Penale Sent. Sez. 4 Num. 3797 Anno 2015 Presidente: ZECCA GAETANINO Relatore: BIANCHI LUISA Data Udienza: 05/12/2014 sul ricorso proposto da: SENTENZA AZIENDA AUTONOMA DELLE TERME DI SCIACCA TERME SCIACCA S.P.A. nei confronti di: STREVA PAOLINA N. IL 23/01/1949 inoltre: STREVA PAOLINA N. IL 23/01/1949 avverso la sentenza n. 1581/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del 02/12/2013 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI Udito il Procuratore Generale in persona del Dot gt1)1 441;UY. 'FbcGutou,t che ha concluso per p 9U-e& 71,31-e- la-q uub c(-0 OUtb-LL'' ) r1sla7l Udito, per parte c'vile, l'avv '1.A cuce ce47,--1 tt 04f2- Cr-- eq4
Uditi difensor Avv. 111CL-02_ 1).,e(w plu,0 cyvv 9 0.,L.1/42 21,A1A, 04,t Fluo 9caeicat _e_ Frue ea,-eàf,
11132/2014 RITENUTO IN FATTO 1.Streva Paolina nella qualità di direttore sanitario dell' Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca è stata chiamata a rispondere del reato di cui all'articolo 590 codice penale in relazione alla contravvenzione di cui all'art. 4, co. 5, lettera c) e art. 89 del decreto legislativo 626/ 94 per aver cagionato alla dipendente Ruffo Maria lesioni consistite in un blocco vertebrale, disponendo che la Ruffo, che non era idonea alle mansioni di bagnina - fanghina ed alla quale era vietato in modo assoluto la movimentazione manuale dei carichi, prestasse servizio presso il reparto fanghi del Grand Hotel delle Terme, dove, sollevando una paziente, riportava le lesioni summenzionate; fatto avvenuto in Sciacca il 24 agosto 2007. Il tribunale di Sciacca ha ritenuto la Streva colpevole dei reati ascritti; concesse le circostanze attenuanti generiche e ritenuto il concorso formale la condannava a quattro mesi di reclusione nonché, in solido con i responsabili civili Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca S.p.A., al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede con una provvisionale immediatamente esecutiva di 5000. La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere per il reato contravvenzionale perché estinto per prescrizione e per l'effetto riduceva la pena a tre mesi di reclusione, confermando per il resto. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione l'imputata affidando i motivi all'avvocato Roberto Ferrara. Si deduce: 1) Inosservanza di legge e difetto di motivazione in relazione alla contestata contravvenzione per non aver tenuto conto della mancata conoscenza parte della dott. Streva, che non era direttore amministrativo delle Terme, della situazione della Ruffo di inidoneità alle funzioni di bagnina; alla Streva non era stato comunicato, né avrebbe dovuto essere comunicato, il giudizio del medico competente che aveva dichiarato inidonea la lavoratrice. 2) Difetto di motivazione con riguardo alle modalità dell'incidente non essendo stato spiegato perché la paziente, alla quale erano stati prescritti i fanghi aveva invece fatto un idromassaggio; inoltre vi erano contraddizioni tra le testimonianze rese dalla stessa persona offesa e la sua compagna di lavoro Ribecca Rosalia sul fatto che l'incidente si fosse verificato mentre la paziente stava entrando oppure uscendo nella vasca. 3) Inosservanza della legge penale, sempre con riferimento all'art. 4 del d. leg. 626/94, laddove si è contestato all'imputata di aver assegnato la Ruffo al servizio di bagnina senza tenere conto che decisivi sono i compiti effettivamente attribuiti al lavoratore e non il servizio al quale lo stesso è destinato. 4) Difetto di motivazione e inosservanza di legge in relazione al nesso di causalità: si sostiene che la Ruffo, facendo effettuare alla paziente l'idromassaggio invece di un fango così come risultava dalla prescrizione, aveva violato le disposizioni interne secondo cui non si potevano sostituire le prestazioni dei pazienti; se avesse rispettato tali disposizioni l'incidente non si sarebbe verificato; si sostiene inoltre che se fosse stata usata la vasca speciale per disabili, opportuna in quanto la paziente era 2
