DIRITTO ALLA RENDITA PER MENOMAZIONE ALL INTEGRITÀ PSICO-FISICA
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1 DIRITTO ALLA RENDITA PER MENOMAZIONE ALL INTEGRITÀ PSICO-FISICA di Daniela CERVELLERA* Corte di Appello di Lecce Sezione penale Sentenza dell 8/01/2014 (Dott. Vittorio Delli Noci, Pres. - Dott. Caterina Mainolfi, Rel. ) Va riconosciuto il diritto dell appellante ad una rendita per danno biologico nella misura percentuale di invalidità permanente accertata dalla c.t.u. specialistica essendo stata determinata, la patologia neoplastica, dalla prolungata esposizione a fattori cancerogeni e, pertanto, eziologicamente collegata all attività lavorativa espletata. [Omissis] Fatto e Diritto Con ricorso depositato il 3 febbraio 2010 R.V. ha proposto appello avverso la sentenza pronunciata il 6 ottobre 2010 dal G.U. del Tribunale del Lavoro di Brindisi di rigetto della domanda, introdotta con atto del 10 luglio 2003, con la quale l appellante, premesso di aver riportato adenocarcinoma del colon retto a causa della attività lavorativa espletata dal al (di operaio fino al e, successivamente, di impiegato tecnico) come preposto in area acciaieria nello stabilimento ILVA (già ITALSIDER) presso il centro siderurgico di Taranto poiché era stato addetto a lavori che avevano comportato l esposizione ad amianto e ad altri fattori cancerogeni (acidi solventi, idrocarburi, diossina, radiazioni, polveri, minerali e fumi), aveva chiesto il riconoscimento del suo diritto alla rendita per menomazione all integrità psico-fisica nella misura da accertarsi a mezzo di ctu. e, per l effetto, condannarsi l I.N.A.I.L. al pagamento delle relative prestazioni economiche a far data dal (data della domanda amministrativa), maggiorate di accessori. L appellante ha lamentato l erroneità della decisione deducendo che la patologia denunciata doveva ritenersi eziologicamente Avvocato, Dottore di ricerca (Ph D). 157
2 Anno VIII n. 2 luglio 2014 collegata all attività lavorativa espletata. L I.N.A.I.L., costituitosi in giudizio con memoria depositata il 2 marzo 2012, ha chiesto il rigetto dell appello, vinte le spese di giudizio. La causa, istruita a mezzo di c.t.u. specialistica, all odierna udienza, dopo discussione orale è stata decisa come da separato dispositivo del quale si è data lettura. L appello è fondato. Il secondo c.t.u. (specialista in oncologia) nominato dal Collegio, all esito di visita medica e sulla base della documentazione medica in atti, ha accertato che la patologia neoplastica denunciata dall appellante (carcinoma del retto) è eziologicamente collegata all attività lavorativa espletata dall istante presso lo stabilimento ILVA di Taranto. Il c.t.u. ha chiarito le seguenti circostanze: 1) che l appellante ha lavorato in ambienti dove erano presenti polveri aereo disperse caratterizzate da ossidi di ferro, con apertura periodica dei forni a pozzo con presenza di silice libera cristallina e dove vi era dispersione di fibre di amianto da parete di coibentazione degli altoforni e della condutture di fluidi ad elevate temperature, da idrocarburi policiclici aromatici derivanti dalla combustione di varie sostanza organiche nonché da diossine (tali circostanze non sono state specificatamente contestate dall I.N.A.I.L. ed inoltre sono state ritenute provate nella stessa sentenza impugnata); 2) l appellante ha contratto un tumore desmoide retroperitoneale per il quale è stato sottoposto nel gennaio 1995 ad intervento di resezione della neoformazione retroperitoneale con nefrectomia dx di necessità (l esame istologico definitivo confermava la diagnosi predetta); 3) il tumore desmoide può presentarsi (e non necessariamente si presenta) quale uno dei quadri concomitanti in patologie di tipo genetico ereditario quali la FAP (poliposi adenomatosa familiare del colon) e la Sindrome di Gardner è una delle tre varianti della FAP caratterizzata dalla presenza anche di lesioni di tipo extraintestinali quali i tumori desmoidi; 4) il R. non era affetto da patologia di origine genetica quale la FAP o Sindrome di Gardner (non vi è alcuna documentazione medica che riporti la diagnosi di Sindrome di Gardner e tale sindrome compare sul frontespizio della cartella di ricovero presso l INT di Milano del 1995 solo come una ipotesi di diagnosi); 5) il tumore desmoide, contratto dall assicurato, costituisce quindi una delle rare forme di sarcoma dei tessuti molli e non una conseguenza della sindrome di Gardner come invece ritenuto nelle precedenti c.t.u. (sia