Appunti del corso: Algebra IV Prof. Claudia Menini

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Appunti del corso: Algebra IV Prof. Claudia Menini Stefano Maggiolo 2005/2006 Indice 1 Introduzione 2 2 Funtori aggiunti 10 3 Categorie abeliane 19 3.1 Kernel............................... 19 3.2 Prodotti.............................. 25 3.3 Limiti............................... 28 4 Funtori derivati 35 4.1 Complessi............................. 35 4.2 Omotopie............................. 41 4.3 Risoluzioni proiettive....................... 43 4.4 Funtori derivati.......................... 46 4.5 Funtori derivati destri...................... 53 1

1 Introduzione Definizione 1.0.1. Una categoria C consiste in una classe di oggetti Ob {C} dotata, per ogni coppia (C 1, C 2 ) di oggetti, di un insieme Hom C {C 1, C 2 } dei morfismi di C 1 in C 2 e per ogni tripla (C 1, C 2, C 3 ) di un applicazione : Hom C {C 1, C 2 } Hom C {C 2, C 3 } Hom C {C 1, C 3 } (f, g) gf ; inoltre questi enti devono soddisfare i seguenti assiomi: se (C 1, C 2 ) (C 3, C 4 ), Hom C {C 1, C 2 } Hom C {C 3, C 4 }; se h Hom C {C 3, C 4 }, h (gf) = (hf) g; per ogni C C, esiste 1 C Hom C {C, C} tale che per ogni h Hom C {C, C }, f 1 C = f = 1 C f. f Se C Ob {C}, si scriverà C C; si dirà che un morfismo C 1 C2 è un g isomorfismo se esiste un morfismo C 2 C1 tale che fg = 1 C2 e gf = 1 C1. Esempio 1.0.2. Gli insiemi con le funzioni come morfismi formano la categoria Ins degli insiemi; si può formare una categoria per ogni struttura algebrica, ponendo come oggetti tutti gli insiemi dotati di quella struttura algebrica e come morfismi i morfismi della struttura: si ottengono in questo modo la categoria dei gruppi, degli anelli, dei R-moduli destri e sinistri e così via. Definizione 1.0.3. Una categoria si dice piccola se gli oggetti formano un insieme; discreta se per C 1 = C 2 si ha Hom C {C 1, C 2 } = {1} C1, altrimenti Hom C {C 1, C 2 } = ; data una categoria C, la categoria opposta è C dove Ob {C } = Ob {C} e Hom C {C 1, C 2 } = Hom C {C 2, C 1 }. Definizione 1.0.4. Una sottocategoria D di una categoria C è una categoria tale che Ob {D} Ob {C} e per ogni D 1, D 2 D, Hom D {D 1, D 2 } Hom C {D 1, D 2 }. Se in quest ultima relazione vale l uguaglianza, D è detta sottocategoria piena di C. 2

Definizione 1.0.5. Date due categorie C e D, un funtore covariante tra le due è F : C D e consiste nell assegnare a ogni oggetto C C un oggetto f F {C} D e a ogni morfismo C 1 C2 un morfismo F {C 1 } F {f} F {C 2 }, in modo che F {1 C } = 1 F {C} e F {gf} = F {g} F {f}; F è un funtore controvariante se invece F {f} Hom D {F {C 2 }, F {C 1 }} e F {gf} = F {f} F {g}. Osservazione 1.0.6. Dati due funtori F : C 1 C 2 e G: C 2 C 3, si definisce ed è funtore GF : C 1 C 3 tale che GF {C} = G {F {C}} e GF {f} = G {F {f}}. Definizione 1.0.7. Si consideri l applicazione F C 2 C 1 : Hom C {C 1, C 2 } Hom D {F {C 1 }, F {C 2 }} che associa a f il morfismo F {f}; F si dice fedele se ogni F C 2 C 1 è pieno se ogni F C 2 C 1 è suriettiva. è iniettiva; F Esempio 1.0.8. Sia C una categoria e A C; si definisce il funtore h A = Hom C {A, } : C Ins che associa all oggetto C l insieme Hom C {A, C} e al f morfismo C 1 C2 la funzione h A {f} = Hom C {A, f} : Hom C {A, C 1 } Hom C {A, C 2 } ) ) (A ξ C 1 (A ξ f. C 1 C2 Così definito, h A è un funtore covariante: h A {1 C } {ξ} = 1 C ξ = ξ, quindi h A {1 C } = 1 h A {C}; h A {gf} {ξ} = gfξ = h A {g} {fξ} = ( h A {g} h A {f} ) {ξ}, quindi h A {gf} = h A {g} h A {f}. Se il funtore è fedele, significa che per ogni coppia C 1 f,g C 2 con f g esiste A ξ C 1 tale che fξ gξ; in questo caso A è detto generatore di C. Si può ripetere il procedimento costruendo il funtore controvariante h A : C Ins che associa a C l insieme Hom C {C, A} e con h A {f} {ξ} = ξf. Se h A è fedele, A si dice cogeneratore di C. 3

Definizione 1.0.9. Dati due funtori C F,G D, un loro morfismo funtoriale è ϕ: F G e consiste nell assegnare per ogni C C un morfismo F {C} ϕ C G {C} in modo che il diagramma F {C 1 } ϕ C 1 G {C 1 } F {f} G{f} F {C 2 } ϕc2 G {C 2 } commuti per ogni C 1 f C2. I funtori sono isomorfi se per ogni C C, ϕ C è un isomorfismo, cioè ha un inversa bilatera; in questo caso, si scrive F = G. Definizione 1.0.10. Due categorie C e D sono equivalenti se esiste una coppia di funtori F : C D e G: D C tali che F G = 1 D e GF = 1 C, dove 1 C è il funtore identità di C. Se inoltre F G = 1 D e GF = 1 D, le due categorie si dicono isomorfe. Lemma 1.0.11. Sia T : C D un funtore covariante pieno e fedele, allora f C2 è isomorfismo se e solo se T {f} è isomorfismo. C 1 Dimostrazione. Se f è un isomorfismo, esiste f 1 e T {f} T {f 1 } = T {ff 1 } = T {1 C2 } = 1 T {C2 }. Componendo dall altro lato, si ottiene che T {f 1 } = T {f} 1. Se T {f} è un isomorfismo, esiste h = T {f} 1, ma h = T {g} per qualche g, quindi T {1 C1 } = 1 T {C1 } = ht {f} = T {g} T {f} = T {gf}. Per la fedeltà di T, 1 C1 g = f 1. = gf; procedendo allo stesso modo, risulta Teorema 1.0.12. Sia T : C D un funtore covariante, allora T è un equivalenza se e solo se T è fedele, pieno e per ogni D D, esistono C C e T {C} ξ D D isomorfismo. Dimostrazione. Se T è un equivalenza, esistono il funtore D isomorfismi funtoriali ST α 1 C e T S β 1 D. S C e gli T è fedele. Siano f, f Hom C {C 1, C 2 } con T {f} = T {f }; allora ST {f} = ST {f }. Poiché α è un isomorfismo si ha f = α C2 ST {f} α 1 C 1 = 4

α C2 ST {f } α 1 C 1 = f: ST {C 1 } α C 1 C 1 ST {f}=st {f } f ST {C 2 } α C 2 C 2. f T è pieno. Sia T {C 1 } h T {C 2 }; si ponga g = α C2 S {h} α 1 C 1 Hom C {C 1, C 2 }. Poiché α è isomorfismo, si ha ST {g} = α 1 C 2 gα C1, a sua volta uguale a S {h} per la definizione di g; ma S è, come T, un equivalenza, quindi per il punto precedente è fedele, da cui h = T {g}: ST {C 1 } α C 1 C 1 S{h}=ST {g} ST {C 2 } αc2 C 2. g Per ogni D D, se si pone C = T {D}, l isomorfismo ST {D} β D D è quello cercato. Costruzione di S : D C. Per l implicazione inversa, si deve costruire S. Preso D D, si ponga S {D} = C, dove C C è l oggetto per cui esiste C ξ D f D. Preso un morfismo D 1 D2, esiste T {C 1 } f =ξ 1 D fξ D1 2 T {C 2 }, ma f poiché T è pieno e fedele, esiste un unico C 1 C 2 tale che T {f } = f ; sia S {f} = f. S è un funtore. Grazie alla commutatività del diagramma D 1 f D 2 g D 3 ξ D1 ξ D2 ξ D3 T {C 1 } T S{f} T {C 2 } T S{g} T {C 3 }, f g prese D 1 D2 e D 2 D3, si ha T {S {g} S {f}} = T S {g} T S {f} = ( ) ( ) ξ 1 D 3 gξ D2 ξ 1 D 2 fξ D1 = ξ 1 D 3 gfξ D1 = T S {gf}. Per la fedeltà di T, S {g} S {f} = S {gf}. Inoltre, T S {1 D } = ξ 1 D 1 D ξ D = 1 T {C} = T {1 C }, 5

