CORTE COSTITUZIONALE

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1 1ª SERIE SPECIALE Spediz. abb. post. 45% - art. 2, comma 20/b Legge , n Filiale di Roma Anno 150 Numero 47 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA PARTE PRIMA Roma - Mercoledì, 25 novembre 2009 SI PUBBLICA IL MERCOLEDÌ DIREZIONE E REDAZIONE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO PUBBLICAZIONE LEGGI E DECRETI - VIA ARENULA ROMA AMMINISTRAZIONE PRESSO L'ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO - LIBRERIA DELLO STATO - PIAZZA G. VERDI ROMA - CENTRALINO AVVISO AGLI ABBONATI Dal 2 novembre vengono resi noti nelle ultime pagine della Gazzetta Ufficiale i canoni di abbonamento per l'anno Contemporaneamente vengono inviate le offerte di rinnovo agli abbonati, complete di bollettini postali prestampati per la conferma dell'abbonamento stesso. Si pregano i signori abbonati di far uso di questi bollettini. Si rammenta che la campagna di abbonamento avrà termine il 31 gennaio Si pregano comunque gli abbonati che non intendano effettuare il rinnovo per il 2010 di darne comunicazione via fax al Settore Gestione Gazzetta Ufficiale (nr ) ovvero al proprio fornitore. CORTE COSTITUZIONALE

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3 SOMMARIO SENTENZE ED ORDINANZE DELLA CORTE N Sentenza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Ricorso della Regione Veneto - Impugnazione di numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n Trattazione delle questioni riguardanti gli artt. 2, comma 600, e 3, comma Decisione sulle altre disposizioni impugnate riservata a separate pronunce. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, artt. 2, comma 600, e 3, comma 162. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione, da parte delle Regioni, degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione dell autonomia amministrativa della Regione - Insufficiente motivazione della censura - Inammissibilità della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, art Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione da parte delle Regioni degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 594 a 599 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale concorrente e residuale, con incidenza sull autonomia finanziaria della Regione per introduzione di limiti puntuali a singole voci di spesa - Erroneo presupposto interpretativo - Applicabilità dei commi richiamati alle Regioni in via diretta e non in forza del richiamo operato dalla disposizione denunciata - Non fondatezza della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione da parte delle Regioni degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi 601 e 602 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale concorrente e residuale, con incidenza sull autonomia finanziaria della Regione per introduzione di limiti puntuali a singole voci di spesa - Erroneo presupposto interpretativo - Disciplina non applicabile alle Regioni neppure in via indiretta - Non fondatezza della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione, da parte delle Regioni, degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 593 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Applicabilità alle Regioni delle disposizioni richiamate esclusivamente in forza del richiamo operato dalla disposizione denunciata - Introduzione di vincoli puntuali alle singole voci di spesa e di specifiche modalità di contenimento della spesa corrente - Violazione dell autonomia finanziaria regionale - Illegittimità costituzionale in parte qua - Assorbimento delle ulteriori censure. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo (e quarto) comma, e

4 Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Autoqualificazione delle disposizioni legislative quali «norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali» - Ricorso della Regione Veneto - Ritenuta violazione della competenza regionale concorrente ad opera di disposizioni prive di tale natura - Formulazione della questione in modo contraddittorio o comunque perplesso - Inammissibilità. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, comma 162. Costituzione, art. 117, comma terzo Pag. 17 N Sentenza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Erogazione a favore di apposito soggetto di diritto privato del contributo dell 0,8 per mille dei rimborsi spettanti ai Comuni per la minore imposta derivante dall esenzione ICI - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per lo svolgimento dell attività legislativa - Perdita retroattiva dell efficacia della disposizione denunciata, espunta dal testo del decreto-legge in sede di conversione - Cessazione della materia del contendere. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 5. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Regioni a statuto speciale e Province autonome di Trento e di Bolzano - Rimborsi per le minori entrate derivanti dall esenzione ICI disposti a favore dei citati enti e non invece direttamente a favore dei Comuni - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali e di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per lo svolgimento dell attività legislativa - Non esplicazione degli effetti della disposizione denunciata nei confronti delle Regioni a statuto ordinario - Carenza di interesse al ricorso in parte qua - Inammissibilità delle questioni. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 4, quarto periodo, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa a decorrere dall anno Rimborso ai Comuni della minore imposta - Sospensione del potere di Regioni ed enti locali di deliberare aumenti di tributi, addizionali, aliquote o maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti dallo Stato - Assimilazione dell unità immobiliare ad abitazione principale con regolamento o con delibera comunale - Versamento dell acconto ai Comuni e alle Regioni a statuto speciale, con deroga al limite delle anticipazioni di tesoreria vigente per gli enti locali - Sospensione del potere tributario delle Regioni salve le disposizioni relative all aumento dei tributi locali e le addizionali - Ricorso della Regione Calabria - Eccezione di inammissibilità delle questioni per insufficiente motivazione delle censure - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, primo periodo, 4, 4 -bis, 4-ter, 5 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Abrogazione di norme sulla previsione di riduzione di aliquote ICI e detrazioni di imposta nonché sulla attuazione di dette riduzioni e detrazioni - Ricorso della Regione Calabria - Eccezione di inammissibilità delle questioni per insufficiente motivazione delle censure - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 3, secondo periodo, e 6, sia nel testo originario che in quello convertito. 4

5 Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Decreto del Ministro dell interno attuativo dei criteri e modalità per l erogazione del rimborso ai Comuni secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno e della tutela dei piccoli Comuni - Sospensione di sanzioni nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata ICI - Rinegoziazione dei contratti di concessione del servizio di accertamento e riscossione dell ICI compatibilmente con la disciplina comunitaria - Ricorso della Regione Calabria - Ritenuta violazione dell autonomia finanziaria regionale e degli enti locali - Insufficiente motivazione delle censure aventi ad oggetto norme non incidenti sull autonomia finanziaria regionale - Inammissibilità delle questioni. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 4, terzo periodo (limitatamente all inciso «secondo principi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni»), 6 -bis e 7 -bis. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Ritenuta violazione dell autonomia finanziaria degli enti locali - Eccepita carenza di legittimazione della Regione - Erronei presupposti interpretativi - Stretta connessione, in materia finanziaria, tra le attribuzioni regionali e quelle degli enti locali, idonea a vulnerare le competenze regionali in caso di lesione di quelle locali - Evocazione di un argomento di merito per sostenere l inammissibilità in rito della questione - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo, 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Compensazione e recupero delle minori risorse destinate agli enti locali con l eventuale storno di contributi già dovuti alle Regioni - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità della questione per in conferenza del richiamo operato dalla ricorrente all art. 8, comma 2-bis, del d.lgs. n. 504 del 1992, con riferimento ai «contributi già devoluti dalla Regione» - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo, 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art. 119, comma terzo e quarto. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità della questione per impugnazione rivolta avverso il solo decreto-legge pur essendo già nota, nel momento della proposizione del ricorso, la promulgazione della legge di conversione - Notificazione avvenuta in epoca anteriore alla pubblicazione della legge di conversione - Discrezionalità della Regione circa l impugnazione del solo decreto-legge o della sola legge di conversione oppure di entrambe le fonti - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo, 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e

6 Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità delle questioni riguardanti il decreto-legge nel testo risultante dalla conversione in legge poiché fondate sui medesimi motivi prospettati in precedente ricorso riguardanti il decreto-legge nel testo originario - Discrezionalità della Regione circa la scelta della prospettazione delle singole questioni, formulabili identicamente in riferimento alle disposizioni contenute nelle due fonti - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo [ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»], 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Determinazione delle modalità di ripartizione ed accreditamento dei previsti rimborsi ai Comuni per la minore imposta derivante dall esenzione dell ICI - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità delle questioni in quanto il prospettato aggravamento della violazione dell autonomia finanziaria regionale ad opera della legge di conversione sarebbe soltanto affermato ma non argomentato - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 4 -bis e 4 -ter. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Formulazione di ulteriori questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate, sia nel testo originario che in quello oggetto di modificazioni con legge di conversione - Deduzione delle questioni solo con successiva memoria illustrativa e non con il ricorso introduttivo - Inammissibilità. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, sia nel testo originario, sia in quello modificato dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n. 126, art. 1, commi 4 -bis e 4 -ter. Costituzione, art. 77 e combinato disposto dell art. 119 e della legge 5 maggio 2009, n. 42. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Preliminare individuazione del thema decidendum - Trasferimento delle questioni promosse nei confronti del testo originario del decreto-legge n. 93 del 2008 al corrispondente testo risultante dalla legge di conversione e delimitazione dell oggetto del giudizio. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa a decorrere dall anno Sospensione del potere di Regioni ed enti locali di deliberare aumenti di tributi, addizionali e delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti dallo Stato - Meccanismi di rimborso ai Comuni della minore imposta - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali - Riconducibilità della disciplina denunciata alla materia di competenza esclusiva statale «sistema tributario dello Stato» - Non fondatezza delle questioni. 6

7 Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per l adozione (con decreto-legge), della disciplina denunciata - Inapplicabilità del principio all attività legislativa - Non fondatezza della questione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art Pag. 23 N Sentenza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Imposte e tasse - Legge della Regione Piemonte - Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale - Riduzione dell IRAP al 2,25 per cento a partire dall anno 2009 per gli editori di periodici locali di informazione - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione dei limiti della potestà legislativa regionale in materia di sistema tributario, di competenza esclusiva statale - In subordine, violazione di un principio fondamentale di coordinamento del sistema tributario, per indebita riduzione dell aliquota del tributo oltre i limiti stabiliti - Sopravvenuta disposizione di abrogazione della disciplina impugnata medio tempore priva di effetti - Cessazione della materia del contendere. Legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18, art. 8, comma 1, lettera d), nel testo originario. Costituzione, artt. 117, commi secondo, lettera e), e terzo, e 119, secondo comma; d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 16, commi 1 (come modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 50) e 3 (in combinato disposto); legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 1, comma 43, terzo periodo » 41 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla giurisdizione delle commissioni tributarie delle controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani (tariffa di igiene ambientale - TIA) - Ritenuta insussistenza della natura tributaria della controversia, necessaria a radicare la giurisdizione tributaria - Conseguente violazione del divieto di creare nuovi giudici speciali - Difetto di rilevanza della questione per intervenuta applicazione della disposizione censurata nel giudizio a quo e contraddittorietà della prospettazione - Manifesta inammissibilità della questione. D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo periodo, come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n Costituzione, art. 102, secondo comma » 45 7

8 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Reati tributari - Confisca «per equivalente» stabilita con legge n. 244/2007- Applicabilità della misura e, correlativamente, del sequestro preventivo, anche ai reati commessi prima dell entrata in vigore della predetta legge - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, in riferimento ai reati non tributari indicati dalla legge n. 300/2000, commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, per i quali la suddetta confisca è esclusa - Lamentata violazione degli obblighi internazionali derivanti dalla Cedu - Erroneità del presupposto interpretativo - Manifesta infondatezza della questione. Cod. pen., artt. 200 e 322 -ter; cod. proc. pen., art. 321, comma 2; legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143. Costituzione, artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, in relazione alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, art Pag. 49 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Calamità pubbliche e protezione civile - Interventi urgenti diretti a fronteggiare l «Emergenza Etna 2002» - Sospensione del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali - Limitazione del beneficio ai soli datori di lavoro privati, con esclusione dei dipendenti dei datori di lavoro pubblici - Dedotta violazione di numerosi parametri costituzionali - Contraddittorietà e carente descrizione della fattispecie, con conseguente impossibilità di vagliare la rilevanza della questione - Manifesta inammissibilità. Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 -bis, comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n Costituzione, artt. 2, 3, 4, 24, 32, 35, 36, 77, comma secondo, 97, 101, 102 e 104. Calamità pubbliche e protezione civile - Interventi urgenti diretti a fronteggiare l «Emergenza Etna 2002» - Sospensione del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali - Limitazione del beneficio ai soli datori di lavoro privati, con esclusione dei dipendenti dei datori di lavoro pubblici - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, nonché violazione dei principi costituzionali sulla tutela della salute e del lavoro - Dedotta indebita interferenza dell attività legislativa sui provvedimenti giurisdizionali - Questione analoga ad altra già dichiarata non fondata - Mancata prospettazione di nuovi motivi di censura, diversi da quelli già scrutinati - Manifesta infondatezza della questione. Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 -bis, comma aggiunto dalla legge 6 dicembre 2006, n Costituzione, artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e » 52 N Ordinanza novembre Giudizio di ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunità parlamentari - Procedimento penale a carico di un deputato per il reato di diffamazione aggravata in danno di un magistrato - Deliberazione di insindacabilità delle opinioni del parlamentare adottata dalla Camera dei deputati - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Milano - Sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo - Ammissibilità del conflitto - Comunicazione e notificazioni conseguenti. Deliberazione 30 maggio 2007 (Doc. IV-ter, n. 1- A). Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11 marzo 1953 n. 87, art. 37, terzo e quarto comma » 58 8

9 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Legge della Regione Molise - Recupero dei sottotetti e dei piani di porticato diretti alla realizzazione di nuove unità abitative - Previsione dell obbligo di reperimento di determinati spazi per parcheggi di pertinenza delle nuove abitazioni, garantita da atti da trascrivere nei registri immobiliari - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione della competenza esclusiva statale nelle materie dell ordinamento civile e del sistema tributario - Rinunzia al ricorso in mancanza di parte costituita - Estinzione del processo. Legge della Regione Molise 18 luglio 2008, n. 25, art. 7, comma 4. Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) ; norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Impresa e imprenditore - Misure di sostegno volte a consentire il mantenimento dei livelli di competitività nei settori dell agricoltura, della pesca professionale e dell autotrasporto - Previsione di apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e l Agenzia nazionale per l attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, da approvarsi con decreto ministeriale - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Lamentato mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni sul decreto che approva la convenzione - Sopravvenuta espressa abrogazione della disposizione censurata, medio tempore non applicata - Cessazione della materia del contendere. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 9, comma 3. Costituzione, artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare i dati del conducente non identificato al momento dell infrazione - Denunciata irragionevolezza nonché violazione del diritto di difesa e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Difetto di motivazione sulla rilevanza per carente descrizione della fattispecie - Manifesta inammissibilità della questione. Codice della strada, art bis, comma 2, modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), art. 2, comma 164. Costituzione, artt. 3, 24 e 97. Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare i dati del conducente non identificato al momento dell infrazione. Previsione di sanzione amministrativa in caso di inottemperanza non dovuta a giustificato e documentato motivo - Denunciata irragionevolezza nonché violazione del diritto di difesa e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione. Codice della strada, art bis, comma 2, modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2 (convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), comma 164. Costituzione, artt. 3, 24 e Pag. 60» 62» 64 N Sentenza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Sopravvenuta abrogazione e sostituzione non retroattiva delle disposizioni impugnate (in precedenza, concretamente applicate) - Perdurante interesse del ricorrente all impugnazione, limitatamente al periodo di vigenza delle disposizioni stesse. 9

10 Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Deposito di documenti nel corso dell udienza pubblica da parte della difesa del ricorrente - Opposizione della Regione resistente per tardività - Inammissibilità della produzione documentale. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Errore materiale nell indicazione della disposizione impugnata - Assenza di dubbi in ordine alla sua identificazione - Rigetto dell eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale per asserita incertezza ed oscurità del petitum - Reiezione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale per asserita aberratio ictus - Reiezione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico - Contrasto con il divieto di separazione non coordinata, posto dalla disciplina statale di settore e riconducibile alla competenza statale esclusiva in materia di funzioni fondamentali dei comuni - Illegittimità costituzionale - Assorbimento di ogni ulteriore questione relativa alla medesima disposizione regionale. 10

11 Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, comma 1, come sostituito dall art. 4, comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. p) ; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 (Costituzione, art. 119). Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di affidamento del servizio di erogazione idrica unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Denunciata lesione della potestà statale esclusiva Stato in materia di tutela della concorrenza nonché in materia di funzioni fondamentali degli enti locali - Inconferenza del richiamo a quest ultima materia - Possibilità per le Regioni di tutelare, come nella specie, la concorrenza più intensamente rispetto alle norme statali - Disposizioni regionali emanate nell esercizio della competenza residuale regionale relativa ai «servizi pubblici locali» - Non fondatezza della questione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, comma 4, come sostituito dall art. 4, comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p) ; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 148, comma Pag. 70 N Sentenza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Ricorso della regione Emilia-Romagna - Impugnazioni di numerose disposizioni del d.l. n. 112 del Trattazione della questione avente ad oggetto l art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo - Decisione sulle altre disposizioni impugnate riservata a separate pronunce. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 4, comma 1. Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto. Impresa e imprenditore - Sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione - Costituzione di fondi di investimento con la partecipazione di investitori pubblici e privati - Disciplina delle modalità di costituzione e funzionamento dei fondi da emanarsi con decreto ministeriale - Lamentata mancata previsione dello strumento dell intesa ed indebita incidenza su materie di competenza regionale residuale o concorrente - Dedotta violazione del principio di leale collaborazione - Carattere programmatico della disposizione impugnata - Non fondatezza della questione. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 4, comma 1. Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto » 81 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Legge della Regione Piemonte - Imposizione ai gestori di impianti di trattamento di scarti animali ad alto rischio dell obbligo di versare al comune un contributo annuo - Denunciato superamento dei limiti costituzionalmente imposti all autonomia finanziaria delle Regioni nonché indebita istituzione di un tributo con legge regionale, in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica - Sopravvenuta abrogazione della norma censurata - Necessità di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione - Restituzione degli atti al giudice rimettente. Legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24, art. 16, comma 4. Costituzione, artt. 117 e » 84 11

12 N Ordinanza novembre Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Procedimento civile - Procedimenti dinanzi al Tribunale per i minorenni - Giudizi per la quantificazione del contributo di mantenimento del minore posto a carico del genitore non coniugato - Omessa previsione che il decreto, notificato agli interessati e al terzo debitore, costituisca titolo esecutivo, cui le parti e il debitore possano fare opposizione entro venti giorni dalla notifica - Denunciata ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai figli legittimi, nonché lesione dei principi del giudice naturale precostituito per legge e della ragionevole durata del processo - Mancata sperimentazione della possibilità di un interpretazione conforme a Costituzione - Manifesta inammissibilità della questione. Legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, ultimo comma. Costituzione, artt. 3, 25 e Pag. 87 ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE N. 90. Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 13 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Concessioni del demanio pubblico marittimo per finalità turistico-ricreative - Proroga delle concessioni demaniali marittime affidate a soggetti non in possesso dei requisiti di legge, fino all individuazione del concessionario in possesso dei requisiti - Lamentata attribuzione di preferenza al concessionario uscente in contrasto con il diritto comunitario - Ricorso del Governo - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento tra gli operatori economici, violazione della libertà di stabilimento, dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario, della competenza esclusiva statale in materia di rapporti dello Stato con l Unione europea. Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 36, comma 2, modificativo dell art. 58, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre 2008, n. 16. Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lett. a) ; trattato CE, art. 43. Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Cacciabilità delle specie di cui all allegato II dell art. 7 della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici - Lamentato intervento della Regione nella determinazione delle specie cacciabili riservata allo Stato, contrasto con la norma statale che dà l elenco delle specie cacciabili sul territorio nazionale e costituisce espressione di standard minimi ed uniformi di tutela dell ambiente - Ricorso del Governo - Denunciata esorbitanza dai limiti statutari in materia di caccia e pesca, violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell ambiente. Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 37, commi 1 e 2, attuativo dell art. 7 della direttiva 79/409/CEE del 2 aprile Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s) ; statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18. Ambiente - Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Programmazione faunistica e attività venatoria - Prevista futura individuazione della Zona faunistica delle Alpi e dei territori da destinare a protezione della fauna - Destinazione in via provvisoria e comunque non oltre il 31 gennaio 2010, del territorio agro-silvo-pastorale della Regione a protezione della fauna selvatica per una quota dal 20 al 30 per cento - Applicazione sino a tale termine sul territorio della Regione del regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, al fine di consentire lo svolgimento della stagione venatoria - Lamentata violazione del rispetto degli standard minimi e uniformi di tutela posti dalla legislazione nazionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell ambiente. 12

13 Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 48, comma 6, modificativo dell art. 40 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s) ; statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4, comma 1; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 10, comma Pag. 91 N. 91. Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 16 ottobre 2009 (della Regione Molise). Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l esercizio della delega da parte del Governo - Previsione che la costruzione e l esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell ambiente e con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, d intesa con la Conferenza unificata - Lamentata esclusione delle Regioni dal processo decisionale sulla localizzazione degli impianti, sullo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento delle strutture non più in attività, nonostante l incidenza del procedimento su materie di competenza regionale - Ricorso della Regione Molise - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia e del governo del territorio, lesione del principio di leale collaborazione. Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g). Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l esercizio della delega da parte del Governo - Definizione delle tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, da adottarsi con delibera del CIPE previo parere della Conferenza unificata - Obbligo di esprimere il parere entro sessanta giorni, trascorsi i quali il parere si intende acquisito - Lamentata carenza di adeguato coinvolgimento delle Regioni nonostante l incidenza su materie di competenza regionale - Ricorso della Regione Molise - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia e del governo del territorio, lesione del principio di leale collaborazione. Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. Costituzione, artt. 117, comma terzo, e » 94 N. 92. Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 20 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Previsione che la Regione predisponga lo studio di fattibilità e di compatibilità ambientale, e che provveda all affidamento dell incarico di redazione del progetto preliminare con la procedura disciplinata dallo stesso provvedimento regionale - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di ambiente e con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuiscono tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell ambiente. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, artt. 5, commi 2 e 3, e 7. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) e s) ; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Allegato II alla Parte II; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 162, 165 e

14 Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina della procedura per l affidamento del progetto preliminare attraverso la finanza di progetto - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 6. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 4, comma 3, 153, 154 e 155. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina per la procedura e l approvazione del progetto preliminare - Mancato richiamo delle procedure previste dalle norme comunitarie recepite dallo Stato, relative alla procedura di valutazione di incidenza nel caso di progetti ricadenti nell ambito dei Siti Natura Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell ambiente. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 7. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) e s) ; direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992; d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357; d.p.r. 12 marzo 2003, n Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina della concessione avente per oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva nonché la realizzazione e la gestione della infrastruttura - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 8. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Previsione che la Regione possa definire autonomamente con il concessionario autostradale una specifica autonoma convenzione - Lamentata possibile distorsione del mercato e intervento su infrastrutture che vanno oltre l interesse regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e violazione del principio di leale collaborazione. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 8, comma 2. Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett. e), e 118; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Individuazione dei contenuti del progetto definitivo - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tale competenza allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 9, comma 2. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. l) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma Pag

15 N. 93. Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 20 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Energia - Norme della Regione Molise - Disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - Impianti con capacità di generazione non superiore a 1 Mw elettrico - Autorizzazione dai Comuni competenti per territorio secondo le procedure semplificate stabilite dalle «linee guida» regionali - Contrasto con il riparto di funzioni autorizzative previsto dalla normativa nazionale che attribuisce la competenza alle Regioni e alle province delegate per gli impianti di grandi dimensioni e assoggetta alla sola DIA, di competenza dei Comuni, gli impianti di piccole dimensioni - Lamentata fissazione di soglia di potenza diversa da quella prevista dalle norme statali - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia. Legge della Regione Molise 27 agosto 2009, n. 22, art. 3, comma 1. Costituzione, artt. 3, 97, 117, comma terzo, e 118; decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12, comma Pag. 99 N. 94. Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 21 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Caccia - Norme della Regione Lombardia - Piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2009/ Lamentata assenza dei presupposti e delle condizioni poste dalla normativa comunitaria, contrasto con i principi stabiliti dal legislatore statale e dalla legge quadro regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione del vincolo comunitario, violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell ambiente. Legge della Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19. Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lett. s) ; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 4, comma 3; legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2007, n. 3; direttiva 409/79/ CEE del 2 aprile 1979, art » 101 N Ordinanza del Tribunale di Roma del 28 aprile Processo penale - Dibattimento - Deliberazione - Previsione che alla deliberazione concorrano, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento - Violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza, stante la utilizzabilità di atti formatisi davanti a giudice diverso prevista da altre norme del codice di rito - Contrasto con il principio di uguaglianza dei giudici dinanzi alla legge - Violazione del principio della ragionevole durata del processo. Codice di procedura penale, art. 525, comma 2. Costituzione, artt. 3, 101 e » 102 N Ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana dell 11 maggio Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Siciliana - Attribuzione alla Regione delle funzioni relative al rilascio di concessioni demaniali marittime nel mare territoriale - Contrasto con lo Statuto siciliano che attribuisce alla Regione Siciliana solo le competenze in materia di demanio marittimo (costiero) e non anche di mare territoriale. Legge della Regione Siciliana 16 aprile 2003, n. 4, art. 7, comma 1. Statuto della Regione Siciliana »

16 N Ordinanza del Tribunale di Arezzo del 16 giugno Previdenza - Indennità di malattia - Periodo massimo indennizzabile di 180 giorni - Superabilità nel caso di soggetti sottoposti a dialisi per insufficienza renale - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento dei malati di insufficienza renale sottoposti a dialisi rispetto ai lavoratori incorsi in infortuni sul lavoro o affetti da malattia tubercolare (legge n. 1088/1970) - Violazione del principio di tutela della salute - Incidenza sulla garanzia previdenziale. Codice civile, art Costituzione, artt. 3, 32 e Pag. 109 N Ordinanza del Giudice di pace di Orvieto del 28 settembre Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Violazione del principio di ragionevolezza sotto diversi profili - Contrasto con i principi di offensività e di proporzionalità - Violazione del principio di solidarietà. Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 -bis, aggiunto dall art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. Costituzione, artt. 2, 3, 10 e 25, commi secondo e terzo » 111 N Ordinanza della Corte d appello di Venezia del 28 maggio Lavoro (tutela del) - Liberi professionisti - Indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi - Limitazione alla madre libera professionista, con esclusione del padre libero professionista - Ingiustificata disparità di trattamento tra figure genitoriali e tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti - Violazione del principio di uguaglianza dei coniugi in relazione ai compiti di mantenimento, educazione ed istruzione dei figli - Violazione dei principi di tutela della famiglia e della maternità ed infanzia. Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 70. Costituzione, artt. 3, 29, comma secondo, 30, primo comma, e »

17 SENTENZE ED ORDINANZE DELLA CORTE Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. N. 297 Sentenza novembre 2009 Ricorso della Regione Veneto - Impugnazione di numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n Trattazione delle questioni riguardanti gli artt. 2, comma 600, e 3, comma Decisione sulle altre disposizioni impugnate riservata a separate pronunce. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, artt. 2, comma 600, e 3, comma 162. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione, da parte delle Regioni, degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione dell autonomia amministrativa della Regione - Insufficiente motivazione della censura - Inammissibilità della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, art Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione da parte delle Regioni degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 594 a 599 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale concorrente e residuale, con incidenza sull autonomia finanziaria della Regione per introduzione di limiti puntuali a singole voci di spesa - Erroneo presupposto interpretativo - Applicabilità dei commi richiamati alle Regioni in via diretta e non in forza del richiamo operato dalla disposizione denunciata - Non fondatezza della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione da parte delle Regioni degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi 601 e 602 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale concorrente e residuale, con incidenza sull autonomia finanziaria della Regione per introduzione di limiti puntuali a singole voci di spesa - Erroneo presupposto interpretativo - Disciplina non applicabile alle Regioni neppure in via indiretta - Non fondatezza della questione. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo e quarto comma, e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Adozione, da parte delle Regioni, degli atti di competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 593 della medesima legge - Ricorso della Regione Veneto - Applicabilità alle Regioni delle disposizioni richiamate esclusivamente in forza del richiamo operato dalla disposizione denunciata - Introduzione di vincoli puntuali alle singole voci di spesa e di specifiche modalità di contenimento della spesa corrente - Violazione dell autonomia finanziaria regionale - Illegittimità costituzionale in parte qua - Assorbimento delle ulteriori censure. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 600. Costituzione, artt. 117, terzo (e quarto) comma, e 119. Bilancio e contabilità pubblica - Norme della legge finanziaria Autoqualificazione delle disposizioni legislative quali «norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali» - Ricorso della Regione Veneto - Ritenuta violazione della competenza regionale concorrente ad opera di disposizioni prive di tale natura - Formulazione della questione in modo contraddittorio o comunque perplesso - Inammissibilità. Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, comma 162. Costituzione, art. 117, comma terzo. 17

18 composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO Giudice, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente S ENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 600, e 3, comma 162 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 26 febbraio 2008, depositato in cancelleria il 5 marzo 2008 ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi Visto l atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell udienza pubblica del 21 aprile 2009 il giudice relatore Franco Gallo; Uditi l avvocato Mario Bertolissi per la Regione Veneto e l avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. La Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), e, tra queste, degli articoli 2, comma 600, e 3, comma Il comma 600 dell art. 2 stabilisce che «Le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602» Il richiamato comma 588 stabilisce che, a decorrere dall anno 2008, «la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato non può superare i centimetri cubici, escludendo dal computo le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile». Il comma 589 detta disposizioni volte ad incentivare «per le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali» l utilizzo della posta elettronica per le comunicazioni di documenti (come previsto dall art. 47, primo comma, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante «Codice dell amministrazione digitale»), a tal fine stabilendo, in caso di «mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata», una «riduzione, nell esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea». Il successivo comma 590 demanda l individuazione delle modalità attuative del comma 589 ad un «decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore» della legge denunciata. Il comma 591 introduce nel corpo dell art. 78 del menzionato decreto legislativo n. 82 del 2005 i commi 2 -bis, 2 -ter e 2 -quater, i quali: a) stabiliscono che le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, «inclusi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie», «sono tenute, a decorrere dal 1 gennaio 2008 e comunque a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla data predetta ad utilizzare i servizi Voce tramite protocollo Internet (VoIP) previsti dal sistema pubblico di connettività o da ana- 18

19 loghe convenzioni stipulate da CONSIP»; b) demandano al CNIPA il compito di effettuare azioni di monitoraggio e di verifica del rispetto di tali previsioni; c) prevedono a carico degli enti inadempienti, in caso di mancato adeguamento a dette disposizioni, una «riduzione, nell esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell anno in corso per spese di telefonia». Il successivo comma 592 demanda l individuazione delle modalità attuative dei commi 2 -bis, 2-ter e 2 -quater ad un «decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore» della legge denunciata. Il comma 593 quantifica i risparmi di spesa prodotti dalle misure di cui al comma 591, stabilendo altresì che, «in caso di accertamento di minori economie, si provvede alle corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti». I commi 594, 595, 596, 597, 598 e 599 non oggetto di autonoma impugnazione disciplinano l adozione di «piani triennali per l individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell utilizzo: a) delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell automazione d ufficio; b) delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo; c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali». Tali piani si riferiscono genericamente alle «amministrazioni pubbliche di cui all art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» e cioè, secondo quest ultima disposizione, a: «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300» e sono finalizzati al contenimento delle spese di funzionamento delle strutture di dette amministrazioni. Il comma 595 chiarisce che, nei piani concernenti le dotazioni strumentali, «sono altresì indicate le misure dirette a circoscrivere l assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità e limitatamente al periodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l uso, individuando, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze». In dipendenza dell adozione dei piani medesimi, gli ulteriori commi indicati: a) dettano disposizioni inerenti alla documentazione che deve corredare la dismissione delle dotazioni strumentali (comma 596); b) prevedono la trasmissione di una relazione agli organi di controllo interno ed alla sezione regionale della Corte dei conti competente (comma 597); c) disciplinano la pubblicità di detti piani triennali (comma 598) e d) introducono specifici obblighi di comunicazione al Ministero dell economia e delle finanze dei dati relativi ai beni immobili ad uso abitativo o di servizio su cui i soggetti destinatari della misura medesima vantino a qualunque titolo diritti reali o comunque dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità distinguendo tali beni in base al relativo titolo (comma 599). Il comma 601 riduce da quattro a due il numero dei componenti del Centro nazionale per l informatica nella pubblica amministrazione, che è un organo collegiale che opera, in forza dell art. 4, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 (Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell art. 2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n. 421), presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il comma 602 detta infine una disciplina transitoria applicabile fino «al 2 agosto 2009» per la composizione di detto organo collegiale Al riguardo, la ricorrente deduce, con un primo motivo di censura, che la disposizione denunciata, nel rendere applicabili anche alle Regioni «i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602», incide illegittimamente sulla competenza legislativa residuale regionale in materia di «organizzazione amministrativa interna della regione e degli enti pubblici regionali». Pertanto conclude la Regione detta disposizione viola «l art. 117, quarto comma, Cost. e, conseguentemente, gli artt. 118 e 119 Cost.». Con un secondo motivo di censura, dedotto in via subordinata, la ricorrente sulla base: a) della sentenza della Corte costituzionale n. 282 del 2002; b) dell art. 1, comma 3, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale prevede che «Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti»; nonché c) dell art. 1, comma 4, della medesima legge n. 131 del 2003 rileva che, anche qualora si ammettesse che la disposizione impugnata debba essere inquadrata nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», detta disposizione violerebbe comunque l art. 117, terzo comma, Cost. 19

20 perché, nel caso di specie, «lo Stato non ha affatto fissato i principi fondamentali» della materia in modo «espresso», «ma ha rimesso alla regione l individuazione degli stessi a partire dalle norme di cui ai commi dal 588 al 602 dell art. 2 della legge finanziaria per il 2008», in «palese violazione» dell evocata disposizione costituzionale. Con un terzo motivo di censura, dedotto in via ulteriormente gradata, la Regione Veneto afferma che la disposizione denunciata viola gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., come costantemente interpretati dalla Corte costituzionale (nel ricorso vengono richiamate le sentenze n. 36 e n. 390 del 2004; n. 417 e n. 449 del 2005; n. 88 del 2006; n. 169 del 2007), in quanto detta disposizione introduce un limite puntuale a singole voci di spesa e non lascia alla Regione alcuna libertà in ordine all allocazione delle risorse fra i diversi possibili ambiti e obiettivi di spesa. Da ciò, sempre secondo la ricorrente, consegue, «de plano, la violazione dell art. 118 Cost. sull autonomia amministrativa». 3. Il comma 162 dell art. 3 della legge n. 244 del 2007 stabilisce invece che le disposizioni della legge n. 244 del 2007 «costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali» La ricorrente dopo aver affermato, sia pure «in via generale ed introduttiva», che «non può certamente rivestire alcun significato una norma come quella di cui all art. 3, comma 162»; e ciò perché non è «sufficiente etichettare una norma ( rectius tutte le norme della legge finanziaria per l anno 2008) come di coordinamento della finanza pubblica perché questa (o queste) assuma(no) effettivamente tale carattere» deduce che la disposizione denunciata viola l art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto «lo Stato, nella materia armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, deve limitarsi a determinare i soli principi fondamentali regolatori della materia», mentre «le norme contenute nella legge finanziaria per l anno 2008 non possono certamente dirsi tutte norme di principio». 4. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni promosse dalla Regione Veneto siano dichiarate inammissibili o comunque infondate In particolare, la difesa erariale ha chiesto, quanto alle censure aventi ad oggetto l art. 2, comma 600, della legge n. 244 del 2007, che dette questioni siano dichiarate infondate, perché volte nella sostanza a denunciare una disposizione «che si limita a disciplinare le modalità di attuazione di norme che rappresentano, e sono per la loro intrinseca natura, veri e propri principi fondamentali» della materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», e cioè di una materia che rientra, in forza dell art. 117, terzo comma, Cost., nell ambito della potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni. Nello specifico, tale qualificazione si evince, secondo la medesima difesa erariale, dal fatto che la disposizione denunciata affida alle regioni, alle province autonome ed agli enti del Servizio sanitario nazionale il «compito di adottare, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza per l attuazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» desumibili dai commi da 588 a Quanto invece alle censure poste in riferimento all art. 3, comma 162, della legge n. 244 del 2007, l Avvocatura generale dello Stato ha chiesto che le medesime questioni siano dichiarate «infondate o inammissibili perché del tutto apodittiche e immotivate». Considerato in diritto 1. Il giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Veneto ha per oggetto varie disposizioni della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), tra le quali il comma 600 dell art. 2 ed il comma 162 dell art. 3. Saranno qui trattate solo le questioni relative a tali disposizioni, ritenendosi opportuno procedere ad un esame distinto delle questioni, promosse con il medesimo ricorso, riguardanti le altre disposizioni della medesima legge finanziaria. 2. Il censurato comma 600 dell art. 2 della legge n. 244 del 2007 stabilisce che «Le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602». I commi da 588 a 602, richiamati dalla suddetta disposizione, introducono cinque articolate misure volte a: a) ridurre la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate nell ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato (comma 588); b) incentivare l utilizzo della posta elettronica per le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni, prevedendo, in caso di mancato adeguamento alle disposizioni ivi dettate, una riduzione delle risorse stanziate per le spese di invio della corrispondenza cartacea (commi 589 e 590); c) incentivare 20

21 l utilizzo dei servizi «Voce tramite protocollo Internet» (VoIP) per le comunicazioni telefoniche, anche in questo caso prevedendo, nell ipotesi di mancato adeguamento alle disposizioni ivi dettate, una riduzione delle risorse stanziate per le spese di telefonia (commi 591, 592 e 593); d) adottare e disciplinare piani triennali finalizzati alla razionalizzazione dell utilizzo delle dotazioni strumentali, delle autovetture di servizio, dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio delle «amministrazioni pubbliche di cui all art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» (commi da 594 a 599); e) ridurre da quattro a due il numero dei componenti del Centro nazionale per l informatica nella pubblica amministrazione (comma 601), a tal fine dettando una disciplina transitoria della composizione di tale organo collegiale (comma 602) La ricorrente deduce che il comma 600, in combinato disposto con i richiamati commi da 588 a 602, viola: a) l art. 117, quarto comma, della Costituzione e, «conseguentemente», gli artt. 118 e 119 Cost., perché la disposizione denunciata incide illegittimamente sulla competenza legislativa residuale della Regione in materia di «organizzazione amministrativa interna della regione e degli enti pubblici regionali»; b) l art. 117, terzo comma, Cost., perché detta disposizione «non ha affatto fissato i principi fondamentali» della materia in modo espresso, «ma ha rimesso alla regione l individuazione degli stessi a partire dalle norme di cui ai commi dal 588 al 602 dell art. 2 della legge finanziaria per il 2008»; c) gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., nonché de plano l art. 118 Cost., in quanto la medesima disposizione denunciata introduce un limite puntuale a singole voci di spesa specificamente individuate Le questioni relative al comma 600, poste dalla Regione Veneto con riferimento all art. 118 Cost., devono essere dichiarate inammissibili, per insufficiente motivazione. Al riguardo, la ricorrente si limita a dedurre, nel primo e nel terzo motivo di censura, che la violazione di detto parametro consegue alla violazione delle competenze legislative regionali garantite dall art. 117 Cost., senza, però, spiegare le ragioni per cui la violazione di quest ultimo parametro comporti anche la lesione dell art. 118 Cost., il quale si riferisce, invece, alle sole competenze amministrative. La Regione, così prospettando le questioni, non ha rispettato il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui il ricorso principale, a pena di inammissibilità, non solo deve identificare esattamente la questione nei suoi termini specifici, ma deve anche contenere una adeguata, ancorché sintetica, motivazione delle ragioni poste a base della richiesta declaratoria d incostituzionalità ( ex plurimis, sentenze n. 120 del 2008; n. 38 del 2007; n. 233 del 2006) Nel merito, devono essere dichiarate non fondate le questioni di legittimità, poste con riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., del medesimo comma 600, nella parte in cui rende applicabili alle Regioni i principi «desumibili» dai commi da 594 a Quanto ai commi da 594 a 599, la ricorrente muove dalla premessa che essi si applicano alle Regioni non in via diretta, ma esclusivamente in forza del richiamo operato dal suddetto comma 600, e limita, perciò, la sua censura a tale ultima disposizione. Tale premessa è erronea, perché dall interpretazione letterale dei suddetti commi risulta che questi, nel disciplinare i «piani triennali finalizzati alla razionalizzazione dell utilizzo» delle dotazioni delle pubbliche amministrazioni (comma 594), si riferiscono a tutte le «amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» e, quindi, secondo il chiaro enunciato di quest ultima disposizione, a «tutte le amministrazioni dello Stato» ed alle «Regioni». Dall erroneità della ricostruzione da parte della ricorrente del quadro normativo di riferimento consegue, dunque, il rigetto della questione Quanto ai commi 601 e 602, la ricorrente muove dalla premessa che essi, sia pure per il tramite del censurato comma 600, si applichino alle Regioni. Anche tale premessa è erronea, perché detti commi non contengono norme applicabili alle Regioni neanche in via indiretta. Essi si limitano, infatti, a disciplinare la composizione, a regime e in via transitoria, del Centro nazionale per l informatica nella pubblica amministrazione. Quest ultimo costituisce uno specifico organo collegiale che, in forza dell art. 4, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 (Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell art. 2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n. 421), «opera presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l attuazione delle politiche del Ministro per l innovazione e le tecnologie, con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria e con indipendenza di giudizio». Si tratta, quindi, di un organo statale che, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, non trova omologhi in ambito regionale e la cui disciplina, pertanto, non può in alcun modo riguardare le Regioni Per quanto attiene alla parte della disposizione censurata che impone alle Regioni di «attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» desumibili dai commi da 588 a 593 dello stesso art. 2, è invece fondata la questione posta con riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost. 21

22 Va preliminarmente osservato che i citati commi da 588 a 593, diversamente dai commi da 594 a 599, si riferiscono soltanto all amministrazione statale e, pertanto, si applicano alle Regioni esclusivamente in forza del censurato comma 600, secondo il quale, come visto, queste ultime devono adottare gli atti di loro competenza «al fine di attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili» da detti commi. La questione è, quindi, ammissibile. Nel merito, occorre ribadire quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di individuazione dei principi di contenimento della spesa pubblica; e cioè che le «norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 289 e n. 120 del 2008; analogamente, le sentenze n. 412 e n. 169 del 2007, nonché n. 88 del 2006). In altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004), e non può fissare vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali, tali da ledere l autonomia finanziaria di spesa garantita dall art. 119 Cost. (sentenze n. 120 del 2008; n. 169 del 2007; n. 417 del 2005; n. 36 del 2004). Ciò posto, va rilevato che il censurato comma 600 non qualifica direttamente come principi fondamentali le norme dei commi da 589 a 593 ma, come già visto, assegna alle Regioni il compito di attuare i principi «desumibili» da detti commi. Il che impone a questa Corte di verificare specificamente se da tali commi possano essere desunti principi fondamentali che rispondano all indicata duplice condizione richiesta dalla giurisprudenza costituzionale. La Corte è chiamata, cioè, a verificare, al di là della terminologia impiegata dal legislatore statale, l idoneità del «carattere sostanziale della norma» a tradursi in principio fondamentale attraverso un procedimento di astrazione (sentenza n. 29 del 1995). Nella specie, le disposizioni richiamate dal censurato comma 600 stabiliscono che il contenimento della spesa pubblica deve essere perseguito dalle Regioni attraverso gli specifici strumenti della riduzione della cilindrata media delle autovetture di servizio nonché dell uso sia della posta elettronica, in luogo della corrispondenza cartacea, sia dei servizi internet (VoIP), in luogo delle ordinarie comunicazioni telefoniche. Come è evidente, dette disposizioni non si prestano in alcun modo, per il loro livello di estremo dettaglio, ad individuare, neppure in via di astrazione, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quale limite complessivo, anche se non generale, della spesa corrente. Esse sono idonee solo a incidere sulle indicate singole voci di spesa, in quanto introducono vincoli puntuali e specifiche modalità di contenimento della spesa medesima. Di conseguenza, la disposizione censurata, nella parte in cui afferma che possono essere desunti «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» da norme che, per il loro contenuto, sono inidonee a esprimere tali principi, realizza un inammissibile ingerenza nell autonomia finanziaria regionale. Di qui, la sua illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. La fondatezza della questione comporta l assorbimento delle altre questioni sollevate dalla ricorrente Regione Veneto con riguardo alla medesima disposizione. 3. La ricorrente denuncia altresì con riferimento all art. 117, terzo comma, Cost. l illegittimità del comma 162 dell art. 3 della legge n. 244 del 2007, il quale stabilisce che le disposizioni della medesima legge «costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali». La questione è inammissibile, perché formulata in modo contraddittorio o comunque perplesso. La Regione Veneto premette, al riguardo, che «etichettare una norma ( rectius : tutte le norme della legge finanziaria per l anno 2008) come di coordinamento della finanza pubblica» non è sufficiente «perché questa (o queste) assuma(no) effettivamente tale carattere», dal momento che le norme richiamate dalla disposizione impugnata «non possono certamente dirsi tutte norme di principio». Da tale premessa, tuttavia, la ricorrente non trae la logica conseguenza che la disposizione censurata non comporta, di per sé, alcuna lesione della sfera delle proprie competenze, ma, sul contrario presupposto della efficacia dell autoqualificazione legislativa, censura il suddetto comma 162 perché, in violazione dell evocato parametro, avrebbe qualificato come «norme di coordinamento della finanza pubblica» disposizioni che non hanno tale natura. Di qui la rilevata inammissibilità della questione, perché la censura proposta smentisce la stessa premessa da cui muove la ricorrente (sulla inammissibilità di questioni sollevate in via principale per contraddittorietà o perplessità nella formulazione della censura, sentenze n. 10 del 2008 e n. 401 del 2007, punto 6.4. del Considerato in diritto ). 22

