PRODUZIONE, COMMERCIO E CONSUMO DI MANUFATTI CERAMICI NELLA SARDEGNA NORD-OCCIDENTALE TRA XI E XV SECOLO di MARCO MILANESE, LAURA BICCONE, MAURO FIORI

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1 PRODUZIONE, COMMERCIO E CONSUMO DI MANUFATTI CERAMICI NELLA SARDEGNA NORD-OCCIDENTALE TRA XI E XV SECOLO di MARCO MILANESE, LAURA BICCONE, MAURO FIORI 1. LA RICERCA E LE SUE FONTI Nei programmi di ricerca degli insegnamenti di Archeologia Medievale e di Metodologia e Tecnica della Ricerca Archeologica dell Università di Sassari, a partire dal 1995 ha avuto un ruolo rilevante la progettazione e l avvio di uno studio delle ceramiche medievali e postmedievali prodotte o circolanti nel settore nord-occidentale della Sardegna, in un ampia area corrispondente al territorio medievale del Giudicato di Torres. Il limite più grave di questa indagine è costituito dalle scarse fonti archeologiche disponibili, a causa del carattere prevalentemente episodico ed occasionale che la ricerca archeologica postclassica ha avuto nell isola sino ad anni recenti, almeno per quanto riguarda i secoli centrali del Medioevo, il tardo Medioevo e il periodo postmedievale. Basti citare l assenza di dati archeologici sulle strutture insediative e commerciali di Porto Torres medievale, il cui ruolo strategico nei rapporti tra Pisa, Genova e la Sardegna nord-occidentale emerge con chiarezza nelle fonti scritte (ARTIZZU 1985, p. 153; MELONI 1988). Per questi motivi, in particolare per la fascia cronologica compresa tra l XI ed il XIII secolo, per la quale non abbiamo ancora significativi contesti stratigrafici ma prevalentemente materiali residui, ridepositati in giaciture successive, rimane ancora centrale (nell esame della circolazione dei manufatti ceramici) il ruolo dei pochi bacini architettonici presenti nel territorio studiato, come quelli di S. Barbara di Innoviu, del S. Nicola di Sassari e di S. Nicolò di Trullas a Semestene. È sembrato tuttavia particolarmente chiaro, fino dagli inizi della ricerca, che questa avrebbe avuto un futuro concreto solo se contestualizzata in un adeguato potenziamento dell archeologia medievale regionale, obiettivo che è stato possibile concretizzare, negli anni , grazie ad una efficace collaborazione stabilitasi con la Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro. Interventi d emergenza e preventivi nel centro storico di Sassari e lo scavo del Duomo di Sassari, diretti da D. Rovina, nonché le ricerche nel vicino villaggio medievale di Geridu (MILANESE et al a), nella città, prima genovese e poi catalana, di Alghero (MILANESE et al. 2000b), nei castelli di Bosa e di Monteleone Roccadoria (MILANESE- CAMPUS-SANNA 1999) e nel centro di Thiesi (MILANESE 1995, 1999; LECIS 1999) nel Mejlogu, hanno consentito di recuperare in pochi anni una ingente mole di informazioni che sembra già imprescindibile per qualsiasi riflessione di taglio storico-archeologico sul Medioevo di queste zone della Sardegna. I materiali rinvenuti nelle ricerche, decine di migliaia di reperti ceramici disposti in sequenze stratigrafiche di lunga durata, si sono rivelati essenziali nell organizzazione del neonato settore di archeologia medievale del Museo Archeologico Nazionale di Sassari (ROVINA 2000), nella progettazione del Museo della Città di Alghero e di un museo tematico sui villaggi medievali della Sardegna. Tuttavia, anche se lo studio di questi reperti viene realizzato sia all interno delle sequenze di riferimento, sia con un taglio specialistico trasversale a sequenze e siti diversi, approcci che stanno delineando quadri problematici e cronotipologici del tutto inediti, la strategia generale della ricerca pone naturalmente quesiti articolati nella duplice ottica della circolazione commerciale (indagata bene nei siti di consumo, urbani e rurali) e delle produzioni locali. Su questo secondo aspetto occorre progettare indagini mirate nei luoghi di produzione ed alle tipologie di manufatti, all individuazione delle zone di estrazione delle materie prime, complementari a progetti di archeometria della ceramica che possono essere impostati anche sui reperti dei siti di consumo. Referente naturale di questo piano della ricerca sono le fonti scritte relative alla produzione, che sono tuttavia quantitativamente scarse, in prevalenza riferibili a produzione di fittili per l edilizia (è il caso dei teulargios di Sassari nel XIII secolo e della figura del teulariu presente in alcuni villaggi rurali) e solo in rari casi di cronologia medievale (generalmente si tratta di fonti postmedievali, come nel caso di Alghero). Un caso a parte è costituito da Oristano, centro specializzato nella produzione della ceramica, che, pur ubicato al di fuori dell area indagata, ha sicuramente rifornito in modo consistente di manufatti ceramici anche il nord dell isola. Nel complesso, emerge un quadro di spiccata dipendenza dall esterno dell isola (principalmente da Toscana, Liguria e Spagna) per quanto concerne i manufatti ceramici, almeno fino al tardo XV-inizi XVI secolo, una dipendenza quasi completa per quanto concerne le ceramiche rivestite, mentre le produzioni locali medievali (con alcune probabili eccezioni) sembrano esprimersi in prevalenza in produzioni non rivestite destinate alla cottura degli alimenti e nei fittili per l edilizia. M.M. 2. LE PRODUZIONI LOCALI 2.1 La ceramica priva di rivestimento grezza Geridu, Alghero La presenza di ceramica grezza di produzione locale è attestata in tutti i contesti scavati, quantitativamente dominante rispetto alle altre produzioni, almeno sino alla metà del XV