Fruizione di contesti archeologici inaccessibili

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1 in collaborazione con Fruizione di contesti archeologici inaccessibili Il progetto Marta racconta a cura di Maria Teresa Giannotta Francesco Gabellone Antonietta Dell Aglio Edizioni Grifo

2 Progetto realizzato dal Consiglio Nazionale delle ricerche Istituto per i Beni archeologici e Monumentali di Lecce In collaborazione con Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del turismo Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia Marta. Museo Nazionale archeologico di taranto con il contributo della Coordinamento editoriale: Maria teresa Giannotta Testi: angela Calia, antonio Castorani, amelia D amicis, antonietta Dell aglio, Ivan Ferrari, Flavia Frisone, Francesco Gabellone, Maria teresa Giannotta, Luigi La rocca, Mariateresa Lettieri, Mario Lombardo Daniele Malfitana, Laura Masiello, Davide Melica, Giovanni Quarta, armanda Zingariello Restituzioni e ricostruzioni 3D: Information technologies Lab (ItLab) IBaM-CNr di Lecce Coordinamento e authoring: Francesco Gabellone; 3D work: Ivan Ferrari Vray lighting: Francesco Giuri; Consulenza archeologica: Maria teresa Giannotta Collaborazione tecnica: Valerio amadei, Piero angotti, anna Magrì, Maurizio Masieri, Giulio Leone, anna Maria Prenna Acquisizione ed elaborazione immagini: Maria Chiffi Progetto grafico e copertina: Francesco Gabellone Elaborati grafici: angela Calia, Ivan Ferrari, Francesco Gabellone, Ermanno Guida, Davide Melica, Giovanni Quarta, augusto ressa, armanda Zingariello Documentazione fotografica: Giuseppe Bagordo, Paolo Buscicchio (Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia) angela Calia, Francesco Gabellone, Davide Melica, Maria teresa Giannotta, Davide Melica, Giovanni Quarta (Istituto per i Beni archeologici e Monumentali di Lecce) Si ringraziano per la disponibilità: Michele Brienza, Michele Cornacchia, Marilena De Marco, Salvatore Falconieri, Kutlutan Fisecki, Giuseppe Garafolo, alessia Labbate, Saverio Martiradonna, antonio Monte, anna Montuori, Emilio Paticchio, Giuseppe Pellicoro, Franca Pierri, Dimitri roubis, Giuseppe Scardozzi, rosa Zampa, il Personale dell area della vigilanza e accoglienza del Marta e in particolare la famiglia Strippoli Edizioni Grifo 2014 Via Sant Ignazio di Loyola, Lecce ISBN è assolutamente vietata la riproduzione o l utilizzo della documentazione grafica, fotografica, artistico-letteraria, in qualsiasi forma e con qualsiasi metodo, senza l autorizzazione scritta dell Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (CNR) di Lecce e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.

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5 territorio e Beni Culturali La Fondazione Cassa di risparmio di Puglia, come alcuni di loro sanno è una Fondazione di origine bancaria, soggetto privato che svolge attività di interesse pubblico. Noi, piccola Fondazione, cerchiamo di valorizzare con investimenti oculati il nostro patrimonio, per poter realizzare le nostre attività e perseguire le conseguenti finalità. La Fondazione è orientata verso tre settori: ricerca Scientifica e tecnologica, arte, Beni Storici, artistici e Culturali, da ultimo, ma non certo per importanza, quello del Sociale. Il nostro reddito netto annuale è di circa 3 milioni di Euro ed ha come riferimento l intero territorio pugliese formato da poco più di 4 milioni di cittadini. rispetto ad altre Fondazioni con un patrimonio pari al nostro ed un territorio di riferimento a scala provinciale, il rapporto disponibilità finanziaria popolazione è bassissimo. Dicevo che siamo una piccola Fondazione, ma proprio perché i nostri denari devono essere ben utilizzati siamo molto attenti nell erogarli. Finanziamo progetti credibili, che servano a valorizzare la nostra terra e i nostri giovani. Quando nel 2012 abbiamo esaminato la proposta, di cui oggi vengono esposti i risultati, ci aspettavamo, come in effetti è avvenuto, delle proposte di recupero o di restauro di beni storici o di realizzazione di eventi culturali. Quando è arrivato questo progetto, era diverso, per cui è stato guardato, prima, con sospetto perché era qualcosa di differente da quello che ci si aspettava; nell esaminare, poi, la relazione progettuale, ci siamo resi conto che questo progetto coniugava due dei settori a cui noi facciamo riferimento: la ricerca Scientifica e tecnologica da un lato, l arte e la Cultura dall altro. ancorché incasellato nel settore beni culturali, perché facente riferimento ad un bene archeologico, questo progetto aveva una doppia valenza, un doppio interesse, un duplice scopo: quello di valorizzare il Bene in quanto tale, ma, anche, di farlo attraverso lo sviluppo di attività di ricerca, in questo caso di ricerca applicata, un vero e proprio trasferimento tecnologico. Era possibile dunque finanziare questo progetto, perché consentiva di portare avanti le nostre finalità istituzionali. Finalità che da un punto di vista normativo dovrebbero essere sussidiarie ai finanziamenti pubblici, anche se ormai non lo sono più. Infatti, come tali risorse possano essere sussidiarie se i soggetti pubblici non finanziano più nulla? Siamo semmai supplenti, dato che ci sostituiamo al Pubblico; questo mette ancor più in evidenza l importanza del nostro finanziamento. Ecco perché neanche un euro può essere sprecato, perché il nostro territorio di riferimento deve poter utilizzare il nostro finanziamento, seppur esiguo, per valorizzare quanto di meglio si può fare. Della bontà di questo progetto, ovviamente, io vi parlo in termini teorici, perché an- 7

6 cora non ho visto il prodotto finale. Questo progetto, però, ha convinto sin dall inizio, perché si sapeva chi erano i soggetti attuatori: due Enti pubblici, due Istituzioni importanti. Da un lato il museo Marta, che noi abbiamo sostenuto, anche, all inizio della riapertura con altri finanziamenti, e dall altro l IBaM-CNr, che con noi ha lavorato, anche nel passato, su altri progetti. Entrambi, dunque, soggetti affidabili; ovviamente, i nostri quattrini noi li diamo a soggetti affidabili. Proprio perché siamo privati, ragioniamo in una logica antica che è quella del sistema bancario: il prestito lo si dà a chi merita fiducia, a chi è affidabile. Un affidabilità che in questo caso non è di carattere economico, ma scientifico e culturale; dunque non ho dubbi che il prodotto sarà buono. Il messaggio essenziale che voglio trasmettervi è che noi eroghiamo finanziamenti, lo diciamo sempre a gran voce. Ci sono tre milioni di euro disponibili ogni anno per proposte interessanti che perseguono un unico scopo: quello di valorizzare la terra di Puglia e i suoi giovani. Se con questo progetto un giovane che pensava di andare fuori, è rimasto, per noi è già un grande successo, un obiettivo raggiunto. Se con questo prodotto i turisti che vengono a guardare il nostro splendido mare, si fermano e scoprono i nostri beni storici e culturali, in questo caso archeologici, per noi è un grande successo. Perché questo significa portare finanziamenti in maniera indiretta al sistema pugliese e, quindi, contribuire a far crescere il nostro sistema economico; far sì che i giovani, adesso in un momento di crisi, abbiano un chance in più, per non partire e rimanere, quindi, nella nostra terra dove lavorare. Questo è il nostro obbiettivo, siamo contenti che con questo progetto oggi sia terminato, soprattutto per l intera Puglia ed, in particolare per il grande Salento; passatemi questo termine anche se sa più di politica che di geografia. Il collegamento taranto - Lecce, due territori e due Istituzioni che hanno lavorato insieme per darci questo risultato, è solo una prima tappa di un percorso progettuale che noi continueremo a sostenere, se ci saranno disponibilità e se le proposte saranno ancora interessanti, affiancando ancora il Museo archeologico di taranto e l IBaM-CNr di Lecce; lo abbiamo fatto nel passato, lo abbiamo fatto in questa occasione e riteniamo che i nostri quattrini siano stati investiti bene. auguri e congratulazioni a tutti e ad maiora, nella speranza che questo possa servire anche ai tanti scolari che verranno qui a scoprire che cosa è l arte, invogliandoli ad allontanarsi da facebook, da internet per toccare con mano che cos è la nostra tradizione, la nostra storia e la nostra cultura. antonio Castorani Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia 8

7 archeologia e Valorizzazione La ricerca archeologica a taranto, come noto, ha origini antiche ed è sempre stata strettamente connessa alla realizzazione e alla successiva espansione della città moderna. è la storia di taranto, fin da quando la frenetica attività edilizia tesa alla realizzazione del Piano Conversano si abbatté con furia sulle vestigia del passato, e la spiaggia di Mar Piccolo, «già così ridente pel rigoglioso fiorire di giardini e di grandi chiome di annosi pini a specchio dell acqua» (G. C. Speziale, Storia militare di Taranto negli ultimi cinque secoli, Bari, 1930), venne completamente trasformata, abbassata, livellata per migliaia e migliaia di metri quadrati e con essa scomparvero intere porzioni della città antica. L attività degli enti preposti alla tutela e alla conservazione delle testimonianze del passato si è dovuta pertanto costantemente confrontare con un contesto che vive, oggi come allora, un conflitto irrisolto tra una modernità intesa come sviluppo urbanistico, industriale, consumo del suolo e una visione del futuro in cui la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico possa offrire prospettive di rinascita economica e sociale. Va tuttavia sottolineato come la Soprintendenza per i Beni archeologici, fin dai primi anni dalla sua attività a taranto, ha riservato una notevole attenzione alla conservazione, laddove possibile, delle testimonianze archeologiche sepolte garantendone la possibilità di una futura fruizione. è il caso ad esempio della «tomba degli atleti» scavata tra il 1917 e il 1921 fra le vie Pitagora e F. Crispi, la tomba a camera rinvenuta in via Umbria nel 1955 o del cosiddetto Ipogeo Genoviva» rinvenuto in via Polibio nel 1968, inglobati ma preservati, al di sotto di edifici moderni. Nonostante la citata violenza della sovrapposizione della città moderna sul tessuto antico, taranto conserva dunque un rilevante e affascinante percorso archeologico urbano reso fruibile in seguito ad interventi di sistemazione e valorizzazione eseguiti in anni recenti e oggetto di nuovi ulteriori finanziamenti. Essi, insieme al rinnovato Museo Nazionale archeologico, al Castello aragonese, alle colonne doriche in piazza Castello, restituiscono la testimonianza monumentale della storia millenaria di una delle più importanti poleis della Magna Grecia ed una occasione di rilancio della città anche in chiave turistica. Nell ottica dell ulteriore ampliamento dell offerta culturale anche attraverso le possibilità fornite dalle tecnologie ICt che consentono di sviluppare nuove e crescenti forme didattiche e di comunicazione basate sulla forte interattività, sull utilizzo di ricostruzioni grafiche e di navigazioni interattive in luoghi perduti o inaccessibili, la Soprintendenza ha aderito al progetto MARTA Racconta. Storie virtuali di tesori nascosti, 9

8 realizzato dall IBaM-CNr di Lecce grazie al contributo finanziario della Fondazione Cassa di risparmio di Puglia. Il teatro virtuale, posto all interno del Museo Nazionale archeologico, permette la visita tridimensionale di tre contesti funerari ipogei non più accessibili, la tomba dei Festoni di via F. Crispi, le tombe Gemine di via Sardegna e l Ipogeo delle Gorgoni in via Otranto, che presentano caratteri architettonici e decorativi del tutto peculiari, inquadrabili fra la seconda metà del IV e il II secolo a.c. e si distribuiscono in settori diversi della necropoli della città antica. Base delle ricostruzioni e delle informazioni offerte al pubblico è una rigorosa analisi interdisciplinare dei monumenti, che unisce lo studio della documentazione d archivio e dei materiali relativi ai corredi funerari alle analisi di laboratorio sulla composizione dei pigmenti utilizzati per la realizzazione delle decorazioni dipinte. Presupposto imprescindibile alla realizzazione del progetto, infatti, è stato che il ricorso alle tecnologie multimediali fosse aderente al contenuto scientifico dell allestimento, ai temi, ai contesti, alle specificità degli oggetti, che restano i veri portatori dei significati che si intendono comunicare, soprattutto nel caso di un Museo fortemente caratterizzato dal rigore scientifico dell esposizione qual è il Marta. L uso di tecnologie multimediali immersive troverà ulteriori ambiti e tipologie di impiego diversificate all interno del Museo in stretta relazione ai messaggi culturali e ai racconti che si intende proporre ai visitatori e, soprattutto, al fine di mettere sempre in più stretta relazione i reperti esposti con i contesti archeologici di provenienza. Luigi La rocca Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia 10

9 ricerca e Beni Culturali Un iniziativa come quella che ci si accinge a presentare con questo volume si configura, tra le altre cose, come un occasione importante di comunicazione: al di là del lavoro prodotto, al di là dei temi esposti, un iniziativa così complessa quale quella che qui vede integrate archeologia, museologia e comunicazione serve, senza dubbio, per trasmettere a fruitori diversi, ad un pubblico di specialisti e non, messaggi, sensazioni, rievocazioni, momenti di rivisitazione o rilettura di un preciso tema o fenomeno del mondo antico. a distanza di parecchi anni, grazie all integrazione di saperi e competenze diverse, oggi riemerge una nuova veduta ed una nuova percezione del Museo Nazionale archeologico di taranto. Lo straordinario patrimonio costituito da pregevoli manufatti invita oggi, complice la combinazione di tecniche comunicative avvincenti ed intriganti, il visitatore a cogliere attraverso la rilettura e la contestualizzazione dei materiali per una nuova percezione dove lo spettatore, lo studioso, lo studente, il comune visitatore, potranno finalmente rivedere, attraverso meditati percorsi espositivi, momenti precisi delle vicende politiche, sociali, culturali ed ideologiche della città antica. Va subito detto che un iniziativa come questa non è mai frutto di un azione del singolo, bensì è il risultato di una strategia operativa complessa, di un azione corale cui sono chiamati attori diversi. In primo luogo, la struttura museale e l ideatore dei nuovi percorsi, quindi gli specialisti che hanno selezionato immagini e contesti, poi il progettista dei percorsi di visita, il ricercatore e lo storico capaci di decifrare i molteplici messaggi veicolati dagli oggetti, fino ad includere i diversi fruitori cui la visione di un Museo è oggi destinata. Per questo motivo, una iniziativa siffatta assume anche un forte significato sociale in quanto diventa uno strumento di rilevante importanza per la diffusione della cultura classica nella società contemporanea. attori diversi, si diceva prima. E infatti, anche questa occasione ha visto operare insieme, lungo una linea di azione ormai collaudata negli anni, una struttura museale di assoluto rilievo per l intera area mediterranea, qual è il Museo Nazionale archeologico di taranto, la Soprintendenza archeologica ed il privato cioè la Fondazione Cassa di risparmio di Puglia cui tutti dobbiamo essere grati per l attenzione e il sostegno mostrati; ed infine, l IBaM, l Istituto per i Beni archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle ricerche, l unico istituto di ricerca del CNr presente in Italia meridionale che ho l onore di dirigere. Una squadra istituzionale ben affiatata che grazie alle risorse finanziarie messe a disposizione dalla Fondazione bancaria è riuscita ad organizzare un iniziativa e questo volume di significativa importanza. 11

10 Oggi, più che nel passato, chi opera nel settore degli studi classici sa bene che il problema principale non è solo ciò che si trasmette, ma anche come e con quali mezzi lo si fa. L obiettivo di un iniziativa così multiforme come questa, infatti, è certo quello di raccontare e spiegare momenti di vita delle società del mondo antico, ma liberando soprattutto emozioni, suscitando discussioni e perché no anche sorprendendo lo spettatore. Chi opera nel settore della ricerca scientifica oggi sa bene, però, quanto rilevanti siano le difficoltà di programmare azioni strategiche di diffusione della cultura soprattutto in assenza di risorse finanziare certe. La crisi globale che interessa il nostro Paese e l Europa intera ci prospetta periodi di forte rallentamento, spesso bloccando sul nascere iniziative scientifiche, di ricerca, di comunicazione dei saperi che in questo modo risultano centellinate sul lungo periodo piuttosto che pianificate in tempi ravvicinati e con una cadenza regolare. La programmazione del sistema della ricerca scientifica e tecnologica oggi ci chiarisce che non è più possibile agire da soli ed in totale isolamento; specie se si guarda ad orizzonti prossimi cui tutti Università, Enti di ricerca, regioni, Enti pubblici saranno chiamati a misurare la propria performance nella definizione di visioni integrate delle policies e degli obiettivi nelle singole azioni di intervento. è superfluo ribadire che il potenziale della ricerca di un Paese del nostro Paese e del nostro Sud incide fortemente sulla competitività, sulla produzione di innovazione e soprattutto sulla capacità di rispondere in maniera adeguata a bisogni ed esigenze non solo dei semplici cittadini, ma della grande comunità globale. Il nuovo programma della ricerca che lo scorso novembre la Commissione Europea ha varato, denominato Horizon 2020, prevede investimenti complessivi di oltre ottanta miliardi di euro e fissa precise strategie operative per la ricerca, lo sviluppo e l innovazione in cui tutti gli attori saranno chiamati a mettersi insieme per programmare azioni di sistema nel vasto panorama internazionale della ricerca e della conoscenza. L obiettivo è allora chiaro: lavorare insieme, in una logica di squadra in cui le diverse competenze, gli entusiasmi, le vivacità, gli interessi scientifici e non, pianifichino masse critiche coerenti, per favorire modelli progettuali concretamente realizzabili ed offrire, in tal modo, valore aggiunto al territorio nel quale si opera. tutto ciò, anche in presenza di una forte limitazione di risorse. Dunque, coordinamento e sinergie tra attori come chiaro motore di sviluppo. Il patrimonio culturale, materiale ed immateriale, dell Italia meridionale non può assumere un ruolo determinante e strategico di crescita, se, da subito, il nostro Governo non si affretta a cogliere le potenzialità di un reale investimento nella ricerca, nella consapevolezza dei risultati di eccellenza che questo porterebbe se solo le centinaia di giovani (e non) ricercatori, attivi nelle università e nei centri di ricerca presenti in Italia 12

11 meridionale e Sicilia, fossero incentivate e meglio supportate. Che questa possa rivelarsi una strategia vincente sembra sia stato già recepito da alcuni regioni (Basilicata, Puglia, Sicilia) che, nell arco di questo ultimo quinquennio hanno provato (nell utilizzare le risorse ) a pianificare la propria attività di programmazione strategica in stretta sinergia con Università e Istituti di ricerca che operano nel territorio. Gli accordi di collaborazione scientifica e di ricerca già siglati con i più qualificati Centri di ricerca (cito soprattutto il Consiglio Nazionale delle ricerche) hanno dato avvio ad attività i cui risultati sono immediatamente spendibili sul territorio, sia in termini di prodotti di conoscenza, che in termini occupazionali. Questo perché la ricerca, anche quella sui beni culturali su cui grava ancora qualche pregiudizio, può davvero consentire di cogliere problemi e disegnare linee di intervento sulle quali articolare nuovi percorsi di crescita e sviluppo. tutto ciò, a patto, però, che i diversi attori, non solo quelli che operano nel settore dei beni culturali, si mettano a dialogare. Ed è quello che accaduto a taranto, per questa specifica occasione, dove la combinazione delle forze umanistiche e tecnologiche, messe insieme, hanno dato un risultato straordinario. Questa iniziativa promossa dall IBaM e realizzata in stretta collaborazione con il Museo Nazionale archeologico di taranto si inserisce perfettamente, a parere di chi scrive, nella logica sopra accennata. Un plauso va, in particolare, a Francesco Gabellone e Maria teresa Giannotta, ricercatori dell IBaM di Lecce, noti specialisti internazionali ciascuno nel proprio campo di interesse, che con la loro competenza ed esperienza hanno dato un impulso fondamentale all evento: hanno costruito percorsi, hanno indirizzato lo spettatore, hanno facilitato il sistema di percezione e visione di un monumento o di un contesto (penso alle straordinarie tombe tarantine) consentendo di rimanere a bocca aperta dinnanzi a così grande bellezza rispolverata con l ausilio delle nuove tecnologie. L IBaM è una struttura di ricerca che ha sempre operato in forte sinergia con quasi tutte le Istituzioni museali e di tutela dell Italia meridionale, della Puglia, della Basilicata e della Sicilia dove esso ha sede. Quello della divulgazione è sicuramente un aspetto non trascurabile anche per un Istituto di ricerca che si dedica espressamente alla ricerca scientifica e tecnologica, senza mai trascurare di saldare rapporti sempre più efficaci con le diverse componenti che operano nel medesimo territorio. La politica di visione strategica futura che la direzione dell Istituto ed il team di ricercatori, tecnologi e tecnici stanno segnando, va consapevolmente e vigorosamente verso il rafforzamento delle azioni di sviluppo corale. Le giovani forze molte delle quali cooptate nelle attività a taranto, da Ivan Ferrari a Davide Melica solo per citarne alcuni che collaborano con i ricercatori e che vivacizzano i laboratori dell IBaM hanno dato un contributo davvero rilevante alla ricerca. Il rapporto consolidato di collaborazione scientifica con il Museo Nazionale archeologico di taranto ci dice, allora, che lungo questa strada di sinergica 13

12 cooperazione bisogna assolutamente proseguire perché iniziative come questa possano ripetersi negli anni. Integrazione delle competenze e dei saperi, necessità di avviare progetti di ricerca e di edizione scientifica condivisi, sviluppo di azioni per giungere ad un utilizzo sempre più marcato delle più innovative tecnologie di comunicazione rappresentano, in conclusione, i punti chiave di un azione efficace per la conoscenza del patrimonio delle società antiche visto come elemento costitutivo della società moderna. Se saremo in grado di operare in squadra come è stato nel caso dell iniziativa MARTA Racconta sarà possibile giungere, in tempi rapidi, ad altri numerosi importanti traguardi. Daniele Malfitana Direttore Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche 14

13 Il progetto MARTA Racconta Il Progetto MARTA Racconta. Storie virtuali di tesori nascosti è nato con l obiettivo precipuo di rendere accessibili e fruibili nel Museo Nazionale archeologico di taranto (Marta), attraverso un installazione di realtà Virtuale, alcuni monumenti funerari ipogei della città antica. Per cogliere appieno la logica ispiratrice di questo progetto, occorre soffermarsi un momento sul sottotitolo, che mette in rilievo il forte nesso tra tecnologie di fruizione virtuale e tesori nascosti. Espressione, questa, con la quale ci si intende riferire a tutti quei contesti archeologici e monumentali della città antica, come gli ipogei funerari, di cui le indagini archeologiche, di carattere sistematico o occasionale, condotte a partire dalla fine dell Ottocento, hanno consentito di recuperare e documentare gli aspetti architettonici e decorativi, e talora anche i materiali archeologici ad essi pertinenti. a fronte di questa abbondanza di dati archeologici, però, non sempre corrisponde una piena godibilità di tali beni da parte del pubblico, in quanto la loro fruizione in situ, cioè negli stessi contesti di rinvenimento, è spesso limitata o impedita del tutto per diverse ragioni. Dal momento che la documentazione e i materiali ad essi pertinenti sono conservati, e in parte almeno esposti, all interno del Museo, si è pensato di fare ricorso alle tecnologie informatiche, e in particolare a quelle di ricostruzione in 3D, per offrire, all interno del Museo stesso, un opportunità di fruizione realistica ed innovativa dei contesti monumentali originari con i loro materiali, che permettesse di recuperarne e valorizzarne anche gli aspetti funzionali e socio-culturali. a tal fine è stato creato un sistema che permette di visitare in remoto monumenti rinterrati o inaccessibili, offrendo una fruizione integrata delle relative documentazioni storico-archeologiche ovunque conservate. La visita virtuale si basa sulle restituzioni 3D di alcune tombe a camera di età ellenistica, i cui corredi funerari sono conservati o esposti nel Marta. Sono stati restituiti alla fruizione tre complessi monumentali della vasta necropoli tarantina che, sebbene ancora conservati in situ nel tessuto insediativo moderno, presentano serie difficoltà di accesso o sono raggiungibili solo attraverso proprietà private. I tre monumenti scelti sono le tombe Gemine di via Sardegna, l Ipogeo delle Gorgoni di via Otranto e l Ipogeo dei Festoni di via Crispi. Le tombe Gemine, rinvenute nel 1955 in occasione dei lavori di costruzione dell Istituto Maria ausiliatrice, rappresentano una delle prime manifestazioni di ripresa dell impiego della tomba a camera dipinta a taranto nella seconda metà del IV secolo a.c. L Ipogeo delle Gorgoni è stato scoperto fortuitamente nel 1997 ed è sepolto al disotto del piano stradale in via Otranto. L Ipogeo dei Festoni fu messo in luce nel 1919 in via F. Crispi in occasione dei lavori di edificazione di uno stabile al di sotto del quale è conservato. Le tre sepolture ipogee, inquadrabili fra la seconda 15

14 metà del IV e la fine del II secolo a.c., sono molto interessanti sotto l aspetto storico-archeologico poiché conservano ancora tracce cospicue dell apparato pittorico e presentano caratteri architettonici e decorativi diversi fra loro, che richiamano i monumenti funerari greco-macedoni. a taranto le tombe a camera esprimono la ricchezza e il prestigio delle ristrette élites cittadine. Il che assume una particolare valenza sul piano socio-culturale nella fase di progressivo inserimento della città entro l orizzonte politico romano. Nella ricostruzione virtuale, il racconto relativo al singolo monumento è inteso come parte di un capitolo della storia della città, ma nello stesso tempo rappresenta una storia a sé stante. Ognuno dei tre racconti può essere letto, o meglio fruito, come un capitolo di un romanzo e nello stesso tempo come un racconto, una novella. In quest ottica, il libro della storia virtuale della città antica di taranto illustrato dal MARTA Racconta potrà arricchirsi di tanti altri capitoli, ed i racconti sui suoi monumenti sepolti potranno diventare innumerevoli. Se, com è ovvio, nel teatro Virtuale che abbiamo realizzato, la fruizione dei monumenti prescelti avviene per mezzo di immagini, va sottolineato che tali immagini sono il frutto del lavoro scientifico, delle indagini di carattere archeologico, archeometrico e multimediale condotte nell ambito del progetto. L attività di ricerca multidisciplinare è stata realizzata nei laboratori dell IBaM-CNr di Lecce, con la messa in campo di una molteplicità di competenze grazie alla partecipazione sinergica di archeologici, architetti, chimici, geologi, informatici. I risultati sono pubblicati in questo volume che costituisce, accanto al teatro Virtuale, un altro significativo frutto del progetto MARTA Racconta. Dal punto di vista tecnologico, per il teatro Virtuale, è stata sviluppata una piattaforma di fruizione real time 3D stereoscopica, implementata da un sistema di navigazione con interfaccia naturale, vale a dire senza l utilizzo di sistemi di puntamento tradizionali. attraverso questa tecnologia è stato possibile attivare un percorso di conoscenza integrata di contenuti eterogenei, permettendo così la fruizione di dati storico-archeologici, archeometrici e spaziali, in un ambiente di navigazione in cui è possibile interagire con le strutture tridimensionali e ricevere informazioni sulla documentazione archeologica disponibile. Dal punto di vista comunicativo invece, la narrazione è affidata ad un filmato stereoscopico dedicato a Giuseppe andreassi nel quale partendo dalla fondazione della città greca di taranto, il racconto si sviluppa su due livelli: il primo, di ordine generale, mira a illustrare per grandi linee il quadro storico e culturale di fondo, e in particolare alcuni aspetti del rituale funerario e delle credenze escatologiche dei Greci. Il secondo livello è costituto dalla narrazione della storia dei tre contesti monumentali prescelti, preceduta da alcune notizie sulla necropoli tarantina. L intero percorso di fruizione virtuale è accessibile presso il Marta. Maria teresa Giannotta - Francesco Gabellone Responsabili Scientifici del Progetto 16

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17 Museo Nazionale archeologico antonietta Dell aglio Storia del MARTA Le modalità di erogazione dei fondi destinati alla ristrutturazione e riallestimento del Museo Nazionale archeologico di taranto, noto ormai con l acronimo Marta, hanno consentito solo la riapertura parziale al pubblico nel dicembre del 2007, con le sale dedicate alla necropoli ellenistica [1] e alla città romana. Le nuove sezioni espositive inaugurate nel dicembre del 2013 completano l esposizione sulla città romana, incen- 1. Sala IX: la cultura funeraria ellenistica trate sulla presentazione dell economia e della necropoli di età romana, proseguendo con le fasi tardoantiche ed altomedievali. Sono ancora in corso i lavori di allestimento del II piano che svilupperà il percorso sulle fasi del popolamento nel territorio tarantino in età preistorica e protostorica e sulla colonia greca di taras, ricollegandosi agli spazi espositivi del I piano, che accolgono già le manifestazioni della cultura funeraria di età ellenistica. 2. taranto. Convento degli alcantarini (XVIII sec.) 19

18 La storia del Museo risale agli ultimi decenni dell 800, quando, a seguito di complessi rapporti intercorsi fra il Ministero dell Istruzione Pubblica e l amministrazione municipale di taranto, fu individuata come sede dell Ufficio scavi e dell istituendo Museo il Convento degli alcantarini [2] o di S. Pasquale, costruito intorno alla metà del XVIII secolo e destinato dopo poco a carcere, in base alle disposizioni murattiane. Il repentino estendersi delle abitazioni ad oriente dell istmo naturale in cui nel 1883 era stato ricavato il Canale Navigabile, a seguito dell avvio dei lavori dell arsenale Militare, consentiva infatti di riportare in luce i resti della città antica, confermando l importanza archeologica di taranto. Contestualmente però il nuovo piano urbanistico sanciva la distruzione dei resti archeologici, prevedendo l impianto di isolati regolari e il livellamento di oltre tre metri delle differenti altimetrie antiche. Con regio Decreto del 3 aprile del 1887 veniva istituito, quindi, un Museo Nazionale, destinato ad accogliere, come previsto dall articolo 2: «tutti gli oggetti di interesse storico ed archeologico, tornati o che torneranno in luce in quella regione per lavori e scavi fatti direttamente dallo Stato, o ad opera delle autorità locali». Soltanto agli inizi del novecento la struttura si trasformava da semplice deposito in vero e proprio museo, sia per le caratteristiche dell organizzazione degli spazi che per il piano scientifico del percorso espositivo, sotto la colta ed efficiente guida di Quintino Quagliati. a partire dal 1903, infatti, l edificio, già sottoposto nel tempo a radicali modifiche ed integrazioni in relazione con i cambi di destinazione funzionale, veniva ingrandito e risistemato in fasi diverse: soltanto la facciata in stile neoclassico, realizzata nello stesso periodo e attribuita a Guglielmo Calderini, è rimasta pressoché invariata fino ai nostri giorni. Fra il 1935 e il 1941 veniva costruita una nuova ala su progetto di Carlo Ceschi, utilizzando gli spazi a giardino a nord dell ala alcantarini. Durante la guerra si rendeva però necessario il trasferimento dei materiali archeologici in luoghi più sicuri, tanto che le sale vuote del museo venivano requisite dalle truppe alleate qualche giorno dopo l armistizio dell 8 settembre del Soltanto nel 1949 Ciro Drago riavviava i lavori di ripristino dell edificio, fortemente compromesso dagli eventi bellici, provvedendo anche ad un rinnovamento dell esposizione, riaperta al pubblico nel Il Presidente della repubblica antonio Segni inaugurava nel 1963 il nuovo allestimento generale delle collezioni curato da Nevio Degrassi, che aveva privilegiato nell elaborazione del percorso di visita una presentazione per classi di materiali [3]. La realizzazione della sezione preistorica allestita nella sopraelevazione al secondo piano veniva affidata a Felice Gino Lo Porto, mentre la sezione topografica al piano rialzato restava fruibile solo poco tempo, in quanto le sale espositive venivano progressivamente utilizzate per la conservazione dei materiali provenienti dalle nuove indagini sul territorio, a causa della carenza di spazi all interno dell edificio che ospitava anche gli uffici della Soprintendenza. 20

19 3. allestimento degli anni Sessanta Progressivamente, fra il 1998 e il 1999, infine, si procedeva a ridurre il percorso fruibile e ad avviare il nuovo cantiere dei lavori di ristrutturazione, pervenendo alla chiusura totale del museo nel gennaio del Progetto architettonico ed espositivo Il degrado architettonico in cui versava ormai da tempo l immobile ne ha richiesto la integrale ristrutturazione, su progetto generale di consolidamento, adeguamento impiantistico e riallestimento. Sugli interventi di consolidamento e ripristino del complesso monumentale già esistente, sono state effettuate integrazioni strutturali e volumetriche. I vari interventi, condotti sulla base di un progetto unitario, hanno dovuto tener conto delle caratteristiche della sede, destinata in parte e per diversi decenni ad assolvere anche altre funzioni della Soprintendenza (laboratori e uffici amministrativi) e costituita da corpi di fabbrica giustapposti, realizzati in momenti differenti. Per quanto attiene nello specifico agli aspetti di adeguamento architettonico e museografico [4-5], è stata garantita la continuità del percorso, il raccordo dei diversi livelli, l eliminazione delle barriere architettoniche, adeguando l immobile alle nuove norme sulla sicurezza. 21

20 4. Progetto architettonico (Studio Guida - Napoli) 5. Progetto museografico Sala XXV (arch. a. ressa, Soprintendenza BaP delle province Le-Br-ta) 22

21 Per ampliare gli spazi, è stato anche realizzato un ulteriore livello fra il primo e il secondo piano all interno del nuovo corpo di fabbrica ricavato nel cortile Ceschi. tale livello è stato destinato ad accogliere i quadri della Collezione ricciardi. Il progetto scientifico sviluppa tematiche incentrate principalmente su taranto, prevedendo altri spazi espositivi nel quattrocentesco Convento di S. antonio e una risistemazione generale della rete museale dell intera regione. Il limite cronologico più recente è stato rialzato fino all età bizantina, garantendo maggiormente il raccordo fra il museo e il centro storico. Partendo dall inquadramento territoriale al II piano, il progetto dell impianto espositivo si sviluppa privilegiando l aspetto cronologico (periodo preistorico e protostorico, periodo greco, periodo romano, periodo tardoantico e altomedievale fino all età bizantina) e illustrando progressivamente le manifestazioni più rilevanti della vita di taranto antica. Il percorso quindi si articola su livelli complementari, di complessità variabile, in grado di soddisfare esigenze diverse e gradi di lettura differenziati. Il livello più semplice, destinato all inquadramento di carattere generale, si lega allo scorrere del tempo e ai mutamenti percepibili nella cultura materiale, ma che riflettono cambiamenti di carattere politico, sociale, economico, culturale. Un secondo livello, più complesso, a carattere tematico (città, organizzazione del territorio, economia e produzione, cultura religiosa, cultura funeraria, rapporti fra genti di cultura diversa) è distribuito sul piano areale e ripetuto all interno delle ampie fasce cronologiche individuate. è stato previsto infine un terzo livello di approfondimento, presente nel percorso in maniera discontinua e puntiforme, con trattazioni specifiche che variano a seconda delle fasce cronologiche: dall atletismo, al simposio, al mito, al mondo della donna, ai giochi dei bambini, al teatro. Oltre agli uffici e ai laboratori, al piano rialzato sono distribuiti gli spazi destinati all accoglienza del pubblico, con la biglietteria, il book shop e altri servizi ancora in via di allestimento. Il secondo piano Il percorso definitivo dovrebbe svilupparsi a partire dal secondo piano, ma attualmente tali spazi non sono ancora completati. è previsto uno spazio per attività propedeutiche alla visita e per laboratori didattici, mentre nelle otto sale espositive, partendo dall inquadramento territoriale (Sala I), verranno affrontate nelle Sale II e III (parte) le tematiche connesse con la preistoria e protostoria del territorio tarantino, a partire dal neolitico fino all VIII secolo a.c. Nelle Sale III e IV, il percorso relativo alla fondazione della colonia greca fino al IV secolo a.c., si svilupperà attraverso le tracce superstiti della polis, in relazione anche con altri siti della 23