23 P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riservata a separate pronunce la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), promosse con il ricorso indicato in epigrafe: dichiara l illegittimità costituzionale del comma 600 dell art. 2 della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui impone alle Regioni di «attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» desumibili dai commi da 588 a 593 dello stesso art. 2; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del comma 600 dell art. 2 della legge n. 244 del 2007, promossa in riferimento all art. 118 della Costituzione dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell art. 3, comma 162, della medesima legge n. 244 del 2007, promossa in riferimento all art. 117, terzo comma, della Costituzione dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe; dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del medesimo comma 600 dell art. 2 della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui impone alle Regioni di «attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» desumibili dai commi da 594 a 602 dello stesso art. 2, promossa in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 della Costituzione dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GALLO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 20 novembre Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0722 N. 298 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Sentenza novembre 2009 Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Erogazione a favore di apposito soggetto di diritto privato del contributo dell 0,8 per mille dei rimborsi spettanti ai Comuni per la minore imposta derivante dall esenzione ICI - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per lo svolgimento dell attività legislativa - Perdita retroattiva dell efficacia della disposizione denunciata, espunta dal testo del decreto-legge in sede di conversione - Cessazione della materia del contendere. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 5. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Regioni a statuto speciale e Province autonome di Trento e di Bolzano - Rimborsi per le minori entrate derivanti dall esenzione ICI disposti a favore dei citati enti e non invece direttamente a favore dei Comuni - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali e di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per lo svolgimento dell attività legislativa - Non esplicazione degli effetti della disposizione denunciata nei confronti delle Regioni a statuto ordinario - Carenza di interesse al ricorso in parte qua - Inammissibilità delle questioni. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, comma 4, quarto periodo, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n Costituzione, artt. 119 e

24 Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa a decorrere dall anno Rimborso ai Comuni della minore imposta - Sospensione del potere di Regioni ed enti locali di deliberare aumenti di tributi, addizionali, aliquote o maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti dallo Stato - Assimilazione dell unità immobiliare ad abitazione principale con regolamento o con delibera comunale - Versamento dell acconto ai Comuni e alle Regioni a statuto speciale, con deroga al limite delle anticipazioni di tesoreria vigente per gli enti locali - Sospensione del potere tributario delle Regioni salve le disposizioni relative all aumento dei tributi locali e le addizionali - Ricorso della Regione Calabria - Eccezione di inammissibilità delle questioni per insufficiente motivazione delle censure - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, primo periodo, 4, 4 -bis, 4-ter, 5 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Abrogazione di norme sulla previsione di riduzione di aliquote ICI e detrazioni di imposta nonché sulla attuazione di dette riduzioni e detrazioni - Ricorso della Regione Calabria - Eccezione di inammissibilità delle questioni per insufficiente motivazione delle censure - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 3, secondo periodo, e 6, sia nel testo originario che in quello convertito. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Decreto del Ministro dell interno attuativo dei criteri e modalità per l erogazione del rimborso ai Comuni secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno e della tutela dei piccoli Comuni - Sospensione di sanzioni nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata ICI - Rinegoziazione dei contratti di concessione del servizio di accertamento e riscossione dell ICI compatibilmente con la disciplina comunitaria - Ricorso della Regione Calabria - Ritenuta violazione dell autonomia finanziaria regionale e degli enti locali - Insufficiente motivazione delle censure aventi ad oggetto norme non incidenti sull autonomia finanziaria regionale - Inammissibilità delle questioni. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 4, terzo periodo (limitatamente all inciso «secondo principi che tengono conto dell efficienza sulla riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interna, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni»), 6 -bis e 7 -bis. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Ritenuta violazione dell autonomia finanziaria degli enti locali - Eccepita carenza di legittimazione della Regione - Erronei presupposti interpretativi - Stretta connessione, in materia finanziaria, tra le attribuzioni regionali e quelle degli enti locali, idonea a vulnerare le competenze regionali in caso di lesione di quelle locali - Evocazione di un argomento di merito per sostenere l inammissibilità in rito della questione - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Compensazione e recupero delle minori risorse destinate agli enti locali con l eventuale storno di contributi già dovuti alle Regioni - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità della questione per in conferenza del richiamo operato dalla ricorrente all art. 8, comma 2-bis, del d.lgs. n. 504 del 1992, con riferimento ai «contributi già devoluti dalla Regione» - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art. 119, comma terzo e quarto. 24

25 Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità della questione per impugnazione rivolta avverso il solo decreto-legge pur essendo già nota, nel momento della proposizione del ricorso, la promulgazione della legge di conversione - Notificazione avvenuta in epoca anteriore alla pubblicazione della legge di conversione - Discrezionalità della Regione circa l impugnazione del solo decreto-legge o della sola legge di conversione oppure di entrambe le fonti - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità delle questioni riguardanti il decreto-legge nel testo risultante dalla conversione in legge poiché fondate sui medesimi motivi prospettati in precedente ricorso riguardanti il decreto-legge nel testo originario - Discrezionalità della Regione circa la scelta della prospettazione delle singole questioni, formulabili identicamente in riferimento alle disposizioni contenute nelle due fonti - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo [ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»], 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Determinazione delle modalità di ripartizione ed accreditamento dei previsti rimborsi ai Comuni per la minore imposta derivante dall esenzione dell ICI - Ricorso della Regione Calabria - Eccepita inammissibilità delle questioni in quanto il prospettato aggravamento della violazione dell autonomia finanziaria regionale ad opera della legge di conversione sarebbe soltanto affermato ma non argomentato - Reiezione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 4 -bis e 4 -ter. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Formulazione di ulteriori questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate, sia nel testo originario che in quello oggetto di modificazioni con legge di conversione - Deduzione delle questioni solo con successiva memoria illustrativa e non con il ricorso introduttivo - Inammissibilità. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, sia nel testo originario, sia in quello modificato dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n.126, art. 1, commi 4 -bis e 4 -ter. Costituzione, art. 77 e combinato disposto dell art. 119 e della legge 5 maggio 2009, n. 42. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Preliminare individuazione del thema decidendum - Trasferimento delle questioni promosse nei confronti del testo originario del decreto-legge n. 93 del 2008 al corrispondente testo risultante dalla legge di conversione e delimitazione dell oggetto del giudizio. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, artt. 119 e 120. Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa a decorrere dall anno Sospensione del potere di Regioni ed enti locali di deliberare aumenti di tributi, addizionali e delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti dallo Stato - Meccanismi di rimborso ai Comuni della minore imposta - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione dei princìpi di autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali - Riconducibilità della disciplina denunciata alla materia di competenza esclusiva statale «sistema tributario dello Stato» - Non fondatezza delle questioni. 25

26 Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art Bilancio e contabilità pubblica - Esenzione ICI prima casa - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni per l adozione (con decreto-legge), della disciplina denunciata - Inapplicabilità del principio all attività legislativa - Non fondatezza della questione. Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126), art. 1, commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo, terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7. Costituzione, art composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente S ENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell art. 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), sia nel testo originario sia come modificato dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n. 126, promossi con due ricorsi della Regione Calabria notificati il 24 luglio ed il 23 settembre 2008, depositati in cancelleria rispettivamente il 30 luglio e il 30 settembre 2008 ed iscritti ai numeri 40 e 58 del registro ricorsi Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell udienza pubblica del 22 settembre 2009 il giudice relatore Franco Gallo; uditi l avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Calabria e l avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. Con ricorso notificato il 24 luglio 2008, depositato il successivo 30 luglio ed iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2008, la Regione Calabria ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell art. 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), nel testo vigente anteriormente all entrata in vigore delle modifiche ad esso apportate dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n. 126, e cioè nel testo vigente dal 29 maggio 2008 al 26 luglio

27 1.1. Il comma 1 di detto articolo, nel testo originario, prevede che «A decorrere dall anno 2008 è esclusa dall imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo» Il comma 2 della medesima disposizione chiarisce che «Per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni» cioè, salvo prova contraria, «quella di residenza anagrafica», secondo quanto stabilito dall art. 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) «nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall articolo 8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992». Il comma 2 dell art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dal comma 173 dell art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2007), stabilisce, al primo periodo, che «Dalla imposta dovuta per l unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo [...] si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, lire rapportate al periodo dell anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica». Esso chiarisce, al secondo periodo, che «Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente». Il comma 3 del medesimo art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 prevede, al primo periodo, che «A decorrere dall anno di imposta 1997 [...] l imposta dovuta per l unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento; in alternativa, l importo di lire , di cui al comma 2 del presente articolo, può essere elevato, fino a lire , nel rispetto dell equilibrio di bilancio». Il secondo periodo di tale ultima disposizione aggiunto dall art. 3 del decreto-legge 11 marzo 1997, n. 50 (Disposizioni tributarie urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 maggio 1997, n. 122 stabilisce che «La predetta facoltà può essere esercitata anche limitatamente alle categorie di soggetti in situazioni di particolare disagio economico-sociale, individuate con deliberazione del competente organo comunale» Il successivo comma 3 del decreto-legge n. 93 del 2008, al primo periodo, dispone che «L esenzione si applica altresì nei casi previsti dall art. 6, comma 3 -bis, e dall art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, e successive modificazioni». Il comma 3 -bis dell art. 6 del d.lgs. n. 504 del 1992, aggiunto dal comma 6 dell art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Statolegge finanziaria 2008), prevede che «Il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, determina l imposta dovuta applicando l aliquota deliberata dal comune per l abitazione principale e le detrazioni di cui all articolo 8, commi 2 e 2 -bis, calcolate in proporzione alla quota posseduta». Il comma 4 dell art. 8 del medesimo d.lgs. n. 504 del 1992 stabilisce invece che «Le disposizioni di cui al presente articolo» e cioè di cui al detto art. 8, rubricato «Riduzioni e detrazioni dall imposta» «si applicano anche alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari». Il secondo periodo del medesimo comma 3 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 stabilisce, «conseguentemente», che «sono [ ] abrogati il comma 4 dell articolo 6 ed i commi 2 -bis e 2 -ter dell articolo 8 del citato decreto n. 504 del 1992». Detto comma 4 dell art. 6 del decreto legislativo n. 504 del 1992, nel disciplinare la determinazione delle aliquote e dell imposta, stabiliva che restavano «ferme le disposizioni dell art. 4, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556», e cioè le disposizioni che, «Ai fini dell imposta comunale sugli immobili», permettevano ai comuni di «deliberare, ai sensi dell art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, una aliquota ridotta, comunque non inferiore al 4 per mille, in favore delle persone fisiche soggetti passivi e dei soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune, per l unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale, a condizione che il gettito complessivo previsto [fosse] almeno pari all ultimo gettito annuale realizzato». Gli abrogati commi 2 -bis e 2 -ter dell articolo 8 del citato decreto n. 504 del 1992 aggiunti dal comma 5 dell art. 1 della legge n. 244 del 2007 ed entrati in vigore il 1 gennaio 2008, ai sensi del comma 164 dell art. 3 della medesima legge n. 244 prevedevano che: a) «Dall imposta dovuta per l unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si [detraesse] un ulteriore importo pari all 1,33 per mille della base imponibile di cui all articolo 5» (comma 2 -bis, primo periodo); b) «L ulteriore detrazione, comunque non superiore a 200 euro, [venisse] fruita fino a concorrenza del suo ammontare [e fosse] rapportata al periodo del- 27

28 l anno durante il quale si [protraeva] la destinazione di abitazione principale» (comma 2 -bis, secondo periodo); c) per le unità immobiliari adibite «ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione [spettasse] a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si [verificava]» (comma 2 -bis, terzo periodo); d) «L ulteriore detrazione di cui al comma 2 -bis si [applicasse] a tutte le abitazioni ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9» (comma 2 -ter ) Il denunciato comma 4 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 stabilisce, al primo periodo, che «La minore imposta che deriva dall applicazione dei commi 1, 2 e 3, pari a milioni di euro a decorrere dall anno 2008, è rimborsata ai singoli comuni, in aggiunta a quella prevista dal comma 2 -bis dell articolo 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, introdotto dall articolo 1, comma 5, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» [comma, quest ultimo, prima riportato nel punto 1.3.]. A tale fine, il medesimo comma censurato detta alcune disposizioni attuative, secondo cui: a) «nello stato di previsione del Ministero dell interno l apposito fondo è integrato di un importo pari a quanto sopra stabilito a decorrere dall anno 2008» (comma 4, secondo periodo); b) «In sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali sono stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, criteri e modalità per la erogazione del rimborso ai comuni che il Ministro dell interno provvede ad attuare con proprio decreto» (comma 4, terzo periodo); c) «Relativamente alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono all attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione» (comma 4, quarto periodo) Il successivo comma 5 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, pure denunciato, stabilisce che, «Al fine di garantire il contributo di cui all articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro dell economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006, come determinato dall articolo 1, comma 251, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» e cioè «il contributo dello 0,8 per mille del gettito ICI, di cui all art. 10, comma 5, del decreto legislativo n. 504 del 1992» «il Ministero dell interno eroga al soggetto di cui al medesimo decreto ministeriale 22 novembre 2005, per le medesime finalità, lo 0,8 per mille dei rimborsi di cui al comma 4». Detta erogazione è dunque prevista a vantaggio all apposito «soggetto di diritto privato, senza finalità di lucro, avente patrimonio e contabilità distinti da quelli dell ANCI», costituito dall Associazione nazionale dei comuni italiani in forza dell art. 1, comma 1, del suddetto decreto ministeriale 22 novembre 2005 e sulla base di quanto disposto dal comma 2 - ter dell art. 7 del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (Disposizioni urgenti per l università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, il quale ultimo articolo, modificando l art. 10, comma 5, del decreto legislativo n. 504 del 1992 a far data dal 2 aprile 2005, stabilisce che «Allo scopo di consentire la prosecuzione dei servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell attività di informazione ai contribuenti, l Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) organizza le relative attività strumentali» Il denunciato comma 6 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 dispone l abrogazione, a far data dal 29 maggio 2008, dei commi 7, 8 e 287 dell art. 1 della legge n. 244 del Il comma 7 di tale ultima disposizione in dipendenza di quanto disposto dal precedente comma 5 (che, come visto, disciplinava una detrazione d imposta pari all 1,33 per mille per l ICI dovuta per l unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo) prevedeva che: a) «La minore imposta che deriva dall applicazione del comma 5 [fosse] rimborsata, con oneri a carico del bilancio dello Stato, ai singoli comuni» (comma 7, primo periodo); b) «Entro il 28 febbraio 2008 il Ministero dell interno [definisse] il modello per la certificazione, da parte dei comuni, del mancato gettito previsto» (comma 7, secondo periodo); c) «I comuni [trasmettessero] al Ministero dell interno il modello compilato entro la data del 30 aprile 2008» (comma 7, terzo periodo); d) «Il trasferimento compensativo [fosse] erogato per una quota pari al 50 per cento dell ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune entro e non oltre il 16 giugno e per il restante 50 per cento entro e non oltre il 16 dicembre dell anno di applicazione del beneficio» (comma 7, quarto periodo); e) «Gli eventuali conguagli [fossero] effettuati entro il 31 maggio dell anno successivo» (comma 7, quinto periodo); f) «Con decreto del Ministro dell economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, d intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della [ ] legge [predetta], [fossero] stabilite le modalità con le quali [potessero] essere determinati conguagli sulle somme trasferite per effetto del presente comma» (comma 7, sesto periodo). Il comma 8 dell art. 1 della legge n. 244 del 2007, in connessione con il predetto comma 7, precisava, «In relazione alle competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in mate- 28

29 ria di finanza locale», che, nei rispettivi territori, i rimborsi fossero «disposti a favore dei citati enti», i quali avrebbero dovuto successivamente provvedere «all attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione». Il comma 287 della medesima disposizione prevedeva, infine, che «L ammontare del trasferimento compensativo riconosciuto in via previsionale e dell eventuale conguaglio spettanti a ciascun comune, a fronte della diminuzione del gettito dell imposta comunale sugli immobili che [derivava] dall applicazione del comma 2 -bis dell articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, introdotto dal comma 5 del presente articolo, [fosse] determinato con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007» Da ultimo, il denunciato comma 7 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 dispone, al primo periodo, che «Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, in funzione della attuazione del federalismo fiscale, è sospeso il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato». La medesima disposizione, al secondo periodo, precisa che «Sono fatte salve, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché, per gli enti locali, gli aumenti e le maggiorazioni già previsti dallo schema di bilancio di previsione presentato dall organo esecutivo all organo consiliare per l approvazione nei termini fissati ai sensi dell articolo 174 del testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267», e cioè, nella sostanza, entro il «congruo termine» per la presentazione dello schema di bilancio di previsione previsto dal regolamento di contabilità dell ente, in forza della disposizione di cui al comma 2 dell art. 174 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali), ovvero entro il termine del 31 dicembre dell anno per la deliberazione del bilancio, come previsto dall art. 151, comma 1, del medesimo decreto legislativo, a tal fine richiamato dall art. 174, comma 3, del menzionato decreto legislativo n. 267 del Il richiamato comma 174 dell art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2005) come modificato prima dal comma 277 dell art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Statolegge finanziaria 2006), e poi dal comma 796 dell art. 1 della legge n. 296 del 2006 prevede un articolata misura di contenimento della spesa pubblica operante sul lato dell entrata. Esso stabilisce, in particolare, che: a) «Al fine del rispetto dell equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari» (primo periodo); b) «Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell anno successivo a quello di riferimento» (secondo periodo); c) «Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell addizionale all imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente» (terzo periodo); d) «I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all esercizio 2004 e seguenti» (quarto periodo); e) «Qualora i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro il 31 maggio, nella regione interessata, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano comunque nella misura massima prevista dalla vigente normativa l addizionale all imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive; scaduto il termine del 31 maggio, i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto l addizionale e le maggiorazioni d aliquota delle predette imposte ed i contribuenti liquidano e versano gli acconti d imposta dovuti nel medesimo anno sulla base della misura massima dell addizionale e delle maggiorazioni d aliquota di tali imposte» (quinto periodo). La lettera b) del comma 796 dell art. 1 della legge n. 296 del 2006, come modificata dal comma 50 dell art. 2 della legge n. 244 del 2007, istituisce per il triennio un fondo transitorio da ripartire tra le Regioni interessate da elevati disavanzi nel settore sanitario (primo periodo) e subordina l accesso alle risorse stanziate ad una serie di condizioni (e cioè: sottoscrizione di apposito accordo e predisposizione di un piano di rientro dai disavanzi che deve contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, sia le misure necessarie all azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli obblighi e le procedure previsti dall articolo 8 dell intesa 23 marzo 29

30 2005 sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano). In particolare, tale accesso «presuppone che sia scattata formalmente in modo automatico o che sia stato attivato l innalzamento ai livelli massimi dell addizionale regionale all imposta sul reddito delle persone fisiche e dell aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive, fatte salve le aliquote ridotte disposte con leggi regionali a favore degli esercenti un attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all art. 4 della legge 23 febbraio 1999, n. 44». La medesima disposizione precisa, al quinto periodo, che «la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell economia e delle finanze» nell ipotesi in cui «nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro». «In ogni caso» prosegue il sesto periodo della medesima lettera b) «l accertato verificarsi del mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi comporta che, con riferimento all anno d imposta dell esercizio successivo, l addizionale all imposta sul reddito delle persone fisiche e l aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive si applicano oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente fino all integrale copertura dei mancati obiettivi». Tale maggiorazione, secondo il successivo settimo periodo, «ha carattere generalizzato e non settoriale e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi». Simmetricamente, l ottavo periodo della stessa lettera b) precisa che «la regione interessata può ridurre, con riferimento all anno d imposta dell esercizio successivo, l addizionale all imposta sul reddito delle persone fisiche e l aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive per la quota corrispondente al miglior risultato ottenuto», qualora «sia verificato che il rispetto degli obiettivi intermedi è stato conseguito con risultati ottenuti quantitativamente migliori» rispetto a quelli programmati. I successivi periodi nono e decimo dettano previsioni strumentali alla complessiva misura introdotta dalla lettera b) del comma 796 dell art. 1 della legge n. 296 del 2006, prevedendo la vincolatività, per le Regioni sottoscrittrici, degli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale necessari per il perseguimento dell equilibrio economico (nono periodo) e misure di monitoraggio e controllo sull applicazione dell accordo di cui all articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), pure finalizzato all individuazione degli interventi necessari per il perseguimento dell equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in riferimento alla spesa sanitaria (decimo periodo). 2. La ricorrente Regione Calabria deduce, in riferimento alle riportate disposizioni, due motivi di censura Con il primo motivo, rileva la violazione dell art. 119 della Costituzione, lamentando, nella sostanza, l avvenuta lesione dell «autonomia finanziaria regionale e degli EE.LL.». In primo luogo, secondo la Regione, l «esenzione dalla imposta comunale sugli immobili dell unità immobiliare adibita ad abitazione principale», determinando «l acquisizione di una minore imposta, calcolata in un ammontare pari a milioni di», comporta una «carenza di risorse finanziarie in capo ai comuni» che «si pone di per sé in evidente contrasto con la previsione di cui all art. 119 Cost., commi 2 e 4». In secondo luogo, la medesima ricorrente lamenta che la disposizione impugnata, sospendendo «il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato», risulta altresì lesiva dei commi primo, secondo e quarto dell evocato parametro costituzionale, perché «lo Stato non può introdurre una disciplina normativa che sia più restrittiva dei confini di autonomia finanziaria regionale, delineati dal citato art. 119». In terzo luogo, infine, la Regione Calabria riprendendo alcune osservazioni formulate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in data 12 giugno 2008 deduce che la disposizione denunciata lede il medesimo parametro costituzionale perché «penalizza le regioni e gli enti locali nel giudizio delle agenzie di rating e, quindi, di riflesso», incide «sul costo dell indebitamento futuro». Né potrebbe ritenersi prosegue la ricorrente che detta disposizione si sottragga ai denunciati vizi di legittimità costituzionale in quanto «contempla la misura del «rimborso» ai singoli comuni del minor gettito percepito». E ciò perché, secondo la medesima Regione, «le minori risorse finanziarie destinate agli EE.LL. sono compensate e recuperate attraverso l eventuale storno di contributi già devoluti a favore delle regioni ( cfr. comma 2-bis, art. 8, d.lgs. n. 504/1992, introdotto dal comma 5, art. 1, legge n. 244/2007)» Con il secondo motivo, la ricorrente deduce che la disposizione denunciata víola il principio di leale collaborazione sancito dall art. 120 Cost., perché: a) è «compendiata in un provvedimento normativo (i.e. il decreto-legge) sottratto alla necessaria (in materia) dialettica istituzionale Stato-regioni»; b) persegue una ratio «pur condivisibile, nel merito», «attraverso forme che aggirano i metodi della concertazione e leale collaborazione fra livelli istituzionali, intenti più volte richiamati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome ed altresì oggetto per l attuazione della normativa relativa a tali ambiti materiali di una giurisprudenza costituzionale costante nel richiamare lo Stato alle necessarie forme di cooperazione, tipiche di un sistema di governo multilivello». 30

31 3. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate In rito, la difesa erariale afferma, in primo luogo, che tutte le questioni di legittimità promosse dalla ricorrente sono inammissibili perché, con riferimento alle singole censure, non vengono indicati i commi impugnati, né «è possibile individuarli sia perché i motivi non si attagliano a tutti sia perché come parametro costituzionale è indicato l art. 119 Cost., senza precisare sotto quali profili». In secondo luogo, l Avvocatura generale dello Stato rileva che la Regione non è legittimata al ricorso, perché fa valere un «ipotetico pregiudizio dei Comuni» che non incide sulla sfera di potestà legislativa regionale, neppure indirettamente. Né, secondo la medesima parte resistente, può esser richiamata a proposito la giurisprudenza costituzionale che ha evidenziato «la stretta connessione tra finanza regionale e locale» e che, conseguentemente, ha ammesso la Regione «a far valere le lesioni che hanno come destinatari gli enti locali». E ciò perché i casi oggetto di giudizio «rientravano nella legislazione concorrente regionale» e non nella «legislazione statale esclusiva», come la «questione in esame». Secondo il resistente, è inammissibile anche la «questione» con cui la Regione lamenta che le minori risorse finanziarie destinate agli EE.LL. sono compensate e recuperate attraverso «l eventuale storno di contributi già devoluti a favore delle regioni», perché al riguardo la ricorrente richiama, a fondamento della propria doglianza, il «comma 2 -bis, art. 8, d.lgs. n. 504/1992, introdotto dal comma 5, art. 1, legge n. 244/2007». Secondo la difesa erariale, tale «riferimento normativo, che la Regione ha posto a base del motivo, non è [infatti] pertinente» perché a detta norma «sono del tutto estranei quei contributi già devoluti alla Regione, che sarebbero stati stornati» Nel merito, la difesa erariale, con riferimento alla dedotta violazione dell autonomia finanziaria regionale, rileva che: a) «l art. 119 Cost. non può costituire un parametro di valutazione pienamente efficace fino a che non siano intervenute le norme di attuazione»; b) tale ultimo parametro avendo «una efficacia, per così dire, negativa, nel senso che non consente di realizzare effetti in contrasto con le sue linee tendenziali» impone solo, nel caso di specie, «che la mancanza del gettito sia compensato con l attribuzione di risorse corrispondenti», ciò che di fatto avviene, secondo l Avvocatura generale, in virtù della previsione della costituzione di un fondo presso lo stato di previsione del Ministero dell interno con dotazione pari «al minor gettito percepito dai singoli Comuni a seguito dell intervento sull ICI»; c) l ICI, essendo stata istituita con legge statale, è comunque imposta statale e, perciò, lo Stato, «in quanto titolare della potestà legislativa corrispondente, ne può modificare la disciplina»; d) la previsione della «sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato» è poi giustificata dagli «obiettivi che la norma si propone», ravvisabili, secondo l Avvocatura: d.1.) nella necessità di garantire pur nella varietà «delle esigenze particolari di settore», comunque considerate dalla norma «la continuità delle entrate allo stesso livello»; d.2.) nell esigenza di evitare un aumento dell onere fiscale che «potrebbe indurre alla evasione»; d.3.) nell esigenza di «mantenere inalterate le condizioni finanziarie attuali in funzione della attuazione del federalismo fiscale», attuazione che «sarebbe potuta riuscire seriamente pregiudicata» se «si fossero create posizioni squilibrate o di difficile adattamento». Sul punto, la difesa erariale conclude affermando che «Si è, dunque, nell ambito di quelle misure che codesta Corte ha già ritenuto legittime quando perseguano in via transitoria obiettivi di contenimento complessivo della spesa». Quanto all asserita lesione del principio di leale collaborazione, l Avvocatura sottolinea che i criteri e le modalità di erogazione dei rimborsi sono stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e, comunque, che si verte in un ambito di potestà legislativa esclusiva statale che deve essere «esercitata senza nessuna interferenza diretta Regionale». Nel caso di specie infatti prosegue la difesa erariale la ricerca del consenso preventivo delle Regioni è il risultato «di una valutazione di opportunità politica al di sotto della soglia costituzionale», che, dunque, non indice sulla legittimità della disposizione censurata. 4. Con ricorso notificato il 23 settembre 2008, depositato il successivo 30 settembre ed iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2008, la Regione Calabria, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell art. 1, comma 1, della legge n. 126 del 2008, che a far data dal 27 luglio 2008 ha convertito, con modificazioni, l art. 1 del decreto-legge n. 93 del Il denunciato art. 1, comma 1, della legge n. 126 del 2008, in combinato disposto con l allegato alla medesima legge: a) non ha convertito in legge il comma 5 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008; b) ha modificato i commi 2, 4 e 7 dell art. 1 del medesimo decreto-legge; c) ha inserito nel corpo del medesimo articolo i commi 4 -bis, 4 -ter, 6-bis e 7 -bis Il comma 2 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione, stabilisce che «Per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle 31

32 ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall articolo 8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992». Il nuovo testo di tale disposizione chiarisce dunque che l assimilazione ad abitazione principale può essere operata dal Comune, oltre che con regolamento, anche con una delibera comunale vigente alla data del 29 maggio 2008 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 93) Il comma 4 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione, specifica, nel secondo periodo, che il decreto del Ministro dell interno con cui si provvede, secondo i criteri e le modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, alla erogazione del rimborso ai comuni per la minore imposta riscossa deve essere emanato «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto [e cioè entro il 26 agosto del 2008], secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni» Il comma 4 -bis dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, introdotto dalla legge di conversione, stabilisce che «Per l anno 2008, il Ministero dell interno, fatti salvi eventuali accordi intervenuti in data precedente in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ripartisce e accredita ai comuni e alle regioni a statuto speciale, a titolo di primo acconto, il 50 per cento del rimborso loro spettante, come determinato ai sensi del comma 4». Il successivo comma 4 -ter del medesimo art. 1 precisa che «In sede di prima applicazione, fino all erogazione effettiva di quanto spettante a titolo di acconto a ciascun comune ai sensi del comma 4 -bis, il limite dei tre dodicesimi di cui all articolo 222 del testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» e cioè il limite alle anticipazioni di tesoreria vigente per i comuni, le province, le città metropolitane, le unioni di comuni e le comunità montane «è maggiorato dell importo equivalente al credito dell imposta comunale sugli immobili determinatosi, per effetto delle norme di cui ai commi da 1 a 4, a favore delle singole amministrazioni comunali nei confronti dello Stato» Il successivo comma 6 -bis, pure introdotto dalla legge di conversione, stabilisce invece che, «In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, con esclusivo riferimento alle fattispecie di cui al comma 2 [e cioè con esclusivo riferimento ai limiti dell assimilazione, con regolamento o delibera comunale, di immobili diversi all abitazione principale], non si fa luogo all applicazione di sanzioni nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata dell imposta comunale sugli immobili, relativa all anno 2008, a condizione che il contribuente provveda ad effettuare il versamento entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» [e cioè entro il 26 agosto 2008] Il denunciato art. 1, comma 1, della legge di conversione, in combinato disposto con l allegato alla medesima legge, ha poi aggiunto due ulteriori periodi al comma 7 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, il quale come si è visto sospende il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Secondo tali periodi: a) «Resta fermo che continuano comunque ad applicarsi le disposizioni relative al mancato rispetto del patto di stabilità interno, di cui ai commi 669, 670, 671, 672, 691, 692 e 693 dell art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296»; b) «Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano il rispetto delle disposizioni di cui al presente comma, riferendo l esito di tali controlli alle sezioni riunite in sede di controllo, ai fini del referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica, ai sensi dell art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato, da ultimo, dall art. 3, comma 65, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché alla sezione delle autonomie». I richiamati commi 669, 670, 671 e 672 dell art. 1 della legge n. 296 del 2006 introducono, per anni specificamente individuati, un articolata misura di finanza pubblica, la quale prevede che: a) «In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni , [ ] il Presidente del Consiglio dei ministri [ ] diffida la regione o provincia autonoma ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell anno successivo a quello di riferimento» (comma 669, primo periodo); b) «Detti provvedimenti devono essere comunicati al Ministero dell economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro la medesima data [ ]» (comma 669, secondo periodo); c) «Qualora l ente non adempia, il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, adotta entro il 30 giugno i necessari provvedimenti che devono essere comunicati, entro la medesima data, con le stesse modalità» (comma 669, terzo periodo); d) «Allo scopo di assicurare al contribuente l informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il Ministero dell economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, cura la pubblicazione sul sito informatico [ ] degli elenchi contenenti le regioni e le province autonome che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelle che hanno adottato opportuni provvedimenti e di quelle per le quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione» (comma 669, quarto periodo); 32

33 e) «Decorso inutilmente il termine del 30 giugno previsto dal comma 669, nella regione o nella provincia autonoma interessata, con riferimento all anno in corso», si applicano automaticamente: a) l imposta regionale sulla benzina per autotrazione, di cui all articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, nella misura di euro 0,0258, con efficacia dal 15 luglio; b) la tassa automobilistica, di cui al titolo III, capo I, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con l aumento di 5 punti percentuali delle tariffe vigenti (comma 670, unico periodo); f) «Nelle regioni e nelle province autonome in cui l imposta regionale sulla benzina è già in vigore nella misura massima prevista dalla legge si applica l ulteriore aumento di euro 0,0129» (comma 670, unico periodo); g) «Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui ai commi 670 e 671» (comma 672, unico periodo). I successivi commi 691, 692 e 693 dell art. 1 della legge n. 296 del 2006 stabiliscono invece, con una disposizione di carattere generale, che: a) «In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, [ ] il Presidente del Consiglio dei Ministri [ ] diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell anno successivo a quello di riferimento» (comma 691, primo periodo); b) «Detti provvedimenti devono essere comunicati al Ministero dell economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro la medesima data» (comma 691, secondo periodo); c) «Qualora i suddetti enti non adempiano, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati, entro la medesima data [ ]» (comma 691, terzo periodo); d) «Allo scopo di assicurare al contribuente l informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il Ministero dell economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione sul sito informatico [ ] degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione» (comma 691, quarto periodo); e) «Decorso inutilmente il termine del 30 giugno previsto dal comma 691: a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell addizionale comunale all imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l imposta maggiorando l aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento; b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1 luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse (comma 692, unico periodo); f) «Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui al comma 692» (comma 693, unico periodo) Da ultimo, il comma 7 -bis dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, introdotto dalla legge di conversione, stabilisce che «I comuni che abbiano in corso di esecuzione rapporti di concessione del servizio di accertamento e riscossione dell imposta comunale sugli immobili possono rinegoziare i contratti in essere, ai fini dell accertamento e della riscossione di altre entrate, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di prestazione di servizi». 5. La ricorrente Regione Calabria, dopo aver rilevato che le disposizioni «contenute» nel decreto-legge «sono state trasposte con alcune modificazioni nella successiva legge di conversione», deduce, in riferimento alle stesse, due motivi di censura analoghi a quelli già dedotti avverso l impugnato decreto-legge In particolare, la ricorrente premette che, con delibera n. 393 del 3 giugno 2008, la propria giunta regionale ha rilevato che: a) con il denunciato decreto-legge «il Governo, nello stabilire, all art. 1, l esenzione della corresponsione dell ICI per la prima casa a decorrere dall anno 2008, ha previsto, per finanziare l abbattimento dell imposta, la sottrazione di fondi destinati alla Regione Calabria e già devoluti [ ]»; b) al riguardo, «va censurato il disposto dell art. 5 del succitato decreto-legge, il quale, al fine di assicurare la copertura finanziaria per l eliminazione dell ICI, ha disposto la riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui all elenco n. 1, allegato al decreto, e per gli importi ivi individuati, in tal modo operando la riduzione di tutti i fondi già destinati alla Regione Calabria, in specie quelli destinati alle infrastrutture ed alla difesa del suolo, nonché quelli destinati alla forestazione e riforestazione, ai salari dei forestali ed alla stabilizzazione dei lavoratori s.u, e di p.u.»; c) perciò, «i settori maggiormente colpiti in conseguenza degli interventi previsti per la copertura del minor gettito sono i seguenti: Riconversione degli interventi per opere di infrastrutture pubbliche e logistica in Sicilia e Calabria (1.365,5 ml di euro); Fondo per la promozione e il sostegno dello sviluppo del TPL (353 ml di euro nel triennio ); Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale (5 ml di euro nel triennio ); Fondo isole minori (60 ml di euro nel triennio ); Incentivi trasporto pesante verso trasporto marittimo (231 ml di euro nel triennio); Banda larga (50 ml di euro); Esternalizzazione servizi ASL e ospedalieri (87 ml di euro nel triennio); Recupero centri storici (30 ml di euro nel triennio); Investimenti diretti INAIL»; d) «le risorse sottratte, soprattutto quelle dirette alla realizzazione di importanti e strategiche infrastrutture, comportano gravi ripercussioni sulle programmazioni finanziarie e sul piano politico-istituzionale con effetti deleteri per lo sviluppo della compagine sociale ai fini di una significativa crescita economica dell intera regione»; e) in una diversa ottica, «il decreto-legge è atto munito di forza di legge, che per sua natura può essere adottato dal Governo soltanto nella ricorrenza di casi straordinari di necessità ed urgenza [ ] e l eventuale conversione in legge non può comunque sanare il vizio, che incide sulla separazione tra i poteri dello Stato e non esclusivamente sul rapporto politico fra Parlamento e Governo». 33

34 5.2. La Regione ricorrente deduce, con un primo motivo di censura, la violazione dell art. 119 Cost., lamentando, nella sostanza, l avvenuta lesione dell «autonomia finanziaria regionale e degli EE.LL.». In primo luogo, per la Regione, l «esenzione dalla imposta comunale sugli immobili dell unità immobiliare adibita ad abitazione principale», determinando «l acquisizione di una minore imposta, calcolata in un ammontare pari a milioni di», comporta una «carenza di risorse finanziarie in capo ai comuni» che «si pone di per sé in evidente contrasto con la previsione di cui all art. 119 Cost., commi 2 e 4». In secondo luogo, la medesima ricorrente lamenta che la disposizione impugnata, sospendendo «il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato», risulta altresì lesiva dei commi primo, secondo e quarto dell evocata disposizione costituzionale, perché «lo Stato non può introdurre una disciplina normativa che sia più restrittiva dei confini di autonomia finanziaria regionale, delineati dal citato art. 119». In terzo luogo, la Regione Calabria, riprendendo alcune delle osservazioni formulate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in data 12 giugno 2008, deduce che la disposizione denunciata lede il medesimo parametro costituzionale perché «penalizza le regioni e gli enti locali nel giudizio delle agenzie di rating e, quindi, di riflesso», incide «sul costo dell indebitamento futuro». Né potrebbe ritenersi prosegue la ricorrente che detta disposizione si sottragga ai denunciati vizi di legittimità costituzionale in quanto «contempla la misura del «rimborso» ai singoli comuni del minor gettito percepito». E ciò, secondo la medesima Regione, perché «le minori risorse finanziarie destinate agli EE.LL. sono compensate e recuperate attraverso l eventuale storno di contributi già devoluti a favore delle regioni ( cfr. comma 2-bis, art. 8, d.lgs. n. 504/1992, introdotto dal comma 5, art. 1, legge n. 244/2007)». Al riguardo, la Regione espressamente chiarisce, da un lato, che, «sotto questi profili», le modificazioni intervenute in sede di conversione non hanno «provveduto a correggere i vizi già lamentati nelle disposizioni contenute nell originario decreto» e, dall altro, che anzi «sembrano aggravare i termini della protestata violazione costituzionale le disposizioni di cui ai citati commi 4 -bis e ter, nella parte in cui sono determinate le modalità di ripartizione ed accreditamento del (50% del) rimborso di cui al comma 4» Con un secondo motivo di censura, la ricorrente deduce altresì che la disposizione denunciata viola il principio di leale collaborazione sancito dall art. 120 Cost., perché: a) è «compendiata in un provvedimento normativo (i.e. il decreto-legge) sottratto alla necessaria (in materia) dialettica istituzionale Stato-regioni»; b) persegue una ratio «pur condivisibile, nel merito», «attraverso forme che aggirano i metodi della concertazione e leale collaborazione fra livelli istituzionali». 6. Si è costituito in giudizio, con atto depositato in data 8 ottobre 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate. In particolare, la difesa erariale richiamando integralmente gli argomenti svolti nell atto di costituzione depositato nel giudizio iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2008 eccepisce l inammissibilità delle questioni sollevate con il nuovo ricorso per due ulteriori motivi: a) con riferimento a tutte le questioni, perché fondate sui medesimi motivi oggetto del giudizio di costituzionalità sul decreto-legge, «motivi che, stando alla stessa versione della Ricorrente, mantengono la loro validità anche a conversione intervenuta»; b) con riferimento alle sole questioni aventi ad oggetto gli impugnati commi 4 -bis e 4-ter, perché l aggravamento dei «termini della protestata violazione costituzionale» è «soltanto affermato, ma non argomentato». Inoltre, l Avvocatura generale rileva che il ricorso n. 40 è stato notificato «lo stesso giorno della pubblicazione della legge di conversione» e, pertanto, rimette a questa Corte la valutazione dell ammissibilità di una impugnazione rivolta avverso il solo decreto-legge, essendo, nel momento della proposizione del primo ricorso, la promulgazione della legge di conversione «già nota». 7. In data 16 luglio 2009, la Presidenza del Consiglio ha depositato una memoria «per i due ricorsi», insistendo, nella sostanza, nelle richieste già formulate. In particolare, la ricorrente, in punto di ammissibilità, ribadisce che: a) la Regione non ha interesse a ricorrere in alcuno dei giudizi, non essendo lese, dalle impugnate fonti statali, le proprie competenze legislative ed amministrative (mentre i Comuni potranno eccepire l illegittimità costituzionale della norma nell ambito di giudizi eventualmente instaurati contro lo Stato); b) il ricorso avverso la legge di conversione dell impugnato decreto-legge non ha una «forma» adeguata ad instaurare validamente il giudizio di costituzionalità, limitandosi a riprodurre genericamente le censure avanzate contro il decreto-legge medesimo; c) la questione con cui si lamenta che le minori risorse finanziarie destinate agli enti locali sono compensate e recuperate attraverso «l eventuale storno di contributi già devoluti a favore delle regioni» fa riferimento ad una disposizione, il comma 2 -bis dell art. 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che prevede una detrazione d imposta per l unità immobiliare adibita ad abitazione principale; d) l asserita violazione dell art. 120 Cost. è priva di motivazione. 34