secolo, quando in maniera evidente si avverte la sostituzione con manufatti invetriati. La destinazione funzionale, come di consueto, è la cottura dei cibi, nella quasi totalità dei reperti. La mole considerevole di reperti al momento è sottoposta a un livello di analisi che si può definire preliminare Le quantificazioni per ora definiscono le frequenze relative all interno delle associazioni, ma si è ancora lontani da un quadro tipologico complessivo. La stessa mancanza di dati archeometrici non permette di farsi un idea precisa sull area di produzione e distribuzione. Solo una lettura macroscopica degli impasti, delinea centri di produzione diversi, quindi con un scala di distribuzione tutta da definire. Dal punto di vista formale, nei contesti di Sassari, Geridu, Banari è rappresentata la pentola di ampie proporzioni, una serie di olle di varie dimensioni, ansate o meno, tegami con prese a tubercolo e a Geridu frammenti di un tegame di grosse proporzioni, probabilmente testo da pane. A queste si deve aggiungere nel caso di Geridu la presenza nei contesti di primo trecento di tegami invetriati con pareti leggermente svasate e prese a tubercolo impostate sull orlo di cui si è rinvenuta una forma ricostruibile. Questo pone il problema dell eventuale importazione di prodotti che completano le forme presenti nella cucina di questo periodo. Per quanto lontani, quindi, da un analisi puntuale dei reperti é ora necessario, in funzione di un approccio problematico al tema, definire le linee di una ricerca sistematica, mirata alla definizione crono-tipologica e degli ambiti produttivi di questo aspetto importante della cultura materiale. M.F Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

2 Fig. 1 Localizzazione dei siti citati nel testo. 2.2 Ceramiche invetriate Geridu, Alghero Lo studio sulle ceramiche invetriate prodotte in Sardegna o importate da altri centri del Mediterraneo è ancora molto lontano dal potersi considerare concluso. In particolare non è sempre agevole distinguere con sicurezza le produzioni locali dalle importazioni soprattutto per il periodo qui preso in esame (XIV-XV secolo), mentre per il cinquecento, ad esempio, il confronto con le produzioni ingobbiate, attribuite ad area oristanese, spesso fa da indicatore per distinguere forme, rivestimenti e impasti locali. Dal punto di vista formale possiamo dire che nel villaggio di Geridu, a parte il tegame di cui si tratterà insieme alle altre forme da cucina prive di rivestimento, sono documentate solo forme da mensa, ciotole oppure boccali. Alcune forme di ciotola trecentesche con profilo carenato e fondo piano trovano confronti puntuali nel contesto del Duomo di S. Nicola, ma presentano caratteristiche formali, di impasto e di tecnica di fabbricazione (stacco dal tornio non a cordicella) che, al momento, non hanno un riscontro sicuro nelle produzioni locali. Dall ossario della chiesa di S. Andrea di Geridu proviene invece una ciotola emisferica a fondo piano, con stacco a cordicella, orlo leggermente confluente che nel tipo di vetrina e nell impasto è del tutto simile a quelli delle slip ware di XVI secolo di produzione sarda. La datazione del contesto è al limite del periodo preso in esame e cioè alla fine del XV secolo. Altre forme di cui si può definire l area di produzione verranno trattate insieme alle tipologie di ceramiche rivestite. L.B. 2.3 Ceramiche prive di rivestimento depurate Anche per questa classe vale il discorso fatto per le invetriate, mancando uno studio accurato e attendibile sulle produzioni locali trecentesche e quattrocentesche. Le forme, di cui attualmente non si è trovato confronto nelle produzioni del Mediterraneo occidentale, sono prevalentemente da dispensa: brocche decorate a pettine (altezza circa 35 cm), contenitori probabilmente privi di anse (diametro della bocca circa 20 cm), con corpo globulare, spessore delle pareti molto sottile e decorazioni incise a crudo sulla spalla. Per le produzioni note di contenitori da dispensa si parlerà nei contributi relativi a Spagna e Toscana. Altre forme attestate di ipotizzata produzione locale sono i sette salvadanai ritrovati nel silos del Duomo a Sassari e pubblicati negli anni passati (ROVINA 1989, pp ) una forma analoga, ma di dimensioni più piccole, proviene dall ambiente 1 di Geridu. L.B. 2.4 Maiolica Arcaica In quasi tutti i siti in cui siano stati effettuati scavi sistematici o recuperi d emergenza (Geridu, Thiesi, Bosa, Monteleone Roccadoria, Alghero, Osilo, Sassari) sono stati notati esemplari di maiolica arcaica con caratteristiche tecnologiche (matrice, rivestimenti) non compatibili con le produzioni di Pisa e di Savona, largamente diffuse nei territori studiati. Si tratta di matrici talora anche estremamente grezze, ricche di inclusi scuri, di probabile natura granitica, o quarzosi di dimensione millimetrica, la cui presenza può addirittura condizionare la regolarità delle superfici. Nelle for Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 2

