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1 Scuola della Parola 7 aprile 2017 Un discepolo speciale (Giuda: Gv 13, 18-35) La nostra Scuola della Parola si conclude con un solenne Atto penitenziale al cui vertice si innesta la celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Il cammino ispirato dalla Parola trova un compimento nel riconoscere il bisogno di essere perdonati dalle nostre infedeltà rispetto all amore di Gesù per noi. Secondo la sapiente pedagogia spirituale della Chiesa, la Quaresima viene raccomandata come tempo di riconoscimento della misericordia del Padre, resa manifesta nel Figlio consegnato alla morte per riscattare i suoi figli perduti e ricondurli all amore eterno, mediante l effusione dello Spirito. Il mistero della giustificazione Così davanti ai nostri occhi si dispiega l ineffabile disegno di salvezza. Predisposta da Dio-Trinità per liberare l uomo dalle tenebre e dall ombra di morte, dalla disperante condizione della condanna, la salvezza ci viene consegnata come grazia, anzi come pura grazia. A ben vedere, da solo l uomo non potrebbe uscire dal suo incatenamento causato dal peccato. In realtà, ora la nostra consapevolezza del peccato ha bisogno di essere profonda e motivata dalla fede in Cristo Gesù. Scrive San Paolo al riguardo: Ora si è manifestata la giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono: perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. È lui che Dio

2 ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di Dio (Rm 3, 23-26). Qui l azione beneficante di Dio si manifesta tutta nella sua misericordia senza limiti. In Gesù si è compiuta la redenzione a prezzo del suo sangue, rendendosi strumento di espiazione e di propiziazione e così distruggere totalmente il peccato mediante la giustificazione di ogni uomo. Infatti è solo l evento della redenzione che propizia il nostro cammino di salvezza e la restituzione dell uomo nella pace con Dio e con i fratelli, ci apre l accesso alla speranza alla gloria di Dio (Rm 5, 3). Di qui osserviamo che l uomo peccatore, cioè ognuno di noi, redento da Cristo, è reso abilitato ad entrare nell amicizia di Dio. Ciò significa pregustare per grazia la comunione con lui. In tale prospettiva la celebrazione della Penitenza ci restituisce allo stato originale del Battesimo, cioè alla fonte del dono di grazia che, a causa dei nostri peccati, si era smarrita nei meandri della nostra vita vissuta secondo la carne. Con l atto sacramentale avviene che l amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Il cammino di fede In questi incontri quaresimali abbiamo compreso che la fede pasquale è un dono. Esso esige una nascita dall alto, cioè un accogliere il Figlio di Dio nella sua identità e missione espressa da Gesù con la mirabile rivelazione: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio

3 unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (Gv 3, 16). Di qui ci è chiesto un autentico ricominciamento nella consapevolezza dell amore di Dio per noi. Inoltre la fede pasquale richiede un incontro personale con Gesù. Abbiamo ascoltato: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva (Gv 4, 10). L acqua viva zampillante, l acqua rigeneratrice per saziare la sete per sempre, viene solo da Gesù. Lui infatti ci ha rivelato il Padre, adorato d ora in avanti in spirito e verità, ed è lui l unico salvatore del mondo. Ma questo dono rischiamo di comprometterlo lungo i giorni con la nostra incredulità o dubbiosità. Allora occorre riconoscere il nostro oscuramento, confessando con umiltà e obbedienza di fede: Mio Signore e mio Dio, e fissando Gesù nelle sue ferite e nel suo essere Risorto per essere accolti da lui e dalla comunità credente. Infine il nostro cammino di fede giunge al suo vertice, liberandoci da resistenze, irrigidimenti e pregiudizi anche religiosi, accogliendo la voce di Gesù che ci chiama per nome, ci risveglia dal sonno della coscienza, ci offre di nuovo la sua piena presenza di Vivente, proclamando nella letizia, di una libertà ritrovata, la parola pasquale: Ho visto il Signore!. Ora questo incontro definitivo con Gesù chiede saldezza di fede, fermezza di speranza, ardente carità verso di lui e i fratelli. Così la nostra fedeltà abbisogna sempre di essere confermata dalla grazia e dalla misericordia. Gesù ci ha detto che senza di me non potete far nulla

