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La polizia giudiziaria ambientale deve studiare ed applicare la giurisprudenza? Lo studio delle sentenze della Corte di Cassazione, ma anche dei Tribunali e delle Corti di Appello, nel settore penale è stato in passato considerato un impegno riservato a giudici ed avvocati e comunque - a studiosi del diritto. Di fatto, la polizia giudiziaria ha sempre ritenuto la giurisprudenza (di legittimità e di merito) estranea ai propri profili di esame e di applicazione in sede di indagine, anche in coerenza con arcaiche concezioni scolastiche (maturate sotto la vigenza del pregresso codice di procedura penale) in base alle quali la PG sembrava solo dover riferire i fatti al PM in modo asettico e schematico nel vecchio rapporto di polizia. Oggi la PG è chiamata a redigere invece una comunicazione di notizia di reato, che è cosa ben diversa dal precedente rapporto, ed è inserita in un modello processuale e sostanziale in continua evoluzione, entro il quale anche il ruolo del singolo operatore di PG non è più limitato alla vecchia formula confermo gli atti a mia firma ma è primario ed attivo nel contraddittorio dibattimentale ove si forma al contrario di ieri la prova. Quindi, in linea generale è oggi necessario un ruolo della polizia generale più moderno, flessibile, che ragioni anche sui dati e prenda posizione in particolar modo su materie e fatti spesso non standardizzabili o da relegare in schemi da prontuario. Il settore poi dei reati ambientali, a danno della salute pubblica ed a danno degli animali risente ancora maggiormente di evoluzioni impensabili in passato, atteso che di fatto oggi in questi tre campi giuridici la stratificazione di norme spesso non coordinate e vuoti normativi non rari hanno determinato in questi ultimi anni un intervento della giurisprudenza molto esteso, soprattutto con funzioni integrative e supplenti rispetto ai dati normativi. In particolare la Cassazione penale ha spesso creato di fatto nuovi principi giuridici che sono diritto vivente applicato quotidianamente nelle sedi giudiziarie. Si pensi per citare solo due esempi alla delega interna aziendale di rilevanza penale (che ha profondi riflessi anche procedurali nelle materie di inquinamento idrico e da rifiuti) ed ai reati del codice penale applicati ai grandi inquinamenti (che sono la base dei maggiori processi nel settore). Dunque, ignorare o sottovalutare questi dati giurisprudenziali da parte della polizia giudiziaria nei tre campi in esame significa spesso restare estranei alla realtà del diritto reale. Ed è proprio questo il tema della presente videorelazione del Dott. Maurizio Santoloci. L importanza della giurisprudenza ed il Common Law di fatto nel sistema giuridico ambientale nazionale Nel nostro ordinamento giuridico attuale manca di fatto un diritto penale dell ambiente organico e coordinato. Le norme ambientali e quelle a difesa della salute pubblica sono frantumate in una stratificazione di leggi, decreti, regolamenti che contengono principi, deroghe, rinvii ed eccezioni di volta in volta varate in momenti politici e sociali differenti e senza una revisione di coerenza generale. Si tratta poi di leggi e decreti che prevedono per lo più reati contravvenzionali, se non addirittura sanzioni amministrative. E ci sono settori e spazi giuridici che sono rimasti privi di disciplina diretta, o comunque sono soggetti a discipline che si intrecciano con conseguente difficoltà di lettura ed applicazione. In questo contesto, negli ultimi tre decenni si è sviluppata una giurisprudenza di merito e di legittimità vastissima che, partendo dal tempo dei pretori ed oggi consolidata serialmente in Cassazione, ha creato una