in quella espletata in primo grado che nella prima espletata in questo grado); 6) la TCDD (diossina) alla quale è stato esposto l appellante presenta potenzialità oncogenica come riconosciuto da tutti i consulenti tecnici nominati nel corso del giudizio. Sulla base delle deduzioni che precedono, deve ritenersi quindi provato che l attività lavorativa svolta dall appellante ha esposto quest ultimo all azione di sostanze irritanti (in particolare la TCDD) che hanno avuto un ruolo concausale nell insorgenza e nella cronicizzazione della patologia denunciata (tumore desmoide sarcomatoso). Infine il consulente ha rilevato che le infermità denunciate hanno comportato un danno biologico per riduzione della capacità lavorativa nella misura del 30%. La Corte, considerata la documentazione prodotta, non ravvisa argomentazioni tali da indurre a discostarsi dalle conclusioni diagnostico-valutative del c.t.u.. Invero, l accertamento è stato svolto sulla base di un esame clinico generale completo e dettagliato, che ha trovato conforto nelle certificazioni in atti. L appello deve pertanto essere accolto. Va dichiarato il diritto dell appellante ad una rendita per danno biologico corrispondente al 30% di invalidità permanente ex d.lgs. n 38/2000, con conseguente condanna dell I.N.A.I.L. al pagamento delle relative prestazioni previdenziali maggiorate di interessi legali. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Visto l art. 437 c.p.c; definitivamente pronunziando sull appello proposto con ricorso del da R.V. nei con- 158
3 fronti dell I.N.A.I.L avverso la sentenza del del Tribunale di Brindisi, cosi provvede: a) accoglie l appello e dichiara che l appellante ha diritto ad una rendita per malattia professionale ex d.lgs. n 38/2000 corrispondente al 30% di invalidità permanente con decorrenza dall ; in conseguenza condanna l I.N.A.I.L. al pagamento in suo favore delle relative prestazioni, maggiorate di accessori; b) condanna l I.N.A.I.L. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate ex D.M. n 140/2012, per ciascun grado, ( ). [Omissis] NOTA Sommario: 1. La domanda giudiziale e le deduzioni della c.t.u. specialistica. 2. Il rapporto di causalità. 3. Riconoscimento della rendita per danno biologico. 1. La domanda giudiziale e le deduzioni della c.t.u. specialistica Avverso il rigetto della domanda giudiziale, proposta innanzi al Tribunale del lavoro di Brindisi, il ricorrente adiva la Corte di Appello di Lecce al fine di vedersi riconoscere il diritto alla rendita per menomazione all integrità psico-fisica per aver riportato, a causa dell attività lavorativa, una malattia invalidante (nella specie un adenocarcinoma del colon retto ). Tale patologia neoplastica, sosteneva l appellante, si era sviluppata in conseguenza dell esposizione prolungata (ultraventennale) a fattori cancerogeni - quali amianto, acidi solventi, idrocarburi, diossina, radiazioni, polveri, minerali e fumi - dovuta all attività lavorativa espletata in qualità di preposto in area acciaieria nello stabilimento ILVA di Taranto. Ritenendo, pertanto, erronea la sentenza del Giudice di prime cure, che aveva escluso il nesso eziologico tra l attività lavorativa espletata e la neoplasia contratta - ritenuta una conseguenza della sindrome di Gardner e, quindi, quale patologia di tipo genetico ereditario - l appellante chiedeva la condanna dell Istituto previdenziale - previo accertamento, a mezzo c.t.u., della misura della menomazione all integrità psico-fisica - al pagamento delle relative prestazioni economiche, maggiorate di accessori, a far data da quella della domanda amministrativa. La Corte di Appello di Lecce, istruita la causa a mezzo di c.t.u. specialistica (in particolare oncologica), ritenendo fondato il gravame, riformava la sentenza di primo grado, riconoscendo la neoplasia denunciata dall appellante eziologicamente collegata all attività lavorativa espletata. Nel merito la disposta c.t.u. specialistica aveva, di fatto, riconosciuto il ruolo concausale, nell insorgenza e nella cronicizzazione della patologia, dell esposizione prolungata dell appellante a fattori cancerogeni dispersi nel luogo di lavoro ed, in particolare, aveva determinato la presenza di polveri aereo disperse nell ambiente di lavoro come ossidi di ferro (con presenza di silice libera cristallina e fibre di amianto) di idrocarburi policiclici aromatici e di diossine e, quindi, ritenuto che l esposizione prolungata, da parte dell appellante a TCDD (diossina) - che presenta, come riconosciuto dalla comunità scientifica, potenzialità oncogenica - fosse stata la causa dello sviluppo del tumore desmoide retroperitoneale contratto, chiarendo, infine, che tale neoplasia costituisse una delle rare forme di sarcoma dei tessuti molli, così escludendo le possibili concause preesistenti che avessero potuto concorrere nel favorirne l insorgenza, quali patologie di tipo genetico ereditario come la FAP (poliposi adenomatosa familiare del colon) e la Sindrome di Gardner. 159
