impiantazione, è necessario realizzare un processo di riscaldamento (annealing) per riparare i danni della struttura cristallina prodotti dalle collisioni ioniche. Deposizione da fase vapore ed epitassia Come suggerito dal nome, la deposizione da fase vapore (chemical vapour deposition, CVD) include tutte le tecniche di deposizione che usano la reazione chimica in fase gassosa per formare il film sottile depositato. La deposizione da fase vapore è utilizzata per depositare film dielettrici usati prevalentemente per isolare o passivare. L energia necessaria affinché la reazione chimica avvenga è solitamente fornita mantenendo il substrato a temperature elevate. Si usano anche altre sorgenti alternative di energia come l eccitazione da plasma o l eccitazione ottica che hanno il vantaggio di richiedere temperature più basse applicate al substrato. 28

17 I processi di fabbricazione CVD più comunemente usati nella microfabbricazione sono la LPCVD (low pressure CVD, CVD a bassa pressione) e la PECVD (plasma enhanced CVD, CVD assistita da plasma). I criteri che guidano nella scelta del processo di deposizione sono la temperatura a cui può essere portato il substrato, la velocità di deposizione, l uniformità del film, le proprietà elettriche e meccaniche e la composizione chimica dei film dielettrici. Il processo LPCVD è condotto tipicamente in tubi riscaldati elettricamente, simili ai tubi di ossidazione, dotati di sistemi di pompe per ottenere le basse pressioni necessarie (da 0.1 a 1.0 torr). Un grande numero di wafer può essere processato contemporaneamente ed il materiale è depositato su entrambi i lati di ciascun wafer. Le temperature di processo dipendono dal materiale da depositare ma, generalmente, sono nell intervallo fra 550 e 900 C. Come nell ossidazione, le elevate temperature ed i problemi di contaminazione possono restringere i tipi di processo realizzati sul campione prima della LPCVD. I materiali tipici depositati per LPCVD includono l ossido di silicio (ad esempio SiCl 2 H 2 + 2N 2 O SiO 2 + 2N 2 + 2HCl a 900 C), il nitruro di silicio (ad esempio 3SiH 4 + 4NH 3 Si 3 N H 2 a C) ed il silicio policristallino (ad esempio SiH 4 Si + 2H 2 a 600 C). Si ricorda anche che a causa dell elevata velocità con cui viene rimosso quando attaccato con acido fluoridrico (HF), l ossido drogato con fosforo (phosphosilicate glass o PSG, vetro fosfosilicato) depositato con LPCVD è ampiamente usato come strato sacrificale nel processo di surface micromachining. L uniformità di questo processo è eccellente, anche per strutture ad elevato aspect-ratio. Le proprietà meccaniche dei materiali LPCVD sono buoni in confronto a quelle di altri materiali ottenuti per PECVD ed i materiali ottenuti per LPCVD sono spesso usati come materiali strutturali nei dispositivi micrometrici. Lo stress negli strati depositati dipende dal materiale, dalle condizioni di deposizione e dalle sollecitazioni termiche successive (ad esempio il riscaldamento (annealing) successivo alla deposizione). Poiché i valori di stress possono variare in un intervallo ampio, è 29

18 necessario misurare e caratterizzare lo stress interno dei film sottili depositati per ciascun apparato specifico in definite condizioni di deposizione. Il processo LPCVD è tuttavia un processo lento ed i gas utilizzati possono essere tossici. Il processo PECVD è realizzato in sistemi al plasma come quello schematizzato in figura 2.7. Fig. 2.7 Rappresentazione schematica di un tipico sistema PECVD L uso di energia RF per creare specie altamente reattive nel plasma consente l uso di basse temperature applicate al substrato (da 150 a 350 C). I reattori al plasma a piatti paralleli normalmente usati nella microfabbricazione possono processare solo un numero limitato di wafer alla volta. I wafer sono posti orizzontalmente sull elettrodo in basso in modo che ne venga depositato solo un lato. Materiali tipici depositati con PECVD includono l ossido di Si, il nitruro di Si ed il Si amorfo. L uniformità è buona per strutture a basso aspect-ratio ma diventa molto scarsa quando si devono realizzare strutture con scavi profondi. Lo stress dipende dai parametri di deposizione e può essere sia di compressione che di tensione. I nitruri che si ottengono per PECVD sono tipicamente non-stechiometrici (Si x N y ) e sono molto meno resistenti ai reagenti utilizzati per rimuovere materiale in applicazioni di mascheratura. Un altro interessante tipo di CVD è la crescita epitassiale. In questo processo, un materiale monocristallino è cresciuto come un estensione della struttura del 30