3 me aperte, lo smalto è presente solo all interno, mentre l esterno è privo di qualsiasi rivestimento: si tratta per lo più di ciotole monocrome bianche, con debole carenatura, orlo piatto superiormente e piede ad anello. Solo in un caso è stata notata la tracca della tipica decorazione a croce raggiata, con i colori falsati da una cottura errata per eccesso di fumi e di temperatura. Sono presenti anche fr. di boccali, ma di forme per il momento non meglio caratterizzabili. È attualmente allo studio una campionatura mirata alla caratterizzazione petrografica delle matrici. Si ritiene plausibile l ipotesi di una produzione locale, originata in seguito allo spostamento di maestranze da aree che tradizionalmente rifornivano i mercati sardi di manufatti ceramici. Nonostante che allo stato attuale della ricerca non si siano identificati significativi riferimenti nelle fonti scritte, si potrebbe pensare (con le evidenti e necessarie cautele) a maestranze liguri, forse di area savonese, piuttosto che pisane, dati i contatti privilegiati che questa zona della Sardegna ha intrattenuto con Genova e considerata la cronologia piuttosto tarda (XV-XVI secolo) in cui si collocano questi particolari esempi di maiolica arcaica. Alcune differenze notate macroscopicamente tra le matrici potrebbero indicare episodi produttivi differenti, come cronologia o centro produttivo, caratterizzati da una complessiva bassa qualità dei manufatti, che sembrerebbe indicare una produzione di scarsa fortuna e durata. M.M. 2.5 I centri di produzione SASSARI Allo stato attuale delle conoscenze, questa città non ha avuto, in età medievale, una propria produzione di vasellame, come si può evincere, a partire dagli Statuti comunali tardo duecenteschi (ARTIZZU 1985, p. 209; TOLA 1861), da una serie di fonti che permettono di studiare le attività artigianali urbane (PONTI 1959). Negli Statuti, è tuttavia citata una produzione di teulas (che dovranno essere sanas et bene cottas, et mannas ) opera dei teulargios (TOLA 1861, p. CXXXVIII; ORLANDI 1984, p. 99). Le fonti scritte e le fonti archeologiche sembrano pertanto indicare che Sassari dovette essere del tutto dipendente, in età medievale, dalle importazioni di stoviglie liguri, toscane, spagnole: le fornaci rurali producevano vasellame grezzo da cucina, anche se è allo studio l ipotesi dell esistenza di produzioni depurate o rivestite. In età postmedievale, quando le produzioni fittili sassaresi continuavano a limitarsi a poche fornaci di tegole e mattoni, le necessità di vasellame del mercato urbano sassarese venivano soddisfatte in buona parte dalle produzioni di Oristano (ANGIUS 1833, pp ) ALGHERO Una fonte del 1570 registra l attività di produttori di tegole e vasai in Alghero (taulers y mestres de stergio dela ditta çiutat: BUDRUNI 1990, p. 123) e questa indicazione trova conferme anche in periodi successivi. Nonostante la cronologia della fonte, il riferimento potrebbe rappresentare un indizio per ipotizzare l esistenza di una produzione ceramica algherese anche in epoca tardo medievale, ma occorre precisare che al momento non siamo in possesso di alcun indicatore archeologico o archeometrico che vada con attendibilità in questa direzione. Fra i materiali ceramici medievali rinvenuti nelle campagne di scavo 1997/1999 svolte nel centro storico di Alghero (MILANESE et al. 1999; MILANESE et al. 2000b) sono presenti classi funzionali (prive di rivestimento, invetriate), una parte delle quali potrebbe essere di produzione locale, mentre di sicura produzione locale (verifiche archeometriche in corso) riteniamo le tegole e i mattoni. Si tratta in sostanza di un ipotesi di lavoro da approfondire e da verificare su diversi piani metodologici ORISTANO Anche se questa città risulta al di fuori dei limiti territoriali entro i quali sono concentrate le ricerche, la sua importanza come centro produttivo obbliga a discuterne il ruolo. Già alla fine del XV secolo la concentrazione di vasai in Oristano dovette essere davvero notevole, se in questo periodo è noto un borgo di figuli (su burgu de sos conjolargios), nel settore nord-orientale della città, nell area dell odierna chiesa di S. Sebastiano (MANNICHEDDA 1987, p. 43; MARINI-FERRU 1993, p. 66; MELE 1999, pp ). Dal XVI secolo le fonti si intensificano, sia come documenti scritti che come fonti archeologiche (invetriate; ingobbiate) e dal XVII secolo i vasai oristanesi ebbero i propri statuti (MELE 1999, p. 179). È quindi probabile che, data l organizzazione raggiunta da Oristano già nel XV secolo e la diffusione regionale dei suoi prodotti dal XVI secolo (MARINI-FERRU 1993, p. 92), una circolazione possa essersi attuata anche nel Medioevo, anche se per il momento non siamo in grado di identificare i materiali, all interno di produzioni in attesa di una specifica attribuzione FORNACI RURALI Nel condaghe di Barisone II (giudice di Torres), un registro di amministrazione redatto alla fine del XII secolo, Jerardu, teulariu de Bosove (una villa a nord di Sassari) viene citato in qualità di testimone dell acquisto di una vigna nella valle di Bosove (MELONI-DESSÌ FULGHERI 1994, pp ). Questa fonte testimonia l esistenza, già nel XII secolo, della figura di un artigiano specializzato nella fabbricazione delle tegole, operante nel territorio rurale di Sassari. Incrociando l informazione con quanto emerso dagli scavi della vicina villa di Geridu (Geriti), dove gli edifici di fine XIII-inizi XIV sono interamente coperti con tegole fittili e dai dati di ricognizione di altri villaggi medievali della curatoria di Romangia, dove l uso delle tegole sembra generalizzato, si evince un bisogno di rilevanti quantitativi di tegole per ogni villa di una certa dimensione, che forse, per questo motivo, prevedeva la figura di un proprio teulariu. Sulla base degli elementi ad oggi disponibili si può quindi avanzare l ipotesi che, almeno nei villaggi maggiormente popolati, fossero attivi alcuni teularios, come Jerardu a Bosove: se questi artigiani producessero poi per un esclusivo mercato di villa o, al contrario per un commercio leggermente più ampio, di carattere circumlocale, saranno la ricerca sul campo e le indagini