da cui S {1 D } = 1 C. 1 D. Per costruzione, si ha S {D} = C e T S {D} = T {C} = D, perciò T S = Costruzione di α: ST 1 C. Si deve costruire per ogni C C un isomorfismo ST {C} α C C. In generale esiste T S {D} ξ D D; se D = T {C}, T ST {C} ξ T {C} T {C}. Per le proprietà di T, esiste un unico morfismo ST {C} α C C tale che T {α C } = ξ T {C} ; si deve dimostrare che α definito dagli α C è un isomorfismo funtoriale. α è un morfismo funtoriale. diagramma Applicando T, Si deve dimostrare la commutatività del ST {C 1 } α C 1 ST {f}? C 1 ST {C 2 } αc2 C 2. f T {fα C1 } = T {α C2 ST {f}} = = T {f} T {α C1 } = T {α C2 } T ST {f} = T {f} ξ T {C1 } = ξ T {C2 }T ST {f}. Ma posto D = T {C 1 }, si ha che T ST {f} = ξ 1 T {C 2 } T {f} ξ T {C 1 }, da cui T {fα C1 } = T {α C2 ST {f}} e per la fedeltà di T la tesi. Applicando il lemma con f = ξ T {C}, si ottiene che α C = T { ξ T {C} } è un isomorfismo. Teorema 1.0.13 (Lemma di Yoneda). Siano F : C Ins un funtore controvariante, A C e Hom {h A, F } l insieme dei morfismi funtoriali da h A in F. Posto α F A : Hom {h A, F } F {A} (h A ξ F ) ξ A {1 A }, α F A è una biiezione, naturale in A e F. Dimostrazione. Costruzione di β = ( α F A) 1. Si dimostra che α F A è invertibile, costruendo F {A} β Hom {h A, F }: se x F {A}, β {x} deve essere un 6

morfismo funtoriale definito dalle h A {C} β{x} C F {C}; presa f h A {C} = Hom C {C, A}, sia β {x} C {f} = F {f} {x}. β {x} è un morfismo funtoriale. Si deve dimostrare che il diagramma h A {C 2 } β{x} C 2 F {C 2 } h A {g}? F {g} h A {C 1 } β{x}c1 F {C 1 } commuta: preso f Hom C {C 2, A}, procedendo dalle due parti: F {g} { β {x} C2 {f} } = β {x} C1 {h A {g} {f}} = = F {g} {F {f} {x}} = β {x} C1 {fg} = F {fg} {x} = F {fg} {x}. β = ( 1. αa) F ξ Preso un morfismo funtoriale ha F, per ogni C C, β { αa F {ξ}} = β {ξ C A {1 A }} C. Questa applicazione manda f Hom C {C, A} in β {ξ A {1 A }} C {f} = F {f} {ξ A {1 A }}, ma ξ è un morfismo, quindi F {f} ξ A = ξ C h A {f}, così l immagine di f risulta -ξ C {h A {f} {1 A }} = ξ C {f}. Viceversa, se x F {A}, αa F {β {x}} = β {x} A {1 A} = F {1 A } {x} = 1 F {A} {x} = x. αa F è naturale in A. Presa A u B e posto h u : h A h B, si deve mostrare che il diagramma Hom {h B, F } αf B F {B} Hom{h u,f } Hom {h A, F } α F A? F {u} F {A} 7

commuta. Preso ξ : h B F morfismo funtoriale: F {u} { αb F {ξ} } = αa F {Hom {h u, F } {ξ}} = = F {u} {ξ B {1 B }} = αa F {ξh u } = ξ A {h B {u} {1 B }} = (ξh u ) A {1 A } = ξ A {1 B u} = ξ A {h ua {1 A }} = ξ A {u} = ξ A {u 1 A } = ξ A {u}. α F A è naturale in F. Preso un morfismo funtoriale ψ : F G, si mostra la commutatività del diagramma Hom {h A, F } αf A F {A} Hom{h A,ψ}? ψ A Hom {h A, G} α G A G {A}. Preso ξ Hom {h A, F }: { ψ A α F A {ξ} } = αa G {Hom {h A, ψ} {ξ}} = = ψ A {ξ A {1 A }} = αa G {ψξ} = (ψξ) A {1 A } = ψ A {ξ A {1 A }}, quindi il diagramma commuta e α F A è naturale in F. Osservazione 1.0.14. αa F naturale in A significa che αf : Hom {h, F } F { } è un morfismo funtoriale tra funtori da C a Ins. Allo stesso modo, la naturalità in F significa che α A : Hom {h A, } {A} è un morfismo funtoriale tra funtori da Hom {C, Ins} a Ins. Corollario 1.0.15. Siano A, B C, allora A = B se e solo se h A = hb. 8

Dimostrazione. Se A = B, esistono A u B e B v A tali che vu = 1 A e viceversa; allora preso C f A, h v h u {f} = v (uf) = (vu) f = f e viceversa. Se invece h A = hb, si ha un morfismo funtoriale ϕ: h A h B tale che ogni ϕ C è un isomorfismo; siano u = ϕ A {1 A } e v = ϕ 1 B {1 B}, cioè si ottengono A u B e B v A. Si consideri il diagramma della naturalità in A di αa F con F = h B : Hom {h B, h A } αh A B h A {B} Hom{h u,h A } Hom {h A, h A } h A {u} α h A A h A {A}. Allora partendo da ϕ 1 Hom {h B, h A }, si ottiene { α h A A Hom {hu, h A } { ϕ 1}} { { h A {u} α }} h A B ϕ 1 = α h A A { ϕ 1 h u } = h A {u} { ϕ 1 B {1 B} } = ( ϕ 1 h u )A {1 A} = h A {u} {v} = ϕ 1 A {h ua {1 A }} = vu = ϕ 1 A {u} = ϕ 1 A {ϕ A {1 A }} = 1 A. Procedendo analogamente si dimostra anche che 1 B = uv, quindi u e v sono isomorfismi. 9

2 Funtori aggiunti Si considerano due funtori covarianti T : A B e H : B A; da questi si definiscono i funtori Hom B {T { }, } : A B Ins, Hom A {, H { }} : A B Ins, che associano all oggetto (A, B) rispetticamente gli oggetti Hom B {T {A}, B} e Hom A {A, B}. Presi f Hom A {A 1, A 2 } e g Hom B {B 1, B 2 } si deve definire l immagine del morfismo (f, g). Prima si considerano le applicazioni Hom B {T {f}, B} : Hom B {T {A 2 }, B} Hom B {T {A 1 }, B} ( ) ( ) T {A 2 } η B T {A 1 } T {f} T {A 2 } η B, Hom A {A, H {g}} : Hom B {A, H {B 1 }} Hom A {A, H {B 2 }} ( ) ( ) A η H {B 1 } A η H {B 1 } H{g} H {B 2 } ; infine, l immagine di (f, g) tramite i funtori iniziali sono i seguenti morfismi: Hom B {T {f}, g} : Hom B {T {A 2 }, B 1 } Hom B {T {A 1 }, B 2 } ) ( ) (T {A 2 } η B 1 T {A 1 } T {f} T {A 2 } η g B 1 B2 Hom A {f, H {g}} : Hom B {A 2, H {B 1 }} Hom A {A 1, H {B 2 }} ( ) ( ) η f η A 2 H {B1 } A 1 A2 H {B1 } H{g} H {B 2 }. Definizione 2.0.16. La coppia di funtori (T, H) è un aggiunzione se esistono degli isomorfismi Λ A B : Hom B {T {A}, B} Hom A {A, H {B}} tali che per ogni A 1 f A2 e B 1 g B2 si verifichi Hom B {T {A 2 }, B 1 } Hom B {T {f},g} Hom B {T {A 1 }, B 2 } Λ A 2 B 1 Hom A {A 2, H {B 1 }} Hom A {f,h{g}} Λ A 1 B 2 Hom A {A 1, H {B 2 }}, 10