22 chora. ampio spazio verrà inoltre dedicato alle manifestazioni del culto, sia nei santuari urbani che extraurbani, come quelli indagati nel sito dell antica Satyrion. La Sala IV, inoltre, accoglierà la sezione sull economia e produzione, con una sintesi sulla zecca di Taras e sulla circolazione monetale, sulle attività dell artigianato locale fra VII e IV secolo a.c. e sulle principali importazioni che documentano i diversi flussi commerciali da e verso taranto, dall età arcaica al primo ellenismo. Nelle Sale V e VI si tratteranno i rapporti fra taranto e il mondo indigeno, attraverso la presentazione cronologica di contesti provenienti dalla Daunia, da ruvo e Canosa, o dall area peuceta, con significativi corredi funerari da rutigliano e i famosi crateri protoitalioti da Ceglie del Campo, attribuiti al Pittore delle Carnee e al Pittore della Nascita di Dioniso. 6. anfora panatenaica (inizi V sec. a.c.) Per la Messapia, un attenzione particolare sarà rivolta alla statua bronzea stilita di Zis rinvenuta ad Ugento realizzata da maestranze greche su committenza indigena secondo il modello iconografico dello Zeus del pantheon greco. Il percorso del secondo piano si chiuderà con le manifestazioni della cultura funeraria fra VII e IV secolo a.c., in cui un risalto particolare verrà dato ai corredi delle tombe degli atleti, il sarcofago di via Genova con le anfore panatenaiche [6]. L esposizione dei corredi di IV secolo collegherà il percorso con l esposizione, già fruibile al I piano, della necropoli ellenistica. Il primo piano Qui la necropoli ellenistica di taranto viene presentata attraverso le forme più rappresentative dell architettura funeraria e degli aspetti del rituale, caratterizzato in questo periodo anche dalla cospicua presenza di oggetti di ornamento personale del defunto, in metallo prezioso. Nelle vetrine delle Sale XI e XIII (parte) sono esposti infatti contesti funerari in cui sono presenti in prevalenza oreficerie: diademi, orecchini [7], collane, anelli, sigilli, monili usati anche in vita e spesso riprodotti in terracotta dorata, ma anche numerose corone, destinate esclusivamente alle pratiche funerarie. attraverso i reperti, è possibile ripercorrere le linee evolutive dell artigianato orafo locale fra IV e III secolo a.c., nell adozione 24

23 di tecniche e di modelli nuovi, sempre riconoscibili, anche attraverso l uso costante di motivi decorativi peculiari ed identificativi della produzione. Per sottolineare la diffusione delle forme espressive dell artigianato ellenistico di taranto, nell esposizione sono state aperte alcune finestre sul mondo apulo: in relazione con la lavorazione della pietra, è stata proposta la ricostruzione dell ingresso di una tomba a camera del Salento, l Ipogeo delle Cariatidi di Vaste; nella sala XII, invece, sono stati esposti alcuni corredi da vari centri dell Apulia [8], che risentono ancora nel III secolo a.c. di contatti con la cultura greca, come il corredo della tomba degli ori di Canosa. Le ultime vetrine dedicate alla cultura funeraria di età ellenistica nella Sala XIII hanno carattere tematico e trattano del mondo dell infanzia e 7. Orecchino a navicella (IV sec. a.c.) del teatro. L esposizione destinata a taranto greca si chiude prendendo in esame offerte votive rinvenute sia in area di santuario che in aree cimiteriali, collegabili in questo caso a manifestazioni di culto privato connesse con la sfera funeraria, ormai limitate ai soggetti dei Dioscuri e ai rilievi con Hyakinthos e Polyboia. In questa stessa sala inizia l esposizione dedicata al momento della conquista romana. Nella 8. Sigillo in cristallo di rocca (III sec. a.c.) vetrina centrale, sono esposti infatti un armatura rinvenuta a Canosa, conquistata dai romani alla fine del IV secolo a.c., e due elmi di bronzo provenienti da taranto, da mettere in relazione con la presenza in città di soldati romani, attestata dalle fonti dal III secolo fino alla metà del successivo. La cultura materiale delle aree di abitato (ultima vetrina Sala XIII e Sala XIV) a partire dal II secolo, dopo la conquista romana del 209 a.c., si discosta dalla tradizione precedente e si adegua all uso di nuovi prodotti non più strettamente legati alle officine artigianali locali, sebbene soltanto dopo l 89 a.c., con la creazione del municipium, la comunità locale acquisti una diversa identità politica e amministrativa. Della legge municipale è esposta sempre nella Sala XIV la copia della tavola nona. La città viene interessata da una ristrutturazione urbanistica consistente nella prima età imperiale, con augusto e la dinastia 25

24 giulio-claudia, a cui sono riconducibili le quattro statue acefale in marmo ai lati del bellissimo ritratto dell imperatore con il capo velato, originariamente esposte in un area pubblica. La sala successiva ospita pavimenti musivi inquadrabili fra fine II e III secolo d.c., rinvenuti nel Borgo [9]. Nei due piccoli vani laterali sono state realizzate due ambientazioni d epoca relative al periodo di Q. Quagliati e C. Drago. La Sala XVII espone a parete 9. Sala XV: mosaici da domus di età imperiale altri pavimenti a mosaico di età imperiale e gli arredi scultorei ed epigrafici di uno degli edifici termali della città: le terme Pentascinenses, ancora in uso nel IV secolo d.c., come testimoniato da un iscrizione che ne ricorda il nome e il restauro. Il percorso espositivo procede nei corridoi del chiostro. a destra (Sale XVIII, XXI e XX) si sviluppa il settore dedicato alla storia del Museo, con acquisti, donazioni, acquisizioni varie che hanno arricchito anche di recente le collezioni del Museo. 10. terracotta policroma (III sec. a.c.) Dal settore orientale del chiostro, invece, si sviluppano le sezioni del Museo aperte al pubblico di recente. La sezione dedicata all economia in età romana prende avvio dalle esposizioni di epigrafi con attestazioni di mestieri e di attività che contribuiscono alla conoscenza del quadro sociale della città a partire dalla conquista del 209 a.c. Di seguito vengono illustrate le principali tematiche legate alle attività produttive locali, alcune delle quali in stretta relazione con le fasi precedenti [10], altre in via di esaurimento e sostituite progressivamente da nuove forme produttive o da importazioni che provano intensi flussi commerciali [11] e la vitalità del porto. L illustrazione della cultura funeraria di età romana prende avvio dall ultimo corridoio del chiostro (Sala XX, settore est) e si snoda nelle sale successive (XXII, XXIII, XXIV parte), documentando le persistenze di tradizioni greche nel rituale e nell architettura 26

25 11. Bicchiere in Sigillata Italica (I sec. d.c.) 12. Balsamario in vetro (I sec. d.c.) di II secolo a.c. e il progressivo adeguamento, in età tardo repubblicana ed imperiale, ai riti funerari romani. è possibile seguire nell esposizione le modifiche della composizione dei corredi che riflettono i mutamenti nelle pratiche di seppellimento, con urne cinerarie di pietra, vetro, argilla e una presenza sempre più consistente di oggetti in vetro [12] importati dai principali centri dell Impero in cui tale produzione era concentrata, dalla Campania, aquileia, la Siria. Chiude l esposizione della necropoli romana la ricostruzione del sarcofago attico con scena di battaglia presso le navi, collegabile ad una committenza facoltosa di età imperiale. Il successivo ed ultimo settore espositivo (Sale XXIV parte e XXV), infine, è destinato ad accogliere le testimonianze riferibili alla città dal tardoantico al periodo bizantino [13], con pavimenti musivi e documenti vari (epigrafi, ceramiche, lucerne, oreficerie, ecc.) relativi in parte anche alla presenza a taranto di Cristiani, Ebrei e Musulmani. Per quanto attiene alla comunicazione, le indicazioni di orientamento di carattere generale, con la distinzione cromatica delle diverse sezioni espositive, sono collocate all ingresso, mentre altre indicazioni specifiche delle sezioni sono distribuite lungo il percorso. I reperti e i contesti in esposizione sono accompagnati da un apparato di- 13. Sala XXV: la città altomedievale 27

26 dascalico ed illustrativo, predisposto in italiano ed inglese, che consente anch esso approfondimenti diversi, mentre i pannelli distribuiti sala per sala ampliano le informazioni sulle tematiche trattate. Infine, una serie di postazioni multimediali lungo il percorso e i monitor touch-screen consentono quindi ai visitatori di consultare ipertesti con notizie più specifiche, di carattere storico, mitologico, iconografico, topografico, tecnico, e di ricercare i termini troppo tecnici o scientifici nei vocabolari terminologici. Il teatro Virtuale realizzato in collaborazione con l IBaM di Lecce fornisce oggi, anche ai visitatori amanti delle innovazioni tecnologiche, la possibilità di integrare la visita del Museo con un viaggio in 3D nella taranto antica e soprattutto nella necropoli ellenistico-romana e di interagire direttamente con la piattaforma multimediale, consultando gli approfondimenti scientifici di supporto al video interattivo e navigando con il semplice movimento delle mani nell Ipogeo dei Festoni di via F. Crispi. Per saperne di più andreassi G., Il Museo a Taranto, oltre il centenario, in Atti del XLI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto 2001, Atleti e guerrieri. Tradizioni aristocratiche a Taranto tra VI e V sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto I,3, taranto Attori e maschere del teatro antico. La documentazione del Museo di Taranto, taranto Belli Pasqua r., Taranto. La scultura in marmo e in pietra. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto IV,1, taranto Colivicchi F., alabastra tardo-ellenistici e romani dalla necropoli di Taranto. Materiali e contesti. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III,2, taranto Conte a., I signori del piccone. Storia di un Museo archeologico del Sud: Taranto, taranto D amicis a., Masiello L., Ori del Museo Nazionale Archeologico di Taranto, taranto D angela C., Il Museo negato, taranto De Juliis E.M. (a cura di), Gli ori di Taranto in età ellenistica, Milano Dell aglio a., Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, taranto Eadem, Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, in dire in Puglia, 1, 2009, Eadem, Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, in V. tinè, L. Zega (a cura di), Archeomusei. Musei Archeologici in Italia ( ), in Atti del Convegno di Adria giugno 2012, Firenze- Padova 2013, 92-97, Dell aglio a., Guzzo P.G., Lippolis E., La storia del Museo. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto, I,1, taranto Dell aglio a., Zingariello a. (a cura di), MARTA. Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, taranto Il Museo di Taranto. Cento anni di archeologia, taranto Il progetto del Museo. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto I,2, taranto Lippolis E. (a cura di), I Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia, Napoli Idem, Taranto. La necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III, 1, taranto Tappeti di pietra. I mosaici di Taranto romana, Fasano Vecchi scavi. Nuovi restauri, taranto

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29 ambienti virtuali e fruizione arricchita Francesco Gabellone L uso del termine Virtual Heritage è divenuto oramai abbastanza consueto. Chi si occupa di beni culturali, di musei, di ricerca storica e archeologica lo usa per definire quelle metodologie e tecnologie innovative basate sull'uso di modelli digitali 3D, al fine di rappresentare, comunicare e trasferire informazioni diverse sul Cultural Heritage. Il termine Cultural Heritage definisce invece tutte quelle componenti materiali o immateriali, appartenenti al patrimonio culturale di una data società. Fanno parte di questa categoria i beni tangibili quali edifici, siti archeologici, opere dell ingegno umano, opere d arte, manoscritti, siti con particolari caratteristiche naturalistiche, siti con un valore scientifico o antropologico rilevante, ma anche beni immateriali quali tradizioni orali, canti popolari e manifestazioni artistiche intese come espressione di una identità culturale. al fine di preservare siti o ecosistemi che presentano un elevato valore culturale o naturale l UNESCO stila annualmente una lista, definita World Heritage List [14], in cui sono inclusi luoghi e monumenti che meritano particolare attenzione da parte delle istituzioni e dell opinione pubblica. Nei primi anni Novanta il termine realtà virtuale, coniato nel 1989 dal guru dell informatica Jaron Lanier, ottenne una rapida diffusione tra chi si occupava di comunica- 14. Distribuzione dei Siti Patrimonio dell Unesco 31

30 15. rappresentazione 3D del Tandreton zione e visualizzazione scientifica [15]. «afferrare la realtà attraverso l illusione» è stata la più convincente sintesi di cosa abbia rappresentato questa nuova disciplina nella simulazione di processi fisici, nella manipolazione interattiva di macchinari, nella rappresentazione stessa della realtà materiale. L avvento della realtà Virtuale segnò una nuova strada ed in qualche modo fornì un punto di vista differente sulla realtà, permettendone una lettura alternativa. Ben presto si iniziò ad associare questa nuova modalità di rappresentazione e simulazione con il termine virtual environment, usato per indicare quei modelli tridimensionali navigabili ed interattivi che permettono di simulare in tempo reale un luogo, un edificio, o un modello sintetico che lo rappresenti. Un ambiente virtuale non deve essere necessariamente costituito da una copia digitale di un bene materiale, perché, come detto poc anzi, la sua utilità è legata indubbiamente alla possibilità di attivare percorsi di conoscenza con modalità nuove [16]. In questo senso un ambiente virtuale può essere realizzato sia a partire da una rappresentazione realistica di un referente materiale realmente esistente, che attraverso una sua ricostruzione astratta e schematica. In effetti, un ambiente virtuale è come un microscopio per la mente che 32

31 16. Esempi di ambienti virtuali fruibili in real time: Santa Maria di Orsoleo 33

32 17. ricostruzione di un quartiere abitativo a Siracusa 18. Lecce. Chiesa dello Spirito Santo: esempio di fruizione di dati geofisici 34

33 permette di elaborare proiezioni amplificate del mondo materiale, di vedere al di là della semplice apparenza e di realizzare connessioni logiche tra elementi appartenenti ad un insieme. Da tutto questo è comprensibile quanto il mondo della simulazione e della rappresentazione abbia trovato giovamento nell uso dei virtual environment. Questo è evidente in diversi settori tra i quali il design industriale, la prototipazione rapida, la realtà aumentata in campo medico, l industria dell intrattenimento, l addestramento di piloti e soldati, la simulazione di piani di emergenza, ma anche in tutti quei settori in cui la simulazione digitale permette di risparmiare preziose risorse umane o eseguire attività rischiose in modo sicuro. Per chi, come noi, si occupa di conoscenza e valorizzazione del Cultural Heritage, forse l aspetto più interessante è l aver associato i virtual environment ad un nuovo modo per apprendere e comunicare, non solo le peculiarità del patrimonio vivo ed attuale, ma soprattutto le molteplici sollecitazioni provenienti dai problemi interpretativi e ricostruttivi legati alle civiltà scomparse, cioè il mondo dell archeologia. Il ricorso alle tecniche di simulazione coincide infatti con il preciso tentativo di rispondere ad una delle istanze fondamentali dell archeologia moderna: ricostruire sempre più ampi scenari delle antiche civiltà con il più alto livello di attendibilità e verosimiglianza possibile. Lo studio di un monumento a fini ricostruttivi appartiene alle finalità di ogni generazione di archeologi, ma lo slancio dato dall avvento delle nuove tecnologie ha insegnato quanto sia importante coniugare i saperi storici e umanistici con le enormi possibilità offerte dall informatica, non solo per capire ed interpretare i manufatti e le opere d arte, ma anche e soprattutto per trasmettere le conoscenze acquisite ad un pubblico vasto ed eterogeneo, a qualsiasi livello di interesse e comprensione. Credo che l archeologia attraversi oggi un momento di grande vivacità ed attenzione da parte del grande pubblico anche grazie anche alla forza comunicativa che risiede nei nuovi strumenti di comunicazione, con i quali è possibile ricreare non solo forme e materiali dell antichità, ma anche rievocarne le suggestioni del quotidiano [17]. Ne è testimonianza l enorme fiorire sul web di musei virtuali e tematici, di collezioni e gallerie virtuali, tutti finalizzati alla valorizzazione e alla conoscenza dei Beni archeologici e Monumentali attraverso l uso della computer vision e dei virtual environments. In questo contesto l immagine 3D non viene più concepita come pura rappresentazione iconica, come espressione artistica o fantasiosa, ma come strumento di sintesi che permette di trasferire e veicolare in forma grafica gran parte dei risultati acquisiti da una ricerca scientifica, rappresentando con un linguaggio immediato gli elementi indispensabili per una corretta interpretazione e comprensione delle informazioni da cui essa stessa deriva. L approccio integrato tra i diversi saperi ha evidenziato la facilità di apprendimento, lettura e veicolazione non solo delle valenze storico-archeologiche o morfologiche di un bene, ma anche di quelle informazioni tecniche in uso dalle hard sciences solitamente rappresentate da grafici e tabelle. Dati archeometrici essenziali nei processi ricostruttivi che, integrati all interno degli sce- 35

34 19. accesso ad informazioni 3D sugli elementi decorativi nari virtuali, qualificano un percorso spesso misconosciuto [18]. Il virtuale diventa così il punto di partenza per la creazione di un mondo artificiale che arricchisce e decodifica il reale, ricreandolo in una forma 3D, idonea ad una interpretazione facilitata delle informazioni che è chiamato a veicolare. è del resto indubbio che la fruizione tridimensionale favorisce una lettura diretta di informazioni complesse e che molte rappresentazioni 2D di particolari architettonici o anomalie strutturali con notevole sviluppo tridimensionale, risultano spesso di difficile lettura, soprattutto per i non specialisti [19]. Negli scenari virtuali è possibile associare alla visita real time 3D praticamente qualsiasi media, in un unico ambiente di fruizione: l utente è libero di esplorare il modello 3D da ogni punto di vista, ma può attivare in qualsiasi momento dei link che gli consentano di collegarsi ad una fonte di informazioni in teoria inesauribile. Inizia da qui un percorso conoscitivo che va al di là di una logica semplicemente estetizzante, in cui l oggetto non viene più esposto nella sua pura manifestazione morfologica o estetica, ma al contrario si propone di risolvere il processo di visita negando la contemplazione esclusiva dell oggetto in sé. Questo percorso è volto principalmente a decifrare i contenuti peculiari del bene oggetto di studio, partendo da quelli visibili per concludersi a quelli invisibili, a quel corpus di informazioni, anomalie e strutture celate sotto la pelle visibile di un monumento che solo una visione artificiale permette di svelare. L oggetto, in quanto portatore di valori, viene analizzato nelle sue componenti mineralogico-petrografiche, chimiche, fisiche, ma anche nei suoi aspetti storici e formali, nei suoi rapporti con il con- 36

35 testo antico. Così lo spazio virtuale accelera e potenzia le capacità cognitive, diventa cioè capace di generare processi virtuosi di apprendimento estremamente efficaci, basati su metafore del mondo reale, perciò facili da usare e comprendere. Dal restauro all archeologia virtuale: un problema di trasparenza scientifica dei risultati Negli ultimi anni gli ambienti virtuali sono stati accolti molto positivamente dal pubblico e dagli studiosi, ne è testimonianza l enorme fiorire di convegni tematici sul tema della Virtual Archaeology. Ciononostante, molte sono ancora le contraddizioni legate alle varie terminologie ed alle finalità stesse delle nascenti discipline che gravitano intorno alla realtà virtuale: Cultural Virtual Environment, restauro Virtuale, archeologia Virtuale, realtà arricchita, realtà Mixata, solo per citarne alcune. a fronte di questo, gruppi di specialisti hanno lanciato negli ultimi anni degli orientamenti metodologici che cercano di delineare i confini di questa disciplina, per riportare le attività di ricerca connesse allo sviluppo di prodotti di realtà virtuale su una base teorica condivisa. Due iniziative importanti hanno avuto il grande merito di aver stabilito dei principi riconosciuti a livello internazionale nell uso dei sistemi di computer vision, a vantaggio di ricercatori, educatori ed organizzazioni culturali: la Carta di Londra del 2009 ed i Principi di Siviglia del Successivamente alla grande ondata che ha seguito il successo e la diffusione delle tecnologie digitali per la ricostruzione archeologica degli anni passati, è emersa la necessità di dotarsi di un sistema di riferimento metodologico, di principi universalmente riconosciuti come fondamento scientifico di un modus operandi. Questo sancisce un momento importante per gli sviluppi futuri di una nuova disciplina, poiché da un lato ne traccia le linee guida per le generazioni a venire e dall altro ne individua temi di riflessione sullo stato dell arte. analogamente per quanto avvenne nell ambito del restauro, i Principi di Siviglia, ratificati nel 2012 ma discussi nei tre anni precedenti, hanno il valore di una carta che non definisce un sistema di norme, di leggi, ma gli orientamenti di una vasta comunità scientifica che si propone di dare impulso all archeologia virtuale come disciplina matura, la quale viva nel rispetto di queste regole e si fondi su metodi scientificamente validi ed ampiamente condivisi. Se gli enunciati della Carta di Venezia del 1964 affermarono che «Il restauro deve fermarsi dove ha inizio 1 ipotesi», potremmo sostenere che l archeologia virtuale inizia quando finisce il restauro. In effetti, malgrado questa apparente cesura, la distanza tra le due materie è molto meno lontana di quanto ci si aspetterebbe, considerando che entrambe le discipline condividono molte finalità. Un primo legame è da individuarsi nella possibilità di dare voce a quella spinta creativa, 37

36 che sulla scorta di uno studio preliminare, dia luogo ad interpretazioni utili a formulare ipotesi ricostruttive. Nell evoluzione del concetto di restauro, infatti, l esigenza di controllare o meglio frenare l atto creativo a favore della pura conservazione è stata una conquista relativamente recente. Il cosiddetto restauro storico, sostenuto ed applicato in Italia da Luca Beltrami fino agli anni 30 del secolo scorso, prende come fondamento ideologico le conquiste della filologia e parte dalla convinzione che ciascun monumento è un fatto distinto e concluso. al restauratore, definito precedentemente come artista-ricreatore che cerca di immedesimarsi nel primo architetto, si sostituisce lo storico-archivista, il quale fonda il suo operato esclusivamente su una documentazione sicura ed attendibile. Così l architetto-restauratore scrupoloso nei metodi, opera con i documenti alla mano. Luca Beltrami, a Milano, applica questi principi al restauro del Castello 20. La torre del Filarete Sforzesco [20]. Egli si serve dei documenti disponibili, li sceglie scrupolosamente e solo nel momento in cui ha la certezza di ben operare, effettua il restauro storico. Così consente che venga rifatta la decorazione della Sala delle asse, opera di Leonardo e ricostruisce la torre del Filarete, distrutta nel 1521, della quale si conservano delle stampe incomplete, a livello di schizzo. Questo atteggiamento, produsse dei falsi storici clamorosi che, data la discutibile documentazione di base, finì per legittimare il restauro stilistico. Potremmo dire che il restauro storico si fondava su sani principi, ma mancando un preventivo controllo e un riferimento normativo rigoroso che validasse quei dati assunti come supporto alla ricostruzione, i risultati erano spesso in contrapposizione con gli stessi assunti di base, quindi ancora una volta dei falsi. In tempi più recenti alcuni studiosi arrivarono a formulare nuove ed inattese teorie, quale evoluzione del concetto di restauro critico. Il progetto di restauro divenne operazione riconducibile a quel rapporto dialettico fra processo critico e atto creativo finalizzato alla reintegrazione dell immagine originaria dell opera. In considerazione di questo, 38

37 21. Virtual Cerrate: un modello di fruizione arricchita dei BB.CC. la reintegrazione del «valore espressivo dell opera» e del recupero della sua immagine originaria è attuabile attraverso un atto critico, che sappia ricreare una nuova e valida unità figurativa. Questo assunto è anche in linea con quanto dichiarato nella Carta Italiana del restauro del 1972 (art. 4) ove si formulano i tre principi fondamentali del restauro: mantenimento, trasmissione al futuro e facilitazione della lettura. Il desiderio di decifrare, tradurre, rendere comprensibile, equivale ad accostare una interpretazione critica alla visione sterile e diretta di resti monumentali, restituendone idealmente l immagine [21]. è l inizio di un nuovo modo di concepire i Beni Culturali ed il restauro stesso. Nella carta di amsterdam (Carta europea del patrimonio architettonico) del 1975, all articolo 5 si legge che «Il patrimonio architettonico ha un valore educativo determinante», concetti poi ribaditi nel simposio del 1978 tenutosi in Messico: il restauro ormai inteso come pura conservazione apre le porte ad un concetto più ampio, che recepisce il valore di testimonianza storico-artistica come fondamento educativo, capace di attrarre, 39

38 22. Esempio di restauro digitale (c) e ricostruzione mimetica reversibile 23. tivoli. tempio di Ercole Vincitore: rievocazione in situ 40

39 di generare interesse turistico, ricchezza. Facilitare la lettura di un monumento equivale a rendere trasparenti e intelligibili le sue trasformazioni, la sua identità, le sue origini, la sua ragion d essere. Ma riflettendo su questa evoluzione si è portati a concludere che tutte queste operazioni, tese ad esaltare i valori di cui il bene è portatore, non possono più inquadrarsi nell ambito del restauro conservativo: l irreversibilità di qualsiasi ricostruzione in situ contrasta fortemente con i principi inviolabili del minimo intervento e del rispetto dell istanza storico-estetica. Lo scopo del restauro è, e rimane, quello di conservare e garantire la continuità temporale di un opera d arte, spetta invece alla nascente disciplina dell archeologia virtuale il compito di ricostruire sempre più ampi scenari del nostro passato, attraverso ogni tipo di ausilio visivo. In questo senso sembrerebbe errata la denominazione recente di restauro virtuale, riferita a tutte quelle operazioni che non siano strettamente connesse ad interventi volti a rimettere in efficienza i prodotti dell attività umana. Forme di restauro virtuale sono pienamente ammissibili in operazioni finalizzate alla simulazione di un ipotetico intervento (restauro guidato), al restauro di copie digitali di un opera (vecchie foto), alla ricostruzione di frammenti, ma 41

40 come potrebbe essere intesa la reintegrazione digitale dell aspetto originario di un bene pervenuto fino a noi in frammenti, se non pura ipotesi? Ogni ricostruzione, attraverso la quale sia possibile veicolare informazione, non solo su quanto è direttamente osservabile da una visita diretta dell opera, ma anche e soprattutto su quegli elementi che sono difficilmente leggibili o decifrabili, è in linea con alcuni principi espressi nelle carte del restauro: l esaltazione del valore educativo-didattico e l esigenza di rendere comprensibili i ruderi sono, come abbiamo visto, finalità condivise sia del restauro che dell archeologia virtuale. Quest ultima, servendosi prevalentemente di tecnologie appartenenti ad un dominio immateriale, cioè al mondo digitale, mette fine ai problemi di irreversibilità, compatibilità chimico-fisica, minimo intervento, posti dal restauro materico, puramente conservativo [22]. Come detto all inizio, l archeologia virtuale inizia quando finisce il restauro, ma ne risolve definitivamente le contraddizioni, ne completa le aspirazioni di sempre, perlomeno quelle legate al desiderio di far rivivere le suggestioni e il fascino delle architetture perdute. Una esigenza, questa, evidente fin dalle prime esperienze di restauro stilistico e rintracciabile, certamente in misura minore, fino a qualche intervento di restauro moderno. anche oggi le Soprintendenze sollecitano, con cautela, l adozione di ausili didattici che aiutino il visitatore a comprendere i contesti antichi, spesso ricorrendo a soluzioni di musealizzazione in situ tutt altro che reversibili e minimali, ma sicuramente utili ed efficaci [23]. L archeologia ricostruttiva risolve quindi perlomeno in parte questo problema, ma i suoi punti di forza sono evidenti anche oltre questa vocazione: attraverso uno studio sistematico, tracciabile nella sua evoluzione, possibilmente trasparente ed intelligibile, l archeologia virtuale si propone di consegnare al pubblico dei risultati interpretativi su monumenti ed opere d arte la cui figuratività sia stata danneggiata o compromessa. In questo processo di studio, tutte le informazioni emerse dalle diverse discipline della ricerca archeologica convergono in un modello di conoscenza, il quale, come detto all inizio, viene così identificato come sintesi dei dati raccolti. L archeologia virtuale riassume in sé e canalizza in forma di immagine digitale, di modello 3D, di applicazione CVE, di DataBase, i molteplici risultati di una indagine interdisciplinare. Ma proprio in risposta alle esperienze negative figlie del restauro storico e del restauro critico già descritte, queste fasi di lavoro devono necessariamente presentarsi come parte integrante dei risultati e questa possibilità può essere finalmente garantita dalla natura digitale di ogni ambiente virtuale. Poiché il pericolo di incorrere in rappresentazioni che mostrino il falso è evidente anche nell archeologia virtuale, memori delle contraddizioni emerse nella storia del restauro, i Principi di Siviglia ribadiscono con forza che le metodologie di analisi, le tecniche 42

41 di rilievo, le interpretazioni, devono essere chiare, comprensibili e riusabili. L articolo 7 sancisce: «tutti i sistemi di visualizzazione computer-based devono essere essenzialmente trasparenti, ad esempio verificabili da altri ricercatori o professionisti, dato che la validità e quindi la finalità delle conclusioni prodotte da tali visualizzazioni dipenderà in gran parte dalla capacità degli altri di confermare o rifiutare i risultati ottenuti». La trasparenza scientifica è quindi premessa indispensabile e momento di verifica che misura il livello qualitativo ed il rigore scientifico di ogni applicazione e studio di archeologia virtuale [24]. Solo l analisi dei dati preliminari, accessibile da chiunque, potrà validare gli esiti di uno studio ricostruttivo e garantire alle nuove generazioni una revisione dei risultati senza necessariamente ricominciare il lavoro dall inizio. Naturalmente in tutti i progetti di archeologia ricostruttiva, esiste sempre un certo livello di incertezza, perché uno degli obiettivi di questa disciplina è proprio quello di proporre soluzioni plausibili. Nessuno studio ricostruttivo sarebbe tale se si conoscessero tutti i particolari costruttivi e decorativi originali. Non si tratterebbe più di ricostruzione, ma di restituzione, e questa differenza sostanzia di fatto il grande appeal emotivo che una ricostruzione ci trasmette. 24. Selinunte. tempio C: anastilosi digitale 43

42 Taranto. Ipogeo dei Festoni: restituzione 3D da scansione laser 44

43 Comunicazione dei Beni Culturali Francesco Gabellone L impulso delle nuove tecnologie ha imposto prepotentemente nuove forme di comunicazione. La diffusione dei nuovi media, per esempio, ha di fatto sconvolto i tradizionali sistemi di comunicazione quali libri, televisione, radio, ed il ruolo stesso di alcuni mediatori della cultura. I nuovi meccanismi di trasmissione delle informazioni e della cultura hanno rivoluzionato la tradizionale linearità della comunicazione con l introduzione di nuove forme di comunicazione di massa, prima tra tutte internet, in cui una pluralità di media trasmette nello stesso momento messaggi ad una moltitudine di destinatari, i quali a loro volta diventano nuovi diffusori dello stesso messaggio. In questo nuovo scenario risulta evidente che anche le dinamiche sociali, la produzione economica e soprattutto la scena politica sono state trasformate dal potere mediatico. Nell epoca della diffusione orizzontale della cultura comunicare significa utilizzare internet e il linguaggio dei nuovi media con la convinzione che il confine tra cultura elitaria e cultura di massa non è più così definito come nell epoca della tradizionale comunicazione lineare [25]. In questo contesto il ruolo del virtual heritage consiste anche nel trasmettere informazioni utilizzando il linguaggio e le metafore cognitive usate nei videogiochi, intendendo 25. Esempio di museo virtuale 45

44 26. MARTA Racconta: l installazione all interno del Museo di taranto questo come paradigma culturale per una forma di comunicazione svincolata dalle regole classiche della cultura d élite. Queste nuove prospettive hanno determinato, accanto al virtual heritage, la nascita di numerose nuove discipline accademiche che uniscono la tradizione delle scienze umanistiche ai linguaggi dei media digitali e dei nuovi strumenti introdotti dall informatica: le cosiddette digital humanities. Una vera e propria rivoluzione che vede sempre più spesso coinvolti enti di ricerca, istituzioni museali ed università in iniziative di comunicazione in cui il linguaggio moderno, introdotto dalle nuove tecnologie digitali, è utilizzato per trasmettere contenuti storico-culturali. Da recenti studi risulta evidente che tutti quei musei che hanno caratterizzato la propria offerta culturale attraverso le tecnologie digitali e la partecipazione attiva del pubblico, hanno ottenuto i maggiori successi in termini di affluenza e, con molta probabilità, una maggiore comprensione delle informazioni culturali comunicate [26]. Laddove l aspetto comunicativo è diventato, di fatto, una componente importante del processo di musealizzazione, i musei stessi sono diventati oggetto di un modo nuovo di concepire la comunicazione culturale, ponendosi così sul solco delle nuove dinamiche di comunicazione sociale. L introduzione di nuove forme di fruizione culturale basate sull interattività e la narrazione emozionale, sono gli esempi più riusciti delle nuove metodologie a disposizione della museologia contemporanea. è ormai indubbio che tutto ciò che ruota intorno al virtual heritage non possa più evitare di confrontarsi con i temi cari alla divulgazione per il grande pubblico e le nuove sfide epistemologiche che ne discendono. Le competenze 46

45 27. MARTA Racconta: esempio di approccio multimodale storiche del cittadino medio sono ormai formate in gran parte da informazioni culturali che provengono dai nuovi media, determinando così un forte incremento della domanda di prodotti tematici e ad alto contenuto tecnologico finalizzati alla divulgazione di rievocazioni storiche e ricostruzioni del passato [27-28]. Un esempio di approccio efficace alla comunicazione museale è dato dalle instal- 28. Metaponto. ricostruzione del santuario attraverso motori unbiased 47

46 MARTA Racconta: fotogrammi estratti dal filmato lazioni multimodali, utilizzate in processi di fruizione culturale di tipo partecipativo, dove il coinvolgimento emotivo e l iterazione immersiva diventa una componente essenziale per trasmettere informazioni eterogenee sui dati comunicati. Questo approccio alla visita si contrappone al classico modello multimediale, per affermare la necessità di divulgare non solo attraverso le diverse tecnologie di trasmissione della comunicazione, ma principalmente sulle modalità con cui si veicola la comunicazione stessa. In questo ragionamento si parte da un presupposto molto semplice: chi riceve il messaggio ne comprende solo una parte e di questa ne ricorda solo una parte più piccola. Di conseguenza, le modalità di comunicazione devono prevedere una pluralità di tecniche, ognuna delle quali informa in altro modo, racconta in altre parole parte dello stesso messaggio, ripetuto con modalità differenti [29]. La società di oggi è caratterizzata da una tendenza sempre più diffusa a rappresentare queste informazioni sotto forma di contenuti audiovisivi dinamici e a considerare estremamente valido un approccio alla trasmissione della cultura attraverso i mezzi della moderna cinematografia [30]. 48

47 Questo è fin troppo evidente anche nella gestione delle scene digitali create in software 3D, dove ogni elemento della simulazione tende a replicare le distorsioni indotte dalle vecchie camere da presa, o le anomalie nello sviluppo delle pellicole cinematografiche [31]. In linea con questa tendenza è possibile affermare che l efficacia della comunicazione sia anche strettamente connessa ad una rappresentazione il più possibile svincolata dalle sterili interfacce di realtà virtuale degli anni novanta, dove il puro tecnicismo veniva esibito come prova del raggiungimento di elevati standard scientifici, con risultati storicamente definiti freddi e caratterizzati da quell aspetto tipico di immagine sintetica, generata da computer [32]. Oggi la rappresentazione è in effetti proiettata sul piano del realismo e del coinvolgimento emotivo dello spettatore, ma fortemente carica sia di valore emotivo che di valore scientifico. La comunicazione in questo caso diventa spettacolo e veicolo di contenuti di alto livello, dove il legante rimane ancora una volta l interdisciplinarietà ed il necessario dialogo dei saperi, inteso come continuo confronto tra figure di diversa formazione e preludio a forme di trasmissione di informazioni eterogenee. 49

48 31. ricostruzione del santuario di Giove anxur a terracina 32. La Syrakosia di archimede 50

49 Ambienti virtuali per la fruizione di contesti inaccessibili è ormai abbastanza frequente trovare progetti di valorizzazione e fruizione digitale di monumenti caratterizzati da difficoltà di accesso o di beni mobili separati dal loro originario contesto di provenienza. Il panorama internazionale ci propone spesso siti in cui esistono queste forti limitazioni alla piena godibilità del bene. Da un lato troviamo quei siti che, in condizioni limite, risultano completamente inaccessibili. è il caso di monumenti ubicati all interno di proprietà private [33], oppure di monumenti per i quali non è possibile predisporre nessuna forma di musealizzazione in situ perché in condizioni di dissesto, oppure ancora di monumenti di particolare pregio in cui condizioni microclimatiche e stato di conservazione sono tali da non rendere compatibile la presenza di visitatori. Dall altro lato vi sono poi categorie di monumenti che non presentano particolari problemi di musealizzazione, ma risultano scarsamente accessibili perché ubicati in posizioni sfavorevoli o perché la loro stessa conformazione ne rende difficile la fruizione. a fronte di questo si aggiunge spesso un altra categoria di beni per i quali l esigenza conservativa impone scelte drastiche che limitino o scongiurino i pericoli indotti da un numero elevato di visitatori. Mi riferisco a quei contesti in cui il grande numero di visitatori costituisce di per sé un danno lieve, ma prolungato, che nel tempo genera danni consistenti spesso sottovalutati. è il caso dei più visitati siti archeologici come Ercolano o Pompei, dove il danno quotidianamente perpetrato in maniera inconsapevole dai visitatori è forse maggiore di quello causato dall eruzione del Vesuvio. «Sal- 33. taranto. Ipogei di via F. Crispi, 1919: ingresso 51