archeometriche ad indicarlo con maggiore puntualità. Allo stesso modo, una volta definiti i principali caratteri tipologici delle produzioni ceramiche grezze, l obiettivo è quello di studiarne la compatibilità o meno, a livello di aree di produzione, con le caratteristiche petrografiche delle tegole, per capire se anche i luoghi, oltre ai protagonisti (come probabile), di queste differenti produzioni rurali locali erano effettivamente distinti nel territorio, accentrati in poche aree specializzate o maggiormente disperse, in coincidenza con i maggiori centri demici e di consumo. M.M. 3. LE IMPORTAZIONI 3.1 Islam occidentale FINE X-FINE XI SECOLO I soli elementi ad oggi disponibili sono tre bacini ceramici presenti sulla chiesa di S. Gavino a Porto Torres (terminus ante quem, l anno 1111), di probabile produzione tunisina ed egiziana, nel caso di un possibile lustro. Alla Sicilia orientale potrebbe invece rimandare un lotto omogeneo di sei ceramiche policrome, databili alla seconda metà-fine XI secolo, identificate sulla chiesa di S. Nicolò di Trullas a Semestene (HOBART-PORCELLA 1993, pp. 142, 148) Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 3

4 Fig. 2 Forme di ceramica grezza provenienti dal villaggio di Geridu (XIV sec.). Fig. 5 Boccale di m.a. pisana proveniente dal villaggio di Geridu (prima metà XIV sec.). Fig. 3 Forme di ceramica grezza provenienti dal villaggio di Geridu (XIV sec.). Fig. 6 Maiolica valenzana decorata a lustro con motivo pajaro i hojas de helecho (da Alghero, ultimi decenni XV sec.). in questo stesso sito, un fr. di invetriata verde di produzione siculo-maghrebina (MILANESE 1996, pp ). Sempre come residui, anche nei recenti scavi di Alghero sono emersi fr. di ceramica smaltata di produzione tunisina, con decorazioni in solo bruno su fondo bianco. Fig. 4 Graffita monocroma savonese proveniente dallo scavo di Alghero (fine XV sec.) FINE XII-METÀ XIII SECOLO Due bacini decorati a cobalto e manganese, di produzione tunisina, sono stati identificati sul campanile del Duomo di Sassari (BERTI-HOBART-PORCELLA 1990, p. 155). Tutti gli elementi finora noti in scavo sono residui da contesti di epoca tardomedievale e postmedievale. Si tratta di alcuni fr. a cobalto e manganese dagli scavi di Geridu e, 3.2 Fine XII-XIII secolo. Campania Pochi fr. di spiral ware di produzione campana, rinvenuti a Geridu in contesti di giacitura secondaria, costituiscono gli unici esempi di questa classe ceramica finora rinvenuti nella Sardegna centro-settentrionale (MILANESE 1996, p. 521). Sarebbe tuttavia oggi errato definire la spiral ware come tipo raro, in quanto fino ad oggi non sono noti, nel centro nord della Sardegna, contesti archeologici databili al periodo della sua produzione (nelle aree di Napoli e di Salerno: PASTORE 1993, pp ; MOLINARI 1997, p. 143) 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 4

5 Fig. 7 Maiolica spagnola tipo loza azul clasica decorata con motivo ad onde e pesci (da Alghero, prima metà XV sec.). e della sua ampia circolazione tirrenica. Il tipo è assente fra le ceramiche architettoniche del campanile del Duomo di Sassari (metà o terzo quarto del XIII secolo: HOBART- PORCELLA 1993, p. 145), ma compare con due esemplari nella chiesa di S. Priamo a S. Vito, nel Cagliaritano, con una datazione alla metà del XIII secolo. È probabile che alla base di questa circolazione vi sia stata la mediazione del commercio ligure lungo le coste tirreniche (HOBART-PORCELLA 1993, p. 152), ma è certo che l esiguità delle fonti archeologiche ad oggi disponibili non ne consente ancora una convincente traduzione in dati storiografici. 3.3 XIII secolo. Puglia Due protomaioliche attribuite alla Puglia meridionale (MANNONI 1990, pp ), con decorazioni zoomorfe in verde, giallo-bruno e bruno sono documentate sulla chiesa di S. Barbara di Innoviu, mentre non sono al momento meglio caratterizzate le quattro protomaioliche del Duomo di Sassari (BERTI-HOBART-PORCELLA 1990, pp ). L assenza di reperti da scavo è riconducibile all attuale mancanza di contesti di questa fascia cronologica. 3.4 Savona XIII-XIV SECOLO Sassari, Geridu, Alghero, Bosa Fra i bacini del campanile del Duomo di Sassari (terminato prima del 1278) è presente un gruppo di dodici ingobbiate monocrome di probabile produzione savonese, pur nell incertezza dovuta alle notevoli difficoltà di ricognizione del monumento: l associazione ceramica rimanda alla metà o al terzo quarto del XIII secolo. Sulla chiesa di S. Barbara di Innoviu (consacrazione: ) sono documentate alcune graffite arcaiche savonesi, impiegate come bacini architettonici ed associate con protomaioliche (HOBART-PORCELLA 1993, pp ). Dagli scavi di Geridu provengono alcuni fr. di ingobbiate monocrome savonesi, di graffita arcaica monocroma e policroma, che sono probabilmente attribuibili al medesimo orizzonte cronologico (seconda metà XIII secolo): in questo sito, tali classi sono ad oggi note solo a livello residuale (MILANESE 1996) e risultano assenti dai contesti di pieno Trecento finora rinvenuti, tanto che la loro scomparsa da queste fasi delle stratificazioni sembra non essere casuale, ma rivestire un preciso significato, in termini cronologici e di modalità di circolazione. Ad una cronologia già di XIV secolo (secondo quarto?) potrebbero rimandare alcune scodelle (almeno quattro) di graffita arcaica savonese rinvenute negli scavi del Duomo di Sassari, in un silos, in associazione con numerosi boccali di maiolica arcaica pisana e ceramica tipo Pula, in blu e Fig. 8 Boccale valenzano invetriato proveniente dal villaggio di Geridu (prima metà XV sec.). lustro. Oltre alle decorazioni note, sono presenti anche elaborati motivi inediti, di carattere geometrico e stilizzato: in questo stesso contesto sono inoltre presenti anche ingobbiate monocrome savonesi (ROVINA 1989). Le classi ceramiche appena citate, di produzione savonese, costituiscono le prove archeologiche di quel consistente commercio di vasellame rivestito, attestato tra la Liguria e il nord della Sardegna già dal terzo decennio del XIII secolo ( scuellis, taliatoribus, conchis, bocellis, vernigatis : CALVINI-PUTZULU-ZUCCHI 1957; BALLETTO 1981), che risulta invece assente nella documentazione commerciale del XII secolo (DELIPERI 1935). Alghero, punto strategico della presenza genovese in Sardegna e luogo deputato al controllo del commercio del corallo, per la straordinaria ricchezza di questa risorsa nel suo mare, compare per la prima volta nella documentazione scritta nel 1288 (MILANESE et al. 2000b), negli anni che videro lo stabilirsi di nuovi equilibri politici nell isola, dopo la battaglia della Meloria (LODDO CANEPA 1952, pp ; CASULA 1984). Nei recenti scavi urbani condotti nell area portuale algherese, una costante delle fasi più antiche delle stratificazioni è l attestazione di graffita arcaica savonese, talvolta in associazione con maiolica arcaica pisana e in un caso con un denaro genovese del XIII secolo. Tali contesti, sempre emersi a contatto con la roccia in posto, a pochi metri dal mare, testimoniano la circolazione delle ceramiche savonesi in una fase che potrebbe coincidere con il consolidarsi della presenza dei Doria nell area portuale algherese, che dovette concretizzarsi fra l altro in una generalizzata sistemazione delle aree di approdo, come documentato negli scavi compiuti nel 1998 in Piazza S. Croce, nonché in una organizzazione razionale delle strutture difensive a mare, come suggerito dagli scavi 1998 del Bastione S. Giacomo, settore A Bosa, importante centro della feudalità della famiglia ligure dei Malaspina e scalo del commercio genovese 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 5

6 in Sardegna (BROWN 1994, pp ), ubicato a sud di Alghero e documentato da fonti di varia natura dall XI secolo (FOIS 1992, pp ), in una ricognizione intensiva delle pendici del castello di Serravalle, sono stati recuperati consistenti materiali ceramici, fra cui alcuni fr. di graffita arcaica savonese. Si tratta di materiale di scarso rilievo quantitativo, ma Bosa, purtroppo sottoposta a ripetuti sterri anche in anni recenti, si può dire terra vergine dal punto di vista dell archeologia stratigrafica XV SECOLO Geridu, Alghero, Thiesi, Bosa Una novità è rappresentata dalla consistente circolazione di maiolica arcaica savonese (MANNONI 1975, p. 108; BENENTE 1991), al momento assente (un limite è certo rappresentato da una base quantitativa ancora insufficiente) nei contesti di Geridu e di Sassari, databili al XIV secolo, dove la maiolica arcaica è sempre di produzione pisana. Nella villa di Geridu la m.a. savonese compare in un contesto (settore 3300) che testimonia la rioccupazione, probabilmente databile al secondo quarto del XV secolo, di un edificio trecentesco già da tempo oggetto di processi deposizionali di varia natura (crollo del tetto, dilavamenti, etc.). Sempre a Geridu, ciotole di m.a. savonesi sono state rinvenute nelle obliterazioni di un ossario, utilizzato nel XIV secolo, adiacente al lato sud della chiesa di S. Andrea. Il materiale rinvenuto negli scavi di Alghero si sta rivelando decisivo, come era nelle aspettative progettuali, per una comprensione delle dinamiche della circolazione delle ceramiche nella Sardegna settentrionale. La m.a. savonese è una costante delle associazioni databili al XV secolo, sia pure in netta minoranza rispetto alle smaltate di produzione spagnola: le matrici sono poco depurate, con inclusi micacei, quarzosi e di chamotte macinata, le fratture sono irregolari e le pareti hanno spessori rilevanti, caratteristiche che conferiscono ai prodotti un aspetto qualitativamente modesto, specialmente se confrontati con le m.a. di produzione pisana. Questi stessi caratteri sono peculiari di un ampia gamma di ceramiche savonesi presenti nei medesimi contesti di XV secolo: si tratta di ingobbiate monocrome, ingobbiate dipinte con i motivi della m.a. (MANNONI 1975, tipo 54), nonché graffite monocrome (in genere con motivi a croce ed onde: GARDINI-MILANESE 1978, pp ) e graffite policrome (contesto AHO99 US 1342, datato attorno alla fine del XV secolo). Anche i recuperi effettuati a Bosa hanno permesso di documentare la circolazione di ceramiche savonesi del XV secolo, come maiolica arcaica, graffite monocrome ed ingobbiate. A Thiesi, un centro dell interno, ubicato nel Mejlogu, i materiali decontestualizzati provenienti da uno sterro nel centro storico e recuperati alla discarica del paese, hanno evidenziato la presenza di numerose forme, prevalentemente boccali, di m.a. savonese e (più limitate) m.a. di probabile produzione locale (cfr. 2.3). Inoltre, sono presenti ingobbiate monocrome, ingobbiate dipinte, graffite monocrome e graffite policrome savonesi, in associazione (anche se la definizione è impropria, trattandosi di un recupero) con le loro imitazioni locali, che si ritengono, in via di ipotesi di lavoro, contestuali. La datazione di questo materiale rinvenuto a Thiesi pone alcuni problemi, in quanto è evidente che non si trattava di una giacitura omogenea, cronologicamente stretta, ma piuttosto di una pluristratificazione di lungo periodo (che comprendeva anche fasi romane e nuragiche), con