4 Anno VIII n. 2 luglio Il rapporto di causalità Nell accoglimento del gravame la Corte di Appello di Lecce ha riconosciuto il nesso eziologico tra l attività lavorativa espletata e la patologia denunciata, tenendo conto delle conclusioni rassegnate dal c.t.u., al quale era stato richiesto di valutare il rapporto di causalità in considerazione di diversi criteri (cronologico, topografico, di idoneità, di continuità fenomenica ed, eventualmente, di esclusione). L accertamento della relazione eziologica tra ambiente di lavoro ed insorgenza della neoplasia risulta, infatti, essenziale per il riconoscimento stesso della malattia professionale. Attraverso il criterio cronologico e quello della continuità fenomenica, si è valuta la sussistenza del rapporto causale (immediato, mediato o tardivo) tra l azione lesiva - ritenuta concomitante con l inizio della prestazione lavorativa (26/06/1974) - e la manifestazione della malattia, coincidente con la cessazione del rapporto di lavoro (gennaio 1995) - e la sua continuità. Con riguardo alla malattia professionale, infatti, il meccanismo di produzione dell evento consegue ad una costante esposizione del lavoratore al rischio ambientale e la patologia, nella maggior parte dei casi, si manifesta molto tempo dopo rispetto al momento in cui possa essere ipotizzabile l insorgere della malattia. 1 Nel caso di specie trattavasi di un rapporto di causalità tardivo, tipico nelle insorgenze di neoplasie da esposizione prolungata e continuata a fattori cancerogeni. Con il criterio topografico e di idoneità qualitativa e quantitativa, individuato il rapporto (diretto o indiretto) tra la parte anatomica interessata dall azione lesiva e quella colpita dalla neoplasia si è considerata, appunto, l idoneità (assoluta o relativa) dell azione lesiva a determinare la malattia neoplastica, rilevando sia la proporzionalità tra la causa e l effetto, sia la compatibilità tra la natura dell azione lesiva e quella del danno. Nel caso de quo la causa (esposizione a fattori cancerogeni) è stata ritenuta sufficiente, essendo stata valutata come assoluta l idoneità dell azione lesiva (potenzialità oncogenica della diossina) ed escluse eventuali concause. Nell indagine eziologica occorre, infatti, tener conto anche alla predisposizione personale allo sviluppo di una specifica malattia che può essere determinata anche da fattori di natura genetico-ereditaria che esogeno-acquisiti (postumi di pregresse malattie, abitudini di vita, ecc.). La molteplicità di tali fattori nella determinazione della malattia professionale rende alquanto difficoltoso l accertamento del nesso causale, la cui indagine non può prescindere dallo stato di conoscenze scientifiche 2 che consentono di associare ad uno specifico agente nocivo patologie originariamente non attribuitegli ed, anzi, confuse con malattie comuni 3. Nel caso di specie, attraverso il criterio di esclusione, il c.t.u. ha circoscritto il fattore eziologico, effettuando una puntuale diagnosi differenziale (patologia non di origine genetica quale la FAP o la Sindrome di Gardner, ma una delle rare forme di sarcoma dei tessuti molli). E stato pertanto determinato un rapporto di causalità diretta ed esogena tra l esposizione a fattori cancerogeni e la patologia contratta, attraverso un giudizio ex post (diagnosi causale) 4 1 G. LAGEARD, Le malattie da lavoro nel diritto penale, Utet, Torino, 2000, 1 in nota. 2 Nel valutare la sussistenza del nesso causale la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto come non possa non tenersi conto: della esistenza di un riconoscimento condiviso, se non generalizzato, della comunità scientifica, fatto già proprio da sentenze di merito e di legittimità, sul rapporto esponenziale tra dose di cancerogeno assorbita (determinata dalla concentrazione e dalla durata dell esposizione) e risposta tumorale, con la conseguente maggiore incidenza dei tumori e minore durata della latenza della malattia nelle ipotesi di aumento della dose di cancerogeno, Cass. pen. Sez. IV, 1 febbraio 2008 in Dir. e prat. lav., 2008, A. FIORI, La causalità nelle malattie professionali. Parte prima, in Riv. it. medicina legale, 2006, La causalità va sempre accertata ex post con riferimento all evento concretamente verificatosi. In tal senso cfr. Cass. 160