50 34. turisti in visita a Pompei 35. ricostruzione del tempio di Giove anxur a terracina 36. Oggetto ricostruito nella vetrina del museo vate Pompei dai danni del tempo e dei turisti» è il titolo di un ampio servizio pubblicato nel 2008 dal quotidiano statunitense New York times nelle pagine dell arte, che invita l Italia a una mobilitazione per porre rimedio «ai danni» arrecati ad uno dei patrimoni archeologici più famosi del pianeta [34]. Cosa fare per limitare questi danni? Cosa fare per rendere fruibili monumenti con accessibilità limitata? Come consentire una fruizione dei beni decontestualizzati? Una soluzione che in qualche misura risponde a questi quesiti ci è data da alcune tecnologie di visual computing, che senza avere la pretesa di porre la parola fine ai problemi esposti, cercano di offrire prodotti di comunicazione per consentire un efficace aiuto alla visita [35]. Come detto in precedenza, l uso degli ambienti virtuali accelera ed arricchisce l apprendimento, ma in alcuni casi questa modalità di fruizione costituisce forse l unico metodo efficace per permettere non solo la visita di questi siti, ma la trasmissione di un messaggio culturale che determini una piena consapevolezza della loro stessa esistenza e del loro grande valore di testimonianza. Nel progetto MARTA Racconta. Storie virtuali di tesori nascosti troviamo tre distinti livelli di trasmissione 52

51 di questo messaggio: la visita virtuale interattiva dell Ipogeo dei Festoni, il filmato passivo nel quale quell ipogeo viene raccontato e contestualizzato ed infine una raccolta di documenti in cui vengono presentati alcuni elementi necessari alla comprensione delle ricostruzioni. Una approccio classico di visita multimodale, in cui informazioni eterogenee sono combinate tra loro e presentate in forma diversa al fine di dispiegare il massimo impatto comunicativo e divulgativo [36-37]. Nella visita virtuale l utente può visualizzare il luogo così come appare oggi, con la possibilità però di ricevere informazioni sui corredi e sui pigmenti usati nelle pitture [38-39]. Nella fruizione passiva, basata sulla produzione di un filmato stereoscopico, i monumenti oggetto di studio vengono presentati in un tessuto narrativo che li pone in relazione con il contesto storico-culturale cui si riferiscono. Solo successivamente al più ampio inquadramento delle problematiche connesse ai culti e ai rituali funerari in uso nel mondo greco, l utente viene informato sul probabile aspetto originario dei monumenti, cioè sulle ricostruzioni. L obiettivo primario di questo approccio è quello di portare il fruitore ad una comprensione chiara e precisa dell oggetto comunicato. Comprendere significa prima apprendere e poi capire. In effetti le principali componenti di ogni processo di apprendimento sono essenzialmente due: la comprensione e la motivazione. La prima componente è di tipo cognitivo e corrisponde alla comprensione dell oggetto dell apprendimento. La seconda, invece, è di tipo dinamico e coincide con la motivazione, cioè con l interesse che ci spinge ad apprendere. Se quindi una maggiore motivazione spesso produce maggiore comprensione, si può dedurre che il digitale, in quanto componente capace di generare un appeal in sé, 37. Oggetto contestualizzato 53

52 38. Piattaforma di fruizione 3D, esempio di scheda oggetto: lekane agisca positivamente su entrambi i fattori dell apprendimento, permettendo di ottenere, da una grande motivazione, anche la massima efficacia comunicativa. In questo contesto la ricostruzione virtuale, intesa come sintesi finale di uno studio multidisciplinare, rappresenta la via più diretta e semplice per comunicare le suggestioni del passato, arricchendole di valori emozionali grazie all uso degli effetti visuali e alla narrazione [40]. 39. ricostruzione in wireframe dei corredi 54

53 40. Esempio di ricontestualizzazione dell oggetto comunicato: vetrina (in alto) e posizione originaria (in basso) 55

54 Per saperne di più antinucci F., Comunicare nel museo, Milano Idem, Musei virtuali, Bari Blom K., Beckhaus S., Emotional Storytelling, in Proceedings of IEEE VR 2005, Bonn Brooks F. P. Jr., What s Real About Virtual Reality?, in IEEE Computer Graphics and Applications, 19 (6), De Kerckhove D., L intelligenza connettiva, Milano Di Blas N., Paolini P., Poggi C., A Virtual Museum where Students can Learn, in L. tan, r. Subramaniam (eds.), E-learning and Virtual Science Centers, Hershey Idem, 3D Worlds for Edutainment: Educational, Relational and Organizational Principles, in PerCom Workshops 2005 Proceedings IEEE International Workshop on Pervasive elearning, New York 2005, Diodato r., Estetica del virtuale, Milano Gabellone F., Ancient contexts and virtual reality: from reconstructive study to the construction of knowledge models, in Journal of Cultural Heritage, 10,1, 2009, Idem, La trasparenza scientifica in archeologia virtuale: una lettura critica al principio N.7 della Carta di Siviglia, Caspus Ciber Publishing, scires-it/article/view/9545. Lercari N., Il linguaggio degli ambienti virtuali culturali: comunicare la storia di Bologna attraverso il progetto NU.M.E., tesi di dottorato di ricerca in Storia e Informatica, alma Mater Studiorum Università di Bologna Manovich L., What is digital cinema?, in Telepolis - das Magazin der Netzkultur, Münich Mantovani G., Comunicazione e identità. Dalle situazioni quotidiane agli ambienti virtuali, Bologna McClean S. t., Digital Storytelling. The narrative power of visual effects in film, Cambridge (Ma, USa) Murray J., Humanistic Approaches for Digital-Media Studies, in Chronicle of Higher Education, June 24, riva G., Davide F., Communications through virtual technologies, amsterdam Vince J., Introduction to Virtual Reality, London

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57 Vicende storiche: da archita ai romani Mario Lombardo Nel periodo storico che qui ci interessa, taranto condivise con le altre città greche dell Italia meridionale l esperienza del passaggio dallo statuto di polis indipendente a quello di comunità soggetta a roma e integrata nel suo dominio. Ma nel caso della Città del Golfo, tale esperienza presentò caratteri peculiari e particolarmente drammatici, dal momento che si trattò di passare, sostanzialmente, dall apogeo alla rovina, anche se in un lungo arco di tempo, entro cui, come vedremo, si lasciano cogliere momenti di forte cesura insieme ad aspetti e periodi di almeno relativa continuità. L età di Archita L inizio di tale peripezia si può collocare nella prima metà del IV sec. a.c., e precisamente nell età di archita [41], quando taranto, diventata la città guida della cosiddetta Seconda Lega Italiota, comprendente anche Metaponto, Eraclea e Thurii, era ormai una vera e propria potenza regionale, in grado di confrontarsi e interagire sul terreno politico con la Siracusa dei Dionisii e di esercitare forme di egemonia nei confronti delle vicine popolazioni indigene, attraverso la politica delle amicizie pitagoriche con Messapi e Lucani, o quella basa- 41. archita, busto da Ercolano ta sull ideologia delle comuni origini spartane con i Sanniti. Questo ruolo della città poggiava sulla disponibilità di consistenti risorse sia economiche che demografiche, che le permettevano di disporre di ingenti forze terrestri e navali, come testimonia la tradizione straboniana (Geographia, VI, 3,4: «I Tarentini una volta, reggendosi a democrazia, erano oltremodo potenti: possedevano infatti la flotta più grande tra i popoli della regione e potevano schierare fanti, cavalieri e 42. Platone e aristotele, part. (1509, r. Sanzio) ipparchi»). Ma si reggeva anche 59

58 su un delicato equilibrio politico-sociale interno, in grado, attraverso un regime costituzionale e istituzionale di democrazia ben temperata lodato anche da aristotele [42] (Politica, VI, 1320 b: «è bene anche imitare le leggi dei Tarentini: questi infatti si assicurano la benevolenza della moltitudine rendendo comuni i beni ai poveri per l uso; inoltre essi hanno diviso le magistrature in due classi quelle elettive e quelle sorteggiate queste ultime per garantire che anche il popolo abbia parte in esse, le prime invece per assicurare che gli affari pubblici vengano condotti bene»), di assicurare, insieme, i diritti politici e i bisogni economici dei ceti popolari e le prerogative, la prosperità e il prestigio delle ricche aristocrazie cittadine. tutto questo, però, si basava in misura notevole sul ruolo esercitato a lungo nella città da archita, straordinaria figura di filosofo-statista, con la sua ideologia politica pitagorica centrata sul principio della medietà armonica, ma anche con la sua autorevolezza personale, che gli consentiva di esercitare, senza creare tensioni distruttive, un potere dai forti connotati autocratici. In ragione di ciò, si comprende agevolmente come tutto questo fosse venuto meno con la scomparsa di archita, nel 360 a.c. o poco più tardi, innescando una profonda crisi sia degli equilibri interni sia del ruolo internazionale della città. Una crisi sulla quale venne sviluppata nei decenni seguenti, anche da parte degli stessi tarentini, un amara riflessione che ne attribuiva la colpa all affermarsi, nella Città del Golfo, di una democrazia radicale, corruttrice dei costumi e imbelle, che avrebbe reso taranto incapace perfino di difendersi dalla minaccia e dalle aggressioni delle vicine popolazioni indigene, in primo luogo Messapi e Lucani, e pertanto costretta a fare appello a condottieri stranieri: è quanto registra ancora la tradizione straboniana, risalente a fonti di IV secolo come teopompo o lo stesso aristosseno, autorevole esponente del Pitagorismo tarantino della generazione successiva a quella architea. I Condottieri 43. archidamo III, busto da Ercolano In realtà, non furono tanto le forze militari o le risorse economiche, né tantomeno le ambizioni egemoniche di taranto, a venir meno: mancava piuttosto, all interno della compagine cittadina, una figura che, come archita, potesse, per autorevolezza, prestigio e capacità politiche e militari, esercitare quelle forme di potere autocratico in grado di assicurare alla città una guida efficiente, senza innescare dinamiche distruttive per i suoi precari equilibri socio-politici e socio-economici. 60

59 44. Statere tarantino, periodo di alessandro il Molosso (post 334 a.c.) Un tal genere di figura venne dunque cercata all esterno, rivolgendosi dapprima alla madrepatria, Sparta, dalla quale venne in soccorso contro Messapi e Lucani, con un esercito composto in gran parte di mercenari (a riprova della persistente ricchezza dei tarantini), il re archidamo III [43], già protagonista, sostanzialmente in negativo, della terza Guerra Sacra, e perciò bersaglio di una tradizione ostile. Questi, dopo aver combattuto senza grandi risultati per almeno quattro anni a sostegno della città, avrebbe finito, nel luglio del 338 a.c. secondo la tradizione nello stesso giorno della vittoria di Filippo II a Cheronea per subire una disfatta, ad opera dei Lucani, secondo Diodoro, o più probabilmente, come riferiva Plutarco, da parte dei Messapi nei pressi di Manduria, perdendovi anche la vita. Solo pochi anni dopo, nel 334 a.c., i tarentini si sarebbero dunque trovati nella condizione di dover chiamare in soccorso un altro Condottiero, rivolgendosi stavolta al re dell Epiro, alessandro il Molosso [44], zio e cognato di alessandro Magno, il quale giunse in Italia con grandi forze militari, ma anche con grandi ambizioni personali, che finirono per farlo entrare in contrasto con gli stessi tarentini che lo avevano chiamato. La sua spedizione ( a.c.), pur concludendosi anch essa con la sconfitta e la morte del re, stavolta presso Pandosia nel Bruzio, avrebbe tuttavia avuto per la Città del Golfo effetti ben più consistenti e duraturi, in positivo ma forse anche in negativo. Da quest ultimo punto di vista, in effetti, i dissidi con taranto, cui fa riscontro il persistente accordo con Metaponto, Eraclea e Thurii, innescarono verosimilmente dinamiche di crisi, se non di dissoluzione, della Lega italiota. D altra parte, però, i trattati di pace da lui stipulati con i Messapi e i Peuceti (oltre che con i romani), verosimilmente con l accordo e la partecipazione di taranto, avrebbero determinato l instaurarsi di durevoli rapporti di amicizia e collaborazione con le popolazioni iapigie. tale conclusione trova conferma anche nella partecipazione da parte dei Messapi, al fianco di taranto, all appel- 61

60 45. Diadema da Canosa (fine III sec. a.c.) 46. rilievo in pietra tenera (III sec. a.c.) 47. terracotta policroma (III-II sec. a.c.) lo rivolto nel 303 a.c. al principe spartano Cleonimo, per averne l aiuto contro i Lucani, ma anche contro i romani, del cui espansionismo, a seguito della conclusione della Seconda Guerra Sannitica, si profilava ormai concretamente la minaccia all orizzonte della Puglia meridionale. Ma essa trova forse la conferma più significativa nelle evidenze, archeologiche ma anche letterarie ed epigrafiche, relative allo scorcio finale del IV secolo e ai decenni iniziali del III, che documentano un lungo periodo di pace e prosperità nell area della Puglia meridionale, segnato dallo sviluppo di forti interazioni culturali tra taranto e le popolazioni limitrofe, e, per quanto riguarda specificamente la Città del Golfo, dalla disponibilità di ampie risorse economiche, testimoniate ad esempio dalle colossali statue di bronzo di Zeus e di Eracle commissionate a Lisippo per l agorà e l acropoli. Una ricchezza verosimilmente basata in buona misura sull agricoltura specializzata di orti, oliveti e vigneti, ben noti alle fonti classiche, ma anche alle attività portuali e commerciali, 62

61 documentate dai rinvenimenti anforari, nonché dai numerosi prosseni tarantini di cui le iscrizioni attestano la presenza in diversi centri greci; e infine, ma non per importanza, sulla pesca e sull allevamento, specie ovino, con le collegate produzioni tessili: le lane tarentine erano famose, così come i pregiati tessuti di bisso e porpora, mentre particolari capi di vestiario di gran lusso erano noti col nome di tarantinon o tarantinidion. Nello stesso periodo, taranto emerge nelle fonti quale centro culturale di notevole rilievo, con le sue produzioni artistiche e artigianali [45-47], dalle splendide oreficerie ai rilievi in pietra tenera, col suo teatro, che vede l attività di un autore drammatico come rintone, accanto al fiorire della farsa fliacica, e con figure di famosi citaredi e coreuti, nonché di poeti come Leonida, i cui 48. Pirro, busto da Ercolano epigrammi, di grande finezza e realismo, rinviano soprattutto ad ambienti umili, di pescatori e artigiani. tornando alla vicenda politica della città, possiamo affermare che anche la spedizione di Cleonimo, malgrado la sua breve durata, e pur con tutte le stranezze e i colpi di testa che le fonti imputano allo Spartano, ebbe per taranto risultati significativi, se davvero va datato al 302 a.c. quel trattato del Capo Lacinio che interdiceva alle navi romane le acque del golfo di taranto, e la cui violazione venti anni dopo, nel 282 a.c., doveva innescare le convulse dinamiche politico-diplomatiche che portarono alla deflagrazione della Guerra di Pirro [48]. Un conflitto, questo, che segna l estremo tentativo delle città greche, ma anche delle popolazioni anelleniche dell Italia meridionale all appello al sovrano epirota parteciparono stavolta, oltre ai Messapi, anche Sanniti, Lucani e Brettii, di preservare la loro indipendenza. Esso vide anche stavolta un notevole investimento di risorse da parte dei tarantini, così come dello stesso Pirro, giunto anch egli in Italia, come alessandro il Molosso, con grandi ambizioni personali. E tuttavia la sua avventura italiana, dopo le prime vittorie, dovute anche all inusitato impiego degli elefanti da guerra, ad Eraclea (280 a.c.) e ad ascoli Satriano (279 a.c.), alle quali egli non seppe però dar seguito con efficaci iniziative politico-militari capaci di piegare la resistenza romana, e dopo l avventurosa ma sterile campagna condotta in Sicilia ( a.c.), si concluse anch essa, seppur non con la sua morte, con la decisiva vittoria romana a Benevento (275 a.c.), che lo indusse ad abbandonare l Italia, affidando al suo luogotenente Milone la difesa di taranto, che si vide costretta, nel 272 a.c., dopo un lungo assedio e dopo la partenza del presidio epirota, ad arrendersi al console Papirio, consegnandogli armi e navi, abbattendo le mura e accordandosi con lui per il pagamento di un tributo, come riferisce Zonara (8, 6, 10). 63

62 Come, tuttavia, emerge chiaramente nell ampia tradizione di matrice filoromana sulle trattative che precedettero lo scoppio del conflitto, e che insistono sugli eccessi e le intemperanze del demos tarantino dedito all ubriachezza smodata e alla tryphé, il significato di tale conflitto nella storia di taranto (ma anche di altre poleis magnogreche) non va letto solo in un ottica di politica estera, ma anche in rapporto alla scena politica interna, dove si registrava ormai un aperta contrapposizione tra il demos e le ricche élites aristocratiche, le quali vedevano i propri interessi, politici ma anche e soprattutto economici, meglio tutelati nella prospettiva di un inserimento della città entro nell orizzonte politico romano. Taranto nell orbita di Roma anche alla luce di quest ultima considerazione, non è facile mettere a fuoco con cer- tezza le conseguenze concrete dell ingresso della città tra i socii di roma (forse, ma la cosa non sembra sicura, tra i socii navales). Non è affatto chiaro che tipo di foedus fosse stato concesso a taranto dai romani: se Livio parla di pax et libertas (Periochae, 15,1), altri elementi, anche di ordine archeologico, inducono a dar credito piuttosto al quadro assai più pesante delineato dalla tradizione riportata da Zonara. Per il resto, le fonti sul periodo di oltre cinquant anni intercor- so tra tale evento e l età annibalica sono assai avare di notizie, rendendo difficile anche cogliere articolazioni significative al suo interno, ad esempio in rapporto alle vicende della Prima Guerra Punica, cui la città dovette contribuire (anche) con le sue forze navali, come testimonia Polibio (I, 20,14). Possiamo solo ragionevolmente ipotizzare che il perio- do in questione abbia visto la decisa affermazione politica della fazione filoromana, insieme a un significativo sviluppo, sotto l egida di roma, degli interessi e del rilie- vo socio-economico delle ricche élites cittadine. Per cui sembra lecito affermare che il passaggio di taranto sotto il dominio politico romano non dovette comportare una cesura troppo forte nella vicenda economica e sociale della città, come testimonia la continuità delle attestazioni rela- tive alla presenza di tarantini (prosseni, ma anche atleti, attori e musicisti) nei centri del Mediterraneo orientale. 49. annibale, statua (1704, Sébastien Slodtz) 64

63 In tal senso depone anche la qualifica di «urbs opulenta et nobilis» che Livio, nella sua narrazione della Seconda Guerra Punica (24, 13,5), riserva a taranto, attribuendola peraltro ad annibale [49]. Ma in tal senso testimonia anche la peculiarità delle dinamiche politico-sociali interne che lasciano intravedere le vicende della città durante la guerra annibalica e che sembrano distinguerla nettamente dalle altre poleis magnogreche, in cui, come sottolinea Livio, si era diffuso, come un morbo, un processo di radicale contrapposizione e lacerazione, innescato dalla presenza e dalle vittorie di annibale, tra i ceti popolari da un lato, che vedevano nella politica del generale cartaginese non solo e non tanto l occasione di un emancipazione dal dominio romano, quanto la prospettiva di un sostanziale ribaltamento degli assetti socio-economici e socio-politici che roma aveva mostrato di tutelare e favorire, e dall altro, per l appunto, i ceti ricchi e nobili, che per ragioni simmetricamente opposte rimanevano schierate al fianco di roma. a taranto, dinamiche di questo tipo sembrano rimanere sullo sfondo, mentre in primo piano emergono forti dissidi all interno delle élites aristocratiche dominanti, con gruppi, specie di iuvenes, che mostrano ormai insofferenza nei confronti del dominio romano e che saranno i protagonisti della pur tardiva defezione della città ad annibale, dopo aver concordato con quest ultimo un patto che garantisse ai tarantini la libertà, ma che non impedì che un certo numero di cittadini venissero esiliati. Dalla guerra annibalica alla romanizzazione Come sappiamo, dopo la disfatta di Canne del 216 a.c., taranto, sede di un forte presidio romano, era in effetti rimasta fedele a roma fino al 212, quando il generale cartaginese era riuscito a introdursi, con l aiuto, per l appunto, di giovani nobili tarantini, entro le mura che cingevano il settore orientale e più recente dell insediamento. Ma sappiamo anche che tale conquista non era stata completa e che il presidio romano, insieme a una parte degli stessi tarantini, rimase arroccato nell area acropolica della città, corrispondente all attuale Città Vecchia, riuscendo a resistere, grazie ai rinforzi e ai rifornimenti inviati dai romani, ai ripetuti tentativi di annibale di impadronirsene con la forza. Sappiamo, infine, che la defezione di taranto fu subito seguita da quella di altre città greche della costa ionica e che la Città del Golfo svolse un ruolo significativo come caposaldo dell effimero dominio annibalico nell Italia meridionale, almeno fino a quando, nel 209 a.c., il console Fabio, alla testa di forze notevoli, non riuscì a riprenderne possesso, grazie alla proditoria collaborazione della guarnigione brettia insediatavi da annibale. I romani, dopo una grande e indiscriminata strage, fecero nella città schiavi e grandissimo bottino, mentre le mura venivano nuovamente distrutte. Nel 208 a.c., nell aspro dibattito nel Senato romano sulla 65

64 Taranto. Metopa con scena di combattimento (fine III sec. a.c.) 66

65 sorte da riservare alla città, taranto, difesa dai suoi patroni, e in primo luogo dal princeps senatus Fabio, riuscì ad evitare punizioni drastiche, e negli anni seguenti Tarentum, insieme ai Sallentini, costituì una provincia, sede di un pretore e di cospicue forze militari romane. Non sappiamo bene quali furono le condizioni concesse alla città, alla fine della guerra, forse non troppo gravose, anche in ragione dei comportamenti filoromani di una parte almeno delle élites, come quel filosofo pitagorico Nearco di cui racconta Cicerone (Cato, 41) [50], da cui potrebbe aver tratto origine la famiglia dei Nearchi attestata più tardi a taranto. E tuttavia, le pesanti conseguenze economiche e demografiche della sanguinosa riconquista, insieme con gli ampi espropri di terre subiti a cagione della sua defezione, 50. Cicerone, busto da roma dovettero incidere non poco sulle condizioni e il ruolo della città sia sul terreno economico che su quello politico nei decenni seguenti, quando sono, comunque, attestati numerosi tarantini nel Mediterraneo orientale, per lo più presenti in forma stanziale e impegnati in attività economiche, come il grande banchiere Eraclide, attivo a Delo tra il 189 e il 169 a.c. Se gli anni Ottanta del II secolo vedono gli estesi e gravi fenomeni di rivolta pastorale nell agro pubblico della Puglia meridionale, la cui repressione da parte dei romani interessa tangenzialmente anche taranto, più diretto interesse per la sua storia presenta l insediamento, per iniziativa del Senato romano nel 169 a.c., del nobile macedone filoromano Onesimo, al quale viene offerta un abitazione nella città ed un ampia tenuta nell agro espropriato, e che dovette ricevere anche la cittadinanza tarantina, venendosi così a integrare nelle locali élites. Un episodio, questo, dietro il quale si può forse scorgere un disegno di rafforzamento e valorizzazione della specifica identità ellenica di taranto, sulla persistente vitalità e importanza del cui porto nel II secolo a.c. offre comunque testimonianza il contemporaneo Polibio (X, 1). è lecito, tuttavia, affermare che va letta anche sullo sfondo di un sostanziale restringimento dell insediamento urbano di II secolo, la deduzione, nel 123 a.c., della graccana Colonia Neptunia. è quanto sembra possibile evincere dalla collocazione topografica di tale insediamento coloniario all interno dell area occupata dall antica città greca col suo grande circuito murario, e precisamente nella sua zona orientale, come hanno dimostrato recenti e decisive ricerche e scoperte sul terreno archeologico e topografico. Questo dovette determinare ulteriori significative esperienze di convivenza e di interazione culturale tra la comunità ellenica e la colonia romana, dando forse ulteriore alimento 67

66 a quelle esigenze di affermazione della propria identità etnico-culturale da parte delle élites sociali tarantine, che parrebbero aver trovato espressione nelle tombe ipogeiche di II secolo, rivisitate e ricostruite virtualmente dai protagonisti dell importante iniziativa progettuale qui presentata. è solo con la prima metà del I secolo a.c., e con la municipalizzazione, che si sviluppa il processo di romanizzazione della città. E tuttavia, ancora in età augustea il geografo Strabone, rifacendosi però verosimilmente a fonti più antiche, del II e degli inizi del I secolo, citava taranto, insieme a Napoli e reggio, come le uniche città di origine greca dell Italia Meridionale a non aver subito quel generalizzato processo di barbarizzazione che aveva segnato la vicenda finale dell antica Magna Grecia. Per saperne di più Alessandro il Molosso e i Condottieri in Magna Grecia. Atti del XLIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto Barnes Chr., Images and Insults. Ancient Historiography and the Outbreak of the Tarentine War, Stuttgart Brauer G. C. Jr., Taras. Its History and Coinage, New rochelle New York De Juliis E. M., Taranto, Bari Ghinatti F., Economia agraria della chora di Taranto, in Quaderni di Storia, I,2, 1975, Gigante M., Civiltà teatrale e epigrammatica a Taranto in età ellenistica, in Taras 8, 1988, Grelle F., Silvestrini M., La Puglia nel mondo romano. Storia di una periferia, Bari Lippolis E., Fra Taranto e Roma: società e cultura urbana in Puglia tra Annibale e l età imperiale, taranto Idem, Taranto romana: dalla conquista all età augustea, in Tramonto della Magna Grecia. Atti del XLIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto 2005, Lomas K., Rome and the Western Greeks 350 BC AD 200, London - New York Lombardo M., La Magna Grecia nel IV secolo a.c. in G. Pugliese Carratelli (a cura di), Magna Grecia. Lo sviluppo politico, sociale ed economico, Milano 1987, Idem, L organizzazione militare degli Italioti, ibidem, Idem, I condottieri greci in Puglia, in r. Cassano, r. Lorusso romito, M. Milella (a cura di), Andar per mare. Puglia e Mediterraneo tra mito e storia, Bari 1998, Mastrocinque G., Taranto. Il paesaggio urbano di età romana tra persistenza e innovazione, taranto Nocita M., Italiotai e Italikoi in Oriente. Le testimonianze greche nel Mediterraneo orientale, roma Silvestrini M., I Nearchi di tarentum e altre nuove epigrafi tarentine, in antidoron. Studi in onore di B. Scardigli Forster, Pisa 2007, Taranto nella civiltà della Magna Grecia. Atti del X Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Napoli Taranto e il Mediterraneo. Atti del XLI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto Urso G., Taranto e gli xenikòi strategòi, roma Wuilleumier P., Tarente dès origines à la conquête romaine, Paris Yntema D. G., The Birth of a Roman Southern Italy: a Case Study, in BABesch 81, 2006,

67 Misteri al femminile Flavia Frisone La religione dei Greci non era basata su sistemi di credenze dogmatiche ma implicava piuttosto pratiche estremamente pervasive della vita quotidiana e sociale. Essa infatti non può essere scissa dalla vita della comunità (nei suoi diversi livelli organizzativi, dalla famiglia alla polis) nel quadro della quale si esprimeva in rituali condivisi, basandosi su forme cultuali approvate dal gruppo sociale e su una buona dose di conformismo. Il coinvolgimento di uomini e donne non dipendeva tanto dalle loro scelte personali di fede, ma essenzialmente da ruoli e aspettative sociali legate a ciascun genere. Proprio perché nella dimensione religiosa si rispecchiava e trovava giustificazione l equilibrio dell organizzazione sociale e delle sue gerarchie, in quest ambito il ruolo femminile appare visibile e significativo anche per società, come quella greca, che oggi definiremmo maschiliste in quanto attribuivano alle donne una evidente minorità sociale, tale da farle quasi scomparire dagli aspetti della vita pubblica e limitarle all ambito familiare. Le religioni misteriche Nel mondo greco, accanto alla religione della polis, esistevano anche spazi religiosi diversi, di cui facevano parte culti abbracciati sulla base di una scelta individuale dei fedeli e che presupponevano un rapporto personale con la divinità. a questi appartenevano una serie di culti definiti misterici (da mysteria, derivato dal verbo greco myo: chiudere, in particolare gli occhi ; altri nomi per indicarli erano teletai e orgheia) [51]. 51. Cratere attico con scene orgiastiche (metà V sec. a.c.) 69

68 I culti misterici venivano praticati parallelamente a quelli cittadini ma apparivano spesso inseriti in una dimensione marginale e privata, per cui erano al tempo stesso circoscritti rispetto all ambito in cui si esprimeva la religiosità poleica e più ampi, perché andavano oltre i limiti dell appartenenza cittadina. Nel corso del tempo, alcuni di essi arrivarono anzi a rappresentare delle vere e proprie alternative alla religione della polis. La loro pratica si associava a un vero e proprio processo di svelamento e apprendimento di conoscenze considerate salvifiche e perciò riservate a quei fedeli che più si fossero aperti alla potenza della divinità. Questo percorso prevedeva un iniziazione cerimoniale a seguito della quale il fedele, o mystes, era ammesso a vedere oggetti simbolici, a fare l esperienza di pratiche religiose sconosciute agli estranei al culto ed entrava in contatto con la divinità in una misura che poteva raggiungere la simbiosi o l identificazione. Non si trattava generalmente di concezioni di elitarie bensì di forme religiose aperte a tutti, indipendentemente dal loro rango sociale, dal loro sesso e dalle loro possibilità economiche. L adesione non implicava una conversione : la vita dell adepto di solito non cambiava dopo l iniziazione e non esistevano limitazioni che impedissero di aderire ad altri culti. Gli antichi culti misterici non seguivano la prassi dei culti pubblici e della loro organizzazione. Si ritiene che fossero organizzati secondo tre principali forme: quelle legate alla presenza di professionisti del sacro itineranti; quelle connesse a grandi santuari dotati di una sorta di clero addetto ai diversi riti e quelle riferibili a gruppi privati di fedeli, generalmente detti thiasoi. Donne, culti misterici, escatologia La religiosità mistica si caratterizza soprattutto per il suo inseguire una salvezza individuale. Le divinità venerate nei culti misterici avevano vissuto esperienze dolorose e strazianti, e quindi erano sentite più vicine alla gente comune, solidali con le sofferenze dell esperienza umana e in grado di offrire risposte ai bisogni e alle speranze di ognuno. al tempo stesso, l ambito peculiare di queste potenze divine, in particolare per Demetra e Dioniso [52], che rappresentavano una sorta di aristotelica anima vegetativa del cosmo, era sovrintendere alle funzioni della nutrizione e della generazione: riattivare il principio vitale della natura addormentata nel letargo invernale, garantendone l andamento ciclico; dare impulso alle potenti forze del desiderio, in grado di risvegliare la natura divina e immortale anche nell uomo. I contenuti sacri di questi culti misterici, espressi nel mito e simboleggiati nei riti, 70

69 52. Demetra e Dioniso, su vasi attici (V sec. a.c.) riuscivano così a legare il percorso soggettivo a una dimensione sociale e universale. La pratica religiosa, a sua volta, privilegiava l esperienza del sacro fatta a livello personale o in gruppi circoscritti di iniziati che si riunivano per un interesse comune e, in particolare per i riti dionisiaci, celebravano, il dio con danze e sacrifici in preda all estasi indotta dalla bevanda che lo rappresentava: il vino. In questi casi, era esaltato l aspetto sconvolgente e straniante delle potenze divine onorate, in grado di sottrarre temporaneamente i fedeli alla loro vita, a se stessi e, in un certo senso, di offrire loro un evasione attraverso la ricerca della mania, ovvero della follia e lo straniamento indotti dalla possessione divina. 71

70 Il ruolo delle donne in questi gruppi di iniziati sembra essere stato fondamentale. Da un lato, infatti, ciclo biologico delle donne e compito sociale del genere femminile si prestavano perfettamente ad essere inseriti, in società di tipo agrario, nelle vicende mitico-religiose di Demetra e della figlia Kore [53]. Dall altro, le iniziazioni e le feste dionisiache che celebravano il risveglio del principio vitale e dell istinto ponevano l accento su un secondo, essenziale aspetto dell elemento femminile. Nel mondo greco, mentre non emerge una particolare rilevanza femminile nella religione di Demetra legata ai misteri di Eleusi, i più famosi del mondo antico, esiste una dimensione tutta rigorosamente femminile del demetrismo, 53. Demetra e Kore, rilievo eleusino (V sec. a.c.) rappresentata dai culti dedicati a Demetra Thesmophoros, cioè datrice delle norme civilizzatrici della cerealicoltura e della vita associata. Si tratta di culti cittadini diffusi in tutto il mondo greco che, localmente e in particolare in città della Magna Grecia come Locri mostrano segni di commistione con concezioni di tipo misterico. Celebrati nel corso di feste che si svolgevano in più giorni e alle quali partecipavano solo le donne, erano legati alla trasformazione che, attraverso il matrimonio, faceva delle fanciulle donne sposate e garantiva alla comunità, tramite i figli nati da quelle unioni, una nuova generazione. Per quanto riguarda invece le iniziazioni a Dioniso, numerose e importanti testimonianze suffragano un alta presenza di donne [54] nei riti che si celebravano in città o nelle campagne. Se simili a quelli descritte nelle Baccanti di Euripide, essi implicavano, fra l altro, che i devoti i quali, assimilati a satiri e menadi, si sfinivano in danze sfrenate e celebravano il sacrificio ed il pasto di carne cruda si presentassero a una sacerdotessa ufficiale di Dioniso e a lei pagassero una tassa prescritta dalla polis. altre figure femminili appaiono invece legate al culto privato di Dioniso, come la madre dell oratore ateniese Eschine, Glaukothea, che pare appartenesse ad una famiglia di veggenti e si guadagnava da vivere offrendo iniziazioni. 72

71 54. Stamnos attico, rituali dionisiaci (fine V sec. a.c.) 55. Laminetta orfica da Hipponio ( a.c.) 73

72 Una cospicua e significativa documentazione viene poi dall archeologia funeraria, che attesta una importante dimensione escatologia del dionisismo misterico, anche nelle forme influenzate dalla corrente di riforma della religione dionisiaca rappresentata dalle dottrine orfiche. In questo campo, numerosi oggetti simbolici e iscrizioni (e fra queste in particolare le laminette auree con testi escatologici), rinvenuti in sepolture femminili, testimoniano dell appartenenza di donne a gruppi di iniziati che celebravano culti misterici [55]. La dimensione escatologica dei culti misterici è molto ben attestata nei rinvenimenti funerari di numerose comunità dell Italia antica. Il fenomeno riguarda il dionisismo (come nel caso dell iscrizione funeraria di Cuma o della tomba del tuffatore di Paestum) e, forse in misura ancor maggiore, il demetrismo: del resto, le concezioni escatologiche sono un aspetto essenziale dei mysteria di Demetra eleusinia, le cui iniziazioni avevano il fine ultimo di consentire all iniziato benefici oltremondani e una sorte non uguale agli altri defunti (Inno omerico a Demetra, vv ; Pindaro, fr. 137 S.-M.; Sofocle fr. 837 radt). In tal senso, appare di particolare rilievo, nell Ipogeo dei Festoni di taranto, la decorazione pittorica della camera sepolcrale che si compone di alcuni chiari simboli della religione demetriaca, come la fiaccola a quattro bracci, e di altri oggetti il cui significato religioso è per noi meno immediato. La presenza di queste raffigurazioni altamente simboliche evoca, infatti, la pratica del rituale misterico di mostrare cerimonialmente oggetti il cui significato religioso e salvifico doveva restare ignoto ai profani e allude chiaramente alle iniziazioni demetriache. Non ci è noto quali fossero gli aspetti specifici del demetrismo praticato a taranto ma esso tuttavia rivela la sua importanza di riflesso, per la chiara influenza che esso ha sui culti demetriaci sorti nel mondo messapico, in particolare quelli del santuario di Oria, tanto che il nome stesso della dea presso le popolazioni messapiche discende dalla forma dorico-tarentina Damatra. E proprio da quest ambito ricaviamo la più netta evidenza di un carattere iniziatico ed escatologico della religione di Demetra, quale abbiamo riscontrato nella nostra tomba tarantina. Infatti in numerosi sepolcri, databili a un periodo fra la fine del V e il III secolo a.c., rinvenuti nell area salentina ad est dell entroterra di taranto verso la costa adriatica, sono documentate raffigurazioni graffite o dipinte della fiaccola demetriaca, nonché iscrizioni con il nome della dea, eventualmente associato a termini che sono stati interpretati come ruoli sacrali. Si tratta in molti casi di sepolcri di particolare rilevanza monumentale, tombe a camera o semicamera, con tracce di accurate rifiniture o di decorazione pittorica, caratteristiche che le dicono pertinenti a famiglie ricche e importanti presso le comunità locali. Generalizzando, dunque, queste testimonianze consentono di presupporre a taranto 74