35 Sul merito dei ricorsi, la difesa erariale ribadisce che: a) l ICI è imposta statale che può esser liberamente modificata dallo Stato, in forza della lettera e) del comma 2 dell art. 117 Cost., «con il solo limite di non pregiudicare la situazione finanziaria complessiva dell ente beneficiario del gettito»; b) la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato «non è in rapporto con l abolizione dell ICI sull abitazione principale», ma «è rivolta a salvaguardare in modo autonomo il potere di acquisto delle famiglie evitando che certi oneri tributari [ ] potessero essere aggravati»; c) al riguardo, «il carico fiscale esistente» è comunque «mantenuto» e, pertanto, «nessuna diminuzione di finanziamento» ovvero nessuno «squilibrio nella finanza regionale» può essere lamentato dalla ricorrente; d) gli eventuali effetti prodotti dall «abolizione dell ICI» sulla finanza dei Comuni sono comunque compensati dalla costituzione dell apposito fondo presso il Ministero dell Interno e, comunque, eventuali controversie concernenti l ammontare, in concreto, del fondo potrebbero essere oggetto di giudizio, tra Comuni e lo Stato, nelle sedi ordinarie; e) le questioni aventi ad oggetto l asserita insufficienza del fondo non possono essere prospettate dalla Regione che non riceve pregiudizio, «nemmeno in via indiretta», da tale circostanza e sono comunque sfornite di «qualsiasi prova, nemmeno presuntiva»; f) si verte in un ambito di potestà legislativa esclusiva statale e, pertanto, non vengono in rilievo esigenze di rispetto del principio di leale collaborazione; principio che comunque non si applica ai procedimenti legislativi. 8. In prossimità dell udienza, la Regione ha depositato una memoria illustrativa, insistendo nelle richieste già formulate e deducendo ulteriori motivi di censura. In particolare, la ricorrente deduce che il denunciato art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo risultante dalla legge di conversione, vìola l art. 77 Cost. perché: a) è «evidente», nel caso di specie, la «mancanza dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza» del decreto-legge; b) la disciplina introdotta da detta fonte «si configura, invero, alla stregua di un intervento sistematico nell ambito dei rapporti finanziari Stato-Regione, senza che gli effetti della stessa possano ricondursi nemmeno alle finalità espresse nella relativa rubrica (i.e. Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie )». La medesima ricorrente deduce altresì che la disposizione denunciata viola l art. 119 Cost., in combinato disposto con la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell articolo 119 della Costituzione), perché è «espressiva» «di principi del tutto contraddittori e per così dire controtendenziali rispetto a quelli enucleati dalla citata legge delega facilmente classificabile fra le leggi di grande riforma organica dell ordinamento giuridico nonché (sebbene lato sensu ) di attuazione costituzionale». Considerato in diritto 1. I giudizi di legittimità costituzionale indicati in epigrafe sono stati promossi dalla Regione Calabria e hanno per oggetto l art. 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), nel testo originario (ricorso iscritto al numero 40 del registro ricorsi 2008) ed in quello risultante dalle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 (ricorso iscritto al numero 58 del registro ricorsi 2008) Il testo originario dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 censurato dalla ricorrente per violazione sia dell art. 119 della Costituzione che del principio di leale collaborazione sancito dall art. 120 Cost. prevede un articolata misura di finanza pubblica volta: a) ad escludere, a decorrere dall anno 2008, l imposta comunale sugli immobili (ICI) sull unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo (art. 1, commi 1, 2 e 3, primo periodo); b) a rimborsare ai singoli Comuni la minore imposta che deriva dalla menzionata esclusione minore imposta quantificata in milioni secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali (art. 1, comma 4, primo, secondo e terzo periodo, e comma 5); c) ad abrogare, «conseguentemente», le disposizioni che prevedevano, a vario titolo, o la possibilità di determinare aliquote ridotte per l ICI gravante sulle abitazioni principali o detrazioni d imposta con riferimento a dette unità immobiliari o, ancora, le modalità attuative di dette riduzioni e detrazioni (art. 1, comma 3, secondo periodo, e comma 6); d) a sospendere, fino alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, fatte salve le speciali disposizioni vigenti per il ripiano del disavanzo nel settore sanitario (art. 1, comma 7). Il quarto periodo del quarto comma dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 chiarisce altresì che «Relativamente alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono all attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione». 35

36 1.2. L art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 126 del 2008, in combinato disposto con l allegato alla medesima legge, ha convertito in legge l art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, ad eccezione del comma 5; ha modificato i commi 2, 4 e 7 dell art. 1 del menzionato decreto-legge ed ha inserito, nel medesimo articolo 1, i commi 4 -bis, 4-ter, 6 -bis e 7 -bis. In sintesi, la legge di conversione: a) chiarisce che l assimilazione ad abitazione principale può essere operata dal Comune, oltre che con regolamento, anche con una delibera comunale «vigente alla data» del 29 maggio 2008 (art. 1, comma 2, del menzionato decreto-legge, come modificato); b) specifica che il decreto del Ministro dell interno con cui si provvede, secondo i criteri e le modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, alla erogazione del rimborso ai Comuni per la minore imposta riscossa deve essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione [e cioè entro il 26 agosto del 2008], «secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni» (art. 1, comma 4, terzo periodo, del menzionato decreto-legge, come modificato); c) prevede il versamento ad opera del Ministero dell interno, entro il 26 agosto del 2008, di un primo acconto [pari al 50 per cento del rimborso spettante] ai Comuni e alle Regioni a statuto speciale ed autorizza una deroga al limite alle anticipazioni di tesoreria vigente per gli enti locali (art. 1, commi 4 -bis e 4 -ter, del menzionato decreto-legge); d) prevede, con riferimento ai limiti concernenti l assimilazione di immobili diversi all abitazione principale, una sospensione nell applicazione «di sanzioni nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata dell imposta comunale sugli immobili, relativa all anno 2008, a condizione che il contribuente provveda ad effettuare il versamento entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (art. 1, comma 6 -bis, del menzionato decreto-legge); e) quanto alla sospensione del potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, fa salve le disposizioni relative all innalzamento dei tributi locali e delle addizionali nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno (art. 1, comma 7, ultimi due periodi, del menzionato decreto-legge); f) stabilisce che «I comuni che abbiano in corso di esecuzione rapporti di concessione del servizio di accertamento e riscossione dell imposta comunale sugli immobili possono rinegoziare i contratti in essere, ai fini dell accertamento e della riscossione di altre entrate, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di prestazione di servizi» (comma 7 -bis dell art. 1 del menzionato decreto-legge). 2. Secondo la ricorrente, l art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 126 del 2008, in combinato disposto con l allegato alla medesima legge, vìola l art. 119 Cost., perché nello stabilire una «esenzione dalla imposta comunale sugli immobili dell unità immobiliare adibita ad abitazione principale» e, al contempo, una sospensione del «potere delle regioni [...] di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato» lede l «autonomia finanziaria regionale e degli EE.LL.», riducendo le risorse di cui tali enti possono disporre e penalizzando i medesimi enti «nel giudizio delle agenzie di rating». Sempre secondo la Regione Calabria, l art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, nei due testi prima indicati, viola altresì il principio di leale collaborazione sancito dall art. 120 Cost., perché detta disposizione è «compendiata in un provvedimento normativo (i.e. il decreto-legge) sottratto alla necessaria (in materia) dialettica istituzionale Statoregioni» e approvata, quindi, «attraverso forme che aggirano i metodi della concertazione e leale collaborazione fra livelli istituzionali». 3. Con la memoria depositata in prossimità dell udienza, la ricorrente ha formulato ulteriori motivi di censura. Per la Regione, l art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo oggetto di modificazioni ad opera della legge di conversione n. 126 del 2008, vìola l art. 77 Cost. perché: a) è «evidente», nel caso di specie, la «mancanza dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza» del decreto-legge; b) la disciplina da detta fonte introdotta «si configura, invero, alla stregua di un intervento sistematico nell ambito dei rapporti finanziari Stato-Regione, senza che gli effetti della stessa possano ricondursi nemmeno alle finalità espresse nella relativa rubrica». La medesima disposizione violerebbe, altresì, l art. 119 Cost., in combinato disposto con la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell articolo 119 della Costituzione), perché pone principi contrastanti con tale ultima legge. 4. In considerazione della parziale coincidenza dell oggetto e della identità dei motivi delle questioni promosse dalla ricorrente, i ricorsi debbono essere riuniti per essere congiuntamente esaminati e decisi da questa Corte. 5. Preliminarmente, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in riferimento alle questioni aventi ad oggetto l art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 93 del 2008, perché tali questioni hanno ad oggetto una disposizione che non è stata convertita in legge e che, perciò, ha perso efficacia sin dall inizio ai sensi dell art. 77, terzo comma, Cost. (per un caso analogo, sentenza n. 200 del 2009). 36

37 6. Deve essere altresì dichiarata l inammissibilità delle questioni aventi ad oggetto il quarto periodo del comma 4 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo convertito dalla legge n. 126 del 2008, per carenza di interesse al ricorso. Tale disposizione stabilisce che «Relativamente alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono all attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione». Essa, dunque, applicandosi alle sole Regioni a statuto speciale e Province autonome, non esplica effetti per la ricorrente, che è una Regione a statuto ordinario, con conseguente carenza di interesse all impugnazione in parte qua. 7. Sempre in via preliminare, devono essere valutate le eccezioni d inammissibilità sollevate dalla difesa erariale In primo luogo, l Avvocatura generale dello Stato afferma che tutte le questioni promosse dalla ricorrente sono inammissibili, perché, con riferimento alle singole censure, non vengono indicati i commi impugnati, né «è possibile individuarli sia perché i motivi non si attagliano a tutti sia perché come parametro costituzionale è indicato l art. 119 Cost., senza precisare sotto quali profili». L eccezione è solo in parte fondata. Diversamente da quanto sostenuto dall Avvocatura generale dello Stato, la ricorrente ha inteso impugnare tutte le disposizioni contenute nell art. 1 del decreto-legge n. 93 del Tuttavia essa, nel lamentare la violazione dell autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali e del principio di leale collaborazione, ha fornito un adeguata motivazione solo con riguardo alle censure proposte in riferimento a quelle disposizioni dell art. 1 che hanno l effetto di incidere sulla sfera finanziaria regionale e degli enti locali e, nel medesimo ambito, sul principio di leale collaborazione. In particolare, sono sorrette da sufficiente motivazione le questioni aventi ad oggetto: a) quanto al decreto-legge, nel testo originario, le previsioni che hanno l effetto di: a.1.) escludere, a decorrere dall anno 2008, l imposta comunale sugli immobili sull unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo (commi 1, 2 e 3, primo periodo); a.2.) rimborsare ai singoli Comuni la minore imposta che deriva dalla menzionata esclusione secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali (commi 4 e 5); a.3.) sospendere, fino alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato (comma 7); b) quanto al decreto-legge, nel testo risultante dalla legge di conversione, le ulteriori disposizioni che: b.1.) chiariscono che l assimilazione ad abitazione principale può essere operata dal Comune, oltre che con regolamento, anche con una delibera comunale «vigente alla data» del 29 maggio 2008 (comma 2); b.2.) prevedono il versamento ad opera del Ministero dell interno, entro il 26 agosto del 2008, di un primo acconto ai Comuni e alle Regioni a statuto speciale ed autorizzano una deroga al limite alle anticipazioni di tesoreria vigente per gli enti locali (commi 4 -bis e 4 -ter ); b.3.) chiariscono, quanto alla sospensione del potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, che sono fatte salve le disposizioni relative all innalzamento dei tributi locali e delle addizionali nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno (ultimi due periodi del comma 7). Parimenti, sono sorrette da sufficiente motivazione le questioni aventi ad oggetto le disposizioni che abrogano precedenti norme, le quali: a) prevedevano la possibilità di determinare aliquote ridotte per l ICI gravante sulle abitazioni principali, b) prevedevano detrazioni d imposta con riferimento a dette unità immobiliari, o c) attuavano dette riduzioni e detrazioni (commi 3, secondo periodo, e 6, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dalla legge di conversione). Tali disposizioni abrogative sono, infatti, strettamente ed inscindibilmente collegate a quelle prima considerate, che escludono l applicazione dell ICI in riferimento all abitazione principale. Non hanno ad oggetto norme incidenti sull autonomia finanziaria regionale e degli enti locali e, pertanto, sono inammissibili per insufficienza di motivazione le questioni relative alle seguenti disposizioni dell art. 1 del decretolegge n. 93 del 2008, nel testo modificato dalla legge di conversione: a) il comma 4, nella parte in cui specifica che il decreto del Ministro dell interno deve essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, «secondo principi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni»; b) il comma 6 -bis, che prevede, con riferimento ai limiti in ordine all assimilazione di immobili diversi all abitazione principale, una sospensione nell applicazione «di sanzioni nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata dell imposta comunale sugli immobili, relativa all anno 2008, a condizione che il contribuente provveda ad effettuare il versamento entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»; c) il comma 7 -bis, il quale stabilisce che «I comuni che abbiano in corso di esecuzione rapporti di concessione del servizio di accertamento e riscossione dell imposta comunale sugli immobili possono rinegoziare i contratti in essere, ai fini dell accertamento e della riscossione di altre entrate, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di prestazione di servizi». 37

38 7.2. In secondo luogo, l Avvocatura generale dello Stato eccepisce, con riferimento ad entrambi i ricorsi, che la Regione non è legittimata ad agire, in quanto fa valere un pregiudizio dei Comuni che non incide, neppure indirettamente, sulla sfera di potestà legislativa regionale. L eccezione non è fondata, perché si basa su due presupposti: a) che la Regione possa far valere la lesione di attribuzioni costituzionali degli enti locali solo ove deduca quella della propria sfera di potestà legislativa; b) che l insussistenza della competenza legislativa regionale comporti l inammissibilità prima ancora dell infondatezza della questione relativa alla lesione delle attribuzioni degli enti locali. Il primo presupposto è erroneo, perché le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato il principio che la suddetta legittimazione sussiste in capo alle Regioni, in quanto «la stretta connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). Tale giurisprudenza si riferisce, in modo evidente, a tutte le attribuzioni costituzionali delle Regioni e degli enti locali e prescinde, perciò, dal titolo di competenza legislativa esclusivo, concorrente o residuale eventualmente invocabile nella fattispecie. Essa, in particolare, non richiede, quale condizione necessaria per la denuncia da parte della Regione di un vulnus delle competenze locali, che sia dedotta la violazione delle attribuzioni legislative regionali. Non incide, dunque, sulla legittimazione della ricorrente a promuovere la questione la circostanza che, nella specie, la Regione non abbia indicato la competenza legislativa alla quale ricondurre la materia cui è ascrivibile la disposizione denunciata e si sia limitata a prospettare la lesione dell autonomia finanziaria propria e degli enti locali garantita dall art. 119 Cost., affermando che, per gli enti locali, tale lesione deriverebbe dalla riduzione del gettito dell ICI disposta dall art. 1 del decreto-legge n. 93 del Tale prospettazione è sufficiente per rendere ammissibile la questione, restando riservata all esame di merito la valutazione della sua fondatezza. Anche il secondo presupposto è erroneo, perché si adduce un argomento di merito al fine di sostenere l inammissibilità, in rito, della questione. Al contrario di quanto sostenuto dalla difesa erariale, infatti, la valutazione della questione in punto di ammissibilità attiene alla prospettazione della ricorrente e deve essere tenuta distinta da quella in punto di fondatezza. La Regione deduce, come si è visto, la violazione dell autonomia finanziaria degli enti locali e l ammissibilità di tale questione non viene meno osservando nel merito che detta autonomia non è stata lesa, nella specie, dall esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato In terzo luogo, la difesa erariale eccepisce l inammissibilità della questione a suo avviso posta dal ricorso n. 40, con cui la Regione richiamando espressamente il comma 2 -bis dell art. 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, introdotto dal comma 5 dell art. 1 della legge n. 244 del lamenta che le minori risorse finanziarie destinate agli enti locali sono compensate e recuperate attraverso «l eventuale storno di contributi già devoluti a favore delle regioni». Per l Avvocatura generale dello Stato, l inammissibilità deriverebbe dal fatto che alla suddetta disposizione «sono del tutto estranei quei contributi già devoluti alla Regione, che sarebbero stati stornati». L eccezione non è fondata, perché nessuna delle questioni proposte ha ad oggetto tale disposizione, richiamata al solo fine di argomentare ulteriormente la denunciata «carenza di risorse finanziarie in capo ai comuni». Il richiamo al comma 2 -bis dell art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992, attiene, cioè, al merito della questione sollevata in riferimento all art. 119, secondo e quarto comma, Cost In quarto luogo, l Avvocatura generale rileva che il ricorso n. 40 è stato notificato «lo stesso giorno della pubblicazione della legge di conversione» e, pertanto, rimette a questa Corte la valutazione dell ammissibilità di una impugnazione rivolta avverso il solo decreto-legge, essendo, nel momento della proposizione del primo ricorso, la promulgazione della legge di conversione «già nota». L eccezione d inammissibilità è infondata sia in fatto, sia in diritto: in punto di fatto, perché la notificazione del ricorso si è perfezionata, nei confronti del notificante, con la spedizione avvenuta il 24 luglio del 2008, anteriormente, quindi, alla pubblicazione della legge di conversione, avvenuta il successivo 26 luglio; in punto di diritto, perché la Regione può, a sua scelta, impugnare tanto il solo decreto-legge, quanto la sola legge di conversione, quanto entrambi (sentenze n. 443 del 2007, n. 417 del 2005, n. 25 del 1996; n. 192 del 1970 e n. 113 del 1967) La difesa erariale eccepisce, in quinto luogo, che le questioni sollevate con il ricorso iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2008, riguardanti il decreto-legge nel testo risultante dalla conversione in legge, sono inammissibili, perché fondate sui medesimi motivi prospettati nel ricorso n. 40 del registro ricorsi 2008, riguardanti il decreto-legge nel testo originario. Anche tale eccezione non è fondata, perché, come si è appena visto, la ricorrente può impugnare sia il decretolegge, sia la legge di conversione, sia entrambi; e, pertanto, resta nella disponibilità della parte anche la scelta della 38

39 formulazione delle singole questioni, che ben possono essere identicamente formulate in riferimento alle disposizioni contenute nelle due fonti La difesa erariale eccepisce, infine, l inammissibilità delle questioni a suo avviso poste dalla ricorrente ed aventi ad oggetto gli impugnati commi 4 -bis e 4 -ter, perché l aggravamento «della protestata violazione costituzionale» è «soltanto affermato, ma non argomentato». L eccezione non è fondata, perché la ricorrente non pone questioni, ma nell escludere che «la misura del rimborso ai singoli comuni», previsto dalla disposizione denunciata, sottragga detta disposizione ai denunciati vizi di legittimità si limitata a chiarire, da un lato, che le modificazioni intervenute in sede di conversione non hanno «provveduto a correggere i vizi già lamentati nelle disposizioni contenute nell originario decreto» e, dall altro, che le disposizioni di cui ai citati commi 4 -bis e 4-ter, nella parte in cui determinano le modalità di ripartizione ed accreditamento del 50% del rimborso di cui al comma 4, «sembrano aggravare i termini della protestata violazione costituzionale [ ] così ribadendosi il vulnus procurato al principio di autonomia finanziaria regionale». La ricorrente, dunque, richiama tali disposizioni solo per argomentare la dedotta lesione dell autonomia finanziaria regionale. 8. Nella memoria depositata in prossimità dell udienza la ricorrente ha formulato ulteriori questioni di legittimità costituzionale dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo oggetto di modificazioni ad opera della legge di conversione n. 126 del 2008, in riferimento all art. 77 Cost. ed al combinato disposto dell art. 119 Cost. e della legge n. 42 del Tali questioni sono inammissibili, perché dedotte non con il ricorso, ma solo con successiva memoria illustrativa ( ex plurimis, sentenza n. 229 del 2001). 9. Al fine di precisare ulteriormente il thema decidendum del presente giudizio, va poi rilevato che la legge n. 126 del 2008, oltre a convertire in legge i commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, ha aggiunto nuove disposizioni, che lo integrano, senza però alterarne la sostanza prescrittiva. In relazione a fattispecie di tal genere, in cui vi è una sostanziale identità tra il testo del decreto-legge originario e quello risultante dalla legge di conversione, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che le censure al testo originario sono assorbite in quelle rivolte alle corrispondenti disposizioni della legge di conversione (sentenze n. 443 del 2007; n. 417 del 2005). Da ciò deriva, nella specie, che: a) le questioni promosse nei confronti del testo originario del decreto-legge n. 93 del 2008 si trasferiscono sul corrispondente testo risultante dalla legge di conversione e sono, perciò, assorbite in queste; b) per l effetto, l oggetto del giudizio è limitato alle questioni concernenti i commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo e terzo periodo (ad eccezione, in tale terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo princìpi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni»), 4 -bis, 4-ter, 6 e 7 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, come risultante dalla legge di conversione. 10. Nel merito, le questioni aventi ad oggetto le sopra individuate disposizioni non sono fondate Secondo la ricorrente, le disposizioni denunciate nel prevedere: a) una «esenzione dalla imposta comunale sugli immobili dell unità immobiliare adibita ad abitazione principale»; b) una sospensione del «potere delle regioni [...] di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato» e c) un meccanismo di rimborso dell imposta non percepita agli enti locali ledono l «autonomia finanziaria regionale e degli EE.LL.», riducendo di fatto le risorse di cui tali enti possono disporre La disciplina dei tributi su cui hanno inciso le norme denunciate cioè l ICI ed i tributi, le addizionali, le aliquote e le maggiorazioni delle aliquote di tributi attribuiti alle Regioni con legge dello Stato appartiene alla competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., perché tali tributi sono istituiti con legge dello Stato e non delle Regioni. Tale competenza legislativa, perciò, può essere esercitata dallo Stato anche per il tramite di norme di dettaglio, senza che ciò implichi violazione dell autonomia tributaria delle Regioni destinatarie del gettito ( ex plurimis : sentenze n. 168 del 2008; n. 451 del 2007 e n. 296 del 2003; con specifico riferimento all ICI, sentenze n. 75 del 2006 e n. 37 del 2004) Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la modificazione di un tributo disposta nell esercizio della suddetta potestà legislativa esclusiva statale e comportante un minor gettito per le Regioni e gli enti locali non esige che debba essere accompagnata da misure pienamente compensative per la finanza regionale: ciò in quanto deve «escludersi che possa essere effettuata una atomistica considerazione di isolate disposizioni modificative del tributo, senza considerare nel suo complesso la manovra fiscale entro la quale esse trovano collocazione, ben potendosi verificare che, per effetto di plurime disposizioni [ ], il gettito complessivo destinato alla finanza regionale non subisca riduzioni» (sentenze n. 155 del 2006 e n. 431 del 2004). 39

40 Del resto, questa Corte ha più volte affermato ( ex plurimis, sentenze n. 381 del 2004; n. 437 del 2001, n. 507 del 2000) che, a seguito di manovre di finanza pubblica, possono anche determinarsi riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni, purché esse non siano tali da comportare uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa regionale e, in definitiva, rendano insufficienti i mezzi finanziari dei quali la Regione stessa dispone per l adempimento dei propri compiti (sentenze n. 145 del 2008; n. 431 e n. 381 del 2004). Tale insufficienza di mezzi finanziari non è stata né dedotta né dimostrata dalla Regione Calabria, tanto più che il denunciato art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 prevede il rimborso ai singoli Comuni (secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali) della minore imposta quantificata dalla legge in milioni conseguente all esclusione dell ICI sull unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo (art. 1, comma 4, primo periodo). Né può allegarsi, come fa la ricorrente, che dette disposizioni ledono l «autonomia finanziaria regionale e degli EE.LL.», in quanto penalizzano i medesimi enti «nel giudizio delle agenzie di rating». L inconveniente lamentato dalla Regione Calabria, nei limitati casi in cui si verifica, non nasce infatti come conseguenza diretta ed immediata delle previsioni legislative censurate, ma deriva dalle plurime e svariate condizioni «fattuali» in cui può trovarsi la complessiva situazione finanziaria regionale. Quello addotto è, dunque, un inconveniente solo eventuale e di mero fatto, non rilevante ai fini del giudizio di legittimità costituzionale (sentenze n. 86 del 2008; n. 282 del 2007; n. 354 del 2006; ordinanza n. 125 del 2008). Le promosse questioni di legittimità costituzionale vanno, dunque, dichiarate non fondate La ricorrente denuncia la violazione del principio di leale collaborazione sancito dall art. 120 Cost., perché la censurata disciplina è «compendiata in un provvedimento normativo [ ] sottratto alla necessaria (in materia) dialettica istituzionale Stato-regioni» e approvata, quindi, «attraverso forme che aggirano i metodi della concertazione e leale collaborazione fra livelli istituzionali». Anche tale questione non è fondata. Questa Corte ha più volte escluso che l esercizio dell attività legislativa possa essere sottoposto alle procedure di leale collaborazione ( ex plurimis : sentenze n. 371 e n. 159 del 2008). Tale rilievo, formulato in riferimento al procedimento legislativo ordinario, vale a maggior ragione per una fonte come il decreto-legge, la cui adozione è subordinata, in forza del secondo comma dell art. 77 Cost., alla mera occorrenza di «casi straordinari di necessità e d urgenza». La particolare celerità con cui detta fonte deve poter essere approvata ed entrare in vigore, nonché la peculiarità dei casi in cui essa può essere adottata e del procedimento di conversione in legge escludono infatti, secondo la chiara formulazione dell evocato parametro costituzionale, che nel caso di specie sia ravvisabile una qualsivoglia necessità di previo coinvolgimento delle Regioni nella formulazione del decreto-legge (sentenza n. 196 del 2004). P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, 1) Dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale del comma 5 dell art. 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), promosse, in riferimento agli artt. 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso, indicato in epigrafe, iscritto al n. 40 del registro ricorsi del 2008; 2) Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del quarto periodo del comma 4 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia come convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, promosse, in riferimento agli artt. 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Calabria con i ricorsi indicati in epigrafe; 3) Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del terzo periodo del comma 4 limitatamente all inciso «secondo principi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni», del comma 6 -bis e del comma 7 -bis, dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, come convertito dalla legge n. 126 del 2008, promosse, in riferimento agli artt. 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso, indicato in epigrafe, iscritto al n. 58 del registro ricorsi del 2008; 4 ) Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, sia nel testo originario, sia nel testo oggetto di modificazioni ad opera della legge di conversione n. 126 del 2008, promosse, in riferimento all art. 77 Cost. ed al combinato disposto dell art. 119 Cost. e della legge n. 42 del 2009, dalla Regione Calabria con la memoria illustrativa di entrambi i ricorsi indicati epigrafe; 40

41 4) Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, 4, primo, secondo e terzo periodo (ad eccezione, nel terzo periodo, dell inciso «da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo principi che tengano conto dell efficienza nella riscossione dell imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni»), 4 -bis, 4 -ter, 6 e 7 dell art. 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n. 126 del 2008, promosse, in riferimento agli artt. 119 e 120 Cost., dalla Regione Calabria con il ricorso, indicato in epigrafe, iscritto al n. 58 del registro ricorsi del Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GALLO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0723 N. 299 Sentenza novembre 2009 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Imposte e tasse - Legge della Regione Piemonte - Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale - Riduzione dell IRAP al 2,25 per cento a partire dall anno 2009 per gli editori di periodici locali di informazione - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione dei limiti della potestà legislativa regionale in materia di sistema tributario, di competenza esclusiva statale - In subordine, violazione di un principio fondamentale di coordinamento del sistema tributario, per indebita riduzione dell aliquota del tributo oltre i limiti stabiliti - Sopravvenuta disposizione di abrogazione della disciplina impugnata medio tempore priva di effetti - Cessazione della materia del contendere. Legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18, art. 8, comma 1, lettera d), nel testo originario. Costituzione, artt. 117, commi secondo, lettera e), e terzo, e 119, secondo comma; d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 16, commi 1 (come modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 50) e 3 (in combinato disposto); legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 1, comma 43, terzo periodo. LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente 41

42 S ENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 8, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18 (Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19 agosto 2008, depositato in cancelleria il 26 agosto 2008 ed iscritto al n. 52 del registro ricorsi Visto l atto di costituzione della Regione Piemonte; Udito nell udienza pubblica del 20 ottobre 2009 il giudice relatore Franco Gallo; Udito l avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. Con ricorso notificato il 19 agosto 2008 e depositato il 26 agosto successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell art. 8, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18 (Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 27 del 3 luglio 2008, per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera e), terzo comma e 119 della Costituzione. 2. La disposizione denunciata nel «quadro degli obiettivi di promozione culturale, scientifica, sociale ed economica della collettività piemontese» perseguiti, nel complesso, da detta legge (art. 1, comma 1) e, più in particolare, nell ambito delle «attività finalizzate a: a) sostenere la stampa di informazione periodica locale; b) sostenere la distribuzione locale e la diffusione della stampa periodica di informazione; c) promuovere la definizione e l attuazione di progetti per la diffusione, l analisi e la lettura della stampa d informazione locale», secondo quanto stabilito dall art. 7, comma 1, della medesima legge, richiamato dall alinea del denunciato art. 8 stabiliva alla lettera d), nel testo originario oggetto d impugnazione, una «riduzione dell aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) al 2,25 per cento a partire dall anno 2009» per gli editori di periodici locali di informazione. 3. Il ricorrente deduce, in riferimento alla riportata disposizione, due diversi motivi di censura, in via gradata Con il primo motivo, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che detta disposizione, determinando l aliquota dell IRAP nella misura del 2,25 per cento a partire dall anno 2009, si pone in contrasto con il combinato disposto dei commi 1 [quale modificato dall art. 1, comma 50, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008)], e 3 dell art. 16 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), per il quale: a) in linea generale, «L imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l aliquota del 3,9 per cento» (art. 16, comma 1); b) «le regioni hanno facoltà di variare l aliquota di cui al comma 1 fino ad un massimo di un punto percentuale» (art. 16, comma 3, primo periodo); c) «La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi» (art. 16, comma 3, secondo periodo). Al riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che l IRAP, istituita con legge statale, non costituisce un «tributo proprio» della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., e pertanto è precluso alla Regione modificarne la disciplina, se non nei limiti disposti dalla stessa legge statale. Il ricorrente rileva, quindi, che il contrasto tra la norma regionale impugnata e la norma statale interposta evidenzia la violazione dei limiti della potestà legislativa regionale in una materia in cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva e richiama, a sostegno del motivo di impugnazione, la costante giurisprudenza della Corte costituzionale in materia. Né, secondo il ricorrente, è possibile trarre un argomento contrario a tale conclusione dall entrata in vigore dell art. 1, comma 43, della legge n. 244 del 2007, il quale, a far data dal 1 gennaio 2008, stabilisce che «l imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della regione e, a decorrere dal 1 gennaio 2009, è istituita con legge regionale». Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale previsione «è, infatti, allo stato, un puro futuribile», mentre «la norma impugnata è attuale» Con un secondo motivo di censura, dedotto in via gradata, la difesa erariale afferma che, quand anche si ritenesse che l IRAP debba essere oggi considerata un tributo proprio regionale, la disposizione impugnata violerebbe comunque un «principio fondamentale di coordinamento del sistema tributario di cui agli artt. 117, terzo comma e 119 Costituzione», in quanto determina una «riduzione della relativa aliquota al di sotto della soglia minima consentita dalla 42

43 legge statale», in contrasto con il predetto art. 1, comma 43, della legge n. 244 del 2007, il quale al terzo periodo stabilisce che le Regioni, «nei limiti stabiliti dalle leggi statali, possono modificare l aliquota, le detrazioni e le deduzioni, nonché introdurre speciali agevolazioni» per il tributo. 4. In data 17 settembre 2008 si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, la quale si è limitata a concludere per la declaratoria di inammissibilità, improcedibilità o comunque di infondatezza della sollevata questione, con riserva di deduzioni. 5. In data 5 ottobre 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria con cui: a) ha «richiamato in fatto ed in diritto quanto dedotto nel ricorso introduttivo»; b) ha rilevato che, «con l adozione delle norme di cui agli artt. 28 l.r. n. 28/2008 e 5 l.r. n. 22/2009», la Regione Piemonte si è «pienamente adeguata, in subiecta materia, ai limiti imposti non solo dalla legislazione statale ma anche dalla [ ] Risoluzione del Ministero dell economia» n. 13/DF del 10 dicembre La difesa erariale ritiene dunque che, sul punto, debba essere pronunciata cessazione della materia del contendere. Considerato in diritto 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia l illegittimità dell art. 8, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18 (Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 27 del 3 luglio 2008, per violazione, nel complesso, degli articoli 117, secondo comma, lettera e), terzo comma e 119 della Costituzione. 2. Con un primo motivo, il ricorrente afferma che la disposizione denunciata nello stabilire, nel testo originario oggetto d impugnazione, una «riduzione dell aliquota dell imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) al 2,25 per cento a partire dall anno 2009» per gli editori di periodici locali di informazione viola gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 della Costituzione, perché essa disciplina le aliquote di detto tributo, il quale è da considerarsi statale, in quanto istituito con legge dello Stato, e, pertanto, si pone in contrasto con il combinato disposto dei commi 1 [quale modificato dall art. 1, comma 50, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2008)] e 3 dell art. 16 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), secondo cui: a) in linea generale, «L imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l aliquota del 3,9 per cento» (art. 16, comma 1); b) «le regioni hanno facoltà di variare l aliquota di cui al comma 1 fino ad un massimo di un punto percentuale» (art. 16, comma 3, primo periodo); c) «La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi» (art. 16, comma 3, secondo periodo). Con un secondo, subordinato, motivo di censura, la difesa erariale afferma che, qualora si ritenesse l IRAP un tributo proprio regionale in forza dell art. 1, comma 43, della legge n. 244 del 2007 il quale, entrato in vigore il 1 gennaio 2008, stabilisce che «l imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della regione e, a decorrere dal 1 gennaio 2009, è istituita con legge regionale» (termine, peraltro, prorogato al 1 gennaio 2010, dall art. 42, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti», entrato in vigore successivamente al deposito del ricorso e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), la disposizione impugnata violerebbe comunque un «principio fondamentale di coordinamento del sistema tributario di cui agli artt. 117, terzo comma, e 119 Costituzione», in quanto determina una «riduzione della relativa aliquota al di sotto della soglia minima consentita dalla legge statale», in contrasto con il terzo periodo del comma 43 del medesimo art. 1 della legge n. 244 del 2007, secondo cui le Regioni possono modificare l aliquota del tributo «nei limiti stabiliti dalle leggi statali». 3. In via preliminare, deve rilevarsi che, successivamente alla proposizione del ricorso, la disposizione denunciata che trova applicazione «a partire dall anno 2009», e cioè, secondo l interpretazione autentica ad essa data dall art. 1 della legge della Regione Piemonte 16 giugno 2009, n. 18 (Interpretazione autentica della lettera d) comma 1 dell articolo 8 della legge regionale 25 giugno 2008, n. 18 «Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale»), «a partire dalla dichiarazione IRAP 2009» è stata modificata, prima, dall art. 28 della legge della stessa Regione 30 settembre 2008, n. 28 (Assestamento al bilancio di previsione per l anno finanziario 2008 e disposizioni finanziarie), che ha integralmente sostituito, a far data dal 6 ottobre 2008, la predetta lettera d) del comma 1 dell art. 8 della legge della Regione Piemonte n. 18 del 2008, elevando l aliquota al 2,90 per cento «a partire dall anno 43

44 2009»; poi, dall art. 5 della legge della suddetta Regione 6 agosto 2009, n. 22 (Disposizioni collegate alla manovra finanziaria per l anno 2009), che ha nuovamente integralmente sostituito, a far data dal 22 agosto 2009 [in forza dell art. 47, comma 2, della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte)], la predetta lettera d) del comma 1 dell art. 8 della legge della Regione Piemonte n. 18 del 2008, come modificata dall art. 28 della legge regionale n. 28 del 2008, elevando ulteriormente l aliquota dell IRAP al 2,98 per cento, «a partire dall anno 2009». Deve altresì rilevarsi che tale ius superveniens è entrato in vigore prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione IRAP Infatti, l art. 1, comma 52, della legge n. 244 del 2007 stabilisce, in riferimento al «periodo d imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007» (e dunque con riferimento all anno d imposta 2008), che «Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell economia e delle finanze, da emanare entro il 31 marzo 2008, sono stabiliti i nuovi termini e le modalità di presentazione della dichiarazione IRAP e sono dettate le opportune disposizioni di coordinamento». L articolo unico di quest ultimo decreto e cioè del decreto 11 settembre 2008 del Ministro dell economia e delle finanze (recante «Modalità e termini di presentazione della dichiarazione IRAP»), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 13 ottobre 2008, n. 240 stabilisce che: a) «con provvedimento del direttore dell Agenzia delle entrate, da emanare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di cui all art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322» (e dunque entro il 31 gennaio dell anno successivo a quello in cui il periodo d imposta era in corso alla data del 31 dicembre) «è approvato il modello di dichiarazione dell imposta regionale sulle attività produttive» (comma 1); b) tale modello «deve essere presentato, esclusivamente in via telematica, all Agenzia delle entrate, secondo le modalità ed i termini previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322» (comma 2); c) «Fino all emanazione del provvedimento di cui al comma 1, continuano ad applicarsi le norme vigenti relative alla presentazione del modello di dichiarazione UNICO» (comma 4). Il predetto provvedimento è stato pubblicato in via informatica sul sito internet dell Agenzia delle entrate secondo quanto previsto dall art. 1, comma 361, della legge n. 244 del 2007, per il quale «la pubblicazione dei provvedimenti dei direttori di agenzie fiscali sui rispettivi siti internet tiene luogo della pubblicazione dei medesimi documenti, nella Gazzetta Ufficiale, nei casi in cui questa sia prevista da altre disposizioni di legge» in data 31 gennaio 2009 (Provvedimento del Direttore dell Agenzia delle entrate prot. n /2009 del 31 gennaio 2009, recante «Approvazione del modello di dichiarazione Irap 2009 con le relative istruzioni, da utilizzare per la dichiarazione ai fini dell imposta regionale sulle attività produttive [ ] per l anno 2008»). Pertanto, a partire dalla dichiarazione relativa all anno d imposta 2008, il modello deve essere presentato, esclusivamente in via telematica, all Agenzia delle entrate, secondo le modalità ed i termini previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all imposta regionale sulle attività produttive e all imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), in forza dell articolo 1, comma 2, del menzionato decreto ministeriale 11 settembre La dichiarazione IRAP 2009, relativa all anno d imposta 2008, deve dunque essere presentata in via telematica, per «Le persone fisiche e le società o le associazioni di cui all articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600», «entro il 30 settembre dell anno successivo a quello di chiusura del periodo d imposta» (e cioè, nel caso di specie, entro il 30 settembre 2009, in forza dell art. 2, comma 1, del d.p.r. n. 322 del 1998, nel testo attualmente vigente), ovvero, per gli enti soggetti all imposta sul reddito delle persone giuridiche e i soggetti non tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi, «entro l ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d imposta» (e cioè, sempre nel caso di specie, entro il 30 settembre 2009, in applicazione dell art. 2, commi 2 e 3, del d.p.r. n. 322 del 1998, nel testo vigente). Da ciò consegue che sia la legge regionale n. 28 del 2008, sia la legge regionale n. 22 del 2009 sono entrate in vigore prima della scadenza del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione IRAP 2009, concernente l anno d imposta Alla luce di tale complessa evoluzione normativa, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere in riferimento alle questioni promosse con il ricorso in esame ed aventi ad oggetto la lettera d) del comma 1 dell art. 8 della legge della Regione Piemonte n. 18 del 2008, nell impugnato testo originario (e cioè nel testo vigente dal 18 luglio 2008 al 5 ottobre 2008). Infatti, la normativa impugnata volta a determinare le aliquote dell imposta «a partire dalla dichiarazione IRAP 2009» e, perciò, a partire dalle dichiarazioni da presentare entro il 30 settembre 2009 è stata integralmente sostituita a far data dal 6 ottobre 2008, e cioè ben prima di poter esplicare effetti, dal non impugnato art. 28 della legge della Regione Piemonte n. 28 del 2008, a sua volta sostituito, sempre per il medesimo anno d imposta e con decorrenza dal 22 agosto 2009, dal (parimenti non impugnato) art. 5 della legge della medesima Regione n. 22 del Deve 44

45 ritenersi, dunque, che la disposizione impugnata non ha esplicato alcun effetto prima della sua abrogazione. Ricorre pertanto, nella specie, la condizione richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte perché, in caso di sopravvenuta abrogazione della normativa impugnata, possa essere dichiarata la cessazione della materia del contendere ( ex plurimis, sentenze n. 200 e n. 74 del 2009; n. 439 e n. 289 del 2008). P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell art. 8, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 25 giugno 2008, n. 18 (Interventi a sostegno dell editoria piemontese e dell informazione locale), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, con il ricorso di cui in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GALLO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0724 N. 300 Ordinanza novembre 2009 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla giurisdizione delle commissioni tributarie delle controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani (tariffa di igiene ambientale - TIA) - Ritenuta insussistenza della natura tributaria della controversia, necessaria a radicare la giurisdizione tributaria - Conseguente violazione del divieto di creare nuovi giudici speciali - Difetto di rilevanza della questione per intervenuta applicazione della disposizione censurata nel giudizio a quo e contraddittorietà della prospettazione - Manifesta inammissibilità della questione. D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo periodo, come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n Costituzione, art. 102, secondo comma. 45

46 composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso con ordinanza depositata l 8 luglio 2008 dalla Commissione tributaria regionale della Toscana nel giudizio vertente tra l appellante s.r.l. Società Generale Ristoranti e Alberghi - SOGENERAL e gli appellati S.p.A. Ambiente, Servizi, Mobilità - A.S.M. e Comune di Prato, iscritta al numero 55 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell anno Visto l atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 il giudice relatore Franco Gallo. Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello, con ordinanza depositata l 8 luglio 2008, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha sollevato, in riferimento al secondo comma dell art. 102 della Costituzione, questione di legittimità dell art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie riguardanti la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA) disciplinata dall art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/ CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio); che, secondo quanto premesso in punto di fatto dalla Commissione tributaria rimettente: a) la S.p.A. Ambiente, Servizi, Mobilità - A.S.M. aveva emesso, nei confronti di una società a responsabilità limitata esercente attività alberghiera, un avviso di pagamento del saldo, per l anno 2006, della tariffa di igiene ambientale (TIA) istituita dal Comune di Prato; b) la suddetta S.r.l. aveva impugnato l avviso di pagamento nei confronti sia del Comune di Prato sia della S.p.A. A.S.M.; c) l adita Commissione tributaria provinciale di Prato aveva dichiarato inammissibile tale impugnazione, in quanto riguardante un atto non ricompreso tra quelli indicati come impugnabili dall art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; d) la S.r.l. aveva appellato, nei confronti della S.p.A. e del Comune resistenti, la suddetta sentenza di primo grado, deducendo che l avviso di pagamento era impugnabile ed invalido; e) l appellata s.p.a. aveva eccepito l illegittimità costituzionale dell art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, perché, in violazione dell art. 102, secondo comma, Cost., attribuisce alla giurisdizione tributaria la cognizione delle controversie relative alla TIA, che non ha natura di tributo; che, secondo quanto premesso in punto di diritto dalla stessa Commissione tributaria regionale: a) diversamente da quanto deciso dal giudice di primo grado, l avviso di pagamento della TIA è «assimilabile ad un atto di imposizione», così da rientrare «tra quelli menzionati dall art. 19 del d.lgs. n. 546/92 del 1992, lett. i)»; b) la Corte costituzionale, con le sentenze n. 130 e n. 64 del 2008 e con l ordinanza n. 34 del 2006, ha sottolineato che l attribuzione della giurisdizione alle commissioni tributarie è imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto; c) l «art. 238 d.lgs. n. 152/2006, già art. 49 d.lgs. n. 22/1997, costruisce la tariffa in questione come corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (comma 1) e prevede che la tariffa medesima sia costituita da due quote, una commisurata alle componenti essenziali del costo del servizio (investimenti, ammorta- 46