5 la cui valutazione è stata effettuata non solo alla stregua dei leggi universali, ma anche di leggi statistiche, rilevazioni epidemiologiche, generalizzazioni empiriche del senso comune Riconoscimento della rendita per danno biologico La sussistenza del nesso causale diretto ed efficiente, determina il riconoscimento del relativo indennizzo per malattia professionale, stante la riconosciuta idoneità dell attività lavorativa a cagionare la malattia. 6 La tutela delle malattie professionali è attuata attraverso il sistema cd. misto che considera tali sia le malattie specificatamente tabellate che ogni altra malattia della quale si dimostri l origine professionale, ovvero il nesso eziologico con l attività lavorativa svolta. Le accertate esposizioni a fattori cancerogeni, la loro durata e le evidenze scientifiche correlate, nonché l attribuibilità causale all attività lavorativa della patologia contratta dall appellante - previa esclusione dell intervento di fattori extralavorativi - hanno indotto la Corte di Appello di Lecce a riconoscere allo stesso il diritto alla rendita per menomazione all integrità psico-fisica nella misura, accertata dal c.t.u., del 30%. 7 Il diritto all ottenimento dell indennizzo sotto forma di rendita per l inabilità permanente - nonché degli interessi legali con decorrenza dalla data della domanda amministrativa - rinviene dal disposto di cui all art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 38/2000 che ne prevede l erogabilità sotto forma di rendita per gradi di invalidità a partire dal 16% ed in capitale per quelli inferiori al 16% e pari o superiori al 6%. Queste ultime sono ritenute, per la loro lieve entità, non rilevanti in un sistema di tutela sociale e considerate, quindi, in franchigia. 8 Nel caso di specie, trattandosi di malattia professionale denunciata successivamente al 25/07/ data di pubblicazione in G.U. 9 del d.m. di cui all art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 38/2000, di approvazione delle tre tabelle (delle menomazioni, dell indennizzo danno biologico, dei coefficienti) previste dal comma 2, lettere a) e b), dello stesso art il pregiudizio permanente determinato dalla lesione all integrità psico-fisica è stato considerato indennizzabile anche in considerazione delle conseguenze determinate dalla riduzione del reddito e dal peggioramento della qualità della vita. L indennizzo per il danno alla salute, infatti, intende risarcire il lavoratore della ridotta capacità di svolgere le attività con cui la persona esprime la propria personalità (affettiva, sociale, politica, culturale, religiosa, ecc.). 10 pen. Sez. IV, 27 febbraio 2014 n. 9695, secondo cui: le percentuali statistiche possono valere a delimitare l ambito di applicazione della legge scientifica e possono essere utili come punto di partenza per quanto riguarda l applicazione della legge al caso concreto; avendo peraltro esse un efficacia esclusivamente prognostica, porle a base o a contenuto del ragionamento probatorio circa la sussistenza del nesso causale nel caso concreto rischia di trasformare tale giudizio in una valutazione ex ante. 5 Cass. pen. Sez. IV, 3 giugno 2008 n : Il nesso causale è da ritenere sussistente anche quando non si possa stabilire il momento preciso dell insorgenza della malattia tumorale, essendo sufficiente che la condotta abbia prodotto un aggravamento della malattia o ne abbia ridotto il periodo di latenza, in Dir. e prat. lav., 2008, Vd. F. SANNA, Tutela delle malattie professionali e benefici previdenziali dell esposizione al rischio ed al verificarsi dell evento con particolare riferimento all amianto, in R. infortuni e malattie prof., 2008, Trattandosi di un grado di inabilità superiore al minimo indennizzabile (ex art. 74 d.p.r , n. 1124), la domanda è stata accolta con riferimento al grado di invalidità accertato. 8 Trib. di Taranto, Sez. lav., 30/05/2012 (Giud. Dr.ssa Lastella). 9 Supplemento ordinario n. 119 della G.U. n L ammontare della rendita viene calcolato sulla base della retribuzione percepita nell anno precedente la data della manifestazione della malattia, del grado di menomazione e del coefficiente indicato dalla norma. 161
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