19 cristallo del substrato. È possibile crescere materiali diversi se le strutture cristalline sono simili ( lattice-matched ). Substrati di silicio su zaffiro (silicon-onsapphire, SOS) ed alcune altre eterostrutture sono fabbricate in questo modo. Comunque, la tecnica più comune è la crescita di Si su un altro substrato di silicio. Di particolare interesse per la formazione di microstrutture è la crescita epitassiale selettiva. In questo processo il cristallo di silicio può crescere solo in aperture definite sul materiale di mascheratura. Molte tecniche CVD sono state usate per produrre crescita epitassiale. Quella più comune per il silicio è la deposizione termica da vapori chimici o epitassia da fase vapore (vapor phase epitaxy, VPE). La deposizione metalloorganica da vapori chimici (Metallorganic chemical vapor deposition, MOCVD) e l epitassia da fascio molecolare (molecular beam epitaxy, MBE) sono le tecniche più comuni per crescere strati di composti III-V con interfacce quasi atomiche. La prima usa vapori di composti organici con atomi del gruppo III come trimetilgallio [Ga(CH 3 ) 3 ] ed idruri del gruppo V come AsH 3 in una camera CVD con capacità di commutare rapidamente il gas. La seconda usa tipicamente fasci molecolari da sorgenti evaporate termicamente in una camera ad ultravuoto. In questo caso, il rapido controllo on/off dei fasci è ottenuto usando otturatori davanti alle sorgenti. Infine, la LPCVD può essere usata anche per depositare molti metalli (molibdeno, tantalio, titanio e tungsteno). Questi metalli sono interessanti per le loro basse resistività. Per la sua applicazione nelle nuove tecnologie di interconnessione la deposizione di rame con tecnica CVD è attualmente oggetto di intensa attività di ricerca. Evaporazione and sputtering Nei sistemi di deposizione fisica il materiale da depositare è trasportato da una sorgente sul wafer, entrambi posti nella stessa camera. Si usano due principi fisici: evaporazione e sputtering. 31

20 Nell evaporazione, la sorgente è posta in un piccolo contenitore con pareti rastremate, chiamato crogiolo, e riscaldata ad una temperatura alla quale avviene l evaporazione. Diverse tecniche sono utilizzate per raggiungere le alte temperature necessarie, compresa l induzione di alte correnti per mezzo di bobine avvolte intorno al crogiolo ed il bombardamento della superficie del materiale con un fascio elettronico (evaporatore a fascio elettronico). Questo processo è usato principalmente per depositare metalli, sebbene si possano evaporare anche dielettrici. In un sistema tipico, il crogiolo è posto nella parte bassa della camera da vuoto, mentre i wafer sono posti lungo la parete superiore della camera (Fig. 2.8). Per migliorare l uniformità dello strato rispetto alla topografia si possono ruotare e/o riscaldare i wafer durante la deposizione. Fig. 2.8 Rappresentazione schematica di un sistema di deposizione da fascio elettronico Nella tecnica di sputtering, un target del materiale da depositare è bombardato con ioni inerti (solitamente argon) ad alta energia. Il risultato del bombardamento è che atomi individuali o gruppi di atomi sono rimossi dalla superficie e sono spinti verso il wafer. La natura fisica di questo processo idealmente ne consente l uso con un qualsiasi materiale esistente. Materiali che sono frequentemente depositati per sputtering sono metalli, dielettrici, leghe e tutti i tipi di composti (per esempio, piezoelettrici). Gli ioni inerti che bombardano il target sono prodotti in DC o plasma RF. In un semplice sistema a 32