47 menti) e l altra rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti (comma 4), così da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio»; d) «tali disposizioni (e quelle ulteriori relative alla modulazione della tariffa e al coefficiente di riduzione corrispondente alla dimostrazione della quantità di rifiuti avviati al recupero: comma 9 e 10) sembrano offrire elementi sufficienti per attribuire alla tariffa in questione la natura di corrispettivo di un servizio»; che, su tali premesse, il giudice a quo, in accoglimento dell eccezione proposta dalla s.p.a. appellata, afferma che la disposizione censurata nell attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie in materia di TIA, cioè di un prelievo avente natura non tributaria autorizza il dubbio della violazione dell evocato parametro costituzionale; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; che infatti, ad avviso della difesa erariale, la tariffa in esame ha natura di «tassa», perché: a) «la tariffa di cui all art. 238 del d.lgs. 152 del 2006 non presenta [ ] caratteri di sostanziale diversità rispetto alla previgente tassa di smaltimento dei rifiuti, considerata la sostanziale identità del presupposto oggettivo e dei soggetti passivi, nonché la confermata obbligatorietà del prelievo»; b) l obbligo del privato di pagare la tariffa scaturisce, pertanto, da un fatto individuato direttamente dalla legge e non da un titolo contrattuale o, comunque, negoziale; c) inoltre, in base alla «previsione contenuta nel medesimo art. 238», la tariffa deve essere determinata in modo da consentire «la copertura anche di costi accessori alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade vale a dire di costi estranei alla logica della corrispondenza tra costi e benefici, in quanto non direttamente riferibili al contribuente-utente, ma, piuttosto, alla collettività complessivamente considerata»; d) in considerazione della doverosità e del fondamento solidaristico della prestazione, la tariffa «si configura come una forma di finanziamento di un servizio pubblico attraverso l imposizione dei relativi costi sull area sociale che da tale servizio riceve, nel suo insieme, un beneficio» e, dunque, non presenta quel carattere di corrispettività tra prestazione imposta al privato e prestazione resa dall ente pubblico che, invece, connota il canone per l occupazione di suolo pubblico (COSAP), il quale costituisce la remunerazione per l uso speciale di un bene pubblico (Corte costituzionale, sentenza n. 64 del 2008). Considerato che la Commissione tributaria regionale della Toscana dubita, in riferimento al secondo comma dell art. 102 della Costituzione, della legittimità del secondo periodo del comma 2 dell art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del decretolegge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in cui dispone che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [ ] le controversie relative alla debenza del canone [ ] per lo smaltimento di rifiuti urbani» e, quindi, della tariffa di igiene ambientale (TIA) disciplinata dall art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio); che, nonostante i riferimenti, contenuti nell ordinanza di rimessione, anche alla tariffa integrata ambientale prevista dall art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), va rilevato che la sollevata questione in coerenza con la res litigiosa del giudizio principale ha ad oggetto esclusivamente la norma che attribuisce alla giurisdizione tributaria la cognizione delle controversie relative alla debenza della tariffa di igiene ambientale prevista dall art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997; che, secondo il giudice rimettente, la disposizione denunciata, attribuendo alle commissioni tributarie la cognizione delle controversie concernenti la debenza della TIA, cioè di un prelievo non qualificabile, a suo avviso, come «tributo», fa venir meno l imprescindibile collegamento, richiesto dall evocato parametro costituzionale, tra la giurisdizione tributaria e la natura tributaria dei rapporti oggetto di tale giurisdizione e si risolve, pertanto, nella violazione del divieto di creare un nuovo giudice speciale; che la questione è manifestamente inammissibile, per avere il giudice già fatto applicazione, nel giudizio a quo, della censurata disposizione o, comunque, per contraddittorietà della prospettazione; che il rimettente, infatti, prima di sollevare la sopra riferita questione di legittimità costituzionale, ha espressamente dichiarato ammissibile l impugnazione dell avviso di pagamento della TIA proposta, in primo grado, davanti alla Commissione tributaria provinciale di Prato ed ha motivato tale dichiarazione affermando che, contrariamente a quanto ritenuto da detta Commissione, il suddetto avviso è «assimilabile ad un atto di imposizione», così da rientrare tra gli atti menzionati come impugnabili davanti alle commissioni tributarie dall art. 19, comma 1, «lettera i)», del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 («ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie»); 47

48 che il giudice tributario a quo, con l indicata dichiarazione, ha implicitamente affermato la propria giurisdizione, facendo cosi applicazione del denunciato secondo periodo del comma 2 dell art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 e rendendo conseguentemente irrilevante la sollevata questione; che, inoltre, la qualificazione, nella stessa ordinanza di rimessione, dell avviso di pagamento della TIA sia come «atto di imposizione» sia come richiesta di un «corrispettivo» privatistico è intrinsecamente contraddittoria, tanto da rendere la sollevata questione manifestamente inammissibile anche sotto tale profilo; che, ove fosse possibile prescindere da tali cause di manifesta inammissibilità, la questione sarebbe comunque manifestamente infondata, avendo questa Corte, con la sentenza n. 238 del 2009, già dichiarato non fondata identica questione di legittimità costituzionale, proposta dalla Commissione tributaria provinciale di Prato, sul rilievo che la TIA disciplinata dall art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU disciplinata dal d.p.r. n. 507 del 1993 e conserva la qualifica di tributo propria di quest ultima, con la conseguenza che le controversie aventi ad oggetto la debenza della TIA hanno natura tributaria e che la loro attribuzione alla cognizione delle commissioni tributarie è conforme al disposto dell evocato art. 102, secondo comma, Cost.; che, al riguardo, il rimettente non ha prospettato, nel merito, argomentazioni e profili diversi rispetto a quelli già esaminati da questa Corte con la citata sentenza o comunque idonei ad indurre ad una differente pronuncia sulla sollevata questione di legittimità costituzionale. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del secondo periodo del comma 2 dell art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall art. 3 -bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevata, in riferimento al secondo comma dell art. 102 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Toscana con l ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GALLO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C

49 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. N. 301 Ordinanza novembre 2009 Reati tributari - Confisca «per equivalente» stabilita con legge n. 244/2007- Applicabilità della misura e, correlativamente, del sequestro preventivo, anche ai reati commessi prima dell entrata in vigore della predetta legge - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, in riferimento ai reati non tributari indicati dalla legge n. 300/2000, commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, per i quali la suddetta confisca è esclusa - Lamentata violazione degli obblighi internazionali derivanti dalla Cedu - Erroneità del presupposto interpretativo - Manifesta infondatezza della questione. Cod. pen., artt. 200 e 322 -ter; cod. proc. pen., art. 321, comma 2; legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143. Costituzione, artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, in relazione alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, art. 7. composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 200 e 322 -ter del codice penale, dell art. 321, comma 2, del codice di procedura penale, nonché dell art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), promosso con ordinanza del 26 luglio 2008 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di P.V., iscritta al n. 65 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell anno Visto l atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 il giudice relatore Franco Gallo. Ritenuto che con ordinanza del 26 luglio 2008, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 200 e 322 -ter del codice penale, dell art. 321, comma 2, del codice di procedura penale, nonché dell art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), «nella parte in cui consentono la confisca obbligatoria e, correlativamente, il sequestro preventivo, per un valore corrispondente a quello del profitto, per reati tributari commessi precedentemente alla entrata in vigore della legge n. 244 del 2007»; che, secondo quanto premesso dal rimettente: a) nel corso di un procedimento penale instaurato nei confronti di un soggetto imputato di aver omesso, per gli anni 2004, 2005 e 2006, la presentazione delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, al fine di evadere le suddette imposte (artt. 81, comma 2, del codice penale e 5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), il pubblico ministero aveva richiesto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di tutte le disponibilità finanziarie o di beni immobili dell imputato, «con sottoposizione a vincolo reale equivalente» di essi; b) tale richiesta si fondava sull art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, per il quale, nelle ipotesi di reati tributari «di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 -bis, 10 -ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all art ter del codice penale»; c) in forza del citato comma 143, la confisca per equivalente e la possibilità di disporre il sequestro preventivo per 49

50 equivalente, ai sensi dell art. 321, comma 2, cod. proc. pen., ad essa funzionale era stata estesa a (quasi) tutti i reati tributari e si applicava anche ai reati commessi precedentemente all entrata in vigore del medesimo comma (1 gennaio 2008); d) tale retroattività di effetti scaturiva dal principio affermato dalla Corte di cassazione costantemente, al punto da potersi assumere quale diritto vivente che l irretroattività della legge penale, sancita dall art. 25, secondo comma, Cost. e dall art. 2 cod. pen., è operante esclusivamente nei riguardi delle norme penali incriminatrici e non anche delle misure di sicurezza, come la confisca, con la conseguenza che quest ultima «può essere disposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata»; e) solo con riguardo a reati non tributari, l art. 15 della legge 29 settembre 2000, n. 300, nel disciplinare la misura della «confisca per equivalente», stabilisce che «le disposizioni di cui all articolo 322 -ter del codice penale, introdotto dal comma 1 dell articolo 3 della presente legge, non si applicano ai reati ivi previsti, nonché a quelli indicati nel comma 2 del medesimo articolo 3, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge», che, in ragione di tali premesse, il rimettente ritiene che la domanda di cautela reale avanzata dal pubblico ministero dovrebbe essere accolta, perché la somma di denaro ed i beni in essa indicati, rappresentando l equivalente del profitto conseguito dall indagato per il reato tributario contestato, dovrebbero essere confiscati, a nulla rilevando in contrario che la confisca per equivalente non fosse prevista al tempo della commissione del reato; che tuttavia, per lo stesso rimettente, proprio l applicazione retroattiva della confisca per equivalente per i reati tributari si pone in contrasto con gli evocati parametri; che la violazione dell art. 3 Cost. deriverebbe, secondo il giudice a quo, dalla ingiustificata diversità, a seconda che vengano in rilievo reati tributari o non tributari, dei limiti temporali previsti dalla legge per l applicazione degli istituti della «confisca per equivalente» e del sequestro preventivo ad essa strumentale; che infatti, ad avviso del rimettente, mentre le norme denunciate consentono l applicazione dei suddetti istituti con riguardo ai menzionati reati tributari, anche se commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 244 del 2007, tale efficacia retroattiva è esclusa dal citato art. 15 della legge n. 300 del 2000, con riguardo ai reati non tributari indicati nel medesimo articolo; che la violazione del primo comma dell art. 117 Cost. secondo cui il legislatore deve rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali deriverebbe, invece, dal contrasto con l art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell uomo, nella parte in cui prevede che «Non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso»; che, in proposito, il giudice rimettente nel richiamare la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui la confisca per equivalente costituisce «una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti» di carattere «eminentemente sanzionatorio» e, pertanto, una «pena», «secondo la nozione che ne fornisce la Corte europea dei diritti dell uomo» osserva che l applicazione retroattiva della confisca per equivalente e del prodromico sequestro comporta, di fatto, l inflizione di una «pena» per reati per i quali, al momento della loro commissione, tale misura non era prevista; che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata, per l erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il rimettente; che la difesa erariale rammenta che l art ter cod. pen. il quale prevede, appunto, la «confisca per equivalente» è stato inserito nell ordinamento dall art. 3 della legge n. 300 del 2000, il cui art. 15 esclude l applicazione retroattiva dell istituto con riguardo a reati non tributari; che, per l Avvocatura dello Stato, il citato art. 15 della legge n. 300 del 2000 è espressivo come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità del principio generale secondo cui è impossibile applicare la suddetta confisca a reati per i quali, al momento della loro commissione, detta misura non era prevista; che da ciò discende sempre secondo la difesa erariale che, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, la confisca per equivalente si applica solo a quei reati tributari «commessi nella vigenza della legge n. 244 del 2007». Considerato che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dubita, in riferimento al primo comma dell art. 3 ed al primo comma dell art. 117 della Costituzione, della legittimità degli artt. 200, 322 -ter del codice penale, 321, comma 2, del codice di procedura penale ed 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), «nella parte in cui consentono la confisca obbligatoria e, correlativamente, il sequestro preventivo per un valore corrispondente a quello del profitto, per i reati tributari commessi precedentemente alla entrata in vigore della legge n. 244/2007»; che, secondo il rimettente, tali disposizioni vìolano: a) l art. 3, primo comma, Cost., sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento, perché, mentre l art. 15 della legge 29 settembre 2000, n. 300, esclude espressamente l applicabilità della «confisca per equivalente» del profitto ai reati non tributari indicati nel medesimo testo di legge, che siano stati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore; invece, per i reati tributari indicati dalla legge 50

51 n. 244 del 2007, l applicazione retroattiva della medesima «confisca per equivalente» del profitto, da qualificarsi come una misura di sicurezza, consegue alla «giurisprudenza costante della Corte di cassazione, costituente ormai diritto vivente», in tema di applicabilità retroattiva delle misure di sicurezza; b) l art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con l art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell uomo, il quale, nel prevedere che non possa essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è commesso, vieta secondo l interpretazione della Corte europea dei diritti dell uomo l applicazione retroattiva anche della «confisca per equivalente», quale misura di sicurezza dal carattere eminentemente sanzionatorio e, dunque, di pena; che il giudice a quo muove dal presupposto interpretativo che la confisca in questione ed il sequestro preventivo per equivalente disposto ai sensi dell art. 321, comma 2, cod. proc. pen., ad essa funzionale possa essere applicata, in via retroattiva, anche ai reati tributari indicati dalla legge n. 244 del 2007 commessi nel tempo in cui tale istituto non era legislativamente previsto oppure risultava diversamente disciplinato quanto a tipo, qualità e durata; che tale interpretazione è erronea perché, come già rilevato da questa Corte (ordinanza n. 97 del 2009) e contrariamente a quanto affermato dal rimettente, «l art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 con il quale la disciplina della confisca «per equivalente» di cui all art ter cod. pen. è stata estesa ai reati tributari di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 -bis, 10-ter e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 non opera retroattivamente»; che, infatti, la confisca per equivalente in ragione della mancanza di pericolosità dei beni che ne costituiscono oggetto, unitamente all assenza di un «rapporto di pertinenzialità» (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato ed i beni palesa una connotazione prevalentemente afflittiva ed ha, dunque, una natura «eminentemente sanzionatoria», tale da impedire l applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale della retroattività delle misure di sicurezza, sancito dall art. 200 cod. pen.; che come osservato da questa Corte nella richiamata ordinanza «a tale conclusione si giunge sulla base della duplice considerazione che il secondo comma dell art. 25 Cost. vieta l applicazione retroattiva di una sanzione penale, come deve qualificarsi la confisca per equivalente, e che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell uomo ha ritenuto in contrasto con i princìpi sanciti dall art. 7 della Convenzione l applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio ad un ipotesi di confisca per equivalente (Corte europea dei diritti dell uomo, sentenza n. 307A/1995, Welch v. Regno Unito)»; che, proprio per tali ragioni, non è applicabile alla fattispecie la giurisprudenza di legittimità richiamata dal rimettente, la quale riguarda solo la diversa ipotesi di misure di sicurezza prive dell evidenziato carattere di afflittività peculiare della confisca per equivalente ( ex multis, Cassazione penale, sentenze n , n e n del 2008); che da tali rilievi discende la manifesta infondatezza della questione, per erroneità del presupposto interpretativo. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 200 e 322 -ter del codice penale, dell art. 321, comma 2, del codice di procedura penale, nonché dell art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli con l ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GALLO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C

52 N. 302 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Ordinanza novembre 2009 Calamità pubbliche e protezione civile - Interventi urgenti diretti a fronteggiare l «Emergenza Etna 2002» - Sospensione del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali - Limitazione del beneficio ai soli datori di lavoro privati, con esclusione dei dipendenti dei datori di lavoro pubblici - Dedotta violazione di numerosi parametri costituzionali - Contraddittorietà e carente descrizione della fattispecie, con conseguente impossibilità di vagliare la rilevanza della questione - Manifesta inammissibilità. Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 -bis, comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n Costituzione, artt. 2, 3, 4, 24, 32, 35, 36, 77, comma secondo, 97, 101, 102 e 104. Calamità pubbliche e protezione civile - Interventi urgenti diretti a fronteggiare l «Emergenza Etna 2002» - Sospensione del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali - Limitazione del beneficio ai soli datori di lavoro privati, con esclusione dei dipendenti dei datori di lavoro pubblici - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, nonché violazione dei principi costituzionali sulla tutela della salute e del lavoro - Dedotta indebita interferenza dell attività legislativa sui provvedimenti giurisdizionali - Questione analoga ad altra già dichiarata non fondata - Mancata prospettazione di nuovi motivi di censura, diversi da quelli già scrutinati - Manifesta infondatezza della questione. Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 -bis, comma aggiunto dalla legge 6 dicembre 2006, n Costituzione, artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97. composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell art. 6, comma 1 -bis, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania), promossi dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanze del 6 maggio e del 4 marzo 2008, rispettivamente iscritte al n. 346 del registro ordinanze 2008 e al n. 54 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell anno 2008 e n. 9, 1ª serie speciale, dell anno Visti gli atti di costituzione di Mauro Giovanni Salvatore ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il giudice relatore Paolo Maria Napolitano. Ritenuto che, con ordinanza del 6 maggio del 2008, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 24, 32, 35, 36, 77, comma secondo, 97, 101, 102 e 104 della Costituzione, dell art. 6, comma 1 -bis, del decreto-legge 9 ottobre 2006, 52

53 n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania); che la fattispecie oggetto del giudizio a quo, secondo quanto riportato dal rimettente nell intestazione dell ordinanza, riguarderebbe il riconoscimento, a favore dei soggetti ricorrenti nell ambito del giudizio principale (tutti componenti del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco), «del diritto alla restituzione all Ente previdenziale dei contributi sospesi per l emergenza Etna 2002 nei limiti e con le modalità di cui all art. 5, comma 2», dell Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2002, n (Primi interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi fenomeni eruttivi connessi all attività vulcanica dell Etna nel territorio della provincia di Catania ed agli eventi sismici concernenti la medesima area); che tale comma prevede un piano di recupero dei contributi sospesi nella misura di otto volte i mesi interi di durata della sospensione (nel caso di specie 128 mesi, secondo quanto indica il rimettente), diversamente da quanto previsto dal piano di recupero attuato dall Amministrazione di appartenenza, stabilito, invece, in un arco temporale di 24 rate, del quale, pertanto, i ricorrenti chiedono che il TAR adito dichiari l illegittimità; che, però, lo stesso TAR rimettente in contraddizione con l iniziale identificazione del thema decidendum oggetto del giudizio principale limitato alla «declaratoria di illegittimità del piano di recupero» viene successivamente ad affermare, nel «Fatto», che il medesimo giudizio avrebbe ad oggetto l accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione delle somme derivanti dall applicazione del beneficio della sospensione delle ritenute previdenziali ed assistenziali, nonché l immediata restituzione di quelle già trattenute sullo stipendio 2002, ai sensi dell art. 4 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245 (Interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dalle calamità naturali nelle regioni Molise, Sicilia e Puglia, nonché ulteriori disposizioni in materia di protezione civile, convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, legge 27 dicembre 2002, n. 286), in combinato disposto con l art. 5 della citata o.p.c.m. n del 2002; che, quanto al requisito della rilevanza, il giudice a quo osserva come il ricorso in argomento, in applicazione della normativa di cui all art. 6, comma 1 -bis, del d.l. n. 263 del 2006, che vieta ai dipendenti dei datori di lavoro pubblici, tra i quali rientrano i soggetti ricorrenti nell ambito del giudizio a quo, l applicazione del beneficio di cui al combinato disposto dell art. 4 del d.l. n. 245 del 2002, e dell art. 5 dell o.p.c.m. n del 2002, dovrebbe essere respinto con declaratoria di inammissibilità; che la prima delle due norme, ricorda il rimettente, stabilisce, in ragione dell emergenza connessa all eruzione dell Etna, la sospensione dei termini «anche previdenziali», mentre la seconda, più specificatamente, prevede la sospensione, nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2002, dei versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e dei premi per l assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti; che il giudice rimettente ritiene pertanto che l applicazione della disposizione censurata debba estendersi a tutti i provvedimenti che trovino il loro presupposto giuridico nella legge n. 225 del 1992 e che tale novella imponga di interpretare i provvedimenti amministrativi o normativi generali (quali, appunto, quelli contenuti nella citata o.p.c.m. n del 2002) nel senso di escludere dal relativo ambito di operatività i soggetti diversi dai datori di lavoro privati e dai relativi dipendenti; che, per altro verso, il giudice a quo ritiene che l art. 4 del d.l. n. 245 del 2002 non possa neppure essere considerato come idoneo a fondare (autonomamente rispetto alla legge n. 225 del 1992, così come reinterpretata alla luce dell art. 6, comma 1 -bis, del d.l. n. 263 del 2006) il conferimento del beneficio previdenziale, ritenendo che tale ultima previsione, avendo contenuto inconciliabile con l art. 4 del d.l. 4 novembre 2002, n. 245, ne abbia determinato l abrogazione in parte qua ; che il TAR di Catania ritiene l esplicita formulazione della disposizione censurata non compatibile con interpretazioni correttive o adeguatrici della medesima previsione che possano determinarne una diversa lettura, dato che, in applicazione della norma di cui all art. 6, comma 1 -bis, del d.l. n. 263 del 2006, l o.p.c.m. del 29 novembre 2002 deve far ritenere applicabile ai soli datori di lavoro privati la sospensione dei contributi previdenziali che in essa trova fondamento; che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene che la previsione impugnata violerebbe, primariamente, gli artt. 2 e 3 della Costituzione, in quanto l esclusione dal beneficio della sospensione degli adempimenti contributivi di una categoria di lavoratori (quelli dipendenti da datori di lavoro pubblici) comporta che a questi ultimi venga negata la solidarietà sociale della comunità nazionale; 53

54 che la stessa disposizione violerebbe anche l art. 32 della Costituzione, «interpretato alla luce dell art. 9 della Cost.», in quanto, avendo l amministrazione tramite la sospensione dei termini di versamento dei contributi di natura assistenziale e previdenziale «realizzato, senza diretta spesa, ma assumendo l onere di una minore entrata, un accrescimento in termini di valore monetario delle retribuzioni dei lavoratori, i quali hanno così percepito una utilità rivolta a consentire loro di adeguatamente fare fronte alle esigenze di tutela del proprio benessere (e di quello dei familiari a carico), a fronte di un evento per definizione tale da incidere sui livelli di vita precedenti, tramite l alterazione improvvisa e sensibile dell ambiente territoriale inciso dal fenomeno eruttivo che ne ha compromesso l ordinaria vivibilità», si sarebbe determinata la diminuzione, per la categoria dei lavoratori esclusi dal beneficio, «dei livelli collettivi di assistenza sanitaria invece riconosciuti ai dipendenti di datori di lavoro privati»; che, inoltre, sempre a detta del rimettente, la norma censurata verrebbe a violare gli artt. 4, 35 e 36 della Costituzione, perché, «abrogando» il beneficio economico ed assistenziale di cui all o.p.c.m. del 29 novembre 2002, avrebbe determinato una (sia pure temporanea) ingiustificata riduzione del livello retributivo che era stato potenziato con l intervento di protezione civile operato con la predetta ordinanza; che ugualmente violato dalla norma censurata sarebbe il principio della tutela dell affidamento, in quanto, secondo il giudice a quo, ai soggetti ricorrenti nell ambito del giudizio principale, dipendenti da un datore di lavoro pubblico, sarebbe stata sottratta una disponibilità retributiva, originariamente loro conferita, venendo in tal modo ad incidere sia su situazioni che avevano ricevuto un chiaro e definitivo riconoscimento giurisprudenziale, sia sulla «adeguatezza» della retribuzione in relazione allo specifico momento e contesto emergenziale; che, quindi, risulterebbe violato anche l art. 3 della Costituzione, in ragione della disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione e lavoratori dipendenti da imprese private, disparità che, secondo il giudice a quo, non è giustificata da alcuna ragione sostanziale, risultando, in entrambe le fattispecie, analoga l incidenza dell evento naturale sull esecuzione della prestazione lavorativa, data la comune natura delle difficoltà che tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, hanno dovuto sostenere per continuare a prestare la propria attività a servizio delle rispettive Amministrazioni o aziende private; che tale parametro sarebbe parimenti violato in ragione dell asserita irragionevolezza della previsione censurata, in considerazione, secondo il rimettente, del fatto che il legislatore in presenza di una dimensione di emergenza riguardante tutto il territorio interessato all eruzione dell Etna, (e dunque relativa a tutti i soggetti che sono stati chiamati a prestare attività lavorativa nelle proibitive condizioni ambientali che l eruzione medesima ha determinato) avrebbe irragionevolmente scelto di assistere una sola categoria di lavoratori, individuata con un criterio che, pur se oggettivo, sarebbe del tutto slegato da qualsiasi collegamento fattuale o funzionale con l emergenza da affrontare; che l irragionevolezza della previsione impugnata deriverebbe anche, sempre secondo il TAR rimettente, dalla ulteriore considerazione che la stessa non sarebbe intervenuta per dirimere un originaria ambiguità interpretativa, essendo la norma di cui all o.p.c.m. del 29 novembre 2002 chiara nel non differenziare, tra i vari beneficiari della misura in esame, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni; che il giudice a quo ritiene, infine, la previsione abnorme, perché, allo scopo di discriminare nell ambito della medesima situazione i vari destinatari potenziali degli interventi emergenziali, avrebbe operato una modifica legislativa con effetto retroattivo che non inciderebbe sulla legge, ma «sull esercizio dei poteri di amministrazione demandati alla Protezione civile»; che la norma impugnata violerebbe altresì l art. 97 della Costituzione, in quanto la retroattività della previsione censurata, nell incidere senza alcuna giustificazione, plausibile o evidente, sulle situazioni consolidate, avrebbe determinato revocando i benefici già concessi un grave vulnus alla immagine dello Stato ed alla credibilità delle istituzioni, vanificando il rapporto di assistenza e sostegno che sia lo Stato che le istituzioni avevano creato con i consociati colpiti dalle calamità naturali; che, inoltre, l art. 97 della Costituzione risulterebbe ulteriormente violato poiché la disposizione censurata avrebbe prodotto un motivo di grave inefficienza nell esercizio dell azione dei pubblici poteri, avendo costretto gli uffici preposti alla trattazione dei relativi affari ad un rinnovato esercizio delle relative funzioni; che sarebbe violato anche il principio di separazione dei poteri, per l invasione, da parte del legislatore, dell ambito di competenza proprio del potere esecutivo, con conseguente, sostanziale disordine nell attività della pubblica amministrazione; che l articolo censurato sarebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 24, 101, 102 e 104 della Costituzione, poiché esso, assumendo un contenuto avente natura provvedimentale, vincolerebbe il giudice all adozione di determinate decisioni in controversie già pendenti, venendo così a violare il giudicato, nei suoi aspetti esterni, formatosi sulle pronunce 54

55 del medesimo organo rimettente (peraltro, confermate in appello), che avevano annullato l o.p.c.m. n del 2005, e ripristinando, pertanto, in via legislativa, un regime che sul piano dell esercizio del potere esecutivo era stato ritenuto illegittimo con pronunce passate in giudicato; che, infine, a parere del rimettente, la citata disposizione sarebbe censurabile anche in riferimento all art. 77, secondo comma, della Costituzione, sia perché non sussisterebbero i presupposti di necessità ed urgenza, sia perchè la norma censurata sarebbe stata inserita nella fase di conversione di un decreto-legge differente ratione materiae dall ambito di operatività della stessa (avendo il decreto in questione ad oggetto l emergenza dei rifiuti in Campania); che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata irrilevante, inammissibile o, comunque, manifestamente infondata; che la difesa erariale nel premettere che su questioni analoghe alla presente questa Corte si è già pronunciata nel senso dell infondatezza (sentenza n. 325 del 2008) rileva come il testo della norma sospettata di incostituzionalità porti «inequivocabilmente» a ritenere «che essa sia rivolta direttamente ed esclusivamente ai datori di lavoro e non ai lavoratori», datori di lavoro i quali «non possono che essere quelli privati», e che da ciò discenderebbe l irrilevanza della questione; che, inoltre, secondo l Avvocatura, la questione proposta risulterebbe parimenti irrilevante in ragione della circostanza che la sospensione dei contributi sarebbe relativa solo al versamento delle ritenute, le quali, indipendentemente dall effettuazione di tale adempimento, dovrebbero comunque essere effettuate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti; che tale irrilevanza risulterebbe ulteriormente dimostrata dalla circostanza che, ove fosse riconosciuta a favore dei lavoratori la sospensione del versamento, la stessa avrebbe ad oggetto solo il periodo novembre 2002-marzo 2004 e, pertanto, alla data odierna, la sospensione dovrebbe comunque ritenersi cessata; che, inoltre, quanto all asserita violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione, connessa alla denunciata disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati, la difesa erariale sostiene che il confronto sarebbe stato condotto rispetto a situazioni del tutto disomogenee, poichè la pubblica amministrazione non avrebbe fini lucrativi e la prestazione di lavoro si svolgerebbe secondo regole e parametri sui quali sarebbero ininfluenti gli avversi fenomeni naturali e le condizioni ambientali eccezionali, mentre, al contrario, il datore di lavoro privato, che opera in un determinato territorio, sarebbe significativamente esposto a tutti quegli accadimenti che incidono sulla dimensione organizzativa dell impresa e sulla sua possibilità di un esercizio caratterizzato da molteplici fattori di tipo economico; che da tali considerazioni discenderebbe, altresì, secondo l Avvocatura dello Stato, oltre alla disomogeneità delle posizioni poste a confronto, anche l assoluta ragionevolezza della scelta legislativa volta a limitare il beneficio ai soli datori di lavoro privati che, a differenza della pubblica amministrazione, non sempre disporrebbero di una capacità organizzativa e di risorse idonee a consentire di fronteggiare in modo adeguato le situazioni di emergenza originate da eventi calamitosi; che, in sostanza, secondo la difesa erariale, la sospensione dell obbligo contributivo, particolarmente gravoso per i datori di lavoro, può essere letta come un mezzo per liberare risorse da sfruttare per la produzione di beni e servizi, in modo da non alterare pesantemente il flusso di creazione di ricchezza a livello regionale, e dunque il prodotto interno lordo relativo a quel territorio; che, peraltro osserva ancora la difesa pubblica se questa viene ad essere la ratio posta alla base della scelta legislativa, verrebbe ad avere rilievo marginale l effetto che la stessa avrebbe determinato in favore dei soli lavoratori privati, considerato, tra l altro, che la quota di contribuzione dagli stessi dovuta (e normalmente prelevata dal datore di lavoro nella sua qualità di sostituto) è modesta e la maggior retribuzione è comunque fiscalizzata; che secondo l Avvocatura dello Stato sarebbero poi inammissibili le censure relative alla violazione degli artt. 4, 32, 35 e 36 della Costituzione per inconferenza dei parametri invocati, così come ugualmente inconferente sarebbe la censura relativa alla pretesa violazione degli artt. 24, 101, 102 e 104 della Costituzione, poichè la norma impugnata «attiene al piano sostanziale della disciplina dei rapporti [ ] e non a quello processuale della tutela dei diritti»; che, infine, per l Avvocatura, manifestamente infondate risulterebbero le censure relative agli artt. 77, comma secondo, e 97 della Costituzione, dato che esse sarebbero destituite di ogni fondamento; che si sono costituiti nel procedimento i soggetti ricorrenti nell ambito del giudizio principale, i quali, con ampie argomentazioni, hanno aderito alle censure di legittimità costituzionale prospettate dal giudice a quo, soste- 55

56 nendo sia l irragionevolezza della previsione censurata, sia la violazione del principio dell affidamento e del divieto di discriminazione, sia la natura sostanzialmente innovativa della stessa e, conseguentemente, negandone la natura interpretativa; che, in prossimità dell esame in camera di consiglio, la difesa delle parti private ha presentato memoria con cui ha ribadito quanto sostenuto nell atto di costituzione, in ordine alla violazione del principio di separazione dei poteri dello Stato e di violazione dell art. 97 della Costituzione; che, in particolare, sotto questo profilo, le parti private ritengono che la norma sospettata di illegittimità costituzionale avrebbe determinato, di fatto, l esercizio da parte del potere legislativo anche della potestà amministrativa, in quanto la norma di legge avrebbe determinato la modifica di un atto amministrativo; che, nella stessa memoria, la difesa delle parti private si è poi soffermata sulla violazione del principio di affidamento e sulla irragionevolezza della norma censurata, richiamando, al riguardo, sia la giurisprudenza della Corte costituzionale che della Corte di cassazione, nonché quella del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana; che, in ordine al principio dell affidamento, la memoria richiama altresì l ordinamento comunitario e la Convenzione dei diritti dell uomo, soffermandosi, in particolare, sulla sentenza Scordino (Grande Chambre, 29 marzo 2006); che, infine, la parte privata ritiene che la norma denunciata potrebbe eventualmente superare il vaglio di costituzionalità ove interpretata secondo Costituzione, cioè considerandola non retroattiva e, conseguentemente, non applicabile nella fattispecie oggetto del giudizio a quo ; che, con successiva ordinanza del 4 marzo 2008 (r.o. n. 54 del 2009), analoga questione di legittimità costituzionale della medesima norma è stata sollevata dallo stesso TAR di Catania, nel corso di altro giudizio, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97 della Costituzione; che la fattispecie oggetto del giudizio a quo riguarda l accertamento del diritto di U. R., in ruolo presso la Guardia di Finanza, alla corresponsione delle somme derivanti dall applicazione del beneficio delle ritenute previdenziali ed assistenziali e l immediata restituzione di quelle già trattenute sullo stipendio del 2002, ai sensi dell art. 4 del d.l. n. 245 del 2002 e dell art. 5 dell o.p.c.m. n del 2002; che la seconda ordinanza di rimessione riproduce pressocchè integralmente il testo dell ordinanza precedente e, quindi, fonda, in riferimento ai sopra citati parametri, la sospettata illegittimità costituzionale dell art. 6, comma 1 -bis, del d.l. n. 263 del 2006 sia in ordine alla rilevanza, sia in ordine alla non manifesta infondatezza della questione su argomenti analoghi ai precedenti, tranne che per quanto riguarda l art. 97 della Costituzione, relativamente al quale il rimettente non svolge alcuna motivazione; che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, il quale, con atto sostanzialmente identico a quello depositato nell ambito del procedimento relativo all ordinanza iscritta al r.o. n. 346 del 2008, e con analoghe argomentazioni, ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, manifestamente infondata. Considerato che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 24, 32, 35, 36, 77, comma secondo, 97, 101, 102 e 104 della Costituzione, dell art. 6, comma 1 -bis, del decreto-legge del 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290 (Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania); che, successivamente, con altra ordinanza, lo stesso TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, ha nuovamente sollevato analoga questione di legittimità costituzionale della citata norma, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97 della Costituzione, con motivazioni identiche a quelle svolte nella precedente ordinanza; che i giudizi, in quanto concernenti la stessa disposizione e relativi a questioni analoghe o connesse, devono essere riuniti e decisi con unica pronuncia; che, preliminarmente, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata con la prima delle due ordinanze per contraddittorietà e carenza di descrizione della fattispecie propria del giudizio a quo, non essendo delimitato con chiarezza l oggetto della questione; che, in particolare, l ordinanza identifica inizialmente il thema decidendum del giudizio principale nella richiesta, da parte dei ricorrenti (tutti componenti del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco), della declaratoria di illegittimità del piano di recupero dei contributi previdenziali a carico dei dipendenti stessi (il cui prelievo mensile sulle 56

57 retribuzioni era stato sospeso per l «Emergenza Etna 2002» con l ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2002, n. 3254, recante disposizioni sui «Primi interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi fenomeni eruttivi connessi all attività vulcanica dell Etna nel territorio della provincia di Catania ed agli eventi sismici concernenti la medesima area»), in quanto previsti dall amministrazione di appartenenza in un arco temporale di 24 mesi, là dove la disciplina originaria (di cui all art. 5, comma 2, dell o.p.c.m. sopra citata) avrebbe invece stabilito che tale recupero sarebbe dovuto essere effettuato in un arco temporale pari ad otto volte i mesi di sospensione (e quindi, nel caso di specie, in 128 mesi); che, successivamente, però, l ordinanza entra in contraddizione con la iniziale identificazione del thema decidendum, assumendo come oggetto del giudizio principale non più l estensione dell arco temporale stabilito dal piano di recupero dei contributi il cui prelievo era stato sospeso, bensì il diritto dei ricorrenti all applicazione del beneficio della sospensione dei contributi con conseguente restituzione delle somme trattenute sugli stipendi del 2002; che, conseguentemente, il contenuto dell ordinanza, non chiarendo l oggetto del giudizio principale ed, anzi, evidenziando questioni per la cui definizione la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale risulta irrilevante, non consente a questa Corte di vagliare l effettiva applicabilità della norma ai casi dedotti, determinando, conseguentemente, la manifesta inammissibilità della questione, con assorbimento di ogni ulteriore profilo di inammissibilità ( ex plurimis, ordinanza n. 100 del 2009); che la questione formulata con la seconda ordinanza di rimessione è manifestamente infondata; che con la sentenza n. 325 del 2008 ricordata anche dall Avvocatura dello Stato questa Corte ha già dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, dell art. 6, comma 1 -bis, del d.l. n. 263 del 2006, affermando come corrisponda ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro privati; che l attuale ordinanza del TAR di Catania ripropone questione analoga, in quanto la evocata disparità di trattamento tra lavoratori privati e pubblici in ordine alla concessione del beneficio della sospensione del versamento contributivo è solo l effetto speculare della scelta discrezionale del legislatore già ritenuta non irragionevole da questa Corte di riconoscere tale beneficio ai soli datori di lavoro privati; che, ancora, l ordinanza di rimessione non fornisce argomentazioni diverse o tali da indurre questa Corte a rivedere le conclusioni già espresse sulla questione definita dalla sentenza n. 325 del 2008, tali non ponendosi ritenere i richiami alla tutela del lavoro, di cui agli artt. 4, 35 e 36 della Costituzione, la cui adeguatezza va, comunque, valutata nel complesso della disciplina e non in relazione ad uno specifico beneficio temporalmente ridotto e contrassegnato fin dal suo inizio dall obbligo della restituzione, ovvero quelli afferenti alla possibile interferenza dell attività legislativa sui provvedimenti giurisdizionali (con conseguente «straripamento» della funzione legislativa in quella giurisdizionale, come lamentato dal TAR di Catania); che, infatti, questa Corte, anche di recente, ha escluso che all adozione di una determinata disciplina con norme di legge sia di ostacolo la circostanza che, in sede giurisdizionale, sia stata ritenuta illegittima quella, di contenuto analogo o identico, contenuta in una fonte normativa secondaria o in un atto amministrativo, poiché, anche in tal caso, ferma restando l intangibilità del giudicato, è escluso che sia compromessa la funzione giurisdizionale, muovendosi il legislatore e il giudice su piani diversi, in quanto il primo fornisce regole di carattere generale e astratto, il secondo applica il diritto oggettivo ad una singola fattispecie (sentenza n. 94 del 2009; ordinanze n. 32 del 2008 e n. 352 del 2006); che, infine, del tutto apodittico appare il richiamo all art. 32 della Costituzione sotto il profilo addotto dal rimettente, là dove travisando il significato e gli effetti del beneficio in questione afferma che la norma censurata determinerebbe, per i lavoratori ai quali la sospensione contributiva viene negata, la riduzione dei «livelli collettivi di assistenza sanitaria riconosciuti ai dipendenti di datori di lavoro privati»; che, pertanto, in conformità alla propria consolidata giurisprudenza, questa Corte deve dichiarare manifestamente infondata la questione, in quanto non risultano addotti argomenti diversi o, comunque, tali da indurla a rivedere le conclusioni già espresse nella precedente pronuncia di infondatezza ( ex multis, ordinanze n. 42 del 2009, n. 343 del 2008 e n. 444 del 2007). 57

58 Rriuniti i giudizi, P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE 1) Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell art. 6, comma 1 -bis, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 24, 32, 35, 36, 77, comma secondo, 97, 101, 102 e 104 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con l ordinanza r.o. n. 346 del 2008; 2) Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell art. 6, comma 1 -bis, del decreto-legge n. 263 del 2006, sollevata, in riferimento artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con l ordinanza r.o. n. 54 del Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: NAPOLITANO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0727 N. 303 Ordinanza novembre 2009 Giudizio di ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunità parlamentari - Procedimento penale a carico di un deputato per il reato di diffamazione aggravata in danno di un magistrato - Deliberazione di insindacabilità delle opinioni del parlamentare adottata dalla Camera dei deputati - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Milano - Sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo - Ammissibilità del conflitto - Comunicazione e notificazioni conseguenti. Deliberazione 30 maggio 2007 (Doc. IV-ter, n. 1-A). Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11 marzo 1953 n. 87, art. 37, terzo e quarto comma. composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente 58

59 O RDINANZA nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 30 maggio 2007 (Doc. IV- ter, n. 1-A), relativa all insindacabilità, ai sensi dell art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse da Vittorio Sgarbi deputato all epoca dei fatti nei confronti del dott. Gian Carlo Caselli, promosso dalla Corte d appello di Milano con ricorso depositato in cancelleria il 1 giugno 2009 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di ammissibilità. Udito nella Camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il giudice relatore Maria Rita Saulle. Ritenuto che la Corte d appello di Milano, con ordinanza-ricorso del 22 aprile 2009, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata il 30 maggio 2007 (Doc. IV- ter, n. 1- A), con la quale in conformità della proposta della Giunta per le autorizzazioni è stato dichiarato che i fatti per i quali Vittorio Sgarbi deputato all epoca dei fatti è sottoposto a procedimento penale, riguardano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell esercizio delle sue funzioni e, pertanto, sono coperti da insindacabilità ai sensi dell art. 68, primo comma, della Costituzione; che, espone la ricorrente, l allora deputato Vittorio Sgarbi è chiamato a rispondere del reato di diffamazione aggravata ai sensi dell art. 99 del codice penale e dell art. 30, commi 4 e 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), per aver rilasciato nel corso della trasmissione televisiva «Iceberg», trasmessa dall emittente Telelombardia il 17 dicembre 2001, dichiarazioni con le quali offendeva l onore e la reputazione del dott. Gian Carlo Caselli; che, in particolare, nel corso della citata trasmissione televisiva l imputato addebitava al dott. Caselli «la mancanza di autonomia e professionalità nello svolgimento delle proprie funzioni di magistrato presso la Procura della Repubblica di Palermo»; che, osserva il Collegio ricorrente, dinanzi a sé pende l appello avverso la sentenza 16 novembre 2007 del Tribunale ordinario di Milano, con la quale, a seguito della delibera di insindacabilità della Camera dei deputati, si è dichiarato non doversi procedere nei confronti dell imputato; che, a parere della Corte d appello, le dichiarazioni dell allora deputato non appaiono collegate alla sua funzione parlamentare, risultando ciò evidente dall impugnata delibera della Camera dei deputati, la quale «non contiene alcun elemento concreto da cui poter desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra i contenuti dell intervista oggetto di querela e le opinioni già espresse dal deputato e specifici atti parlamentari»; che, in particolare, sempre ad avviso della Corte d appello, ai fini dell insindacabilità, non sarebbe sufficiente «l interesse manifestato dallo Sgarbi, nello svolgimento della sua attività politica, per le tematiche della politica giudiziaria in tema di lotta alla mafia»; che, pertanto, il Collegio ricorrente chiede che la Corte costituzionale voglia dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati affermare l insindacabilità delle opinioni espresse dall allora deputato e, conseguentemente, annullare la delibera adottata in data 30 maggio Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, in ordine all esistenza o meno della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità; che, nella fattispecie, sussistono tanto il requisito soggettivo quanto quello oggettivo del conflitto; che, infatti, quanto al requisito soggettivo, devono ritenersi legittimati ad essere parte del presente conflitto sia la Corte d appello di Milano, in quanto organo giurisdizionale in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui è investito, la volontà del potere cui appartiene; sia la Camera dei deputati, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la propria volontà in ordine all applicabilità dell art. 68, primo comma, della Costituzione; che, quanto al profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita da parte della impugnata deliberazione della Camera dei deputati; che, pertanto, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte. 59

60 P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara ammissibile, ai sensi dell art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d appello di Milano, nei confronti della Camera dei deputati, con l atto indicato in epigrafe; Dispone: a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla Corte d appello di Milano; b) che, a cura della ricorrente, l atto introduttivo e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell avvenuta notifica, presso la cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni, previsto dall art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 09C0728 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: SAULLE Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA N. 304 Ordinanza novembre 2009 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Legge della Regione Molise - Recupero dei sottotetti e dei piani di porticato diretti alla realizzazione di nuove unità abitative - Previsione dell obbligo di reperimento di determinati spazi per parcheggi di pertinenza delle nuove abitazioni, garantita da atti da trascrivere nei registri immobiliari - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione della competenza esclusiva statale nelle materie dell ordinamento civile e del sistema tributario - Rinunzia al ricorso in mancanza di parte costituita - Estinzione del processo. Legge della Regione Molise 18 luglio 2008, n. 25, art. 7, comma 4. Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) ; norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 25 LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 7, comma 4, della legge della Regione Molise 18 luglio 2008, n. 25 (Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il settembre 2008, depositato in cancelleria il 24 settembre 2008 ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi

61 Udito nella udienza pubblica del 20 ottobre 2009 il giudice relatore Alessandro Criscuolo; Udito l avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al n. 56 del 2008, notificato il 19 settembre 2008 e depositato il 24 settembre successivo, ha sollevato, in riferimento all articolo 117, secondo comma, lettere e) e l) della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell art. 7, comma 4, della legge della Regione Molise 18 luglio 2008, n. 25 (Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati); che la norma censurata, sotto la rubrica «Standard urbanistici», nell ipotesi di recupero dei sottotetti e dei piani porticato diretti alla realizzazione di nuove unità abitative, prevede l obbligo di reperimento di determinati spazi per parcheggi, legati alle nuove abitazioni da rapporto di pertinenzialità, garantito da un atto da trascrivere nei registri immobiliari; che, ad avviso del ricorrente, viene così introdotta un ipotesi di trascrizione nei registri immobiliari non prevista dalla legislazione statale, alla cui competenza è riservata la disciplina della pubblicità immobiliare, in quanto gli atti di asservimento in questione non sono inclusi nell elenco degli atti soggetti a trascrizione di cui agli artt e 2645 del codice civile, mentre la legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), pur prevedendo nell art. 9 il vincolo pertinenziale tra parcheggi ed immobili, nulla dispone in merito alla possibilità di trascrivere il detto vincolo; che secondo il ricorrente, dunque, la norma regionale de qua risulta invasiva della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui all art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; che, inoltre, la norma censurata violerebbe anche l art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., perché l assolvimento dell imposta ipotecaria anche per l ipotesi di trascrizione in questione pur non prevista dalla norma statale determina la conseguente introduzione di una nuova fattispecie imponibile, anch essa non disciplinata dalla legge dello Stato; che, con atto notificato alla Regione Molise, non costituita in giudizio, a mezzo del servizio postale il 6 maggio 2009, depositato il 12 maggio 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilevato che, con legge della Regione Molise 19 febbraio 2009, n. 6 (Modifiche alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 25, recante «Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati»), è stato espressamente abrogato il comma 4, secondo periodo, della norma censurata, il quale prevedeva la trascrizione nei registri immobiliari dell atto di asservimento; che pertanto il ricorrente, previo deposito della relativa delibera del Consiglio dei ministri in data 23 aprile 2009, ha rinunziato al ricorso. Considerato che, in mancanza di costituzione in giudizio della intimata, la rinunzia al ricorso comporta, ai sensi dell art. 25 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l estinzione del processo ( ex plurimis : ordinanze n. 48 del 2009, n. 313 del 2007, n. 418 del 2006). P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara estinto il processo. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: CRISCULO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 20 novembre Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C

62 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. N. 305 Ordinanza novembre 2009 Impresa e imprenditore - Misure di sostegno volte a consentire il mantenimento dei livelli di competitività nei settori dell agricoltura, della pesca professionale e dell autotrasporto - Previsione di apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e l Agenzia nazionale per l attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, da approvarsi con decreto ministeriale - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Lamentato mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni sul decreto che approva la convenzione - Sopravvenuta espressa abrogazione della disposizione censurata, medio tempore non applicata - Cessazione della materia del contendere. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 9, comma 3. Costituzione, artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma. composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 9, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi Visto l atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell udienza pubblica del 21 ottobre 2009 il giudice relatore Luigi Mazzella; Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna e l avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che, con ricorso depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008, la Regione Emilia-Romagna ha sollevato, tra l altro, questione di legittimità costituzionale dell art. 9, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: che, espone la Regione ricorrente, l art. 9 di tale disposizione, intitolato «Sterilizzazione dell IVA sugli aumenti petroliferi», stabilisce che, «per fronteggiare la grave crisi dei settori dell agricoltura, della pesca professionale e dell autotrasporto conseguente all aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento e fino al 31 dicembre 2008, l Agenzia nazionale per l attrazione degli investimenti e lo sviluppo d impresa S.p.A. provvede con proprie risorse, nell ambito dei compiti istituzionali, alle opportune misure di sostegno volte a consentire il mantenimento dei livelli di competitività, previa apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e l Agenzia»; che, riferisce la Regione, nel comma 3 si dispone che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze, sentiti i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole alimentari e forestali è approvata la convenzione di cui al comma 2, che definisce altresì le modalità e le risorse per l attuazione delle misure di cui al presente articolo»; che tale disciplina, secondo la Regione, inciderebbe su materie di competenza regionale piena (pesca, agricoltura e trasporti: art. 117, quarto comma, Cost.), in quanto l accentramento di attribuzioni regionali, come quelli operati 62

63 dall art. 7, comma 2, e dall art. 8, comma 3, ultimo periodo, si potrebbe giustificare in virtù del principio di sussidiarietà, di cui all art. 118, Cost., ma in questi casi sarebbe stato necessario prevedere l intesa con le Regioni; che, dunque, secondo la ricorrente, il comma 3 sarebbe illegittimo, per violazione del principio di leale collaborazione, là dove non prevede il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni sul decreto che approva la convenzione; che, con memoria di costituzione, la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata la disposizione censurata nelle more abrogata dall art. 2, comma 2, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162 (Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell autotrasporto, dell agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, e non risultando alla Presidenza che la disposizione abrogata abbia avuto applicazione. Considerato che la Regione Emilia-Romagna dubita della legittimità costituzionale dell art. 9, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; che, successivamente alla proposizione del ricorso, è entrato in vigore l art. 2, comma 2, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162 (Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell autotrasporto, dell agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, che ha espressamente abrogato la disposizione censurata; che, proprio in considerazione dell intervenuta abrogazione della norma censurata, la Regione ricorrente, pur non avendo rinunciato al ricorso, ha chiesto che sia dichiarata cessata la materia del contendere; che la Regione ricorrente ha anche dato atto che la norma impugnata non ha avuto medio tempore applicazione; che, pertanto, il suindicato intervento normativo può ritenersi satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso; che, quindi, in conformità con la giurisprudenza di questa Corte ( ex plurimis, ordinanze n. 345 del 2006, n. 477 del 2005 e n. 428 del 2005), deve dichiararsi cessata la materia del contendere. P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riservate a separate decisioni le restanti questioni di legittimità costituzionale sollevate con il ricorso in epigrafe, Dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell art. 9, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sollevata, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: MAZZELLA Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C

64 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. N. 306 Ordinanza novembre 2009 Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare i dati del conducente non identificato al momento dell infrazione - Denunciata irragionevolezza nonché violazione del diritto di difesa e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Difetto di motivazione sulla rilevanza per carente descrizione della fattispecie - Manifesta inammissibilità della questione. Codice della strada, art bis, comma 2, modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), art. 2, comma 164. Costituzione, artt. 3, 24 e 97. Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare i dati del conducente non identificato al momento dell infrazione. Previsione di sanzione amministrativa in caso di inottemperanza non dovuta a giustificato e documentato motivo - Denunciata irragionevolezza nonché violazione del diritto di difesa e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione. Codice della strada, art bis, comma 2, modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2 (convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), comma 164. Costituzione, artt. 3, 24 e 97. composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall art. 2, comma 164, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, promosso dal Giudice di pace di Torino nel procedimento vertente tra C.R. ed il Comune di Torino con ordinanza del 12 gennaio 2009, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, 1ª serie speciale, dell anno Visto l atto d intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 4 novembre 2009 il giudice relatore Alfonso Quaranta. Ritenuto che il Giudice di pace di Torino ha sollevato in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione questioni di legittimità costituzionale dell art bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall art. 2, comma 164, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286; che il giudice remittente premette di essere investito dell opposizione proposta dalla proprietaria di un autoveicolo avverso il verbale con il quale le veniva contestata in forza della disposizione censurata l omessa comunicazione dei dati personali e della patente del conducente, resosi precedentemente responsabile dell infrazione stradale sanzionata dall art. 142 del medesimo codice della strada (Eccesso di velocità) e non identificato al momento della commessa violazione; 64

65 che il giudice a quo, sempre in punto di fatto, deduce che la ricorrente essendole stato notificato, in data 19 marzo 2008, il verbale relativo alla pregressa violazione dell art. 142 del codice della strada, accertata a carico del veicolo di sua proprietà oltre ad impugnare tale verbale (radicando un primo giudizio, diverso rispetto a quello principale) forniva, con comunicazione inviata il 16 maggio 2008 a mezzo lettera raccomandata, «dichiarazione di impossibilità di risalire all effettivo trasgressore»; che, secondo il Giudice di pace di Torino, il predetto art bis, comma 2, «nella sua attuale formulazione letterale» e «per come viene interpretato dalla Corte di cassazione», non gli consentirebbe «di aderire alla richiesta di annullamento» del secondo verbale, avanzata nel giudizio principale dalla proprietaria della vettura; che tale richiesta, infatti, risulta fondata sul fatto che la ricorrente, da un lato, «ha dichiarato di non essere in grado di risalire al guidatore dell auto al momento della violazione» e, dall altro, che «il verbale per la mancata comunicazione dei dati del guidatore le è stato notificato quando il primo accertamento» quello, cioè, relativo alla violazione dell art. 142 del codice della strada «non era ancora divenuto definitivo»; che in relazione al primo dei due profili, il giudice remittente richiama, innanzitutto, le vicende normative che hanno interessato la censurata disposizione; che il testo originario dell art bis, comma 2, del codice della strada introdotto dall art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85) stabiliva che l organo accertatore della violazione comportante la perdita di punteggio dovesse dare notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione, all anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, «solo se la persona del conducente, quale responsabile della violazione», fosse stata «identificata inequivocabilmente»; che, per contro, a seguito dell avvenuta modifica della norma censurata (compiuta dall art. 7, comma 3, lettera b, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, recante «Modifiche ed integrazioni al codice della strada», convertito, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 1 agosto 2003, n. 214) era posta a carico del proprietario del veicolo, che non avesse provveduto a comunicare i dati personali e della patente del conducente non identificato al momento della commessa violazione, addirittura la sanzione personale della decurtazione del punteggio dalla patente di guida, oltre quella pecuniaria prevista dall art. 180, comma 8, del codice della strada; che, richiamata, altresì, la sentenza n. 27 del 2005 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale di tale novellata formulazione dell art bis, comma 2, del codice della strada (proprio nella parte in cui poneva a carico di un soggetto diverso dall effettivo trasgressore la suddetta sanzione personale), il giudice a quo rammenta le ulteriori vicende che hanno interessato la censurata disposizione; che per effetto dell ulteriore modifica apportata dall art. 2, comma 164, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), comma aggiunto dalla relativa legge di conversione, 24 novembre 2006, n. 286 a carico del proprietario del veicolo, il quale non comunichi, entro sessanta giorni dalla richiesta, i dati personali e della patente del conducente non identificato al momento della commessa violazione, si applica la (sola) «sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000», sempre che tale omissione sia posta in essere «senza giustificato e documentato motivo»; che, tanto premesso, il Giudice di pace di Torino sottolinea come la Corte costituzionale nell interpretazione dell art bis, comma 2, del codice della strada abbia ritenuto impossibile «un opzione ermeneutica» che pervenga «alla conclusione di equiparare ogni ipotesi di omessa comunicazione dei dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione», giacché essa «presenterebbe una dubbia compatibilità con l art. 24 Cost.», in quanto, «non consentendo in alcun modo all interessato di sottrarsi all applicazione della sanzione pecuniaria, si risolverebbe nella previsione di una presunzione iuris et de iure di responsabilità» (ordinanza n. 434 del 2007); che non in linea, tuttavia, con quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale si porrebbe, a dire del remittente, l interpretazione fatta propria dalla Corte di cassazione; che, difatti, tanto dal testo dell art bis, comma 2, del codice della strada considerato sia «il suo tenore letterale», che «la sua chiara ratio giustificatrice, rappresentata dall obiettivo di individuare e quindi sanzionare il trasgressore della violazione» emerge, secondo la giurisprudenza di legittimità, che l obbligo in parola può considerarsi assolto soltanto con la comunicazione completa delle informazioni richieste, essendo, per contro, «del tutto priva di pregio» l argomentazione secondo cui il proprietario avrebbe «comunque ottemperato all obbligo di comunicazione mediante la dichiarazione di non essere in grado di indicare i dati del conducente» (Corte di cassazione, sezione II civile, n del 31 gennaio 2008); 65

66 che su tali basi, quindi, il remittente assume un primo profilo di illegittimità costituzionale, «per quanto riguarda la rigida interpretazione della scriminante del «giustificato e documentato motivo», secondo la Cassazione mai sussistente»; che il giudice a quo ipotizza, poi, un secondo profilo di illegittimità della disposizione censurata, derivante dal fatto che la stessa avuto riguardo, ancora una volta, tanto alla sua formulazione letterale, quanto all interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità prevede che l omessa comunicazione dei dati personali e della patente del conducente sia sanzionata prima della (e a prescindere dalla) definitività dell accertamento della violazione riscontrata a carico dello stesso; che, infatti, in base al tenore letterale della norma, soltanto la comunicazione «all anagrafe nazionale degli abilitati alla guida» comunicazione avente ad oggetto l avvenuta decurtazione del punteggio da parte dell organo «da cui dipende l agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio» deve avvenire non prima che siano trascorsi «trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata», evenienza (questa consistente nella definizione della contestazione) a propria volta ipotizzabile «quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»; che, viceversa, il proprietario del veicolo non deve attendere «trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata», essendo egli tenuto a comunicare «i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione» già «entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione» della medesima violazione; che, inoltre, la chiara lettera della legge osserva ancora il remittente ha trovato ulteriore riscontro nell interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, muovendo dal presupposto secondo cui al proprietario del veicolo «non è riconoscibile alcun potere dispositivo delle informazioni in suo possesso», né alcuna «facoltà d indagare sulla vicenda nella quale sia stato ravvisato l illecito presupposto e di tenere comportamenti consequenziali», ha affermato che «sulla configurabilità dell illecito da omessa comunicazione obbligatoria» deve ritenersi «del tutto ininfluente la pendenza del giudizio in ordine alla legittimità dell accertamento e della contestazione dell illecito presupposto e/o del procedimento d irrogazione delle relative sanzioni, amministrative e, se del caso, penali» (Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza n del 30 maggio 2007); che tale sistema, tuttavia, appare al remittente inficiato da irragionevolezza e non in linea con quanto affermato, seppure incidentalmente, da questa Corte con la già citata sentenza n. 27 del 2005; che essa, infatti, nel pronunciarsi su di un preteso profilo di illegittimità costituzionale del comma 2 dell art bis del codice della strada (nel testo modificato dal già citato art. 7, comma 3, lettera b, del decreto-legge n. 151 del 2003, convertito nella legge n. 214 del 2003), derivante dal fatto che la norma, in quella sua formulazione, avrebbe determinato la «necessità per il proprietario del veicolo di autodenunciarsi» e di subire, così, la decurtazione dei punti dalla propria patente di guida quantomeno per evitare l irrogazione della sanzione pecuniaria, ha osservato come «il dubbio di costituzionalità sollevato dai rimettenti» costituisse il risultato «di una inesatta esegesi del dato normativo»; che, secondo la Corte, come rammenta l odierno remittente, «la disposizione impugnata espressamente stabilisce che la comunicazione all anagrafe nazionale degli abilitati alla guida dell avvenuta perdita del punteggio dalla patente (e cioè l adempimento che ha come presupposto, nel caso di mancata identificazione del conducente responsabile della violazione, proprio l avvenuta inutile richiesta al proprietario del veicolo di fornire i dati personali e della patente del predetto conducente)» deve avvenire «entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata», definizione che presuppone, a sua volta, che «siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi», ovvero che «siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»; che, oltre a contrastare con quanto affermato dalla Corte, il sistema delineato dalla norma censurata sarebbe secondo il giudice remittente anche affetto da un vizio di irragionevolezza «rilevante ex artt. 3 e 97 Cost.», ove si abbia riguardo alla «completa inutilità, per l amministrazione, di tale anticipata comunicazione qualora la sanzione accessoria della decurtazione dei punti sulla patente divenga inapplicabile in conseguenza dell annullamento del verbale di accertamento da parte del Prefetto o del Giudice di pace»; che in contrasto, poi, «con i principi di buona amministrazione» si rivelerebbe sempre secondo il remittente «l ulteriore attività di accertamento svolta in capo all effettivo trasgressore»; che tale ulteriore attività, resa possibile dall avvenuta comunicazione del nominativo del conducente all autorità procedente, da parte del proprietario del veicolo in ottemperanza alla richiesta rivoltagli ex art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, può portare ad una «eventuale duplicazione dei ricorsi», con l effetto, «in caso di accertata illegittimità della originaria contestazione», di una possibile «duplicazione di spese legali per l amministrazione stessa», senza tacere «della violazione dei principi in materia di giusto processo», stante «l aumentato numero dei ricorsi inutili»; 66

67 che, in forza di tali rilievi, il Giudice di pace di Torino ha chiesto dichiararsi l illegittimità costituzionale del censurato comma 2 dell art bis «secondo la lettera della norma e l interpretazione fornita dalla Cassazione», e ciò «sia con riferimento all obbligo di comunicazione del nominativo del conducente prima (e a prescindere) della intervenuta definitività dell accertamento della violazione, sia per quanto riguarda la rigida interpretazione della scriminante del giustificato e documentato motivo, secondo la Cassazione mai sussistente»; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili o, in subordine, non fondate; che in relazione, difatti, alla questione che investe la disciplina del «giustificato e documentato motivo», idoneo ad escludere la responsabilità per l omessa comunicazione prevista dal censurato comma 2 dell art bis del codice della strada, la difesa statale rileva come questa Corte con la sentenza n. 165 del 2008 abbia respinto analoga questione sollevata da altro remittente; che in quella occasione, in particolare, è stato osservato come il giudice a quo «non avesse attribuito il dovuto rilievo alla circostanza che agli illeciti amministrativi contemplati dal codice della strada si applica la disciplina generale dell illecito depenalizzato di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il cui art. 3, nel subordinare la responsabilità all esistenza di un azione od omissione che sia cosciente e volontaria, ha inteso, appunto, prevedere il caso fortuito o la forza maggiore quali circostanze idonee ad esonerare l agente da responsabilità»; che non in contrasto con tali principi si porrebbe secondo l Avvocatura generale dello Stato l interpretazione della norma censurata proposta dalla giurisprudenza di legittimità; che essa, infatti, ha affermato che il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è «tenuto sempre a conoscere l identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell eventuale incapacità d identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull affidamento, in guisa da essere in grado d adempiere al dovere di comunicare l identità del conducente» (è citata la sentenza della Corte di cassazione, sezione II civile, n del 15 maggio 2007); che tanto premesso, le sentenze richiamate dal giudice remittente osserva ancora l Avvocatura generale dello Stato «si limitano a chiarire che l obbligo di comunicazione di cui all art bis non può ritenersi assolto con la mera dichiarazione del proprietario di non essere in grado di indicare i dati del conducente, in quanto l obbligo di comunicazione è strumentale alla soddisfazione di un interesse, la repressione delle infrazioni stradali, che è strettamente collegato alla tutela dell ordine e della sicurezza pubblica e giustifica il rigore con cui è stata disciplinata la prova idonea ad esonerare da responsabilità il proprietario»; che, per contro, conclude sul punto la difesa statale, il «compito di verificare l esimente della responsabilità omissiva a carico del proprietario del veicolo è esercitato dal Giudice di pace nel momento in cui il primo proponga ricorso, sostenendo l ingiusta valutazione da parte dell autorità verbalizzante del motivo addotto a giustificazione dell impossibilità di fornire i dati del conducente»; tale giudizio, in quanto attiene al merito della vicenda, è «come tale incensurabile in sede di legittimità»; che, quanto, invece, alla seconda questione, ovvero a quella che attiene alla previsione di un «obbligo di comunicazione del nominativo del conducente prima e a prescindersi dall intervenuta definitività dell accertamento della violazione», l Avvocatura generale dello Stato richiama la sentenza di questa Corte n. 27 del 2005; che tale sentenza, «pur non affrontando ex professo il tema» (concernendo la norma in esame in una formulazione anteriore a quella vigente ed applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio principale), ha affermato - osserva sempre la difesa statale che «in nessun caso il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l annullamento del verbale di contestazione dell infrazione», dovendosi la contestazione ritenere «definita» «quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»; che, pertanto, secondo l Avvocatura generale dello Stato, nel sistema delineato dal codice della strada, «l applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti è l effetto della definitività dell accertamento, sicché il proprietario potrà adempiere all obbligo di comunicazione dei dati nel termine di sessanta giorni dalla notifica del verbale, ossia a seguito dell inutile decorso del termine utile per il ricorso, senza che questo venga proposto, sia entro il termine di sessanta giorni dalla conoscenza del rigetto del ricorso, eventualmente proposto», ciò che palesa la manifesta infondatezza dei «profili di irrazionalità ravvisati dal giudice remittente». 67

68 Considerato che il Giudice di pace di Torino ha sollevato in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione questioni di legittimità costituzionale dell art bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall art. 2, comma 164, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286; che il remittente premette di essere chiamato ad esaminare l opposizione proposta, ai sensi dell art bis del codice della strada, avverso il verbale con il quale a norma dell art bis, comma 2, del medesimo codice è stata inflitta alla proprietaria di un autovettura (veicolo a carico del quale era stata in precedenza accertata l infrazione stradale dell eccesso di velocità, ex art. 142 del codice della strada, senza però l immediata identificazione del suo autore) la sanzione pecuniaria prevista per non avere la stessa comunicato «i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione»; che nella specie il giudice a quo esclude di poter «aderire alla richiesta di annullamento» del verbale, avanzata dalla ricorrente nel giudizio principale; che a suo dire osterebbe a tale esito, in primo luogo, la circostanza che la ricorrente «ha dichiarato di non essere in grado di risalire al guidatore dell auto al momento della violazione», rendendo, così, una dichiarazione «negativa», come tale non idonea (secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità) ad evitare l irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dal citato comma 2 dell art bis del codice della strada; che, in secondo luogo, ulteriore impedimento all accoglimento della domanda di annullamento proposta dalla ricorrente deriverebbe dal fatto che «il verbale per la mancata comunicazione dei dati del guidatore le è stato notificato quando il primo accertamento» quello, cioè, relativo alla violazione dell art. 142 del codice della strada «non era ancora divenuto definitivo», essendo stato dalla stessa già impugnato nella sua qualità di responsabile «in solido» per il pagamento della sanzione pecuniaria; che, tanto premesso, il remittente censura il comma 2 dell art bis del codice della strada sotto un duplice profilo; che se ne assume, difatti, l illegittimità costituzionale innanzitutto nella parte in cui esso fa «riferimento all obbligo di comunicazione del nominativo del conducente» prima della (e a prescindere dalla) «intervenuta definitività dell accertamento della violazione» in relazione alla quale è stata richiesta, alla proprietaria del veicolo, la prescritta comunicazione; che si contesta, inoltre, la norma anche «per quanto riguarda la rigida interpretazione della scriminante del giustificato e documentato motivo» (che esclude l applicazione della sanzione), giacché essa «secondo la Cassazione» dovrebbe, di fatto, ritenersi «mai sussistente»; che le due questioni risultano, rispettivamente, la prima manifestamente inammissibile e la seconda manifestamente infondata; che, infatti, l affermazione del remittente relativa ad un preteso contrasto tra la giurisprudenza di questa Corte e quella di legittimità in ordine al significato da attribuire al «giustificato e documentato motivo» di cui alla norma censurata appare frutto di un erroneo presupposto interpretativo; che, difatti, i due indirizzi ermeneutici posti a confronto dal Giudice remittente si riferiscono all applicazione del comma 2 dell art bis del codice della strada in un testo del quale egli, ratione temporis, non deve fare applicazione per decidere la fattispecie oggetto del giudizio principale; che tali indirizzi, infatti, si riferiscono alla norma censurata come modificata dall art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 1 agosto 2003, n. 214; che il remittente, invece, è chiamato a fare applicazione del testo della norma de qua come ulteriormente modificato tra l altro sulla scorta di quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 27 del 2005 e con l ordinanza n. 244 del 2006 dall art. 2, comma 164, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), comma aggiunto dalla relativa legge di conversione, 24 novembre 2006, n. 286; che, pertanto, nella presente ipotesi deve affermarsi «che il ricordato orientamento giurisprudenziale è incongruamente evocato, essendo sorto sulla base di una legislazione precedente a quella ora in esame», donde la manifesta infondatezza della questione sollevata (ordinanza n. 254 del 2008); che, in ogni caso, l esito della declaratoria di manifesta infondatezza della prima questione, relativa al significato da attribuire al «giustificato e documentato motivo» di cui alla norma censurata, si impone anche per l ulteriore ragione che il remittente ha ignorato quanto affermato da questa Corte proprio con riferimento al significato da attribuire al testo della norma del quale egli deve fare, invece, applicazione; 68

69 che è stato, infatti, chiarito come non sia «corretto affermare che la disposizione in contestazione costringe i soggetti tenuti alla comunicazione a doversi procurare ex post e per iscritto la prova dell esimente, giacché l onere di documentazione, su di essi gravante, non investe l impossibilità di comunicare, bensì semplicemente ( ) quelle circostanze idonee a rivelare la non esigibilità, nel caso di specie, dell obbligo di trasmissione dei dati» (ordinanza n. 424 del 2008); che, quindi, nulla impedisce al Giudice remittente per concludere sul punto di verificare se la ricorrente abbia adeguatamente documentato, nel rendere la sua dichiarazione «negativa», e dunque affermando «di non essere in grado di risalire al guidatore dell auto al momento della violazione», l esistenza di quelle circostanze suscettibili di rivelare la inesigibilità di una comunicazione avente un diverso (e «positivo») contenuto; che le considerazioni appena svolte, peraltro, condizionano anche l esito della seconda questione sollevata; che, una volta esclusa l esistenza di un impedimento a carico del giudice a quo nella definizione del giudizio principale in senso favorevole alla ricorrente, non si comprende in quale misura egli sarebbe impossibilitato ad «aderire alla richiesta di annullamento», e ciò a causa della ulteriore circostanza che la sua decisione deve essere adottata prima della (e a prescindere dalla) «intervenuta definitività dell accertamento della violazione» in relazione alla quale era stata richiesta, alla proprietaria del veicolo, la comunicazione prescritta dall art bis, comma 2, del codice della strada; che, sotto questo profilo, dunque, deve concludersi che la mancata illustrazione, da parte del rimettente, delle pretese ragioni che conferiscono carattere «pregiudiziale» al primo giudizio radicato dalla parte opponente (quello avente ad oggetto l annullamento del verbale di accertamento dell infrazione stradale ex art. 142 del codice della strada), rispetto a quello principale, si risolve in una carenza di descrizione della fattispecie e, di riflesso, in un difetto di motivazione sulla rilevanza della seconda questione sollevata, donde la sua manifesta inammissibilità (in tal senso, da ultimo, ordinanze n. 219 e n. 157 del 2009); che tale esito, vieppiù, si impone ove si consideri che il primo degli argomenti dedotti a sostegno di questa ulteriore questione il solo che appare in astratto conferente (giacché l altro si riferisce, chiaramente, ad un ipotesi diversa da quella oggetto del giudizio principale, non riguardando l impugnativa della sanzione pecuniaria comminata ai sensi del comma 2 dell art bis ) costituisce il risultato, anche in questo caso, di un erronea interpretazione effettuata dal remittente; che, infatti, il giudice a quo nell assumere la «completa inutilità, per l amministrazione, di tale anticipata comunicazione» (prevista dalla norma censurata), allorché «la sanzione accessoria della decurtazione dei punti sulla patente divenga inapplicabile in conseguenza dell annullamento del verbale di accertamento da parte del Prefetto o del Giudice di pace» ravvisa, impropriamente, una generalizzata connessione tra gli esiti, da un lato, di tali procedimenti e quello, dall altro, del giudizio avente ad oggetto l annullamento della sanzione pecuniaria comminata ai sensi del comma 2 dell art bis del codice della strada; che, per contro, la constatazione che tale norma specie dopo gli interventi legislativi resi necessari dalla sua parziale declaratoria di illegittimità costituzionale (sentenza n. 27 del 2005) ha inteso sanzionare un autonoma infrazione, e cioè l omissione della collaborazione che il cittadino deve prestare all autorità preposta alla vigilanza sulla circolazione stradale, smentisce l assunto del remittente, inducendo a circoscrivere le ipotesi nelle quali senz altro ricorre un nesso di pregiudizialità tra quei procedimenti ed un giudizio del tipo di quello principale; che, difatti, tale evenienza è ravvisabile soltanto quando venga dedotta una circostanza quale, esemplificativamente, l avvenuto uso del veicolo contro la volontà del proprietario ovvero l errore nell identificazione del numero di targa idonea ex se ad integrare quel «documentato e giustificato motivo» al quale dà espresso rilievo l art bis, comma 2, del codice della strada; che, pertanto, l erroneità, sotto questo profilo, del presupposto interpretativo da cui muove il remittente rafforza quanto già rilevato circa la carente descrizione della fattispecie in un punto determinante ai fini dell apprezzamento della rilevanza e comporta la manifesta inammissibilità della questione sollevata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 69

70 P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell art bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), modificato dall art. 2, comma 164, del decretolegge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione dal Giudice di pace di Torino con l ordinanza indicata in epigrafe; Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art bis, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, modificato dall art. 2, comma 164, del decreto-legge n. 262 del 2006, convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, comma 1, della legge n. 286 del 2006, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione dal Giudice di pace di Torino con l ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: DE SIERVO Il redattore: QUARANTA Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0731 N. 307 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Sentenza novembre 2009 Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Sopravvenuta abrogazione e sostituzione non retroattiva delle disposizioni impugnate (in precedenza, concretamente applicate) - Perdurante interesse del ricorrente all impugnazione, limitatamente al periodo di vigenza delle disposizioni stesse. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Deposito di documenti nel corso dell udienza pubblica da parte della difesa del ricorrente - Opposizione della Regione resistente per tardività - Inammissibilità della produzione documentale. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Errore materiale nell indicazione della disposizione impugnata - Assenza di dubbi in ordine alla sua identificazione - Rigetto dell eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale. 70

71 Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale per asserita incertezza ed oscurità del petitum - Reiezione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico, nonché obbligo di affidamento di quest ultimo unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale per asserita aberratio ictus - Reiezione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, commi 1 e 4, come sostituiti dall art. 2 ( recte : 4), comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p), e 119; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176. Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di separazione tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico - Contrasto con il divieto di separazione non coordinata, posto dalla disciplina statale di settore e riconducibile alla competenza statale esclusiva in materia di funzioni fondamentali dei comuni - Illegittimità costituzionale - Assorbimento di ogni ulteriore questione relativa alla medesima disposizione regionale. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, comma 1, come sostituito dall art. 4, comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. p) ; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 (Costituzione, art. 119). Acque e acquedotti - Norme della Regione Lombardia - Servizio idrico integrato - Obbligo di affidamento del servizio di erogazione idrica unicamente mediante gara pubblica - Ricorso dello Stato - Denunciata lesione della potestà statale esclusiva Stato in materia di tutela della concorrenza nonché in materia di funzioni fondamentali degli enti locali - Inconferenza del richiamo a quest ultima materia - Possibilità per le Regioni di tutelare, come nella specie, la concorrenza più intensamente rispetto alle norme statali - Disposizioni regionali emanate nell esercizio della competenza residuale regionale relativa ai «servizi pubblici locali» - Non fondatezza della questione. Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 49, comma 4, come sostituito dall art. 4, comma 1, lett. p) della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18. Costituzione, artt. 114, 117, comma secondo, lett. e) e p) ; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 148, comma 5. composta dai signori: Presidente : Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente 71

72 S ENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 49, commi 1 e 4, della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 10 ottobre 2006, depositato in cancelleria il 17 ottobre 2006 ed iscritto al n. 106 del registro ricorsi Visto l atto di costituzione della Regione Lombardia; Udito nell udienza pubblica del 22 settembre 2009 il giudice relatore Paolo Maddalena; Udito l avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri e l avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia. Ritenuto in fatto 1. Con ricorso notificato il 10 ottobre 2006, depositato il successivo 17 ottobre e iscritto al n. 106 del registro ricorsi dell anno 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell art. 49, commi 1 e 4, della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito dall art. 2 [ recte 4], comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»). 2. Il comma 1 dell articolo 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo risultante dall impugnata legge di modifica, dispone che «l Autorità organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando obbligatoriamente l attività di gestione delle reti dall attività di erogazione dei servizi. Tale obbligo di separazione non si applica all Autorità dell ambito della città di Milano, che organizza il servizio secondo modalità gestionali indicate dall articolo 2» La difesa erariale ritiene che la previsione della obbligatoria separazione dell attività di gestione delle reti da quella di erogazione dei servizi sia in contrasto con gli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), e 119 della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali di cui all art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali) ed agli artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) La difesa erariale ricostruisce il quadro normativo, rilevando che, ai sensi dell art. 141 del d.lgs. n. 152 del 2006, il servizio idrico integrato è disciplinato da norme statali per quanto concerne la tutela dell ambiente e della concorrenza, nonché la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di servizio idrico integrato e le relative funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane. L Avvocatura richiama, tra gli altri, l art. 153 del medesimo decreto legislativo, in base al quale «le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell art. 143 sono affidate in concessione d uso gratuita, per la durata della gestione, al gestore del servizio integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare». Per la difesa erariale tale disposizione comproverebbe il principio della unità della gestione delle reti e del servizio idrico. Unità che, per l Avvocatura, sarebbe «di fondamentale importanza, in quanto l obbligo, a carico del gestore, della manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti» sarebbe «posto a tutela della qualità della risorsa idrica fornita e quindi della salute pubblica oltre che di ciascun utente, prevenendo qualsiasi ipotesi di trasferimento della relativa responsabilità dal soggetto obbligato alla manutenzione all ente proprietario della rete» La separazione della rete dalla gestione del servizio risulterebbe anche lesiva dell autonomia dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, quale riconosciuta dagli artt. 114 e 117, ed, in specie, violerebbe l art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, secondo il quale rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali. 72

73 A tale ambito sarebbero da ricondurre, per il ricorrente, i servizi pubblici locali di acquedotto, fognatura e depurazione, le cui modalità di gestione e di affidamento, disciplinate dall art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, sono qualificate come inderogabili ed integrative delle discipline di settore. La difesa erariale richiama, poi, l art. 176 del d.lgs. n. 152 del 2006 e sostiene che, in base a tale disposizione, la disciplina (già contenuta nella legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante Disposizioni in materia di risorse idriche) e poi trasfusa negli artt. da 141 a 176 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, detterebbe principi fondamentali della materia, ai sensi dell art. 117, terzo comma, della Costituzione. Il ricorrente richiama, inoltre, il disposto dell art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006, rimarcando come esso estenda la categoria dei beni demaniali degli enti locali territoriali rafforzandone la destinazione ad usi di pubblico interesse. In questo contesto, per l Avvocatura, la disciplina impugnata lederebbe la stessa autonomia patrimoniale dell ente territoriale (art. 119 della Costituzione), al quale dovrebbe comunque residuare la titolarità dei beni demaniali in questione. All autorità di ambito spetterebbero, infatti, solo la tutela di questi beni, nonché le funzioni relative all organizzazione, all affidamento ed al controllo della gestione del servizio idrico integrato. Mentre in capo al soggetto gestore del servizio di erogazione graverebbe l obbligo di restituzione, alla scadenza dell affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, essendo esso tenuto alla manutenzione ordinaria (art. 151, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006) e straordinaria (art. 151, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006) La separazione della gestione della rete dall erogazione del servizio lederebbe, altresì, sempre nella prospettazione del ricorrente, il «diritto potestativo» di gestione diretta (o tramite una società a capitale interamente pubblico) del servizio idrico integrato riconosciuto ai comuni con popolazione fino a mille abitanti dall art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del «Diritto» che risulterebbe, di contro (ed irragionevolmente), riconosciuto alla sola città capoluogo L altra norma impugnata e cioè il comma 4 dell art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo risultante dall impugnata legge di modifica, prevede che «l affidamento dell erogazione, così come definita dall art. 2, comma 5, avviene con le modalità di cui alla lettera a) del comma 5 dell art. 113 del d.lgs. n. 267/2000. Nel caso di cui all art. 47, comma 2, le Autorità possono procedere ad affidamenti congiunti per gli interambiti» Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la disposizione, nello stabilire che l affidamento del servizio di erogazione possa avvenire solo con la modalità della gara pubblica, prevista dalla lettera a) del comma 5 dell art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, escludendo, pertanto, che possa avvenire anche secondo le modalità della società a capitale misto pubblico-privato ovvero della società a capitale interamente pubblico, previste dalle lettere b) e c) del medesimo comma 5, violerebbe la disciplina dettata dallo Stato, nell esercizio della sua competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione). La disposizione regionale, per l Avvocatura, sarebbe pure in contrasto con la disciplina di settore, recata dal d.lgs. n. 152 del 2006, tanto nella parte in cui questa (art. 150, comma 2) prevede che l autorità di ambito aggiudica la gestione del servizio idrico mediante gara in conformità ai criteri di cui all art. 113, comma 5, lettere a), b) e c), del d.lgs. n. 267 del 2000, quanto nella parte in cui questa (art. 148, comma 5) riconosce ai comuni di popolazione fino a mille abitanti, ricadenti in comunità montane, la facoltà di scegliere la gestione diretta del servizio. Complessivamente, la limitazione delle modalità di affidamento del servizio idrico integrato alla sola procedura di gara pubblica sarebbe, per l Avvocatura, lesiva dell autonomia degli enti locali ed eccederebbe dalla competenza legislativa regionale, finendo per incidere sulla competenza esclusiva statale in materia di funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, di cui all art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. 3. La Regione Lombardia si è costituita, eccependo l inammissibilità e l infondatezza del ricorso. Dopo una ampia ricostruzione della disciplina normativa di riferimento e dopo il richiamo dei principi affermati dalle sentenze n. 29 del 2006 e n. 272 del 2004 della Corte costituzionale, in materia di servizi pubblici locali, la Regione individua, anzitutto, tre distinti profili di inammissibilità del ricorso Per la difesa regionale un primo profilo di inammissibilità consisterebbe nella erronea indicazione della norma impugnata. L art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, i cui commi 1 e 4 sono oggetto del ricorso statale, è stato, infatti, interamente sostituito dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia n. 18 del 2006 e non, come erroneamente indicato dalla difesa erariale, dall art. 2 della stessa legge. 73

74 Un secondo profilo di inammissibilità, per la Regione, discenderebbe dal carattere incerto e oscuro del petitum del ricorso, nel quale sarebbero indicati in modo confuso disposizioni regionali o statali di settore e parametri costituzionali, senza una chiara individuazione dei motivi di censura Un terzo profilo di inammissibilità discenderebbe, infine, dalla palese aberratio ictus del ricorso. Per la Regione il fine del ricorso sarebbe, infatti, non tanto quello di censurare la separazione tra la gestione delle reti e l attività di erogazione del servizio, quanto quello di contestare l affidamento della gestione delle reti agli enti locali e/o alle società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile. Sennonché tali previsioni sarebbero contenute non negli impugnati commi 1 e 4 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, bensì nei commi 2 e 3 del medesimo articolo (nonché nell ivi richiamato art. 2, comma 1, della stessa legge) ovvero in disposizioni non fatte oggetto di censura Nel merito la Regione contesta, anzitutto, la fondatezza della censura riferita al comma 1 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, come novellato, sostenendo che non sussisterebbe nel d.lgs. n. 152 del 2006 alcuna norma che vieti la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio. Per la difesa regionale tale principio non sarebbe infatti enucleabile né dall art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, invocato dall Avvocatura dello Stato, né dalle altre disposizioni pure richiamate dalla difesa erariale (artt. 147, comma 2, lettera b), 148, comma 5, 149, comma 5, e 150, comma 1). Per la Regione, da un canto, la separazione della gestione della rete da quella dell erogazione del servizio sarebbe pienamente legittima, in quanto non vietata né espressamente né implicitamente dalla normativa di settore richiamata dall art. 113 del d.lgs. n. 267 del E, dall altro, il diverso principio della unicità territoriale della gestione sarebbe da intendersi come unitarietà della stessa all interno di ciascun ambito ottimale e, pertanto, come necessità di superamento di ogni frammentazione orizzontale tra gestioni all interno dell ambito ottimale La difesa regionale sostiene, poi, che l impugnato art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003 non sarebbe in alcun modo lesivo dell autonomia degli enti locali né eccederebbe la competenza legislativa regionale. Al riguardo, la Regione richiama la sentenza n. 272 del 2004 della Corte costituzionale, per la quale la materia dei servizi pubblici locali rientra nella competenza residuale delle Regioni, di cui all art. 117, quarto comma, della Costituzione La Regione reputa, poi, «incomprensibile» il richiamo delle previsioni degli artt. 143 e 151, comma 2, lettera m), del d.lgs. n. 152 del 2006, riguardanti gli impianti di proprietà degli enti locali e gli obblighi di restituzione degli stessi alla scadenza dell affidamento, effettuato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Tali aspetti della disciplina statale non sarebbero, infatti, né collegati né messi in discussione dalla disposizione impugnata La Regione contesta, inoltre, la lettura dell art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 data dal ricorrente. Per la difesa regionale la previsione, che consente ai comuni con popolazione fino a mille abitanti la gestione diretta (o tramite una società a capitale interamente pubblico) del servizio idrico integrato, non sarebbe una norma di principio vincolante la legislazione regionale, bensì solo una disposizione di dettaglio per la «salvaguardia di gestioni esistenti che abbiano dato prova di operare secondo parametri di efficacia sul piano della qualità e dell economicità dei servizi». «In ogni caso», continua la Regione, «la norma regionale censurata dall Avvocatura dello Stato» non si porrebbe in contrasto con la disposizione statale, dacché «avendo in realtà ad oggetto, la sola Autorità d ambito della città di Milano» non recherebbe una preclusione esplicita di gestione diretta da parte dei piccoli comuni La Regione ritiene, infine, viziata da assoluta genericità ed addirittura «incomprensibile» la censura riferita alla violazione dell art. 119 della Costituzione. «In subordine», afferma la Regione, «se con tale censura si intende contestare l attribuzione da parte della legge regionale, della gestione delle reti agli enti locali e/o alle società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile, tale censura risulta inammissibile per aberratio ictus» In ordine alla censura relativa al comma 4 dell art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, la difesa regionale sostiene che la legislazione statale di settore non imporrebbe affatto tutti e tre i modelli di affidamento astrattamente prefigurati dal comma 5 dell art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, rimettendo, invece, al legislatore regionale la scelta su quale opzione seguire. Peraltro, per la Regione, la previsione contestata sarebbe comunque legittima, in quanto tesa ad introdurre un regime, quello della gara pubblica, più concorrenziale rispetto alla corrispondente norma di legge statale. In proposito la Regione sottolinea la criticità rispetto alla disciplina comunitaria della concorrenza degli istituti dei c.d. affidamenti in house, e rimarca come la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, proprio in ragione del suo carattere funzionale e trasversale, non escluda affatto un intervento normativo regionale, in senso di maggiore concorrenzialità del mercato. 74