un importante momento di crescita collocabile tra XV e XVI secolo. Alcuni studi (MILANESE 1990a,b; BENENTE 1991) hanno tuttavia sottolineato il protrarsi della produzione di m.a. savonese anche nel XVI secolo e per questo motivo risulta difficile attribuirla (così come le altre ceramiche liguri ingobbiate) ad un momento avanzato del XV o al XVI secolo, essendo presenti nel contesto maioliche di Montelupo di questo arco cronologico (e di fasi successive, che però non vengono considerate in questa sede), un periodo in cui il commercio tra numerosi porti liguri, tra cui Savona (VA- RALDO 1981, pp ) e la Sardegna nord-occidentale risultano ampiamente attestati. M.M. 3.5 Pisa XIII-XVI SECOLO Ad aggiornare la situazione sulla presenza e circolazione della maiolica arcaica pisana nella Sardegna nord-occidentale, vengono incontro i risultati dell attività stratigrafica condotta in questi ultimi anni. Alcuni siti scavati o oggetto di ricognizione (centro storico di Alghero, Geridu, S. Maria di Cea, S. Maria del Cardo, Duomo di San Nicola, Monteleone Roccadoria) attestano la presenza quantitativamente significativa, nei contesti riferibili a fasi collocabili tra il XIV e il XV secolo, tanto da prospettare una distribuzione pressoché capillare, non solo nella Sardegna meridionale (SALVI 1989), ma anche nel resto dell isola. Un analisi preliminare dei reperti, in buona parte inediti, testimonia una presenza certa di tipi riferibili alla seconda e alla terza fase di produzione, mentre la mancanza di chiari contesti della prima metà del duecento, non permette di completare il quadro con le prime produzioni rivestite di Pisa. Questo dato è, al momento, solo ipotizzabile sulla scorta di alcuni frammenti rinvenuti in contesti di pieno trecento, ma di non chiara leggibilità. Sempre più, quindi, diviene chiaro che la maiolica arcaica sia un fenomeno produttivo di enorme portata tanto da far arrivare i manufatti fino nelle zone più lontane dalla costa e nei villaggi più piccoli. Capillarità che, insieme ai dati quantitativi, la fanno diventare la classe ceramica più importante tra quelle di importazione, almeno sino alla fine del XIV secolo, quando i rapporti cambiano a favore di una maggiore presenza di prodotti valenzani e delle prime attestazioni di maiolica savonese, la quale sembra prendere progressivamente importanza nel mercato quattrocentesco. Un quadro tipologico complessivo, per quanto lontano dall essere completo, attesta un equilibrio sostanziale tra forme chiuse e forme aperte con una leggera dominante dei boccali nel caso del villaggio di Geridu. Di sicuro interesse è l associazione con prodotti invetriati delle stesse botteghe della maiolica, che meritano sicuramente un approfondimento specifico e distinto dalla sistematizzazione crono-tipologica della maiolica arcaica, in ragione della rappresentatività numerica e dell autonomia formale che si intuisce nei reperti rinvenuti a Geridu XV SECOLO La riconversione tecnologica della metà del XV secolo sembra favorire ulteriormente altri centri produttivi, tendenza già evidente con l inizio del quattrocento, a scapito dell ultima maiolica arcaica. Solo nel XVI secolo Pisa in parte riconquista una fetta consistente del mercato con i suoi prodotti ingobbiati, quando, però, è centrale l importanza della maiolica rinascimentale. Le attestazioni non sono quindi frequenti e, al momento, testimoniate solo in contesti dello scavo di Alghero. 3.6 XV secolo. Montelupo fiorentino L analisi dei sempre più numerosi contesti, genericamente del XV secolo, attesta con chiarezza la presenza di italo-moresca in tutte le associazioni rinvenute. Nel caso di Geridu (vedi M. USALA in MILANESE 1996, pp , 525) diventa indicatore cronologico fondamentale per le frequentazioni posteriori all abbandono del villaggio, databili al secondo quarto del quattrocento. Sembra comunque chiara, e in via di definizione, la progressiva rilevanza delle ceramiche montelupine sino all esplosione cinquecentesca. I decori più frequenti risultano Santa Fina, occhio di penna 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 6

7 di pavone embricazioni presenti indistintamente in tutti i contesti della seconda metà del secolo allo stesso modo delle raccolte di superficie effettuate durante le ricognizioni del castello di Bosa e Osilo. M.F. 3.7 Spagna XIII SECOLO. SPAGNA MERIDIONALE Alghero, Sassari, Geridu Per il XIII secolo gli esempi di contesti nella Sardegna Centro settentrionale sono limitati al relitto di Capo Galera ritrovato lungo il litorale a nord di Alghero, e al campanile del Duomo di S. Nicola a Sassari, mentre nel villaggio di Geridu (Sorso-SS) sono stati ritrovati alcuni frammenti residuali in contesti di XIV secolo. Nel caso di Capo Galera e di Geridu le produzioni ceramiche attestate si riferiscono a giare islamiche con decorazioni impresse a stampo prodotte nella regione andalusa o nel Marocco (Sul relitto di Capo Galera non esistono notizie edite, ma solo in corso di stampa a cura di SPANU P.G.; per il villaggio di Geridu: MILANESE 1996: fig e relativa scheda). Nel campanile del Duomo sassarese è invece presente un bacino decorato a lustro di probabile produzione andalusa, associato a protomaioliche meridionali e a produzioni savonesi. Il contesto viene datato alla metà del XIII secolo (HOBART-PORCELLA 1993, p. 145). Per il periodo precedente al XIV secolo le fonti scritte registrano la presenza nei porti dell isola, in tono minore rispetto a pisani e genovesi, di mercanti catalani che importavano tessuti, olio, vino, frutta secca ed esportavano dalla