21 piatti paralleli, l elettrodo superiore è il target ed i wafer sono posti orizzontalmente sull elettrodo inferiore. A dispetto della sua più bassa velocità di deposizione, l uniformità è decisamente migliore rispetto all evaporazione. Sia i sistemi di evaporazione che di sputtering sono spesso in grado di depositare più di un materiale contemporaneamente o in sequenza. Questa possibilità è utilissima per ottenere leghe e multistrati. Per alcuni metalli a bassa reattività come oro (Au) e platino (Pt), la deposizione precedente di un sottile strato di un altro metallo è necessaria per migliorare l adesione. Titanio (Ti) e cromo (Cr) sono i materiali di questo tipo più frequentemente usati. Lo stress negli strati evaporati o depositati per sputtering è tipicamente di tensione. Le velocità di deposizione sono molto più alte di quelle delle tecniche CVD. Comunque, a causa dell accumulo di stress e delle possibili fratture, raramente vengono depositati spessori superiori a 2µm con questi processi. Per deposizione di strati più spessi talvolta è usata la tecnica descritta nella seguente sezione. Electroplating L electroplating (o elettodeposizione) è un processo tipicamente usato per ottenere strutture di metallo spesse (decine di μm). Il campione da rivestire è introdotto in una soluzione contenente una forma riducibile di ioni del metallo desiderato ed è tenuto ad un potenziale negativo (catodo) rispetto all elettrodo opposto (anodo). Gli ioni sono ridotti sulla superficie del campione e gli atomi metallici insoluti sono incorporati nella superficie. Ad esempio, l elettrodeposizione del rame è realizzata frequentemente in soluzioni solforiche di rame. La reazione che ha luogo in superficie è Cu e - Cu (s). Le densità di corrente usate per i processi di elettrodeposizione sono dell ordine di 5 100mA/cm 2. Come si può dedurre dal meccanismo del processo, la superficie da rivestire deve essere conduttiva e, preferibilmente, dello stesso materiale di quello depositato se si desidera una buona adesione. 33

22 Per depositare con questa tecnica metalli al di sopra di un isolante (la maggior parte dei casi) un film sottile dello stesso metallo, chiamato strato seme (seed layer), è precedentemente depositato sulla superficie. La mascheratura di questo strato con un resist permette di realizzare electroplating selettivo delle aree definite. La figura 2.9 illustra una tipica sequenza dei passi richiesti per ottenere strutture di metallo isolate. seme a) substrato fotoresist b) c) d) Fig. 2.9 Formazione di strutture metalliche isolate con electroplating con l uso di una maschera: (a) deposizione dello strato seme, (b) spinning e patterning del fotoresist, (c) electroplating, (d) eliminazione del fotoresist e dello strato seme Tecniche di etching e rimozione del substrato L etching (attacco) dei film sottili e dei substrati è un altro passo di fabbricazione di fondamentale importanza sia nei processi VLSI che nei processi di micro/nanofabbricazione. Nell ambito dei circuiti VLSI, i diversi film conduttivi e dielettrici depositati per scopi di passivazione o di mascheratura devono essere rimossi in alcune zone. Nella micro/nanofabbricazione, insieme all attacco di parti di film sottili, molto spesso deve essere rimosso anche il substrato (silicio, vetro, GaAs, ecc.) per creare diverse micro/nanostrutture meccaniche. 34

23 Si possono distinguere due diversi meccanismi di attacco: fisico e chimico. L etching fisico si basa sul trasferimento di energia dalle particelle che colpiscono ed erodono la superficie mentre nelle reazioni dell etching chimico i prodotti che si formano devono essere solubili nella soluzione di attacco e volatili a bassa pressione. L esempio più importante di etching chimico è il wet etching, ossia l attacco in soluzione. L applicazione principale è quella che si ha nel bulk etching del silicio o dei semiconduttori composti. Le velocità di etching sono piuttosto elevate e si possono individuare ricette praticamente per qualsiasi tipo di materiale. Il dry etching fa uso di gas parzialmente ionizzati prodotti in scariche a bassa pressione. Storicamente il dry etching è partito come processo fisico perché per erodere il materiale venivano usati solo gas inerti come l argon. Attualmente esso è una combinazione di agenti di attacco chimici e fisici ed è utilizzato soprattutto quando si considerano dimensioni inferiori al micron e si richiedono profili verticali. Due importanti figure di merito per un qualsiasi processo di scavo sono la selettività e la direzionalità. La selettività è il grado a cui l agente di attacco può distinguere fra lo strato di mascheratura e lo strato da scavare. La direzionalità è relativa al profilo di scavo sotto la maschera. In uno scavo isotropo, l agente attacca il materiale in tutte le direzioni alla stessa velocità, creando un profilo semicircolare sotto la maschera (undercut), (Fig. 2.10a). In un etching anisotropo, la velocità di dissoluzione dipende dalle direzioni specifiche e si possono ottenere pareti dritte o altri profili non circolari, (Fig. 2.10b). PR PR PR PR Si Si (a) (b) Fig Profilo per etching isotropo (a) e anisotropo (b) attraverso una maschera di fotoresist 35