cioè per ogni T {A 2 } η B 1 deve risultare Hom A {f, H {g}} { Λ A 2 B 1 {η} } = Λ A 2 B 1 {Hom B {T {f}, g} {η}}, che si semplifica nella condizione H {g} Λ A 2 B 1 {η} f = Λ A 1 B 2 {gη (T {f})}. In altre parole, (T, H) sono funtori aggiunti se esiste un isomorfismo funtoriale Λ: Hom B {T { }, } Hom A {, H { }}. Esempio 2.0.17. Sia R M S un bimodulo, H = Hom S { R M S, } : Mod -S Mod -R e T = R R M : Mod -R Mod -S. Si ponga Λ A B : Hom S {A R M, B} Hom R {A, Hom S {M, B}} ( ) A Hom S {M, B} A R M η ( B M B a m η {a m} ) e quella che si dimostrerà essere la sua inversa: Γ A B : Hom R {A, Hom S {M, B}} Hom S {A R M, B} ( ( ) A ξ A R M B Hom S {M, B} a m ξ {a} {m} ). Λ A B Λ A B {η} {a} è morfismo di Mod -S. Per semplicità si ponga α = {η} {a}; allora si ottiene α {m 1 s 1 + m 2 s 2 } = η {a (m 1 s 1 + m 2 s 2 )} = η {a (m 1 s 1 ) + a (m 2 s 2 )} = η {(a m 1 ) s 1 + (a m 2 ) s 2 } = η {a m 1 } s 1 + η {a m 2 } s 2 = α {m 1 } s 1 + α {m 2 } s 2. Λ A B {η} è morfismo di Mod -R. Si deve dimostrare che 11

Λ A B {η} {a 1r 1 + a 2 r 2 } = Λ A B {η} {a 1} r 1 + Λ A B {η} {a 2} r 2 : Λ A B {η} {a 1 r 1 + a 2 r 2 } {m} = η {(a 1 r 1 + a 2 r 2 ) m} = η {a 1 r 1 m + a 2 r 2 m} = η {a 1 r 1 m} + η {a 2 r 2 m} = Λ A B {η} {a 1 r 1 } + Λ A B {η} {a 2 r 2 } = Λ A B {η} {a 1 } r 1 + Λ A B {η} {a 2 } r 2. Γ A B {ξ} è ben definita. Si deve mostrare che l applicazione che associa ξ {a} {m} alla coppia (a, m) è bilanciata; l additività è banale, inoltre ξ {ar} {m} = (ξ {a} r) {m} perché ξ è morfismo di Mod -R = ξ {a} {rm}. per definizione di in (Hom S {M, B}) R Γ A B {ξ} è morfismo di Mod -S. Si ha: Γ A B {ξ} {(a 1 m 1 ) s 1 + (a 2 m 2 ) s 2 } = = Γ A B {ξ} {a 1 m 1 s 1 + a 2 m 2 s 2 } = Γ A B {ξ} {a 1 m 1 s 1 } + Γ A B {ξ} {a 2 m 2 s 2 } = ξ {a 1 } {m 1 s 1 } + ξ {a 2 } {m 2 s 2 } = ξ {a 1 } {m 1 } s 1 + ξ {a 2 } {m 2 } s 2 = Γ A B {ξ} {a 1 m 1 } s 1 + Γ A B {ξ} {a 2 m 2 } s 2. Γ A B = ( Λ A B) 1. Presa A R M η B: Γ A B { Λ A B {η} } {ā m} = Γ A B {a (m η {a m})} {ā m} = (a m η {a m}) {ā m} = η {ā m}. 12

Preso invece A ξ Hom S {M, B}: { Λ A B Γ A B {ξ} } {ā} { m} = Λ A B {a m ξ {a} {m}} {ā} { m} = (a (m ξ {a} {m})) {ā} { m} = (m ξ {ā} {m}) { m} = ξ {ā} { m} (T, H) sono un aggiunzione. Si deve verificare che commuti il diagramma Hom S {A 2 R M, B 1 } Hom S {f R M,g} Hom S {A 1 R M, B 2 } Λ A 2 B 1 Hom R {A 2, Hom S {M, B 1 }} Hom R {f,hom S {M,g}} Λ A 1 B 2 Hom R {A 1, Hom S {M, B 2 }}. Percorrendo il diagramma a partire da A 2 R M η B: Hom R {f, Hom S {M, g}} { Λ A 2 B 1 {η} } = = Hom R {f, Hom S {M, g}} {a 2 (m η {a 2 m})} = Hom S {M, g} (a 2 (m η {a 2 m})) f = Hom S {M, g} (a 1 (m η {f {a 1 } m})) = a 1 (m gη {f {a 1 } m}) Λ A 1 B 2 {Hom S {f R M, g} {η}} = = Λ A 1 B 2 {gη (f R M)} = Λ A 1 B 2 {a 1 m gη {f {a 1 } m}} = a 1 (m gη {f {a 1 } m}) Teorema 2.0.18. Se (T, H) e (T, H) sono aggiunzioni, allora T = T. Dimostrazione. Costruzione dell isomorfismo. Per ogni A A e B B, si 13

hanno i due isomorfismi Λ A B e Λ A B; si ponga λ A B in modo che λ Hom B {T {A}, B} A B Hom B {T {A}, B} Λ A B Λ A B Hom A {A, H {B}}, cioè λ A B = ( λ A T {A} { 1T {A} }. A 2, B 1 Λ A B ) 1 Λ A B. Si definisce quindi T {A} χ A T {A} con χ A = λ : Hom B {T { }, } Hom B {T { }, } è un bifuntore. Date A 1 g B2 e T {A 2 } ξ B 1, si deve verificare f Hom B {T {A 2 }, B 1 } Hom B {T {f},g} Hom B {T {A 1 }, B 2 } λ A 2 B 1 Hom B {T {A 2 }, B 1 } Hom B {T {f},g} λ A 1 B 2 Hom B {T {A 1 }, B 2 } : Hom B {T {f}, g} { λ A 2 B 1 {ξ} } = λ A 1 B 2 {Hom B {T {f}, g} {ξ}} = = gλ A 2 B 1 {ξ} T {f} = λ A 1 B 2 {gξt {f}} ( ) 1 = g Λ A 2 { B 1 Λ A 2 B 1 {ξ} } ( ) 1 T {f} = Λ A 1 { B 2 Λ A 1 B 2 {gξt {f}} } ( ) 1 = Λ A 1 { B 2 H {g} Λ A 2 B 1 {ξ} f } ( ) 1 = Λ A 1 { B 2 H {g} Λ A 2 B 1 {ξ} f }. χ: T T è morfismo di funtori. Deve risultare: T {A 1 } χ A1 T {A 1 } T {f} T {f} T {A 2 } χa2 T {A 2 } : 14

T {f} χ A1 = χ A2 T {f} = { } { = T {f} λ A 1 T {A 1 } 1T {A1 } = λ A 2 T {A 2 } 1T {A2 }} T {f} { } { = λ A 1 T {A 2 } T {f} 1T {A1 } = λ A 1 T {A 2 } 1T {A2 } T {f} } = λ A 1 T {A 2 } {T {f}} = λa 1 T {A 2 } {T {f}} χ è isomorfismo funtoriale. Si costruisce l inversa di χ ripetendo il procedimento al contrario, quindi sia µ A B = ( ) Λ A 1 { B Λ A B e ζ A = µ A T {A} 1T {A}} ; allora ζ A χ A = χ A ζ A = { } { } = ζ A λ A T {A} 1T {A} = χ A µ A T {A} 1T {A} { } { } = λ A T {A} ζa 1 T {A} = µ A T {A} χa 1 T {A} = λ A T {A} {ζ A } = µ A T {A} {χ A } { } { } = λ A T {A}µ A T {A} 1T {A} = µ A T {A}χ A T {A} 1T {A} = 1 T {A} = 1 T {A}. Proposizione 2.0.19. Sia σ A = Λ A T {A} { 1T {A} } : A HT {A}, allora σ : 1 A HT è un morfismo funtoriale (detto unità dell aggiunzione). Dimostrazione. Si deve verificare che A 1 σ A1 HT {A1 } f HT {f} A 2 σ A2 HT {A 2 } : HT {f} σ A1 = σ A2 f = { } { = HT {f} Λ A 1 T {A 1 } 1T {A1 } = Λ A 2 T {A 2 } 1T {A2 }} f { } { = Λ A 1 T {A 2 } T {f} 1T {A1 } = Λ A 1 T {A 2 } 1T {A2 } T {f} } = Λ A 1 T {A 2 } {T {f}} = ΛA 1 T {A 2 } {T {f}}. 15