anziana ed obesa, l' incidente non si sarebbe verificato. 3) Sempre sotto il profilo del nesso di causalità si lamenta che non è stata data risposta alla censura secondo cui la bagnina, vista la situazione di pericolo che si prospettava, avrebbe dovuto la bagnina arrestarsi e segnalare il pericolo. 6) Si evidenzia che l'imputata non rivestiva la qualifica di dirigente richiesta dall'art.4 del citato d. lev. per attribuire la responsabilità per l'infortunio. 7) Si deduce la illegalità della pena in quanto, essendo state riconosciute le attenuanti generiche, la stessa risultava fissata in misura superiore al minimo consentito pari a tre mesi. 8) Si contesta la concessione della provvisionale nonostante sia stato espresso il dubbio sulla sussistenza di un danno per inabilità al lavoro. 9) Si eccepisce la illegittimità e inefficacia della costituzione di parte civile per mancata notifica dell'atto di costituzione di parte civile presentata fuori udienza, anche al difensore dell'imputato, oltre che all'imputato. 10) Ci si duole della mancata risposta ai motivi di appello con cui si era sollecitata la compensazione delle spese tra le parti. 3. Nell'interesse dei responsabili civili Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca S.p.A., ha presentato ricorso per cassazione l'avvocato Aldo Rossi. Con il primo motivo si censura la intervenuta dichiarazione di prescrizione per la contravvenzione ex art. 4 d.l.vo 626/94; si sostiene che si sarebbe dovuta assolvere l'imputato per mancato perfezionamento dell'iter amministrativo di attribuzione della idoneità alla mansione. Con il secondo, si formulano rilievi di violazione dell'articolo 41, co..2, codice penale per mancata considerazione del comportamento tenuto dalla persona offesa che ha contravvenuto alle disposizioni del datore di lavoro erogando prestazioni non dovute. Con il terzo motivo ci si duole che non si è tenuto conto delle discrasia tra quanto aveva dichiarato la persona offesa e la teste Ribecca, collega di lavoro. Con il quarto si sostiene esservi mancanza di motivazione sulla posizione di garanzia dei responsabili civili, non essendovi stata delega di funzioni da parte dell'azienda Autonoma Terme di Sciacca e/o delle Terme di Sciacca S.p.A. per effetto della quale i responsabili civili avrebbero potuto essere ritenuti responsabili dei danni. Con il quinto si formulano censure sulla quantificazione della provvisionale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.1 ricorsi, che possono esserg.almeno in parte, congiuntamente esaminati, sono infondati tranne che con riferimento alla dererminazione della pena. I 1.1 Possono in primo luogo prendersi in considerazione i rilievi, comuni alla difesa dell'imputato e a quella dei responsabili civili, relativi alla posizione di garanzia della dott.ssa Streva Paolina, che viene contestata sostenendosi che la medesima non rivestiva la qualifica di datore di lavoro o di dirigente, presupposto necessario per l'applicazione degli artt. 4 e 89 d.leg. 626/ 94 e dunque dei doveri da esso previsti ed in particolare di quello di cui al quinto comma lett. C) che sancisce l'obbligo di tenere conto delle condizioni di salute del lavoratore nell'affidargli i compiti da svolgere. La censura è infondata: la sentenza qui impugnata, e soprattutto quella più diffusa ed analitica d I 3
tribunale di Sciacca, cui la corte di appello si è espressamente richiamata, motivano in maniera corretta e puntuale le ragioni per le quali non può dubitarsi della sussistenza di una posizione di garanzia da parte della Streva che in qualità di direttore sanitario dell'azienda autonoma Terme di Sciacca, ente pubblico economico, provvedeva all'assegnazione del personale; in particolare era stata proprio la dott. ssa Streva che nel mese di agosto 2007, poco prima dell'infortunio, durante la stagione estiva, per sopperire alle numerose assenze per ferie, aveva spostato la Ruffo, con apposita disposizione di servizio, presso il reparto donne del Grande Albergo per aiutare l' addetta ai fanghi Ribecca Rosalia, rimasta sola a svolgere quel servizio. Non può dunque dubitarsi della sussistenza della posizione di garanzia in capo alla medesima sia perché soggetto che nella qualità di dirigente sanitario era legittima ad attribuire le mansioni al personale dipendente/ sia perché in concreto