24 Wet Etching È un processo puramente chimico che consiste di tre diversi passi. Le specie reattive presenti in soluzione attaccano la superficie, ha luogo una reazione nella quale sono generati prodotti solubili ed infine tali prodotti vengono allontanati dalla superficie. Un notevole vantaggio del wet etching è l elevato numero di ricette esistenti idealmente per ogni materiale. Esse possono essere opportunamente modificate per ottenere una selettività molto alta. Poiché non avviene alcun bombardamento della superficie il danno indotto sul substrato dal processo di wet etching è piuttosto basso. La concentrazione delle soluzioni deve essere controllata accuratamente per avere velocità di etching costanti ed uniformi su aree ampie. Gli svantaggi di questa tecnica sono il grande consumo di materiale chimico in confronto alla tecnica di dry etching ed il problema dello smaltimento di rifiuti tossici. I processi di etching chimico isotropi mostrano una maggiore selettività agli strati di mascheratura in confronto alle varie tecniche secche. Inoltre, a causa dello undercut laterale, la minima caratteristica ottenibile con attacco umido è limitata a > 3µm. L ossido di silicio è comunemente attaccato con HF diluito (6:1, 10:1, o 20:1 in volume) o in soluzioni di HF buffered (BHF, HF + NH 4 F) (velocità di etching di ~ 1.000Å/min in BHF). L attacco umido per il nitruro di silicio si realizza con acido fosforico caldo ( C) con ossido di silicio come materiale di mascheratura. I metalli possono essere attaccati usando diverse combinazioni di soluzioni acide e basiche. Ci sono anche molte soluzioni commercialmente disponibili per alluminio, cromo ed oro. L etching in soluzione isotropo ed anisotropo dei substrati cristallini (silicio ed arseniuro di gallio) e dei substrati non-cristallini (vetro) è un importante aspetto della micro/nanofabbricazione. 36

25 L etching isotropo del silicio che fa uso di HF/HNO 3 /CH 3 COOH (sono state usate diverse formulazioni) risale agli anni 50 ed è ancora frequentemente usato per assottigliare il wafer. Il meccanismo di scavo è il seguente: lo HNO 3 è usato per ossidare il silicio, che si seguito è dissolto in HF. L acido acetico è usato per evitare la dissociazione dello HNO 3. L ossido di silicio può essere usato come materiale di mascheratura per processi di etching brevi mentre per tempi di etching più lunghi è necessario ricorrere a maschere di nitruro di silicio. Il vetro può essere anche attaccato isotropicamente usando una combinazione di HF/HNO 3 con le superfici attaccate che mostrano una notevole rugosità. I lunghi tempi di attacco richiedono una robusta mascheratura. Sono state sviluppate soluzioni di etching dipendenti dall orientazione della superficie che mostrano, cioè, una velocità di attacco maggiore in una direzione cristallografica rispetto ad un altra. Esse sono ampiamente utilizzate nel campo del bulk micromachining dei MEMS. La diversa densità atomica e le forze di legame variabili sono responsabili dell anisotropia del processo. Per il silicio la più alta densità di atomi si ha nella direzione <111> e, quindi, la velocità di etching più bassa è quella relativa al piano (111). I tre reagenti più importanti per il silicio sono KOH, EDP e TMAH. Essi sono tutti anisotropi che attaccano il silicio lungo le direzioni cristallografiche preferenziali. Inoltre, essi mostrano tutti una marcata riduzione nella velocità di etching in regioni (p ++ ) fortemente drogate con boro (> cm -3 ). La velocità di etching dipende dalla concentrazione e dalla temperatura ed è di solito pari a circa 1µm/min a temperature di C. Materiali di mascheratura per l etching umido anisotropo sono l ossido di silicio ed il nitruro di silicio, quest ultimo con caratteristiche migliori in caso di tempi di etching più lunghi. La figura 2.11 mostra le tipiche sezioni di wafer di silicio (100) e (110) dopo attacco anisotropo in soluzione. Come si può vedere i piani lenti (111) sono esposti in 37