Sardegna grano, lana e altri prodotti della pastorizia (TANGHERONI 1989, PP ). Archeologicamente questa presenza è difficile da documentare, perché, al di là di qualche frammento di giare islamiche (possibili indicatori di un commercio di olio o vino) di XIII secolo, le altre merci importate nell isola non lasciano tracce rilevabili nello scavo, perché spesso trasportate con contenitori in materiale deperibile. Bisogna anche riflettere sullo stato della ricerca nell isola data la mancanza di contesti sicuri e resi noti alla comunità scientifica per queste fasce cronologiche. Il proseguo delle indagini archeologiche nel villaggio di Geridu potrà dare delle risposte a tali quesiti, risposte che comunque necessitano, per poter valutare il fenomeno della circolazione e ridistribuzione interna delle merci, di confronti con situazioni documentate in altre tipologie di siti vista la posizione costiera del villaggio di Geridu e la sua importanza all interno della curatoria di Romangia (MILANESE 1996, pp ) XIV SECOLO. SPAGNA ORIENTALE Geridu, Alghero, Sassari Nella parte nord occidentale dell isola la circolazione di produzioni della Spagna di Levante coincide, approssimativamente, con l inizio delle operazioni di conquista del regno di Sardegna (secondo quarto del XIV secolo). A Geridu, nell ambito delle maioliche, accanto a produzioni valenzane decorate in verde e bruno troviamo anche produzioni catalane della stessa tipologia, ben distinguibili per impasto e repertori decorativi. Sempre a fabbriche valenzane sono da attribuire frammenti di ciotole decorate in blu e lustro tipo Pula con decorazione radiale e alcuni frammenti di ceramiche valenzane decorate in blu e lustro secondo lo stile Malagueño (BICCONE 1996, pp ). Interessante è il contesto di una buca, all interno dell edificio 4, riempita da rifiuti, da cui provengono una ciotola di produzione valenzana smaltata in bianco e priva di decorazione, un piccolo boccale, probabilmente un quartino di cui non è assicurata una produzione spagnola privo di rivestimento con stemma aragonese impresso a crudo, e un grosso boccale invetriato che, per la forma, sembra trovare confronti con prodotti valenzani (Per la forma vedi LERMA et alii 1986: tipo C1, fig. 2 con una piccola variante nella forma del piede, bisogna comunque sottolineare che si tratta probabilmente di un pezzo difettoso la cui struttura ha ceduto durante l essiccazione). Alcuni frammenti di ceramica decorata in solo blu secondo lo stile Loza Azul Clasica sono stati rinvenuti prevalentemente nei livelli di frequentazione dei crolli e datati intorno alla seconda metà del XIV o ai primi decenni del XV secolo. Non sono del tutto assenti le forme chiuse da mensa, oltre al boccale invetriato citato in precedenza, sono documentati anche boccali in maiolica decorati in verde e bruno e in blu con decorazioni ad alafias di produzione valenzana. I contenitori da trasporto sono presenti nelle forme di giare e anfore che rimandano a tipologie provenienti da area catalana o valenzana. Quantitativamente prevalgono i tipi privi di rivestimento, ma alcuni presentano una vetrina verde stesa uniformemente oppure sparsa in modo casuale. Degno di nota è il contesto da cui provengono, sono stati infatti trovati all interno dell ambiente 1 riutilizzati come contenitori per la conservazione di derrate alimentari solide (fave selvatiche, grano, olive) nella zona della casa adibita a dispensa. Per quanto riguarda le merci trasportate a Geridu possiamo ipotizzare che le giare e le anfore contenessero olio, olive, vino o miele che, secondo le attestazioni documentarie, sono tra i prodotti importati dall area valenzana, mentre il grano, peraltro difficilmente trasportabile in contenitori dal collo stretto, risulta essere nella prima metà del XIV secolo, periodo a cui viene attribuito il contesto, tra i prodotti esportati dalla Sardegna per sopperire al deficit cerealicolo della Catalogna (AMIGUES-CRUSELLES et alii 1995; TANGHERONI 1993, pp ). Alcuni di questi contenitori presentano sul collo o sulla spalla dei simboli: segni dipinti in rosso, graffiti a cotto cruciformi, lettere graffite che costituirebbero un importante argomento d analisi che non è possibile affrontare in questa sede (Studi dei marchi sulle fonti scritte e archeologiche di area spagnola: AMIGUES-CRUSELLES et alii 1995; RÌU-RÌU DE MARTIN 1995, p. 121). Nel silos del Duomo di S. Nicola a Sassari le produzioni spagnole si riferiscono alle tipologie delle ceramiche da mensa smaltate decorate in verde e bruno di produzione valenzana e catalana, ciotole smaltate decorate in blu e lustro secondo lo stile Pula e lo stile Malagueño (ROVINA 1989). Da rilevare è la totale assenza di ceramica valenzana decorata in solo blu che è presente in Sardegna in contesti della seconda metà del trecento, questo offre un elemento di riflessione per poter, eventualmente, restringere la datazione del contesto del silos alla prima metà del XIV secolo. Prima di procedere alla discussione sui prodotti spagnoli commerciati ad Alghero bisogna ricordare il ruolo particolare svolto dalla città nell ambito dei rapporti con la Corona d Aragona. È, infatti, uno dei centri di rifornimento del corallo in tutto il Mediterraneo, prodotto di scambio fondamentale per i catalani nelle loro relazioni con le popolazioni del Mediterraneo orientale, inoltre, a partire dal 1354, è una città a popolamento catalano. Le ceramiche relative al XIV secolo sono rappresentate da maioliche valenzane in verde e bruno, in blu e lustro tipo Pula, in blu e lustro tipo Malagueño primitivo, in blu cobalto del tipo loza azul clasica, mentre le produzioni in maiolica catalane sono limitate alle sole forme aperte decorate in verde e bruno. Allo stato attuale della ricerca, quando non si è conclusa un analisi dettagliata dei singoli contesti trecenteschi finiti di scavare nell ultima campagna agosto 1999 e in parte ancora in corso di scavo, quantitativamente possiamo sottolineare per il XIV secolo la mancanza di forme chiuse di provenienza spagnola nel corredo da mensa mentre osserviamo una minore presenza di prodotti spagnoli rispetto 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 7