73 56. Hydria attica, misteri eleusini ( a.c.) 75

74 un demetrismo dai risvolti misterici che si sarebbe fatto tramite per la diffusione anche in ambiente italico delle concezioni escatologiche della religione di Demetra eleusinia, un sistema religioso che fra IV e III secolo appare non solo assai pervasivo ma anche assolutamente mimetico rispetto ai valori religiosi e all ideologia delle élites dominanti di molte delle società italiche. Nel mondo greco, infatti, il culto di Demetra [56] conserva forti aspetti istituzionali: ruoli sacerdotali e funzioni di rilievo di questi rituali erano saldamente detenuti da famiglie delle aristocrazie cittadine, che esibivano il loro privilegio anche nella dimensione celebrativa delle sepolture familiari, un contesto privato e solenne al tempo stesso. In questo quadro, le figure femminili di rilievo del gruppo familiare potevano veder confermato il loro ruolo di prestigio anche con l assunzione del ruolo di sacerdotesse e di detentrici e dispensatrici delle conoscenze sacrali esoteriche dei misteri. Diversa sorte toccherà alle iniziazioni dionisiache che, in ambiente italico, non solo subiranno rilevanti trasformazioni ma acquisteranno un tale potenziale eversivo dell ordine sociale da attirare l attenzione del Senato romano che, negli anni Ottanta del II secolo a.c., interverrà duramente per limitarne le pratiche ritenute moralmente sconvenienti ed istituire un severo controllo su di esse (Livio, Ab Urbe Condita Libri XXXIX 13-19). Per saperne di più Burkert W., Antichi culti misterici, tr. it. roma-bari Colli G., Sapienza greca. I, Milano Graf F., I culti misterici, in S. Settis (a cura di), I Greci, 2.II Definizione, torino 1996, Mirto M. S., La morte nel mondo greco: da Omero all età classica, roma Scarpi P. (a cura di), Le religioni dei misteri. I. Eleusi, dionisismo, orfismo, Milano Sfameni Gasparro G., Misteri e culti mistici di Demetra, roma Vernant J.-P., Mito e religione in Grecia antica, tr. it. roma 2003, in part

75 Spazio urbano antonietta Dell aglio La fondazione di Taras, in base alla tradizione letteraria, è attribuita a coloni provenienti dalla Laconia, giunti sulle costa ionica alla fine dell VIII secolo a.c. (706 a.c.). I dati desumibili dalla ricerca archeologica inducono ad ipotizzare che l arrivo dei Greci interessò contestualmente un ampia fascia del territorio costiero e le pianure retrostanti. Infatti a partire dall insenatura dell antica Satyrion (Porto Saturo), fino a Taras, sito proteso fra due mari, particolarmente favorevole per l ubicazione della polis (città), è possibile cogliere contestualmente le tracce della presenza greca e riscontrare la progressiva scomparsa degli abitati indigeni di cultura iapigia. 57. Pianta dello spazio urbano con i principali assi viari 77

76 La continuità insediativa nella Città Vecchia, l antica penisola protesa fra i due mari, le trasformazioni dovute alla costruzione del quartiere Borgo e gli scavi incontrollati condotti fra la fine dell Ottocento e gli inizi del secolo successivo hanno fortemente modificato le altimetrie originarie, cancellando le tracce degli spazi pubblici, dei monumenti e dell edilizia privata sia della città greca che di quella romana. è possibile individuare alcune aree principali nell organizzazione urbanistica [57] della colonia greca: - l acropoli, corrispondente all attuale centro storico, caratterizzata da una leggera altura naturale protesa fra la laguna interna e il mare aperto, destinata ad accogliere, oltre agli edifici pubblici, anche numerose dediche sacre di privati; - i quartieri abitativi e monumentali che si andarono sviluppan- 58. resti del tempio dorico arcaico di piazza Castello do intorno all agorà, la piazza, negli spazi ad est dell istmo, una depressione naturale occupata attualmente dal canale navigabile; - i quartieri artigianali ai margini dell abitato; - la necropoli ad est dell abitato, dal V secolo a.c. inglobata all interno del circuito murario. Pochi sono i resti riferibili all età arcaica, fatta eccezione del tempio dorico arcaico di piazza Castello [58] e della fase più antica dell edificio di culto su cui si è impostata la Chiesa di S. Domenico. La complessa stratificazione antropica dell acropoli è conservata nel sito archeologico di Largo S. Martino, lungo il salto di quota naturale prospiciente il Mar Piccolo, dove si conservano anche i resti del presunto paramento interno delle mura che proteggeva l acropoli a nord almeno a partire dal V secolo a.c. altri resti delle strutture difensive sono conservati all interno di Palazzo delli Ponti. 78

77 Sulla base dei rinvenimenti archeologici, si può ipotizzare infatti che la città, probabilmente dopo il cambiamento costituzione del 473 a.c., ricordato da aristotele, provvide alla difesa dagli attacchi delle popolazioni indigene attraverso la costruzione di un circuito murario che interessò non solo l acropoli, ma anche il limite orientale dello spazio urbano [59], inglobando una vastissima superficie. Fu ampliato il settore abitativo con un nuovo quartiere basato su una maglia stradale che rispettava orientamenti già presenti nel periodo arcaico e da questo momento, quindi, anche le necropoli furono ubicate all interno delle mura. Purtroppo sia per il IV secolo a. C., periodo fiorente della città governata a lungo da archita, che per il secolo successivo, le poche informazioni utili a ricostruire la forma urbana si ricavano solo dalle fonti letterarie (Polibio, Strabone, Esichio) e 59. resti delle mura in località Solito-Corvisea (V sec. a.c.) ricordano tra l altro un ginnasio, il teatro maggiore, la cui ubicazione è stata ipotizzata nell area dell attuale Ospedale Militare, una sala per audizioni musicali, il museo. Scarsi sono i resti dell abitato, sebbene numerosi siano i rinvenimenti di antefisse [60] e di terrecotte architettoniche che decoravano i tetti degli edifici pubblici della città e delle case. Dati interessanti per la ricostruzione dello sviluppo insediativo emergono anche dallo scavo dei pozzi e delle cisterne delle antiche abitazioni, conservatisi malgrado i livellamenti legati alla crescita della città moderna. Dei quartieri artigianali, invece, si vanno progressivamente delineando l ubicazione e le caratteristiche organizzative a partire dall età arcaica. Una delle attività più fiorenti può considerarsi senza dubbio quella legata alla lavorazione dell argilla [61], con la produzione di terrecotte già dalle fasi immediatamente successiva alla colonizzazione, e con la produzione vascolare, che raggiunse livelli eccellenti dalla fine del V secolo a.c. con le 79

78 60. antefissa a testa di gorgone (IV sec. a.c.) 61. resti della fornace di via Leonida (V-IV sec. a.c.) 80

79 officine dei vasi a figure rosse e, successivamente, anche delle ceramiche sovraddipinte. Dopo le complesse vicende che negli ultimi decenni del IV secolo portarono la città a richiedere l aiuto armato di diversi condottieri, lo scontro fra taranto e roma, malgrado l aiuto prestato ai Greci da parte del re dell Epiro Pirro, si concluse nel 272 a.c. con la vittoria dei romani. Da questo momento i tarantini dovettero progressivamente rinunciare alla propria autonomia culturale, come si registra analizzando la documentazione archeologica funeraria del III e II secolo a.c., in cui a persistenze culturali greche si associano usi nuovi. Dopo l esperienza annibalica, che terminò tragicamente con la definitiva conquista di taranto nel 209 a.c. da parte di Quinto Fabio Massimo, la città, malgrado il saccheggio e le distruzioni, mantenne una certa autonomia e conservò soprattutto un potenziale economico e produttivo ancora alto, che trova riscontro nella vitalità del porto. alle strutture abitative di questo periodo (fine III - II secolo a.c.) appartengono i primi rinvenimenti di pavimenti a mosaico, mentre il proliferare di tombe a camera dipinte, costruite ex novo o riutilizzate, prova il persistere dell impegno edilizio e la presenza di strati sociali elitari in parte anche esterni alla comunità locale. Nel 123 a.c. la deduzione coloniale di C. Gracco determinò senza dubbio una ripresa economica della città. Sulla base delle ricerche archeologiche condotte nell ultimo 62. Strutture in opera reticolata dell'anfiteatro al di sotto del Mercato Coperto (I sec. a.c. - I sec. d.c.) 81

80 ventennio del secolo scorso, è possibile ipotizzare che la Colonia Neptunia abbia occupato un area marginale dello spazio urbano, adottando una maglia stradale leggermente divergente rispetto a quella di età greca. Fra l 89 e il 62 a.c., con la creazione del municipium, la comunità di tradizione greca ed i gruppi italici presenti nella città si organizzarono in una struttura amministrativa unitaria. Con l età giulio-claudia taranto conobbe un ulteriore momento di notevole ripresa: vennero costruiti, infatti, importanti edifici pubblici, come l anfiteatro [62] e l acquedotto cosiddetto dell Aqua Nymphalis, che passando dall antica Satyrion portava acqua al centro urbano. L interesse manifestato per taranto dall imperatore augusto trova riscontro nella dedica di un ritratto capite velato e di un gruppo scultoreo relativo a membri della famiglia giulio-claudia. tali statue dovevano essere collocate probabilmente in un area pubblica, forse con funzioni forensi, 63. Mosaico policromo figurato dalla domus di piazza Maria Immacolata (II-III sec. d.c.) 82

81 64. tombe a camera di piazza d armi, proprietà augenti-ramellini (II sec. a.c. - II sec. d.c.) ubicata in prossimità dell attuale piazza Maria Immacolata. Nella prima età imperiale venne edificato il primo impianto delle terme Pentascinensi, un ampio complesso termale pubblico ai margini dei quartieri abitativi della città. L edificio era ancora in uso nella seconda metà del IV secolo d.c., quando un privato, Furius Cl. Togius Quintilius, lo fece restaurare, come attesta l iscrizione che riporta tra l altro il nome delle terme. Molto più numerosa è la documentazione dell edilizia privata di età imperiale, sebbene limitata ai pavimenti a mosaico [63] recuperati in oltre un secolo di ricerche, relativi alle varie domus urbane e ai diversi arredi domestici e da giardino. I rinvenimenti nell area della Villa Peripato confermano l alta qualità delle abitazioni, caratterizzate da tappeti musivi e pitture parietali arricchite da stucchi policromi. La necropoli romana, caratterizzata da vaste aree di sepolture ad incinerazione prevalentemente in olla o urna e disposta a semicerchio intorno all abitato, documenta l uso ancora per tutta l età tardorepubblicana, con rari casi in età imperiale, delle tombe monumentali a camera dipinte [64], come nell Ipogeo dei Festoni e delle Gorgoni non più accessibili e visitabili ora nel teatro Virtuale di MARTA Racconta. Le indagini condotte negli ultimi decenni, inoltre, hanno consentito di acquisire dati interessanti sulle fasi di vita della città, dal tardoantico all età medievale. 83

82 Per saperne di più Biffino a., Gaetani S., Taranto. Nuovi pavimenti musivi dall area di Villa Peripato, in Atti dell XI Colloquio dell Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, Ancona febbraio 2005, tivoli 2006, Dell aglio a., Masiello L., Recenti rinvenimenti musivi a Taranto, in Apparati Musivi antichi nell area del Mediterraneo. Atti del I Convegno Internazionale di Studi La materia e i segni della storia, Piazza Armerina, 9-13 aprile 2003, Palermo 2004, Lippolis E., s.v. Taranto, in Secondo Supplemento EAA, V, roma 1997, Idem, Fra Taranto e Roma. Società e cultura urbana in Puglia tra Annibale e l età imperiale, taranto Idem, Ricostruzione e architettura a Taranto dopo Annibale, in Sicilia ellenistica, consuetudo italica, in M. Osanna, M. torelli (a cura di), Alle origini dell architettura ellenistica d Occidente, Spoleto, 5-7 novembre 2004, roma 2006, Idem, Tarente et l urbanisme en Grande Grèce, in De la Grèce à Rome. Tarente et les lumières de la Méditerranée, 2009, Idem, Tarente: de l apogée à la conquête romaine, ibidem, Idem, Taranto nel IV secolo a.c., in r. Neudecker (ed.), Palilia 23, Krise und Wandel. Süditalien im 4. Und 3. Jahrhundert v. Chr. Internationaler Kongress anlässlich des 65. Geburstages von Dieter Mertens, Rom 26-bis 28. Juni 2006, Wiesbaden 2011, Lippolis E., D angela C., Taranto: dall acropoli al kastron, in Archivio Storico Pugliese XLIX, 1996, Lippolis E., Garraffo S., Nafissi M., Culti Greci in Occidente I, Taranto, taranto Masiello L., in Tappeti di pietra. I mosaici di Taranto romana, Fasano 1989, Mastrocinque G., Taranto. Il paesaggio urbano di età romana tra persistenza e innovazione, taranto Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, in Taras. Rivista di Archeologia. Taranto nella civiltà della Magna Grecia. Atti del X Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto Taranto e il Mediterraneo. Atti del XLI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto

83 Spazio funerario antonietta Dell aglio Lo sviluppo urbanistico della città moderna a partire dai decenni finali dell Ottocento ha determinato la perdita definitiva di aree e monumenti civili e religiosi, nonché degli isolati occupati dalle abitazioni. Le modalità delle ricerche rendono difficile, come si è detto, ricostruire l organizzazione urbanistica della polis greca e della città romana. Le stesse problematiche hanno caratterizzato le estese aree della necropoli, in questo caso, però, la documentazione disponibile su un numero considerevole di sepolture consente una più ampia conoscenza dell organizzazione degli spazi funerari. Non si registrano attestazioni di sepolture sull acropoli e su un ampia fascia ad est dell istmo (l attuale canale navigabile): nei primi secoli di vita della colonia le zone desti- 65. Ipotesi ricostruttiva della distribuzione funzionale nello spazio urbano 85

84 66. Sarcofago con copertura a coppi (V sec. a.c.) 67. Sarcofago con deposizione infantile (V sec. a.c.) S SPAZIO FUNERARIO nate ad accogliere i defunti sono esterne all abitato. Soltanto a partire dal V secolo a.c., a seguito della costruzione dell ampio circuito murario orientale, le sepolture occupano lo spazio all interno delle mura; contestualmente l ampliamento degli spazi insediativi oblitera settori della necropoli arcaica, sovrapponendosi ad essa [65]. Se si eccettuano pochi casi di incinerazione, messi in relazione con la prima generazione di coloni, il rito di seppellimento prevalente è consistito nell inumazione supina in tombe a fossa scavate nel banco calcarenitico locale, il carparo, con copertura a uno o due lastroni squadrati o a leggero spiovente. a queste sepolture si associano, a partire dal VI secolo, fosse rivestite da lastre di carparo e soprattutto sarcofagi in pietra o in terracotta, questi ultimi destinati a deposizioni infantili con coperture di tegole e coppi [66-67]. Sempre nel corso del VI secolo compaiono le prime tombe a camera, architettonicamente complesse, destinate a ristretti gruppi socialmente elevati, accomunati dall esercizio di attività agonistiche. tali monumenti funerari non sono più utilizzati dopo il primo venticinquennio del V secolo. Infatti, probabilmente in relazione con il mutamento costituzione del 473 a.c., si registrano profonde trasformazioni nel rituale funerario, con una drastica riduzione o eliminazione del corredo funerario, fenomeno che caratterizza tutto il secolo, associato ad un più ampio uso di sarcofagi. 86

85 Nel IV secolo torna in uso il corredo funerario e nella seconda metà del secolo si diffondono nuovamente, probabilmente su influsso macedone, le tombe a camera, intonacate e dipinte, destinate a nuclei familiari abbienti; tra le più antiche vanno collocate le tombe Gemine di via Sardegna. Con l arrivo dei condottieri e delle truppe mercenarie va messa in relazione anche la diffusione del rito incineratorio, che si associa alle deposizioni di inumati [68], mentre su influsso attico si adotta l uso di segnacoli funerari di varia tipologia e dei naiskoi, associati alle sepolture più monumentali. La conquista romana della città determina un ridimensionamento dello spazio urbano, al quale fa riscontro un analoga situazione in ambito funerario. a partire dalla fine del III secolo a.c., le tombe, sovrapponendosi in parte alla più estesa necropoli greca, appaiono infatti concentrate in aree di frequentazione immediatamente contigue all abitato. Sono documentate anche numerose tombe a semicamera e permane l uso di monumentali tombe a camera, alcune delle quali riadoperate in età imperiale, caratterizzate da pitture parietali interne [69] e da decorazioni scultoree in pietra tenera [70], riferibili a segnacoli funerari ancora di tradizione greca. Si distinguono, inoltre, per l impianto architettonico che li caratterizza, diversi ipogei, con o senza dromos, in cui un arco a tutto sesto, in conci di pietra, divide in due la camera funeraria e sostiene la copertura a lastroni [71]. 68. tombe ad inumazione e incinerazione (IV sec. a. C.) 69. acquerello di pittura funeraria (II sec. a.c.) 70. Metopa in pietra tenera (II sec. a.c.) 87

86 S SPAZIO FUNERARIO Le sepolture ad incinerazione [72], contrassegnate anche da stele iscritte [73] o da cippi antropomorfi [74], si distribuiscono soprattutto nello spazio prospiciente le coste del Mar Piccolo. Come hanno dimostrato recenti rinvenimenti nei Giardini del Peripato e, proseguendo verso est, gli scavi di fine Ottocento e degli inizi del secolo scorso nel regio arsenale e nelle zone note con la denominazione di Contrada Santa Lucia, Corti Vecchie, piazza d armi, la necropoli romana si dispone quasi ad arco in un am- 71. tomba a camera di via Marche (III sec. a.c.) pia fascia che collega il mare interno con il Mar Grande. a queste spazi funerari afferivano le altre due sepolture ipogee oggetto del virtual tour del progetto MARTA Racconta: l Ipogeo dei Festoni di via F. Crispi, in prossimità della necropoli monumentale di piazza d armi, e l Ipogeo delle Gorgoni di via Otranto, ubicata leggermente più ad est. Piccoli nuclei di deposizioni, in cui è riscontrabile il contestuale uso del rito incine- 72. Necropoli romana ad incinerazione nell'area dell'arsenale Militare 88

87 73. Stele in carparo e marmo (II sec. d.c.) 74. Cippo femminile in carparo (I sec. a.c.) 75. Frammento di sarcofago attico in marmo (II-III sec. d.c.) 89

88 S SPAZIO FUNERARIO ratorio e dell inumazione, sono dislocati, inoltre, lungo le strade, soprattutto lungo gli assi est-ovest di collegamento con il territorio o in aree periferiche, come a Collepasso, in prossimità dell antico circuito murario ormai in stato di progressivo abbandono, in una ridefinizione dello spazio funerario che, esterno all abitato, rimane tale anche in epoca imperiale, senza sostanziali modifiche a livello topografico. tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.c. è attestato inoltre a taranto l uso di monumentali sarcofagi in marmo [75], mentre dal IV secolo d.c. si registra per la prima volta l ubicazione di spazi funerari anche sull antica acropoli, come l ipogeo funerario di Palazzo delli Ponti, ricavato sul salto di quota con affaccio sul Mar Piccolo, destinato ad accogliere individui inumati che praticano il culto cristiano. Per saperne di più Atleti e guerrieri. Tradizioni aristocratiche a Taranto tra VI e V sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto I,3, taranto Colivicchi F., alabastra tardo-ellenistici e romani dalla necropoli di Taranto. Materiali e contesti. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III,2, taranto Dell aglio a. (a cura di), Tombe nascoste. Monumenti funerari di Taranto da riscoprire, taranto Dell aglio a., Lippolis E., Taranto, via Marche, in Soprintendenza Archeologica della Puglia. Notiziario delle attività di tutela. Gennaio-Dicembre 1994, Taras 15, 1995, Graepler D., La necropoli e la cultura funeraria, in Taranto e il Mediterraneo. Atti del XLI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto 2001, Hempel K.G., La necropoli di Taranto nel II e I sec. a.c. Studi sulla cultura materiale, taranto 2001, , con bibl. relativa. Lippolis E. (a cura di), Taranto. La necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III,1, taranto 1994, con bibl. precedente. Idem (a cura di), I Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia, taranto Idem, Taranto: forma e sviluppo della topografia urbana, in Taranto e il Mediterraneo. Atti del XLI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto 2001, Idem, Taranto romana: dalla conquista all età augustea, in Tramonto della Magna Grecia. Atti del XLIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, taranto 2004, Idem, Ricostruzione e architettura a Taranto dopo Annibale, in M. Osanna, M. torelli (a cura di), Sicilia ellenistica, consuetudo italica. Alle origini dell architettura ellenistica d Occidente, roma 2006, Idem, Tipologie e significati del monumento funerario nella città ellenistica. Lo sviluppo del naiskos, in Architetti, architettura e città nel Mediterraneo antico. Architetti, architettura e città nel Mediterraneo orientale ellenistico, Venezia giugno 2005, Milano 2007, Lippolis E., Dell aglio a., La pittura funeraria a Taranto, in Archeologia Classica 54, 2003,

89 Semata funerari Laura Masiello Nella necropoli ellenistica di taranto particolarmente evidente risulta l esigenza di contrassegnare con un riferimento visibile il luogo della sepoltura. La sistemazione esterna del sepolcro con tipi diversi di segnacoli funerari, dai semplici recinti sistemati a verde a strutture architettoniche, arricchite, in alcuni casi, da un apparato figurativo, simbolico o anche epigrafico, unisce alla funzione pratica di riconoscimento esteriore della tomba [76], quella di istituire un rapporto tra i trapassati e i viventi, di perpetuare nel tempo la memoria del defunto. In questo senso, la documentazione restituita dalla necropoli di taranto, pur nella frammentarietà dei rinvenimenti, costituisce una delle più interessanti testimonianze di talune tipologie di semata che si concentrano quasi unicamente in età ellenistica, il periodo di maggiore rappresentatività funeraria rispetto alle fasi precedenti, per le quali non disponiamo di informazioni circa l aspetto e il linguaggio espressivo di questi monumenti. tale lacuna non sembra corrispondere ad un reale disinteresse per la visibilità esterna del sepolcro, in quanto già in età arcaica è provato l uso della tomba a camera, strettamente connesso alle esigenze di ostentazione di ricchezza e di prestigio della classe aristocratica. è possibile, quindi, che l asportazione dei segnacoli esterni delle sepolture monumentali più antiche sia stata determinata dalla pianificazione urbanistica della città di 76. Cratere apulo a f.r. con stele funeraria (IV sec. a.c.) età classica ed ellenistica, che ha cau- 91

90 77. Capitelli di ordine corinzio-tarantino in pietra tenera (III sec. a.c.) 78. Stele figurata in marmo (IV sec. a.c.) 79. Stele ad anthemion in marmo (IV sec. a.c.) 92

91 sato la progressiva occupazione di spazi in precedenza riservati a settori della necropoli. La produzione più cospicua si colloca, quindi, a partire dalla seconda metà del IV secolo a.c., vero momento formativo di questo speciale artigianato nel quale «si definiscono architetture, linguaggio espressivo, tradizione iconografica, in sintesi aspetto e significato sociale dei semata». a taranto sono attestati segnacoli ceramici a figure rosse e in tecnica sovraddipinta, monumenti a pilastro sormontati da capitelli figurati nella singolare elaborazione locale dell ordine corinzio [77] e vasi realizzati in carparo che, seppure privi di un registro figurato, acquistano una rilevanza scultorea, divenendo veri e propri monumenti funerari. Stele in marmo con raffigurazione del defunto eroizzato [78] o con terminazione ad anthemion [79], lavorate localmente con grande qualità su modelli di tradizione attica, costituiscono la probabile testimonianza della presenza a taranto, negli ultimi decenni del IV secolo a.c., di artisti provenienti da atene, centro propulsore nell elaborazione in senso architettonico del fenomeno, nel quale la legge di Demetrio del Falero del a.c contro il lusso nei sepolcri, interruppe le più vistose manifestazioni funerarie. è tuttavia con l adozione, sullo scorcio del IV secolo a.c., del naiskos, edicola sepolcrale di particolare monumentalità, nel quale vengono sperimentate diverse soluzioni architettoniche e formali, che si determina un significativo cambiamento nell aspetto originario della necropoli. reperti spesso estremamente frammentari attestano le diverse articolazione della facciata di questi monumenti, costruita e aperta verso l esterno, con prospetto a colonne e ante con pilastri o semicolonne, sui quali è messo in opera il blocco del frontone. teste maschili e femminili in marmo costituiscono, invece, la documentazione più consistente della presenza di statue all interno dei naiskoi, immagini ideali del defunto, mentre l apparato decorativo di piccole edicole sepolcrali offre un variegato ventaglio di fregi [80], metope e acroteri, di diverse dimensioni e di differente impegno ornamentale, realizzati 80. Fregio con Eracle e Gerione in pietra tenera (III sec. a.c.) 93

92 in pietra tenera, un tipo particolare di calcare, bianco e tenerissimo, importato a taranto dalle cave delle vicine Murge. Su di essi, accanto al predominante tema dionisiaco, si dispiegano scene dell oltretomba, di rapimento mitico o di combattimento eroico, spesso ripetitive e di esecuzione corrente, che trovano elementi di spicco particolari nella scultura acroteriale con giovane cavaliere assalito da un guerriero, che ripropone la dimensione drammatica dell agguato di achille a troilo, figlio di Priamo, nei pressi della fonte di troia [81], e nei più complessi apparati iconografici costituiti dal ciclo delle metope del grande naiskos su podio edificato su un modello architettonico di derivazione ateniese. Nella realizzazione della decorazione scultorea di questo monumentale edificio funerario, sulla quale è ripreso il tema della battaglia tra Greci e barbari, si è riconosciuta l opera di un atelier particolarmente attivo a taranto tra la fine del III e la prima metà del II secolo a.c. che predilige, in queste come in altre metope che ripropongono il tema della lotta eroica, una narrazione drammatica, espressa da figure a forte altorilievo, di straordinaria suggestione, caratterizzate da una superficie scultorea incisa profondamente, che lascia evidenti i segni della gradina per una più facile stesura dei colori, di cui si conservano labili tracce nel grande rilievo con scena di combattimento, destinato, forse, alla decorazione di un piccola edicola [82]. 81. acroterio con agguato di achille a troilo in pietra tenera (III sec. a.c.) 94

93 Un segnale di forte discontinuità nell uso del naiskos è impresso dalla conquista romana della città nel 209 a.c. che, insieme ad un calo quantitativo delle deposizioni, connesso ad un sensibile decremento demografico, porta ad un cambiamento graduale del sistema rituale tradizionale. Per tutta l età tardo-repubblicana continua, da parte dei ceti emergenti, l uso delle tombe a camera, i cui ultimi esempi si collocano nel corso del I secolo a.c. Gli ipogei ora si raccolgono in aree ben determinate della necropoli e più vicine al centro abitato, come nel caso dei rinvenimenti nell antica località di piazza d armi, davanti all attuale arsenale Militare, nei quali si conserva l uso del monumento funerario che utilizza, per le parti architettoniche, per i fusti delle colonne e per le specchiature a rilievo, il carparo tarantino, mentre per le sculture e gli intagli di differente impegno qualitativo continua ad essere utilizzata la pietra tenera. alla prima metà del II secolo a.c. sembra potersi datare, infatti, una ripresa nella lavorazione di questo particolare tipo di calcare dopo il momento di cesura nella storia della città rappresentato dalla guerra annibalica. Le tre metope appartenenti al gruppo di 82. Pannello di stele con scena di combattimento (III-II sec. a.c.) 83. Metopa con fanciulle (II sec. a.c.) 95

94 84. Segnacolo a cista (II sec. a.c.) tombe rinvenute in proprietà augenti-ramellini [83] si inquadrano nell ultimo periodo produttivo di questo artigianato nel quale continuano ad essere utilizzati temi, quali lo scontro tra Greci e barbari in costume orientale o le scene di rapimento mitico, che presentano schemi compositivi impoveriti e una tendenza alla progressiva disorganicità del disegno, con la prevalenza di figure allungate e con un trattamento del rilievo più corsivo e schematico. In questo stesso periodo sono inoltre documentati monumenti a cista circolare con copertura conica a pareti inflesse [84] o semplici segnacoli cilindrici, in un panorama tipologico che presenta una grande varietà e che risponde alla documentazione restituita dai centri greci coevi. Nel generale adeguamento ai nuovi modelli sociali e alle consuetudini funerarie diffusi dalla conquista romana si assiste, nel corso del I secolo a.c., ad un decisivo cambiamento nelle tipologie dei sepolcri e dei segnacoli funerari. Il carparo locale e, sporadicamente, anche il marmo [85] sono ora impiegati per la realizzazione di cippi-ritratto, semplici busti maschili e femminili che, sbozzati in modo sommario, con tratti del volto spesso disordinati e disomogenei, costituiscono i semplici segnacoli delle urne che raccolgono le ceneri del defunto, distinguendole dalle altre attraverso l intento ritrattistico della testa e, talvolta, mediante l iscrizione che ne ricordava il nome, secondo una consuetudine propria del mondo italico. 85. Cippo ritratto (I sec. a.c.) Per saperne di più Lippolis E., La tipologia dei semata, in E. Lippolis (a cura di), Taranto, la necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III, 1, taranto 1994, Idem, La produzione in pietra. La scultura in marmo, in E. Lippolis (a cura di), I Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia, Napoli 1996, Idem, Tipologie e significati del monumento funerario nella città ellenistica. Lo sviluppo del naiskos, in Architetti, architettura e città nel Mediterraneo antico. Architetti, architettura e città nel Mediterraneo orientale ellenistico, Venezia, giugno 2005, Milano 2007, Pensabene P., Cippi funerari di Taranto, in Römische Mitteilungen 82, 1975,

95 rituali funerari Maria teresa Giannotta 86. Pinax attico: Pittore di Gela (VI sec. a.c.) L espressione rituale funerario indica tutte le manifestazioni compiute dai vivi a partire dalla morte di uno dei componenti della comunità. Le fonti letterarie ed epigrafiche antiche testimoniano che presso i Greci esso era scandito, così come avviene presso la gran parte delle culture antiche e moderne, da cinque momenti fondamentali: l esposizione (prothesis) con la veglia del defunto [86]; all alba del terzo giorno il corteo funebre (ekphorà), che trasportava il feretro verso la 87. Lekythos attica, part. (V sec. a.c.) 97

96 necropoli, dove avveniva il seppellimento nella tomba (entophé), al quale seguivano poi le rituali offerte di cibo e le libagioni presso la tomba [87] e infine, nei giorni successivi, il lutto (kedos). I rinvenimenti delle necropoli e delle tombe offrono documentazione diretta unicamente del terzo momento e quindi di una minima parte del complesso rituale attraverso il quale la famiglia e la comunità prendevano commiato dai propri componenti. Magna Grecia In Magna Grecia evidenze archeologiche di tipo diverso, riferibili al IV e III secolo a.c., hanno portato nuova luce su alcuni aspetti importanti del rituale. In questo ambito, di notevole valore sono le immagini dipinte sulle pareti delle tombe di Paestum e quelle che ornano i vasi a figure rosse, soprattutto apuli, in cui trovano rappresentazione rispettivamente il primo e l ultimo momento delle pratiche funerarie. Infatti, alcune raffigurazioni pestane illustrano chiaramente la prothesis, l esposizione del defunto [88], mentre sui vasi compaiono soprattutto scene relative al culto funerario, con le offerte e libagioni che si svolgevano nei pressi della tomba. a Paestum, nella scena di prothesis, rappresentata più volte con diverse varianti, compare una donna riccamente vestita e acconciata con il diadema sul capo, distesa sul letto funebre (kline), talvolta sormontato da un baldacchino, e circondata da offerte, nonché da prefiche colte nell atto di strapparsi i capelli e le vesti, da ancelle con 88. Paestum. tomba 53, lastra nord, particolare (IV sec. a.c.) 98

97 89. Paestum. tomba 53, lastra ovest, particolare (IV sec. a.c.) doni, da suonatori di liuto [89]. tra le offerte, si segnalano le corone di fiori, le melagrane, le ceste colme di frutti e fiori, le bende e le cassette. Dopo l esposizione, il defunto, agghindato come richiedeva la rappresentazione funeraria della sua identità (atleta, guerriero, giovane/fanciulla, sposa, madre, etc.), veniva trasportato in corteo con gli oggetti personali e le offerte, dal luogo in cui era stato esposto (di solito la sua stessa abitazione) fino al luogo di seppellimento, la tomba. Qui veniva deposto con il suo corredo funerario, ossia con gli oggetti di abbigliamento personali, con quelli utilizzati nel corso dei riti funebri, comprese le offerte funerarie, e con tutto ciò che, secondo le credenze escatologiche della comunità, si riteneva potesse essergli utile nell aldilà. I rinvenimenti delle tombe ci offrono dunque la documentazione diretta del seppellimento, ma solo attraverso gli oggetti non deperibili del corredo (soprattutto quelli in ceramica), mentre non si sono ovviamente conservati 90. Loutrophoros a f. r., particolare (320 a.c. ca) 99

98 cibarie, oggetti in legno (cassette, utensili, etc.), contenitori di vimini o paglia, oggetti in cuoio, tessuti, etc. testimonianza dell uso e della presenza nel corredo di oggetti realizzati con questo tipo di materiali, troviamo tuttavia, come s è detto, nelle pitture delle tombe pestane e nei vasi a figure rosse [90]. Il che agevola l analisi dei materiali di corredo rinvenuti, anche ai fini dell individuazione degli elementi specifici del mondo maschile, femminile o infantile, secondo quanto previsto dalla gender archaeology o archeologia di genere. Taranto a partire dalla fondazione della città, il rituale funerario prevalente, attestato da innumerevoli rinvenimenti, consiste nell inumazione del defunto, deposto in posizione supina con le braccia distese lungo il corpo, accompagnato da pochi oggetti di corredo. Le deposizioni risultano per lo più singole e anche nel caso delle tombe a camera il numero è limitato a due, tre individui, verosimilmente legati da rapporti familiari. In età ellenistica è possibile distinguere due fasi: la prima, caratterizzata dal rito dell inumazione, si protrae fino al III secolo, mentre la seconda, comprendente il II e il I secolo a.c., vede il progressivo aumento del rito dell incinerazione. La presenza del corredo funerario e la sua composizione contraddistinguono le diverse fasi cronologiche e culturali della necropoli tarantina. Dalla metà del IV secolo si assiste a una forte standardizzazione dei corredi, la cui composizione è caratterizzata da un nucleo base di due vasi, funzionalmente determinati, l oinochoe e la tazzetta, che 91. Corredo da una tomba di via Zara, angolo via C. Battisti (seconda metà IV sec. a.c.) 100

99 92. Pisside in piombo (III-II sec- a.c. ) rimandano chiaramente alla canonizzazione di precise norme rituali [91]. Si tratta dell associazione di due recipienti, un contenitore di liquidi, probabilmente di vino, e un vaso per bere, di limitata capacità, che insieme costituivano il corredo indispensabile alla condizione di defunto, senza connotazioni di sesso o classe di età. La presenza di ulteriori e diversi oggetti, invece, contribuisce a indicare stato sociale, statuto economico e sesso del defunto. Le tombe maschili si possono identificare per la presenza dello strigile o di un anello in piombo, o, più raramente, del kantharos. Le tombe femminili, invece, si contraddistinguono per una maggiore ricchezza e caratterizzazione del corredo espressa dagli oggetti di 93. Specchio in bronzo (III sec. a-c.) 94. terracotta policroma (IV sec. a.c.) 95. Corredo da una tomba di via Dante alighieri (fine IV sec. - III sec. a.c.) 101

100 ornamento personale (oreficerie), i contenitori (lekanides e pissidi) e gli oggetti da toilette, innanzitutto lo specchio in bronzo [92-93] e il pettine in osso. I contenitori di profumi, quali le lekythoi e, soprattutto, gli unguentari, si trovano indifferentemente sia in tombe maschili che femminili; tuttavia in queste ultime si nota una maggiore varietà di forme e un più alto numero di esemplari. Un piccolo vaso, detto guttus - poppatoio o baby-feeder, dalla forma caratteristica e particolarmente adatta alla somministrazione di liquidi, per mezzo del lungo beccuccio e dell ansa, sembra peculiare delle tombe infantili di età ellenistica. Le terrecotte figurate contraddistinguono i corredi di fanciulle e di infanti [94-95], esse caratterizzano il ruolo sociale del defunto, richiamano i riti di passaggio all età adulta e le cerimonie che si concludevano con le dediche di statuette femminili e giocattoli in terracotta nei santuari. Nel III secolo il quadro documentario non risulta subire mutamenti sostanziali [96]. Nei corredi di questo periodo l elemento che emerge per importanza è la corona d edera in bronzo dorato e terracotta, in quanto la sua presenza potrebbe esser legata a motivazioni religiose e, in particolare, a credenze e rituali di tipo dionisiaco, ben attestati a taranto in questo periodo dalle fonti letterarie ed epigrafiche. agli inizi del II secolo, in seguito agli sconvolgimenti politici e sociali determinati dalle vicende storiche che portarono alla definitiva conquista romana della città, nella cultura funeraria tarantina si registra una progressiva cesura con la tradizione dei secoli precedenti. Essa è testimoniata innanzitutto dalla repentina scomparsa, nel corredo, della coppia di vasi costituita da oinochoe e tazzetta e delle corone in bronzo dorato [97], 96. Corredo da una tomba di via Dante alighieri (III sec. a.c.) 102