75 3.8. La limitazione delle modalità di affidamento della erogazione del servizio idrico integrato alla sola gara pubblica non sarebbe per la Regione neppure lesiva dell autonomia degli enti locali né toccherebbe le loro funzioni fondamentali. Sul punto la Regione richiama nuovamente i principi affermati nella sentenza n. 272 del 2004 della Corte costituzionale e sottolinea come lo stesso art. 151, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, rimetta alle Regioni la definizione di convenzioni tipo, le quali devono prevedere in particolare il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio. 4. Successivamente alla proposizione del ricorso, l art. 8 della legge della Regione Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2007) ha interpretato autenticamente le disposizioni impugnate, prevedendo: al comma 1, che «[l] articolo 49, comma 2, secondo periodo, e comma 3, della l.r. n. 26/2003, è da intendersi nel senso che la società cui spetta l attività di gestione è unica a livello d ambito territoriale ottimale e che, qualora la società non sia anche rappresentativa di almeno i due terzi dei comuni dell ambito, la gestione è affidata o a un unica società a livello d ambito partecipata esclusivamente e direttamente da tutti i comuni, o altri enti locali compresi nell ambito territoriale ottimale, a condizione che gli stessi esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l ente o gli enti locali che la controllano, oppure a un unica impresa a livello d ambito individuata con le modalità di cui al articolo 49, comma 3, lettera b), della l.r. n. 26/2003»; al comma 2, che «[l] articolo 49, comma 4, primo periodo, della l.r. n. 26/2003, si interpreta nel senso che l attività di erogazione del servizio è affidata a un soggetto unico a livello d ambito territoriale ottimale». 5. In prossimità della udienza pubblica del 20 novembre 2007 la Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale, in buona sostanza, ha ribadito le difese già svolte La difesa regionale, inoltre, ha rilevato come, conformemente alle proprie argomentazioni, lo «Schema di decreto legislativo concernente Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale» abbia previsto la sostituzione del termine «unicità della gestione», presente nell art. 147, comma 2, lettera b), con quello di «unitarietà della gestione» La difesa regionale ha, inoltre, eccepito l inammissibilità della censura proposta in riferimento alla violazione dell art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, per mancata indicazione del parametro costituzionale violato La Regione Lombardia ha rilevato, infine, che un intervento normativo analogo a quello da essa realizzato con l introduzione del comma 4 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, come novellato, è stato posto in essere dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale 23 giugno 2005, n. 13 (Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36, «Disposizioni in materia di risorse idriche»), senza che questo desse luogo ad alcuna impugnazione da parte del Governo. 6. Nell udienza del 20 novembre 2007, su richiesta concorde delle parti, è stato disposto il rinvio della trattazione del giudizio, per consentire un tentativo di conciliazione extragiudiziale della controversia ed, in particolare, in ragione di una possibile modifica della legge regionale oggetto del giudizio. 7. Successivamente è stato emanato il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), il quale ha modificato, in parte, le norme del d.lgs. n. 152 del 2006 invocate quali parametri interposti del giudizio. In particolare, il nuovo art. 147, comma 2, lettera b), prevede che le Regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, nel rispetto (non più del principio della unicità, bensì) del principio di unitarietà della gestione e, comunque, del superamento della frammentazione verticale delle gestioni. Analogamente, il nuovo art. 150, comma 1, prevede che l autorità d ambito deliberi la forma di gestione del servizio idrico integrato fra quelle di cui all art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, nel rispetto del piano d ambito e (non più del principio della unicità, bensì) del principio di unitarietà della gestione per ciascun ambito. Mentre l art. 148, comma 5, prevede che, ferma restando la partecipazione obbligatoria all autorità d ambito di tutti gli enti locali, l adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l intero servizio idrico integrato, e previo consenso dell Autorità d ambito competente È stato, poi, emanato l art. 23 -bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha modificato l art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, stabilendo la regola della gara pubblica per l affidamento dei servizi pubblici locali e la graduale eliminazione delle altre forme di affidamento. 75

76 8. In data 28 gennaio 2009 (in prossimità dell udienza pubblica del 10 febbraio 2009, alla quale il giudizio era stato nuovamente rinviato), la resistente Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale dà atto della approvazione (in data 27 gennaio 2009) da parte del Consiglio regionale del progetto di legge regionale presentato dalla Giunta regionale dal titolo «Modifiche alle disposizioni generali e alla disciplina del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche», recante modifiche alle disposizioni impugnate nel presente giudizio. In considerazione della prevista parziale abrogazione e modifica di tali disposizioni la difesa regionale ha chiesto il rinvio della trattazione nel merito del giudizio, «per permettere al Governo un attenta valutazione del testo, al fine di rinunciare al ricorso». Sempre in data 28 gennaio 2009 l Avvocatura generale dello Stato ha depositato una istanza di rinvio, al fine di valutare «alla luce delle nuove norme regionali, nonché del mutato quadro normativo statale di riferimento, se si possa procedere ad una rinuncia del ricorso per cessata materia del contendere». 9. In prossimità dell udienza pubblica del 22 settembre 2009 la Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale evidenzia la sopravvenuta sostituzione delle disposizioni impugnate da parte dell art. 6 della legge regionale 29 gennaio 2009, n. 1 (Modifiche alle disposizioni generali del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche») L art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009, ha sostituito, in effetti, l impugnato comma 1 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, come modificato dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, prevedendo che «[l] Autorità organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando l attività di gestione delle reti dall attività di erogazione dei servizi. In sede di approvazione del piano d ambito, o con successiva modifica, l Autorità può deliberare la non separazione fra gestione ed erogazione ai sensi dell articolo 2, comma 6, in ragione di condizioni di maggior favore che tale scelta comporta a beneficio dell utenza servita. Qualora il piano preveda la non separazione fra gestione delle reti ed erogazione del servizio, allo stesso o alla sua modifica deve essere allegata una relazione che espliciti le condizioni di maggior favore. L affidamento congiunto di gestione ed erogazione è disposto dall Autorità d ambito ad un unico soggetto ai sensi del comma 3 e nel rispetto delle modalità di cui al comma 4 -bis, per un periodo che non può superare i dieci anni. A carico di tale unico soggetto sono posti gli obblighi assegnati al gestore e all erogatore in base alla presente legge e nel rispetto dell articolo 2, comma 6- bis». Lo stesso art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009 ha sostituito, altresì, l impugnato comma 4 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, prevedendo che «[l] erogazione del servizio, così come definita dall articolo 2, comma 5, è affidata, secondo la normativa comunitaria, a un unico soggetto per ambito con le modalità di cui all articolo 23 -bis, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 per un periodo non superiore a dieci anni. Nell ipotesi di cui all articolo 47, comma 2, le Autorità possono procedere ad affidamenti congiunti per gli interambiti. L Autorità, con deliberazione adottata con il voto favorevole dei due terzi dei componenti, può affidare direttamente l erogazione del servizio alla unica società patrimoniale d ambito se presenta le caratteristiche della società di cui al comma 3, lettera a)». Il predetto art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009 aggiunge, poi, dopo il comma 4 dell art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, i commi 4 -bis, 4-ter, 4-quater, secondo i quali: (4-bis ) «[I]l ricorso alle modalità di affidamento diretto della gestione, della erogazione o congiuntamente di entrambe, ai sensi del comma 3, lettera a), è ammesso solo nel rispetto dell articolo 23 -bis, comma 3, legge n. 133/2008. L Autorità d ambito, fermi restando gli obblighi previsti dall articolo 23 -bis, comma 4, legge 133/2008, in caso di ricorso all affidamento diretto è tenuta a dare adeguata pubblicità alla scelta e alla motivazione della decisione, secondo forme e modi stabiliti dalla Giunta regionale e a trasmettere una relazione al Garante dei servizi di cui all articolo 3, motivando la scelta del ricorso all affidamento diretto e alle relative modalità operative per l espressione di un parere sui profili di competenza»; (4-ter ) «[L]a Giunta regionale: a) disciplina la pubblicità della scelta di cui al comma 4 -bis, stabilendone almeno la pubblicazione sull albo pretorio e sul sito informatico dell Autorità d ambito, nonché la pubblicizzazione con ulteriori strumenti informativi, inclusa quella su quotidiani nazionali e regionali; b) precisa i contenuti della relazione di cui al comma 4 -bis, nonché le modalità per la richiesta e l espressione del parere del Garante da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione dell Autorità»; (4-quater ) «[I]l mancato rispetto degli impegni sottoscritti dall erogatore o dal soggetto titolare dell affidamento congiunto di gestione ed erogazione, contenuti nel contratto di servizio, per tre anni consecutivi o per il termine 76

77 inferiore indicato nel contratto di servizio, comporta per l Autorità l obbligo di risolvere il contratto. In caso di accertata inattività dell Autorità la Regione interviene ai sensi dell articolo 13 -bis.» La difesa regionale sostiene che, alla luce delle nuove disposizioni recate dall art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009, sarebbe cessata la materia del contendere del presente giudizio La prevista facoltatività (in luogo della anteriormente prevista obbligatorietà) della separazione tra la gestione della rete e quella della erogazione del servizio farebbe, infatti, venire meno l interesse statale alla impugnativa dell art. 49, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, come modificato dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del La prevista sottoposizione delle procedure di affidamento della erogazione del servizio alla disciplina comunitaria e a quella recata dall art. 23 -bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008, (in luogo della anteriormente prevista applicazione della sola modalità di cui all art. 113, comma 5, lettera a), del d.lgs. n. 267 del 2000 ovvero della sola modalità della gara pubblica), sempre secondo la difesa regionale, farebbe venire meno l interesse anche in ordine alla ulteriore censura statale, riferita al comma 4 dell art. 49, come modificato dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del Ciò, in quanto il predetto art. 23 -bis (che, al comma 11, ha espressamente abrogato tutte le previsioni incompatibili dettate dall art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000) consentirebbe tanto l affidamento a favore di imprenditori o di società in qualunque forme costituite individuate mediante procedure competitive ad evidenza pubblica (art. 23 -bis, comma 2), quanto l affidamento diretto, purché nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria (art. 23 -bis, commi 3 e ss.). La difesa regionale, anche in considerazione della previsione dell art. 49, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, come sostituito dall art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009, per il quale, in caso di affidamento congiunto della gestione della rete e della erogazione del servizio ad unico soggetto, questo viene individuato, ai sensi dell art. 49, comma 3, della medesima legge tra «società partecipate esclusivamente e direttamente dai comuni o altri enti locali compresi nell ambito territoriale ottimale, a condizione che gli stessi esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l ente o gli enti locali che la controllano» ovvero tra «imprese idonee da individuare mediante procedure a evidenza pubblica» sostiene che, in definitiva, vi sarebbe perfetta compatibilità (ed anzi sovrapponibilità) tra la disciplina regionale ora vigente e quella invocata dallo Stato nel presente giudizio quale norma interposta asseritamente violata, di cui all art. 113 del d.lgs. n. 267 del La difesa regionale sostiene, infine, che, laddove fosse ritenuto necessario alla verifica dell attualità dell interesse al ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, potrebbe procedersi ad una istruttoria per accertare l avvenuta applicazione o meno delle disposizioni impugnate prima della loro intervenuta abrogazione e sostituzione In via subordinata rispetto alla richiesta declaratoria di cessazione della materia del contendere, la difesa regionale lombarda, rilevato che sono stati proposti due ricorsi governativi (r. ric. n. 26 e n. 56 del 2009) avverso disposizioni della legge regionale n. 1 del 2009 e della legge 29 giugno 2009, n. 10 (Disposizioni in materia di ambiente e servizi di interesse economico generale - Collegato ordinamentale), anch esse relative alla disciplina del servizio idrico integrato, chiede il rinvio della trattazione del presente giudizio, al fine di consentire l esame congiunto dei tre ricorsi Nel merito la difesa regionale ribadisce, peraltro, gli argomenti già sviluppati nel senso della infondatezza del ricorso statale. 10. All udienza del 22 settembre 2009 l Avvocatura generale dello Stato ha affermato la persistenza dell interesse a ricorrere, atteso che le disposizioni impugnate avrebbero avuto applicazione prima della loro abrogazione e sostituzione, e ha depositato alcuni documenti dai quali sarebbe desumibile l avvenuta applicazione delle stesse. La difesa della Regione Lombardia si è opposta a tale produzione documentale, in ragione della tardività ed irritualità del deposito. Considerato in diritto 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell art. 49, commi 1 e 4, della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituiti dall art. 2 ( recte 4), comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 18 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifi- 77

78 che alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche») L art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo novellato dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, prescrive che: «L Autorità organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando obbligatoriamente l attività di gestione delle reti dall attività di erogazione dei servizi. Tale obbligo di separazione non si applica all Autorità dell ambito della città di Milano, che organizza il servizio secondo le modalità gestionali indicate dall art. 2» Per il ricorrente tale disposizione sarebbe in contrasto con gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali di cui all art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali) ed agli artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), in quanto avrebbe violato il principio dell unità della gestione delle reti e del servizio previsto dalla disciplina dettata dallo Stato nell esercizio della sua competenza legislativa esclusiva in ordine alla definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali. La disposizione impugnata sarebbe, poi, in contrasto con l art. 119 della Costituzione, in quanto la separazione della gestione della rete da quella del servizio sarebbe dovuta avvenire con il conferimento della proprietà degli impianti, della rete e delle opere ad una società interamente partecipata dai comuni, nelle forme indicate dall art. 2, comma 1, e 49, commi 2 e 3, della medesima legge regionale n. 26 del 2003, come novellata, e non avrebbe garantito la titolarità in capo ai comuni dei beni del proprio demanio idrico. L art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo novellato dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, viene, infine, censurato, in riferimento all art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione all art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto la separazione della gestione della rete dalla erogazione del servizio non avrebbe rispettato il «diritto potestativo» di gestione diretta (o tramite una società a capitale interamente pubblico) del servizio idrico integrato riconosciuto ai comuni con popolazione fino a mille abitanti ricadenti in comunità montane L art. 49, comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo risultante dall impugnata legge di modifica n. 18 del 2006, prevede che l affidamento della gestione dell erogazione del servizio idrico integrato debba avvenire con la modalità della gara pubblica, prevista dalla lettera a) del comma 5 dell articolo 113 del d.lgs. n. 267 del Per il ricorrente tale disposizione, nella parte in cui esclude che l affidamento della gestione dell erogazione del servizio idrico integrato non possa avvenire anche secondo le modalità della società a capitale misto pubblico privato ovvero della società a capitale interamente pubblico, previste dalle lettere b) e c) del medesimo comma 5, dell art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, avrebbe violato l art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in quanto contraria alla disciplina dettata dallo Stato nell esercizio della sua competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza. La disposizione impugnata sarebbe, poi, in contrasto con gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione, per ragioni analoghe a quelle sopra indicate in merito all impugnazione del comma 1. L art. 49, comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come sostituito dall articolo 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, viene, infine, censurato, in riferimento all art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione all articolo 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, anche in questo caso, per ragioni analoghe a quelle sopra indicate in merito all impugnazione del comma Deve preliminarmente rilevarsi che le disposizioni impugnate sono state modificate da parte dell art. 6 della legge regionale 29 gennaio 2009, n. 1 (Modifiche alle disposizioni generali del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»). Peraltro, stante la vigenza delle disposizioni impugnate per circa due anni prima della loro abrogazione e sostituzione a carattere non retroattivo e non constando che esse non abbiano avuto nelle more concreta applicazione, deve ritenersi il perdurante interesse del ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri all impugnazione proposta, limitatamente al periodo di vigenza delle disposizioni stesse. 3. Ancora in via preliminare deve dichiararsi la inammissibilità della produzione documentale depositata dall Avvocatura generale dello Stato nel corso dell udienza pubblica del 22 settembre 2009, stante la tardività di tale produzione e l opposizione della resistente Regione Lombardia sul punto Sempre in via preliminare devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa della Regione Lombardia. 78

79 3.2. L errore materiale nell indicazione della norma impugnata denunciato dalla resistente è effettivamente sussistente (l articolo 49 della legge regionale n. 26 del 2003, i cui commi 1 e 4 sono oggetto del ricorso statale, è stato interamente sostituito dall art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006 e non dall articolo 2 della stessa legge, erroneamente indicato dalla difesa erariale), ma ciò non preclude l ammissibilità del ricorso, dato che questo riporta il testo esatto delle disposizioni impugnate, sicché nessun dubbio sussiste in ordine alla identificazione delle stesse Quanto alla prospettata incertezza ed oscurità del petitum, si deve rilevare che il ricorso enuncia con sufficiente chiarezza i motivi di censura, là dove contesta, in relazione alla normativa statale di settore in materia di servizio idrico integrato, l obbligo di separazione tra la gestione della rete e della erogazione del servizio idrico, nonché i criteri di affidamento di quest ultimo, previsti dalla legge regionale censurata Non appare, infine, sussistere la prospettata aberratio ictus del ricorrente, atteso che, contrariamente a quanto assume la difesa regionale, il ricorso censura, in via generale, la possibilità di affidare separatamente la gestione delle reti e l attività di erogazione del servizio (prevista dall impugnato comma 1 dell art. 49 della legge regionale, n. 26 del 2003) e non l affidamento della gestione delle reti agli enti locali e/o alle società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile (previsto nei non impugnati commi 2 e 3 del medesimo art. 49). Disciplina quest ultima, che, peraltro, non è stata oggetto di impugnazione da parte dello Stato. 4. Nel merito può anzitutto rilevarsi che entrambe le disposizioni regionali impugnate riguardavano il servizio idrico integrato. La relativa disciplina statale è stata dettata, essenzialmente, dal d.lgs. n. 152 del 2006, il cui art. 141 evidenzia come lo Stato, per regolare tale oggetto, abbia fatto ricorso a sue competenze esclusive in una pluralità di materie: funzioni fondamentali degli enti locali, concorrenza, tutela dell ambiente, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Deve, in altri termini, parlarsi di un concorso di competenze statali, che vengono esercitate su oggetti diversi, ma per il perseguimento di un unico obiettivo, quello dell organizzazione del servizio idrico integrato Ciò premesso in linea generale, devono ora trattarsi separatamente le questioni relative al primo ed al quarto comma dell art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come modificato dall articolo 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, sostitutivo di detti commi. 5. La questione sollevata avverso l art. 49, comma 1, in riferimento agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali di cui all articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 ed agli artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 del d.lgs. n. 152 del 2006, è fondata L art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, nel disciplinare la gestione delle reti e l erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevede che siano le discipline di settore a stabilire i casi nei quali l attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali può essere separata da quella di erogazione degli stessi. Pone, cioè, un generale divieto di separazione, salva la possibilità per le discipline di settore di prevederla. Per quanto attiene al servizio idrico integrato, come si è detto, la disciplina statale di settore è recata dal d.lgs. n. 152 del Quest ultimo non prevede né espressamente né implicitamente la possibilità di separazione della gestione della rete idrica da quella di erogazione del servizio idrico; mentre in varie disposizioni del decreto sono riscontrabili chiari elementi normativi nel senso della loro non separabilità. L art. 147, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006, in particolare, nel testo vigente alla data di promulgazione della legge regionale impugnata, impone alle Regioni di osservare, in sede di modifica delle delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, oltre i principi di efficienza, efficacia ed economicità, soprattutto quello di «unicità della gestione e, comunque, del superamento della frammentazione verticale delle gestioni». In questo contesto appare non rilevante la novella recata alla prima parte dello stesso art. 147, comma 2, lettera b), nonché all art. 150, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 dal d.lgs. correttivo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n, 152, recante norme in materia ambientale), secondo la quale, nella individuazione dei principi vincolanti le Regioni nella organizzazione degli ambiti territoriali ottimali e nella scelta delle forme e delle procedure di affidamento, l espressione «unicità della gestione» deve essere sostituita con quella di «unitarietà della gestione». Indipendentemente da ogni considerazione sul valore semantico dei termini «unicità» ed «unitarietà» della gestione, è, infatti evidente che parlare di «unitarietà», anziché di «unicità» delle gestioni, non vale a consentire l opposto principio della separazione delle gestioni stesse. In altri termini, le due gestioni, quella delle reti e quella dell erogazione, alla 79

80 luce della sopravvenuta disciplina statale, potranno anche essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro, ma non potranno mai fare capo a due organizzazioni separate e distinte. La non separabilità tra gestione della rete ed erogazione del servizio idrico è confermata anche da ulteriori disposizioni del d.lgs. n. 152 del Anzitutto, gli artt. 151, commi 2 e 4, e 153 del d.lgs. n. 152 del 2006, sia prima che dopo la novella recata dal decreto correttivo n. 4 del 2008, prevedono che il gestore del servizio idrico integrato debba gestire e curare la manutenzione (ordinaria e straordinaria) delle reti e quindi escludono che possa darsi una distinzione tra gestore della rete, tenuto alla sua manutenzione, e erogatore del servizio, che da tale obbligatoria attività sia sollevato. L art. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006, poi, tanto nel testo vigente alla data di promulgazione della legge regionale impugnata, quanto in quello risultante dalle successive novelle, regola l affidamento del servizio idrico integrato senza differenziare affatto tra affidamento della rete e del servizio di erogazione e quindi senza consentire una separazione tra di essi Stabilito che la disciplina statale di settore non consente la separabilità tra gestione della rete e gestione del servizio idrico integrato, resta da chiarire che tale principio risulta vincolante per il legislatore regionale, in quanto riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di funzioni fondamentali dei comuni (art. 117, secondo comma, lettera p), Cost.). Infatti, le competenze comunali in ordine al servizio idrico sia per ragioni storico-normative sia per l evidente essenzialità di questo alla vita associata delle comunità stabilite nei territori comunali devono essere considerate quali funzioni fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato dal novellato art Ciò non toglie, ovviamente, che la competenza in materia di servizi pubblici locali resti una competenza regionale, la quale, risulta in un certo senso limitata dalla competenza statale suddetta, ma può continuare ad essere esercitata negli altri settori, nonché in quello dei servizi fondamentali, purché non sia in contrasto con quanto stabilito dalle leggi statali. L art. 49, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, novellato dalla legge regionale n. 18 del 2006, dunque, ponendo il principio della separazione delle gestioni, violava specificamente la competenza statale in materia di funzioni fondamentali dei comuni, laddove, in contrasto con la disciplina statale, consentiva ed anzi imponeva una separazione non coordinata tra la gestione della rete e l erogazione del servizio idrico integrato Resta assorbita ogni ulteriore questione relativa al comma 1 dell art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come modificato dall articolo 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del Le questioni sollevate in ordine al comma 4 del medesimo art. 49 sono, invece, non fondate Le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica sono regolate, in via generale, dall art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dall art. 23 -bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del Norme entrambe emanate nell esercizio della competenza statale in materia di tutela della concorrenza di cui all art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ( cfr. sent. n. 272 del 2004). Inconferente risulta, pertanto, in subiecta materia l invocazione da parte del ricorrente degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nonché dell articolo 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, posto che la regolamentazione di tali modalità non riguarda un dato strutturale del servizio né profili funzionali degli enti locali ad esso interessati (come, invece, la precedente questione relativa alla separabilità tra gestione della rete ed erogazione del servizio idrico), bensì concerne l assetto competitivo da dare al mercato di riferimento La disciplina statale vigente al momento della proposizione del ricorso (art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000) prevedeva, al riguardo, più forme di affidamento, consentendo che esso avvenisse, oltre che a favore di società di capitali individuate attraverso l espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, anche, a determinate condizioni, a favore di società a capitale misto pubblico-privato ovvero di società a capitale interamente pubblico. Al fine di garantire una maggiore concorrenzialità dei relativi mercati la successiva disciplina recata dall art. 23 -bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008, che si è in parte sovrapposta e in parte integrata con quella dell art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, ha previsto la necessità della gara pubblica per l affidamento del servizio pubblico locale a rilevanza economica, limitando ulteriormente e sempre con il rispetto delle norme comunitarie il ricorso a forme di affidamento differenti. In questo contesto si inserisce la disposizione regionale impugnata, la quale, peraltro, in riferimento al solo servizio di erogazione idrica, prevedeva una disciplina parzialmente differente, consentendo solo l affidamento mediante gara pubblica. Le norme statali, tanto quelle vigenti all epoca dei fatti, quanto le attuali, sono, come si nota, meno rigorose di quelle poste dalla Regione. Occorre allora stabilire se le Regioni, in tema di tutela della concorrenza, possono dettare norme che tutelano più intensamente la concorrenza, rispetto a quelle poste dallo Stato. 80

81 Al riguardo, deve considerarsi che la Costituzione pone il principio, insieme oggettivo e finalistico, della tutela della concorrenza, e si deve, pertanto, ritenere che le norme impugnate, in quanto più rigorose delle norme interposte statali, ed in quanto emanate nell esercizio di una competenza residuale propria delle Regioni, quella relativa ai «servizi pubblici locali», non possono essere ritenute in contrasto con la Costituzione. P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l illegittimità costituzionale dell art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito dall articolo 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 18 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»); dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell art. 49, comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come sostituito dall articolo 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia n. 18 del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere e) e p) della Costituzione, in relazione all articolo 148, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: MADDALENA Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0732 N. 308 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Sentenza novembre 2009 Ricorso della regione Emilia-Romagna - Impugnazioni di numerose disposizioni del d.l. n. 112 del Trattazione della questione avente ad oggetto l art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo - Decisione sulle altre disposizioni impugnate riservata a separate pronunce. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 4, comma 1. Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto. Impresa e imprenditore - Sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione - Costituzione di fondi di investimento con la partecipazione di investitori pubblici e privati - Disciplina delle modalità di costituzione e funzionamento dei fondi da emanarsi con decreto ministeriale - Lamentata mancata previsione dello strumento dell intesa ed indebita incidenza su materie di competenza regionale residuale o concorrente - Dedotta violazione del principio di leale collaborazione - Carattere programmatico della disposizione impugnata - Non fondatezza della questione. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 4, comma 1. Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto. 81

82 composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente S ENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 4, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso dalla Regione Emilia-Romagna con ricorso notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi Visto l atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell udienza pubblica del 21 ottobre 2009 il giudice relatore Paolo Maria Napolitano; Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna e l avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre, la Regione Emilia-Romagna ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n Tra queste, ha sollevato, in riferimento all art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale dell art. 4, comma 1, del citato decreto-legge, nella parte in cui non prevede il ricorso allo strumento dell intesa allorché demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze, la disciplina delle modalità di costituzione e funzionamento dei fondi che possono essere istituiti per lo sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione. 2. Osserva la ricorrente che la norma impugnata incide su materie di competenza regionale residuale come l industria, dato che si fa riferimento alle iniziative produttive, o concorrente, quale il sostegno all innovazione per i settori produttivi. Inoltre, la disposizione non riguarda solo iniziative che attengono allo sviluppo dell intero Paese, ma anche interventi sintonizzati sulle realtà produttive regionali, tanto che si parla espressamente di «fondi locali». Pertanto, a parere della Regione Emilia-Romagna, la mancata previsione di un coinvolgimento regionale, mediante lo strumento dell intesa, nell emanazione del decreto di cui al secondo periodo del menzionato comma 1, anche in virtù di quanto disposto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 2008, renderebbe la norma costituzionalmente illegittima. 3. In data 10 novembre 2008 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione. Secondo l Avvocatura dello Stato, non può condividersi il richiamo, operato dalla Regione, all indirizzo interpretativo fornito dalla Corte con la sentenza n. 63 del 2008, in quanto, in tale occasione, la necessità dell intesa poggiava sul presupposto che la collaborazione tra Stato e Regioni costituisse il necessario riflesso della cosiddetta attrazione in sussidiarietà allo Stato in deroga al normale riparto della competenza e in forza dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di una disciplina volta al perseguimento di obiettivi originariamente rispondenti a ragioni di politica regionale. 82

83 Nel caso in esame, invece, pur trattandosi di un intervento che può interferire con una materia di competenza concorrente, quale quella del sostegno all innovazione per i settori produttivi, sarebbe del tutto evidente, secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, che la norma denunciata, limitandosi a prefigurare la disciplina di aspetti di competenza statale, non incide su attribuzioni regionali così da imporre un iniziativa di coordinamento orizzontale. 4. Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell udienza, la Regione Emilia-Romagna ha ribadito le argomentazioni esposte nell atto introduttivo del giudizio, insistendo nella richiesta di accoglimento della questione. Considerato in diritto 1. La Regione Emilia-Romagna ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n Riservata a separate pronunce la decisione sull impugnazione delle altre disposizioni contenute nel d.l. n. 112 del 2008, viene in esame in questa sede la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento all art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dell art. 4, comma 1, del citato decretolegge, nella parte in cui non prevede il ricorso allo strumento dell intesa allorché demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze, la disciplina delle modalità di costituzione e funzionamento dei fondi che possono essere istituiti per lo sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione. Secondo la ricorrente, risulterebbe violato il principio di leale collaborazione, in relazione all art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto, pur incidendo la norma su materie di competenza regionale residuale, come l industria, o concorrente, come il sostegno all innovazione per i settori produttivi, essa non prevede l intesa con la Conferenza unificata di cui all art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, nella emanazione del decreto di attuazione di cui al secondo periodo del comma 1 dell art. 4 in oggetto. 2. La questione non è fondata Deve, infatti, osservarsi che la disposizione censurata ha un contenuto sostanzialmente programmatico, limitandosi ad indicare la mera possibilità di istituire fondi «per lo sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione», senza predisporre effettive risorse finanziarie da impiegare per il raggiungimento delle finalità indicate, peraltro, in modo estremamente generico. Il comma 1 dell art. 4 del citato decreto-legge non costituisce, dunque, una forma di finanziamento diretto e vincolato, da parte dello Stato, per la realizzazione di scopi rientranti in materie di competenza concorrente o residuale delle Regioni. Infatti, non risultano stanziate nell anno in corso somme dirette alla costituzione dei suddetti fondi di investimento né vi è alcuna quantificazione delle somme che dovranno nei futuri anni di esercizio finanziario essere agli stessi attribuite. Infine deve rilevarsi, quale ulteriore indice del carattere programmatico della disposizione e della sua non immediata operatività, che il legislatore, oltre a prevedere il coinvolgimento di capitali privati, espressamente afferma al comma 2 dell art. 4 che «dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», essendo altresì escluse garanzie a carico delle amministrazioni pubbliche sulle operazioni attivabili ai sensi del comma 1. Ne consegue che la mera previsione della possibilità di istituire fondi di investimento per lo sviluppo di iniziative produttive non è idonea a ledere le competenze regionali neppure sotto il profilo della leale collaborazione, potendo, secondo il principio già affermato da questa Corte, «la lesione derivare non già dall enunciazione del proposito di destinare risorse per finalità indicate in modo così ampio e generico, bensì (eventualmente) dalle norme nelle quali quel proposito si concretizza, sia per entità delle risorse sia per modalità di intervento sia, ancora, per le materie direttamente e indirettamente implicate da tali interventi» (sentenze n. 453 e n. 141 del 2007). 83

84 P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, proposte dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe; Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell art. 4, comma 1, del suddetto decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Depositata in cancelleria il 20 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: NAPOLITANO Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0733 N. 309 Ordinanza novembre 2009 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Legge della Regione Piemonte - Imposizione ai gestori di impianti di trattamento di scarti animali ad alto rischio dell obbligo di versare al comune un contributo annuo - Denunciato superamento dei limiti costituzionalmente imposti all autonomia finanziaria delle Regioni nonché indebita istituzione di un tributo con legge regionale, in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica - Sopravvenuta abrogazione della norma censurata - Necessità di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione - Restituzione degli atti al giudice rimettente. Legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24, art. 16, comma 4. Costituzione, artt. 117 e 119. LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente 84

85 O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell articolo 16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Cuneo nel procedimento vertente tra In.pro.ma - Industria Produzione Mangimi S.r.l. e il Comune di Ceresole d Alba ed altra con ordinanza del 9 luglio 2008, iscritta al n. 85 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, 1ª serie speciale, dell anno Visto l atto di costituzione della Regione Piemonte; Udito nella Camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Cuneo ha sollevato, in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell art. 16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti): che, ai sensi della censurata disposizione, «i soggetti che gestiscono impianti di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali tali quali ad alto rischio e a rischio specifico di encefalopatia spongiforme bovina BSE corrispondono ai comuni sede degli impianti un contributo minimo annuo di 0,25 euro ogni 100 chilogrammi di materiale trattato nell anno. I soggetti che gestiscono impianti di riutilizzo di scarti animali trattati ad alto rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli impianti un contributo minimo annuo di 0,15 euro ogni 100 chilogrammi di materiale riutilizzato nell anno»; che, in punto di rilevanza, la rimettente Commissione riferisce che il giudizio principale verte sulla impugnazione, da parte di una società che gestisce un impianto di pretrattamento di scarti animali ad alto rischio ed a rischio specifico BSE, dell avviso di accertamento-liquidazione con il quale è stato alla stessa ingiunto il pagamento del contributo dovuto per l anno 2006; che, in punto di non manifesta infondatezza, per il giudice a quo la censurata disposizione contempla non già un «contributo», bensì una «imposta» giacché il legislatore regionale avrebbe previsto un onere economico a favore di un ente pubblico ed a carico di un soggetto, per effetto del verificarsi di un presupposto di fatto di rilevanza reddituale, senza che il soggetto gravato abbia richiesto o comunque consegua dall ente, con riferimento a tale fatto, prestazioni o servizi di sorta; che la disposizione oggetto di censura, nell introdurre una imposta in senso stretto, avrebbe violato gli artt. 117 e 119 della Costituzione; che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l attuazione dell art. 119 della Costituzione richiede l intervento del legislatore statale quale necessaria premessa per «determinare le grandi linee dell intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente di Stato, Regioni ed enti locali» (sentenza n. 37 del 2004); che il denunciato «contributo» si sovrapporrebbe al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi previsto dall art. 3, commi 24, 25, 26 e 28 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica); che per il giudice rimettente il predetto tributo avrebbe come base imponibile la quantità dei rifiuti conferiti in discarica e configurerebbe, quale soggetto passivo, colui che effettua il conferimento; che, essendo soggetti passivi del «contributo» i gestori degli impianti in oggetto, lo stesso graverebbe sui soggetti che oggettivamente favoriscono una minore produzione di rifiuti ed il recupero degli stessi, tendendo così al medesimo risultato perseguito dal «tributo speciale» di cui alla legge n. 549 del 1995; che, con atto depositato il 24 marzo 2009, è intervenuta la Regione Piemonte la quale ha sollecitato la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo atteso che la censurata disposizione è stata abrogata dall art. 21 della legge della Regione Piemonte 30 settembre 2008, n. 28 (Assestamento al bilancio di previsione per l anno finanziario 2008 e disposizioni finanziarie); che, con memoria depositata il 14 aprile 2009, la Regione Piemonte ha, in via preliminare, ricostruito il quadro normativo entro cui collocare la censurata disposizione al fine di dimostrare che la sopravvenuta abrogazione è motivata dalla volontà di dirimere le incertezze applicative alimentate da una prassi giurisprudenziale non univoca circa il rapporto tra la disciplina generale in materia di rifiuti e la disciplina speciale sanitaria in materia di scarti animali; che la Regione eccepisce molteplici vizi di inammissibilità non avendo il giudice a quo, da un lato, motivato sufficientemente in punto di rilevanza e, dall altro, esperito un idoneo tentativo di conferire alla disposizione censurata un interpretazione costituzionalmente adeguata; 85

86 che, nel merito, la difesa regionale esclude che il contributo in parola abbia natura di imposta in quanto detta prestazione è da ricollegarsi alla specifica esigenza di garantire alla collettività locale e, dunque, al Comune il corrispettivo dell uso dei beni pubblici di quella specifica realtà territoriale, nonché delle prestazioni e dei servizi aggiuntivi resi dall ente pubblico, per fare fronte ad esigenze peculiari e costi supplementari, non solo patrimoniali, derivanti al territorio per ragioni ascrivibili all insediamento dell impianto in quel determinato luogo; che il contributo de quo rappresenta non solo una prestazione sinallagmatica rispetto a condizioni e servizi garantiti dalla collettività comunale, ma altresì una misura di agevolazione e promozione della localizzazione di impianti di notevole impatto come quelli qui considerati, in relazione ai quali, risulta di regola estremamente difficoltosa la collocazione in un determinato Comune; che la prestazione dei servizi da parte del Comune avviene su basi paritetiche, essendo riconoscibile una matrice negoziale nella formazione del consenso scaturente dalla richiesta formulata dal soggetto gestore dell impianto e dalla contestuale accettazione da parte dell ente; che, per la difesa della Regione Piemonte, il contributo è commisurato, in modo del tutto variabile, alla concreta utilizzazione dell impianto ed è, quindi, esclusivamente rapportato alla quantità dei rifiuti conferiti e trattati; che, comunque, con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sono stati «definitivamente smantellati i preesistenti meccanismi di finanza derivata ed è stata individuata, con la riforma degli artt. 117 e 119 Cost., una nuova struttura della finanza pubblica italiana»; che, dunque, per la difesa regionale, l autonomia finanziaria regionale è subordinata ora al rispetto dei soli limiti discendenti dalla Costituzione e dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; che l attuazione dell art. 119 Cost. esige un previo intervento del legislatore statale al fine di enunciare i principi e le regole di coordinamento della finanza pubblica ( cfr., ex plurimis, sentenza n. 16 del 2004); che, nel caso di specie, il legislatore regionale avrebbe individuato una forma di contribuzione specifica in materia di governo del territorio e di tutela dell ambiente in piena armonia con i principi dell ordinamento tributario nazionale. Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Cuneo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell art. 16, comma 4, della legge della Regione Piemonte n. 24 del 2002; che, per il giudice rimettente, la censurata disposizione, avendo introdotto una nuova imposta sovrapponibile al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all art. 3, commi 24, 25, 26 e 28 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, avrebbe violato gli artt. 117 e 119 della Costituzione; che, successivamente alla pronuncia dell ordinanza di rimessione, la disposizione oggetto di censura è stata abrogata dall art. 21 della legge della Regione Piemonte n. 28 del 2008; che questa sopravvenienza normativa impone la restituzione degli atti al giudice rimettente, affinché questi proceda ad una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità ( ex multis, ordinanze n. 258, n. 43 e n. 26 del 2009); che al suindicato fine la Commissione rimettente è, altresì, chiamata ad apprezzare l incidenza, sulla questione dalla stessa prospettata, di quanto statuito da questa Corte con la sentenza n. 102 del 2008, secondo cui, nell esercizio dell autonomia tributaria di cui all art. 119 della Costituzione, «le Regioni a statuto ordinario sono assoggettate al duplice limite costituito dall obbligo di esercitare il proprio potere di imposizione in coerenza con i princìpi fondamentali di coordinamento e dal divieto di istituire o disciplinare tributi già istituiti da legge statale o di stabilirne altri aventi lo stesso presupposto, almeno fino all emanazione della legislazione statale di coordinamento» (punto 5 del Considerato in diritto); che, al tempo stesso, si appalesa necessario considerare la recente giurisprudenza relativa alla specialità o meno degli scarti animali rispetto alla generalità dei rifiuti, anche alla luce della normativa comunitaria e nazionale in materia. 86

87 P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: DE SIERVO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 20 novembre Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C0734 N. 310 Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Ordinanza novembre 2009 Procedimento civile - Procedimenti dinanzi al Tribunale per i minorenni - Giudizi per la quantificazione del contributo di mantenimento del minore posto a carico del genitore non coniugato - Omessa previsione che il decreto, notificato agli interessati e al terzo debitore, costituisca titolo esecutivo, cui le parti e il debitore possano fare opposizione entro venti giorni dalla notifica - Denunciata ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai figli legittimi, nonché lesione dei principi del giudice naturale precostituito per legge e della ragionevole durata del processo - Mancata sperimentazione della possibilità di un interpretazione conforme a Costituzione - Manifesta inammissibilità della questione. Legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, ultimo comma. Costituzione, artt. 3, 25 e 111. composta dai signori: Presidente : Francesco AMIRANTE; LA CORTE COSTITUZIONALE Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente O RDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell art. 1, ultimo comma, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione e affidamento condiviso dei figli), promosso dal Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma sul ricorso, proposto da P. M., con ordinanza del 20 gennaio 2009, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1ª serie speciale, dell anno

88 Visto l atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il giudice relatore Paolo Grossi. Ritenuto che il Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma chiamato a pronunciarsi, in un procedimento ex art. 745 del codice di procedura civile, sul rifiuto opposto dal cancelliere alla istanza di apposizione della formula esecutiva ad un decreto pronunciato dal tribunale medesimo, non impugnato, con il quale (disposto l affidamento esclusivo del figlio alla madre) si è posta a carico del padre naturale una somma a titolo di contributo al mantenimento del minore ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell art. 1, ultimo comma, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione e affidamento condiviso dei figli), «nella parte in cui non prevede che il decreto, notificato agli interessati e al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti e il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica»; che il rimettente ritenuto fondato il diniego del cancelliere, poiché l art. 474, secondo comma, numero 1, cod. proc. civ. non indica, tra i provvedimenti ai quali va riconosciuta l efficacia di titolo esecutivo, i decreti assunti dal tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 737 e seguenti del codice di rito, quali quelli che quantificano il contributo al mantenimento di un figlio minore posto a carico del genitore non coniugato esclude che la evidente disparità rispetto ai provvedimenti similari pronunciati dal tribunale ordinario per i figli di genitori coniugati, definiti espressamente quali titoli esecutivi dall art. 148 del codice civile, possa essere superata con una interpretazione analogica (che, pur se tentata «da parte di taluni», il giudice stesso ritiene «non soddisfacente perché dettata sostanzialmente dall esigenza di colmare una lacuna») attraverso la quale la qualificazione di esecutività (di cui all art. 148 cod. civ.) possa essere equiparata a quella di efficacia (di cui all art. 741 cod. proc. civ.); che il giudice a quo, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, rileva che (anche dopo l entrata in vigore della citata legge n. 54 del 2006) la Corte di cassazione, da un lato, ha confermato che (nonostante l art. 38 delle disposizioni per l attuazione del codice di procedura civile non preveda tra i procedimenti attribuiti al giudice minorile quelli ex art. 155 e seguenti cod. civ.) non deve essere il tribunale civile ordinario ad occuparsi dei figli naturali, bensì il tribunale per i minorenni (Sez. un., ordinanza 3 aprile 2007, n. 8362) e, dall altro lato, ha precisato che gli aspetti patrimoniali connessi possono essere trattati dal tribunale per i minorenni, purché la relativa domanda sia contestuale (ordinanze 25 agosto 2008, n , n e n ), mentre la domanda meramente patrimoniale va proposta comunque presso il tribunale civile ordinario; che, pertanto, secondo il rimettente, per ottenere un provvedimento al quale possa essere apposta la formula esecutiva, dovrebbe essere cura del genitore del figlio naturale, dopo aver ottenuto la pronuncia sull affidamento dal tribunale per i minorenni, promuovere un azione unicamente sui diritti patrimoniali presso il tribunale civile ordinario, rinunciando così alla contestualità della regolamentazione dell affidamento, con conseguente disparità di tutela fra figli legittimi e naturali, violazione del principio della ragionevole durata del processo e confusione sulla immutabilità del giudice naturale; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l inammissibilità o, in subordine, per l infondatezza della sollevata questione. Considerato che il rimettente censura l art. 1, ultimo comma, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione e affidamento condiviso dei figli), nella parte in cui nei giudizi attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni aventi ad oggetto la quantificazione del contributo al mantenimento del figlio minore posto a carico del genitore non coniugato «non prevede che il decreto, notificato agli interessati e al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti e il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica»; che, secondo il giudice a quo, tale norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, giacché (contrariamente a quanto previsto espressamente dall art. 148 del codice civile per gli analoghi provvedimenti pronunciati dal tribunale ordinario per i figli di genitori coniugati) l art. 474, secondo comma, numero 1, del codice di procedura civile non indica tra i provvedimenti, ai quali va riconosciuta l efficacia di titolo esecutivo, i decreti assunti dal tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 737 e seguenti del codice di rito; e di conseguenza il genitore del figlio naturale, per ottenere una decisione alla quale possa essere apposta la formula esecutiva, dopo aver ottenuto la pronuncia sull affidamento dal tribunale per i minorenni, dovrebbe promuovere un azione unicamente sui diritti patrimoniali presso il tribunale civile ordinario, rinunciando così alla contestualità della regolamentazione dell affidamento, con conseguente disparità di tutela fra figli legittimi e naturali, violazione del principio della ragionevole durata del processo e confusione sulla immutabilità del giudice naturale; 88

89 che la intervenuta Avvocatura generale dello Stato ha, tra l altro, eccepito in via pregiudiziale ed assorbente l inammissibilità della questione per mancato esperimento da parte del rimettente di una diversa interpretazione della norma impugnata, idonea a renderla immune dai dedotti dubbi di incostituzionalità; che, in effetti, il giudice a quo che pure fa mostra d essere a conoscenza che, relativamente alla questione in esame, «si è tentato da parte di taluni di effettuare una sorta di analogia [ ] equiparando la qualificazione di esecutività con quella di efficacia» si limita apoditticamente ad affermare l impraticabilità di tale diversa interpretazione, che, a suo dire, «appare non soddisfacente perché dettata sostanzialmente dall esigenza di colmare una lacuna e riparare una disparità evidente tra i decreti che quantificano il contributo di mantenimento emessi dal tribunale per i minorenni in favore dei figli di genitori non coniugati e l esecutività dei provvedimenti analoghi assunti dal tribunale civile ordinario per i figli di genitori coniugati»; che, così motivando anche a prescindere dall evidente paralogismo da cui pare affetta la radicale negazione (contrastante con quanto disposto dall art. 12, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale) della possibilità in materia civile del ricorso all analogia per colmare una lacuna normativa il rimettente, non solo non sperimenta egli stesso la possibilità di pervenire ad una doverosa interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata, ma neppure contesta, in maniera sufficientemente argomentata, la diversa lettura che ne hanno dato altri giudici minorili (si vedano Tribunale per i minorenni di Milano, decreto 14 dicembre 2007, Tribunale per i minorenni di Bologna, decreto 2 aprile 2008, Tribunale per i minorenni di Catania, decreto 23 maggio 2008, Tribunale per i minorenni di Venezia, decreto 16 luglio 2008), i quali, chiamati a decidere in merito alla problematica de qua, hanno accolto la soluzione ermeneutica che attribuisce efficacia di titolo esecutivo ai provvedimenti a contenuto patrimoniale a favore dei figli naturali pronunciati dai competenti tribunali per i minorenni; che, di conseguenza, la questione è manifestamente inammissibile (in tal senso, da ultimo, ordinanze n. 244, n. 171 e n. 155 del 2009). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. P ER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell art. 1, ultimo comma, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione e affidamento condiviso dei figli), sollevata in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione dal Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, con l ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre Il Presidente: AMIRANTE Il redattore: GROSSI Depositata in cancelleria il 20 novembre Il cancelliere: DI PAOLA Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 09C