Λ H{B} B Osservazione 2.0.20. Si definisce dualmente la counità ( ) dell aggiunzione come 1 { } il morfismo funtoriale ρ: T H 1 B con ρ B = 1H{B}. In generale σ e ρ non sono isomorfismi, cioè l aggiunzione non dà delle equivalenze tra categorie. Grazie all aggiunzione si hanno queste identità: Λ A B {f} = H {f} σ A ( Λ A B ) 1 {g} = ρb T {g} ρ T {A} T {σ A } = 1 T {A} H {ρ B } σ H{B} = 1 H{B}. Teorema 2.0.21. Siano T : A B e H : B A funtori covarianti, σ : 1 A HT e ρ: T H 1 B morfismi funtoriali tali che ρ T {A} T {σ A } = 1 T {A} e H {ρ B } σ H{B} = 1 H{B}, allora (T, H) è una aggiunzione con unità σ e counità ρ. Dimostrazione. Γ A B = ( 1. ΛB) A Siano Λ A B {f} = H {f} σ A e Γ A B {g} = ρ B T {g}, allora presi T {A} f B e A g H {B}, grazie al fatto che ρ e σ sono funtori, si ha: { Γ A B Λ A B {f} } = { Λ A B Γ A B {f} } = Γ A B {H {f} σ A } = Λ A B {ρ B T {g}} = ρ B (T {H {f} σ A }) = (H {ρ B T {g}}) σ A = ρ B (T H {f}) (T {σ A }) = (H {ρ B }) (HT {g}) σ A = fρ T {A} T {σ A } = H {ρ B } σ H{B} g = f = g Λ realizza una aggiunzione. Presi A 1 f A2, B 1 g B2 e T {A 2 } ξ B 1, si 16

ha: Λ A 1 B 2 {gξt {f}} = H {g} Λ A 2 B 1 {ξ} f = = H {gξt {f}} σ A1 = H {g} H {ξ} σ A2 f = H {g} H {ξ} HT {f} σ A1 = H {g} H {ξ} HT {f} σ A1 σ e ρ sono unità e counità. L unità { } { } dell aggiunzione (T, H) è Λ A T {A} 1T {A} = H 1T {A} σa = σ A, mentre la ( ) 1 { } H{B} { } counità è 1H{B} = Γ 1H{B} = ρb T { } 1 H{B} = ρb. Λ H{B} B B Proposizione 2.0.22. Siano T : A B e H : B A due funtori che determinano un equivalenza tra A e B, cioè tali che esistono i due isomorfismi funtoriali η : 1 A HT e ε: 1 B T { H, allora } (T, H) sono un aggiunzione di unità η e counità ρ con ρ B = ε 1 B T η 1 H{B} ε T H{B}. Dimostrazione. Si dimostreranno le ipotesi del teorema precedente; per farlo innanzitutto si verifica che η HT {A} = HT {η A } e ε T H{B} = T H {ε B }: questo è vero perché dal fatto che η e ε sono funtori si ottiene η HT {A} η A = HT {η A } η A e ε T H{B} ε B = T H {ε B } ε B, ma η e ε sono isomorfismi funtoriali, quindi η A e ε B si possono elidere. Quindi si ha: ρ T {A} T {η A } = { = ε 1 T {A} T η 1 = ε 1 T {A} T { η 1 HT {A} HT {A} = ε 1 T {A} T { η 1 HT {A} = 1 T {A} } ε T HT {A} T {η A } } T HT {η A } ε T {A} } T { } η HT {A} εt {A} 17

H {ρ B } η H{B} = { { } } = H ε 1 B T η 1 H{B} ε T H{B} η H{B} = H { } } ε 1 B HT {η 1 H{B} H { } ε T H{B} ηh{b} = H { } } ε 1 B HT {η 1 H{B} HT H {ε B } η H{B} = H { } } ε 1 B HT {η 1 H{B} η HT H{B} H {ε B } = H { } } ε 1 B HT {η 1 HT { } η H{B} H {εb } = 1 H{B}. H{B} Proposizione 2.0.23. Sia (T, H) un aggiunzione di unità σ e counità ρ, e siano η : 1 A HT, ε: 1 B T H isomorfismi funtoriali, allora anche σ e ρ sono isomorfismi funtoriali. Dimostrazione. Per l unicità { di unità } e counità e la proposizione precedente, η = σ, mentre ρ B = ε 1 B T η 1 H{B} ε T H{B}, quindi ρ è un isomorfismo perché composizione di isomorfismi. Esempio 2.0.24. Siano ancora T = R M e H = Hom {M, }; l unità di questa aggiunzione è definita da σ A = Λ A A R M {1 A}, cioè σ A : A Hom S {M, A R M} ( ) M A R M a ; m a m quindi σ A {a} = a. Viceversa, la counità è definita da ρ B = }, cioè Γ Hom S{M,B} B { 1HomS {M,B} ρ B : Hom S {M, B} R M B f y f {y}. 18

3 Categorie abeliane 3.1 Kernel Definizione 3.1.1. Siano A, B C e A f B, allora f è un monomorfismo se per ogni C g 1,g 2 A con fg 1 = fg 2 si ha g 1 = g 2 ; f è epimorfismo se per ogni B g 1,g 2 C con g 1 f = g 2 f si ha g 1 = g 2. Osservazione 3.1.2. Un isomorfismo è sia monomorfismo che epimorfismo, poiché si può comporre con l inversa; al contrario, un monomorfismo ed epimorfismo può non essere isomorfismo, come ad esempio l inclusione Z Q nella categoria degli anelli. Lemma 3.1.3. Siano A f B e B g A tali che gf = 1 A, allora f è monomorfismo e g è epimorfismo. Dimostrazione. Siano C un oggetto, C λ 1,λ 2 ξ 1,ξ 2 A e A C; se fλ1 = fλ 2 si ha λ 1 = 1 A λ 1 = gfλ 1 = gfλ 2 = λ 2 ; se invece ξ 1 g = ξ 2 g, si ha ξ 1 = ξ 1 1 A = ξ 1 gf = ξ 2 gf = ξ 2. Definizione 3.1.4. Due morfismi A f B e A f B sono equivalenti se esiste un isomorfismo A g A tale che valga g A A f f B. Osservazione 3.1.5. L equivalenza è chiaramente una relazione di equivalenza; inoltre se f è equivalente a un monomorfismo o a un epimorfismo, è esso stesso un monomorfismo o un epimorfismo. Definizione 3.1.6. Un sottooggetto di C C è una classe di equivalenza di monomorfismi con immagine C. Definizione 3.1.7. Data una categoria C, A C è un oggetto iniziale se Hom C {A, B} = 1 per ogni B C, è oggetto finale se Hom C {B, A} = 1 per ogni B C. Se A è iniziale e finale, è detto zero di C. 19