101 mentre, d altro canto, appare connessa al diffondersi della cultura materiale di tradizione italica. Nel secondo secolo, il prestigio sociale e il legame culturale con la tradizione greca si manifesta in particolare nell uso della tomba a camera dipinta e nella presenza di parures di oreficeria [98] nei corredi. Di difficile lettura risultano i simboli della distinzione di genere, manifestata con chiarezza solo nelle tombe femminili da oggetti come lo specchio in bronzo, gli elementi in osso delle cassette, contenenti gli oggetti da toilette, o i vasi in ceramica a decorazione po- 97. Corona: bronzo dorato e terracotta (inizi II sec. a.c.) 98. Parure: tomba di via Principe amedeo (II sec. a.c.) 103

102 100. Lagynos decorata (II sec. a.c.) licroma e plastica [99]. Le forme (louteria, lebetes gamikoi e lekanai), tipiche della sfera nuziale, rimandano a particolari condizioni sociali della donna e al suo statuto di giovane e di sposa mancata. Del corredo possono far parte alcuni vasi da mensa come lagynoi [100], patere, piatti e bicchieri, mentre appaiono essenziali gli unguentari, sempre presenti in questo periodo con un alto numero di esemplari, contenitori, oltre che di profumi, delle sostanze utilizzate per il trattamento del corpo dell inumato. 99. Lebes gamikos policromo ( a.c.) Per saperne di più Colivicchi F., Alabastra tardo-ellenistici e romani dalla necropoli di Taranto. Materiali e contesti, Catalogo del Museo Archeologico di Taranto III, 2, taranto Frisone F., Leggi e regolamenti funerari nel mondo greco. Le fonti epigrafiche, Galatina Garland r., The Greek Way of Death, London Lippolis E. (a cura di), Taranto, la necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III,1, taranto Mirto M.S., La morte nel mondo greco: da Omero all età classica, roma Morris I., Burial and Ancient Society, Cambridge Pontrandolfo a., rouveret a., Le tombe dipinte di Paestum, Modena

103 tombe a camera Maria teresa Giannotta Nella seconda metà del IV secolo a.c., si registra un notevole cambiamento nell organizzazione della necropoli tarantina e nella tipologia dei suoi monumenti funerari. riappaiono, dopo la fugace esperienza arcaica, le tombe a camera e la pittura funeraria destinata, in questa fase, alle pareti interne delle camere. a differenza che nella maggior parte delle altre città magnogreche dove si registrano solo esempi isolati, come a Napoli con l Ipogeo dei Cristallini, a taranto l utilizzo della tomba a camera, con due o tre deposizioni ciascuna, trovò ampio sviluppò anche nei secoli successivi fino al I secolo. tuttavia rispetto alle migliaia di tombe rinvenute, le circa duecento tombe a camera, delle quali almeno la metà delle quali dipinte, rappresentano una percentuale limitata. La fase greca Nei decenni finali del IV secolo, nel quadro dei contatti e rapporti, sia culturali che politici, con la Grecia, la tradizione macedone della tomba a camera dipinta per le sepolture di alto rango e regali, come quella di Filippo II o della regina Euridice a Pella [ ], potrebbe aver fornito un valido modello di riferimento per le aristocrazie tarantine. Con la loro monumentalità e la loro ricchezza architettonica e pittorica, le tombe a camera esprimono il prestigio socio-economico e culturale delle ristrette élites cittadine. Nella Città del Golfo, la documentazione archeologica permette di riconoscere solo pochi monumenti chiaramente riferibili al IV secolo. In questa fase, la casa sembra aver fornito il modello principale sia per la decorazione parietale, con la riproduzione 101. Pella. tomba di Filippo II (336 a.c.) 102. Pella. tomba della regina Euridice (344 a.c.) 105

104 103. tombe Gemine. restituzione 3D: stato attuale 104. tombe Gemine. ricostruzione 3D: decorazione dipinta 106

105 di cornici modanate in stucco e di ingressi con porte dipinte e modanate o affiancate da semicolonne, sia per gli elementi di arredo, in particolare i letti funebri, le klinai lignee, riprodotte in pietra e dipinte in ogni dettaglio. Isolato resta l esempio documentato dall Ipogeo Genoviva, dove le quattro camere, allineate e aperte su un vestibolo con ingresso affiancato da semicolonne, riproducono nella planimetria la tipica casa 105. tomba 20: kline, particolare a pastàs, caratterizzata da ambienti aperti su un cortile porticato. a questo periodo si ascrivono le tombe Gemine [103] di via Umbria, caratterizzate da due camere affiancate e separate da una parete comune. all interno di ciascuna delle camere si ripete la magnifica decorazione in parte scolpita e in parte dipinta: cornice di coronamento scolpita, kline scolpita e dipinta, fregio con greca a meandro dipinta lungo tutta la fascia centrale delle pareti. Il riconoscimento dei pigmenti utilizzati e il re Pella. Kline in pietra, dipinta (III sec. a.c.) stauro virtuale dell apparato pittorico hanno permesso di apprezzare i vivaci colori della decorazione dipinta sul fondo bianco e luminoso delle pareti [104]. Le klinai in carparo presentano una struttura complessa imitante i letti lignei, composta da una base sulla quale poggia una pedana che sostiene il letto, completo di materasso e cuscini [105]. testimonianza significativa dei rapporti con il mondo greco-macedone si può facilmente riscontrare nelle coeve tombe reali di Pella. tra le analogie più rilevanti, ricordiamo le klinai funebri [106], simili per struttura e decorazione, la forma dei piedi sagomati e delle gambe a doppie volute, la resa pittorica dei singoli motivi ornamentali dei letti tarantini e dei troni macedoni; infine, il netto contrasto dei colori delle pitture, dalle tonalità forti e decise di rosso e azzurro sullo splendore del bianco. I risultati delle analisi archeometriche documentano anche l alto livello delle maestranze e il sapiente uso dei materiali per la realizzazione degli intonaci, in particolare per quello di finitura il cosiddetto marmorino a calcite spatica, elemento le cui proprietà sono state ritenute simili al marmo, in grado di esaltare i colori della pittura. Del resto, l impiego di pigmenti ricercati e preziosi, come il cinabro per il rosso e il blu egizio per l azzurro, contribuisce a evidenziare 107

106 107. Ipogeo delle Gorgoni. ricostruzione 3D: spaccato prospettico 108. Ipogeo Genoviva. Cornice dipinta (325 a.c. ca.) 109. tomba beta di via Crispi: cornice, part. (II sec. a.c.) la ricchezza e la disponibilità di risorse da parte delle famiglie proprietarie delle tombe. al III secolo sono riferibili una ventina di ipogei funerari, in parte scavati nella roccia di base e costruiti con blocchi squadrati nella parte superiore, che presentano all interno della camera un letto funebre costituito o da una semplice banchina con i cuscini appena accennati o dalla riproduzione di una kline scolpita e dipinta. Nella struttura dell ipogeo, a partire dalla metà del III secolo, compare un nuovo elemento architettonico, l arco, posto a sostegno delle lastre di copertura di alcune tombe [107]. In questa fase si diffonde anche l uso di pareti campite in rosso o decorate da fasce che evidenziano elementi strutturali tipici dello stile a zone, come zoccoli, fasce mediane e cornici già 108

107 presenti nel IV secolo [108]. Particolarmente importante la tomba a camera di via Polibio (attualmente accessibile da via Pio XII), riferita con qualche incertezza alla seconda metà del III secolo, dove, sulle pareti, al di sopra delle due tradizionali klinai poste ai lati dell ingresso, appare dipinto un motivo ornamentale a festoni vegetali, qui attestato per la prima volta e che troverà largo impiego nella pittura funeraria tarantina delle fasi successive. La fase greco-romana La netta cesura verificatasi tra III e II secolo a.c., in seguito alle vicende storiche che portarono al sacco della città del 209 a.c., e che si lascia cogliere chiaramente nell uso della necropoli e nella scelta degli oggetti di corredo, si manifesta anche nelle tombe a camera e nella pittura funeraria. Durante il periodo della guerra annibalica, la necropoli pare abbia subito gravi sconvolgimenti e danneggiamenti, a giudicare dall utilizzo, nelle tombe e nei semata (segnacoli) del II secolo a.c., di elementi riferibili a strutture funerarie più antiche. Nelle tombe a camera di tale periodo, studi recenti hanno evidenziato la presenza di elementi di cornici modanate e di lastre di copertura finemente intonacati a marmorino, quali si riscontrano negli ipogei di IV secolo, ma ricoperte da uno strato di intonaco più grossolano [109]. In questo periodo l utilizzo della tomba a camera sembra segni il legame con la tradizione greca delle famiglie aristocratiche schieratesi dalla parte di roma, oltre a rimarcare ancora una volta le differenze sociali nell ambito della popolazione urbana. Grazie allo studio degli oggetti della cultura materiale provenienti dalla necropoli, il II secolo risulta il periodo in cui si manifesta maggiormente la cura e l impegno decorativo e figurativo nella pittura funeraria tarantina [110]. accanto al consueto motivo a festoni di ghirlande vegetali, reso in maniera naturalistica o corsiva, sulle pareti degli ipogei si riscontra la presenza sempre più frequente di soggetti figurativi. Lo schema decorativo base delle ghirlande mostra minime differenziazioni nella resa, più o meno naturalistica, nonché nella forma dei nastri e dei fiocchi, o, ancora, nell inserzione di piccoli oggetti (vasi, strumenti musicali, quadretti) tra i festoni. Molto rara, la figura umana è tuttavia presente in scene con uno o due personaggi (Hermes o/e il defunto), dipinte sulle porte d accesso alla camera funeraria Ipogeo dei Festoni di via Crispi (II sec. a.c.) 109

108 tra le attestazioni più rappresentative di questo nuovo corso, possiamo annoverare l Ipogeo delle Gorgoni di via Otranto e l Ipogeo dei Festoni di via Crispi. Nei due monumenti sono stati utilizzati elementi architettonici (blocchi, cornici e porta litica) provenienti da monumenti più antichi. In entrambi, sul fondo bianco delle pareti si dispiega il motivo dei festoni, reso però in modo differente: nel primo in maniera corsiva e schematica, con ghirlande azzurre trattenute da fiocchi rossi; nel secondo, invece, con una maggiore perizia che possiamo cogliere nella resa più accurata e naturalistica, con colori alternati, rosso, giallo e rosa per i fiori e verde per le foglie, delle ghirlande legate da grandi fiocchi rossi con nastri disposti a quinta. Nella tomba dei Festoni costituisce un unicum la raffigurazione di oggetti (cratere, ramo di palma, cista e fiaccola) altamente simbolici, come la fiaccola a quattro bracci che sembra rinviare ad aspetti della religiosità legata ai culti misterici demetriaci, nell ambito dei quali le famiglie aristocratiche greche avevano un ruolo di rilievo. Per saperne di più L Italie méridionale e les premières expériences de la peinture hellénisiquée. Actes de la table ronde organisée par l École Française de Rome, rome Calia a., Giannotta M.t., La tomba dei Festoni di via Crispi a Taranto: individuazione e riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Eaedem, Caratterizzazione degli intonaci di un ipogeo ellenistico di Taranto, in Innovazioni Tecnologiche per i Beni Culturali, Atti del Convegno Reggia di Caserta, febbraio 2005, Bologna 2006, Dell aglio a. (a cura di), Tombe nascoste. Monumenti funerari di Taranto, taranto Fisekci K., Labbate a., Gabellone F., Giannotta M.t., Le tombe Gemine di via Umbria a Taranto: un caso di studio finalizzato alla diagnostica e alla restituzione tridimensionale del sito in M. Lombardo ( a cura di), Tecnologia per i Beni Culturali, Galatina 2007, Giannotta M.t., Quarta G., L ipogeo Genoviva a Taranto: problemi di conservazione e analisi archeometriche, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Lippolis E., Dell aglio a., La pittura funeraria a Taranto, in Archeologia Classica 54, 2003, Maruggi G.a., La tipologia delle tombe in E. Lippolis (a cura di), Taranto, la necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica tra VII e VI sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III, 1, taranto 1996, Pontrandolfo a. (a cura di), La pittura parietale in Macedonia e in Magna Grecia. Atti del Colloquio Internazionale in ricordo di Mario Napoli, Salerno Steingräber S., Caratteristiche del repertorio figurato della pittura funeraria in Italia meridionale dal IV al II secolo a.c., in D. Scagliarini Corlàita (a cura di), I Temi figurativi nella pittura parietale antica (IV sec. a.c. - IV sec. d.c.), Atti del VI convegno internazionale sulla Pittura Parietale Antica, Bologna, settembre 1995, Bologna 1997, tinè Bertocchi F., La pittura funeraria apula, Napoli 1964, ,

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110 112

111 Documentazione archeologica amelia D amicis Un ampio settore della necropoli tarantina, costituito da oltre trecento tombe, venne in luce negli anni 50 in seguito ai lavori di urbanizzazione che interessarono intensivamente la zona oggi corrispondente al rione Italia Montegranaro, l antica Contrada Carmine. In particolare, la costruzione in via Umbria dell Istituto religioso Maria ausiliatrice [111] portò al rinvenimento, nell agosto del 1955, di due strutture ipogee monumentali, le uniche conservatesi tra le tante sepolture scoperte e distrutte in quegli anni, alle quali è tuttora possibile accedere attraverso un apposita struttura che, da via Sardegna, consente una visione difficoltosa e parziale delle due celle funerarie [112], una delle quali risulta ancora chiusa dall originaria porta monolitica in carparo, addossata agli stipiti Veduta satellitare di taranto con ubicazione della tomba 113

112 La struttura architettonica alla volontà di sottolineare l appartenenza dei defunti ad uno stesso nucleo familiare si deve il particolare sviluppo planimetrico della tomba, sicuramente dipendente da un unico progetto architettonico che ha previsto la costruzione contestuale di due camere gemine, affiancate ma distinte, il cui accesso è costituito da due dromoi a gradini, orientati 112. tombe Gemine. restituzione 3D del complesso est-ovest e posti leggermente fuori asse rispetto agli ambienti, separati da una parete divisoria. Contrassegnati nella documentazione di scavo con i numeri 20 e 21, relativi alla successione delle sepolture messe in luce in quell anno, i due ipogei sono infatti strutturalmente simili, con un vano rettangolare di dimensioni quasi identiche, parzialmente cavato nel banco di roccia, mentre la parte superiore è costruita con blocchi di carparo muniti di una cornice modanata di coronamento, probabilmente presente in origine anche sulla parete divisoria, dove attualmente manca. Il recupero di coppi, tegole e frammenti lavorati di carparo nel terreno di riempimento della tomba 21, lascia supporre la presenza di un sema nella parte superiore funzionale all ipogeo, che a livello planimetrico trova confronti con altre camere funerarie rinvenute all interno della necropoli tarantina. ricopriva le superfici delle stanze uno strato uniforme di intonaco color crema, sul quale correva una decorazione pittorica che si ripete in modo analogo in entrambe le celle. Il paziente lavoro di restauro virtuale, che si è avvalso dei risultati delle analisi archeometriche eseguite sulle finiture pittoriche, oltre che delle metodologie informatiche, ha premesso il recupero della sintassi ornamentale, presente in modo assai lacunoso a causa del degrado delle superfici, restituendola nella sua originaria stesura sia sulle pareti che sui letti funerari, addossati al muro di fondo dei vani. Le pitture Il fregio che si sviluppa a metà del muro [113], risulta così composto da tre fasce decorative sovrapposte, la prima delle quali costituita da una serie di cuspidi bicolori 114

113 in azzurro-blu e rosso-giallo che si alternano a distanza regolare, delimitando inferiormente una sequenza alternata di ovuli rossi e azzurri; al di sotto, un motivo a meandro continuo presenta all interno della greca in azzurro, intervallata ad un altra in rosso, una rosetta a quattro petali, resi anch essi a colori alternati, mentre un meandro corrente in rosso chiude nella fascia inferiore questo composito ornato pittorico. La kline in carparo riproduce in modo complesso il letto funebre ligneo con il piano deposizionale costituito da una specie di materasso appena rilevato lateralmente, su cui poggiano, presso le testate, due cuscini leggermente incavati al centro, fermati ai lati da due borchie in rosso; la base di appoggio del materasso è costituita da un piano e da due traverse a giorno in giallo ocra retti da sostegni laterali, decorati da doppie volute ioniche con borchie a rilievo in colore rosso sul fondo crema; a loro volta, questi posano su una pedana a piedi sagomati, in giallo, con due traverse a listelli rilevati, dipinte anch esse nello stesso colore. Duplicata in modo sostanzialmente identico sulle pareti di entrambe le celle e sui letti funerari, la decorazione dipinta varia solo nella tinta della specchiatura frontale compresa tra i sostegni laterali delle klinai, che è rossa nella tomba 20, bianca nell altra, dove è attualmente presente solo in tracce, scambiate per residui di azzurro dai primi editori del monumento a causa del pessimo stato di conservazione del colore, identificato in modo corretto dalle analisi archeometriche condotte di recente. Le due tombe costituiscono probabilmente uno dei primi esempi di ripresa di quell architettura monumentale di tipo elitario fiorita in epoca arcaica e drasticamente interrottasi, nel primo venticinquennio del V secolo a.c., a causa dei rivolgimenti sociali che generano nel periodo successivo forme di una ritualità funeraria del tutto diversa, in cui appaiono evidenti le limitazioni all esibizione del lusso collegate alla trasformazione democratica della città. Il loro inquadramento nei decenni finali del IV a.c., in un momento in cui si assiste al progressivo riapparire di questi segni esteriori di qualificazione, oltre che dall ornamentazione parietale è suggerito anche dagli oggetti recuperati nelle sepolture, violate già in antico come indicano la mancanza di copertura e altri chiari segni di 113. tomba 21. Parete est: particolare del fregio manomissione rilevati in fase di scavo. 115

114 I corredi funerari I materiali sfuggiti al saccheggio, rinvenuti sparsi sul piano di calpestio o nel dromos, costituiscono gli elementi pressoché costanti nella composizione dei corredi funerari di questo periodo, come la tazza a vernice nera o gli unguentari, questi ultimi attestati in entrambe le deposizioni. Particolare una pisside a figure rosse decorata sul coperchio da una testa virile barbata, coperta da un elmo a pileo, che indurrebbe ad identificare come femminile la deposizione della tomba 20 [114], mentre quella nella 21 potrebbe essere connotata come maschile dalla presenza di un alabastron di alabastro [115], contenitore spesso associato all ambito atletico, benché non si possa escludere del tutto un suo collegamento alla sfera femminile, testimoniato da altrettanti numerosi rinvenimenti. L ipotesi non può comunque trovare conforto nelle analisi specifiche a causa della dispersione dei resti scheletrici per la manomissione subita in antico dalle due tombe, la cui conservazione nel tessuto urbano moderno, accanto alle altre superstiti, risparmiate dalle distruzioni e dalla dispersione che hanno accompagnato da sempre l espansione della città, consente una lettura parziale dell eccezionale patrimonio monumentale tarantino, ancora da riscoprire e valorizzare Corredo della tomba

115 tabella 1 Corredo tomba 20 Oggetto Materiale Classe Tipo Dimensioni in cm H, largh e/o diam Inventario Ambito Funzionale Localizzazione Datazione 1. Pisside Ceramica Ceramica a figure rosse 5, toilette Lungo la fiancata N Ultimo quarto del IV sec. a.c. 2. tazza biansata Ceramica Ceramica a vernice nera 424/3 Graepler; Fase B1 Lippolis 4, Mensa Presso la testata E Ultimo quarto del IV sec. a.c. 3. Lucerna miniaturistica Ceramica Ceramica acroma Fase B2 Masiello 2.7, Illuminazione Presso la testata E Fine IV sec. a.c. 4. Brocca miniaturistica Ceramica Ceramica acroma 5, rituale Presso la testata E? Seconda metà del IV sec. a.c. 5. Unguentario Ceramica Ceramica a decorazione lineare tipo II Forti; 611/2 Graepler 7.3, Cosmesi Nel dromos presso la porta Ultimo quarto del IV sec. a.c. 6. Unguentario Ceramica Ceramica acroma tipo II Forti; 611/2 Graepler 6, Cosmesi Nel dromos presso la porta Ultimo quarto del IV sec. a.c. 7. Unguentario Ceramica Ceramica a decorazione lineare tipo III Forti 11, Cosmesi Nel dromos presso la porta Ultimo quarto del IV sec. a.c Corredo della tomba

116 tabella 2 Corredo tomba 21 Oggetto Materiale Classe Tipo Dimensioni in cm H, largh e/o diam Inventario Ambito Funzionale Localizzazione 1. Alabastron alabastro Alabastra 20, Cosmesi Nel dromos presso la porta Datazione Seconda metà del IV sec. a.c. 2. Lekythos Ceramica Ceramica a risparmio Fase B1 Lippolis 18.7, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c 3. Lekythos Ceramica Ceramica a risparmio Fase B1 Lippolis 20, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c 4. Unguentario Ceramica Ceramica a decorazione lineare 5. Unguentario Ceramica Ceramica a decorazione lineare 6. Unguentario Ceramica Ceramica a decorazione lineare 7. Unguentario Ceramica Ceramica a vernice nera II Forti 8, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c II Forti 8.2, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c II Forti 9, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c II Forti 9, Cosmesi Non definibile Ultimo quarto del IV sec. a.c Per saperne di più Dell aglio a., Tombe a camera gemine in a. Dell aglio (a cura di), Tombe nascoste. Monumenti funerari di Taranto da riscoprire, taranto, 1999, Fisekci K., Labbate a., Gabellone F., Giannotta M.t., Le tombe Gemine di via Umbria a Taranto: un caso di studio finalizzato alla diagnostica e alla restituzione tridimensionale del sito in M. Lombardo (a cura di), Tecnologia per i Beni Culturali, Galatina 2007, Forti L., Gli unguentari del primo periodo ellenistico, in RendAccNapoli, 37, 1962, Graepler D., Tonfiguren im Grab, München E. Lippolis (a cura di), Taranto, la necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III, 1, taranto 1994, , Lippolis E., Dell aglio a., La pittura funeraria a Taranto, in Archeologia Classica 54, 2003, , tinè Bertocchi F., La pittura funeraria apula, Napoli 1964,

117 Studio archeometrico delle pitture Giovanni Quarta - Davide Melica 116. tomba 21. Kline: particolari della decorazione dipinta Lo studio archeometrico è consistito in un esame mineralogico-petrografico e chimico condotto su alcuni piccoli frammenti di intonaco dipinto prelevati dai resti di policromia presenti sul manufatto. Il campionamento è stato effettuato con finalità di conoscenza dei materiali e delle tecniche impiegate per realizzare la finitura del supporto lapideo e le decorazioni pittoriche e per finalità propedeutiche ad un eventuale intervento restauro. Le tombe Gemine, indicate con i numeri 20 e 21 nella documentazione di scavo, presentano una struttura complessa: le pareti sono intonacate e dipinte; sul fondo della camera è riprodotta la kline funebre con alcuni dettagli decorativi dipinti [ ]. In tabella sono riportati l ubicazione e la descrizione dei campioni prelevati dai 117. tomba 21. Particolare del fregio manufatti. 119

118 Il supporto lapideo Il materiale lapideo costituente le lastre delle due tombe appartiene ad una roccia sedimentaria, classificabile come tufo calcareo. Si tratta di un litotipo di provenienza locale, a grana medio-grossolana ( µm), abbastanza poroso, costituito da tritume organogeno cementato da calcite spatica. I granuli allochimici, di provenienza intrabacinale, sono rappresentati da resti fossili di alghe calcaree, di foraminiferi bentonici e di echinidi. Si osserva inoltre un discreto contenuto di peloidi (masserelle rotondeggianti di calcite micritica). La frazione terrigena è molto scarsa ed è rappresentata da qualche frammento di quarzo metamorfico associato a miche. La roccia può essere classificata come una biosparite. Gli intonaci di rivestimento Nella tomba 21, la parte inferiore della parete nord mostra, al di sopra del supporto lapideo, tre strati di intonaco sovrapposti [118]: uno strato interno di colore nocciola chiaro, uno strato intermedio biancastro ed uno strato bianco di finitura, spesso da 1 a 2 mm circa. L intonaco interno è dato da calce carbonatata e da un aggregato composto da frammenti di tufo calcareo, da un discreto quantitativo di cocciopesto, da poco quarzo e da poca calcite di vena. Il cocciopesto compare sia in frammenti sia come polvere fine; al suo interno si osserva un degrassante a grana minuta (50 µm), prevalentemente silicatico ma contenente anche gusci calcarei di foraminiferi. Le dimensioni dei clasti sono comprese tra 50 e 2000 µm ma ricadono in prevalenza tra 150 e 500 µm. Il rapporto legante/ aggregato è di circa 1:2.5 in volume. L intonaco intermedio è costituito da calce carbonatata e da frammenti di tufo calcareo; si osservano inoltre sporadici cristalli di quarzo e di feldspati. Le dimensioni dei clasti variano da 50 a 800 µm ma sono prevalentemente comprese tra 250 e 500 µm. La matrice legante ha una tessitura microcristallina ed una struttura omogenea; al suo interno non si rinvengono calcinaroli. Il rapporto legante/aggregato è prossimo a 1:2 in volume. Lo strato di finitura è un impasto di calce carbonatata frammista a calcite di vena. I clasti sono rappresentati da singoli cristalli di calcite, talvolta con abito romboedrico e con evidenti tracce di sfaldatura; spesso presentano bordi piani e contorni spigolosi prodotti dalla frantumazione del minerale. I cristalli allungati sono talvolta orientati parallelamente alla superficie, come conseguenza delle pressione esercitata durante l applicazione dello strato di finitura. Le loro dimensioni variano complessivamente da 30 a 400 µm ma ricadono in prevalenza tra 100 e 250 µm. tra i cristalli di calcite si osser- 120

119 118. Microfotografie (sezione sottile, N+): a) intonaco interno, b) intonaco intermedio, c) strato di finitura vano rarissimi frammenti di un calcare micritico che con ogni probabilità rappresenta il litotipo entro cui si sono formate le vene di calcite utilizzate per ottenere la sabbia. La matrice legante dello strato ha una struttura omogenea ed una tessitura microcristallina. Il rapporto legante/aggregato viene stimato intorno a 1:1.5 in volume. Lo stesso tipo di finitura è presente anche nella tomba 20, sulla parete di ingresso, in corrispondenza della greca dipinta, sulla parete nord e sulla kline di entrambi i manufatti. Strati pittorici Lo studio per il riconoscimento dei pigmenti utilizzati per le decorazioni pittoriche delle due tombe è stato effettuato su piccolissimi frammenti delle finiture dipinte, selezionati in base ai diversi colori e tonalità presenti: rosso, giallo, blu, bruno e nero. Gli strati pittorici mostrano un limite netto e regolare, privo di compenetrazioni con l intonaco di supporto; i colori sono stati pertanto applicati con la tecnica della pittura a calce (da alcuni indicata anche come pittura a mezzo fresco), stemperando in genere un singolo pigmento in latte di calce e realizzando un unico strato pittorico; le sole eccezioni sono rappresentate dal fondo giallastro della greca, ottenuto con una miscela di ocra gialla e di nero di carbone [119a], e dal colore blu della greca, ottenuto con uno strato pittorico blu applicato su una sottilissima stesura di nero fumo [119b]. La composizione dei vari colori è descritta di seguito: Giallo. Sono state riconosciute due varietà di ocra gialla: una scura, l altra molto tenue. La prima [119c] è stata utilizzata nella tomba 20, per la colorazione gialla del piede della pedana, e nella tomba 21 per decorare la parte superiore della kline; mescolata a nero di carbone è stata anche impiegata per la cromia di fondo della greca della parete 121

120 a b c d e f g Stesure pittoriche (sezioni lucide trasversali, luce riflessa) h

121 sud. La seconda varietà [119d], verosimilmente costituita da limonite pura, è stata individuata nella greca della tomba 21, nel fondo del motivo a rosetta. Blu. La cromia blu, individuata nelle decorazioni a greca di entrambe le tombe, è resa da uno strato pigmentato con blu egizio (silicato di rame e di calcio). Bruno. è costituito da terra d ombra [119e] ed è stato campionato nella tomba 21, sulla greca della parete est e sulla parete nord. Nero. Il colore nero presente nella greca della tomba 20 è reso nero fumo [119f]. Il nero di carbone è presente invece in miscela con l ocra gialla, come già descritto in precedenza, nel colore di fondo della greca. Rosso. Nella tomba 20 il colore rosso della fascia orizzontale della greca è reso da cinabro (solfuro di mercurio) miscelato a pochissima ocra rossa [119g]. L identificazione dei pigmenti è avvenuta mediante microanalisi chimica ESEM/EDS e mappe di distribuzione dei singoli elementi. Una tonalità rossa, simile a quella sopra descritta ma composta solo da ocra rossa [119h], è stata rinvenuta sul fondo della kline. tabella Campione Colore Localizzazione Sezione lucida Pigmenti ta-23 giallo tomba 21, kline, parte sup., spigolo ta-25 blu tomba 21, parte inferiore della greca stato giallo strato blu su fondo nero ocra gialla blu egizio/ nero fumo ta-52 rosso tomba 20, fascia orizzontale della greca strato rosso ta-53 blu tomba 20, greca strato blu su fondo nero cinabro (ocra rossa) blu egizio/nero fumo ta-54 nero tomba 20, greca strato nero nero fumo ta-55 rosso tomba 20, kline, fondo strato rosso ocra rossa ta-56 giallo tomba 20, strato giallo ocra gialla piede destro della pedana ta-58 giallo tomba 21, greca strato giallo ocra gialla ta-61 giallo/rosso tomba 21, greca, fondo del motivo a rosetta ta-63 giallastro tomba 21, greca, rosetta, fondo ta-64 bruno tomba 21, greca, linea nera del meandro ta-65 bruno tomba 21, parete nord, parte inferiore tracce di colore giallo e rosso strato giallo strato bruno strato bruno ocra gialla pura/cinabro ocra gialla, nero di carbone terra d ombra terra d ombra 123

122 I prodotti del degrado Le decorazioni pittoriche di entrambi i manufatti sono occultate, in varie zone, da depositi superficiali abbastanza coerenti e ben adesi al supporto; si tratta in prevalenza di strati di calcite a tessitura micritica, o talvolta microsparitica, che possono inglobare clasti di varia natura (quarzo, feldspati, frammenti litici) e particelle carboniose e argillose. In alcuni casi prevale la componente argillosa. alcuni di essi contengono anche sali di neoformazione. Il loro spessore è molto irregolare, in genere si aggira intorno a µm ma in alcuni punti può raggiungere i 500 µm. Conclusioni Lo studio archeometrico/diagnostico ha evidenziato la presenza di finiture di pregio sia sulle pareti delle tombe sia sulle klinai. L elevata qualità delle decorazioni è testimoniata dall uso di calcite spatica come aggregato dell intonaco di finitura e dall impiego di pigmenti tradizionali, alcuni dei quali molto ricercati come il cinabro ed il blu egizio. La loro associazione dimostra una selezione accurata ed una notevole conoscenza dei loro effetti coloristici. Per saperne di più Bearat H., Quelle est la gamme exacte des pigments romains? Confrontation des résultats d analyse et des textes de Vitruve et de Pline, in H. Bearat, M. Fuchs, M. Maggetti, D. Paunier (eds.), Proceedings of International Workshop Roman wall painting. Material, techniques, analysis and conservation, Fribourg 1997, Brecoulaki H., L esperienza del colore nella pittura funeraria dell Italia preromana V-III secolo a.c., Napoli Calia a., Giannotta M.t., La tomba dei Festoni di via Crispi a Taranto: individuazione e riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Folk r.l., Practical petrographic classification of limestones, in American Association of Petroleum Geologists Bulletin 43, 1959, Gabellone F., Giannotta M.t., Monte a., Quarta G., La tomba del pilastro di Egnazia. Analisi integrate storico-scientifiche, in Arkos, Scienza e Restauro, 6/1, 2002, Giannotta M.t. Quarta G., L ipogeo Genoviva a Taranto: problemi di conservazione e analisi archeometriche, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Gettens r. J., Stout G.L., Painting materials: a short enciclopedia, New York Matteini M., Moles a., La chimica nel restauro, Firenze

123 archeologia virtuale Francesco Gabellone Il lavoro di virtualizzazione si è indirizzato, nelle prime fasi, sull acquisizione della documentazione fotografica di base e sulla ricerca delle tecniche appropriate per realizzare una restituzione ad alto livello di dettaglio e buona precisione. Considerando le finalità del prodotto di comunicazione ed i problemi specifici di rilievo, tali requisiti di base sono stati facilmente individuati nelle tecniche di restituzione basate sulla fotogrammetria digitale ed in particolare nella fotomodellazione [120]. Le motivazioni alla base di tale scelta vanno sicuramente ricercate nella maggiore flessibilità e facilità d uso rispetto alle normali tecniche fotogrammetriche, ma soprattutto nella possibilità di ottenere, ad un costo estremamente contenuto, modelli tridimensionali di grande precisione. Nel caso specifico, è utile sottolineare che le difficoltà di rilievo dovute ai problemi di accessibilità, avrebbero sicuramente richiesto notevoli sforzi (e costi aggiuntivi) per la predisposizione delle attrezzature necessarie ad un rilievo fotogrammetrico tradizionale. Potremmo inquadrare questo lavoro nell ambito del rilievo architettonico finalizzato, per il quale è fortemente determinate l intervento critico del rilevatore che 120. tomba 21. Kline: restituzione 3D da immagini 125

124 121. ricostruzione 3D da immagini del complesso dovrà individuare, attraverso un attenta analisi degli elementi architettonici, i soli punti notevoli necessari alla restituzione. Questa operazione critica del riconoscimento dei punti corrispondenti su riprese fotografiche diverse è anche l operazione fondamentale di un rilievo in fotomodellazione. Operativamente è sufficiente individuare i vertici di ogni elemento architettonico, oppure inserire sulle superfici alcuni target nelle zone scarsamente caratterizzate, per ottenere modelli tridimensionali completi delle textures mappate in proiezione UVW. La restituzione 3D delle tombe Gemine [121] è stata realizzata all interno di uno stage formativo. Gran parte del lavoro di fotomodellazione è stato eseguito utilizzando Photomodeler della Eos Systems. La tecnica di rilievo si è dimostrata di grande utilità e precisione, in quanto è stato possibile rilevare elementi architettonici difficilmente accessibili, come ad esempio, la camera funeraria della tomba 20 che è stata documentata completamente dall alto a differenza della 21 adiacente, facilmente accessibile. Photomodeler è stato utilizzato anche per l estrazione delle singole ortofoto, immagini nelle quali ogni punto è proiettato ortogonalmente su un piano di proiezione, senza distorsioni ottiche. tali ortofoto sono state utilizzate come texture per la mappatura dei modelli nella fase di ottimizzazione, per la ricostruzione dei motivi decorativi e per la contestualizzazione precisa dei punti di prelievo necessari alle analisi chimico-fisiche. 126

125 La virtualizzazione delle tombe ha consentito uno studio approfondito per la verifica delle ipotesi ricostruttive degli elementi decorativi [122]. Grazie allo studio del modello 3D e la possibilità di esplorare gli spazi in tempo reale, sono state identificate le tracce degli elementi compositivi e decorativi, difficilmente visibili durante il rilievo architettonico in situ a causa della inadeguata illuminazione naturale e artificiale. a partire da questi dati, è stato effettuato successivamente un rilievo mirato, restituito ad una scala di dettaglio nelle zone critiche. In un secondo tempo è stato predisposto un modello poligonale del probabile aspetto originario delle tombe, il quale rappresenta la pura struttura delle tombe, priva cioè delle alterazioni dovute al degrado delle superfici (le irregolarità delle superfici, le superfetazioni, etc.). La porta della tomba 21 è stata rialzata virtualmente e posizionata tra il sesto gradino del dromos ed il pavimento, come testimonia la porta della tomba 20. altre modifiche sono state apportate ai sostegni delle due klinai che presentano spigoli consumati all altezza dei cuscini. La quota del pavimento è stata innalzata al livello della base su cui poggiano i piedi delle klinai tomba 21. ricostruzione delle pitture basata sullo studio interdisciplinare 127