8 al XV secolo (in base allo studio più analitico condotto su alcuni contesti quattrocenteschi estrapolati dallo scavo nel cortile dell ospedale vecchio) che vedrà una maggiore varietà di forme e un assoluta prevalenza delle produzioni spagnole sulle altre importazioni XV SECOLO Geridu, Alghero A Geridu le produzioni spagnole per questa fascia cronologica provengono sia dall area del villaggio che da un ossario adiacente alla Chiesa di S. Andrea, la principale del villaggio che sopravvive nell uso anche dopo lo spopolamento dell abitato. Si tratta di un piatto in blu e lustro decorato a foglie di brionia e di ciotole emisferiche con orlo assottigliato di produzione valenzana decorate a lustro generalmente in cattivo stato di conservazione, ma, seppure con questo limite, sembra si possa riconoscere il tipo decorato a Pajaro y hojas de helecho, presente anche ad Alghero in un contesto della fine del XV secolo, e un tipo con decorazione definita sporadica da Gonzales Martì: piccoli cerchi riempiti a graticcio contornati da sottili linee curve (GONZALES MARTÌ 1944, fig. 453). Il contesto viene datato alla fine del XV secolo per l associazione con maiolica arcaica savonese e maiolica di Montelupo con decorazione ad embricazioni. Dalle abitazioni, più precisamente, dalle fasi di frequentazione dei loro crolli, provengono frammenti di forme aperte di loza azul clasica con motivo ad onde e pesci, altri decorati in blu e lustro a foglie di brionia o a foglie di profilo. Dalla quantificazione di alcuni contesti di XV secolo, provenienti dal quartiere ebraico di Alghero, è stata verificata una netta prevalenza delle produzioni spagnole tra le smaltate importate nella città (85% sul totale delle sole produzioni in maiolica nel riempimento di un edificio tardo trecentesco; 86%, circa, nella fossa di fondazione di un edificio della metà del quattrocento). All interno delle produzioni spagnole si ha poi una prevalenza dei prodotti valenzani piuttosto che catalani. Da uno sguardo complessivo del materiale si può dire che arrivassero nel porto di Alghero tutte le maioliche prodotte a Valenza nel corso del quattrocento: decorate in blu e lustro o in solo lustro con tutti gli schemi possibili, in blu ancora la Loza azul clasica con decorazione a palmette stilizzate, e con motivo a onde e pesci nell orlo, oltre alla Loza azul plena. (LERMA et alii 1986, fig. 12). Le forme chiuse in maiolica sono rappresentate dai boccali valenzani decorati in blu cobalto con schemi geometrici. Tra le forme particolari in maiolica possiamo sottolineare la presenza di 2 oggetti, decorati in blu cobalto, realizzati a forma di piccolo volatile interpretati come giocattoli. Oltre alle maioliche sono attestate in abbondante quantità, a partire almeno sicuramente dalla metà del quattrocento, forme invetriate come mortai, contenitori per l acqua con versatoio e ansa a ponte che trovano confronti con gli attingitoi per il pozzo ritrovati a Barcellona e riutilizzati per riempire le volte degli edifici, piccole lucerne senza piede, mentre tra le forme prive di rivestimento sono attestati contenitori da trasporto diffusi anche in altre regioni d Italia (FRANCOVICH, GELICHI 1984, giara tipo A, tavv. X, XIII) e contenitori da dispensa dipinti in manganese secondo tipologie che nella bibliografia spagnola sono datate al XIII secolo, ma ad Alghero provengono da contesti omogenei della metà del XV (associazione con italo moresca, ispano moresca in blu e moneta di Alfonso V d Aragona). Sono presenti sia forme aperte (catini) che chiuse (brocche con anse). Per il XV secolo i contesti analizzati provengono da una città come Alghero che, lo abbiamo accennato prima, ha un importanza particolare nell ambito dei rapporti con la Corona d Aragona. La crisi che investe la Catalogna nel XV secolo, per quanto ridimensionata da alcuni storici, sembra che influisca sui suoi rapporti commerciali con la Sardegna. Il porto di Alghero continua ad essere frequentato per il commercio del corallo, così anche il porto di Cagliari, pur se la mole dei traffici registrati è inferiore rispetto al secolo precedente, ma questi due centri sembrerebbero essere gli unici a rivestire qualche interesse per le merci catalane (TANGHERONI 1993, pp ; TANGHERONI 1989, pp ). Anche in questo caso dobbiamo registrare una mancanza di confronti per i contesti presentati dallo scavo di Alghero che fanno registrare una sicura prevalenza di produzioni spagnole, anzi, nell ambito delle ceramiche smaltate, si tratta di una presenza quasi esclusiva. Per il XV secolo siamo ancora lontani dal poter dare delle risposte più ampie sulla circolazione delle produzioni spagnole nella Sardegna nord-occidentale. Al di là dei siti costieri, gli altri esempi che si possono considerare per il problema della circolazione, sono il Castello di Monteleone Roccadoria, ancora in corso di scavo, e il materiale proveniente da recuperi a Thiesi. 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