26 entrambe le situazioni, una, nel wafer (100), in cui si creano pareti inclinate di 54.7 e l altra, nel wafer (110), in cui si formano pareti verticali. Fig Profilo per etching anisotropo per wafer di silicio: (a) (100) e (b) (110) I tre reagenti su menzionati mostrano selettività diverse legate alla direzione ed al drogaggio. Lo KOH ha la migliore selettività (400/1) per i substrati (111), seguita dal TMAH e dal EDP. Comunque, l EDP ha la più alta selettività rispetto alle regioni fortemente drogate con boro. Ulteriore criterio di scelta è la pericolosità di tali reagenti: il TMAH è quello più benigno, mentre l EDP è estremamente corrosivo e carcenogeno. Dry Etching Le tecniche di dry etching fanno uso di gas parzialmente ionizzati prodotti in scariche a bassa pressione. Il dry etching è realizzato in due configurazioni di reattore. Nel plasma etching il wafer è a diretto contatto con il plasma, soggetto allo stesso livello di pressione. Le camere sono compatte ed occupano un volume limitato. Nell etching da fascio ionico (ion beam etching) il wafer è tenuto a bassa pressione in una camera grande. Si forma un plasma in una sorgente ionica separata e gli ioni sono accelerati sul wafer applicando opportune tensioni ad un insieme di griglie poste davanti alla sorgente. Nel dry etching ci sono due diversi meccanismi di attacco. 38

27 Nello sputter etching ioni inerti (ad esempio Ar + ) accelerati colpiscono perpendicolarmente la superficie per rimuovere il materiale (pressione ~ torr) (vedi fig. 2.12a). Le caratteristiche principali di questa tecnica sono le bassissime velocità di etching (dell ordine di pochi nm al minuto) e la scarsa selettività (prossima a 1:1 per la maggior parte dei materiali); quindi essa è generalmente usata per scavare strati sottilissimi. Fig Rappresentazione semplificata dei meccanismi di etching per (a) sputter etching, (b) etching al plasma ad alta pressione e (c) RIE Nell etching con plasma ad elevata pressione ( torr) si creano specie altamente reattive che reagiscono con il materiale da scavare. I prodotti della reazione sono volatili, in modo che essi diffondano via ed il nuovo materiale sia esposto alle specie reattive (Fig. 2.12b). Il processo può essere molto selettivo. L etching assistito da ioni (reactive ion etching, RIE) è una combinazione dei processi fisico e chimico. In questa tecnica, le specie reattive reagiscono con il materiale solo quando le superfici sono attivate dalle collisione di ioni incidenti dal plasma (ad esempio rompendo i legami in superficie). Come nella tecnica precedente, la 39

28 direzionalità della velocità degli ioni produce molte più collisioni sulle superfici orizzontali che sulle pareti, generando quindi velocità di etching più elevate nella direzione verticale (Fig. 2.12c). Un caso interessante è quello della tecnica di deep reactive ion etching (DRIE), capace di ottenere aspect ratio pari a 30:1 e velocità di etching del silicio di 2-3µm/min. In questa tecnica, i passi di deposizione per passivazione ed etching si realizzano sequenzialmente in un ciclo a due, come mostrato in figura Fig Processo di DRIE ciclico: (a) spinning del fotoresist, (b) passo di etching, (c) passo di passivazione e (d) passo di etching Nei sistemi commerciali di DRIE per il silicio, si usa tipicamente SF 6 /Ar per il passo di etching ed una combinazione di Ar e di un fluoropolimero (ncf 2 ) per il passo di passivazione. Un polimero come il Teflon viene depositato in uno strato di circa 50 nm durante l ultimo passo, coprendo solo le pareti laterali (un bombardamento con ioni Ar + rimuove il Teflon sulle superfici orizzontali). A causa della natura ciclica di questo processo, le pareti laterali degli oggetti scavati mostrano una rugosità periodica ad onda nell intervallo di nm. Il dry etching può essere realizzato anche in un apparato che non sia a plasma se i gas di etching sono sufficientemente reattivi Bonding del substrato Il bonding (silicio-silicio, silicio-vetro e vetro-vetro) del substrato è una delle più importanti tecniche di fabbricazione nella tecnologia dei microsistemi. Esso è 40