4 (Gv 15, 5) per ricordarci che sarebbe vano ogni umano tentativo di salvezza al di fuori di lui. Nel contempo ci rincuora richiamare la sua promessa: Non vi lascerò orfani: verrò da voi (Gv 14, 18). Così ci sentiamo incoraggiati a riconoscere l urgenza e la necessità della sua vicinanza, del suo dimorare con noi, del suo perdono. Il ritorno di Gesù ci è necessario per mantenerci nella perseveranza Annuncio del tradimento Per entrare ora, con vivo spirito di fede, nella contemplazione del mistero della passione del Signore, al fine di riconoscere il nostro peccato che ne è stato la causa, ripercorriamo il momento drammatico della denuncia del traditore da parte di Gesù. Sappiamo che è un apostolo e che si chiama Giuda. E certamente un personaggio controverso e oscuro nelle sue intenzioni. Perché si sarà assunto l incarico di traditore? Quali erano le sue vere intenzioni? Come le ha maturate? Giuda è un discepolo speciale che ha visto in Gesù un capo rivoluzionario e forse ne è stato deluso. Il rifiuto di Gesù, vera angustia del cuore, gli è costato la disperazione e l adombramento della mente e dell anima. Così non ha saputo amare ed essere amato. E ha consegnato Gesù al Sinedrio per un vile compenso. Uno di voi mi tradirà Gv 13, 21-26 Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà". I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Dì, chi è colui a cui si riferisce?". Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse:

5 "Signore, chi è?". Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. Con la lavanda dei piedi, Gesù indica il suo passaggio verso il Padre. Il momento è drammatico e colmo di tensione. Gesù compie un gesto di umile amore, come colui che ospita e serve. E lui che dispone gli eventi, lui imbandisce la tavola dell amicizia e del dono di sé, è lui che dichiara il senso di quanto accade. Nel banchetto pasquale e finale, Gesù prende il posto del servo, come agnello immolato in obbedienza al Padre. In questo contesto emerge, con potenza sconvolgente, il segno del tradimento che evidenzia l imminente tragica fine. La figura del servo sta ad indicare che Gesù non oppone ostacolo a dare la sua vita per i suoi. Si spoglia di tutto per essere disposto a tutto, fino a morire. Gesù davvero è il servo, l ultimo degli ultimi, è l inviato da Dio tra i perduti. Nell umiliazione suprema rivela tutto il suo amore. Così Gesù si commuove intensamente e annuncia esplicitamente il traditore. E uno scandalo! Proprio colui che ha scelto e amato, viene individuato senza reticenze come colui che lo tradirà. Lo sgomento di Gesù impressiona e colpisce. Sembra essere colto da un emozione insostenibile, come fosse già di fronte alla morte. E un turbamento interiore che sconvolge e si visibilizza perché vede concretizzarsi la parola del salmo, appena prima citato: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno (Gv 13, 18; Sal 41). Gesù sta di fronte a Giuda ormai in procinto di compiere un gesto pessimo e raccapricciante. Gesù riconosce ciò che sta per accadere, lui è padrone di ciò che lo riguarda (X. Leon-Dufour). Da parte di un discepolo che di fatto consegna Gesù alla morte, meglio sarebbe dire

6 lo consuma nella morte, ciò assume una valenza suprema che attinge al mistero di Dio. I discepoli al sentire l annuncio restano stupefatti e sbigottiti. In realtà non sanno di chi parlasse Gesù e perché l avesse fatto proprio in quel punto, all inizio del pasto pasquale. Di qui insorge lo scandalo che è davvero per loro inspiegabile che li immobilizza e li sorprende. D altra parte un tradimento appare sempre qualcosa di misterioso e di diabolico. Per questo sembra che Gesù intenda mostrare chiaramente l avversario di sempre, il diavolo, più che incastrare Giuda al suo misfatto. Toglie il velo ad ogni menzogna e presenta il volto del traditore. Ancora una volta i discepoli sono presi alla sprovvista: forse avvertono di essere in compagnia di un traditore del Maestro, uno di loro. E chi? Chi ha potuto essere un così orrendo promotore di tradimento? E perché prestarsi al gioco degli avversari? Per ottenere che cosa? Scoppia un sentore di diffidenza reciproca. A questo punto si apre un quasi siparietto, salvo restando la gravità del momento. Due i protagonisti: Giovanni, quello che Gesù amava, e Pietro. Il primo si trova in una posizione privilegiata, essendo a tavola al fianco di Gesù. L altro prende l iniziativa per capire qualcosa di più. Qui si rivela un inciso. Giovanni si china sul petto di Gesù. E una formulazione tipicamente giovannea per indicare una familiarità molto confidenziale. L atteggiamento del discepolo prediletto lascia intravvedere di essere il contrappeso di Giuda (X. Leon-Dufour), come a dire che di fronte al traditore l evangelista pare il vero credente, inseparabile dal suo Signore (ivi). La domanda di Pietro viene passata a Gesù da parte di Giovanni. Gesù risponde con un gesto: offre un boccone a Giuda, dando concretezza a Salmo citato. Il gesto segna un legame preferenziale, un atto che