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91 ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE N. 90 Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 13 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Concessioni del demanio pubblico marittimo per finalità turistico-ricreative - Proroga delle concessioni demaniali marittime affidate a soggetti non in possesso dei requisiti di legge, fino all individuazione del concessionario in possesso dei requisiti - Lamentata attribuzione di preferenza al concessionario uscente in contrasto con il diritto comunitario - Ricorso del Governo - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento tra gli operatori economici, violazione della libertà di stabilimento, dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario, della competenza esclusiva statale in materia di rapporti dello Stato con l Unione europea. Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 36, comma 2, modificativo dell art. 58, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre 2008, n. 16. Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lett. a) ; trattato CE, art. 43. Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Cacciabilità delle specie di cui all allegato II dell art. 7 della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici - Lamentato intervento della Regione nella determinazione delle specie cacciabili riservata allo Stato, contrasto con la norma statale che dà l elenco delle specie cacciabili sul territorio nazionale e costituisce espressione di standard minimi ed uniformi di tutela dell ambiente - Ricorso del Governo - Denunciata esorbitanza dai limiti statutari in materia di caccia e pesca, violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell ambiente. Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 37, commi 1 e 2, attuativo dell art. 7 della direttiva 79/409/CEE del 2 aprile Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s) ; statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18. Ambiente - Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Programmazione faunistica e attività venatoria - Prevista futura individuazione della Zona faunistica delle Alpi e dei territori da destinare a protezione della fauna - Destinazione in via provvisoria e comunque non oltre il 31 gennaio 2010, del territorio agro-silvo-pastorale della Regione a protezione della fauna selvatica per una quota dal 20 al 30 per cento - Applicazione sino a tale termine sul territorio della Regione del regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, al fine di consentire lo svolgimento della stagione venatoria - Lamentata violazione del rispetto degli standard minimi e uniformi di tutela posti dalla legislazione nazionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell ambiente. Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 luglio 2009, n. 13, art. 48, comma 6, modificativo dell art. 40 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s) ; statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4, comma 1; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 10, comma 3. Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma via dei Portoghesi n. 12, domicilia; Contro la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell illegittimità costituzionale degli articoli 36, comma 2, 37, commi 1 e 2 e 48, comma 6, della legge regionale 30 luglio 2009, n. 13 recante «Disposizioni per l adempimento degli obblighi della Regione Friuli- Venezia Giulia derivanti dall appartenenza dell Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2006/123/CE. Attuazione dell articolo 7 della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Attuazione 91

92 del regolamento (CE) n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Modifiche a leggi regionali in materia di sportello unico per le attività produttive, di interventi sociali e artigianato, di valutazione ambientale strategica (VAS), di concessioni di demanio pubblico marittimo, di cooperazione allo sviluppo, partenariato internazionale e programmazione comunitaria, di gestione faunistica-venatoria e tutela dell ambiente naturale, di innovazione (Legge comunitaria 2008)». La presentazione del presente ricorso è stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 2 ottobre 2009 (si depositeranno l estratto del verbale e la relazione del ministro proponente). La legge regionale in epigrafe indicata presenta profili di illegittimità costituzionale relativamente ad alcune disposizioni concernenti l esercizio dell attività venatoria e la disciplina del demanio marittimo. Si premette che sebbene la Regione, ai sensi dell art. 4, comma 1, punto 3, e dell art. 6, comma 1, punto 3, della legge costituzionale n.1 del 31 gennaio 1963, abbia una potestà legislativa primaria in materia di caccia e tutela del paesaggio, flora e fauna, la stessa è sottoposta al rispetto degli standard minimi ed uniformi di tutela posti in essere dalla legislazione nazionale, ex art.117, secondo comma, lett. s) Cost., oltre che al rispetto della normativa comunitaria di riferimento (direttive 79/409/CEE, 85/411 /CEE, 91/244/CE) e delle norme fondamentali delle riforme economico sociali, secondo quanto disposto dall art. 4, comma 1 dello Statuto speciale e dall art. 117, primo comma della Costituzione. Partendo da queste premesse, risultano censurabili, perché invasive della competenza esclusiva statale di cui all art.117, secondo comma, lett. s) Cost. ed in violazione dei vincoli posti al legislatore regionale dal sopracitato art. 4, comma 1, dello Statuto, le seguenti disposizioni della legge in esame: 1) la disposizione contenuta nell articolo 37, commi 1 e 2, disciplinando la cacciabilità delle specie di cui all allegato II dell articolo 7 della direttiva 79/409/CE, prevede che «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Regione Friuli-Venezia Giulia, le specie elencate nell allegato II della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, possono essere oggetto di attività venatoria nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale di recepimento». La norma regionale quindi interviene in un ambito, quale quello della determinazione delle specie cacciabili, che è precluso alla competenza regionale. Infatti l articolo 18 della legge n. 157/1992 nel dare 1 elenco delle specie cacciabili sul territorio nazionale, stabilisce che le variazioni allo stesso siano disposte con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le politiche agricole, d intesa con il Ministro dell ambiente e sentito l organismo tecnico scientifico, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio. La Corte costituzionale ha più volte affermato che «le disposizioni legislative statali che individuano le specie cacciabili hanno carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale» ( cfr. sent. n del 2003 che richiama la sentenza n. 323 del 1998). Pertanto la norma regionale viola l articolo 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, legge costituzionale n.1/1963, secondo cui la potestà legislativa regionale in materia di caccia e pesca deve svolgersi in armonia con le norme fondamentali delle riforme economico sociali, oltre a risultare in contrasto con la citata norma statale che costituisce espressione di standard minimi ed uniformi di tutela dell ambiente, in violazione della competenza statale di cui all articolo 117, secondo comma, lettera s) Cost.; 2) la norma contenuta nell articolo 48, comma 6, che introduce il comma 1 -bis nell articolo 40 della legge regionale n. 6/2008, dispone che fino all individuazione della Zona faunistica delle Alpi e dei territori da destinare a protezione della fauna in attuazione dell articolo 2, commi 3 e 4, e comunque non oltre il 31 gennaio 2010, il territorio agro-silvo pastorale della regione sia destinato a protezione della fauna selvatica per una quota dal 20 al 30 per cento. Sino a tale termine, sul territorio della regione è applicato il regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, al fine di consentire il regolare svolgimento della stagione venatoria 2009/2010 in conformità agli atti e indirizzi già adottati dalla regione. Tale previsione, sottoponendo, seppure transitoriamente, tutto il territorio della regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, contrasta con la norma dettata dall art.10, comma 3, della legge n. 157/1992 che stabilisce che il territorio agro-silvo pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce una zona faunistica a se stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 al 20 per cento. La disposizione 92

93 regionale, dunque, viola il rispetto degli standard minimi e uniformi di tutela posti in essere dalla legislazione nazionale (legge n. 157/1992), vincolante anche per le Regioni a Statuto speciale, invadendo la competenza esclusiva statale di cui all articolo 117, comma 2, lettera s) Cost. Si ricorda in proposito che analoga disposizione contenuta nella legge regionale dello stesso Friuli-Venezia Giulia n. 6/2008 è stata ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 165/2009, ove essa ha affermato che «... il legislatore regionale, nel sottoporre l intera Regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico della zona faunistica delle Alpi, ha, irragionevolmente, limitato la quota di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica, con ciò violando gli standard minimi ed uniformi di tutela di cui all art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e, in particolare, ponendosi in contrasto con quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 10 e 11 della legge n. 157 del 1992, in ragione del quale l individuazione del territorio delle Alpi quale zona faunistica a sé stante presuppone la presenza di peculiari caratteristiche»; 3) l articolo 36, comma 2, che modifica l articolo 58, comma 2, della legge regionale n. 16/2008, prevede che «Le concessioni demaniali marittime affidate a soggetti di cui all articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 2/2002, e successive modifiche non in possesso dei requisiti di legge, sono prorogate fino all individuazione del concessionario in possesso dei requisiti di legge e comunque non oltre dodici mesi dalla data di efficacia della proroga medesima.». Tale disposizione, così novellata, presenta due aspetti di illegittimità costituzionale. Si premette che in materia di concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative è attualmente in corso la procedura di infrazione n. 2008/4908 da parte della Comunità europea. La Commissione, infatti, ha sollevato questioni di compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana in materia di concessioni del demanio marittimo, nonché delle conseguenti iniziative legislative regionali. In particolare l articolo 37, comma 2, del codice della navigazione e la legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 22/2006, nell ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreativa, attribuisce preferenza c.d. diritto di insistenza al concessionario uscente. Ciò determina disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione della libertà di stabilimento di cui all articolo 43 del Trattato e di conseguenza dell articolo 117, primo comma, Cost., in riferimento ai vincoli derivanti dall ordinamento comunitario, nonché dell articolo 117, secondo comma, lettera a), in relazione alla competenza esclusiva statale in materia di rapporti dello Stato con l Unione europea. Si fa presente che di recente il Consiglio dei ministri del 18 settembre 2009 ha impugnato, per le medesime motivazioni, la legge della Regione Emilia-Romagna n. 8/2009. La norma regionale in esame, quindi, intervenendo in materia di proroga della concessione demaniale marittima, presenta i medesimi aspetti di illegittimità costituzionale suesposti. A ciò aggiungasi che la disposizione attuale consente tale proroga a soggetti non in possesso dei requisiti di legge, aprendo la possibilità di una violazione sistematica dei principi dettati in materia dalla legislazione statale su tal genere di concessioni, in un contesto di assoluta irragionevolezza ex art. 3 della Cost. P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell art. 127 della Costituzione, l illegittimità costituzionale degli articoli 36, comma 2, 37, commi 1 e 2 e 48, comma 6, della legge regionale 30 luglio 2009, n. 13. Roma, addì 2 ottobre 2009 L Avvocato dello Stato: Giuseppe FIENGO 09C

94 N. 91 Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 16 ottobre 2009 (della Regione Molise) Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l esercizio della delega da parte del Governo - Previsione che la costruzione e l esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell ambiente e con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, d intesa con la Conferenza unificata - Lamentata esclusione delle Regioni dal processo decisionale sulla localizzazione degli impianti, sullo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento delle strutture non più in attività, nonostante l incidenza del procedimento su materie di competenza regionale - Ricorso della Regione Molise - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia e del governo del territorio, lesione del principio di leale collaborazione. Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g). Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l esercizio della delega da parte del Governo - Definizione delle tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, da adottarsi con delibera del CIPE previo parere della Conferenza unificata - Obbligo di esprimere il parere entro sessanta giorni, trascorsi i quali il parere si intende acquisito - Lamentata carenza di adeguato coinvolgimento delle Regioni nonostante l incidenza su materie di competenza regionale - Ricorso della Regione Molise - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia e del governo del territorio, lesione del principio di leale collaborazione. Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118. Ricorso della Regione Molise, in persona del legale rappresentante, il Presidente pro tempore on. Angelo Michele Iorio, rappresento e difeso, giusto mandato a margine del presente atto ed in virtù di delibera giuntale di incarico n del 29 settembre 2009, dall avv. Vincenzo Colalillo presso il quale elettivamente domicilia in Roma alla via Albalonga n. 7 (studio avv. Clementino Palmiero); Contro: 1) Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri in carica; 2) Governo della Repubblica italiana, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 25 e 26 della legge del 23 luglio 2009, n 99, pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009 e recante «Disposizioni per lo sviluppo e l internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia». F A T T O E D I R I T T O L articolo 25 della legge n. 99/2009, inerente la delega al Governo in materia nucleare, nel disciplinare la costruzione di impianti per la produzione di elettricità da energia nucleare e la realizzatone di strutture per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha previsto che tutte le relative opere sono soggette ad un autorizzazione unica, rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell ambiente e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La disposizione richiamata prevede la acquisizione del solo mero parere della Conferenza unificata di cui all art. 8, d.l. n. 281/1997, ma non sono previsti accordi vincolanti tra Governo e territorio. Gli enti locali sono chiamati a pronunciarsi al termine di un procedimento al quale partecipano le amministrazioni interessate. L esecutivo può, inoltre, sostituirsi a regione ed enti locali in caso di loro disaccordo sulla localizzazione scelta per gli impianti. Parimenti l art 26 della medesima legge prevede che per la definizione della tipologia degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare previo mero parere della conferenza unificata ex art.8, d.l. n. 281/1997. Ritiene la Regione Molise che la richiamata disposizione, nella parte in cui esclude, le Regioni dal processo decisionale su localizzazione degli impianti, smaltimento delle scorie radioattive e smantellamento delle strutture non più in 94

95 attività, infrange non solo il Titolo V della Costituzione (nel testo novellato di cui alla legge costituzionale n. 3/2001), che prevede poteri concorrenti in materia di governo del territorio (in particolare art. 117), ma anche il principio di leale collaborazione che deve presiedere a tutti i rapporti intercorrenti tra stato e regione (soprattutto in riferimento alla gestione ed utilizzo del territorio). Ed invero proprio sulla base del dettato costituzionale, l energia deve essere intesa come materia concorrente e quindi è da ritenersi indispensabile un raccordo decisionale di intesa con regioni ed enti locali. Le scelte di politica energetica nucleare,investendo il territorio della regione, nel momento in cui concretizzano una legge di sviluppo ed invadono i poteri di scelta energetica della regione, deve essere ritenuta incostituzionale nelle ipotesi in cui (come per la normativa legislativa in esame) non prevedono un momento partecipativo di intesa (ed unità decisionale) anche attraverso la Conferenza unificata. La Regione Molise, infatti, dal testo legislativo impugnato, si vede lesa anche nelle proprie competenze in materia di autonomia e tutela ambientale ed esclusa dalla gestione del proprio territorio nel momento in cui la localizzazione su di essa di una centrale nucleare venga assunto senza suo parere vincolante. Ed in effetti: a) le regioni vengono escluse dall iter decisionale relativo alla localizzazione degli impianti, sia nell elaborazione dei decreti attuativi della delega, sia negli iter autorizzativi immediatamente efficaci; b) per quanto riguarda la costruzione e l esercizio di tutti gli impianti del ciclo della produzione elettrica nucleare e delle opere connesse il Governo possa procedere con la sola intesa con la Conferenza unificata. Ne consegue che la impugnata disposizione legislativa, di cui agli artt. 25 e 26 legge n. 99/2009, si pone in contrasto con la disposizione dello art. 117 (riguardanti i poteri concorrenti in materia di produzione dell energia e del governo del territorio) nonché dell art.118 (con i principi di leale collaborazione). La stessa giurisprudenza della adita Corte sembra avallare le argomentazioni di cui al presente ricorso considerato che: ha dichiarato incostituzionali di alcune disposizioni della legge 23 agosto 2004, n. 239 (riguardante «Riordino del settore energetico, nonchè delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia») proprio perche in contrasto ed in violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione (sentenza n. 383/2005). Nel richiamato precedente giurisprudenziale la Corte (in relazione all articolo 1, comma 7, lettera i) della legge n. 239/2004), ha dichiarato la illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui non prevede l intesa (vincolante e decisionale) con le regioni e le province autonome interessate per «l individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici» da parte dello Stato, ritenendo, motivamente «Nell attuale situazioni infatti, come questa Corte ha più volte ribadito a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 ( cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n. 285 del 2005), tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la chiamata in sussidiarietà di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese in senso forte, ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti.(...)». In maniera ancor più evidente l adita Corte (sentenza della C.C. n. 247 del 28 giugno 2006), proprio in relazione alla legge regionale del Molise n. 22 del 27 maggio 2005 (inerente la disciplina limitativa del transito e dello stoccaggio di rifiuti radioattivi non prodotti nel territorio della regione), pur ribadendo la competenza statale esclusiva sulla tutela dell ambiente ha stabilito che, individuato il sito in cui collocare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, al momento della sua «validazione», della localizzazione e realizzazione del deposito, si deve dare adeguata tutela costituzionale all interesse territoriale della regione nel cui territorio l opera è destinata ad essere ubicata, il che rende insufficiente il mero parere della Conferenza unificata (come stabilito, invece, all art. 1, comma 1 della legge n. 268/2003, conversione in legge del d.l. n. 314/2003). Il principio era stato già assunto dalla adita Corte in analoghe pronunce riguardanti le leggi delle Regioni Basilicata, Calabria e Sardegna (sentenza n. 62/2005). Dai richiamati precedenti si evince che non è costituzionalmente legittimo, in alcun caso, si possa procedere alla localizzazione degli impianti nucleari senza l intesa (di ordine decisionale) con le singole regioni. Ne consegue l incostituzionalità, sotto i profili indicati, delle disposizioni di cui agli artt. 25, comma 2, lettera g) e 26 della legge n. 99/2009. In ogni caso viola il principio di leale collaborazione e dell art. 118 Cost. Nella definizione della localizzazione dello impianto nucleare la disposizione legislativa impugnata, nell omettere qualsiasi coinvolgimento paritario della regione (sul cui territorio si alloca lo impianto) concretizza una illegittima compressione del principio costituzionale di leale collaborazione. il quale, secondo lo orientamento giurisprudenziale della adita Corte, «deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e regioni» ( cfr., Corte cost. sentenza n. 31/2006). 95

96 P. Q. M. Che ci si riserva di ulteriormente argomentare, la Regione Molise, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l illegittimità costituzionale della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009, limitatamente agli artt. 25, secondo comma, lett. d), e 26, primo comma, in quanto lesivo delle competenze costituzionalmente garantite alla regione ricorrente, sotto i profili e per le ragioni dinanzi esposte. Isernia-Roma, addì 1 ottobre 2009 Avv. Vincenzo COLALILLO 09C0695 N. 92 Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 20 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Previsione che la Regione predisponga lo studio di fattibilità e di compatibilità ambientale, e che provveda all affidamento dell incarico di redazione del progetto preliminare con la procedura disciplinata dallo stesso provvedimento regionale - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di ambiente e con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuiscono tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell ambiente. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, artt. 5, commi 2 e 3, e 7. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) e s) ; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Allegato II alla Parte II; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 162, 165 e 183. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina della procedura per l affidamento del progetto preliminare attraverso la finanza di progetto - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 6. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 4, comma 3, 153, 154 e 155. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina per la procedura e l approvazione del progetto preliminare - Mancato richiamo delle procedure previste dalle norme comunitarie recepite dallo Stato, relative alla procedura di valutazione di incidenza nel caso di progetti ricadenti nell ambito dei Siti Natura Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell ambiente. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 7. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) e s) ; direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992; d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357; d.p.r. 12 marzo 2003, n

97 Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Disciplina della concessione avente per oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva nonché la realizzazione e la gestione della infrastruttura - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tali competenze allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 8. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Previsione che la Regione possa definire autonomamente con il concessionario autostradale una specifica autonoma convenzione - Lamentata possibile distorsione del mercato e intervento su infrastrutture che vanno oltre l interesse regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e violazione del principio di leale collaborazione. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 8, comma 2. Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett. e), e 118; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. Appalti pubblici - Norme della Regione Liguria - Progettazione e realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e delle tratte viarie strategiche sul territorio regionale - Individuazione dei contenuti del progetto definitivo - Lamentato contrasto con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici che attribuisce tale competenza allo Stato - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. Legge della Regione Liguria 6 agosto 2009, n. 30, art. 9, comma 2. Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. l) ; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, ex lege rappresentato e difeso dall avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia ai fini del presente atto; Contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, per la declaratoria dell illegittimità costituzionale della legge della Regione Liguria n. 30 del 6 agosto 2009, pubblicata nel B.U.R. n. 15 del 12 agosto 2009, recante norme in materia di «Promozione della realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e della fattibilità di tratte viarie strategiche sul territorio regionale». La presentazione del presente ricorso è stata decisa dal Consiglio dei ministri del 9 ottobre 2009 come da estratto del relativo verbale che si deposita unitamente alla relazione del Ministro proponente. Con la legge n. 30 del 6 agosto 2009, che consta di diciannove articoli, la Regione Liguria ha dettato norme in merito alla «Promozione della realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e della fattibilità di tratte viarie strategiche sul territorio regionale». La suddetta normativa, al fine di rendere più efficiente la rete infrastrutturale del territorio ligure, promuove e disciplina la realizzazione delle autostrade e delle infrastrutture ferroviarie regionali con il più ampio coinvolgimento delle autonomie locali. La Regione Liguria, in particolare, per la progettazione e realizzazione delle citate opere infrastrutturali, prevede il ricorso alla finanza di progetto, secondo le disposizioni di cui al d.lgs. n. 163/2006. La legge regionale in esame «Promozione della realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e della fattibilità di tratte viarie strategiche sul territorio regionale», presenta profili di illegittimità costituzionale. Talune disposizioni, infatti, sono censurabili sotto il profilo della legittimità costituzionale in quanto violano la competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all art. 117, secondo comma, lettera e), l) e s) Cost. Al riguardo, si premette che, nonostante le regioni abbiano una competenza legislativa concorrente in materia di «governo del territorio», la materia della disciplina delle infrastrutture per i profili attinenti la tutela dell ambiente, ai sensi dell art. 117, secondo comma, lett. s), Cost,. rientra nella potestà esclusiva statale, nonchè per quanto concerne le «attività di progettazione», ex art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice appalti). Infatti, come affermato di recente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 401/2007, la progettazione, nei suoi molteplici aspetti di affidamento degli incarichi di progettazione, di livelli e contenuto della progettazione, di esecuzione dei progetti, rientra nella competenza esclusiva statale, venendo in rilievo la tutela della concorrenza, l ordinamento civile, le opere dell ingegno, la determinazione di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale, «in quanto i livelli della progettazione mirano a 97

98 garantire l esecuzione a regola d arte di opere pubbliche che sono destinate ad assicurare i diritti civili e sociali della collettività, nonchè la tutela dell ambiente, dell ecosistema e dei beni culturali, che si realizza attraverso una corretta progettazione». Sono, pertanto, vincolanti per i legislatori regionali le disposizioni di cui al d.lgs. n. 152/2006, recante «Norme in materia di ambiente» e contenente i livelli standards ed uniformi di tutela ambientale, e quelle contenute nel «Codice dei contratti pubblici», in relazione alle materie rimesse alla competenza esclusiva statale, di cui all art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 163/2006. Sulla scorta di tali argomentazioni risultano, in particolare, censurabili le disposizioni della legge regionale impugnata dall art. 5 all art. 9 di seguito elencate: 1) l art. 5, comma 2, prevede, che «per la realizzazione delle infrastrutture regionali la Regione predispone lo studio di fattibilità, verificandone, tra l altro, la compatibilità ambientale» attribuendo, con il successivo art.7, la competenza sulla VIA alla stessa regione. Ciò si pone in contrasto con la disciplina nazionale dettata dal d.lgs n. 152/2006 s.m.i. laddove è previsto, all Allegato II alla Parte II (Progetti di competenza statale), che sia di esclusiva competenza dello Stato l espletamento delle procedure di VIA per opere relative, tra l altro, a: tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a metri di lunghezza; autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l altro l arresto e la sosta di autoveicoli; strade extraurbane a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie, sempre che la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km. Tale disposizione, inoltre, predisponendo ai commi 2 e 3 che la regione provvede autonomamente allo studio di fattibilità, di compatibilità ambientale ed all affidamento dell incarico di redazione del progetto preliminare con la procedura disciplinata dallo stesso provvedimento regionale, contrasta con gli articoli 162, 165 e 183 del d.lgs. n. 163/2006 che attribuiscono tali competenze allo Stato, in quanto si tratta di profili rientranti nella nozione di tutela dell ambiente e della concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lett. e), ed s), Cost. 2) L art. 6, che disciplina la procedura per l affidamento del progetto preliminare attraverso la finanza di progetto, contrasta con gli artt. 153, 154 e 155 del d.lgs. n. 163/2006 secondo i quali le stazioni appaltanti possono provvedere all affidamento tramite la finanza di progetto nel rispetto della procedura disciplinata dalla stessa disposizione statale, nonché con l art. 4, comma 3 del codice dei contratti pubblici che attribuisce competenza esclusiva allo Stato in materia di procedure di affidamento e di attività di progettazione in quanto afferenti alla nozione di tutela della concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 3) La norma contenuta nell art. 7, che disciplina la procedura e l approvazione del progetto preliminare, non richiama in alcun modo le procedure previste dalla direttiva 92/43/CEE, recepita dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120/2003, relative alla procedura di Valutazione di incidenza nel caso di progetti ricadenti nell ambito dei Siti Natura 2000, ponendosi, pertanto, anche sotto tale profilo in contrasto con la disciplina statale e con le norme costituzionali citate. 4) L art. 8, contenente la disciplina della concessione avente per oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva nonché la realizzazione e la gestione della stessa infrastruttura, contrasta con l art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 che riconosce competenza esclusiva in capo allo Stato in materia di procedure di aggiudicazione e di affidamento in quanto aspetti riconducibili alla nozione di tutela della concorrenza, così come confermato dalla consolidata giurisprudenza costituzionale (in particolare la sent. 401/2007). Inoltre, la previsione in base alla quale la Regione può definire autonomamente con il concessionario autostradale una specifica autonoma convenzione, di cui al comma 2, da una parte può introdurre distorsioni nel mercato e dall altra determina una violazione del principio di leale collaborazione, di cui all art. 118, Cost., dal momento che si tratta di infrastrutture per i collegamenti a lunga distanza che vanno oltre l interesse regionale. 5) L art. 9, comma 2, che stabilisce quali devono essere i contenuti del progetto definitivo, contrasta con l art. 4, comma 3 del d.lgs n. 163/2006 che attribuisce in capo allo Stato la competenza esclusiva in materia di stipulazione ed esecuzione dei contratti in quanto afferenti alla materia «ordinamento civile», ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., come confermato di recente da codesta ecc.ma Corte costituzionale. Le citate norme regionali, quindi, in quanto dettano disposizioni difformi dalla normativa nazionale di riferimento in materia di VIA, afferente alla «tutela dell ambiente e dell ecosistema», di affidamenti e progettazione, afferente alla «tutela della concorrenza», e di contratti, ricadente nell «ordinamento civile»,violano la competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all art. 117, comma 2, lett. e), 1) e s) Cost. 98

99 P. Q. M. Si chiede che, ai sensi dell art. 127 della Costituzione, sia dichiarata l illegittimità costituzionale della legge della Regione Liguria n. 30 del 6 agosto 2009, pubblicata nel BUR n. 15 del 12 agosto 2009, recante norme in materia di «Promozione della realizzazione delle autostrade di interesse regionale, delle infrastrutture ferroviarie regionali e della fattibilità di tratte viarie strategiche sul territorio regionale», con consequenziali provvedimenti in ordine all intera legge per violazione dell art. 117, secondo comma, lett. e), l) e s) della Costituzione. Roma, addì 9 ottobre 2009 L Avvocato dello Stato: Pierluigi DI PALMA 09C0696 N. 93 Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 20 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Energia - Norme della Regione Molise - Disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - Impianti con capacità di generazione non superiore a 1 Mw elettrico - Autorizzazione dai Comuni competenti per territorio secondo le procedure semplificate stabilite dalle «linee guida» regionali - Contrasto con il riparto di funzioni autorizzative previsto dalla normativa nazionale che attribuisce la competenza alle Regioni e alle province delegate per gli impianti di grandi dimensioni e assoggetta alla sola DIA, di competenza dei Comuni, gli impianti di piccole dimensioni - Lamentata fissazione di soglia di potenza diversa da quella prevista dalle norme statali - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia. Legge della Regione Molise 27 agosto 2009, n. 22, art. 3, comma 1. Costituzione, artt. 3, 97, 117, comma terzo, e 118; decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12, comma 5. Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della giunta regionale in carica con sede in Campobasso per la declaratoria di incostituzionalità e conseguente annullamento dell articolo 3, comma 1, della legge della Regione Molise del 27 agosto 2009, n. 22, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione n. 18 del giorno 14 agosto 2009, recante «nuova disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Molise», per contrasto con l articolo 117, terzo comma, nonché con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, a seguito della determinazione del Consiglio dei ministri di impugnativa della predetta legge regionale, assunta nella seduta del giorno 9 ottobre Nel Bollettino ufficiale della Regione Molise n. 18 del 14 agosto 2009, risulta pubblicata la legge regionale 7 agosto 2009, n. 22, recante «nuova disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Molise». Con riferimento a tale legge, il testo dell impugnato articolo 3, comma 1, dispone testualmente che «fermo restando quanto previsto all articolo 12, comma 5, del decreto legislativo n. 387/2003, e successive modificazioni ed integrazioni, gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili con capacità di generazione non superiore a 1 Mw elettrico sono autorizzate dai comuni competenti per territorio secondo le procedure semplificate stabilite dalle linee guida-regionali». 2. In ordine alla denunciata illegittimità costituzionale del riportato articolo 3, comma 1, si osserva che tale previsione configura un riparto di funzioni autorizzative diverso da quello stabilito dall articolo 12, commi 3 e 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2001/77/CE relativa alla produzione dell energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell elettricità. L articolo 12, comma 3, infatti, stabilisce testualmente che «la costruzione e l esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di 99

100 modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione e dalle provincie delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizione legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al comma 4 e previa concessione d uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.». Il successivo comma 5, a sua volta, prevede che «all installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all articolo 2, comma 1, lettera b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell ambiente e della tutela del territorio e del mare, d intesa con la Conferenza unificata di cui all articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività». Pertanto, accertato che l articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 affida rispettivamente alle regioni o alla provincia delegata il rilascio dell autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e assoggetta alla sola denuncia di inizio attività (DIA) gli impianti stessi unicamente quando la loro capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A del decreto legislativo medesimo, risulta chiaro che detto assetto di competenze, nel rispetto dell articolo 118 della Costituzione, risponde all esigenza di attribuire alle regioni o alle province le funzioni amministrative relative agli impianti di grandi dimensioni, allo scopo di assicurarne l esercizio unitario sul territorio nazionale, riservando ai comuni soltanto la competenza relativa agli impianti di più piccole dimensioni, per i quali tale esigenza non si pone e per i quali è sufficiente la presentazione della DIA. L impugnata norma regionale, nel fissare una soglia di potenza diversa da quanto previsto dalla citata tabella A, viola pertanto l assetto di competenze deciso conformemente all art. 118 cost. e viola l art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia. Infatti, come già esposto, ai sensi dell art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387/2003 «maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività» sono stabilite con decreto interministeriale, d intesa con la Conferenza unificata. Non appare quindi legittima una norma regionale che, al di fuori del quadro tracciato dal legislatore nazionale, pone soglie di potenza diverse e/o maggiori, senza nemmeno distinguere tra le diverse tipologie di fonte rinnovabile. P. Q. M. Chiede che codesta Corte costituzionale voglia dichiarare illegittimo e quindi annullare l articolo 3, comma 1, della legge della Regione Molise n. 22 del 7 agosto verbale; Si depositeranno con l originale notificato del presente ricorso: 1) estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 9 ottobre 2009 e della relazione allegata al 2) copia della impugnata legge regionale n. 22/2008. Roma, addì 9 ottobre 2009 L Avvocato dello Stato: Enrico ARENA 09C

101 N. 94 Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 21 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Caccia - Norme della Regione Lombardia - Piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2009/ Lamentata assenza dei presupposti e delle condizioni poste dalla normativa comunitaria, contrasto con i principi stabiliti dal legislatore statale e dalla legge quadro regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione del vincolo comunitario, violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell ambiente. Legge della Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19. Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lett. s) ; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 4, comma 3; legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2007, n. 3; direttiva 409/79/CEE del 2 aprile 1979, art. 9. Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e assisti to dall Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, è domiciliato, nei confronti della Regione Lombardia, in persona del suo Presidente per la declaratoria della illegittimità costituzionale della legge regionale 6 agosto 2009, n. 19, recante: «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2009/2010 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)». F A T T O E D I R I T T O Con la legge regionale n. 19 del 6 agosto 2009 è stato approvato il piano di cattura dei richiami vivi, riportato all Allegato A, per la stagione vena toria 2009/2010, ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (legge quadro sulla cattura di richiami vivi). Detta legge, che si compone di un unico articolo, presenta i seguenti pro fili di illegittimità costituzionale. Innanzitutto la potestà in concreto esercitata in materia di autorizzazione alla gestione degli impianti per la cattura delle specie indicate nell Allegato A della legge in esame, autorizzazione che l art. 4, comma 3 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, riconosce alle regioni, risulta eser citata in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dalla normativa comunitaria in materia di protezione della fauna selvatica che subordina (art. 9 della dir. 409/79/CEE) la possibilità di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantità alla comprova ta assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigi damente controllate e all impiego di modalità selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente ne cessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio. Sotto tale profilo si configura la violazione del vincolo comunitario di cui all art. 117, primo comma, Cost., non avendo la Regione Lombardia rispet tato le misure dettate dalla direttiva sopra citata (come del resto confer mato dal parere negativo dell ISPRA del 9 giugno 2009). Ma l intervento regionale si pone in contrasto anche con i principi stabi liti dal legislatore statale con la richiamata legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», il cui art. 4, pur rimettendo alla competenza regio nale l autorizzazione alla approvazione del piano di cattura dei richiami vivi (comma 3) implica che detta potestà sia esercitata non solo nel ri spetto del diritto comunitario, come sopra rilevato, ma anche dei principi stabiliti dal legislatore statale con la predetta normativa, che richiede e spressamente il parere favorevole dell ISPRA, e con la legge quadro re gionale in materia di cattura dei richiami vivi, l.r. n. 5/2007, della quale la legge all esame è attuazione. La disposizione statale sopra richiamata costituisce indubbiamente una misura minima di tutela e, quindi. inderogabile per il legislatore regiona le; il suo mancato rispetto, dunque, fa venir meno quegli standards mi nimi e uniformi di tutela della fauna, risultando in tal modo violata l esigenza di tutela dell ambiente e dell ecosistema di competenza esclu siva dello Stato, ai sensi dell art. 117, secondo comma, lettera s) Cost. Come chiarito dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzio nale, infatti, l art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione, esprime una esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell ambiente e dell ecosistema, ponendo un limite a interventi regionali che possono pregiudicare gli equilibri ambientali (Corte cost. 20 dicembre 2002, n. 536; id. 22 dicembre 2006, n. 441). 101

102 P. Q. M. Si conclude perché la legge regionale impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima. Si producono: estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2009; relazione, allegata alla medesima delibera, del Ministro per i rap porti con le regioni. Roma, addì 8 ottobre 2009 L Avvocato dello Stato: Gabriella D AVANZO 09C0698 N. 279 Ordinanza del 28 aprile 2009 emessa dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Albanesi Mario Processo penale - Dibattimento - Deliberazione - Previsione che alla deliberazione concorrano, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento - Violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza, stante la utilizzabilità di atti formatisi davanti a giudice diverso prevista da altre norme del codice di rito - Contrasto con il principio di uguaglianza dei giudici dinanzi alla legge - Violazione del principio della ragionevole durata del processo. Codice di procedura penale, art. 525, comma 2. Costituzione, artt. 3, 101 e 111. IL TRIBUNALE Premesso che il processo a carico di Albanesi Mario deve essere celebrato dinanzi a questo giudice e che una parte dell attività istruttoria, consistita nell escussione di alcuni testi, è stata svolta dinanzi ad altro giudice, diversa persona fisica, che in precedenza era assegnatario del ruolo; Dato atto che nell odierna udienza, a fronte del consenso del p.m. all utilizzabilità degli atti di istruttoria dibattimentale ex art.511 cod. proc. pen., la difesa ha chiesto che l istruttoria svolta sia rinnovata ex art. 525, comma 2 cod. proc. pen.; Ritenuta applicabile all ipotesi di specie la disposizione indicata dalla difesa. Per questi motivi solleva d ufficio questione di legittimità costituzionale dell art.525, comma 2 cod. proc. pen. nella parte in cui prevede che alla deliberazione debbano concorrere a pena di nullità assoluta gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento, per contrasto rilevante e non manifestamente infondato con gli artt.3, 101 e 111 Cost. A) Sotto il profilo del contrasto con il principio di uguaglianza e di razionalità si osserva che nel codice di rito l utilizzabilità di atti formatisi dinanzi ad altro giudice è, invece, prevista: 1. nell art. 238 cod. proc. pen. che si occupa di disciplinare l acquisizione e la valutazione delle prove assunte nel corso dell incidente probatorio. In questa sede, si ricorda che il problema della perdurante valenza probatoria dell attività istruttoria dibattimentale già compiuta, in caso di mutamento della persona fisica: del giudicante, è stato già risolto dalla Consulta in senso opposto alla decisione presa dalle s.u. della suprema Corte, (n. 2/1999) con sentenza n. 17/1994, dichiarando l infondatezza dell eccepita incostituzionalità del combinato disposto degli artt cod. proc. pen., attesa la previsione di cui all art.511 cod. proc. pen., ritenendo ammissibile l acquisizione mediante lettura o indicazione sostitutiva dei verbali di dichiarazioni rese dai testi escussi dinanzi al precedente collegio o al diverso giudice persona fisica a prescindere dall esame del dichiarante ( cfr. anche C. cost. ord. n. 99/1996); 102

103 2. la stessa disposizione contempla, inoltre, l utilizzabilità degli atti di istruttoria dibattimentale formatisi in altri processi; 3. l art. 26 cod. proc. pen., inoltre, in ossequio al principio di conservazione degli atti di natura probatoria elaborato dalla Consulta ( cfr. sent. n. 255/1992) ha previsto che i verbali delle prove assunte dinanzi ad altro Giudice incompetente per materia conservano la loro validità; 4. l art. 33-novies cod. proc. pen. stabilisce che l inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina l inutilizzabilità delle prove già acquisite; 5. l art.42 cod. proc. pen. prevede, poi, che nell ipotesi di astensione o ricusazione, il provvedimento stabilirà se ed in quale parte gli atti assunti dinanzi al giudice astenutosi o ricusato conservino efficacia. Ne deriva che, a fortiori, nell ipotesi «fisiologica» di mutamento della persona fisica del giudice, per effetto ad esempio di tramutamenti o aspettative, gli atti di cui si tratta debbano conservare efficacia. B) In secondo luogo si eccepisce il contrasto con l art. 101 cost. in base al quale tutti i giudici sono uguali dinanzi alla legge, sicchè quello chiamato a sostituire il collega, deve essere considerato a quest ultimo uguale, atteso che, in tale ipotesi non si versa nemmeno nella situazione di «sospetto» di cui all art. 42 cod. proc. pen. relativa ad ipotesi di astensione o di ricusazione. Sembra, invece, che nell ipotesi di mutamento della persona fisica del giudice, atteso il diverso trattamento riservato al giudice subentrato rispetto a quello previsto nel caso di prove acquisite dinanzi ad altri giudici (quali sopra indicate), tale uguaglianza non pare sussistere. C) Da ultimo si eccepisce il contrasto con l art. 111 Cost. a norma del quale il processo deve avere ragionevole durata. La scelta di ritenere il giudice vincolato alla richiesta di parte di rinnovare l attività istruttoria dibattimentale in caso di mutamento della persona fisica del giudice o di uno o più membri del collegio, sebbene i verbali delle prove testimoniali facciano già legittimamente parte del fascicolo per il dibattimento in quanto assunte nel contraddittorio tra le parti, che produce il solo effetto di dilatare i tempi di durata del processo, favorendo l estinzione dei reati per prescrizione si pone in contrasto con la sopra indicata disposizione. Da ultimo, non è possibile, in questa sede, passare sotto silenzio come l eccessiva durata del processo sia causa delle numerose condanne inflitte, dalla Corte europea dei diritti dell uomo all Italia per violazione dell art. 6 della CEDU e sia, quindi, causa di esborsi notevoli per l Erario; questa ulteriore considerazione impone parimenti il ripudio di ogni attività ripetitiva eliminatile senza arrecare pregiudizio ai diritti fondamentali delle parti. A parere di questo giudice i tempi sono maturi per l accoglimento della presente eccezione di costituzionalità perché in questo frangente storico costituiscono un emergenza per il Paese sia la necessità di contrarre i tempi di durata dei procedimenti penali e civili che quella di ridurre la spesa a carico dell Erario e la declaratoria di illegittimità costituzionale dell art. 525, comma 2 cod. proc. pen. consente sia il contenimento dei tempi di durata dei procedimenti civili e penali che il risparmio delle risorse economiche dello Stato senza che ciò comporti la violazione di alcun diritto di rilevanza di costituzionale. P. Q. M. Dispone la sospensione del giudizio in corso. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, comunicata al Presidente della Repubblica ed ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Roma, addì 28 aprile 2009 Il giudice: BIANCHI 09C

104 N. 280 Ordinanza dell 11 maggio 2009 emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana sul ricorso proposto da Siciltuna Farm s.r.l. contro Assessorato Regionale della cooperazione, del commercio, dell artigianato e della pesca ed altri. Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Siciliana - Attribuzione alla Regione delle funzioni relative al rilascio di concessioni demaniali marittime nel mare territoriale - Contrasto con lo Statuto siciliano che attribuisce alla Regione Siciliana solo le competenze in materia di demanio marittimo (costiero) e non anche di mare territoriale. Legge della Regione Siciliana 16 aprile 2003, n. 4, art. 7, comma 1. Statuto della Regione Siciliana. IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 401/2007, proposto da Siciltuna Farm s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Aldo Bozzi, Claudia M.R. Gatti e Lucia Di Salvo, elettivamente domiciliata in Palermo, via Notarbartolo n. 5, presso lo studio dell ultimo dei predetti difensori; Contro l Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell artigianato e della pesca, in per sona dell assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato, nonché l Assessorato regionale territorio e ambiente - Capitaneria di porto di Siracusa, in persona dell asses sore pro tempore, rappresentato e difeso dall Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via, A. De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato e l Assessorato regionale beni culturali e ambientali e pubblica istruzione - Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, in persona dell assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall Avvocatura distrettuale dello Stato di Pa lermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, è per legge domi ciliato e i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell ambiente e tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati e la Commissione provinciale bb.nn. di Siracusa, in per sona del legale rappresentante pro tempore,non costituita in giudizio e nei confronti del comune di Siracusa, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall avv. Salvatore Bianca ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Resuttana Colli n. 366, presso lo studio dell avv. Tommaso D Angelo, nonché della Acquacoltura Lampedusa s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio e della Eden Fish - Maricoluta Megarese s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, per la riforma della sentenza del T.a.r. per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (sez. II) - n. 122 del 27 gennaio Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l atto di costituzione in giudizio dell Avvocatura dello Stato per le amministrazioni regionali e statali appellate e dell avv. S. Bianca per il comune di Siracusa; Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti del giudizio; Relatore, alla pubblica udienza dell 11 dicembre 2008, il consigliere Ermanno de Francisco; Uditi altresì l avv. A. Bozzi per la società appellante, l avv. del lo Stato Ciani per le amministrazioni regionali e statali appellate e l avv. S. Bianca per il comune di Siracusa; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 104