Osservazione 3.1.8. Due oggetti iniziali A, B C sono naturalmente isomorfi: esistono uniche A f B e B g A, e gf Hom C {A, A} deve essere l identità e viceversa; allo stesso modo due oggetti finali sono naturalmente isomorfi. Definizione 3.1.9. Una categoria preadditiva è una categoria C tale che per ogni A, B C, Hom C {A, B} è un gruppo abeliano con elemento neutro notato 0 A B e la composizione di funzioni è un morfismo di gruppi. Osservazione 3.1.10. Se C è preadditiva e A è un suo zero, allora Hom C {A, B} è costituito dal solo elemento neutro del gruppo e viceversa; in questo caso si scrive A = 0 C. Osservazione 3.1.11. Se la categoria è preadditiva, f è monomorfismo se e solo se per ogni fg = 0 si ha g = 0 ed è epimorfismo se e solo se per ogni gf = 0 si ha g = 0, dove 0 è l elemento neutro di un gruppo di morfismi. Definizione 3.1.12. Sia C una categoria preadditiva con 0 C e A f B, allora il kernel di f, se esiste, è una classe di equivalenza di un morfismo K k A tale che fk = 0 K B e caratterizzata dalla proprietà universale: per ogni altro morfismo X λ A con le stesse proprietà, esiste anche un unico morfismo X γ K tale che K k γ λ X. A f B Proposizione 3.1.13. La definizione è ben posta, cioè: se k soddisfa la proprietà universale del kernel di A f B ed è equivalente a k allora anche k soddisfa la proprietà universale; viceversa, se k e k soddisfano la proprietà universale allora sono equivalenti. Inoltre se k è un kernel, allora è monomorfismo. Dimostrazione. Se k soddisfa la proprietà universale ed è equivalente a k allora esiste un isomorfismo α tale che k = kα; quindi fk = fkα = 0 K B, inoltre se esistono X e X λ A tali che fλ = 0 X B, esistono anche γ e γ = α 1 γ 20

come in K α γ γ k A f B k K λ X; il morfismo γ è unico perché lo è γ. Viceversa, se k soddisfa la proprietà universale, allora esistono γ e γ tali che kγ = k e k γ = k, cioè kγγ = k e k γ γ = k ; per l unicità richiesta dalla proprietà universale, γγ = 1 K e γ γ = 1 K, cioè k è equivalente a k. Sia X ξ K un morfismo tale che kξ = 0 X A, allora fkξ = 0X B, quindi esiste unico X γ K tale che kγ = kξ; inoltre kξ = 0 X A = k0x K, quindi γ = ξ = 0 X K. Definizione 3.1.14. Sia C una categoria preadditiva con 0 C e A f B, allora il cokernel di f, se esiste, è una classe di equivalenza di un morfismo B χ Q tale che χf = 0 A Q e caratterizzata dalla proprietà universale: per ogni altro morfismo B η Y con le stesse proprietà, esiste anche un unico morfismo Q ξ Y tale che A f χ B Q η ξ Y. Osservazione 3.1.15. In modo analogo al kernel, si dimostra che la definizione del cokernel è ben posta e che un cokernel è sempre epimorfismo. Osservazione 3.1.16. In generale si dirà che k è kernel di f per dire che il kernel di f è la classe di equivalenza di k, così per il cokernel, allo stesso modo in cui si scrive A = 0 C per dire che A è uno zero di C. Proposizione 3.1.17. Sia A f B; se f è dotato di kernel, allora è monomorfismo se e solo ker f = 0 0 C A ; se f è dotato di cokernel, allora è epimorfismo se e solo se coker f = 0 B 0 C. 21

Dimostrazione. Se f è monomorfismo, ovviamente f0 0 C A = 00 C B, inoltre se esiste X λ A tale che fλ = 0 X B, anche f0x A = 0X B, quindi λ = 0X A perché f è monomorfismo, e ponendo γ = 0 X 0 C universale. Viceversa, se 0 0 C A si ha che 0 0 C A soddisfa la proprietà è il kernel di f e fλ = 0X B, per la proprietà universale esiste un morfismo X γ 0 C tale che 0 0 C A γ = λ, cioè λ = 0X A, quindi f è monomorfismo. Proposizione 3.1.18. Sia C una categoria dotata di tutti i kernel e i cokernel, allora se k = ker f, k = ker coker k, se χ = coker f, χ = coker ker χ. Dimostrazione. Sia χ = coker k, allora si deve dimostrare che k = ker χ. Sia quindi X λ A un morfismo tale che χλ = 0 X Q : K γ k X λ A χ f B η Q; poiché χ = coker k e fk = 0 K B, esiste un unico morfismo Q η B tale che ηχ = f, quindi fλ = ηχλ = 0 X B. Essendo k = ker f e fλ = 0X B, esiste un unico morfismo X γ K tale che kγ = λ, cioè k soddisfa la proprietà universale per essere kernel di χ. Osservazione 3.1.19. Sia A f B un morfismo, k = ker f, χ = coker f, σ = coker k e ν = ker χ: K k A f B χ Q σ ν ρ Q K. f Poiché ν = ker χ e χf = 0 A Q, esiste un unico morfismo A ρ K tale che νρ = f; inoltre 0 K B = fk = νρk implica ρk = 0 perché ν è monomorfismo. Di conseguenza esiste un unico morfismo Q f K tale che fσ = ρ, in quanto 22

σ = coker k. Infine si ha ν fσ = f. In generale, f non è un isomorfismo; una categoria in cui per ogni f, f così costruito è un isomorfismo si dice soddisfare la proprietà (ab). Definizione 3.1.20. Una categoria preabeliana C è una categoria preadditiva con 0 C, dotata di tutti i kernel e i cokernel e che verifica (ab). Lemma 3.1.21. Se g è un monomorfismo allora ker f = ker gf; se f è un epimorfismo allora coker g = coker gf. Dimostrazione. Siano k = ker f e k = ker gf, allora fk = 0 K B e gfk = 0 K C, da cui si ha gfk = 0 K C e fk = 0 K B perché g è monomorfismo. Quindi esistono γ e γ tali che kγ = k e k γ = k, ma questo implica che k e k sono equivalenti. Teorema 3.1.22. Sia C una categoria preadditiva con 0 C e dotata di tutti i kernel e i cokernel, allora C è preabeliana se e solo se ogni morfismo f si può esprimere come kχ dove k è un kernel e χ è un cokernel. Dimostrazione. Se C verifica (ab) allora f = ν fσ e ν è un kernel mentre fσ è un cokernel in quanto equivalente a σ. Viceversa, se ogni f si può scrivere come ξη con ξ monomorfismo e η epimorfismo, allora K k f A B χ Q η ξ σ Q α X ν β K. f Poiché ξ è un kernel, è un monomorfismo, quindi ker η = ker ηξ = ker f = k; inoltre η è un coker, quindi η = coker ker η = coker k, cioè η e σ sono equivalenti, quindi esiste un isomorfismo α tale che ασ = η. Procedendo dall altra parte, dal fatto che η è un cokernel si ha che è un epimorfismo, 23

quindi coker ξ = coker ηξ = coker f = χ, inoltre ξ è un kernel, quindi ξ = ker coker ξ = ker χ, cioè ξ e ν sono equivalenti, perciò esiste un isomorfismo β tale che νβ = ξ. Quindi da un lato f = ν fσ, dall altro f = ξη = ναβσ, ma ν è monomorfismo e σ è epimorfismo, perciò f = αβ e f è isomorfismo. Lemma 3.1.23. Si ha ker 0 B 0 C = 1 B e coker 0 0 C A = 1 A. Dimostrazione. Chiaramente 0 B 0 C 1 B = 0 B 0 C ; inoltre, se X λ B è un morfismo per cui 0 B 0 C λ = 0 X 0 C, allora lo stesso morfismo λ è tale che 1 B λ = λ. Proposizione 3.1.24. Sia C una categoria preabeliana e A f B, allora: f è un isomorfismo se e solo se è monomorfismo ed epimorfismo; f è monomorfismo se e solo se f = ker coker f; f è epimorfismo se e solo se f = coker ker f. Dimostrazione. Un isomorfismo è sempre monomorfismo ed epimorfismo; viceversa, se f è monomorfismo ed epimorfismo, allora ker f = 0 0 C A e coker f = 0 B 0 C. Poiché ker 0 B 0 C = 1 B e coker 0 0 C A = 1 A, f = f e f è un isomorfismo. Se f è un kernel allora è sempre monomorfismo; viceversa, se f è monomorfismo, si può scrivere come ξη con ξ monomorfismo e η epimorfismo, allora η = coker ker η = coker ker f = coker 0 0 C A, quindi η è coequivalente a 1 A e in particolare è un isomorfismo. Ora, ξ = ker coker ξ = ker coker f, ma essendo f equivalente a ξ si ha anche f = ker coker f. Definizione 3.1.25. L immagine di un morfismo f è Im f = ker coker f. Lemma 3.1.26. Sia A f B un epimorfismo, allora Im f = 1 B. Dimostrazione. Sia χ = coker f, allora χf = 0 A Q, ma f è un epimorfismo, quindi χ = 0 B Q ; di conseguenza ker χ = 1 B. 24