126 al di là delle facilità d uso e dei notevoli risultati che qualsiasi operatore mediamente esperto potrà trovare nel rilievo basato sulla fotomodellazione, tale tecnica consente, com è già stato detto, di ottenere dei modelli tridimensionali a basso numero di poligoni completi di texture. Questa caratteristica è di non poco conto, se si considera l utilizzo di questi modelli come base operativa per lo sviluppo di prodotti di comunicazione basati su metafore 3D. Ogni soluzione desktop, ma ancora di più ogni utilizzo sul web, richiederebbe modelli ottimizzati per una gestione ottimale su macchine con dotazione hardware nella media. Ma l aspetto forse più interessante di questo contributo è dato dal restauro digitale, che supportato dalle tecniche di visualizzazione, rappresentazione ed analisi chimico-fisica, ha consentito di ricostruire filologicamente l apparato decorativo e pittorico delle due tombe, che riemergono nei vivaci cromatismi di un fondo bianco luminoso e brillante. Per saperne di più Dell aglio a., Tombe a camera gemine in a. Dell aglio (a cura di), Tombe nascoste. Monumenti funerari di Taranto da riscoprire, taranto, 1999, Eos System Inc., Photomodeler Pro User s Manual, V 5.0, Vancouver, B.C., Canada Docci M., Maestri D., Manuale di rilevamento architettonico e urbano, Bari 2003, Fisekci K., Labbate a., Gabellone F., Giannotta M.t., Le tombe Gemine di via Umbria a Taranto: un caso di studio finalizzato alla diagnostica e alla restituzione tridimensionale del sito, in M. Lombardo (a cura di), Tecnologia per i Beni Culturali, Galatina 2007, Gabellone F., Giannotta M.t., Marta Racconta : a project for the virtual enjoyment of inaccessible monuments, in CHNT 18, International Conference on Cultural Heritage and New Technologies, Stadt Archäologie, Wien, November 11-13, Wien 2013, c.s. Idem, Monumenti inaccessibili della necropoli greca di Taranto: un modello di fruizione virtuale basato su interfacce naturali, in CIAC 2013, XVIIIth International Congress of Classical Archaeology, Merida, May 2013, c.s. Gabellone F., Ferrari I., Giannotta M.t., Dell aglio a., From museum to original site: A 3d environment for virtual visit to finds re-contextualized in their original settings, in 2013 Digital Heritage International Congress, 28 Oct - 1 Nov 2013, Marseille, France (DigitalHeritage),Vol. 2, Marseille 2013, Idem, Development of realistic Virtual Environment for a project of Museum Communication, in 6 th International Congress Science and Thechnology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin, 22end - 25 th October, Athens, Greece, III, Pappa r.s., Giersch L. r., Quagliaroli J. M., Photogrammetry of a 5m Inflatable Space Antenna Whit Consumer Digital Cameras, accuracy studies

127 129

128 130

129 Documentazione archeologica Maria teresa Giannotta Nel 1919 in via F. Crispi [123], nel corso di lavori per la costruzione di uno stabile in proprietà Cosimo De Vita, furono portate alla luce due tombe a camera ipogeica. Con il passare del tempo si perse memoria della loro precisa ubicazione fino a quando, nel 1990, furono riscoperte grazie ad un intervento di ristrutturazione dell edificio. L accesso avviene da una botola nel pavimento di un vano degli appartamenti del piano terra, e attraverso un sottostante ambiente voltato moderno, che introduce alle due tombe. L archivio della Soprintendenza custodisce una ricca documentazione delle strutture monumentali, comprendente i dati del rinvenimento riportati nel registro degli Scavi di taranto , le planimetrie e gli acquerelli delle pitture delle pareti di una delle due tombe. Nella documentazione di scavo del 1919 [124], con la lettera alfa è indicato 123. Veduta satellitare di taranto con ubicazione della tomba 131

130 124. Planimetria degli ipogei rinvenuti nel

131 l ipogeo con la camera a pareti dipinte, con la lettera beta l altro. Qui interessa il primo denominato anche Ipogeo dei Festoni per le ghirlande a festone dipinte sulle pareti. Una porta litica chiudeva l accesso monumentale alla camera. Quest ultima presenta pianta rettangolare (m 3.45x2.15x1.18 di h), orientamento nord-sud e ingresso sul lato ovest. Essa risulta in parte scavata nel banco roccioso e in parte costruita e ricoperta da lastroni di carparo. Le pareti con cornice di coronamento modanata sono intonacate e ornate da pitture. L accesso monumentale, con porta litica dipinta, riproducente l ingresso di una casa, prospetta su un piccolo vestibolo moderno. all interno, addossati alle pareti est e sud, si trovavano i resti, assai poco conservati, di due letti funebri (klinai), costituiti da terrapieno e blocchi rivestiti da uno strato di intonaco con tracce di decorazioni dipinte. Aspetti del rituale funerario Per quel che concerne uno degli aspetti fondamentali del rituale funerario, il seppellimento, sono risultati importanti i dati di rinvenimento riportati nel giornale di scavo (Scavi Taranto , p. 169), e in particolare le informazioni inerenti le deposizioni con i relativi materiali rinvenuti e la loro ubicazione, quest ultima riportata nella tabella con i dati identificativi degli oggetti di corredo. Sul letto addossato alla parete sud si trovava la deposizione di individuo adulto disposto in posizione supina, con la testa a ovest e le braccia distese lungo i fianchi. Gli oggetti di corredo [125] sono stati rinvenuti in parte verso la testata, altri sul lato destro e altri ancora ai piedi. Intorno alla testa del defunto erano collocati: a sinistra un unguentario, il bicchiere a pareti sottili, il piatto in pasta grigia e una lagynos (nn. 6-9) tutti in ceramica; dietro due unguentari (nn ); a destra una lagynos e un alabastron (nn.12-13). Sul lato destro, accanto alla mano, si trovavano quattro unguentari (nn ) in ceramica e un alabastron in alabastro. Verso i piedi, all altezza di quello sinistro, quattro unguentari (nn ), un frammento di palmetta di terracotta colorata in bleu (pertinente alla lekane), frammenti di bronzo, parti di due specchi, anellini in bronzo, una lucerna (n.23) e altri frammenti in terracotta non meglio specificati. Nel giornale di scavo, inoltre, è riportato che sul letto addossato alla parete est non si sono riscontrate tracce di ossa, ma la presenza di due unguentari (nn ), un orecchino in oro (n. 30) con pietrina granata, sparse alcune pallottoline d oro; 8 tubettini d osso (n. 32), un frammento di pettine in osso (n. 33) e frammenti di osso lavorato, bronzo e ferro. Nello stesso documento è riportato che la tomba conteneva un gruppo di materiali «posti nell angolo nord-owest vestibolo (o pianerottolo) un grande vaso (lepaste) formato da una coppa inferiore e una superiore, il manico è stato rinvenuto rotto per terra e la frattura lasciata da questo nella coppa superiore trovavasi ricoperta da una patera (nn. 1-2); un askos 133

132 125. Materiali di corredo rinvenuti nell Ipogeo dei Festoni e una brocca in ceramica acroma (nn. 2-3) e frammenti di alabastron in alabastro (n. 5)». Dall analisi dei dati di rinvenimento e dall esame degli oggetti rinvenuti, si evince chiaramente la presenza di due deposizioni con i relativi materiali di corredo [126], parte dei quali, però, rinvenuti non in posto. In tale direzione porta il rinvenimento della palmetta in terracotta vicino al piede sinistro dell inumato deposto sul letto addossato alla parete sud, pertinente alla lekane trovata sul pavimento, in quanto rimanda chiaramente ad una collocazione originaria del vaso sul letto funebre. Ciò induce a ritenere probabile una disposizione originaria analoga per gli altri materiali rinvenuti sul pavimento. In questa prospettiva sarebbe di estremo interesse poter stabilire se i materiali furono spostati sul pavimento in antico o nel 1919 al momento della scoperta, prima dell intervento del personale della Soprintendenza. è da ritenere più probabile la seconda ipotesi tenendo conto della deposizione del letto est, e, specificatamente dell assenza di uno degli orecchini in oro e dell anello del castone in pasta vitrea, nonché 126. ricostruzioni 3D delle due deposizioni 134

133 della presenza di alcune cosiddette pallottoline in oro (purtroppo non più reperibili), forse parte di un ornamento più complesso, come un diadema o una collana. tra le due deposizioni, non sembra essere intercorso uno lasso di tempo tale da giustificare una violazione; al contrario la cronologia dei materiali di corredo appare talmente vicina da rendere plausibile l ipotesi di due deposizioni coeve o, tutt al più, a breve distanza di tempo, da collocare verso la metà del II secolo. a sostegno dell ipotesi di una manomissione nel 1919, parrebbe deporre anche la mancata realizzazione del rilievo grafico delle deposizioni di questa tomba, a differenza di quanto avvenne per la seconda tomba, scoperta nelle stesse circostanze. Corredi funerari I corredi sono riferibili alla fase E ( a.c.) della necropoli ellenistica tarantina. Gli oggetti di corredo delle due deposizioni e la relativa ubicazione sono riportati nella tabella. Essi rispecchiano le trasformazioni registrate nel costume funerario tarantino a partire dagli inizi del II secolo, a seguito degli sconvolgimenti politici e sociali determinati dalla guerra annibalica, che videro la scomparsa del servizio base, oinochoe/tazzetta, tipico della fase greca. Non è possibile distinguere con certezza la composizione del singolo corredo. Si può tuttavia rilevare la presenza di oggetti riferibili a precisi ambiti funzionali, come il banchetto o la mensa, documentati da vasi come le lagynoi, i piatti, il bicchiere, e la toiletta testimoniata dagli alabastra e dagli unguentari entrambi contenitori di profumi e unguenti di uso personale in vita, ma anche contenitori delle sostanze utilizzate per il trattamento del corpo del defunto. L appartenenza al genere femminile delle due deposizioni, un adulta e una bambina, 135

134 127. Lekane policroma (inizi II sec. a.c.) 128. Alabastra in alabastro (II sec. a.c.) emerge chiaramente dai numerosi oggetti tipici della sfera muliebre, come le oreficerie, il pettine, lo specchio e le cassette che dovevano contenere gli oggetti da toiletta, nonché la lekane in ceramica a decorazione policroma e plastica [127]. Quest ultima, considerata un vaso tipico della sfera nuziale, rimanda peraltro ad uno statuto particolare della defunta, morta probabilmente prima di giungere alle nozze. ai chiodi posti sulla parete erano appesi gli alabastra in alabastro [128]. Il bicchiere [129] in ceramica a pareti sottili testimonia chiaramente il diffondersi nei corredi di II secolo delle produzioni di tradizione italica. Da segnalare che la lekane è composta da tre elementi separati, piede, vasca e coperchio. Il piede era decorato alla base da una corona di dieci foglie di palma applicate, delle quali se ne è conservata solo una. La vasca, decorata a rilevo presenta baccellature sulla parete esterna e un motivo a ovuli sull orlo. Il coperchio è ornato da una teoria di dieci figurine a rilievo tratte da matrici stanche e applicate a distanza regolare, che rappresentano personaggi di incerta identificazione: si riconoscono un giovane suonatore di flauto, una danzatrice, un erote, una figura femminile velata e due figure femminili appoggiate ad un pilastro. La morfologia del vaso e il tipo di decorazione richiamano vasi in metalli preziosi come quelli in bronzo dorato e argentato Bicchiere (metà II sec. a.c.) 136

135 Pittura parietale 130. Parete est, ghirlande a festoni, particolare La tomba era nota agli studiosi per le pitture che avevano portato i primi editori, Fernanda tiné Bertocchi e Stefan Steingräber, a datare il monumento nell ambito del III secolo a.c., mentre studi più recenti, di Enzo Lippolis e antonietta Dell aglio, che tengono conto dei materiali di contesto, riportano la cronologia dell ipogeo nell ambito del II secolo a.c. Le pareti a fondo chiaro, originariamente bianche, sono ornate da ghirlande a festone [130], motivo decorativo molto diffuso e documentato nella pittura funeraria tarantina tra la metà del III e il I secolo a.c. Il festone, ad arco poco accentuato, è suddiviso in settori di diverso colore giallo, verde e rosa. Le ghirlande, per quanto rese in forma schematica, manifestano un certo naturalismo, ottenuto stendendo ai margini della fascia del colore base una larga pennellata ad onde serrate, di tonalità media in alto e scura in basso [131]. In tal modo si rende l effetto del volume, con la sottolineatura delle zone d ombra. I fiori del festone sono evidenziati da 131. Parete sud, ghirlanda, particolare 137

136 132. Parete nord: ricostruzione delle pitture 133. Parete nord: fiaccola 134. Parete nord: cratere e ramo di palma, part. 138

137 135. Parete nord: cista 136. Fiocco del ramo di palma: particolare brevi tratti uncinati per rendere lo spazio con l ombra portata tra i fiori. Dietro il festone, foglie lunghe e stilizzate color verde chiaro convergono verso il centro, contribuendo alla percezione prospettica dell intero motivo decorativo. I grandi fiocchi rossi sono di forma rotondeggiante allungata e senza nodo centrale. Le bende, disposte a quinta, avvolgono il festone e ricadono al centro della parete con l estremità del sottile nastro svolazzante, facendone in tal modo percepire la leggerezza e il lieve moto. La parete nord [132] mostra nel campo centrale raffigurazioni riferibili alla sfera cultuale e misterica, quali la fiaccola, il cratere, il ramo di palma e la cista decorata da piccole figure femminili e cinta da un ramo d edera. La fiaccola [133] a quattro bracci è resa con pennellate larghe ocra, lumeggiate al centro, e con linee brune che ne evidenziano il rilievo. Il cratere [134] riproduce un esemplare metallico, affidandosi a tre soli elementi cromatici: il bianco per le lumeggiature, l ocra per disegnare la forma e il bruno per le parti in ombra. al cratere si appoggia un ramo di palma, ottenuto con una serie di pennellate a tre differenti gradazioni di verde: le foglie della parte alta in verde medio, quelle centrali in una tonalità più chiara e quelle del margine inferiore in verde-bruno, che dà l effetto ombra. Nella parte alta del ramo è legato un fiocco rosa con lunghi nastri pendenti. Con gli stessi termini pittorici è reso il motivo decorativo della cista [135], in questo caso arricchito da un profilo arancione: si tratta di un manufatto cilindrico con base e coperchio modanati e fascia centrale animata da una scena ritenuta di danza, più verosimilmente rituale (abluzione?), la cui lettura appare condizionata dalla resa bozzettistica delle figure che riproducono il rilievo del modello metallico. La corona d edera è resa in maniera naturalistica: dallo stelo si dipartono una serie di foglie alternate nei colori verde intenso e verde chiaro. 139

138 137. Festone: colore rosso su rosa, particolare 138. Cratere e fiaccola: nero su arancio e giallo, part. La tecnica esecutiva è caratterizzata da una composizione lineare e proporzionata secondo una visione scenografica dell intero partito decorativo. La stesura del colore, seguendo una linea guida rossa, appare molto sicura nel ductus pittorico e mostra la perizia dell artista nell accostare i diversi colori, nella compattezza della linea, nella realizzazione delle trasparenze [136] e delle zone a colore pieno, specie nei bruni. La scelta della tecnica del mezzo fresco, verosimilmente dettata dai ristretti tempi a disposizione, evidenzia un pittore esperto e il buon livello del dipinto, testimoniato anche dallo stato di conservazione degli intonaci e della pellicola pittorica. L elemento tecnico che più degli altri fa risaltare le buone capacità esecutive dell artigiano è costituito dall uso colore attraverso la scelta una tavolozza limitata, che però riesce ad esprimere, attraverso il sapiente uso delle tonalità e delle trasparenze, l intento naturalistico e figurativo delle immagini rappresentate. La differenziazione delle qualità cromatiche dell insieme e delle singole figure viene esaltata nei monocromi, le cui differenti tonalità sono ottenute sia mediante la sovrapposizione di colori diversi [ ] sia diluendo la stessa cromia, come nell uso del verde [ ], riuscendo così ad esprimere il valore prospettico dei volumi Cista: ramo d edera, particolare 140. Ghirlanda: foglie, particolare 140

139 Le immagini rappresentate hanno una forte valenza simbolica, e richiamano in particolare due divinità, Demetra e Dioniso. L insieme del programma figurativo rimanda ad una connotazione della committenza, la famiglia proprietaria dell ipogeo, come legata alla pratica di culti iniziatici-misterici dionisiaci e/o demetriaci. D altra parte, è ben nota la rilevanza che avevano a taranto, sia dalle fonti letterarie che dai rinvenimenti archeologici (si pensi ad esempio ai rilievi in terracotta con i tipi di Dioniso/Hades e di Persefone), i culti, e le feste, in onore di Dioniso e di Demetra/Persefone. Un elemento strutturale di particolare rilievo costituisce anche la porta litica, del tipo a saracinesca, finemente intonacata a marmorino come l Ipogeo Genoviva e, verosimilmente, proveniente da un monumento funerario più antico, secondo una consuetudine ben documentata nelle tombe a camera di questa fase. La faccia esterna conserva tracce, dipinte, di una figura umana [141] nella quale si potrebbe riconoscere Hermes Psicopompo [142], divinità presente nelle rare scene della pittura funeraria tarantina, in particolare sulle porte d accesso alla camera, talvolta accanto al defunto. In ultima analisi, in ogni elemento del contesto monumentale qui presentato ci sembra di poter cogliere la volontà di celebrare, attraverso i vari aspetti del costume funerario, il chiaro e forte legame con la tradizione greca della famiglia proprietaria della tomba, appartenente all aristocrazia tarantina. In particolare, è evidenziato il rilievo di cui dovevano godere, all interno di famiglie di questo genere, determinate figure femminili come le inumate deposte nell Ipogeo dei Festoni Porta: decorazione dipinta, particolare 142. Porta: proposta ricostruttiva in 3D 141

140 tabella Corredo Oggetto Materiale Classe Tipo Dimensioni in cm H, largh e/o diam Inventario Ambito Funzionale Localizzazione Datazione 1. Lekane argilla Ceramica policroma e plastica 2. Piatto argilla Ceramica a pasta grigia Forma 2 Hempel 40.5, Sfera femminile «angolo nord-ovest, tranne II sec. a.c. la palmetta, rinvenuta sulla kline in carparo del lato sud all altezza del piede sn della deposizione» 4, Mensa «angolo nord-ovest» Metà II a.c. 3. Askos argilla Ceramica acroma 10.5, Mensa «angolo nord-ovest» II sec. a.c. 4. Brocca Ceramica acroma 12.4, Mensa «angolo nord-ovest» II sec. a.c. 5. Alabastron 4 Frr: 3 beccucci e un fondo alabastro Alabastra Classe II Forma 1 Colivicchi 7851 Cosmesi «angolo nord-ovest» II sec. a.c. 6. Unguentario argilla tipo IV Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a sn del cranio» II sec.a.c. 7. Bicchiere argilla Ceramica a pareti sottili 8. Piatto argilla Ceramica a pasta grigia tipo I/I ricci, Decorazione tipo I Forma 1 Hempel 11, Mensa «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a sn del cranio» 4, Mensa «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a sn del cranio» Metà II sec. a.c. Metà II sec. a.c. 9. Lagynos argilla Ceramica acroma 11.5, Mensa «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a sn del cranio» II sec. a.c. 10. Unguentario argilla Ceramica a vernice bruna tipo IV Forti 15.3, Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, dietro il cranio» II sec. a.c. 11. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso- bruna 12. Lagynos argilla Ceramica a decorazione lineare tipo V Forti 13. Alabastron alabastro Alabastra Classe II Forma 1 Colivicchi 14. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo IV Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, dietro il cranio» 9.5, Mensa «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a ds del cranio» 12.2, Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, a ds del cranio» Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, accanto alla mano ds» II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. 15. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo IV Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, accanto mano ds» II sec. a.c. 16. Unguentario argilla Ceramica acroma tipo III Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, accanto alla mano ds» II sec. a.c. 17. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo IV Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, accanto alla mano ds» II sec. a.c. 142

141 18. Alabastron alabastro Alabastra Classe II Forma 1 Colivicchi 12.5, Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, all altezza della mano ds» II sec. a.c. 19. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» II sec. a.c. 20. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» II sec. a.c. 21. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» II sec. a.c. 22. Unguentario Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» II sec. a.c. 23. Lucerna argilla Lucerne a pasta grigia 5, Illuminazione «Sulla kline in carparo posta II sec. a.c. sul lato sud, altezza piede sn» 24. Frr. Vari * terracotta * «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» 25. Specchio Bronzo toilette «Sulla kline in carparo posta II sec. a.c. sul lato sud, altezza piede sn» 26. Due anelli, Elementi di cassetta Bronzo 2 e toilette «Sulla kline in carparo posta II sec. a.c. sul lato sud, altezza piede sn» 27. Fr Fibula Bronzo bis abbigliamento «Sulla kline in carparo posta sul lato sud, altezza piede sn» 28. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 29. Unguentario argilla Ceramica a vernice rosso-bruna tipo V Forti Cosmesi «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 30. Orecchino Oro Oreficerie tipo II Schojer, V E Guzzo Ornamentale «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 31. Piccole sfere Oro Ornamentale «Sulla kline posta sul lato est Pallottoline (alcune)» II sec. a.c. 32. Cerniere, elementi di Cassetta Osso Cassetta «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 33. Pettine Osso 3.5, toilette «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 34. Borchia Osso bis Cassetta «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 35. Chiodi Ferro Lungh «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 36. Chiodi Ferro Lungh «Sulla kline posta sul lato est» II sec. a.c. 37. Castone Pasta vitrea Ornamentale II sec. a.c. 143

142 Per saperne di più Calia a., Giannotta M.t., La tomba dei Festoni di via Crispi a Taranto: individuazione e riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone11-12 febbraio 2004, Bologna 2005, Dell aglio a., Vinci G., Taranto, via F. Crispi. Intervento di valorizzazione e restauro degli ipogei funerari, in Soprintendenza Archeologica della Puglia. Notiziario delle attività di tutela. Luglio Maggio 1990, Taras 10, 1990, , tav. CCXXXV. De Jiulis E.M. (a cura di), Gli ori di Taranto in età ellenistica, Milano 1984, 164, Forti L., Gli unguentari del primo periodo ellenistico, in RendAccNapoli, 37, 1962, Gabellone F., Giannotta M.t., Progetto di fruizione a distanza delle tombe a camera di via Crispi a Taranto, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Idem, Realtime 3D multimedia system for the distance visiting of cultural heritage. A case study on the chamber tombs in via Crispi, Taranto, in S. Dequal (ed.), XX International Symposium CIPA 2005, International Cooperation to Save the World s Heritage, Turin (Italy) 26, vol. 2, Gabellone F., Ferrari I., Giannotta M.t., Dell aglio a., From museum to original site: A 3d environment for virtual visits to finds recontextualized in their original setting, in 2013 Digital Heritage International Congress (Digital Heritage), 28 Oct - 1 Nov 2013 Marseille, France, IEEE 2013, vol. 2, Giannotta M.t., Melica D., Quarta G., Analisi archeometriche su un vaso in ceramica policroma e plastica tarantina: primi dati, in Innovazioni Tecnologiche per i Beni Culturali, Atti del Convegno Reggia di Caserta, febbraio 2005, Bologna 2006, Guzzo P.G., Oreficerie della Magna Grecia, taranto 1993, 332. Lippolis E., La ceramica policroma e plastica tarantina, in E. Lippolis (a cura di), I Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia, Napoli 1996, Lippolis E., Dell aglio a., La pittura funeraria a Taranto, in Archeologia Classica 54, 2003, Maruggi G.a., La tipologia delle tombe in E. Lippolis (a cura di), Taranto, la necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto, III, 1, taranto 1994, in part. 88. ricci a., Ceramica a pareti sottili, in EAA Atlante delle forme ceramiche II, roma 1985, Steingräber S., Caratteristiche del repertorio figurato della pittura funeraria in Italia meridionale dal IV al II secolo a.c., in D. Scagliarini Corlàita (a cura di), I Temi figurativi nella pittura parietale antica (IV sec. a.c. - IV sec. d.c.), Atti del VI convegno internazionale sulla Pittura Parietale Antica, Bologna, settembre 1995, Bologna 1997, tinè Bertocchi F., La pittura funeraria apula, Napoli 1964,

143 acquerelli e disegni d archivio armanda Zingariello Nell affrontare lo studio della documentazione grafica conservata presso la Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia, non si possono non ricordare i meriti di Quintino Quagliati nel raccogliere intorno a sé, sin dal primo momento del suo arrivo a taranto, professionalità varie capaci di registrare le scoperte archeologiche che in quegli anni si succedevano in maniera frenetica nella città. I decenni a cavallo del Novecento furono caratterizzati infatti dall espansione urbanistica di taranto verso il Borgo orientale dovuta alla costruzione del regio arsenale, che determinò in pochissimo tempo l aumento demografico della città. attraverso gli scavi per le costruzioni dei palazzi del Borgo, si registrò un numero considerevole di nuove scoperte, che ebbero in Quagliati un fedele difensore. Si tratta di documenti importantissimi per lo studio e la ricostruzione storico-topografica della città di taranto. Spesso artefici di questi importantissimi documenti sono stati tecnici sconosciuti, in quanto i lavori non sono sempre firmati ed è solo attraverso i registri contabili che si può risalire agli autori dei disegni originali conservati nell archivio grafico: uomini e donne che hanno contribuito a consegnare ai posteri documenti che a volte sono le uniche testimonianze di resti e monumenti che purtroppo il tempo ma soprattutto gli uomini hanno distrutto. tra i rinvenimenti più rilevanti degli inizi del Novecento, va ricordato quello di piazza d armi (settore orientale di via F. Di Palma, in prossimità di via F. Crispi), in proprietà augenti, di un complesso monumentale di diverse tombe a camera di cui l archivio conserva la documentazione grafica, costituita da rilievi a matita e numerosi pannelli ad acquerello, oltre a poche immagini fotografiche. Sempre nella stessa area tra la fine di maggio e giugno del 1919 vennero scoperte due tombe a camera, nella proprietà di Cosimo De Vita in via F. Crispi, di cui si conservano matite, penne e acquerelli. a Lucia Cisco si devono i primi rilievi eseguiti all interno della tomba alfa, come risulta dal documento contabile per il suo pagamento su cui si legge «per aver riprodotto in acquerello a grandezza naturale la pittura parietale di una tomba monumentale Alessandrina scoperta a Taranto nella via Crispi in proprietà Cosimo De Vita e per avere altresì eseguito in acquerello due schizzi d insieme della tomba stessa e delle relative decorazioni 22 giugno 1919» (arch. SBaP, Contabilità , Fasc. XXI, doc. 12, cap. 209). La riproduzione pittorica della parete nord [143a] (acquerello su bristol liscio 213,5 x 118 cm inv. aap.) è stata recentemente sottoposta a restauro [143b]; i danni imputa- 145

144 c d a e b 143. acquerello della parete nord prima e dopo il restauro (a-b); firma, data e ubicazione (c-e) 146

145 bili al tempo, a inidonee collocazioni e a diverse manipolazioni avevano causato gravi danni al documento, soprattutto visibili nelle tracce di muffe e nelle consistenti lacune nell angolo in alto a destra. L acquerello presenta in basso la firma autografa a matita dell autrice [143e], mentre posteriormente si conservano data, firma e l indicazione dell area su cui ricadeva lo scavo Piazza d armi [143c-d]. Osservando la tavola pittorica non si può non riflettere sulle difficoltà operative che la Cisco ha potuto incontrare nella realizzazione dell acquerello. Oggi è facile conservare un momento o un particolare pittorico o architettonico: basta avere anche un semplice cellulare per registrare un documento con la possibilità di duplicazioni, modifiche etc., mentre agli inizi del Novecento per restituire soggetti ricchi di cromatismi come gli affreschi presenti nell Ipogeo dei Festoni bisognava essere oltre che bravi rilevatori per rispettare le proporzioni, anche dei validi artisti. La tecnica dell acquerello risulta essere quella più idonea alla realizzazione e alla resa del soggetto, sebbene ci siano tratti impercettibili di matita al di sotto dei colori, necessari per l impostazione generale dello schema iconografico, e poi rapide pennellate, sempre dal colore pulito in modo da lasciare libere le zone bianche per non dover intervenire anche con tale colore, trasformando l acquerello in guazzo Ortofoto della parete nord 147

146 145. acquerello con la visione prospettica delle pareti ovest e nord Confrontando l immagine della parete affrescata nord [144] con il relativo disegno eseguito da Lucia Cisco [143a-b] è possibile verificare che l acquerello è fedele all originale per circa l 80%. tenendo sempre presente le difficoltà nelle quali si è ritrovata la pittrice, si può osservare come sull affresco siano registrati anche particolari come la lacuna presente al di sopra del cratere che purtroppo, col tempo e a causa d infiltrazioni, si è allargata cancellando parte del cratere, della pallida benda, della parte finale del fiocco rosso e del ramo di palma. La tavola grafica [145] (acquerello su bristol liscio 65 x 48 cm inv. aap) offre la visione prospettica della parete occidentale e settentrionale della tomba. La Cisco permette all osservatore di avere una più vasta veduta, sia della decorazione che di particolari costruttivi del monumento, come la presenza di piccole nicchie ai lati dell accesso, la leggera modanatura nella parte superiore delle pareti e parte dei lastroni di copertura. Il confronto con lo stato attuale delle pitture parietali [146] mette in evidenza la fedeltà pittorica che restituisce quasi come un istantanea la visione dell interno della tomba. In basso a destra [145] si conserva la firma autografa dell artista. Nell immagine successiva [147] (acquerello su bristol liscio 65 x 48 cm inv. 33 p) è riprodotta la parete orientale della tomba. In questa tavola l autrice ha fuso la parte 148

147 146. Pareti ovest e nord tecnica con quella artistica inserendo la decorazione pittorica all interno del disegno geometrico a matita. Dal confronto con l immagine reale [148], si evidenzia come la Cisco abbia riprodotto anche le parti pittoriche con notevoli sbavature nel settore centrale dell affresco. L ubicazione del rinvenimento, piante e prospetti delle due tombe [149] (china su cartoncino bristol liscio inv. 42 p) sono realizzate in maniera strettamente tecnica invece da Luigi Giarratano, assunto presso il regio Museo di taranto il 1 maggio 1919 con la qualifica di primo custode. Proveniente dalla Soprintendenza ai Monumenti di Siracusa può considerarsi sicuramente una figura eclettica, capace di impegnarsi in diverse attività tecniche (inventariazione di materiale archeologico, rilievi, etc.). Oltre alla pianta generale della costruzione in proprietà Cosimo De Vita, in cui l area interessata dalle due tombe alfa e beta è evidenziata in rosso, la tavola comprende due sezioni restituite in scala 1/50 come la planimetria. Il disegno relativo alla tomba beta [150] (china su cartoncino bristol inv. 36 p) è datato 21 luglio La tavola è divisa idealmente in due parti con rilievi in differenti scale: sulla sinistra è riportata la pianta con deposizione e corredo, mentre sulla destra sono sviluppati i quattro prospetti delle pareti. Sono riprodotte piccole nicchie al di sot- 149

148 147. acquerello della parete est 148. Ortofoto della parete est 150

149 149. Ubicazione, piante e sezioni degli ipogei rinvenuti in proprietà C. De Vita 150. Pianta e prospetti delle pareti della tomba beta 151

150 to della risega che si snoda per tutto il perimetro, mentre la linea superiore termina con una semplice ma evidente modanatura. L analisi delle tavole grafiche di Luigi Giarratano e Lucia Cisco, relative al complesso monumentale funerario di cui fa parte l Ipogeo dei Festoni, mostra come esse si inseriscano in due diversi filoni della documentazione archeologica tra la fine dell Ottocento e gli inizi del Novecento: uno prettamente tecnico che si avvaleva di geometri, tecnici, architetti e ingegneri, l altro più accademico e artistico, caratterizzato dall attività di disegnatori, pittori e acquerellisti. Per saperne di più Per una prima analisi sulla documentazione archeologica degli inizi del Novecento conservata negli archivi della Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia, cfr. a. Zingariello, Vincenzo Perazzo, la matita a servizio dell archeologia ai tempi di Quintino Quagliati, in G. andreassi, a. Cocchiaro, a. Dell aglio (a cura di), Vetustis novitatem dare. Temi di antichità e archeologia in ricordo di Grazia Angela Maruggi, taranto 2013, Negli stessi anni operarono presso la Soprintendenza, solo per ricordarne alcuni, Giulio Matteucci, Iacopo Piazzesi, armando Nobili, Nunzio Millo, autore dei rilievi nell area del II bacino di carenaggio del regio arsenale, antonio Cirilli, cui si devono i rilievi dello Scoglio del tonno. 152

151 Gli intonaci dipinti: i pigmenti e le tecniche esecutive angela Calia Lo studio per il riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture delle pareti della camera [151] e della porta dell Ipogeo dei Festoni è stato effettuato su piccolissimi frammenti delle finiture dipinte, selezionati in base ai diversi colori e tonalità presenti: bruno, giallo, rosa, rosso e verde. Il colore bianco costituisce il colore di fondo delle pareti. Solo in alcuni casi sono stati prelevati anche campioni di intonaco, allo scopo di verificarne la composizione e la stratigrafia, nonché campioni della pietra sottostante. Per il riconoscimento dei pigmenti sono state effettuate principalmente osservazioni 151. Ipogeo dei Festoni: parete nord 153

152 PG PGLI PLI PINTON INTONACI DIPINTI: I PIGMENTI E LE TECNICHE 152. Spettro della microanalisi EDS su sezioni lucide attraverso microscopio in luce riflessa e microanalisi EDS con microscopio elettronico ESEM; in alcuni casi osservazioni su sezione sottile attraverso microscopio a luce polarizzata e analisi DrX. Lo studio dei supporti è stato effettuato con osservazioni mineralogico-petrografiche in luce trasmessa su sezioni sottili. In tabella sono riportati i campioni analizzati, il colore, la localizzazione, le osservazioni su sezione lucida, la composizione degli strati pittorici derivante dalla microanalisi EDS e i pigmenti in essi identificati. Da sottolineare che il manganese è quasi sempre presente nelle tonalità più scure di alcuni colori, quali il giallo [152] e il verde, nonché nei bruni. Dalle osservazioni su sezioni lucide e sottili dei campioni comprendenti sia la finitura dipinta che i supporti, risulta la seguente stratigrafia: la roccia costituente le pareti 153. Microfotografia: sezione sottile (Nx, 10x) 154. Microfotografia: sezione sottile (Nx, 30x) 154

153 della camera è una calcarenite (biosparite); al di sopra di essa è presente uno strato di intonaco, costituito da legante carbonatico e inerti bioclastici, frammenti di roccia calcarea e granuli di quarzo, con la evidente funzione di regolarizzare la superficie lapidea [153]. Il suo spessore varia da circa 2 cm a pochi millimetri e in alcuni punti è addirittura assente. al di sopra di questo intonaco è osservabile uno strato bianco, di spessore variabile da 50 a 150 microns, 155. Microfotografia: sezione sottile (Nx, 15x) che dà il colore di fondo delle pareti della tomba. Esso è costituito da sola calce (bianco di S. Giovanni). L osservazione su sezione sottile del campione tc1, bianco, mostra che esso è dato da fine calcite microcristallina e le analisi diffrattometriche danno una composizione a base di solo carbonato di calcio. Dove presente, il colore è applicato a fresco sullo strato bianco, come è dimostrato dalla penetrazione all interno di questo [154]. Sulla porta, costituita anch essa da calcarenite biosparitica, a contatto con la pietra è invece osservabile uno strato di intonaco con legante carbonatico e aggregato costituito da calcite spatica [155]; l applicazione dei colori appare realizzata direttamente sull intonaco. Le diverse tonalità di colore sono ottenute utilizzando un solo pigmento, associazioni di pigmenti diversi o stesure distinte di ciascuno di essi, come di seguito illustrato. Bruno. è ottenuto utilizzando ocra gialla mescolata a ocra rossa, terra di Siena e nerofumo. La tonalità tendente al nero contiene anche ematite. a 156. Microfotografia: sezioni lucide (a: 20x; b: 25x) b 155

154 PG PGLI PLI PINTON INTONACI DIPINTI: I PIGMENTI E LE TECNICHE a b c 157. Mappe di distribuzione di alcuni elementi: a) rame, b) silicio, c) ferro, d) potassio d Giallo. risulta dall utilizzo di ocra gialla più o meno pura (quello sulla porta contiene consistenti quantità di ocra rossa). Il giallo-bruno risulta dall aggiunta di terra di Siena. Il giallo della ghirlanda (tc8) è costituito da ocra gialla pura e la presenza di bruno al suo interno, concentrata solo in alcuni punti, fa pensare all uso di due pigmenti separati, applicati con un unica pennellata. Rosso. è costituito solo da ocra rossa, abbastanza pura e raffinata, con aggiunta di ematite in quello più scuro [156]. Il rosso sulla porta presenta consistenti quantità di ocra gialla. Rosa. è dovuto alla presenza di minutissime e sporadiche particelle di ocra rossa. Verde. risulta costituito da terra verde, glauconite e blu egiziano. allo scopo di valutare l entità della presenza di blu egiziano rispetto alla terra verde, sul campione tc 5 sono state realizzate mappe della distribuzione di silicio, alluminio, magnesio, potassio e ferro, correlabili con la presenza di terra verde e quella del rame che, insieme al silicio, è invece correlabile con il blu egiziano [157]. Esse hanno mostrato la presenza di sporadici e isolati cristalli di blu egiziano, mentre la terra verde è presente sia sotto forma di granuli (riconosciuti in sezione sottile come glauconite), sia finemente dispersa. 156

