361 Titolo V - Della non punibilità per particolare tenuità del fatto 131/2 L opinione dominante ritiene che la norma in esame sia superflua nell ambito del sistema penale, dal momento che la struttura unitaria del reato complesso (v. art. 84 c.p.) impone di considerare quest ultimo nel suo insieme come nuova ed autonoma fattispecie. Ebbene, in assenza di una esplicita previsione legislativa che subordini la perseguibilità del reato complesso alla querela della persona offesa, discende già dai principi generali la procedibilità ex officio, anche se a comporre il reato complesso siano intervenuti fatti punibili a querela. Parte della dottrina afferma che l art. 131 c.p. potrebbe svolgere una qualche funzione con riferimento ai casi in cui uno dei reati che danno vita al reato complesso assuma rilievo di circostanza aggravante e sia procedibile d ufficio, a fronte dell altro reato-elemento costitutivo perseguibile a querela (es.: danneggiamento aggravato da violenza alle persone o da minaccia grave). A ben vedere, tuttavia, nei pochi casi in cui si verifica una tale evenienza, è la stessa norma incriminatrice di parte speciale che prevede la procedibilità d ufficio (nell esempio fatto, così dispone l art. 635, comma 2, n. 1, c.p.). Ipotesi di dubbia applicabillità La norma in esame è applicabile al solo reato complesso e non anche al concorso di reati. Vi sono, tuttavia, dei casi di incerta collocazione. Si pensi all ipotesi di cui all art. 589, comma 3, c.p. (omicidio colposo), relativa alla morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone: mentre la giurisprudenza milita per la tesi del reato complesso, con conseguente procedibilità d ufficio senza bisogno di querela per le lesioni (Cass. V, 11-3-77), la dottrina propende per il concorso formale di reati, con conseguente necessità della querela per le lesioni (non potendosi applicare l art. 131 c.p.). Quanto al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, di cui all art. 393 c.p., esso si ritiene perseguibile a querela della persona offesa anche nel caso in cui la violenza o minaccia siano commesse con armi, non venendo in rilievo un reato complesso al quale applicare l art. 131 c.p. (Cass. V, 25-9-86). Titolo V Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena (1) (1) La denominazione del presente titolo è stata così sostituita ex d.lgs. 16-3-2015, n. 28 (Non punibilità per particolare tenuità del fatto) (art. 1, c. 1). Capo I Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione e applicazione della pena (1) (1) La denominazione del presente Capo è stata così sostituita ex d.lgs. 16-3-2015, n. 28 (Non punibilità per particolare tenuità del fatto) (art. 1, c. 1). 131bis Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. (1) Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l esiguità del danno o del peri-
131/2 Libro I - Dei reati in generale 362 colo, valutate ai sensi dell articolo 133, primo comma, l offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. L offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Il comportamento è abituale nel caso in cui l autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest ultimo caso ai fini dell applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all articolo 69. La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante. (1) Art. inserito ex d.lgs. 16-3-2015, n. 28 (Non punibilità per particolare tenuità del fatto) (art. 1, c. 2). Generalità Il d.lgs. 16-3-2015, n. 28, nel dettare Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ha dato attuazione alla delega contenuta nell articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67, secondo cui il Governo doveva emanare norme per «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l esercizio dell azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale». L istituto della non punibilità per cd. «irrilevanza del fatto», già conosciuto nell ordinamento minorile (art. 27 d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448) e in quello relativo alla competenza penale del giudice di pace (art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274), è stato così esteso al sistema penale comune. La cd. «irrilevanza del fatto» è istituto diverso da quello della cd. «inoffensività del fatto», il quale, come recepito dalla giurisprudenza costituzionale e comune ormai largamente prevalente (v. sub art. 49 c.p.), attiene alla totale mancanza di offensività del fatto, che risulta pertanto privo di un suo elemento costitutivo e dunque insussistente come reato. L «irrilevanza» per particolare tenuità, invece, presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato ma da ritenere non punibile in ragione dei principi di proporzione e di economia processuale. Questa, peraltro, costituisce la ragione della collocazione «topografica» della sua disciplina nell ambito delle norme che riguardano le determinazioni del giudice in ordine alla pena, sicché il decreto delegato ha ritenuto di inserire il nuovo istituto in apertura del Titolo V del Libro I del codice penale, immediatamente prima degli articoli concernenti l esercizio del potere discrezionale del giudice nell applicazione della pena. È stata, di conseguenza, modificata l intitolazione del Titolo V del Libro I e del suo Capo I per estenderla alla «non punibilità per parti-