è stata proprio la medesima Streva a destinare la Ruffo all'attività durante la quale si è verificato l'incidente. Neppure trovano fondamento le censure circa la mancata conoscenza formale da parte della Streva della diagnosi di "non idoneità alle mansioni di bagnina-fanghina" effettuata dal dottor Pacifico in data 8 maggio 2007. E' vero che questo certificato non è stato portato a conoscenza della Streva ma tuttavia le sentenze di primo e secondo grado hanno dimostrato che la medesima era pienamente consapevole dei problemi alla schiena della Ruffo emersi fin dal 1988, e risultanti in particolare dal certificati medici aziendali del 2000 e del 2004, tanto più che era stata la medesima dott.ssa Streva ad adibire per tali ragioni la Ruffo al reparto inalazioni dal 5.4.2006; peraltro la stessa imputata ha ammesso nel corso della sua deposizione testimoniale di essere stata consapevole dei problemi della lavoratrice, tanto da aver raccomandato alla collega Ribecca cui la affiancava, di evitare di sottoporla ad attività eccessivamente faticose. Risulta dunque pienamente provata la posizione di garanzia della imputata e la sua condotta colposa per non aver tenuto conto dei rischi collegati all'attività alla quale pur temporaneamente la aveva destinata. Per quanto riguarda poi le modalità di verificazione del fatto, puntuale e precisa è la ricostruzione di tutti profili della vicenda, contenuta specialmente nella sentenza di primo grado richiamata da quella di appello, da cui risulta chiaramente che l'infortunio è avvenuto mentre la Ruffo aiutava la collega a far entrare la paziente nella vasca di idromassaggio, allorchè la donna improvvisamente scivolava e si aggrappava appunto alla Ruffo che cercava di sostenerla; si trattava di una donna indubbiamente anziana e di corporatura pesante ma tuttavia in grado di deambulare, che dunque non necessitava di essere destinata alla vasca per i disabili; è stato inoltre chiarito che secondo una prassi vigente all'interno delle terme era possibile, almeno entro certi limiti, scambiare le prestazioni come è stato fatto nella specie avendo la Ribecca dichiarato di essere stata lei ad autorizzare la paziente ad effettuare l'idromassaggio anziché il fango più bagno risultante dal ticket, dal momento che la donna dichiarava di non sentirsi in grado di sottoporsi ad un fango. Nessun comportamento abnorme o assenza di diligenza è ravvisabile da parte della Ruffo che si è limitata a prestare osservanza al compito che I era stato assegnata di collaborare con la collega Ribecca. 4
2. La difesa dell'imputata ha riproposto la questione, già respinta dal giudice di appello, di illegittimità e inefficacia della costituzione di parte civile per mancata notifica dell'atto di costituzione, presentata fuori udienza, anche al difensore dell'imputato, oltre che all'imputato medesimo. Trattasi di censura infondata. Ai sensi dell'art. 78, co.2, cod.proc.pen. la costituzione di parte civile presentata fuori udienza deve essere notificata, a cura della stessa parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna dal giorno in cui è eseguita la notifica. Correttamente la Corte di appello ha ritenuto che nel concetto di parte non sia compreso il difensore. Giova al riguardo considerare che nel vigente codice di rito la nozione di parte deve ritenersi riferita ai soggetti, attivo e passivo (pubblico ministero e imputato), dell'azione penale nonché ai soggetti dell'eventuale azione civile proposta in sede penale (parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per l'ammenda). Ne sono invece esclusi i difensori, pur essendo gli stessi compresi (come pure il giudice e la polizia giudiziaria) tra gli altri "soggetti" disciplinati dal libro I, ai quali si è dedicato il titolo VII. L'art. 78 che fa riferimento alle parti, non comprende dunque il difensore. E' vero che l' art. 99 espressamente estende al difensore facoltà e diritti che la legge riconosce all'imputato, ma tale norma non può estendersi a comprendere tutti gli avvisi di cui è destinatario l'imputato, ma è piuttosto destinata a garantire al difensore una piena iniziativa processuale e difensiva, salvi gli atti personalissimi; di