Romano Prodi Ripensare la sicurezza alimentare 28 Aspenia 69 2015 Il tema del cibo è il problema di maggiore rilevanza per il mondo. Il quesito di fondo è: Vi è cibo per tutti?. La risposta è: No. Su oltre 7 miliardi di abitanti, 795 milioni soffrono la fame, secondo le statistiche della FAO. Una percentuale inferiore al passato, ma anche lontana dagli obiettivi posti negli ultimi anni, in particolare con i Millennium Development Goals che puntavano a dimezzare la quota di persone affamate proprio entro il 2015. Molti paesi sono riusciti a raggiungere questo obiettivo, ma tanti altri non ci sono arrivati. E rimangono dunque gravi problemi per il futuro. Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea ed ex presidente del Consiglio dei Ministri, è presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli e professore alla CEIBS di Shanghai. Anche se si insiste sulla tesi (in parte corretta) che l alimentazione è soprattutto un problema di distribuzione, vi sono invece molti dati secondo i quali la domanda è superiore all offerta, e soprattutto lo sarà nel futuro. Questa domanda crescente viene dal mondo in sviluppo in particolare dall Asia e dall Africa per nutrire nuove bocche, ma anche per nutrire meglio i cittadini del mondo. È un problema immane: non abbiamo solo i 795 milioni di persone che hanno fame, ma anche i mi-
liardi che cambiano dieta. E qui il problema è di una semplicità estrema: per nutrirsi a proteine e carne occorre, pro capite, una superficie di terreno cinque volte superiore rispetto a un nutrimento a base di soli cereali. E il consumo di carne sta aumentando a ritmi elevati: in Cina, ad esempio, era di 20 chilogrammi a testa nel 1980, di 52 nel 2010, e continua a crescere. Vi è scarsissima consapevolezza nel mondo che il tasso di crescita della domanda è superiore al tasso di crescita della produzione. E le previsioni non sono buone, perché quasi tutti gli esperti di agricoltura ritengono che nel prossimo decennio avremo una crescita della produzione intorno all 1,5%, a fronte di una crescita nell ultimo decennio di 2,5-3%. Perché questa differenza? È molto semplice: la produttività cresce meno che in passato. Negli anni migliori della rivoluzione verde (dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni Settanta) si registrava un aumento della produttività di circa il 3% l anno, mentre oggi l aumento è di circa l 1%, perché l avanzamento scientifico incontra nuovi limiti: le terre più fertili sono già state occupate, lavoriamo su terre marginali e abbiamo, quindi, un aumento della produttività inferiore al passato. Veniamo in effetti da una fase di innovazioni quasi miracolose, che hanno consentito in particolare di triplicare la produzione dei cereali in cinquant anni. Ma sarà molto difficile replicare quei miracoli. Quindi, il dilemma del mondo è: o aumentare la produzione o ridurre i consumi. Avremo da nutrire, intorno al 2050, l equivalente aggiuntivo di due paesi grandi come l India. Senza uno sforzo enorme si rischia davvero che le guerre future saranno per il cibo e per l acqua. 29 LE DISTORSIONI DIETRO LA SCARSITÀ. Il rapporto tra risorse impiegate in agricoltura e prodotto finale è caratterizzato da molti aspetti poco noti, da distorsioni e da alcune vere e proprie assurdità. Il 70% dell acqua utilizzata dall umanità viene impiegata per l agricoltura; gli usi domestici e
30 l industria assommano complessivamente a meno di un terzo. Acqua e cibo vanno dunque di pari passo e sono legati in modo strettissimo. Un altra distorsione enorme è dovuta alla crescita quantitativa dei terreni impiegata nei biocarburanti, con incentivi spesso assurdi: il 40% del mais americano è destinato ai carburanti per auto e non al cibo. Questa percentuale equivale a occupare per i biocarburanti un terreno più grande di un medio paese europeo. Per riempire il serbatoio di un suv sono necessari circa 240-250 chili di grano, sufficienti a nutrire una persona per un anno. Quindi, l alternativa è: un singolo pieno di carburante oppure il nutrimento di una persona per un anno intero. Ulteriore problema è quello degli sprechi, visto che un terzo del cibo finisce nel pattume. Questo è il quadro desolante: scarsità o addirittura fame estrema da una parte, e sistematici sprechi alimentari dall altra. Poi c è la questione dei prezzi. Negli ultimi due anni e mezzo si parla meno di questo aspetto, semplicemente perché viviamo in una congiuntura particolare: i prezzi agricoli sono in questo momento piuttosto bassi, ci sono stati ottimi raccolti fuori dalla media degli ultimi tempi, e c è stato un certo abbassamento della crescita della domanda dovuta alla crisi europea. Ma va fatta attenzione, visto che in questo secolo abbiamo già attraversato due periodi di prezzi altissimi, da cui sono derivate forti tensioni anche sul piano sociale e politico. Non va dimenticato infatti che l aumento di prezzi del 2011-2012 è stato così elevato che ha costituito una delle ragioni più forti delle rivolte arabe e in altre zone del mondo. Quegli episodi si legano anche a un altra concausa di instabilità sociale, cioè la rapidissima urbanizzazione, che concentra la domanda alimentare in alcune aree specifiche e riduce intanto la superficie coltivata, e spesso la più fertile. Un processo a cui si è già assistito in Asia l esempio cinese è impressionante, con una stima di 200 milioni di persone urbanizzate che si aggiungeranno nel prossimo de-