363 Titolo V - Della non punibilità per particolare tenuità del fatto 131/2 colare tenuità del fatto», con l introduzione di un nuovo articolo 131bis, che detta la disciplina sostanziale del nuovo istituto, che realizza quella che è stata suggestivamente ma del tutto atecnicamente (visto che non si registra alcuna trasformazione di illeciti penali in illeciti amministrativi o in fatti leciti) definita «depenalizzazione in concreto», espungendo dall area della punibilità quei fatti storici che appaiano «immeritevoli» di risposta sanzionatoria penale. Sotto il profilo processuale, l istituto dell irrilevanza contribuisce a realizzare l esigenza di alleggerimento del carico giudiziario nella misura in cui la definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi. L intento perseguito, infatti, è quello della rapida definizione, tramite archiviazione o proscioglimento, dei procedimenti penali iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso illeciti caratterizzati da una scarsa gravità (per le persone offese dal reato resta ferma la possibilità di rivalersi in sede civile dei danni comunque subiti). La nozione di «tenuità del fatto» non è sconosciuta all ordinamento penale. L articolo 62 c.p., ad esempio, prevede al numero 4), tra le circostanze attenuanti comuni, l avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l avere agito per conseguire o l avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità. Inoltre, per alcune fattispecie penali, la particolare tenuità del fatto è già causa di attenuazione della pena: si vedano ad esempio gli articoli 648, secondo comma (particolare tenuità nella ricettazione), 311 (lieve entità del fatto nei delitti contro la personalità dello Stato) e 323bis (particolare tenuità del fatto in alcuni delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a.) del codice penale. La nuova disciplina non prevede alcun automatismo nella concessione della causa di non punibilità, in quanto spetta comunque al giudice valutare se nel caso concreto ricorrano le condizioni che giustificano l archiviazione o il proscioglimento. Il primo comma della norma in esame prevede, infatti, che il giudizio di «particolare tenuità del fatto» sia poggiato su due criteri fondamentali, che devono operare congiuntamente e che sono costituiti dalla particolare tenuità dell offesa e dalla non abitualità del comportamento. Il primo di essi si articola, a sua volta, in due ulteriori indici, rappresentati dalle «modalità della condotta» e dall «esiguità del danno o del pericolo». La particolare tenuità dell offesa Tra i criteri introdotti dal legislatore delegato per determinare la particolare tenuità della condotta, seguendo pedissequamente i criteri dettati dal legislatore delegante, non compare espressamente il grado e l intensità della colpevolezza. Tuttavia, l aver comunque richiamato le modalità della condotta (ad es. la natura, la specie, i mezzi, l oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell azione), da valutare ai sensi dell art. 133, primo comma, c.p. (che, al n. 3, richiama proprio al fine di valutare la «gravità del reato» l intensità del dolo o il grado della colpa) non potrà che comportare una valutazione comunque legata anche ad accertamenti di tipo psicologico-soggettivistico, dovendosi considerare sia il grado della colpa, sul presupposto che la violazione delle regole cautelari concorre ad integrare il modo di manifestarsi della (tipicità della) condotta, sia l intensità del dolo, sul presupposto che quest ultima si riverbera e si traduce nell adozione da parte dell autore di determinate modalità esecutive della condotta. Ma anche da altre disposizioni della norma si ricava il rilievo comunque attribuito (anche) ad atteggiamenti interiori che non modificano l entità dell offesa, elevando piuttosto il grado di colpevolezza in termini di rimproverabilità personale (Padovani). La norma esclude infatti, in ogni caso, che l offesa possa essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l autore ha agito per motivi abietti o futili (v. sub art. 61, comma 1, n. 1, c.p.), o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie (v. sub art. 61, comma 1, n. 4, c.p.) o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all età del-
131/2 Libro I - Dei reati in generale 364 la stessa (richiamando concetti sui quali v. sub art. 61, comma 1, n. 5, c.p.) ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L altro indice utilizzato dalla norma per valutare la tenuità dell offesa è dato dall esiguità del danno o del pericolo. Si è osservato (Amato) che il riferimento al danno non è necessariamente correlato al danno patrimoniale subito dalla persona offesa, giacché l ambito di operatività dell istituto è più ampio, potendosi applicare anche in ipotesi in cui manchi una persona offesa e comunque non si sia verificato un danno risarcibile. La non abitualità del comportamento L esiguità dell offesa è requisito necessario ai fini della non punibilità, ma non sufficiente. Il secondo indice di valutazione della particolare tenuità del fatto è costituito dalla non abitualità del comportamento. Anche in questo caso il legislatore delegato ha scrupolosamente osservato l indicazione della delega, che in effetti ha utilizzato un concetto diverso da quello di «occasionalità» del fatto, sicché la presenza di un «precedente» giudiziario (e dunque, tecnicamente, la «recidiva» accertata e applicata giudizialmente, purché non reiterata e specifica) non appare, di per sé sola, ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in presenza ovviamente degli altri presupposti. L «abitualità» che impedisce il riconoscimento della particolare tenuità, in ogni caso, è da riconoscere qualora venga accertata la reiterazione del medesimo reato oggetto del giudizio. Per questa ragione si prevede l iscrizione del relativo provvedimento nel casellario giudiziale (art. 3, comma 1, lettera f), del d.p.r. 14-11- 2002, n. 313), soprattutto ai fini dell apprezzamento dell «abitualità» ostativa all applicazione dell istituto. L aver dato rilievo al «comportamento», e non al «reato», avrebbe lasciato aperta la possibilità di