ciò è riscontro la circostanza che il codice regola espressamente gli avvisi di cui sono destinatari i difensori dell'imputato (v. ad es. art. 127 co.1 e 128 ultima parte, artt. 419 co.2, 465 co.2, 548 co.2 ). Ulteriore conferma può trarsi dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte che ritiene che l'obbligo della cancelleria di notificare senza ritardo l'atto di impugnazione del pubblico ministero alle parti private a norma dell'art. 584 cod. proc. pen. va inteso nel senso che le parti private, cui compete di ricevere la notificazione, sono soltanto esse, e non anche i rispettivi difensori (per tutte, v. sez. u. 29.1.2003 n.12878 Rv. 223723) 3. Passando ad esaminare i motivi proposti dai responsabili civili, resta da precisare che il ricorso è inammissibile laddove assume che vi sarebbe un travisamento delle dichiarazioni della teste Ribecca e una discrasia rispetto alle dichiarazioni dell'imputata, che però non emergono con la necessaria evidenza da quanto riferito nel ricorso stesso. Sostiene poi la parte civile che stante la delega di funzioni in favore della Streva quale direttore sanitario e pertanto responsabile della sicurezza dei lavoratori, gli stessi non avrebbero dovuto essere considerati responsabili neppure agli effetti civili. La censura non ha fondamento in quanto confonde il piano della responsabilità penale e quello della responsabilità civile; presumibilmente, proprio in ragione della ripartizione dei compiti all'interno delle strutture aziendali al cui interno si è verificato l'incidente e in virtù del principio di personalità della responsabilità penale non sono stati formulati addebiti penali nei confronti degli amministratori dei due enti Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca s.p.a; correttamente però gli stessi, quali datori di lavor 5
sono stati chiamati a rispondere civilmente dell'operato della Streva ex artt. 185 cp e 84 cod.proc.pen. 4. Risultano fondati i rilievi formulati quanto alla determinazione della pena; infatti per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche seppur equivalenti alla aggravante della violazione alla normativa sugli infortuni sul lavoro, la pena base per il reato di lesioni è quella di tre mesi e dunque non poteva essere determinata, come è invece avvenuto nella sentenza di primo grado, sul punto non riformata in appello, nella misura di quattro mesi e 15 giorni di reclusione. 5. La sentenza non è censurabile per quanto riguarda la determinazione della provvisionale, essendo pacifica la giurisprudenza di questa Corte, già dalla Corte di appello richiamata, secondo cui il provvedimento del giudice di merito che assegna alla parte civile una somma da imputarsi alla liquidazione definitiva del danno non è impugnabile in cassazione sia per la sua intrinseca discrezionalità di merito sia perché è per natura provvisorio e non suscettibile di passare in giudicato essendo la provvisionale destinata ad essere assorbita dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento nella competente sede civile. Prive di fondamento sono anche le censure svolte con riferimento alla mancata considerazione del risarcimento da parte dell'inail, ben potendo sussistere un danno ulteriore dell'infortunato rispetto a quanto liquidato dall'inail anche in relazione ai danni morali. La condanna alle spese del procedimento in favore della parte civile vittoriosa disposta in primo grado è stata oggetto di motivata conferma da parte della corte di appello. 7. In conclusione la impugnata sentenza deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Palermo mentre nel resto il ricorso di Streva Paolina è da rigettare. Vanno rigettati interamente i ricorsi dei responsabili civili con la conseguente condanna al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di cassazione dalla parte civile liquidate come al dispositivo. P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso di Streva Paolina. Rigetta i ricorsi dei responsabili civili e li condanna al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di cassazione dalla parte civile e liquidate in euro 3000,00 oltre accessori come per legge. Così deciso il 5.12.2014.