3.2 Prodotti Definizione 3.2.1. Sia C una categoria e (C j ) j I una famiglia di oggetti di C; se esiste, il prodotto della famiglia è la classe di equivalenza a meno di isomorfismi di un oggetto C i dotato della famiglia di morfismi (π j ) j I tali che π j C i Cj è caratterizzata dalla proprietà universale: per ogni famiglia di morfismi X η j C j, esiste un unico morfismo X η C j tale che: X Ci η π j η j C j. Osservazione 3.2.2. Chiaramente la definizione è ben posta: se due oggetti soddisfano la proprietà universale allora sono isomorfi, se un oggetto soddisfa la proprietà universale, allora anche uno a lui isomorfo la soddisfa. Proposizione 3.2.3. Se C i esiste, allora ogni π j è un epimorfismo. f,g Dimostrazione. Siano C j X tali che fπ j = gπ j ; allora esiste un morfismo η Ci tale che π k η è un qualsiasi morfismo 1 se j k, mentre π k η = 1 Cj C j se j = k. Quindi da fπ j = gπ j si ottiene fπ j η = gπ j η, ma π j η = 1 Cj f = g. e si ha Definizione 3.2.4. Procedendo dualmente, dalla famiglia (C j ) j I si definisce il coprodotto come la classe di equivalenza a meno di isomorfismi di un oggetto ε j Ci dotato della famiglia di morfismi (ε j ) j I tali che C j Ci è caratterizzata dalla proprietà universale: per ogni famiglia di morfismi C j X, ξ j esiste un unico morfismo ξ C i X tale che: Ci ε j ξ C j ξ j X. 1 Se C è una categoria preadditiva si può evitare l uso dell assioma della scelta considerando 0 Cj C k. 25

Osservazione 3.2.5. Ancora, la definizione è ben posta; inoltre le funzioni ε j sono sempre monomorfismi. Definizione 3.2.6. Sia C una categoria preadditiva con 0 C, I = {0,..., n 1} e (C j ) j I una famiglia di oggetti di C; allora il biprodotto della famiglia è una classe di equivalenza a meno di isomorfismi di un oggetto C i dotato di due famiglie di morfismi (π j ) j I e (ε j ) j I con C i π j ε j e C j C i tali che π k ε j = δ jk (cioè 1 C i P k I ε Ci kπ j = 1. C i se j = k, 0 C i C i Cj se j k) e Teorema 3.2.7. Sia C una categoria preadditiva con 0 C, I = {0,..., n 1} e (C j ) j I una famiglia di oggetti di C, allora sono equivalenti: esiste il prodotto della famiglia; esiste il biprodotto della famiglia; esiste il coprodotto della famiglia. Inoltre se si verificano queste condizioni, prodotto, coprodotto e biprodotto sono la stessa classe di equivalenza di oggetti di C. Dimostrazione. Sia C i il prodotto della famiglia di insiemi; per ogni j I, si considera la famiglia di funzioni C j δ jk Ck al variare di k I; per la proprietà universale del prodotto, esiste C j Ci. Si ha π k η j = δ jk per costruzione. Si deve dimostrare che j I η jπ j = 1 C, ma π i k j I η jπ j = j I π kη j π j = j I δ kjπ j = π k = π k 1 C ed essendo π i k epimorfismo, si ha l uguaglianza. Viceversa, se C i è il biprodotto della famiglia, si deve dimostrare che è anche prodotto se dotato della famiglia di morfismi (π j ) j I. Sia quindi X η j C j una famiglia di morfismi, allora posto η = j I ε jη j, si ha π k η = π k j I ε jη j = j I π kε j η j = j I δ kjη j = η k ; se η soddisfa la medesima proprietà allora η = η 1 C i = η j I ε jπ j = j I η ε j π j = j I η jπ j = j I ηε jπ j = η. η j 26

Definizione 3.2.8. Una categoria abeliana è una categoria preabeliana in cui esistono tutti i prodotti delle famiglie finite di oggetti. Lemma 3.2.9. Sia A f B g C una successione esatta in una categoria abeliana, allora gf = 0; inoltre, se f è un monomorfismo allora f = ker g. Dimostrazione. L esattezza della successione significa ker g = Im f = ker coker f. Sia B χ Q il coker di f, allora esiste un unico morfismo Q ξ C tale che ξχ = g; allora gf = ξχf = ξ0 A Q = 0A C in quanto χf si annulla per le proprietà del cokernel. Se f è monomorfismo, si ha f = ker coker f = Im f = ker g. Teorema 3.2.10. Sia 0 C C 1 una categoria abeliana: f C g C2 0 C una successione esatta in λ γ 0 C C 1 C f g C 2 α ε 1 π 2 C 1 C 2 ; 0 allora sono equivalenti: esiste C λ C 1 tale che λf = 1 C1 ; esiste C 2 γ C tale che gγ = 1C2 ; esiste un isomorfismo C α C 1 C 2 tale che αf = ε 1 e π 2 α = g. Se si verificano queste condizioni, la successione si dice spezzante e in ε particolare 0 C 1 π 1 C1 C 2 2 C2 0 è esatta. Dimostrazione. Costruzione di α. Se esiste C λ C 1 con λf = 1 C1, allora da C partono due morfismi verso C 1 e C 2, rispettivamente λ e g; poiché C 1 C 2 è anche un prodotto, esiste un unico morfismo C α C 1 C 2 tale che π 1 α = λ e π 2 α = g; inoltre αf = 1 C1 C 2 αf = (ε 1 π 1 + ε 2 π 2 ) αf = ε 1 π 1 αf + ε 2 π 2 αf = ε 1 λf + ε 2 gf = ε 1 1 C1 +ε 2 0 A C = ε 1. 27

α è epimorfismo. Sia C 1 C 2 ξ X un morfismo tale che ξα = 0 C X allora 0 = ξα = ξ 1 C1 C 2 α = ξ (ε 1 π 1 + ε 2 π 2 ) α = ξε 1 π 1 α + ξε 2 π 2 α = ξαfπ 1 α + ξε 2 g = ξε 2 g e poiché g è un epimorfismo ξε 2 = 0 C 2 X. Quindi ξ = ξ 1 C 1 C 2 = ξ (ε 1 π 1 + ε 2 π 2 ) = ξε 1 π 1 + ξε 2 π 2 = ξαfπ 1 + ξε 2 π 2 = 0 C 1 C 2 X. α è monomorfismo. Sia X λ C un morfismo tale che αλ = 0 X C 1 C 2, allora 0 X C 2 = π 2 αλ = gλ; ma f è un monomorfismo e la successione è esatta, quindi f = ker g. Per questo motivo esiste un unico morfismo X γ C 1 tale che fγ = λ e si ha 0 = αλ = αfλ = ε 1 λ, ma essento ε 1 monomorfismo, λ = 0. Viceversa, se esiste l isomorfismo α, si può definire λ = π 1 α, allora λf = π 1 αf = π 1 ε 1 = 1 C1. 3.3 Limiti Definizione 3.3.1. Una categoria si dice piccola se i suoi oggetti formano un insieme. Definizione 3.3.2. Siano I una categoria piccola e F : I C un funtore covariante; un cono su F è un oggetto X C munito di una famiglia di morfismi (α I ) I I con X α I F {I} tali che per ogni I λ J si verifica X α I α J F {I} F {J}. F {λ} Definizione 3.3.3. Siano I una categoria piccola e F : I C un funtore covariante; un limite di F è una classe di equivalenza a meno di isomorfismi di un cono X dotato dei morfismi (α I ) I I che soddisfa la proprietà universale: per ogni altro cono Y dotato dei morfismi (ξ I ) I I, esiste un unico morfismo Y ξ X tale che per ogni I si abbia Y ξ X ξ I α I F {I}. 28