7 distingue un ospite di riguardo. Gesù mostra una consapevolezza sbalorditiva: conosce la realtà tenebrosa dell uomo e la chiara volontà di Dio e non oppone resistenza. Davvero lui è il servo fedele che obbedisce al volere del Padre, abbandonandosi alle circostanze umane che si intrecciano per procurare la sua fine. Gesù non si difende, ma accetta fino in fondo di conformarsi al disegno del Padre: non sia fatta la mia, ma la tua volontà (Lc 22, 42). C è da riflettere sul racconto e verificare la nostra condizione nel riguardo di Gesù. Ed era notte Gv 13, 27-30 E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: "Quello che devi fare fallo al più presto". Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte. Il boccone apre le porte a Satana. Il gesto d amore e di fiducia ospitale da parte di Gesù contrasta con l abisso dell odio scavato da Giuda. In realtà è Satana che si impadronisce di Giuda, ormai fatto zimbello, strumento del male. Così il nemico sferra il suo attacco e sembra prevalere. E tuttavia Gesù non è un ingenuo: tutto era previsto e non è fuggito al momento della resa dei conti. Osserviamo con attenzione come Satana scatena tutta la sua forza, prende in possesso Giuda e sembra avere in mano le sorti di Gesù. Sembra l unico vincente. Ma di fatto è Gesù che stabilisce il momento. In realtà Gesù è solo. I discepoli non reagiscono. In realtà il dramma si consuma tra Gesù e Satana: gli sfidanti sono loro due e Giuda si presta come strumento subalterno. La parola di Gesù a Giuda: Quello che devi

8 fare fallo al più presto, indica una perentoria ordinanza che va eseguita senza tentennare. E come se Gesù spingesse verso la soluzione finale, mostrando una sua piena conformità al disegno del Padre (cfr. X. Leon- Dufour). Ormai anche Giuda è posto di fronte alle sue responsabilità e Gesù non pone ostacoli alla sua decisione. Proprio l amico dell ospite, agisce contro l ospite stesso. Dunque Giuda subito uscì ed esce per sempre. Esce con il boccone in bocca: il contrassegno del suo perfido tradimento. E estromesso dalla comunità dei discepoli perché caduto nella trappola dell Avversario. Ed era notte, aggiunge l evangelista L annotazione non è di carattere temporale, ma simbolico. In realtà la notte di Giuda è la notte del mondo. Per Giovanni la notte è assenza di luce, in cui l uomo inciampa (cfr. Gv 11, 10). Così lasciando Gesù, il discepolo ha preferito la notte alla luce (cfr. Gv 3, 19) e Giuda stesso era notte (S. Agostino). E la notte che avvolge l uomo nella sua crudeltà di cuore e nella sua pervicace insistenza nel male e dunque nell ombra della morte. Se la notte ci assedia, significa che la coscienza è prigioniera di se stessa ed è in balia del maligno. Tutto scompare nella notte: la disperazione della verità rifiutata, l assenza della luce dell amore. L addio e il comandamento nuovo Con l uscita di Giuda, Gesù sa che il tempo della gloria è nel suo accadere. Dunque può dichiarare apertamente il compimento della sua missione e l opera del Padre. In realtà, si potrebbe dire, la fine si trasforma in principio per la missione dei suoi. Si tratta di registrarsi sui tempi di Dio e testimoniare la grazia della salvezza nel reciproco amore.

9 Gv 13, 31-35 Quand'egli fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. Dopo il turbamento, dopo l individuazione del traditore, dopo che lui stesso esce dalla comunità nella notte, adesso Gesù proclama come fosse un grido di vittoria: Ora il Figlio dell Uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Gesù è libero di affrontare la morte, nella piena consapevolezza di Messia inviato e sacrificato. Per Gesù la morte è già vita. Questo è detto con l espressione Ora che indica l accadere della sua morte-vita in Dio. Con la sua morte Gesù sa di essere glorificato e nel contempo sa che Dio stesso è stato glorificato in lui consegnato alla morte. Nel nome di Dio, il Figlio ha già vinto la morte e vive nella gloria del Padre. La morte è il coronamento della missione del Figlio e la manifestazione del compimento dell opera di Dio. Ora Gesù può congedarsi dai suoi. La Lettera agli Ebrei riflette su questa glorificazione di Cristo e afferma: Quel Gesù che fu fatto poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio gli provasse la morte a vantaggio di tutti (Eb 2, 9). Come sigillo della sua vita donata, Gesù lascia un testamento che distinguerà i suoi rispetto al mondo. E in realtà un comandamento nuovo del tutto capace di rendere riconoscibili i discepoli. Infatti da questo tutti sapranno che siete miei discepoli. Infatti l amore è d ora in

10 avanti il distintivo del discepolo e segue la regola: Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. In tale prospettiva, la possibilità affettiva dell amore reciproco consiste nel paragone con lui. Sta tutto in quel come che sigilla la certezza di essere in lui e con lui nel mentre si scambiano relazioni di autentico amore. La nuova condizione del credente non viene da se stessi, ma dal Risorto che crea tale condizione nella reciprocità dell amore. Così all addio di Gesù, che lo rende invisibile, segue il comandamento nuovo che lo rende visibile e attingibile. L amore verso gli altri discepoli, rivela l autenticità dell essere in Cristo e della sua effettiva presenza. Per dire che solo l amore salva, quello di Cristo riversato nei nostri cuori dal suo Spirito Santo. + Carlo, Vescovo