29 frequentemente usato per fabbricare strutture tridimensionali complesse che possono essere parti funzionali oppure parti del package del microsistema finale. Le più importanti tecniche di bonding sono la fusione silicio-silicio (o bonding diretto del silicio) ed il bonding elettrostatico silicio-vetro (o bonding anodico). Oltre a queste tecniche, sono stati studiati anche metodi alternativi che usano uno strato intermedio. In questo capitolo, si riassumeranno brevemente solo le tecniche utilizzate per il wafer e non si tratteranno gli altri metodi di bonding a livello di dispositivo (ad esempio la saldatura a fascio elettronico (e-beam welding) e la saldatura laser (laser welding). Bonding diretto del silicio Il bonding diretto del silicio, o bonding per fusione, si usa nella fabbricazione dei dispositivi micromeccanici e dei substrati silicon-on insulator (SOI). Sebbene esso sia usato principalmente per unire due wafer di silicio con e senza uno strato di ossido, è stato usato anche per altri semiconduttori come GaAs e InP. Requisiti fondamentali per la realizzazione di un buon bonding sono una sufficiente planarità (rugosità superficiale < 10Å e curvatura < 5µm in un wafer da 4 pollici) e la pulizia delle superfici. Inoltre, si deve considerare anche il disadattamento dovuto all espansione termica se si stanno unendo due materiali diversi. La procedura di bonding è la seguente: i wafer di silicio o silicio ricoperto di ossido sono prima di tutto puliti. Successivamente, le superfici sono trattate con HF o HNO 3 caldo. Questo arricchisce le superfici di gruppi ossidrili. Successivamente i substrati sono portati a piccola distanza (partendo dal centro per evitare la formazione di vuoto). Avvicinando le superfici si sviluppano forze di attrazione di van der Waals e si genera un legame idrogeno tra i due wafer di silicio che lega i substrati insieme. Questi passi possono essere realizzati a temperatura ambiente anche se, per 41

30 aumentare la forza del legame, si ricorre solitamente ad un riscaldamento ad alta temperatura ( C). Bonding anodico Il bonding anodico (elettrostatico) silicio vetro è un altra tecnica per unire i substrati che è stata usata per il packaging dei microsensori e la fabbricazione dei dispositivi. Il principale vantaggio di questa tecnica è la più bassa temperatura che è circa C. La figura 2.14 mostra il setup per realizzare questo tipo di bonding. Fig Setup di bonding anodico vetro-silicio Un wafer di vetro (solitamente Pyrex 7740 per la sua espansione termica in accordo con quella del silicio) è posto sul wafer di silicio e tutto è riscaldato a C. Successivamente, si applica alla struttura vetro-silicio con il vetro connesso al catodo una tensione di circa 1.000V. Il legame parte immediatamente dopo l applicazione della tensione e si diffonde dal punto di contatto del catodo. Il legame può essere visivamente osservato come un fronte grigiastro che si espande attraverso il wafer. Il meccanismo di bonding è il seguente: durante il periodo di riscaldamento, gli ioni sodio del vetro si muovono verso il catodo e creano uno strato di svuotamento all interfaccia silicio-vetro. Perciò all interfaccia si genera una forte forza elettrostatica che spinge i substrati a stretto contatto. L esatta reazione chimica responsabile per il bonding anodico non è ancora chiara ma il legame covalente silicioossigeno all interfaccia sembra essere responsabile dell unione. È anche possibile 42

31 realizzare il bonding anodico silicio-silicio che usa strati intermedi di vetro depositato per sputtering o evaporato. Bonding con strati intermedi Sono state analizzate anche diverse altre tecniche di wafer bonding che fanno uso di uno strato intermedio. I legami adesivi che usano un polimero (ad esempio epoxy, adesivi termoplastici e fotoresist) tra i wafer sono stati usati per unire substrati differenti. Sebbene si possano ottenere forze di legame ragionevolmente alte, queste unioni sono non ermetiche e stabili nel tempo. In un processo di bonding eutettico, i wafer di silicio ricoperti di oro sono legati insieme a temperature maggiori del punto eutettico silicio-oro (363 C, 2.85% silicio e 97.1% oro). Questo processo può ottenere elevate forze di legame e buona stabilità a temperature relativamente basse. Per una buona uniformità del legame, l ossido di silicio deve essere rimosso dalla superficie del substrato prima della deposizione dell oro e, analogamente, prima del legame devono essere rimossi dalla superficie dell oro anche tutti i possibili contaminanti organici. Per ottenere un miglior contatto si dovrebbe anche applicare una pressione. Sebbene il legame eutettico si possa ottenere a basse temperature, l ottenimento di una buona uniformità su aree estese appare alquanto complicato. Un vetro poroso può essere usato come strato intermedio nel bonding del substrato. In questa tecnica, viene prima depositato e lucidato un sottile strato di vetro. I substrati rivestiti di vetro sono quindi portati a contatto ed il sistema è riscaldato al di sopra della temperatura di fusione del vetro (tipicamente < 600 C). Come nel processo eutettico, deve essere applicata una pressione per ottenere un contatto adeguato. 43

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