Osservazione 3.3.4. La definizione è ben posta e il limite si indica con lim F. Esempio 3.3.5. Sia I una categoria piccola e discreta (in cui Hom {I, I} = {1} I e Hom {I, J} = se I J); allora X è un cono se α I = F {1 I } α I, cioè ogni oggetto è un cono; di conseguenza lim F = I I F {I}, ove esista. Esempio 3.3.6. Sia I = {I, J, K} con i soli morfismi I ui K K e J uj K K oltre alle identità, allora X è un cono se α K = F { u I K} αi = F { u J K} αk, quindi il cono è completamente definito da α I e α J. In questo caso lim F è il pullback di F { u I K} e F { u J K }. Se la categoria di destinazione è abeliana e u I K = 0I K, allora un cono è definito da una funzione X α J F {J} tale che F { uk} J αj = 0 X F {K}; il limite di F in questo caso è il kernel di F { u J K}. Definizione 3.3.7. Una categoria C è completa se per ogni categoria piccola I e ogni funtore covariante F : I C, esiste il limite lim F. Teorema 3.3.8. Sia C una categoria preadditiva con 0 C, allora C è completa se e solo se ha tutti i prodotti e tutti i kernel. Dimostrazione. Se C è completa ha tutti i prodotti e i kernel in quanto sono particolari tipi di limite. Costruzione di lim F. Si denota con Hom {I} l insieme di tutti i morfismi tra oggetti di I e se λ Hom {I}, il dominio di λ si scrive s {λ}, il codominio t {λ}. Si considerano A = I I F {I}, dotato dei morfismi π I, e B = λ Hom{I} F {t {λ}}, dotato dei morfismi q {t {λ}}; poiché A π s{λ} π t{λ} F {s {λ}} F {t {λ}} F {λ} Non è commutativo, in generale si avrà p µ = F {µ} π s{µ} π t{µ} non nullo. Per la proprietà universale di B, esiste un morfismo A p B; siano k = ker p 29

e k J = π J k: B p k K A pµ k J π J ξ F {J} α ξ J X q t{µ} F {t {µ}} Costruzione di X ξ K. Sia X un cono su F con la famiglia di morfismi ξ J ; allora per la proprietà universale di A, esiste il morfismo X α A; per fattorizzarlo tramite k, è necessario dimostrare che pα = 0 X B e questo è equivalente a mostrare che q t{µ} pα = 0 per ogni µ Hom {I}, perché se si verifica questa condizione, quei morfismi si sollevano in modo unico, quindi pα = 0 X B. Si ha q t{µ}pα = ( F {µ} π s{µ} π t{µ} ) α = F {µ} πs{µ} α π t{µ} α = F {µ} ξ s{µ} ξ t{µ} = 0 X F {t{µ}}, in quanto X con i morfismi ξ J è un cono su F. A questo punto, per la proprietà universale del kernel di p, esiste un unico morfismo X ξ K tale che kξ = α. k J ξ = ξ J e ξ è unico. Si ha k J ξ = π J kξ = π J α = ξ J. Ora, se ξ è un altro morfismo per cui k J ξ = ξ J, allora kξ = α: questo perché π J kξ = k J ξ = ξ J = π J α, per ogni J I, quindi anche kξ = α. Ma per la proprietà universale del kernel, esiste un unico ξ tale che kξ = α, quindi ξ = ξ. Definizione 3.3.9. Sia I una categoria che ha come oggetti gli elementi di un insieme parzialmente ordinato e in cui Hom I {I, J} = { u I J} se e solo se I J; un funtore F : I C è detto sistema inverso in C se, posto β J I = F { u I J}, si ha β J I β L J = βl I per ogni I J L. Definizione 3.3.10. Il limite di un sistema inverso F si dice limite inverso. Esempio 3.3.11. Se I = N e βn n+1 = F { un+1} n allora F è un sistema inverso se βn n+2 = βn n+1 βn+1; n+2 sia inoltre X n = F {n}. Al posto di considerare 30

n,k N X t{βn n+k }, si può prendere solo n N X t{βn n+1 } = n N X n, perché le mappe βn n+k con k 1 non modificano il kernel del morfismo p. Siano ora A un anello, I A un suo ideale, X n = A I n e βn n+1 {a + I n+1 } = a + I n ; βn n+1 è ben definita perché I n I n+1 e F è chiaramente un sistema inverso. In questo caso, lim F = { { (a n + I n ) n N βn n+1 an+1 + I n+1} = a n + I } n = { (a n + I n ) n N a n+1 a n I } n+1, e in particolare se A = k[x] e I = (x), lim F = k[[x]]; se A è un anello locale e I è il suo ideale massimale, lim F dà una descrizione del comportamento analitico della varietà intorno al punto in cui si è localizzato. Osservazione 3.3.12. Se ϕ: F G è un morfismo funtoriale tra funtori covarianti da I a C che ammettono limiti con morfismi di definizione rispettivamente α I e β I, allora α I lim F F {I} F {λ} ϕ I G {I} G{λ} α J F {J} ϕ J G {J} ; cioè lim F è un cono su G grazie ai morfismi ϕ I α I ; per questo motivo, esiste un unico morfismo lim F lim ϕ lim G tale che lim F lim ϕ lim G ϕ I α I β I G {I}. Se C è completa, si può parlare del funtore lim dalla categoria Hom {I, C} a C. 31

Teorema 3.3.13. Il funtore lim è esatto a sinistra. Dimostrazione. Bisogna dimostrare che se per ogni I I sono esatte le successioni 0 C F {I} ϕ I G {I} ψ I H {I}, è esatta anche la successione 0 C lim F lim ϕ lim G lim ψ lim H. lim ϕ è un monomorfimo. Sia X ξ lim F un morfismo tale che lim ϕξ = 0 X lim ψ; allora per ogni I I, β I lim ϕξ = 0 X G{I}, ma β I lim ϕξ = ϕ I α I ξ ed essendo ϕ I un monomorfismo, α I ξ = 0 X F {I} per ogni I I e da questo segue ξ = 0 X lim F. Im lim ϕ = ker lim ψ. Poiché lim ϕ è un monomorfismo, si ha lim ϕ = ker coker lim ϕ = Im lim ϕ, quindi basta dimostrare che lim ϕ = ker lim ψ. Sia quindi X λ lim G un morfismo tale che lim ψλ = 0 X lim H, allora si annullano tutti i γ I lim ψλ = ψ I β I λ. Poiché ϕ I è un monomorfismo, si ha ϕ I = ker ψ I, quindi per ogni I I esiste un unico morfismo X η I F {I} tale che ϕ I η I = β I λ: lim 0 lim F ϕ lim lim G ψ lim H ξ λ α I X β I γ I η I 0 F {I} ϕ I G {I} ψi H {I}. Si ha quindi una famiglia di morfismi (η I ) I I, allora si può mostrare che X con questa famiglia è un cono su F : si deve mostrare che, preso un morfismo I λ J, η J = F {µ} η I, che è equivalente a dimostrare ϕ J η J = ϕ J F {µ} η I in quanto ϕ J è monomorfismo. Si ha ϕ J η J = β J λ = G {µ} β I λ = G {µ} ϕ I η I = ϕ J F {µ} η I, perché lim G è un cono su G. Per la proprietà universale si lim F, esiste un unico morfismo X ξ lim F tale che α I ξ = η I. Rimane da dimostrare che lim ϕξ = λ, ma per ogni I I, β I lim ϕξ = ϕ I α I ξ = ϕ I η I = β I λ, da cui lim ϕξ = λ. Teorema 3.3.14. Sia (T, H) una coppia di funtori aggiunti, F : I B, 32

allora lim HF = H { lim F } e se lim F è definito dai morfismi α I, allora lim HF è definito dai morfismi H {α I}. Dimostrazione. Poiché H è un funtore, subito si ha che H { lim F } dotato dei morfismi H {α I } è un cono su HF. Si prenda un cono X su HF con i morfismi X ξ I HF {I}. Esiste X ξ H { lim F }. Dal fatto che X è un cono si ha HF {µ} ξ I = ξ J e applicando T si ha T HF {µ} T {ξ I } = T {ξ J }: T HF {I} T {ξ I } T {X} ρ F {I} T HF {µ} F {I} F {µ} T {ξ J } T HF {J} ρ F {J} F {J}, dove ρ è la counità dell aggiunzione. Quindi T {X} è un cono su F con i morfismi ρ F {I} T {ξ I } e perciò esiste un unico morfismo T {X} η lim F tale che α I η = ρ F {I} T {ξ I }; sia ξ = Λ X lim F {η}; ξ va da X a H { lim F }. Perché ξ sia il morfismo cercato deve essere H {α I } ξ = ξ I, ma per le proprietà dell aggiunzione H {α I } ξ = H {α I } Λ X lim F {η} = Λ X F {I} {α I η} { = Λ X F {I} ρf {I} T {ξ I } } HF {I} { } = ΛF {I} ρf {I} ξi {( ) HF {I} HF {I} {1HF } } = Λ Λ {I} ξ I = ξ I. F {I} F {I} ξ è unico. Sia ξ un altro morfismo tale che H {α I } ξ = ξ I, per cui cioè si ha H {α I } ξ = H {α I } ξ; Λ X lim F è un isomorfismo, quindi esiste η tale che ξ = Λ X lim F {η }. Allora da un lato H {α I } ξ = H {α I } Λ X lim F {η } = Λ X F {I} {α Iη }, 33

dall altro procedendo allo stesso modo H {α I } Λ X lim F {η} = ΛX F {I} {α Iη}; allora, sempre perché Λ X F {I} è un isomorfismo, si ha α Iη = α I η per ogni I I, quindi η = η e ξ = ξ. Osservazione 3.3.15. Si possono definire tutti i concetti duali, cioè quelli di cocono, colimite (notato lim F ), di categoria cocompleta, di sistema diretto e di limite diretto. Valgono quindi i risultati duali: una categoria è cocompleta se e solo se ha tutti i cokernel e i coprodotti; lim è un funtore ed è esatto a destra; se (T, H) è una coppia di funtori aggiunti, allora lim T F = T { lim F }. 34