realtà di sentenze che sono andate sempre di fatto ad integrare norme tra loro disomogenee, attivando anche principi integrativi e supplenti nei vari settori lasciati vacanti o lacunosi dalla disciplina di settore. Ci sono poi - temi che si sono prestati, grazie alla stratificazione normativa disconnessa e disomogenea, a prassi applicative e chiavi di lettura del tutto fuorvianti, e qui la giurisprudenza ha posto rimedio fornendo linee di lettura dirette. Si è sviluppato così un common law di fatto in questo settore che ha determinato la nascita di veri e propri principi di diritto vivente paralleli alle norme. Si pensi a titolo di esempio alla storica giurisprudenza sul reato di danneggiamento aggravato di acque pubbliche che tratto dal Codice Penale da decenni è delitto parallelo alla norma di settore ed oggettivamente da sempre è l unica e più diffusa norma che viene applicata contro i grandi inquinamenti idrici. Ed ancora alla assenza formale di un reato di danno ambientale nella normativa speciale ed alla Cassazione che ha applicato in via supplente il reato di disastro del Codice Penale in sua vece. Ed alla delega aziendale interna con scarico di responsabilità penale che in assenza di regole nelle leggi di settore è principio diffuso di diritto vivente e disciplinato solo dalla giurisprudenza. Si tratta dunque di un tema che non riguarda solo magistrati ed avvocati ma ormai anche tutte le forze di polizia e chiunque si occupi di diritto ambientale. Il Dott. Maurizio Santoloci in questa videorelazione affronta questa innovativa tematica soffermandosi sui vari aspetti pratici ed operativi. Il divieto di lettura degli atti per la polizia giudiziaria in sede processuale Il divieto di lettura degli atti redatti dalla PG per un operatore di polizia giudiziaria (principio desunto dall art. 514/2 comma Codice Procedurale Penale), in relazione alla modesta deroga di cui all art. 499/5 comma medesimo codice, è da tempo oggetto di equivoci interpretativi ed applicativi da parte di molti agenti ed ufficiali appartenenti alle forze di polizia statali e locali. Molti ritengono questo principio incomprensibile e particolarmente vessatorio verso gli operatori di PG, anche e soprattutto perché in vigenza del pregresso codice di rito invece - non solo il ruolo del teste di polizia era spesso limitato alla formula confermo gli atti a mia firma, ma comunque la lettura di tutti gli atti redatti dallo stesso teste era la regola ordinaria. Il vigente Codice di Procedurale Penale capovolge invece il sistema, ed in realtà questa norma che a prima vista può apparire incomprensibile ed inapplicabile è uno degli aspetti più rilevanti nel sistema di coerenza logico-procedurale del codice attuale, soprattutto nel contesto del principio basilare che vuole la formazione della prova in dibattimento e dunque nel contraddittorio delle parti. Per i reati ambientali, a danno della salute pubblica ed a danno degli animali il rispetto di tale aspetto procedurale appare essenziale al pari di ogni altra tipologia di reato. In questa videorelazione il Dott. Maurizio Santoloci affronta questo tema specifico, dalla genesi alla pratica applicazione per cercare di illustrare lo scopo, il contenuto e le metodologie di rispetto del principio in esame, superando prassi e consuetudini di pensiero e di applicazione ormai da abbandonare.!!

Il sequestro degli animali maltrattati di iniziativa della polizia giudiziaria Il fine primario della polizia giudiziaria è quello di impedire che i reati accertati vengano portati ad ulteriori conseguenze e/o reiterati. E questo naturalmente vale anche per i reati a danno degli animali. Uno strumento essenziale che l ordinamento giuridico fornisce alla polizia giudiziaria per consentirgli di raggiungere questo (doveroso ed irrinunciabile) obiettivo primario è il sequestro preventivo di iniziativa. Per i reati contro il patrimonio privato, ad esempio, anche se di modesta entità, questa procedura è logica e rituale; mentre per i reati a danno degli animali vi sono ancora dubbi da parte di molti organi di PG che di fatto non eseguono il sequestro preventivo degli animali maltrattati in flagranza anche di gravi episodi di maltrattamento. Peraltro questa scelta procedurale è oggetto anche di dibattiti giuridici in diverse sedi con prese di posizione a sostegno di tale mancata convalida. Oppure in altri casi si scegli di effettuare un sequestro probatorio con finalità di fatto preventive fidando in trasformazioni procedurali successive. Va peraltro ricordato che la confisca definitiva dell animale maltrattato in sede di giudizio penale è una straordinaria conquista di civiltà giuridica maturata solo con la vigente normativa di settore, mentre fino a qualche anno fa (vigente la pregressa disciplina giuridica) si assisteva di fatto alla conseguenza che seppur in caso di condanna del responsabile l animale maltrattato veniva poi restituito paradossalmente allo stesso responsabile Ma questo importantissimo principio viene spesso vanificato dal fatto che l animale maltratto non viene sequestrato dalla polizia giudiziaria in flagranza di reato e dunque si presentano poi difficoltà procedurali a volte insormontabili per giungere ala predetta confisca perché manca l atto propedeutico alla medesima. Ma il fatto peggiore che a volte si verifica è che l animale maltrattato lasciato nelle mani del soggetto autore del maltrattamento (senza sequestro), nelle more del giudizio penale scompare o muore per diverse cause e così si azzera di fatto tutta la ratio legis della vigente normativa. Appare evidente dunque che il tema del sequestro di iniziativa degli animali maltrattati è tema prioritario per a reale ed effettiva applicazione della normativa a difesa degli animali in sede penale. In questa videorelazione il Dott. Maurizio Santoloci affronta questo argomento al confine tra le norme sostanziali e le regole procedurali, anche tenendo conto delle prassi applicative di fatto che si registrano sul territorio e dunque modulando l esposizione in modo concreto e pratico. Vengono anche affrontate in particolare le differenze strutturali tra il sequestro probatorio ed il sequestro preventivo rispetto al problema specifico dei reati di maltrattamento di animali.

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