105 F A T T O Viene in decisione l appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha respinto il ricorso dell odierna appellante, e relativi motivi aggiunti, per l annullamento (con i l ricorso introduttivo): 1) del D.D.G. n. 07/Pesca dell Assessorato regionale cooperazione, commercio, artigianato e pesca del 4 febbraio 2003, comunicato con nota prot. n. 206 del 10 marzo 2003, nella parte in cui ha disposto di sciogliere positivamente la riserva contenuta nell art. 2 del D.D.G. n. 28 del 15 aprile 2002 e disciogliere negativamente la riserva contenuta nell art. 3 dello stesso D.D.G. del 15 aprile 2002, in ordine all ammissibilità del progetto AC12, presentato dalla ricorrente, ai benefici di cui alla misura (ora 4.16), sottomisura b), del P.O.R. Sicilia 2000/2006; 2) nonché, per quanto occorrere possa, dello stesso art. 3 del D.D.G. n. 28 del 15 aprile 2002, in parte qua, nonché del D.A. n. 1159/2001 con cui è stato approvato il bando pubblico relativo alla misura (in terventi a sostegno della pesca e dell acquacoltura, investimenti pro duttivi - SFOP), nonché dello stesso bando, in parte qua ; nonché (con i motivi aggiunti, depositati il 3 ottobre 2003): 3) della nota prot. n. 794 del 31 gennaio 2003, del Soprintendente e del dirigente responsabile del servizio BB.CC. di Siracusa, con cui è stato espresso parere contrario alla richiesta di concessione demaniale marittima nel tratto di mare compreso tra Punta Milocca e Capo Mur ro di Porco (Siracusa), avanzata dalla ricorrente; 4) nonché, per quanto occorrere possa, del verbale della Commissione provinciale BB.NN. del 5 marzo 2002; 5) della nota dell assessore all ecologia del Comune di Siracusa 22 novembre 2001, prot. n , concernente «competenza rilascio concessioni demanio Marittimo per l installazione di impianti di ma ricultura nel tratto di mare Punta Milocca e Capo Murro di Porco»; 6) nonché, per quanto occorrere possa, della nota prot. n del 12 febbraio 2002 inoltrata dalla Soprintendenza di Siracusa alla Capitane ria di porto di Siracusa; 7) dell ordinanza n. 147 del 6 dicembre 2001 dell assessore regionale ai BB.CC. e dell allegato I alla predetta ordinanza, avente a oggetto «Rada di Terrazza - Arenella e della fascia Costiera compresa tra Capo Murro di Porco e Fontane Bianche»; 8) della nota prot. n. 2766/2002 della Capitaneria di porto di Siracusa; 9) nonché, ancora, per quanto occorrere possa, della nota prot. n. 6420/2002, con la quale la Capitaneria di porto di Siracusa ha comu nicato all Assessorato regionale cooperazione, commercio, artigianato e pesca di ritenere di non poter procedere alla conclusione della istrut toria relativa alla richiesta di concessione demaniale marittima inoltra ta dalla Siciltuna; 10) nonché, ancora, della nota prot. n /02 a firma del dirigente del servizio V.I.A. dell Assessorato regionale territorio e ambiente; 11) infine, della nota prot. n del 8 agosto 2003, contenente la risposta della Capitaneria di porto di Siracusa all atto di diffida e mes sa in mora per l esecuzione del giudicato formatosi sulla decisione n. 2037/01 del T.a.r. Sicilia, sezione staccata di Catania; 12) nonché per la condanna della Capitaneria di porto di Siracusa, dell Assessorato regionale territorio e ambiente e. dell Assessorato ai BB.CC. - Soprintendenza di Siracusa, a risarcire i danni subiti dalla società ricorrente. All odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione. D I R I T T O 1. Con l atto introduttivo del giudizio di prime cure, la società ricorrente. ha impugnato, in sostanza, gli atti che hanno dato luogo al diniego di finanziamento (motivato con la mancanza della concessione demaniale marittima per utilizzare in via esclusiva pertinenti bracci di mare) per la realizzazione di gabbie per l allevamento in mare di tonni; nonché, coi motivi aggiunti, il parere della Soprintendenza con trario al rilascio della stessa concessione demaniale marittima e gli atti con cui la Capitaneria di porto ha omesso di provvedere sulla relativa istanza di rilascio di detta concessione (atti 8 e ss. di cui alla superiore narrativa in fatto). 105

106 2. La sentenza di primo grado in riferimento alla questione di legittimità costituzionale sollevata, già in quella sede, rispetto all art. 7 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 ha affermato che «Per quanto concerne la dedotta questione di legittimità costituzionale dell art. 7 della legge regionale n. 4/2003, la questione non appare al Collegio rilevante ai finì della decisione del presente giudizio, che non riguarda la questione del rilascio della concessione demaniale, bensì la diversa questione della legittimità o meno dell esclusione del progetto della ricorrente dal contributo richiesto». Questo Collegio non condivide siffatta valutazione del primo giudice, in punto di asserita irrilevanza di detta q.l.c. (che, comunque, parte appellante ha riproposto in questa sede d appello). Viceversa tale questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte appellante e comunque fatta propria dal Collegio appare chiaramente rilevante sull esito del presente giudizio, alla stregua del le considerazioni di cui appresso. 3. Con i motivi aggiunti di primo grado, la parte ricorrente ha censurato, come si è detto nella narrativa in fatto che precede ( cfr., ivi, atti 3 e ss., e 8 e ss.), il parere negativo reso della Soprintendenza rispetto al rilascio della concessione demaniale marittima; nonché la restituzione degli atti da parte della Capitaneria di porto all assessorato regionale territorio e ambiente, affinché fosse quest ultimo Organo regionale a provvedere, in luogo di quello statale, sull istanza di con cessione demaniale marittima presentata dalla Siciltuna Farm. Indubbiamente, siffatta trasmissione di atti cui evidentemente sottostà il trasferimento di competenze dallo Stato alla regione a provvedere al rilascio della concessione deriva in via immediata e diretta dall applicazione del cit. art. 7 della l.r. n. 4/2003, ius superveniens rispetto al procedimento per cui è causa. Con il corollario che a questo Collegio appare di immediata e incontrovertibile percezione che se non vi fosse stata tale norma di legge regionale (o se essa dovesse essere espunta dall ordinamento per ritenuta sua incostituzionalità) la Capitaneria non avrebbe trasferito gli atti all Assessorato, ma avrebbe provveduto essa stessa sull istanza di concessione demaniale marittima avanzata dalla Siciltuna Farm. Se ciò è vero, né si vede come lo si possa confutare, ad avviso di questo Collegio lungi dal potersi sostenere ciò che si legge a pag. 12, righe 17 e ss. della sentenza appellata, ossia che «è irrilevante sta bilire chi debba adottare la concessione medesima» andrebbe af fermata la pregiudizialità, rispetto all esame di ogni altro motivo di ricorso, delle censure, disattese in primo grado e puntualmente ripro poste in questa sede di gravame, relative all esatta individuazione del soggetto che abbia la competenza a provvedere sull istanza di concessione demaniale marittima. È, infatti, consolidato insegnamento giurisprudenziale che quella di competenza è questione sempre preliminare su ogni altra impin gente nei contenuti del provvedimento amministrativo, dato che in astratto non è dato sapere quali determinazioni adotterà l organo com petente allorché sarà chiamato a esercitare il proprio potere, ovvia mente impregiudicato dalle valutazioni di soggetti incompetenti. In quest ordine di idee, la questione di legittimità costituzionale del cit. art. 7 della l.r. n. 4 del 2003 si appalesa senz altro rilevante. Ove fondata, infatti, essa implicherebbe l annullamento della determinazione con cui la Capitaneria di porto ha trasmesso gli atti all Assessorato regionale, con accertamento giudiziale della spettanza del potere di provvedere sull istanza di concessione in capo al predetto Organo dello Stato; nonché con il corollario che, in attesa delle preli minari determinazioni di quest ultimo, anche le ulteriori decisioni ne gative qui impugnate (col ricorso originario o coi motivi aggiunti) po trebbero risultare viziate nel presupposto, ossia per essersi fondate sull erroneo assunto del difetto di rilascio di una concessione, la cui istanza finora non sarebbe stata ancora esitata dall organo competente. Né potrebbe addursi, in contrario, il fatto che gli atti impugnati con i motivi aggiunti provengano da amministrazioni non coincidenti con quelle che hanno emanato gli atti impugnati con il ricorso princi pale. Detti motivi aggiunti sono, infatti, comunque ammissibili, giac ché rivolti avverso atti emanati nell ambito della stessa sequenza pro decimentale; dovendo la locuzione «tra le stesse parti» (di cui al secondo periodo del comma 1 dell art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per come modificata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205) esse re intesa nel senso che è ammessa l impugnazione con motivi aggiun ti, nel simultaneus processus voluto dalla legge, per ogni atto soprav venuto in pendenza del giudizio amministrativo, che provenga dalla pubblica amministrazione, lato sensu intesa, e che incida nella sfera giuridica della parte ricorrente. La riscontrata ammissibilità dei motivi aggiunti, data l indubbia connessione tra gli atti impugnati in corso di causa e quelli impugnati col ricorso originario, ne implica cognizione piena in questo giudizio. 106

107 Infatti, l oggetto del giudizio, proprio a causa della proposizione dei motivi aggiunti, non era né è limitato al diniego di finanziamento, come sembra ritenere la sentenza gravata, ma si estende al diniego di concessione demaniale marittima (che del diniego di finanziamento costituisce l immediato antecedente logico-giuridico, e che proprio per tale ragione è stato censurato con i ricordati motivi aggiunti). Orbene, richiamato ciò che si è detto, in ordine allo scrutinio di legittimità dell impugnato diniego di concessione demaniale marittima questo Consiglio Ritiene che non si possa prescindere dallo scrutinio di legittimità costituzionale dell articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 4 del Ciò chiarito in punto di rilevanza della questione, deve passarsi a trattare della sua non manifesta infondatezza. 4. La questione di legittimità costituzionale del comma 1 dell art. 7 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 a tenore del quale «La regione esercita le funzioni relative al rilascio di concessioni demaniali marittime nel mare territoriale per tutte le finalità, ad eccezione di quelle relative all approvvigionamento di fonti di ener gia» non appare prima facie manifestamente infondata, e anzi il Col legio dubita della sua conformità a Costituzione, in ragione del fatto che né lo Statuto siciliano approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, e quindi convertito in legge costituzionale dall art. 1 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 né la Co stituzione della Repubblica italiana sembrano attribuire competenze alla Regione Siciliana in materia di mare territoriale, almeno per quan to riguarda la relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marit timo (ossia quella cui ha riguardo il comma 1 dell art. 7 della cit. l.r., nonché quella stessa che viene in rilievo nell istanza di concessione presentata dalla Siciltuna Farm e per cui è qui causa). In altri termini, non sembra potersi escludere con certezza che, approvando siffatta norma di legge regionale, la Regione Siciliana si sia autoattribuita, praeter vel contra costitutionem, un ambito di com petenza funzionale relativo al mare territoriale ubicato al di là del de manio marittimo (costiero) che, nel riparto delle attribuzioni tra Orga ni costituzionali, avrebbe dovuto rimanere allo Stato (come era prima dell approvazione della cit. l.r.); ovvero, in linea logicamente subor dinata, che non avrebbe potuto essere distolto da quest ultimo alla Re gione Siciliana, per mero atto unilaterale regionale. Ciò posto e dovendosi demandare ogni ulteriore valutazione in merito al giudice delle leggi giacché il sindacato di costituzionalità in italia è, come deve restare, accentrato presso la Corte costituzionale n. 1034, per come modificata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205) essere intesa nel senso che è ammessa l impugnazione con motivi aggiunti, nel simultaneus processus voluto dalla legge, per ogni atto sopravvenuto in pendenza del giudizio amministrativo, che provenga dalla pubblica amministrazione, lato sensu intesa, e che incida nella sfera giuridica della parte ricorrente. La riscontrata ammissibilità dei motivi aggiunti, data l indubbia connessione tra gli atti impugnati in corso di causa e quelli impugnati col ricorso originario, ne implica cognizione piena in questo giudizio. Infatti, l oggetto del giudizio, proprio a causa della proposizione dei motivi aggiunti, non era né è limitato al diniego di finanziamento, come sembra ritenere la sentenza gravata, ma si estende al diniego di concessione demaniale marittima (che del diniego di finanziamento costituisce l immediato antecedente logico-giuridico, e che proprio per tale ragione è stato censurato con i ricordati motivi aggiunti). Orbene, richiamato ciò che si è detto, in ordine allo scrutinio di legittimità dell impugnato diniego di concessione demaniale marittima questo Consiglio Ritiene che non si possa prescindere dallo scrutinio di legittimità costituzionale dell articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 4 del Ciò chiarito in punto di rilevanza della questione, deve passarsi a trattare della sua non manifesta infondatezza. 4. La questione di legittimità costituzionale della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 a tenore del quale «La regione esercita le funzioni relative al rilascio di concessione demaniali marittime nel mare territoriale per tutte le finalità, ad eccezione di quelle relative all approvvigionamento di fonti di ener gia» non appare prima facie manifestamente infondata, e anzi il Col legio dubita della sua conformità a Costituzione, in ragione del fatto che né lo Statuto siciliano approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, e quindi convertito in legge costituzionale dall art. I della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 né la Co stituzione della Repubblica italiana sembrano attribuire competenze alla Regione Siciliana in materia di mare territoriale, almeno per quan to riguarda la relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marit timo (ossia quella cui ha riguardo il comma 1 dell ari 7 della cit. l.r., nonché quella stessa che viene in rilievo nell istanza di concessione presentata dalla Siciltuna Farm e per cui è qui causa). 107

108 In altri termini, non sembra potersi escludere con certezza che, approvando siffatta norma di legge regionale, la Regione Siciliana sì sia autoattribuita, praeter vel tra costitutionern, un ambito di com petenza funzionale relativo al mare territoriale ubicato al di là del de manio marittimo (costiero) che, nel riparto delle attribuzioni tra Orga ni costituzionali, avrebbe dovuto rimanere allo Stato (come era prima dell approvazione della cit. l.r.); ovvero, in linea logicamente subor dinata, che non avrebbe potuto essere distolto da quest ultimo alla Re gione Siciliana, per mero atto unilaterale regionale. Ciò posto e dovendosi demandare ogni ulteriore valutazione in merito al giudice delle leggi, giacché il sindacato di costituzionalità in Italia è, come deve restare, accentrato presso la Corte costituzionale appare senz altro precluso al Collegio di dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in via preliminare dall appellante. Peraltro, e secondo quanto si è già rilevato, se l articolo 7 cit. fosse costituzionalmente legittimo, sarebbe esatta l affermazione che tale norma sopravvenuta abbia imposto, nella vicenda per cui è causa, la restituzione degli atti dalla Capitaneria di porto al competente Assessorato regionale; sicché il pertinente motivo di ricorso andrebbe necessariamente disatteso anche in questa sede di appello. Viceversa, se il cit. art. 7 fosse costituzionalmente illegittimo, sarebbe altresì illegittimo, e andrebbe perciò in questa sede annullate, il diniego della Capitaneria di provvedere sull istanza di concessione. Sicché, pur a voler prescindere da ulteriori corollari (comunque ipotizzabili, come si è sopra accennato) dell eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale del cit. art. 7 sull esito di questo giudizio a quo, la rilevanza della questione trova sufficiente dimostrazione nel rilievo dell immediata implicazione che tale declaratoria ha rispetto all annullamento di almeno uno dei più atti in questa sede impugnati. 5. È riservato al merito ogni profilo in rito, in merito e sulle spese. P. Q. M. Ritenuta, nei sensi di cui in motivazione, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell art. 7, comma 1, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, per contrasto o incompatibilità con lo Statuto regionale siciliano, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, e convertito in legge costituzionale dall art. 1 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché con le competenze e funzioni che detto statuto e la Costituzione della Repubblica italiana attribuiscono alla Regione Siciliana in materia di mare territoriale, per quanto concerne la relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marittimo, dispone la sospensione del presente giudizio e manda alla segreteria per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, previe notifiche di rito alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché comuni cazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia amministra tiva per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella Camera di consiglio dell 11 dicembre Il Presidente: VIRGILIO L estensore: DE FRANCISCO 09C

109 N. 281 Ordinanza del 16 giugno 2009 emessa dal Tribunale di Arezzo nel procedimento civile promosso a S.M. contro I.N.P.S. Previdenza - Indennità di malattia - Periodo massimo indennizzabile di 180 giorni - Superabilità nel caso di soggetti sottoposti a dialisi per insufficienza renale - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento dei malati di insufficienza renale sottoposti a dialisi rispetto ai lavoratori incorsi in infortuni sul lavoro o affetti da malattia tubercolare (legge n. 1088/1970) - Violazione del principio di tutela della salute - Incidenza sulla garanzia previdenziale. Codice civile, art Costituzione, artt. 3, 32 e 38. IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sciogliendo la riserva assunta all udienza del 4 giugno 2009; Ritenuto in fatto che con ricorso depositato in data 9 settembre 2008 e notificato assieme al decreto di fissazione d udienza, S. M. ha convenuto l Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) avanti al Tribunale di Arezzo, in veste di giudice monocratico del lavoro, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: a) accertare e dichiarare che S. M. ha diritto all erogazione dell indennità di malattia con le modalità di legge per tutte le giornate di assenza per dialisi, ritenendo le stesse scorporabili dal periodo massimo indennizzabile di 180 giornate; b) condannare l INPS ad erogare (o autorizzare il datore di lavoro all erogazione, salvo conguaglio) a S. M. l indennità di malattia per 17 giorni decorrenti dall 8 al 31 dicembre 2007 con gli interessi e la rivalutazione monetaria di legge; c) in via meramente ipotetica e subordinata, sollevare innanzi alla Corte costituzionale questione di legittimità costituzionale dell art c.c., primo comma, nella parte in cui non annovera anche la dialisi tra le malattie atte ad escludere la decorrenza del periodo massimo indennizzabile. Il ricorrente ha dedotto in proposito di essere soggetto a dialisi per insufficienza renale e che nel 2007 ha usufruito di n. 180 giornate corrispondenti al periodo massimo indennizzabile per i lavoratori a tempo indeterminato. Ha aggiunto che si è dovuto assentare anche per ulteriori 17 giorni di dialisi che, pur ritenuti giustificati, tuttavia non sono stati retribuiti. Ha infine ricordato che, con nota del 10 aprile 2008, il Patronato INCA di Arezzo ha anche rivolto apposita istanza all INPS affinchè l istituto considerasse la dialisi quale malattia «specifica», da scorporare dalle 180 giornate di malattia generica indennizzabile al lavoratore, ma che l INPS, con nota del 5 maggio 2008, ha risposto che la richiesta non poteva essere accolta «per mancanza dei requisiti normativi». Costituitosi in giudizio, l INPS ha resistito all accoglimento della domanda, deducendo che il trattamento di dialisi non era una «malattia», ma un evento terapeutico. Ha inoltre ribadito l insussistenza del diritto al trattamento economico di malattia per periodi di assenza eccedenti i 180 giorni annui, quando non siano determinati da una delle cause indicate dall art c.c. Ha infatti sostenuto che tale disposizione di legge, in quanto limitativa di un generale principio, è necessariamente «norma speciale» e quindi non è suscettibile di interpretazioni estensive o analogiche. Pertanto, ove non sia dichiarata incostituzionale, non può che produrre effetti escludenti il diritto preteso dal ricorrente. In sede di discussione orale, le opposte difese hanno insistito nelle conclusioni rassegnate. Ritenuto in diritto che: la disposizione di cui all art c.c. stabilisce che in caso di malattia è dovuta al lavoratore una indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme contrattuali, dagli usi o secondo equità; comunque l indennità di malattia è dovuta per le giornate indennizzabili comprese in un periodo massimo di 180 gg.; 109

110 anche secondo le circolari dell Istituto convenuto, le giornate di assenza dal lavoro per effettuazione del trattamento di dialisi devono essere considerate come un «unico episodio morboso continuativo» ( v. circolare 28 gennaio 1981, n A.G.O./14); sempre per l Istituto, qualora il lavoratore venga a trovarsi in uno stato di incapacità lavorativa per il sopraggiungere di una malattia «diversa» da quella per la quale è praticato il trattamento emodialitico, la malattia sopravvenuta deve considerarsi «autonoma e prevalente» rispetto a quella preesistente; tuttavia, sempre ai fini del periodo massimo di malattia indennizzabile pari a 180 gg., le giornate di trattamento emodialitico devono essere «sommate» a quelle delle eventuali malattie sopravvenute; pertanto, come esattamente sottolinea la difesa ricorrente, nel caso in cui il lavoratore sottoposto a dialisi si ammali per altro evento patologico e con ciò superi i 180 gg., per le ulteriori giornate di dialisi non vedrà il riconoscimento della indennità di malattia; Ritenuto sempre in diritto: che l art c.c. (in relazione alla normativa di cui alla legge n. 138 del 1943) appare viziato da illegittimità costituzionale; che la questione di legittimità costituzionale come sopra prospettata appare rilevante in causa e non manifestamente infondata per i seguenti motivi: a) in primo luogo, con riguardo all art. 3 della Costituzione, stante la violazione del principio di uguaglianza, violazione insita nel fatto di disporre una tutela «attenuata», a parità di altre condizioni, a carico di un lavoratore affetto da insufficienza renale e perciò soggetto a trattamento di emodialisi rispetto ad un lavoratore in stato di infortunio o magari malato di tubercolosi ( per il quale esiste specifica normativa come la legge n. 1088/1970 che prevede l erogazione della indennità giornaliera anche oltre 180 gg.), il che appare palesemente insufficiente a giustificare tale discriminazione; la mancata previsione del diritto all indennità di malattia a favore dei soggetti a trattamento emodialitico risulta particolarmente irrazionale perché non si giustifica l erogazione della indennità di malattia solo a favore di alcuni soggetti (come quelli prima citati) e non di altri come i dializzati, che rappresentano una categoria non prevista e pertanto «esclusa» dalla possibilità di usufruire della citata indennità anche oltre il periodo limite di 180 gg.; b) la disposizione in esame appare in contrasto anche con 1 art. 38 della Costituzione, perché si pone in violazione di quei principi di solidarietà sociale che informano l ordinamento e che vedono nel comma 2 dell art. 38 Cost. uno specifico precetto posto a tutela dei lavoratori e volto a garantire agli stessi «mezzi adeguati» alle loro esigenze di vita proprio in caso di malattia; c) inoltre appare in contrasto pure con l art. 32 Cost., norma a cui la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto in più occasioni una portata immediatamente precettiva (v. sent. 20 maggio 1982, n. 104), sottolineando che la salute è un valore protetto dalla Costituzione come fondamentale diritto dell individuo ed interesse della collettività, tanto da essere costantemente riconosciuto come primario, sia per la sua inerenza alla persona umana, sia per la sua valenza di diritto sociale (v. Corte cost. 31 gennaio 1991, n. 37); che pertanto in relazione al bene salute è individuabile e si configura un diritto soggettivo assoluto e primario, volto a garantire le condizioni di integrità psico-fisica delle persone bisognose di cura, in specie allorquando ricorrano condizioni di «indispensabilità», non altrimenti «sopperibili», come nei casi in cui per i dializzati si tratti di trattamenti «salvavita»; che la rilevanza della questione nel giudizio a quo risiede nel fatto che da essa dipende l accoglimento della domanda nel merito; che infatti se la disposizione censurata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima non sussisterebbe più alcuna possibilità di «sommatoria» tra le giornate di trattamento emodialitico e quelle di malattia comune, in quanto, nel caso dei malati di insufficienza renale sottoposti a dialisi, verrebbe ad essere individuata una malattia «specifica», non assimilabile ai giorni di malattia generica e da essa «scorporatile», per cui il lavoratore verrebbe, in caso di declaratoria di illegittimità, senz altro a godere della indennità di malattia anche oltre il periodo massimo indennizzabile; che pertanto risulta inevitabile sollevare la questione di legittimità costituzionale relativamente all art c.c. 110

111 P. Q. M. Visto l art. 23 della legge n. 87/1953; 1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell art c.c. per contrasto con gli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione nella parte in cui non prevede che anche per i soggetti sottoposti a dialisi sia superabile il periodo massimo indennizzabile; 2) Sospende il giudizio in corso; 3) Dispone la trasmissione immediata dell ordinanza alla Corte costituzionale unitamente agli atti del giudizio ed alla prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza: a) alle parti in causa e b) al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché per la comunicazione della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Arezzo, addì 15 giugno 2009 Il giudice: AFELTRA 09C0676 N. 282 Ordinanza del 28 settembre 2009 emessa dal Giudice di pace di Orvieto nel procedimento penale a carico di James Victor Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Violazione del principio di ragionevolezza sotto diversi profili - Contrasto con i principi di offensività e di proporzionalità - Violazione del principio di solidarietà. Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 -bis, aggiunto dall art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. Costituzione, artt. 2, 3, 10 e 25, commi secondo e terzo. IL GIUDICE DI PACE Sentito il parere del p.m. che ha sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all articolo di cui all imputazione e del difensore che si è associato, questo giudice osserva. Il reato appare in contrasto con gli artt. 2, 3, 25 secondo e terzo comma in relazione agli artt. 27 e 13 della Costituzione. Il reato in questione appare in contrasto con il principio di ragionevolezza rivelandosi del tutto privo di ratio giustificatrice in quanto il fine che si prefigge è quello dell allontanamento dello straniero clandestino dal territorio nazionale. Tale fine viene raggiunto già in sede amministrativa ove è prevista l espulsione del soggetto irregolare da parte degli organi di polizia senza alcun nulla-osta da parte dell autorità giudiziaria. 111

112 Riguardo alla pena pecuniaria prevista dalla norma in esame, trattasi di applicazione del tutto teorica in quanto, nella specie, sarebbe applicata a persone nullatenenti e privi di sicura domiciliazione tanto che anche la eventuale conversione della pena pecuniaria in lavori di pubblica utilità ex art. 660 c.p.p. non otterrebbe alcun risultato utile. Altrettanto in contrasto con il principio di offensività e proporzionalità appare il reato in questione ove si consideri che la suprema Corte, con sent. n. 78/07, ha affermato che il mancato possesso di un titolo valido per la permanenza nello Stato non è di per sé sintomo di una particolare pericolosità sociale per cui non può essere accomunata la semplice permanenza con la situazione dello straniero che è entrato nel territorio nazionale per commettere un reato. Infatti la espressione «fatto commesso» contenuta nell art. 25, secondo comma, in relazione all art. 27 della Costituzione indica il carattere personale della responsabilità penale, imponendo pertanto un limite alla applicazione delle pene che costituiscono una estrema ratio e devono essere applicate a particolari situazioni di pericolosità sociale fra le quali certamente non rientrano i casi di coloro che per disperazione migrano, sia pur illegalmente, in altri paesi. Pertanto appare del tutto incomprensibile prevedere un reato per una situazione che può essere risolta in ambito amministrativo. La norma in esame contrasta anche con l art. 10 della Costituzione e, soprattutto con l art. 2, violando sia il principio di solidarietà, posto tra i valori fondamentali dell uomo, sia assumendo un connotato discriminatorio nei confronti di persone che, in condizione di bisogno, vengono considerate possibili fonti di atti delinquenziali. (Vedasi a tal proposito la Convenzione di Ginevra sull asilo politico, la Dichiarazione dei diritti dell uomo e le varie Convenzioni sui lavoratori migranti e sui diritti del fanciullo ratificate dall Italia). Va infine rilevato, quale ulteriore profilo di irrazionalità della norma, che il reato di illegale trattenimento nel territorio dello Stato, rispetto a quello istantaneo di ingresso clandestino, è privo di normativa transitoria (quale quella prevista per le colf e badanti) per cui il clandestino, anche se lo volesse, non godrebbe di alcuna possibilità di evitare i rigori della legge. P. Q. M. Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione, 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell art. 10 -bis, d.lgs. n. 286 del 1998, come introdotto dalla legge n. 94 del 2009, con riferimento agli artt. 2, 3, 10, 25 secondo e terzo comma in relazione agli artt. 13 e 27 della Costituzione e art. 111 stessa Carta. Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati. Manda alla cancelleria per gli adempimenti. Orvieto, addì 28 settembre 2009 Il giudice di pace: GUADAGNO 09C

113 N. 283 Ordinanza del 28 maggio 2009 emessa dalla Corte d appello di Venezia nel procedimento civile promosso da B.M. contro Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense Lavoro (tutela del) - Liberi professionisti - Indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi - Limitazione alla madre libera professionista, con esclusione del padre libero professionista - Ingiustificata disparità di trattamento tra figure genitoriali e tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti - Violazione del principio di uguaglianza dei coniugi in relazione ai compiti di mantenimento, educazione ed istruzione dei figli - Violazione dei principi di tutela della famiglia e della maternità ed infanzia. Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 70. Costituzione, artt. 3, 29, comma secondo, 30, primo comma, e 31. LA CORTE D APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da B.M., appellante, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, appellato. Appello avverso la sentenza Tribunale di Rovigo n. 29/2008. La Corte, sciogliendo la riserva espressa all udienza del 12 maggio 2009, osserva quanto segue. L appellante ha chiesto che venga accertato il proprio diritto di beneficiare della indennità di maternità, prevista per le libere professioniste dall art. 70, d.lgs. n. 151/2001, in alternativa alla madre, quale padre di M.B., nato il La domanda viene anzitutto fondata sulla sentenza n. 385/2005 della Corte costituzionale, che ha «dichiarato l illegittimità costituzionale degli art. 70 e 72, d.lgs. 26 marzo 2001, n nella parte in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre l indennità di maternità attribuita solo a quest ultima». La sentenza della Corte costituzionale è stata emessa all esito di una questione di costituzionalità delle norme richiamate sollevata dal Tribunale di Sondrio, relativamente al diritto del padre, libero professionista, di beneficiare, in alternativa alla madre, della indennità di maternità per i tre mesi successivi all ingresso del bambino in famiglia, nella fase di affidamento preadottivo. Questa Corte condivide la tesi della Cassa appellata circa la natura di sentenza additiva di principio della pronuncia della Corte costituzionale, priva di effetto diretto al di fuori della fattispecie dell affidamento preadottivo. In questa direzione conduce l esame della parte motiva della sentenza, in cui si fa espresso riferimento alla disciplina dell art. 72, d.lgs. n. 151/2001 e al raffronto tra la situazione dei genitori adottivi o affidatari e dei genitori biologici. Tuttavia, la sentenza della Corte costituzionale enuncia dei principi in materia di tutela dell interesse del figlio e di equiparazione delle situazioni dei genitori, che portano questa Corte a dubitare della costituzionalità dell art. 70, d.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui attribuisce alla sola madre, quanto meno con riferimento ai tre mesi successivi al parto, il diritto di beneficiare della indennità di maternità. In questo senso si ritiene opportuno richiamare i passaggi della sentenza n. 385/2005, che sottolineano il percorso legislativo compiuto fino al d.lgs. n. 151/2001, nel segno della estensione al padre lavoratore «dei diritti in precedenza spettanti solo alla madre, a protezione del preminente interesse della prole». In questa prospettiva, la sentenza in esame richiama le precedenti pronunce della stessa Corte n. 1/1987, che ha sancito il diritto del lavoratore padre all astensione dal lavoro e al godimento dei riposi giornalieri in caso di decesso o di altra grave infermità della madre, n. 341/1991, in tema di diritto all astensione dal lavoro del lavoratore affidatario di minore durante i primi tre mesi dal suo ingresso in famiglia, in alternativa alla moglie lavoratrice, e n. 179/1993, in tema di spettanza al lavoratore padre del diritto ai riposi giornalieri, in alternativa alla madre lavoratrice consenziente. In tutti questi casi la Corte costituzionale ha motivato l estensione dei diritti del padre lavoratore sulla base del riconoscimento in capo al bambino della titolarità di un interesse specifico e autonomo rispetto a quello dei genitori, da tutelare nell ambito della legislazione protettiva. 113

114 Nella vicenda in esame vanno richiamate anche altre sentenza della Corte costituzionale, che hanno messo in evidenza la specificità della condizione della lavoratrice autonoma, e della libera professionista madre, sottolineando la differente disciplina normativa in tema di tutela della maternità rispetto alla lavoratrice subordinata. In questo senso, già con la sentenza n. 181/1993, la Corte costituzionale ha sottolineato la differente situazione della lavoratrice madre subordinata, per cui vige il divieto di prestazione dell attività lavorativa nel periodo compreso trai due mesi antecedenti e i tre successivi al parto, e della lavoratrice autonoma, per cui non è prevista una interdizione analoga e la tutela dei valori riconosciuti dalla legge è perseguita attraverso l erogazione economica della indennità di maternità. La sentenza n. 3/1998 ribadisce le peculiarità delle due forme di prestazione lavorativa, autonoma e subordinata, e l impossibilità di una trasposizione delle tutele dall uno all altro tipo contrattuale. La sentenza sottolinea poi «il sistema di autogestione dell attività proprio delle lavoratrici autonome, che consente loro di scegliere liberamente le modalità di lavoro tali da conciliare le esigenze professionali con il prevalente interesse del figlio». La sentenza, infine, individua il duplice obiettivo che il sostegno economico fornito alle lavoratrici madre autonome persegue: da un lato la tutela della salute della donna e del nascituro e dall altro il sostegno al reddito, per evitare che alla maternità si colleghino stati di bisogno. La duplice finalità della indennità è ribadita anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, che sottolinea il sistema di autogestione dell attività lavorativa, che caratterizza le lavoratrici madri autonome ( cfr. Cass. 7447/1999), evidenziando poi come la finalità dell istituto in esame non sia collegabile all evento fisico del parto, quanto alla maternità, intesa come funzione che la madre esercita nei confronti del bambino ( cfr. Cass /2001, con esplicito richiamo, sul punto, a Corte costituzionale n. 1/1987). In questa prospettiva, la Corte costituzionale, nelle sentenze appena richiamate, ha evidenziato la funzione delle norme in esame anche nella prospettiva del figlio, valorizzando la tutela delle esigenze di sviluppo dei rapporti relazionali ed affettivi con entrambi i genitori. Proprio le specificità della condizione della lavoratrice madre autonoma che sono state prima evidenziate, portano quindi a ritenere che i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 385/2005 possano riferirsi anche alla fattispecie in esame. Infatti, se per la lavoratrice autonoma non vige il divieto di prestazione dell attività lavorativa, essendo privilegiata l autogestione della attività lavorativa, e se la funzione della indennità della maternità è anche quella di consentire alla madre di svolgere quella funzione di cura del bambino, sottolineata tanto dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione, è allora evidente che vanno tutelate anche nella fattispecie in esame quelle esigenze di organizzazione della vita familiare e lavorativa meglio rispondenti alle esigenze della prole, che possono essere affrontate e risolte in base alla decisione dei genitori di stabilire chi assentandosi dal lavoro, debba svolgere il ruolo di assistenza e cura del bambino, che la sentenza n. 385/2005 valorizza, fino a utilizzarle per fondare la propria decisione di incostituzionalità degli art. 70 e 72, d.lgs. n. 151/2001. Infatti, è proprio nella sentenza richiamata che la Corte costituzionale afferma il principio che rimette in via esclusiva ai genitori il potere di scegliere quale dei due debba assentarsi dal lavoro per svolgere i compiti di assistenza e di cura dei figli. La disciplina vigente, che attribuisce alla sola madre il diritto di percepire l indennità di maternità, contrasta quindi con questa ricostruzione delle facoltà e dei poteri dei genitori in materia di tutela della prole che invece la Corte costituzionale ha affermato, impedendo in concreto l esercizio del potere di scelta di quale tra i genitori debba assistere il figlio, rinunciando allo svolgimento dell attività lavorativa. Ciò appare in modo evidente proprio nell ambito di una disciplina caratterizzata dalla facoltà, concessa alla lavoratrice madre, di determinarsi autonomamente per l esercizio della attività lavorative, sganciando l erogazione della indennità dalla astensione dal lavoro. Ritiene infine questa Corte che la specifica situazione del padre libero professionista non possa essere raffrontata, sul punto, con quella del padre lavoratore subordinato, al quale l indennità di maternità spetta, nello stesso periodo protetto, alle condizioni previste dall art. 28, d.lgs. n. 151/2001. In particolare, ciò che differenzia le due situazioni considerate sta proprio nell assenza, per la lavoratrice madre autonoma, di un divieto di prestazione dell attività lavorativa nel periodo protetto, e invece il riconoscimento di una autogestione della attività lavorativa, che incide indubbiamente anche sul regime di estensione dei diritti al lavoratore autonomo padre. Questa Corte ritiene quindi che la questione di costituzionalità dell art. 70, d.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui non riconosce al padre lavoratore autonomo, in alternativa alla madre lavoratrice autonoma, di beneficiare della indennità di maternità nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto, non sia manifestamente infondata, con riferimento agli art. 29, comma 2, che afferma il principio di uguaglianza tra i coniugi anche in relazione ai compiti di cui all art. 30, comma 1, 31, che pone la tutela della famiglia e del minore come compito fondamentale dell ordinamento, 114

115 e 3 della Costituzione, che afferma il principio di parità di trattamento, nella parte in cui viene affermata l ingiustificata disparità di trattamento tra madre e padre liberi professionisti. La questione di costituzionalità risulta pure rilevante, con riferimento alle conclusioni svolte in via principale dal ricorrente appellante. A questo proposito va considerato che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 385/2005, ha evidenziato come la lettera dell art. 70, d.lgs. n. 151/2001 sia «di chiara interpretazione e, nel fare esclusivo riferimento alle libere professioniste, esclude in linea di principio i padri liberi professionisti dal godimento di detto beneficio». Proprio i limiti derivanti dalla formulazione letterale della norma escludono la possibilità di una interpretazione costituzionalmente adeguatrice, come prospettato dalla giurisprudenza di merito richiamata dall appellante, e impongono una pronuncia della Corte costituzionale per la valutazione della costituzionalità della legge. P. Q. M. Visto l art. 23, legge costituzionale n. 87/1953; Dichiara la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione di costituzionalità dell art. 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevede che il diritto alla indennità di maternità spetti al padre in alternativa alla madre, per contrasto con gli art. 3, 29 secondo comma, 30, primo comma e 31 della Costituzione. Dispone l immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il processo. Manda alla cancelleria per la notifica del presente provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Si comunichi alle parti. Venezia, addì 25 maggio 2009 Il Presidente: SANTORO 09C0678 ITALO ORMANNI, direttore ALFONSO ANDRIANI, redattore DELIA CHIARA, vice redattore (GU-2009-GUR-047) Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. - S. 115

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117 MODALITÀ PER LA VENDITA La «Gazzetta Ufficiale» e tutte le altre pubblicazioni dell Istituto sono in vendita al pubblico: presso l Agenzia dell Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. in ROMA, piazza G. Verdi, ; presso le librerie concessionarie riportate nell elenco consultabile sul sito al collegamento rete di vendita (situato sul lato destro della pagina). L Istituto conserva per la vendita le Gazzette degli ultimi 4 anni fi no ad esaurimento. Le richieste per corrispondenza potranno essere inviate a: Funzione Editoria - U.O. DISTRIBUZIONE Attività Librerie concessionarie, Vendita diretta e Abbonamenti a periodici Piazza Verdi 10, Roma fax: editoriale@ipzs.it avendo cura di specifi care nell ordine, oltre al fascicolo di GU richiesto, l indirizzo di spedizione e di fatturazione (se diverso) ed indicando i dati fiscali (codice fiscale e partita IVA, se titolari) obbligatori secondo il DL 223/2007. L importo della fornitura, maggiorato di un contributo per le spese di spedizione, sarà versato in contanti alla ricezione.

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119 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CANONI DI ABBONAMENTO ANNO 2010 (salvo conguaglio) (*) GAZZETTA UFFICIALE - PARTE I (legislativa) Tipo A Abbonamento ai fascicoli della serie generale, inclusi tutti i supplementi ordinari: (di cui spese di spedizione 257,04) (di cui spese di spedizione 128,52) Tipo A1 Abbonamento ai fascicoli della serie generale, inclusi i soli supplementi ordinari contenenti i provvedimenti legislativi: (di cui spese di spedizione 132,57) (di cui spese di spedizione 66,28) Tipo B Abbonamento ai fascicoli della serie speciale destinata agli atti dei giudizi davanti alla Corte Costituzionale: (di cui spese di spedizione 19,29) (di cui spese di spedizione 9,64) Tipo C Abbonamento ai fascicoli della serie speciale destinata agli atti della CE: (di cui spese di spedizione 41,27) (di cui spese di spedizione 20,63) Tipo D Abbonamento ai fascicoli della serie destinata alle leggi e regolamenti regionali: (di cui spese di spedizione 15,31) (di cui spese di spedizione 7,65) Tipo E Abbonamento ai fascicoli della serie speciale destinata ai concorsi indetti dallo Stato e dalle altre pubbliche amministrazioni: (di cui spese di spedizione 50,02) (di cui spese di spedizione 25,01) Tipo F Abbonamento ai fascicoli della serie generale, inclusi tutti i supplementi ordinari, e dai fascicoli delle quattro serie speciali: (di cui spese di spedizione 383,93) (di cui spese di spedizione 191,46) Tipo F1 Abbonamento ai fascicoli della serie generale inclusi i supplementi ordinari con i provvedimenti legislativi e ai fascicoli delle quattro serie speciali: (di cui spese di spedizione 264,45) (di cui spese di spedizione 132,22) CANONE DI ABBONAMENTO - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale - annuale - semestrale 438,00 239,00 309,00 167,00 68,00 43,00 168,00 91,00 65,00 40,00 167,00 90,00 819,00 431,00 682,00 357,00 N.B.: L abbonamento alla GURI tipo A, A1, F, F1 comprende gli indici mensili Integrando con la somma di 80,00 il versamento relativo al tipo di abbonamento alla Gazzetta Ufficiale - parte prima - prescelto, si riceverà anche l Indice Repertorio Annuale Cronologico per materie anno Abbonamento annuo (incluse spese di spedizione) CONTO RIASSUNTIVO DEL TESORO 56,00 PREZZI DI VENDITA A FASCICOLI (Oltre le spese di spedizione) Prezzi di vendita: serie generale serie speciali (escluso concorsi), ogni 16 pagine o frazione fascicolo serie speciale, concorsi, prezzo unico supplementi (ordinari e straordinari), ogni 16 pagine o frazione fascicolo Conto Riassuntivo del Tesoro, prezzo unico I.V.A. 4% a carico dell Editore 1,00 1,00 1,50 1,00 6,00 PARTE I - 5ª SERIE SPECIALE - CONTRATTI ED APPALTI (di cui spese di spedizione 127,00) (di cui spese di spedizione 73,20) GAZZETTA UFFICIALE - PARTE II (di cui spese di spedizione 39,40) (di cui spese di spedizione 20,60) Prezzo di vendita di un fascicolo, ogni 16 pagine o frazione (oltre le spese di spedizione) I.V.A. 20% inclusa 1,00 - annuale - semestrale - annuale - semestrale 295,00 162,00 85,00 53,00 RACCOLTA UFFICIALE DEGLI ATTI NORMATIVI Abbonamento annuo Abbonamento annuo per regioni, province e comuni - SCONTO 5% Volume separato (oltre le spese di spedizione) I.V.A. 4% a carico dell Editore 18,00 190,00 180,50 Per l estero i prezzi di vendita, in abbonamento ed a fascicoli separati, anche per le annate arretrate, compresi i fascicoli dei supplementi ordinari e straordinari, devono intendersi raddoppiati. Per il territorio nazionale i prezzi di vendita dei fascicoli separati, compresi i supplementi ordinari e straordinari, relativi ad anni precedenti, devono intendersi raddoppiati. Per intere annate è raddoppiato il prezzo dell abbonamento in corso. Le spese di spedizione relative alle richieste di invio per corrispondenza di singoli fascicoli, vengono stabilite, di volta in volta, in base alle copie richieste. N.B. - Gli abbonamenti annui decorrono dal 1 gennaio al 31 dicembre, i semestrali dal 1 gennaio al 30 giugno e dal 1 luglio al 31 dicembre. RESTANO CONFERMATI GLI SCONTI IN USO APPLICATI AI SOLI COSTI DI ABBONAMENTO ABBONAMENTI UFFICI STATALI Resta confermata la riduzione del 52% applicata sul solo costo di abbonamento * tariffe postali di cui al Decreto 13 novembre 2002 (G.U. n. 289/2002) e D.P.C.M. 27 novembre 2002 n. 294 (G.U. 1/2003) per soggetti iscritti al R.O.C.

120 * * 8,00

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