155 tabella 157

156 PG PGLI PLI PINTON INTONACI DIPINTI: I PIGMENTI E LE TECNICHE Il colore verde scuro è ottenuto aggiungendo ai precedenti un pigmento nero, in cui la presenza di ferro e manganese indica terra di Siena. In un altro caso il verde scuro è ottenuto con una procedura del tutto diversa: le analisi hanno rivelato infatti la presenza di uno strato di ocra rossa sottostante o mescolato a uno strato di nerofumo. Note conclusive Lo studio effettuato ha evidenziato la presenza di strati di supporto delle finiture dipinte sulle pareti differenti rispetto a quelli osservati sulla porta. La migliore ricercatezza e qualità dell intonaco sulla porta, realizzato con l impiego di calcite spatica come aggregato si presta a due ipotesi: realizzazione da parte di maestranze diverse e/o di epoca diversa, oppure risultato di una maggiore attenzione verso questo elemento della tomba. L impiego dei pigmenti, per la maggior parte naturali, ad esclusione del blu egiziano, e la loro associazione, mostra un accurata selezione nella scelta e una notevole conoscenza dei loro effetti coloristici. Va sottolineata, infine, la presenza di terra di Siena quale pigmento usato diffusamente per la realizzazione dei colori più scuri. Per saperne di più Bearat H., Quelle est la gamme exacte des pigments romains? Confrontation des résultats d analyse et des textes de Vitruve et de Pline, in H. Bearat, M. Fuchs, M. Maggetti, D. Paunier (eds.), Proceedings of International Workshop Roman wall painting. Material, techniques, analysis and conservation, Fribourg 1997, Idem, Les pigments verts en peinture murale romaine: bilan analytique, in H. Bearat, M. Fuchs, M. Maggetti, D. Paunier (eds.), Proceedings of International Workshop Roman wall painting. Material, techniques, analysis and conservation, Fribourg 1997, Brecoulaki H., L esperienza del colore nella pittura funeraria dell Italia preromana V-III secolo a.c., Napoli Calia a., Giannotta M.t., La tomba dei Festoni di via Crispi a Taranto: individuazione e riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone11-12 febbraio 2004, Bologna 2005, Gabellone F., Giannotta M.t., Monte a., Quarta G., La tomba del pilastro di Egnazia. Analisi integrate storico-scientifiche, in Arkos Scienza e Restauro, 6/1, 2002, Gettens r. J., Stout G.L., Painting materials: a short enciclopedia, New York Mattini M., Moles a., La chimica nel restauro, Firenze

157 Policromia e analisi archeometriche: la lekane Giovanni Quarta - Davide Melica La lekane [158] appartiene alla classe della ceramica policroma e plastica. I vasi di questa classe sono caratterizzati da fondi e campiture nei colori pastello su uno strato di fondo biancastro e da figure plastiche applicate a tutto tondo o a rilievo. Queste appaiono colorate con la stessa tecnica utilizzata per le coeve statuine in terracotta, con colori rosa e giallo per i corpi, ocra e rosso per i dettagli, azzurro e viola per le vesti. alcuni esemplari, di maggior pregio, mostrano listature e campiture in lamina aurea applicate a colla. La decorazione policroma e la stratigrafia dei colori sono di difficile lettura a causa dello stato di conservazione del vaso. all osservazione visiva sulla maggior parte della superficie, la decorazione 158. Lekane policroma appare talmente evanida da mettere a nudo il corpo ceramico; sul piede, sul fusto e sulla parete esterna della vasca predomina il bianco con vaste zone di giallo e rare chiazze di rosa, mentre sul coperchio, il fondo appare campito di bianco e rosa. Sul bianco delle figure si vedono i colori giallo, rosa e azzurro; inoltre in alcune zone si nota una sottile lamina dorata. Due elementi plastici staccatesi dal vaso, la palmetta [159] e una placchetta (h cm 7,4, larg. cm 3) [160], dal rilievo molto appiattito, rappresentante una divinità femminile stante, sono stati sottoposti ad analisi archeometriche non distruttive volte alla definizione della tecnica esecutiva della decorazione e alla caratterizzazione dei materiali costitutivi utilizzati per le finiture dipinte. Le analisi sono state eseguite nei laboratori dell IBaM di Lecce. analisi direttamente sulla placchetta e sulla palmetta, sono state effettuate mediante microscopia elettronica ambientale (ESEM) e microscopia Ft-raman. Esse sono state finalizzate allo studio della composizione chimica dei materiali costituenti gli strati di 159

158 159. Palmetta policroma 160. Placchetta: figura muliebre preparazione, i pigmenti delle pitture e le dorature. Su due microcampioni, prelevati da ciascuno degli elementi analizzati, sono state invece eseguite delle analisi con le metodologie analitiche classiche quali la microscopia ottica in luce bianca polarizzata e in luce ultravioletta, la micro spettroscopia infrarossa (mft-ir) e la cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC). Lo studio dei due elementi del vaso è stato effettuato preliminarmente allo stereomicroscopio [ ] al fine di individuare le successioni stratigrafiche ed i particolari della policromia da osservare successivamente all ESEM. Le osservazioni condotte sulla statuetta hanno evidenziato che sul corpo ceramico insiste uno strato di colore bianco sul quale si ritrova una dipintura rosa ricoperta a sua volta, in modo abbastanza discontinuo, da uno strato biancastro superficiale [163]. In corrispondenza delle zone dorate, sullo strato bianco più interno, è presente una stesura gialla che costituisce la preparazione di supporto alla sovrastante lamina d oro. Lo studio microscopico condotto sulle sezioni lucide trasversali ha confermato le stratigrafie sopra descritte. Inoltre, l osservazione in luce UV riflessa ha evidenziato per lo strato rosa di entrambi i campioni, una notevole fluorescenza rosata, caratteristica delle pitture a base di lacca rossa [ ]. Sono stati evidenziati i dati analitici relativi alle mappe della distribuzione degli elementi, ottenute mediante microanalisi EDS [ ]. 160

159 Le osservazioni eseguite sulla palmetta hanno rivelato una stratigrafia diversa: sul corpo ceramico è presente uno strato bianco di preparazione, al di sopra del quale si osserva uno strato pittorico di colore rosa seguito da uno superficiale di colore azzurro. In particolare le indagini effettuate sulla statuetta, hanno permesso di stabilire che lo strato bianco presente direttamente sul corpo ceramico è composto prevalentemente da silicio, alluminio e piombo ed in subordine da fosforo, calcio, cloro e da tracce di ferro. Lo strato giallo, di preparazione alla doratura, è composto da silicio, allumino e da modeste quantità di ferro. La lamina dorata risulta composta da oro e tracce di argento. Lo strato di colore rosa ha restituito una composizione data da abbondante alluminio e silicio, da poco potassio e calcio, e da piccole quantità di fosforo, cloro, magnesio e ferro. Lo strato biancastro superficiale è risultato essere composto da abbondante calcio, sili Palmetta, particolare 162. Statuetta, particolare 163. Finiture, particolare 164. Statuetta, microprelievo, doratura 165. Statuetta: sezione lucida stratigrafica 166. Statuetta: microfotografia in luce UV riflessa 167. Palmetta: microprelievo 168. Palmetta: microfotografie in sezione lucida bianca e UV riflessa 161

160 169. Palmetta, mappa rx della distribuzione degli elementi 170. Statuetta, mappa rx della distribuzione degli elementi 162

161 cio, alluminio e zolfo. Lo strato di colore azzurro, osservato sul campione dalla palmetta, ha mostrato una composizione a base di silicio, calcio e rame [171]. L analisi EDS, integrata da quella micro-raman, ha permesso di riconoscere con esattezza solo alcuni dei pigmenti impiegati [172]. Infatti, se l identificazione del pigmento azzurro come blu egizio è stata univoca, non altrettanto si può dire per lo strato rosa la cui caratterizzazione è risultata dubbia a causa dell elevata fluorescenza che copre l effetto raman. Le analisi mediante microspettroscopia infrarossa e cromatografia liquida ad alta pressione, eseguite su alcune particelle prelevate dallo strato rosa hanno invece confermato la presenza di lacca di robbia. Infatti, i risultati della HPLC evidenziano la presen Statuetta, spettri EDS e raman 163

162 172. Palmetta, spettri ESD e raman 173. Statuetta spettri HPLC 164

163 za di alizarina e purpurina, componenti principali della lacca [173]. anche nello spettro Ft-Ir, inoltre, si rileva la presenza di lacca insieme a silicati da ascrivere alla composizione dello strato bianco argilloso di supporto, e a due prodotti organici, rispettivamente cera d api e resina vinilica, utilizzati per ricomporre gli elementi plastici, impiegati nel primo intervento di restauro del vaso. Nonostante lo scarso numero di campioni, tuttavia i risultati analitici hanno fornito elementi utili per la definizione dei materiali impiegati per le pitture, per gli strati preparatori e per le tecniche di esecuzione. I materiali utilizzati sono quelli della tradizione antica. In particolare per lo strato bianco è stata utilizzata una miscela di caolino e biacca agglutinata da un legante organico. Lo strato rosa è stato ottenuto con un pigmento a base di lacca di robbia, fissata con allume; infine lo strato azzurro è stato realizzato con blu egizio miscelato a calce. Le parti dorate della figura femminile consistono in una sottile lamina d oro applicata su uno strato preparatorio composto da bolo giallo. Per ciò che concerne le tecniche di esecuzione, allo stato attuale si può verosimilmente pensare che dopo la cottura sul vaso sia stato applicato uno strato di preparazione biancastro. Su tale preparazione sono state poi applicate le finiture superficiali della doratura e delle pitture di colore rosa per la figura femminile e di colore rosa e blu per la palmetta. La stessa tecnica è stata documentata da studi analitici condotti su vasi sovraddipinti rinvenuti in Daunia a Canosa e arpi. Per saperne di più augusti S., I colori pompeiani, roma Derrick M., Stulik D., Landry J., Infrared Spectroscopy in Conservation Science. Scientific Tools for Conservation, Los angeles Feller r. L., Artist s Pigments, New York - Oxford Giannotta M.t., Melica D., Quarta G., Analisi archeometriche su un vaso in ceramica policroma e plastica tarantina: primi dati, in Innovazioni Tecnologiche per i Beni Culturali, Atti del Convegno Reggia di Caserta, febbraio 2005, Bologna 2006, La fabbrica dei colori. Pigmenti e coloranti nella pittura e nella tintoria, roma Lazzarini L., Uno studio del colore e altri materiali componenti, in H. Brecoulaki, L esperienza del colore nella pittura funeraria dell Italia preromana V-III secolo a.c., Napoli 2001, Meucci C., Analisi dei vasi sovraddipinti, in r. Cassano (a cura di), Principi imperatori vescovi, Duemila anni di storia a Canosa, Venezia 1992, Meucci C., La tecnica della decorazione pittorica, in M. Mazzei (a cura di), Arpi. L ipogeo della Medusa e la necropoli, Bari 1995,

164 166 Taranto. Ipogeo dei Festoni: restituzione 3D da scansione laser

165 archeologia virtuale Francesco Gabellone Il sistema di visita virtuale attivo si articola su una piattaforma stereoscopica immersiva, comandata da interfacce naturali (o trasparenti), vale a dire usabili senza necessità di sistemi di puntamento come mouse, joystick, tastiera, etc. Come noto, l uso di un sistema interattivo stereoscopico richiede un modello tridimensionale navigabile, possibilmente accurato dal punto di vista metrico, sul quale sia possibile agganciare dei contenuti da utilizzare per le finalità di fruizione virtuale richieste in questo progetto, ma anche per una analisi dello stato attuale del monumento da un punto di vista conservativo. L esperienza condotta sulla tomba di via Crispi ha evidenziato che la tecnica fotogrammetrica (rilievo indiretto passivo), malgrado comporti costi hardware più contenuti, risente fortemente sia dell apporto dell operatore che delle fasi di calibrazione strumentale e può produrre, se non usata con attenzione, errori residuali anche considerevoli. Questa 174. Ipogeo dei Festoni: modello 3D da scansione laser 167

166 tecnica di rilievo fu usata nel precedente rilievo del , soprattutto in ragione della sua economicità e facilità d uso in spazi ristretti. Il nuovo rilievo è stato eseguito mediante metodo indiretto attivo, con l uso di uno scanner laser Leica ScanStation 2 [174]. Date le particolarità morfologiche del monumento oggetto di studio e l estensione dello spazio da rilevare, è stato adottato per il rilievo un passo poin-to-point di 2 mm, che rappresenta anche il valore di maggiore precisione operativa dello strumento. Il rilievo 3D ha interessato sia il corridoio d ingresso, costruito agli inizi del secolo scorso, che la tomba denominata alfa o dei Festoni. Nel corso della stessa campagna di rilievo sono state eseguite tutte le riprese fotografiche, necessarie per una documentazione dello stato di conservazione degli ambienti e per le successive operazioni di texture mapping dei modelli 3D. Ogni foto è stata opportunamente processata mediante il software PT- Lens di tom Niemann, per eliminare le distorsioni indotte dalle lenti. Il modello tridimensionale è stato successivamente ottimizzato per adeguarlo alle necessità di mapping avanzato, con l adozione di alcune metodologie di camera projection su patch multiple appositamente sperimentate per questo progetto [175] Esempio di texturing basato su camera mapping 168

167 La mappatura corretta del modello tridimensionale acquisito attraverso scansione laser costituisce, in genere, uno degli aspetti più problematici nel processo di restituzione fedele e verosimile di un manufatto. Molto spesso, infatti, alcuni lavori di rilievo eseguiti con queste tecniche vengono presentati come pure entità geometriche, con semplici visualizzazioni ombreggiate (Shading) senza alcuna texture applicata. Una forma di presentazione sicuramente troppo semplificata della realtà, nella quale i valori cromatici delle superfici rappresentano elementi imprescindibili per una corretta lettura dello stato di conservazione, delle caratteristiche dei materiali costituenti, dei quadri fessurativi superficiali ed altre caratteristiche di micro dettaglio impossibili da riprodurre con scanner laser a tempo di volo. Per questo motivo, abbiamo cercato di affinare un vecchio metodo di mappatura, ampiamente conosciuto, nel tentativo di offrire anche ai meno esperti gli strumenti necessari per produrre modelli 3D texturizzati con buona precisione, ma con un approccio semplificato. L applicazione di questo metodo parte da alcuni presupposti di base. Ogni immagine fotografica è una vista prospettica, con un punto di vista, un punto di mira, un campo visivo e delle deformazioni dipendenti dalla qualità e natura delle lenti. In teoria quindi, conoscendo esattamente questi quattro parametri, e mappando l immagine fotografica secondo le regole della prospettiva, cioè lo stesso metodo del camera mapping, è possibile ottenere una proiezione con sovrapposizione texture-modello 3D pressoché perfetta. La ricerca del punto di vista e del punto di mira della camera procede in questo modo: 1. Per la ricerca del punto di mira si deve far coincidere il centro della texture con lo stesso punto corrispondente sulla geometria. La ricerca di questa corrispondenza può essere semplice se la complessità morfologica superficiale permette il riconoscimento con facilità. In caso contrario è possibile trovare il punto servendosi delle informazioni di vertex color associate ad ogni punto. 2. Una volta determinato il centro della texture sulla geometria è necessario assegnare un target alla camera in modo che questa punti sempre su esso. Il target dovrà rimanere fisso sul punto individuato sulla geometria. a questo punto bisogna cercare il punto di vista della camera. Questo si troverà con facilità muovendo la camera facendo perno sul target, naturalmente se sono state corrette in precedenza le distorsioni indotte dalle lenti. Questo processo di texturing ha richiesto notevole impegno ma ha permesso di portare il modello grezzo proveniente da scansione laser ad una rappresentazione il più possibile realistica e precisa del dato colore. Date le particolari condizioni di illuminazione su spazi ristretti, è stato adottato un approccio di correzione cromatica delle foto seguendo passaggi diversi, il primo allo scopo di eliminare le forti dominanti di colore, il secondo allo scopo di eliminare le differenze di intensità di luce tra parti diverse della stessa foto, 169

168 176. Correzione delle dominanti di colore basata su scala di colori kodak 170

169 il terzo per ottenere dei passaggi morbidi tra texture contigue (texture blending). L insieme di queste tecniche ha permesso di ottenere un modello senza evidenti segni di stiratura delle texture e allo stesso tempo nessuna giunzione visibile. Nella fase successiva le singole patch, alle quali sono state associate le texture, sono state fuse con un processo di texture baking [176], che ha tenuto conto dell illuminazione diretta, dell ambient occlusion e dell illuminazione indiretta di radiosity. Lo spazio virtuale viene rappresentato così come appare, mantenendo un ragionevole compromesso tra usabilità all interno della piattaforma di fruizione e verosimiglianza della resa. Il sistema di fruizione museale prevede due modalità diverse di visita: la prima si basa su un approccio attivo, che si articola attorno ad un applicazione in gran parte sviluppata su VirTools di Dassault Systèmes [177], un motore 177. Suddivisione del modello in patches multiple real time stereoscopico commerciale caratterizzato da una programmazione mediante building blocks. Questo software, malgrado le ampie possibilità di scripting personalizzati, non richiede particolari competenze di programmazione ed è stato scelto per l ottima qualità di resa in OpenGl e la grande stabilità. La seconda modalità di fruizione museale è basata su un approccio passivo, un filmato strereoscopico nel quale, attraverso un racconto in computer animation vengono presentati i tre monumenti con un tono narrato e coinvolgente [ ]. Questa scelta è motivata dall esigenza di offrire al pubblico un prodotto diversificato, che possa appassionare con l esplorazione interattiva chi ha una certa confidenza con l uso degli strumenti informatici, ma anche di coinvolgere i visitatori con strumenti di comunicazione di facile comprensione che non richiedono nessuna abilità nell uso di tecnologie. Un prodotto complessivamente diversificato, in grado di coniugare i saperi storico-archeologici con le moderne tecniche di computer animation ed edutainment [ ]. 171

170 178. autoring della piattaforma real team 179. Proposta ricostruttiva della distribuzione dei semata nella necropoli 172

171 180. Ipogeo dei Festoni: ricostruzione dell ingresso Per saperne di più Gabellone F., Giannotta M.t., Progetto di fruizione a distanza delle tombe a camera di via Crispi a Taranto, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Gabellone F., Giannotta M.t., Realtime 3D multimedia system for the distance visiting of cultural heritage. A case study on the chamber tombs in via Crispi, Taranto, in S. Dequal (ed.) XX International Symposium CIPA 2005, International Cooperation to Save the World s Heritage, Turin (Italy) 26, vol. 2, turin 2005, Gabellone F., Ferrari I., Giannotta M.t., Dell aglio a., From museum to original site: A 3D environment for virtual visit to finds re-contextualized in their original settings, in 2013 Digital Heritage International Congress, 28 Oct - 1 Nov 2013, Marseille, France (DigitalHeritage), vol. 2, Marseille 2013, Gabellone F., Giannotta M.t., Ferrari I., Dell aglio a., Development of realistic Virtual Environment for a project of Museum Communication, in 6 th International Congress Science and Thechnology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin, 22end - 25 th October, Athens, Greece, III, Gabellone F., Giannotta M.t., Monumenti inaccessibili della necropoli greca di Taranto: un modello di fruizione virtuale basato su interfacce naturali, in CIAC 2013, XVIIIth International Congress of Classical Archaeology, Merida, May 2013, c.s. Idem, Marta Racconta : a project for the virtual enjoyment of inaccessible monuments, in CHNT 18, International Conference on Cultural Heritage and New Technologies, Stadt Archäologie, Wien, November 11-13, Wien 2013, c.s. 173

172 181. restituzione 3D: stato di fatto, camera parte nord-ovest 182. Proposta ricostruttiva 3D con le deposizioni 174

173 183. restituzione 3D: stato di fatto, camera parte nord 184. Proposta ricostruttiva 3D con le deposizioni 175

174 185. restituzione 3D: stato di fatto, camera parte sud-est 186. Proposta ricostruttiva 3D con le deposizioni 176

175 177

176 178

177 Documentazione archeologica antonietta Dell aglio ancora oggi, malgrado le profonde manomissioni apportate dai lavori di urbanizzazione allo spazio funerario della città greca e romana, è possibile ricavare, per la frequenza di nuovi rinvenimenti, informazioni utili sull organizzazione areale della necropoli, sui riti di seppellimento, sulla cronologia, sulle tecniche costruttive e pittoriche, attraverso un attenta analisi dei dati disponibili in fase di scavo. Naturalmente la conoscenza migliora quando allo studio concorrono più professionalità e quando alle tecniche tradizionali di indagine e documentazione si aggiungono metodologie innovative, che utilizzano nuove forme di comunicazione, come nel caso in esame. Il progetto MARTA Racconta ha consentito di rendere nuovamente visitabile, attraverso la rielaborazione dei rilievi di scavo, un ipogeo funerario rinvenuto nel 1997 in via Otranto [187], al di sotto della sede stradale moderna e a ridosso della rete fognaria Veduta satellitare di taranto con ubicazione della tomba 179

178 Le indagini stratigrafiche sono state condotte in una situazione complessa per la presenza di sottoservizi, per la necessità di operare rapidamente e con il coinvolgimento di più enti, garantendo le condizioni di sicurezza nelle fasi di indagine, malgrado la presenza costante di un vasto pubblico, attratto dalla eccezionalità del rinvenimento. Era stata infatti messa in luce una tomba a camera non violata dall azione degli scavatori clandestini e danneggiata solo minimamente dall intervento del mezzo meccanico Particolare dell arco in conci di carparo Come in altri contesti funerari inquadrabili a partire dal III secolo a.c., l ipogeo, a pianta quadrangolare, era diviso in due parti da un arco a tutto sesto, realizzato con dieci conci di carparo sistemati a secco (di dimensioni diverse, progressivamente ridotte verso la chiave di volta) su piedritti sempre in carparo [188]. L arco, rivestito da un doppio strato di intonaco, reggeva i quattro lastroni di copertura, intonacati sulla superficie interna. alla camera funeraria (m 2,96 x 2,30) si accedeva da sud attraverso una scala di sette gradini ricavati nel banco calcarenitico e un piccolo vestibolo. L ingresso presentava stipiti e architrave modanato realizzati in blocchi di carparo intonacati, in cui era inserita la porta monolitica, del tipo a saracinesca, riproducente battenti lignei dipinti, decorati nei riquadri superiori [189] con due teste di Gorgoni, elementi figurati da cui prende il nome il monumento. Per non compromettere il già precario stato di conservazione delle superfici pittoriche, le operazioni conservative venivano condotte contestualmente alle operazioni di scavo e alla rimozione del terreno che ricopriva il lato originariamente a vista della porta, non intonacata invece sulla superficie interna. La camera funeraria risultava in parte tagliata nel banco di roccia e in parte costruita [190] con blocchi squadrati, alcuni dei quali di riutilizzo, e cornice moda Particolare della porta dipinta 180

179 190. Camera funeraria tagliata nella roccia e costruita: sezione prospettica delle pareti est e sud 191. Camera funeraria: pianta con la I deposizione e relativo corredo 181

180 192. Corredo della I deposizione ai piedi della kline nata. Il piano di posa dei blocchi era stato opportunamente livellato e l allineamento era garantito, quando necessario, dall uso di zeppe (frammenti di tegole o scaglie di pietre). La deposizione più antica, un inumazione femminile, era distesa sulla kline intonacata, che occupava la metà settentrionale della camera fino all arco [191]. La maggior parte del corredo era deposto vicino alla defunta, mentre gli oggetti ai piedi del letto [192], ancora in situ, erano stati inglobati nella costruzione del secondo letto al momento del riutilizzo dell ipogeo. Sulle pareti, in particolare su quella settentrionale, si conservavano le tracce della decorazione pittorica a festoni vegetali sospesi a bende rosse annodate con nappe pendenti. La presenza di chiodi di ferro conficcati a distanza abbastanza regolare può essere messa in relazione con la sospensione, nel corso dei riti di seppellimento, di serti di foglie e fiori veri. Il riutilizzo [ ] della camera funeraria va collocato a poca distanza di tempo dalla prima sepoltura. Per sistemare la nuova deposizione era stato ridotto lo spazio interno, costruendo un nuovo letto funebre con scaglie di carparo e mattoni crudi, ricoperti da uno spesso strato di intonaco. Una parete divisoria, sempre in mattoni crudi, era stata realizzata sul margine esterno della kline settentrionale, chiudendo l arco e separando la seconda inumazione, relativa anch essa ad un individuo di sesso femminile [195], con corredo sistemato prevalentemente ai piedi del nuovo piano deposizionale [196]. 182

181 193. Camera funeraria: pianta della II deposizione e relativo corredo 194. Camera funeraria: sezione prospettica dell arco con la parete in mattoni crudi 183

182 195. II deposizione con relativo corredo 196. Corredo della II deposizione ai piedi della kline 184

183 197. Unguentari (I deposizione) 198. Unguentari (II deposizione) 199. Unguentari (I deposizione) 200. Foglia aurea di corona funeraria (I deposizione) 185

184 Le analisi archeometriche condotte sui frammenti di intonaco che ricoprivano le pareti della camera funeraria documentano la presenza di strati di finitura differenti, confermando il riutilizzo di alcuni elementi strutturali. Le indagini condotte, inoltre, sulle pellicole pittoriche, oltre a mettere in evidenza anche in questo caso sovrapposizione di pigmenti, provano l adozione di vari tipi di ocra (rossa e gialla) e del blu egizio, colori presenti nella maggior parte delle pitture 201. Bicchiere a pareti sottili (I deposizione) funerarie della necropoli di taranto. Nei corredi di entrambe le sepolture sono presenti in numero consistente unguentari in argilla [ ] secondo l uso che caratterizza il rituale funerario della necropoli tarantina nel II secolo a.c. Per l elenco analitico e per la collocazione dei singoli reperti, si fa riferimento alle tabelle allegate Strigile in ferro (I deposizione) La deposizione più antica è caratterizzata inoltre dalla presenza di un unica foglia aurea di corona funeraria [200], in questo caso con chiaro significato simbolico. agli oltre sessanta esemplari di contenitori di unguenti, deposti sia sopra che ai piedi della kline, erano associati una lagynos a fasce e due piatti a vernice nera. L inquadramento cronologico del contesto nella seconda metà del II secolo a.c. è confermato anche dal bicchiere a pareti sottili [201] con decorazione nella tecnica alla barbotine, costituita da piccoli punti disposti a festone su tutta la superficie esterna fra due linee parallele a punti, di una tipologia di derivazione metallica molto comune nella produzione di questa classe ceramica. Lo strigile in ferro [202], lo specchio bronzeo, gli elementi in osso relativi a cassette lignee vanno collegati alla sfera femminile e alle pratiche della toeletta [203]. Il corredo della II deposizione ha restituito trentanove unguentari abbastanza omogenei per tipologia, fra cui un unguentario probabilmente di importazione dalla Grecia. anche l inumazione più recente è caratterizzata dallo specchio discoidale in bronzo e dalla presenza di una cassetta lignea di cui si conservano i resti di una serratura e di elementi decorativi e di sospensione in bronzo [204]. rimane incerta la funzione dei frammenti di aste di ferro (pertinenti ad alari) in cattivo stato di conservazione e ossidati, rinvenuti ai piedi della kline. 186

185 203. Elementi in osso e metallo relativi a cassette lignee (I deposizione) 187

186 Interessanti per una migliore comprensione della funzione degli oggetti di corredo è risultato lo studio di alcuni residui di natura organica all interno di alcuni unguentari. Le analisi hanno evidenziato in entrambi i corredi prevalentemente residui di sostanze profumate con funzione disinfettante, utilizzate probabilmente nella cura del cadavere prima del seppellimento. altri composti sono riferibili a prodotti 204. Elementi metallici di cassetta lignea (II deposizione) usati per uso cosmetico. Queste caratteristiche sono state riscontrate nell unguentario in argilla grigia (214965) della II deposizione di probabile importazione dalla Grecia, a conferma della commercializzazione di sostanze profumate ed emollienti riservate alla cura del corpo. Per quanto attiene l apparato decorativo della camera funeraria, i resti di intonaco con decorazione pittorica di tipo strutturale in rosso, blu e giallo sono riferibili al riutilizzo di blocchi già intonacati nella costruzione del monumento. Invece la decorazione parietale a ghirlande di fiori e foglie sorrette da nastri è tipica del repertorio della pittura funeraria locale che registra la massima diffusione nel corso del II secolo a.c. La porta [205] a doppio battente ligneo riproduce modelli dell edilizia privata contemporanea, ma è documentata anche nelle necropoli alessandrine. Un gorgoneion con volto patetico e serpentelli annodati sotto il collo occupa ciascun riquadro superiore della porta dipinta. La testa di Medusa compare anche sul lastrone di chiusura di un altro ipogeo rinvenuto nel 1934 in via Gorizia: in entrambi i casi il soggetto assume funzione apotropaica, a protezione quindi della tomba e del limite tra mondo dei morti e mondo dei vivi. In base agli elementi strutturali e di contesto, l Ipogeo delle Gorgoni si può inquadrare nella seconda metà del II secolo a.c., in un momento immediatamente precedente o piuttosto contemporaneo alla deduzione della colonia graccana del 123 a.c., mentre la fase di riutilizzo si pone in un momento di poco successivo. In entrambe le deposizioni è possibile cogliere persistenze ed innovazioni del rituale, sempre più aperto a esperienze culturali nuove. Inoltre, l uso dell ipogeo dipinto risponde alle esigenze di rappresentatività socio-culturale da parte dei ceti abbienti all interno della nuova realtà politico-amministrativa romana. 188

187 205. Porta dipinta: nei riquadri superiori sono riprodotte teste di Gorgoni 189

188 tabella 1 Corredo della I deposizione N. Oggetto Planimetria Materiale Classe Tipo Dimensioni H, ø orlo, ø piede Inventario Ambito funzionale Localizzazione Datazione 1. Foglia di quercia Oro Corone 3; largh Ornamento personalecintura? Sulla kline II sec. a.c. 2. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 3. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 4. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 5. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.3; 2.6; 2, Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 6. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 7. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 8. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 9. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 10. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 11. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 12. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 13. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 14. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 15. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.8; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 16. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.8; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 17. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.8; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 18. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 190

189 19. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 20. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 21. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 3.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 22. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 3.1; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 23. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.8; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 24. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 25. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 26. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 27. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 28. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 29. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 30. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 31. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.7; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 32. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.5; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 33. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.7; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 34. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 35. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 36. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 37. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 38. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 39. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 191

190 40. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/13 24; 3.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 41. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 42. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.8; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 43. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.5; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 44. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.8; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 45. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.8; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 46. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 13; 2.6; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 47. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.5; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 48. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.1; 2.4; Cosmesi Sulla kline, mucchio parte superiore II sec. a.c. 49. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.1; 2.3; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 50. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.8; 2.2; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 51. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 11.8; 2.4; Cosmesi Sulla kline, mucchio parte superiore II sec. a.c. 52. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 13.8; 2.7; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 53. Piatto argilla Ceramica a vernice nera 4.5; 14.4; Mensa ai piedi della kline II sec.a.c. 54. Bicchiere argilla Ceramica a pareti sottili ricci I/I 13.6; dp Mensa ai piedi della kline Metà II sec. a.c. 55. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.7; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 56. Piatto argilla Ceramica a vernice nera 3.6; 16.4; Mensa ai piedi della kline II sec. a.c. 57. Frr. Laminari Piombo ai piedi della kline II sec. a.c. 58. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 59. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi ai piedi della kline II sec.a.c. 192

191 60. applicazioni Varie Osso Elementi cassetta? a-h Muliebre ai piedi della kline II sec. a.c. 61. applicazioni Cerniere (2)? e Cilindretti (21) Osso Cassetta? Strumenti musicali? i-l Muliebre ai piedi della kline II sec. a.c. 62. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.5; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 63. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 64. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.2; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 65. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/7 16.1; 2.9; Cosmesi ai piedi della kline II sec.a.c. 66. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.6; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 67. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi ai piedi della kline II sec.a.c. 68. Placchetta Osso Cassetta e Muliebre ai piedi della kline II sec. a.c. 69. Elementi discoidali Osso Fuso (?) m II sec. a.c. 70. Lagynos argilla Ceramica a fasce Hempel 114/ ; 2.2; Mensa ai piedi della kline II sec. a.c. 71. Borchie Ferro ai piedi II sec. a.c. 72. Specchio Bronzo 11, Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 73. anellini Bronzo ½ ai piedi della kline II sec. a.c. 74. Strigile Ferro 18, Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 75. Minerali polverizzati Ferro S,inv II sec. a.c. 76.Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 77. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.3; Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 78. Elementi Osso n,p,q II sec. a.c. 79. Borchie due Bronzo e ferro II sec. a.c. 193

192 tabella 2 Corredo della II deposizione N. Oggetto Planimetria Materiale Classe Tipo 1. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 2. Unguentario argilla Unguentari 611/17 Hempel 3. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/10-12 Dimensioni H, ø orlo, ø piede Inventario Ambito Funzionale Localizzazione Datazione 12.2; 2.4; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 19.7; 3.1; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 12.7; 2.5; Cosmesi Sulla kline II sec. a.c. 4. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Unguentari grigiastri 6. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/13 7. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ , 2.4, Cosmesi ai piedi della kline 12, 2.4, Cosmesi ai piedi della kline 22.5, 3.3, Cosmesi ai piedi della kline 25, 3.3, Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c Elementi di cofanetto Bronzo e ferro Contenitori Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 10. Specchio Bronzo Utensili Discoidale Cosmesi ai piedi della kline II sec. a.c. 11. applicazioni cilindretti Osso Contenitori Strumenti b, c Cosmesi(?) Musicale (?) al centro della camera II sec. a.c. 12. Elemento discoidale Osso, br. e ferro Contenitori Strumenti a Cosmesi(?) Musicale (?) al centro della camera II sec. a.c. 13. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 23. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 12.2; 2.6; Cosmesi al centro della camera 12.2; 2.6; Cosmesi al centro della camera 11.5; Cosmesi al centro della camera 12.8; 2.9; Cosmesi al centro della camera 12.9; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12; 2.5; Cosmesi al centro della camera 13; 2.5; Cosmesi al centro della camera 12.4; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.6; 2.5; Cosmesi al centro della camera 12.9; 2.6; Cosmesi al centro della camera 13.4; 2.5; Cosmesi al centro della camera II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. 194

193 24. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 25. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 26. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 27. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 28. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 29. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 30. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 31. Unguentario argilla Unguentari 611/10-12 Hempel 32. Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ Unguentario argilla Unguentari Hempel 611/ ; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.3; 2.5; Cosmesi al centro della camera 10.9; piede Cosmesi al centro della camera 14.2; 2.8; Cosmesi al centro della camera 12.6; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.5; 2.4; Cosmesi al centro della camera 14; 2.6; Cosmesi al centro della camera 12.5; piede Cosmesi al centro della camera 12.7; 2.4; Cosmesi al centro della camera 11.7; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.6; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.5; 2.4; Cosmesi al centro della camera 12.4; 2.4; Cosmesi al centro della camera 13.5; 2.4; Cosmesi al centro della camera 11.8; 2.2; Cosmesi al centro della camera 12.8; 2.4; Cosmesi al centro della camera 13.4; 2.7; Cosmesi al centro della camera 13.1; 2.6; a Cosmesi al centro della camera 12.8; 2.7; b Cosmesi al centro della camera 12.2; piede c Cosmesi al centro della camera 12.6; 2.5; d Cosmesi al centro della camera II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c. II sec. a.c Frr. di alari Ferro Utensili Lungh max a Domestico (?) o Sacrale (?) al centro della camera II sec.a.c. 48.tessera quadrangolare Pietra Giochi d Ludico (?) al centro della camera II sec. a.c. 49.Elementi dec. a) borchie Ferro e bronzo b- al centro della camera II sec. a.c. 195

194 Per saperne di più Dell aglio a., Taranto: l ipogeo delle Gorgoni e le tombe con arco, in G. andreassi, a. Cocchiaro, a. Dell aglio (a cura di), Vetustis novitatem dare. Temi di antichità e archeologia in ricordo di Grazia Angela Maruggi, taranto 2013, Colivicchi F., alabastra tardo-ellenistici e romani dalla necropoli di Taranto. Materiali e contesti. Catalogo del Museo Nazionale archeologico di Taranto III, 2, taranto Dell aglio a., Taranto, via Otranto, in Soprintendenza Archeologica della Puglia. Notiziario delle attività di tutela. Gennaio-Dicembre 1997, Taras 18, 1, 1997, Eadem (a cura di), Tombe nascoste. Monumenti funerari di Taranto da riscoprire, taranto Dell aglio a., Lippolis E., Taranto, via Marche, in Soprintendenza Archeologica della Puglia. Notiziario delle attività di tutela. Gennaio-Dicembre 1994, Taras 15, 1995, Hempel K.G., La necropoli di Taranto nel II e I sec. a.c., taranto Lippolis E. (a cura di), Taranto. La necropoli: aspetti e problemi della documentazione archeologica dal VII al I sec. a.c. Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto III,1, taranto Lippolis E., Dell aglio a., La pittura funeraria a Taranto, in Archeologia Classica 54, 2003, ricci a., Ceramica a pareti sottili, in EAA Atlante delle forme ceramiche II, roma 1985,

