Cittadinanza va concessa anche se l iscrizione all anagrafe fu tardiva. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 17/05/2017 n di Valeria Giannoni

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1 Cittadinanza va concessa anche se l iscrizione all anagrafe fu tardiva Cassazione Civile, sez. I, sentenza 17/05/2017 n di Valeria Giannoni Pubblicato il 04/09/2017 Con la sentenza n del 17/05/2017 la prima sezione della Corte di Cassazione chiarisce, in materia di cittadinanza, i requisiti richiesti dall art. 4 L. 91/1992 per l acquisto della cittadinanza italiana. Il caso I.C., nata in Italia il 5/06/1991 da genitori immigrati dall ex Jugoslavia richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana per essere nata e residente in Italia dalla nascita e fino al raggiungimento della maggiore età in modo continuativo. La norma di riferimento è l art. 4 della Legge 91/1992 che, al secondo comma, afferma: Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data. La Corte d appello di Bologna, confermando la pronuncia di primo grado, rigettava la richiesta dell istante motivando il diniego sulle risultanze probatorie dalle quali emergeva che i genitori avessero indicato nell atto di nascita di C. la loro residenza estera in Dardania e che solo nel 1995 avessero richiesto l iscrizione della figlia all anagrafe. Secondo i giudici di merito la discrasia temporale tra l atto di nascita (1991) e l iscrizione all anagrafe (1995) non consentirebbe di dimostrare la continuativa residenza della giovane in Italia; anzi, proprio l indicazione di una residenza estera nell atto di nascita prevale in quanto atto consapevole e partecipato.

2 La pronuncia della Cassazione Il Supremo Collegio, ai fini del riconoscimento della cittadinanza, pronuncia il seguente principio di diritto: la definizione giuridica di residenza, mutuabile dalle disposizioni processuali in materia di notificazione degli atti giudiziari, si fonda sul criterio della effettività da ritenersi prevalente sulla residenza anagrafica. Peraltro, come evidenziato dalla circolare ministeriale n. 22 del 2007, l eventuale iscrizione anagrafica tardiva del minore non può pregiudicare l acquisto della cittadinanza italiana quando vi sia in concreto la residenza effettiva. Secondo la Corte di Cassazione, la Corte d Appello di Bologna non ha assunto come parametro normativo dell accertamento da svolgere la residenza effettiva della ricorrente avendo dato rilievo assorbente alla dichiarazione, del tutto contrastante con i molteplici riscontri probatori contrari posti a base della domanda di cittadinanza. Ad avviso della Cassazione il ritardo nella regolarizzazione della residenza della ricorrente da parte dei genitori si giustifica con la loro condizione di cittadini stranieri sicuramente non in possesso delle competenze necessarie a conoscere i requisiti richiesti per l acquisto della cittadinanza italiana e può essere superato da documentazione che comprovi la stabile residenza in Italia della ricorrente negli anni dalla nascita all iscrizione all anagrafe. Nel caso di specie sono state prodotte certificazioni delle vaccinazione eseguite a Bologna tra il 1991 e il 1995, i libretti di lavoro paterno che dimostrano la sua abituale residenza in Italia nonché la percezione degli assegni familiari che attestano l inclusione della minore nel nucleo familiare anche prima dell iscrizione all anagrafe. Ricorrendo, dunque, al criterio della residenza effettiva la Cassazione ritiene che l accertamento del giudice di merito avrebbe dovuto essere svolto in concreto e non in astratto. Per tali motivi annulla con rinvio la sentenza della Corte d Appello di Bologna. (Altalex, 4 settembre Nota di Valeria Giannoni) CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Sentenza 17 maggio 2017, n Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Presidente - Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Consigliere - Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere - Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere - Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere - ha pronunciato la seguente:

3 SENTENZA sul ricorso 25271/2014 proposto da: I.C., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 109, presso l'avvocato Mondelli Donato, rappresentata e difesa dall'avvocato Murgo Caterina, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro Comune di Bologna, P.M. presso la Corte di Appello di Bologna; - intimati - e contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l'avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis; - resistente - avverso la sentenza n. 666/2014 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 04/03/2014; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2017 dal cons. ACIERNO MARIA; udito, per la ricorrente, l'avvocato Murgo Caterina che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO Immacolata, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo - Motivi della decisione I.C. ha chiesto il riconoscimento della cittadinanza italiana L. n. 91 del 1992, ex art. 4 per essere nata e residente in Italia dalla nascita e fino al compimento della maggiore età in modo continuativo. Il giudice di primo grado ha respinto la domanda. La Corte d'appello ha confermato la pronuncia del tribunale sulla base delle seguenti considerazioni: in fatto la richiedente è nata in Italia il (OMISSIS) da genitori immigrati dall'ex Yugoslavia; il padre risulta regolarmente soggiornante dalla nascita della figlia con permesso fino al (OMISSIS); la madre ha richiesto il permesso di soggiorno il (OMISSIS) e la richiesta d'iscrizione della figlia all'anagrafe è datata (OMISSIS). Al fine di provare anche la precedente continuativa residenza di C. in Italia viene prodotta certificazione delle vaccinazioni svolte in precedenza presso i presidi sanitari di Bologna (dal 91 al 2009); il libretto di lavoro del padre (attestante iscrizioni ancorchè con limitate soluzioni di continuità dal 1990 al 2000) e le dichiarazioni degli assistenti sociali che avevano in carico il nucleo familiare. Dalla dichiarazione INPS risulta che la minore è inclusa nel nucleo familiare del padre che ne ha percepito gli assegni familiari con decorrenza (OMISSIS), in base alla rinnovazione di una precedente autorizzazione del 13/4/91. In diritto, nonostante tale documentazione non sia ritenuta non veritiera, anche perchè, come osserva

4 la Corte d'appello il soggiorno degli stranieri è sottoposto istituzionalmente a controlli pubblici che si deve presumere siano stati effettuati anche nella specie, la indicazione da parte dei genitori nell'atto di nascita della loro residenza estera in (OMISSIS) prevale in quanto atto consapevole e partecipato. Ne risulta inequivocamente che l'emigrazione dalla Yugoslavia è avvenuta nel gennaio del Non risulta comprensibile, alla Corte d'appello, perchè il padre della minore abbia sottoscritto la residenza all'estero se tale condizione non corrispondeva alla realtà, perchè non si è provveduto ad una tempestiva iscrizione, perchè non si è mai opposto alla certificazione del gennaio In mancanza di valide giustificazioni anche sul proprio atto di nascita da parte della richiedente, è da condividersi lo specifico rilievo dato dal Tribunale alla dichiarazione paterna che smentisce la residenza in Italia. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la cittadina straniera con un unico motivo accompagnato da memoria. Nel motivo viene dedotta la violazione della L. n. 91 del 1992, art. 4 per non avere la Corte d'appello provveduto ad accertare la residenza effettiva della ricorrente dalla nascita secondo i criteri indicati secondo la definizione codicistica generale di residenza e nella giurisprudenza. Il motivo è manifestamente fondato. La L. n. 91 del 1992, art. 4 stabilisce al comma 2: "Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data". La condizione dettata dalla norma relativa alla residenza in Italia fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età, deve essere interpretata, coerentemente con quanto ritenuto dalla dottrina pressochè unanime, con specifico riferimento all'avverbio "legalmente" come permanenza in Italia non clandestina ovvero in violazione delle norme che regolano l'ingresso, la circolazione e il soggiorno dei cittadini stranieri. L'affacciarsi del fenomeno della migrazione al momento dell'entrata in vigore della legge sulla cittadinanza ha dettato l'esigenza di qualificare come "legale" la condizione costituita dall'ininterrotta residenza, utilizzando un termine del tutto eterogeneo rispetto alla qualificazione normativa della residenza desumibile dall'art. 43 c.c. o dalle norme processuali sulle notificazioni degli atti. Secondo l'art. 43 la residenza è il luogo della dimora abituale. Ugualmente, la definizione giuridica di residenza, mutuabile dalle disposizioni processuali sulla notificazione degli atti giudiziari, (artt. 138 e ss. codice di rito) si fonda sul criterio dell'effettività, da ritenersi prevalente ove provata, sulla residenza anagrafica. (Cass.2814 del 2000; 5726 del 2002). Peraltro, come esattamente sottolineato nel ricorso, nelle circolari esplicative, dettate dal Ministero dell'interno, ed in particolare nella circolare n. 22 del 2007, ratione temporis applicabile, viene espressamente precisato che l'eventuale iscrizione anagrafica tardiva del minore non può pregiudicare l'acquisto della cittadinanza italiana quando vi sia in concreto la residenza effettiva. L'incidenza quantitativa del fenomeno dell'errore, a danno dei requisiti dell'acquisto della cittadinanza da parte del minore nato da genitori stranieri e residente in Italia dalla nascita, si è rivelata così frequente da richiedere l'intervento del legislatore. Il D.L. n. 69 del 2013, art. 33 conv. con modif. dalla L. n. 98 del 2013, rivolto proprio alla "semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia" prevede espressamente che: Ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della L. 5 febbraio 1992, n. 91, all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione. 2. Gli Ufficiali di Stato Civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare

5 all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui alla L. n. 91 del 1992, art. 4, comma 2 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data. L'esame svolto dalla Corte d'appello di Bologna non ha assunto come parametro normativo dell'accertamento da svolgere la residenza effettiva della ricorrente, avendo dato rilievo assorbente, alla dichiarazione, del tutto contrastante con i molteplici riscontri probatori contrari, posti a base della domanda di cittadinanza, resa dai genitori all'atto di nascita della figlia. Una dichiarazione resa nella fase iniziale della permanenza in Italia dei predetti genitori la cui mancata confutazione successiva si giustifica inequivocamente con la loro condizione di cittadini stranieri certamente non tenuti a conoscere nel dettaglio i requisiti per l'acquisto della cittadinanza della propria figlia fin dal loro ingresso o anche dopo qualche anno, quando hanno assunto anche formalmente la cittadinanza in Italia. Tralasciando la documentazione prodotta in appello, peraltro del tutto ammissibile in considerazione della natura dell'accertamento e del potere dovere istruttorio officioso del giudice di approfondire l'indagine di fatto (Cass del 2014; del 2015), deve rilevarsi che, alla luce della corretta qualificazione giuridica della residenza, univocamente fondata sull'accertamento della sua effettività, la corte d'appello avrebbe dovuto rivolgere il suo esame alla verifica della continuità, dalla nascita e fino all'integrazione della condizione temporale prevista dalla L. n. 91 del 1992, della residenza effettiva della ricorrente in Italia. Tale prova può essere fornita mediante documentazione, peraltro di provenienza da autorità pubbliche, che certifichi anche indirettamente ma univocamente la permanenza continuativa in Italia della richiedente la cittadinanza. Nella specie vi è stato un ritardo nella regolarizzazione della residenza della ricorrente da parte dei genitori, avvenuta nel (OMISSIS), ma dalla nascita della ricorrente al (OMISSIS) sono state prodotte: la certificazione delle vaccinazioni eseguite a (OMISSIS) quando la minore non era ancora inclusa nel permesso di soggiorno della madre ed anche tutte le successive; i libretti di lavoro paterno che attestano una continuativa permanenza a Bologna per ragioni di lavoro ben oltre la data di attestazione della residenza anagrafica; la percezione degli assegni familiari da parte del padre dalla nascita che attestano l'inclusione della minore nel nucleo familiare anche in questo caso anche oltre la formalizzazione della residenza. Ai fini della residenza effettiva l'esame di questa documentazione doveva essere effettuato in concreto in quanto relativo all'unico accertamento rilevante in causa. E' stato, invece, ignorato il contenuto di questa documentazione e la sua incidenza sull'accertamento da svolgere sulla base della valorizzazione esclusiva della dichiarazione dei genitori alla nascita sulla residenza estera, non tanto per il peso probatorio in sè quanto per la mancata attivazione e confutazione successiva. Il ricorso deve essere, in conclusione, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna perchè esamini alla luce delle considerazioni svolte e della crucialità dell'accertamento relativo alla residenza effettiva la domanda proposta. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017 ( da )

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