applicazione dell istituto anche al reato abituale (ossia in caso di commissione di più reati della medesima indole: v. sub artt. 101 e ss. c.p.), se il terzo comma introdotto dal legislatore delegato dopo i necessari passaggi parlamentari non avesse espressamente qualificato come abituale, ai sensi del primo comma, il comportamento comunque tenuto da chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate (il che, ad esempio, porta ad escludere dal campo di applicazione della norma reati come il maltrattamento in famiglia o di animali o lo stalking). Meno agevole risulta riempire di contenuto la previsione (pure ostativa) relativa ai reati che abbiano a oggetto «condotte plurime e reiterate». Escluso il concorso formale di reati (caratterizzato dalla commissione di «una sola azione od omissione» che viola diverse disposizioni di legge ovvero viola più volte la stessa disposizione di legge, ex art. 81, comma 1, c.p.), vi rientrano «le situazioni in cui il reato, pur non abituale, sia stato commesso mediante condotte plurime e/o reiterate (ciò che sembra la stessa cosa), anche se eventualmente inquadrabili nel paradigma della continuazione» (in tal senso Amato, il quale suggerisce l esempio di chi abbia profferito nel medesimo contesto diverse espressioni di minaccia grave nei confronti della persona offesa ovvero di chi sia chiamato a rispondere di plurime condotte appropriative commesse nel medesimo contesto). Ambito di applicazione L ambito applicativo dell istituto è assai esteso, riguardando, in conformità a quanto prescritto dalla delega, i reati puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, ovvero con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Secondo i primi commenti (Padovani), sul piano sistematico l articolo 131bis sembra destinato a convivere con gli omologhi istituti già previsti per i minori e per i reati di competenza del giudice di pace, sicché esso non potrà essere applicato in nessuno dei due settori speciali (in senso contrario Amato, con riferimento ai reati di competenza del giudice di pace, ri-
365 Titolo V - Della non punibilità per particolare tenuità del fatto 132 spetto ai quali, peraltro, si pongono problemi di coordinamento rispetto alla formulazione della norma dettata dall art. 34 del d.lgs. 274/2000, con particolare riferimento all «occasionalità» richiesta da quest ultimo rispetto alla «non abitualità» richiesta dalla norma codicistica). Con riferimento al reato tentato, poiché esso costituisce una ipotesi autonoma di reato, occorre una valutazione degli effetti che si sarebbero verificati nel caso di consumazione, fermo restando che il limite edittale, in tale caso, va riferito alla pena stabilita ex art. 56 c.p. (riduzione nel minimo di un terzo). Il nuovo istituto ha natura sostanziale ed è, quindi, applicabile nei procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell art. 2, comma 4, c.p. Nei giudizi già pendenti in sede di legittimità, la questione della sua applicabilità è stata ritenuta rilevabile di ufficio a norma dell art. 609, comma 2, c.p.p. (Cass. III, 15-4-2015, n. 15449). L applicazione in caso di reato circostanziato Il quarto comma del nuovo articolo 131bis detta i criteri per la determinazione della pena detentiva ai fini del primo comma per l ipotesi in cui siano presenti circostanze, stabilendo che vanno considerate solo quelle circostanze che, comportando una specie di pena diversa od essendo «ad effetto speciale», rivelano una particolare «significatività» tale da essere in qualche modo accostabili nelle valutazioni del legislatore a sottospecie di fattispecie autonome. Il passaggio parlamentare ha indotto il legislatore delegato ad escludere la possibilità di tenere conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all articolo 69, in tal modo eliminando quel margine di discrezionalità giudiziale che si presenta tutte le volte in cui concorrono circostanze eterogenee di quel tipo. Il quinto comma completa l individuazione dell ambito applicativo, precisando che l istituto può trovare applicazione «anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante», occorrendo, ovviamente, che la «tenuità del fatto» superi la soglia della circostanza e giunga ad integrare gli estremi di quella particolare «irrilevanza» desumibile dai requisiti e criteri innanzi illustrati. Aspetti processuali L accertamento della causa di non punibilità è prevista (ai sensi del novellato 411 c.p.p.) come causa di archiviazione del procedimento, oltre ad imporre la pronuncia di una sentenza predibattimentale di non doversi procedere ai sensi dell art. 469 c.p.p. Quanto ai rapporti con il giudizio civile o amministrativo di danno, è stato introdotto un nuovo art. 651bis c.p.p., secondo il quale la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento per particolare tenuità del fatto pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all affermazione che l imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno; la stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenui tà del fatto nel giudizio abbreviato, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito speciale. 132 Potere discrezionale del giudice nell applicazione della pena: limiti. Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l uso di tale potere discrezionale (1). Nell aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena [22-26], salvi i casi espressamente determinati dalla legge [64 2, 66, 73 2, 78 2, 133bis]. (1) Cfr. art. 58, l. 689/1981 che, al primo comma, prevede il potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva e nella scelta tra le varie pene sostitutive (multa, libertà controllata, semidetenzione) di quella più idonea al reinserimento sociale del condannato.