195 Studio archeometrico degli intonaci Davide Melica - Giovanni Quarta Sugli intonaci dipinti, recuperati in fase di scavo dell ipogeo, è stato eseguito uno studio archeometrico mediante l impiego di tecniche microscopiche, su sezioni sottili (microscopia ottica in luce trasmessa MOLt) e su sezioni lucide (microscopia ottica in luce riflessa MOLr), e di tecniche di analisi chimica, mediante l utilizzo di uno spettrometro portatile di fluorescenza di raggi X in dispersione di energia (XrF). Quest ultima tecnica si distingue per il suo carattere assolutamente non invasivo. Lo studio mineralogico-petrografico su sezione sottile è stato finalizzato all identificazione delle specie mineralogiche costituenti gli intonaci di supporto alle pellicole pittoriche ed alla descrizione delle loro caratteristiche tessiturali. Le sezioni lucide, orientate trasversalmente agli strati pittorici e osservate sia con luce bianca sia con luce ultravioletta riflessa, hanno permesso ricostruire la reale stratigrafia delle successioni pittoriche e di identificarne lo spessore e la composizione. Lo spettrometro XrF è stato utilizzato direttamente sui frammenti di intonaco dipinto ed ha consento di ottenere la composizione chimica dei pigmenti adoperati per le pitture. Risultati Gli intonaci. Il materiale raccolto all interno del vano ipogeo appartiene essenzialmente a due tipologie di intonaco: la prima (campione tvo-1) composta da un rinzaffo di color nocciola e da uno strato bianco di finitura spesso circa 2 mm [206], la seconda (campione tvo-2) composta da un rinzaffo analogo al precedente e da uno strato di finitura biancastro, spesso da 8 a 11 mm [207]. Nel campione tvo-1, l intonaco di sottofondo risulta quasi del tutto incoerente, tanto che si disgrega anche in seguito ad una minima sollecitazione meccanica. Lo studio petrografico in sezione sottile dimostra che è costituito da calce carbonatata frammista a cristalli di quarzo e di feldspati, a frammenti di tufo calcareo e a materiale terroso contenente minerali argillosi e idrossidi di ferro. I clasti calcarei sono rappresentati in massima parte da gusci di foraminiferi bentonici, talvolta con le camere interne occluse da calcite spatica, e da altri resti fossili riconducibili a bivalvi, alghe ed echinidi. L aggregato ha dimensioni variabili da 50 a 650 µm; tuttavia la sua distribuzione granulometrica risulta bimodale, con due massimi di frequenza compresi rispettivamente tra 100 e 200 µm, in cui ricadono in genere i cristalli di quarzo e di feldspati, e tra 250 e 500 µm, in cui rica- 197

196 206. Microfotografia (sezione sottile, N+): a) rinzaffo, b) strato di finitura 207. Microfotografia (sezione sottile, N+): a) rinzaffo, b) strato di finitura dono i clasti calcarei. Il legante ha una struttura debolmente grumosa ed una tessitura micritica. Il rapporto legante/aggregato viene stimato intorno a 1:2.5 in volume. Lo strato bianco di finitura corrisponde ad un intonaco tipo marmorino ; è dotato di una discreta tenacità ed è costituito da calce carbonatata e da calcite di vena macinata. I clasti, rappresentati in massima parte da singoli cristalli di calcite, mostrano spesso contorni angolosi e bordi piani; le loro dimensioni sono perlopiù comprese tra 150 e 300 µm. La matrice legante ha una struttura omogenea ed una tessitura colloforme-micritica. Il rapporto legante/aggregato è prossimo a 1:2 in volume. Nel campione tvo-2 il rinzaffo, sempre molto incoerente, contiene più materiale terroso e meno clasti calcarei. Le dimensioni dei cristalli di quarzo e di feldspati sono inoltre mediamente più fini, comprese tra 60 e 150 µm. Lo strato biancastro di finitura risulta molto diverso dal precedente e di qualità più scadente; oltre al differente colore d insieme dell impasto ed al maggior spessore, si registrano evidenti differenze nei caratteri compositivi e tessiturali. Il legante è rappresentato da calce carbonatata, avente 198

197 208. Sezione lucida trasversale, luce riflessa: a) in luce bianca, b) in luce UV tessitura micritica e struttura grumosa; quest ultima determinata dalla presenza di calcinaroli. L aggregato è costituito da frammenti di tufo calcareo ed in minor misura da cristalli di quarzo. I componenti accessori sono i feldspati, i granelli di materiale terroso ed i cristalli di pirosseni o di anfiboli. Le dimensioni dei clasti variano da 100 a 2000 µm; tuttavia, in modo analogo a quanto riscontrato nel rinzaffo, la loro distribuzione granulometrica risulta bimodale, con due massimi di frequenza compresi rispettivamente tra 100 e 150 µm, in cui ricadono in genere i cristalli di quarzo e feldspati, e tra 250 e 500 µm, in cui ricadono i clasti calcarei. Il rapporto legante/aggregato si aggira intorno a 1:2 in volume. Gli strati pittorici. Le stesure pittoriche con tracce di colore, sono state rinvenute solo sulla superficie dello strato di finitura di colore bianco; quello biancastro ne è del tutto privo. Il colore rosa (campione tvo-1-1) è dato da una stesura spessa fino a 70 µm, pigmentata con lacca rossa [208]; si tratta di un composto organico fissato su un supporto di allumina, riconoscibile per la caratteristica fluorescenza di colore rosa-arancio indotta dai raggi UV. L azzurro (campione tvo-1-2) è reso da uno strato pittorico con spessore compreso tra 40 e 180 µm, dato da calce carbonatata e blu egizio, un silicato di rame e di calcio [209]. Il colore rosso, presente sia con una to Sezione lucida trasversale, luce bianca riflessa 199

198 210. Sezione lucida trasversale, luce bianca riflessa 211. Sezione lucida trasversale, luce bianca riflessa nalità scura (campione tvo-1-3) [210], sia con una tonalità chiara (campione tvo-1-5) [211] è reso da una stesura a calce e ocra rossa ricca di quarzo, spessa da 20 a 80 µm. Un solo frammento (campione tvo- 1-4) è caratterizzato da due strati pittorici sovrapposti [212], entrambi a legante calcareo; in questo caso su una prima stesura di colore arancio, pigmentata con ocra 212. Sezione lucida trasversale, luce bianca riflessa rossa e gialla, insiste uno strato azzurro contenente blu egizio. L analisi XrF eseguita su questi strati pittorici [213], ha registrato una notevole percentuale di calcio e minori quantitativi di ferro e di rame; gli elementi in traccia sono il silicio, il fosforo, lo zolfo, il potassio ed il titanio. Il calcio appartiene in massima parte al legante calcareo dello strato. Il ferro è indicativo delle ocre mentre il rame, insieme a una parte del calcio, rientra nella composizione del blu egizio (silicato di rame e di calcio). Il titanio deve essere invece riferito alle argille contenute nelle ocre. Conclusioni Lo studio diagnostico ha permesso di caratterizzare gli intonaci e di identificare i pigmenti utilizzati per le pitture. Entrambi i campioni d intonaco contengono uno strato di rinzaffo molto incoerente, realizzato con calce frammista a quarzo, feldspati, frammenti calcarei e materiale terroso in diversa percentuale. Sul rinzaffo di uno dei campioni 200

199 213. Campione tvo-1-4, Spettro XrF degli strati pittorici insiste uno strato bianco di finitura, a calce carbonatata e calcite di vena; tale strato, documentato nelle tombe del IV - III secolo a.c., rappresenta una finitura di pregio simile al marmorino. Nel secondo campione è presente invece una finitura di minore qualità, ottenuta mescolando calce ad una sabbia composta in prevalenza da frammenti di tufo calcareo e da quarzo. Gli strati pittorici, rinvenuti solo sulla finitura di pregio, contengono pigmenti tipici della pittura murale dell epoca, come l ocra rossa, l ocra gialla ed il blu egizio. Le osservazioni in luce ultravioletta hanno inoltre permesso di identificare una lacca rossa, dalla caratteristica fluorescenza rosa-arancio, il cui impiego nelle pitture parietali non sembra essere ad oggi documentato, almeno da quanto risulta dai dati relativi alla pittura funeraria tarantina. 201

200 Per saperne di più Bearat H., Quelle est la gamme exacte des pigments romains? Confrontation des résultats d analyse et des textes de Vitruve et de Pline, in H. Bearat, M. Fuchs, M. Maggetti, D. Paunier (eds.), Proceedings of International Workshop Roman wall painting. Material, techniques, analysis and conservation, Fribourg 1997, Brecoulaki H., L esperienza del colore nella pittura funeraria dell Italia preromana V-III secolo a.c., Napoli Calia a., Giannotta M.t., La tomba dei Festoni di via Crispi a Taranto: individuazione e riconoscimento dei pigmenti utilizzati nelle pitture, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr, Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Folk r. L., Practical petrographic classification of limestones, in American Association of Petroleum Geologists Bulletin, 43, 1959, Gabellone F., Giannotta M.t., Monte a., Quarta G., La tomba del pilastro di Egnazia. Analisi integrate storico-scientifiche, in Arkos Scienza e Restauro, 6/1, 2002, Gettens r. J., Stout G.L., Painting materials: a short enciclopedia, New York Giannotta M.t. Quarta G., L ipogeo Genoviva a Taranto: problemi di conservazione e analisi archeometriche, in L Archeometria in Italia: la Scienza per i Beni Culturali, Atti del III Congresso Nazionale AIAr (Associazione Italiana di Archeometria), Bressanone febbraio 2004, Bologna 2005, Mattini M., Moles a., La chimica nel restauro, Firenze

201 analisi chimiche dei residui organici Mariateresa Lettieri Le analisi chimiche eseguite su materiale prelevato all interno di unguentari rinvenuti nell Ipogeo delle Gorgoni di via Otranto hanno avuto lo scopo di caratterizzare il contenuto dei recipienti. Le indagini sono state condotte mediante spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FtIr). Questa tecnica è ampiamente utilizzata in svariate applicazioni nel campo degli studi archeometrici e, in tempi recenti, ha trovato impiego nell analisi di residui in recipienti archeologici, a supporto delle più complesse metodologie analitiche di tipo cromatografico abitualmente utilizzate in questi studi. L elevata sensibilità del metodo ha permesso di ottenere dati accurati e riproducibili con quantità estremamente ridotte di campione, consentendo di limitare il prelievo di materiale dai reperti e evitare danni agli stessi. Analisi dei residui organici su reperti archeologici L analisi dei residui rinvenuti in recipienti di origine archeologica ha suscitato particolare interesse a partire dalla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, andando ad affiancare il più classico studio funzionale degli oggetti [214]. I residui rinvenuti su reperti archeologici sono quasi sempre di natura organica. a seconda della loro origine, essi possono essere suddivisi in due differenti tipologie: i residui derivati dalle sostanze contenute nel recipiente e i residui generati da materiali di rivestimento del contenitore. Le sostanze derivate da ciò che era conservato, trasportato o cucinato nel recipiente ricadono nella prima categoria; in particolare, grassi animali e vegetali, cere, nonché sostanze riconducibili a cibi e bevande. alla seconda categoria, invece, appartengono i materiali 214. Pittura romana: fanciulla che versa profumo 203

202 utilizzati per rendere impermeabili le pareti di alcuni recipienti, specialmente quelli destinati a contenere liquidi; le sostanze utilizzate più di frequente a tale scopo erano le cere, le resine vegetali o loro derivati. Il rinvenimento di sostanze organiche non è di immediata attribuzione all una o all altra categoria, soprattutto nel caso di contenitori destinati a molteplici funzioni, nei quali possono essere presenti residui del contenuto, ma anche residui di un eventuale strato di rivestimento. In ogni caso, l individuazione di una specifica classe di materiali si è rivelata utile per risalire alla tecnica di produzione del contenitore, alla sua funzione e al suo contenuto, soprattutto nel caso in cui quest ultimo non aveva lasciato tracce visibili ad occhio nudo che ne rendessero immediato il riconoscimento. I prodotti ritrovati più di frequente nei contenitori archeologici, sia come residuo sulla superficie dei recipienti, sia come sostanze assorbite all interno dei pori della ceramica, sono le resine naturali, i grassi di origine animale o vegetale e le cere, in quanto, rispetto ad altri composti organici, questi sono meno soggetti a degradazione. Infatti, nei materiali organici intervengono assai facilmente processi di degrado e i contesti di deposizione non sempre sono ambienti ideali per favorire la loro conservazione e stabilità. Unguenti e cosmetici nell antichità Unguenti, cosmetici e profumi prodotti dell antichità sono differenti da quelli che conosciamo e utilizziamo oggigiorno. Ciò deriva soprattutto dal fatto che, sebbene le popolazioni antiche avessero nozione dei principi della distillazione, nel passato si utilizzavano altri metodi per la preparazione di prodotti profumati da usare per la cura del corpo o durante rituali religiosi o funebri [215]. L attuale conoscenza di molti procedimenti antichi [216] deriva da fonti storiche (per l epoca romana principalmente Plinio e Dioscoride) e da studi analitici condotti per identificare gli ingredienti di sostanze rinvenute all interno di contenitori archeologici. I risultati analitici, unitamente alle antiche ricette, ci documentano preparazioni basate sull impiego di oli vegetali o grassi animali ai quali, per conferire l opportuna fragranza, venivano aggiunti componenti aromatici, derivanti da resine, fiori, foglie o spezie, mediante macerazione a caldo o a freddo (detta enfleurage). Oli e grassi, insolubili in acqua, sono compatibili con lo strato lipidico della pelle, sono in grado di creare su di essa una barriera contro gli agenti esterni e svolgono un azione idratante ed emolliente. I grassi animali e alcune tipologie di oli vegetali (grassi saturi), quali olio di oliva, olio di mandorla e olio di palma sono più adatti alla preparazione di unguenti e profumi; invece, altri grassi vegetali, quali l olio di lino e l olio di noce (appartenenti alla categoria 204

203 215. Pittura paestana: scena di prothesis, particolare (fine IV sec. a.c.) 216. Pittura pompeiana: amorini profumieri (I sec. d.c.) 205

204 dei grassi polinsaturi) darebbero luogo a sostanze di consistenza non sufficientemente morbida da poter essere stese sulla pelle. L olio d oliva è stato tra le sostanze di base più utilizzate, perché facilmente reperibile e particolarmente adatto alla preparazione di profumi e prodotti per uso topico. L olio era ottenuto dalla spremitura di olive acerbe e non era usato puro, ad esso si aggiungevano cere e/o grassi animali per modificarne la viscosità e rendere il prodotto finale idoneo all applicazione. L aggiunta di resine vegetali è anch essa documentata da fonti storiche e studi recenti. tali resine sprigionano caratteristiche fragranze, a seguito dell evaporazione di loro componenti molto volatili, e permettevano di dare all unguento/profumo un piacevole aroma. Inoltre, hanno proprietà antifungine e antisettiche e sono antiossidanti, pertanto potevano essere impiegate per conferire proprietà disinfettanti e impedire l irrancidimento dei grassi usati come base del prodotto. Infine, quale ingrediente di balsami e unguenti, c è da menzionare la cera d api, utilizzata per le sue proprietà emollienti e cicatrizzanti e perché capace di conferire una consistenza cremosa al prodotto. Campionamento e metodologia analitica I campioni esaminati sono stati asportati dagli unguentari abradendo la superficie interna dei recipienti, in prossimità del fondo, con l aiuto di un bisturi o di una sottile spatola. Pertanto, il materiale prelevato, in quantità non superiori al grammo, è risultato in forma di polvere o piccole scaglie. In tabella è riportato l elenco dei reperti sui quali è stato eseguito il campionamento e una sintetica descrizione del prelievo. I campioni sono stati sottoposti ad estrazione con acetone. Gli spettri sono stati acquisiti in modalità trasmissione su pasticca di bromuro di potassio nell intervallo cm -1, con risoluzione 4 cm -1 e 64 scansioni per ciascuna misura. tabella Campione Numero inventario del reperto Deposizione Descrizione del materiale prelevato tag I Polvere prelievo in corrispondenza dell imboccatura tag I Polvere prelievo all interno, in prossimità del fondo tag I Polvere prelievo all interno tag I Polvere e scagliette prelievo all interno tag II Polvere prelievo all interno tag II Polvere prelievo all interno tag II Polvere prelievo all interno tag II Polvere e frammenti prelievo all interno tag II Polvere prelievo all interno 206

205 Risultati Dalle indagini FtIr è emersa la presenza di sostanze grasse in tutti gli unguentari esaminati [217]. Verosimilmente si tratta di oli vegetali, tuttavia non si può escludere la presenza di grassi animali; la tipologia di analisi utilizzata non permette né una discriminazione tra i due tipi di sostanze, né l identificazione della specie di origine. In tutti i reperti, eccetto che nel , sono state ritrovate resine vegetali. Nei residui prelevati dall interno dei contenitori , , e sono stati identificati anche composti che rimandano ad un trattamento termico delle resine. La presenza di queste sostanze potrebbe essere dovuta al riscaldamento dei prodotti in fase di preparazione, ma anche all aggiunta intenzionale di pece, essa stessa prodotta mediante trattamento termico di resine vegetali. Nel campione tag 1, prelevato dal reperto , vicino all imboccatura, dove la superficie è verniciata, sono state individuate solo tracce di sostanze organiche, non meglio identificabili perché in quantità al limite della rilevabilità. Nel campione tag 8, contestualmente a grassi e resine, sono stati trovati carbossilati, composti derivanti da caratteristiche reazioni chimiche che portano alla trasformazione dei grassi (reazioni di saponificazione). Queste reazioni potrebbero essere avvenute 217. alcuni degli unguentari esaminati (214965, , , ) 207

206 218. Spettro FtIr del campione tag 2, unguentario Spettro FtIr del campione tag 6, unguentario

207 nel tempo per le particolari condizioni dell ambiente di sepoltura oppure essere volute e innescate dall aggiunta di sali specifici in fase di preparazione. a titolo esemplificativo è riportato il risultato dell analisi FtIr eseguita sul campione tag 2 con l indicazione dei segnali ascrivibili alle diverse sostanze identificate [218]. Il campione tag 6 è risultato di composizione differente rispetto a tutti gli altri. In questo, oltre ai grassi, è stata riscontrata la presenza di cere, di verosimile origine dalle api, e tracce di carbossilati. tali sostante sono state identificate in molti cosmetici e medicinali rinvenuti in contesti archeologici. Esse hanno proprietà idratanti, emollienti e detergenti e contribuiscono a creare un prodotto cremoso che aderisce con maggiore facilità alla pelle e vi permane più a lungo. Si riporta lo spettro relativo al campione tag 6 [219]. Considerazioni conclusive Le analisi chimiche eseguite sui residui hanno messo in evidenza che i prodotti in origine contenuti negli unguentari appartengono a due categorie differenti. Una tipologia ha caratteristiche che l assimilano ad unguenti profumati e disinfettanti; l altra contiene composti che rimandano a prodotti idratanti d uso cosmetico. La diversa composizione e, di conseguenza, le diverse proprietà lasciano supporre che le due qualità di prodotto fossero state preparate e utilizzate per scopi differenti. La vernice presente sulle superfici in prossimità dell imboccatura degli unguentari ha impedito l assorbimento e di conseguenza la conservazione delle sostanze contenute nei reperti, pertanto le sostanze organiche sono state rilevate solo all interno dei recipienti. Infine, va sottolineato che non si può escludere la presenza di altri ingredienti nella composizione originaria, non rilevati però dalle analisi perché presenti in bassissime concentrazioni, molto volatili e/o facilmente suscettibili di degradazione. 209

208 Per saperne di più Baeten J., romanus K., Degryse P., De Clercq W., Poelman H., Verbeke K., Luypaerts a., Walton M., Jacobs P., De Vos D., Waelkens M., Application of a multi-analytical toolset to a 16th century ointment: Identification as lead plaster mixed with beeswax, in Microchemical Journal 95, 2010, Brun J.-P., The Production of Perfumes in Antiquity: The Cases of Delos and Paestum, in American Journal of Archaeology 104, 2000, pp Derrick M.r., Stulik D.C., Landry J.M., Infrared Spectroscopy in Conservation Science, Los angeles Gamberini M.C., Baraldi C., Freguglia G., Baraldi P., Spectral analysis of pharmaceutical formulations prepared according to ancient recipes in comparison with old museum remains, in Analytical and Bioanalytical Chemistry 401, 2011, Lettieri M., Notarstefano F., Lo studio di residui organici su reperti archeologici attraverso un approccio interdisciplinare, in F. D andria, D. Malfitana, N. Masini, G. Scardozzi (a cura di), Il Dialogo dei Saperi. Metodologie integrate per i Beni Culturali, Napoli 2010, Łucejko J.J., Lluveras-tenorio a., Modugno F., ribechini E., Colombini M.P., An analytical approach based on X-ray diffraction, Fourier transform infrared spectroscopy and gas chromatography/mass spectrometry to characterize Egyptian embalming materials, in Microchemical Journal 103, 2012, Pérez-arantegui J., ribechini E., Cepriá G., Degano I., Colombini M.P., Paz-Peralta J., Ortiz-Palomar E., Colorants and oils in Roman make-ups an eye witness account, in Trends in Analytical Chemistry 28, 2009, ribechini E., Modugno F., Baraldi C., Baraldi P., Colombini M.P., An integrated analytical approach for characterizing an organic residue from an archaeological glass bottle recovered in Pompeii (Naples, Italy), in Talanta 74, 2008, ribechini E., Modugno F., Colombini M.P., Evershed r.p., Gas chromatographic and mass spectrometric investigations of organic residues from Roman glass unguentaria, in Journal of Chromatography A 1183, 2008, ribechini E., Modugno F., Pérez-arantegui J., Colombini M.P., Discovering the composition of ancient cosmetics and remedies: analytical techniques and materials, in Analytical and Bioanalytical Chemistry 401, 2011, Seccaroni C., Moioli P., Fluorescenza X - Prontuario per l analisi XRF portatile applicata a superfici policrome, Nardini, Firenze Shillito L.M., almond M.J., Wicks K., Marshall L.J.r., Matthews W., The use of FT-IR as a screening technique for organic residue analysis of archaeological samples, in Spectrochimica Acta Part A 72, 2009,

209 archeologia virtuale Ivan Ferrari I tre monumenti della necropoli greco-romana di taranto oggetto di studio del progetto MARTA Racconta sono: le tombe Gemine in via Umbria, l Ipogeo dei Festoni in via Crispi e l Ipogeo delle Gorgoni in via Otranto. a differenza delle prime due tombe dove, sia pur con qualche difficoltà di natura pratica, è stato comunque possibile accedere ed utilizzare strumentazioni e tecnologie legate alla scansione laser ed alla modellazione image-based, proprio quella delle Gorgoni ha posto l Information Technologies Lab (ItLab) dell IBaM-CNr di Lecce di fronte all impossibilità di effettuare quelle ricognizioni in situ, necessarie per la realizzazione di rilievi aggiornati e più in generale alla documentazione dello suo status quo. Oggi infatti l ipogeo risulta completamente interrato al di sotto di via Otranto, rendendo praticamente impossibile ogni forma di contatto, anche semplicemente visivo, con le strutture murarie. Si è quindi reso necessario il recupero di tutta la documentazione acquisita durante le fasi di scavo e custodita negli archivi della Soprintendenza per i Beni archeologici di taranto; l attenzione è stata rivolta in modo particolare ai rilievi che a tutti gli effetti costituiscono un unicum nella rappresentazione grafica del monumento [ ]. La necessità di elaborare anche per l Ipogeo delle Gorgoni un modello dello stato di fatto, poneva l ItLab di fronte ad alcune criticità, che portavano da un lato ad escludere l uso di appropriate strumentazioni per un rilievo di tipo sia diretto che indiretto, dall altro a scartare qualsiasi ipotesi di elaborazione digitale a partire dalle immagini fotografiche d archivio. Queste, infatti, essendo state realizzate al solo scopo di documentare le 220. Camera funeraria: sezione prospettica delle pareti est e sud 211

210 fasi di indagine archeologica, non sono adatte per la foto-modellazione, che al contrario necessita, come noto, di una sequenza di immagini ad alta risoluzione, in grado di coprire con un adeguata percentuale di overlapping tutte le superfici del complesso in oggetto. La soluzione del problema si è quindi orientata gioco-forza nell utilizzo dei soli rilievi grafici, gli unici in grado di fornire una rappresentazione diacronica e completa dell'ambiente ipogeo, che nel loro insieme hanno consentito di elaborare un modello tridimensionale immediatamente leggibile nel suo complesso spaziale ed architettonico, al cui interno si concentrano risposte e soluzioni a criticità spesso comuni a molti altri siti non più visitabili o addirittura non più conservati [ ]. Uno dei primi risultati è stato proprio quello di rendere la riproposizione dello status quo della struttura un punto fermo nel processo di veicolazione di dati dal monumento stesso al fruitore museale, in caso contrario costretto a leggere e comprendere rilievi planimetrici, prospetti e sezioni spesso con piani ribaltati o incrociati di non immediata lettura ed inerenti anche le distinte fasi di utilizzo. assemblando invece il tutto all interno di un modello 3D e mappando le varie superfici con quanto presente nelle distinte 221. Camera funeraria: sezione prospettica e pianta della II deposizione con i materiali di corredo 212

211 rappresentazioni grafiche bidimensionali, si ha avuto modo di offrire in un contesto spaziale unitario la fisionomia del manufatto, rendendo al contempo prontamente leggibile da un unico punto di vista un molteplice numero di tavole grafiche. Una ulteriore conseguenza di non poca importanza che deriva da tale processo è la verifica degli stessi rilievi. Combinando ed orientando le tavole secondo i giusti piani di rappresentazione, si può verificare la presenza o meno di incongruità metriche, da cui direttamente deriva il grado di attendibilità del modello rispetto all originale manufatto. Questo solleva un problema di grande rilevanza, specie se i rilievi a disposizione sono, come nel caso della tomba delle Gorgoni, gli unici realizzati e realizzabili, ossia la non coerenza delle varie tavole e quindi la palese presenza di errori metrici dovuti alla poca accortezza e precisione del rilevatore. Fortunatamente questo non si è riscontrato nel sito in oggetto, dove tutti i rilievi hanno evidenziato una coerente e corretta documentazione grafica che ha facilitato non poco il lavoro di modellazione 3D. In caso contrario, quale sarebbe dovuta essere la strada da percorrere? La risposta ovviamente dipende dal grado di precisione delle tavole con cui l operatore si trova a lavorare, se queste sono comun Modello 3D: restituito dai rilievi di scavo, vista dall alto Nella pagina successiva Modello 3D: restituito dai rilievi di scavo, spaccato prospettico 213

212 214

213 215

214 que tali da consentire una lettura volumetrica complessiva più o meno precisa del monumento, si può procedere con l estrapolazione digitale dello stesso, tuttavia non omettendo di evidenziare ed anzi indicando la probabile presenza di incongruità metriche nei punti in cui queste vengono riscontrate. Nel caso in cui invece i rilievi appaiano pieni di contraddizioni, un buon operatore può comunque scegliere di elaborare una rappresentazione digitale di 224. Modello 3D: restituito dai rilievi di scavo massima svincolata dal dato metrico e derivante dalla soggettività dello stesso e dal suo grado di interpretazione delle tavole, non mancando tuttavia di evidenziare al contempo le gravi criticità a cui si è dovuto far fronte. La tecnica hand modelling adottata è relativamente semplice e riproponibile all interno dei più comuni software di modellazione presenti sul mercato. acquisite ed importare in primis le immagini raster dei rilievi (rgb 300 dpi), queste vengono applicate come texture planari a dei semplici piani, messi in scala con il riferimento metrico indicato sulle stesse. Scindendo le due fasi di utilizzo della tomba, i vari piani sono stati orientati fra essi e da questi si è partiti per creare attraverso la sub-division surfaces un primo elaborato con continuità di superfici texturizzate con distinte selezioni pertinente la prima fase, successivamente implementato con ulteriori oggetti poligonali riferibili alla fase successiva. Si tratta di una soluzione raramente adottata in contesti di natura archeologica, il cui risultato tende a produrre un modello low-poly in grado di dare una maggiore potenza comunicativa alle tavole con cui appaiono mappate le sue stesse superfici. Il modello così ottenuto si presta ad essere visionato da qualsiasi angolazione, comprese le viste planari e quelle assonometriche, e ad essere a sua volta sezionato lungo qualsiasi piano. rilevante è anche la possibilità di poter disporre i vari elementi grafici, riferibili alle diverse fasi, su distinti livelli, e quindi consentire la lettura diacronica delle varianti architettoniche proprie di ogni distinta fase, attraverso l attivazione o meno della loro visibilità. Lo stato di fatto del manufatto appare così rappresentato secondo lo stile grafico espresso nei rilievi bidimensionali e per quanto molto lontano da un elaborato tridimensionale dalla resa estremamente realistica, lo stesso è comunque in grado di offrire 216

215 225. ricostruzione 3D (I deposizione) 226. ricostruzione 3D (II deposizione) 217

216 in modo ampiamente leggibile e con estrema immediatezza uno spazio architettonico ormai non più visitabile. L espressione grafica che ne risulta è il diretto riflesso di quella percepibile nei disegni bidimensionali di cui lo stesso modello si veste, e tale da fornire nell insieme un aspetto dallo stile cartoon risaltante le qualità ed il tratto più o meno artistico del rilevatore. a tutto questo si aggiunge un altro importante aspetto, ossia la presenza nei rilievi della tomba di via Otranto di tutta una serie di importanti dati documentari, come ad esempio la posizione del materiale di corredo, i residui di intonaco sulle superfici murarie, l ubicazione di chiodi e gli elementi stratigrafici inerenti le fasi di frequentazione. Da tutto ciò si può ben comprendere come il modello digitale in esame, non costituisce una rappresentazione dello stato di fatto di ripiego e deficitaria rispetto a quella elaborata per esempio per la tomba dei Festoni e le tombe Gemine, bensì alternativa e paradossalmente più ricca di informazioni, successivamente riproposte nell ipotesi ricostruttiva del monumento [ ]. ampliando il discorso, tale tecnica si potrebbe adottare con nuove potenzialità comunicative, in tutti quei casi in cui i rilievi in archivio documentano non solo una realtà archeologico-monumentale non più rilevabile per l inaccessibilità del sito, ma anche quelle realtà in cui un avanzato stato di degrado ha progressivamente portato alla perdita di dati non più documentabili con dei nuovi rilievi. Si è quindi potenzialmente in grado di fornire una nuova e più suggestiva veste grafica tridimensionale ai vecchi rilievi bidimensionali, ampliando e dando vigore a quella forma di rappresentazione grafica che ad oggi costituisce la base delle più moderne tecnologie di rilievo. Per saperne di più Gabellone F., Ferrari I., Giannotta M.t., Dell aglio a., From museum to original site: A 3d environment for virtual visit to finds re-contextualized in their original settings, in 2013 Digital Heritage International Congress, 28 Oct - 1 Nov 2013, Marseille, France (DigitalHeritage), vol. 2, Marseille 2013, Idem, Development of realistic Virtual Environment for a project of Museum Communication, in 6 th International Congress Science and Thechnology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin, 22end - 25 th October, Athens, Greece, vol. III, Gabellone F., Giannotta M.t., Monumenti inaccessibili della necropoli greca di Taranto: un modello di fruizione virtuale basato su interfacce naturali, in CIAC 2013, XVIIIth International Congress of Classical Archaeology, Merida, May 2013, c.s. Idem, Marta Racconta : a project for the virtual enjoyment of inaccessible monuments, in CHNT 18, International Conference on Cultural Heritage and New Technologies, Stadt Archäologie, Wien, November 11-13, Wien c.s. 218

217 219

218 220

219 tecniche analitiche impiegate Microscopia ottica 227. Microscopio ottico in luce trasmessa Sulle sezioni sottili è stato eseguito uno studio mineralogico-petrografico mediante un microscopio ottico in luce trasmessa, finalizzato all identificazione delle specie mineralogiche costituenti gli intonaci di supporto alle pellicole pittoriche ed alla descrizione delle loro caratteristiche tessiturali. Una sezione sottile consiste in una fettina di materiale, spessa circa 30 µm, fissata su un vetrino che risulta sufficientemente trasparente alla luce da evidenziare le proprietà ottiche dei minerali costituenti il materiale stesso. tali proprietà, legate al tipo di reticolo cristallino, ne permettono il riconoscimento. Le sezioni lucide sono state invece oggetto di uno studio stratigrafico al microscopio ottico in luce bianca e UV riflessa, al fine di individuare la composizione, lo spessore e l esatta successione degli strati pittorici presenti. Una sezione lucida si ottiene inglobando in resina poliestere un piccolo campione di pellicola pittorica e orientandolo in modo da ottenere una sezione perpendicolare alla sua superficie esterna. 221

220 Le sezioni sottili e le sezioni lucide sono state allestite secondo le metodologie riportate nel Normal 14/83, utilizzando frammenti di intonaci dipinti e non, ritrovati all interno della tomba. Per la descrizione microscopica degli intonaci è stata seguita la Norma UNI 11176:2006. Il microscopio ottico utilizzato è il modello Nikon ECLIPSE LV100POL, con ingrandimento massimo raggiungibile pari a 1000 X. Davide Melica - Giovanni Quarta Fluorescenza di Raggi X (XRF) Si tratta di una tecnica di analisi chimica elementare eseguita mediante uno spettrometro a raggi X in dispersione di energia, modello Bruker XaS, artax 200. tale metodologia analitica sfrutta una radiazione primaria di raggi X che provoca alcuni salti elettronici nell atomi degli elementi chimici presenti nel materiale analizzato; si generano in tal modo raggi X secondari, caratteristici degli elementi incogniti. Le analisi assolutamente del tipo non distruttivo sono state effettuate direttamente sui frammenti di intonaci dipinti, senza alcuna preparazione preliminare, al fine di identificarne i pigmenti. Davide Melica - Giovanni Quarta 228. XrF: Spettrofotometro di fluorescenza di raggi X 222

221 Microscopia elettronica a scansione ambientale (ESEM) corredata da sistema di microanalisi chimica in dispersione di energia (EDS) tale metodologia consente di ottenere ingrandimenti dell ordine delle decine di migliaia di volte di materiali a prevalente composizione inorganica. L osservazione morfologica permette di ottenere informazioni sulla microstruttura dei campioni, delle specie cristalline e di individuare con notevole accuratezza sequenze multistrato, frequenti nei campioni archeologici sia di tipo ceramico sia lapidei naturali e artificiali. Il sistema EDS accoppiato al microscpio elettronico consente l identificazione dei pigmenti contenuti negli strati pittorici mediante la determinazione della loro composizione chimica elementare in termini qualitativi e semi-quantitativi. L importanza della tecnologia ESEM risiede nella possibilità di eseguire le osservazioni e la microanalisi senza procedure di preparazione del campione di tipo distruttivo che rendono questo utilizzabile per altre analisi. Le osservazioni microscopiche sono state effettuate sulle sezioni lucide trasversali, con le modalità riportate nel Normal 8/81. Il microscopio elettronico impiegato è il modello FEI XL 30 ESEM mentre lo spettrometro EDS è il modello apollo X della EDaX. Davide Melica - Giovanni Quarta 229. SEM: Microscopio elettronico a scansione 223

222 La spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier Data la necessità di non danneggiare gli oggetti, nell esecuzione delle indagini chimiche si preferisce l impiego di metodologie analitiche microdistruttive e, in particolare, la spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FtIr). Si tratta di una tecnica analitica che sfrutta l interazione della materia con le radiazioni elettromagnetiche nell infrarosso, per identificare le sostanze organiche e/o inorganiche, in campioni solidi (sotto forma di polveri o di frammenti), liquidi e gassosi. Nel corso dell analisi, le radiazioni inviate sul campione sono in parte da esso assorbite, dando origine a vibrazioni dei legami chimici delle molecole. I dati analitici sono restituiti dallo strumento sotto forma di spettri, che, costituiti da segnali (detti bande o picchi) di diversa intensità, risultano caratteristici e unici per ogni singola sostanza. L identificazione dei composti analizzati è fatta per confronto con spettri di sostanze note. L analisi FtIr può essere eseguita in diverse modalità operative, a seconda della tipologia di campioni a disposizione. Nel caso dei residui prelevati dagli unguentari, gli spettri sono stati acquisiti in modalità di trasmissione utilizzando uno spettrofotometro FtIr Thermo Nicolet Nexus. I campioni sono stati portati in forma liquida per estrazione con acetone e poi depositati su pasticche di bromuro di potassio (KBr). Il KBr è una sostanza salina che, essendo trasparente alla radiazione infrarossa, non interferisce con l analisi FtIr e viene quindi usato come matrice; pressato in pasticche, ingloba il campione e ne permette l analisi. Mariateresa Lettieri 230. FtIr: Spettrofotometro nell infrarosso a trasformata di Fourier 224

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