cennio a un paese già fortemente urbanizzato. E il medesimo processo si sta ormai verificando in gran parte dell Africa. In questo quadro, la sfida per la sicurezza alimentare viene portata avanti in modo energico soprattutto dai paesi che ne hanno più bisogno. Ciò a sua volta è causa di un cambiamento della gestione dell agricoltura mondiale che in qualche modo segue quello dei grandi equilibri economici. 31 LA GEOPOLITICA DELLA SICUREZZA ALIMENTARE. La Cina ha il 7% di terre coltivate ma oltre il 20% della popolazione mondiale, quindi si trova in una situazione completamente diversa rispetto ai ricchi paesi occidentali. La sicurezza alimentare è così uno degli obiettivi fondamentali della politica dei grandi paesi emergenti: non solo di Cina e India, ma anche di paesi più avanzati, come la Corea. L ultimo rapporto del Samsung Research Institute si conclude con questa affermazione: L interesse nazionale è garantirsi il rifornimento di cibo in un periodo di incertezze. Un problema politico, oltre che ovviamente umano. E così arriviamo al fenomeno dell accaparramento della terra coltivabile 1. La terra incolta è pari al 20% della terra coltivata. E dove si trova la terra incolta? Soprattutto in Africa e in America Latina. La geopolitica mondiale si sposta verso queste aree anche per motivi legati appunto alla sicurezza alimentare: il fenomeno del land grabbing, o comunque il grande sforzo per
32 affittare la terra o entrare con massicce iniziative imprenditoriali in Africa e in America Latina da parte di paesi esterni a quelle regioni, è diventato un fatto ormai normale nella nuova politica mondiale. Noi siamo soprattutto attenti ai problemi del land grabbing perché hanno un sapore di neocolonialismo, ma stiamo perdendo di vista altri fenomeni macroscopici. Mentre siamo molto interessati alla fusione tra Kraft e Heinz, sottovalutiamo il fatto che il più grande magazzino di cereali del mondo è ormai la Cina. Oggi il 30% delle scorte di grano mondiali sono nei silos cinesi, assieme al 40% delle scorte di mais e al 42% delle scorte di riso. E il più grande esportatore di soia brasiliano è cinese. Intanto, anche il 40% della produzione suinicola degli Stati Uniti è di proprietà cinese perché la pur enorme produzione interna non basta più a nutrire il paese più popoloso del mondo. Diventa allora chiaro che il cibo non è soltanto una questione di nutrizione ma diventa anche un grande problema strategico: difensivo per i paesi sovrappopolati, offensivo per i paesi che possono diventare esportatori. Infine, la ricerca: il 70% della ricerca pubblica in agricoltura è sostenuta dai governi brasiliano e russo. Invece di lamentarsi dello strapotere delle imprese multinazionali nel campo delle sementi e della genetica, un paese come l Italia dovrebbe lavorare di più sulla ricerca in questo settore, che è appunto realmente strategico. Non soltanto perché sono possibili grandi progressi con benefici tangibili, ma anche per la fiducia che avremmo nei nostri strumenti avanzati, basati sulla nostra ricerca tecnologica, nel rispetto del famoso principio di precauzione. UN AGENDA ALIMENTARE PER L ITALIA. L Italia come tutti i paesi più avanzati è chiamata a dare un contributo importante al perseguimento della sicurezza alimentare globale, nel rispetto, ovviamente, delle regole europee. Abbiamo l obbligo di cooperare alle sfide mondiali in modi
molto lineari, che richiederanno però impegni non facili: primo, sprecare di meno; secondo, produrre di più con meno inquinamento (basti ricordare che il 40% dell inquinamento delle falde superficiali è causato dalle attività agricole); terzo, produrre di più con meno acqua (adottando metodi di irrigazione moderni e varietà che resistono alla siccità e agli stress idrici); quarto, usare più terra per nutrire e relativamente meno per produrre energia (con una politica equilibrata in materia). È stato coniato un nuovo termine che descrive bene l agricoltura del futuro: intensificazione sostenibile un anglicismo magari non elegante ma molto chiaro per indicare i nostri obiettivi. Per raggiungerlo serve anzitutto organizzazione, visto che abbiamo aziende agricole da rafforzare, da incentivare, da sostenere nell export e nella ristrutturazione. È necessario poi portare risorse alla ricerca nelle nostre università e nei nostri istituti sperimentali. La ricerca in agricoltura è la Cenerentola del nostro sistema di ricerca, che è già a sua volta la Cenerentola nel sistema di ricerca mondiale. L Italia vanta un passato glorioso nella ricerca scientifica in agricoltura: i grandi incroci del grano a Bologna, i nuovi agrumi dell Università di Palermo, le viti e la frutta nel Nordest. Questa è l Italia. L Italia ha trasformato tutta la struttura degli ibridi, che poi si sono diffusi nel mondo. Al tempo stesso, non dobbiamo più rubare nemmeno un metro quadrato di terra alla nostra agricoltura. Abbiamo già devastato abbastanza il suolo italico, abbiamo zone urbanizzate disordinate, infinite e inutilizzate che la crisi economica ha moltiplicato. Qualunque saranno le caratteristiche specifiche della ripresa, essa non avrà bisogno di quella terra: lasciamola quindi all agricoltura, perché in questo modo lasceremo una buona terra ai nostri figli. 33 1 Si veda su questo punto l articolo di Claudia Sorlini in questo stesso numero.