4 Funtori derivati 4.1 Complessi Definizione 4.1.1. Un complesso di A-moduli destri è una successione C = ( ) Cn, n C tale che C C n+1 n n Z n+1 C C n C n 1 e n C C n+1 = 0 per ogni n Z. n C è detto operatore differenziale; l n-ciclo di C è Z n {C } := ker n C ; l nbordo di è B n {C } := Im n+1. C Si ha B n Z n e H n {C } := Zn{C } è detto B n{c } n-esimo modulo di omologia di C. ϕ Definizione 4.1.2. Dati C, D, un morfismo di complessi tra i due è C ϕ n D e consiste nel definire C n Dn per ogni n Z in modo che il diagramma seguente sia commutativo: ϕ n+1 C n+1 D n+1 C n+1 C n ϕ n D n. D n+1 Lemma 4.1.3. Dato un complesso C (omesso nelle notazioni), si possono indurre i morfismi ˆ n : coker n+1 ker n 1 ; questi morfismi sono tali che ker ˆ n = H n e coker ˆ n = H n 1. Dimostrazione. Si ha coker n+1 = Cn Im n+1 = Cn B n, mentre ker n 1 = Z n 1 ; quindi si cerca un morfismo ˆ n : Cn B n Z n 1 ; si ponga ˆ n {c n + B n } = n {c n }. Questo morfismo ha come codominio Z n 1 perché n 1 n = 0 ed è ben definito in quanto se c n B n, allora c n n+1 {C n+1 } e n n+1 {C n+1 } = 0. Risulta ker ˆ n = ker n B n = H n, mentre coker ˆ n = Z n 1 Im n = H n 1. Osservazione 4.1.4. Da un morfismo di complessi C ϕ D si possono indurre anche i seguenti morfismi. Un morfismo tra i moduli di omologia: H n {ϕ} : Z n{c } B n{c } n {C } H n {D } = Zn{D } B n{d } z n + B n {C } ϕ n {z n } + B n {D }. 35

H n {ϕ} è ben definito perché se z n B n {C }, ϕ n {z n } B n {D }: infatti se z n è immagine di C n+1, percorrendo il diagramma nel verso contrario risulta che ϕ n {z n } è immagine di D n+1, cioè ϕ n {z n } B n {D }. Un morfismo tra i cokernel degli operatori differenziali: Γ n {ϕ} : = coker C n+1 coker D n+1 = Dn B n{d } c n + B n {C } ϕ n {c n } + B n {D }. C n B n{c } Γ n {ϕ} è ben definito per lo stesso motivo di H n {ϕ}. Un morfismo tra i kernel degli operatori differenziali: Λ n {ϕ} : Z n 1 {C } = ker C n 1 ker D n 1 = Z n 1 {D } c n 1 ϕ n 1 {c n 1 }. Λ n {ϕ} è ben definito perché se c n 1 Z n 1 {C }, allora in particolare 0 = ϕ n 2 C n 1 {c n 1 } = C n 1ϕ n 1 {c n 1 }, cioè ϕ n 1 {c n 1 } Z n 1. Osservazione 4.1.5. Risulta commutativo il diagramma C n B n{c } Γ n{ϕ} D n B n{d } ˆ C n ˆ D n Z n 1 {C } Z n 1 {D }, Λn{ϕ} in quanto Λ n {ϕ} ˆ C n {c n + B n {C }} = ˆ D n Γ n {ϕ} {c n + B n {D }} = Λ n {ϕ} C n {c n } = = ϕ n 1 C n {c n } = D n ϕ n {c n }. ˆ D n {ϕ n {c n } + B n {D }} 36

Si può costruire anche il seguente diagramma completamente commutativo: ϕ n C n D n coker C n+1 = Cn Γ n{ϕ} D n B n{c } B n{d } = coker D n+1 C n ˆ C n ker C n 1 = Z n 1 {C } Z Λn{ϕ} n 1 {D } = ker D n 1 C n 1 ϕ n 1 D n 1. ˆ D n D n Lemma 4.1.6. Siano C ϕ D ψ E morfismi di complessi, allora ψϕ definito da (ψϕ) n = ψ n ϕ n è ancora un morfismo e H n {ψϕ} = H n {ψ} H n {ϕ}. Dimostrazione. L applicazione costruita è ovviamente un morfismo. Si ha H n {ψ} {H n {ϕ} {c n + B n {C }}} = H n {ψ} {ϕ n {c n } + B n {D }} = ψ n ϕ n {c n } + B n {E } = H n {ψϕ} {c n + B n {C }}. Lemma 4.1.7 (del serpente). Se il diagramma A ε B π C α β 0 A ε B π C γ 0 ha le righe esatte, allora per la commutatività esistono ε, π, ε, π come 37

nel diagramma seguente: 0 0 0 ker α ε ker β π ker γ A α ε B β π 0 A ε B π C γ C 0 coker α ε coker β π coker γ Inoltre esiste ker γ ω coker α tale che 0 0 0. ker α ker β ker γ coker α coker β coker γ sia esatta. Inoltre, se ε è iniettiva lo è anche ε e se π è suriettiva lo è anche π. Dimostrazione. Costruzione di ω. Sia c ker γ, allora esiste b B tale che c = π {b}, quindi 0 = γπ {b} = π β {b}, cioè β {b} ker π = Im ε ; quindi esiste un a A tale che ε {a } = β {b}. Si definisce ω {c} = a + Im α. Per mostrare che ω è ben definita, si prenda b con π { b} = c; b definisce ω {c} = ā. Allora b b ker π = Im ε, quindi esiste a A tale che ε {a} = b b e ε {a ā } = β { b b } = βε {a} = ε α {a}. Per l iniettività di ε, si conclude a ā = α {a}, cioè a e ā sono nella stessa classe di coker α. La successione è esatta. Si dimostrano le seguenti: Im π ker ω: preso c Im π, esiste b ker β tale che c = π {b} = π {b}; per la costruzione esiste a A con β {b} = ε {a }, ma b ker β 38

implica 0 = β {b} = ε {a }, cioè a ker ε ; per l iniettività di ε, a = 0, quindi ω {c} = a = 0 e c ker ω; Im π ker ω: preso c ker ω, ω {c} = 0 + Im α, e si ha che per ogni b B tale che β {b} = ε {0} = 0, π {b} = c; ma β {b} = 0 significa b ker β, cioè c Im π ; Im ω ker ε : preso a Im ω, esiste c ker γ con ω {c} = a ; per costruzione, per ogni b B tale che β {b} = ε {a } si ha π {b} = c ed esiste almeno uno di tali b; quindi esiste b B con β {b} = ε {a }, cioè ε {a } Im β, cioè a ker ε ; Im ω ker ε : a ker ε significa ε {a } Im β, cioè esiste b B tale che β {b} = ε {a }; ma per costruzione di ω, ωπ {b} = a, cioè a Im ω. Teorema 4.1.8. Sia 0 C ϕ D ψ E 0 una successione esatta (cioè tale che lo sia per ogni n), allora per ogni n esiste un morfismo H n {E } ωn H n 1 {C } tale che la successione... H n+1 {E } ω n+1 H n {C } Hn{ϕ} H n {D } Hn{ψ} H n {E } ωn H n 1 {C }... sia esatta. Dimostrazione. Per le osservazioni su Γ n e Λ n si può costruire il seguente diagramma: C n B n{c } Γ n{ϕ} D n B n{d } Γ n{ψ} E n B n{e } 0 ˆ C n ˆ D n ˆ E n 0 Z n 1 {C } Z n 1 {D } Z n 1 {E } Λn{ϕ} Λn{ψ} e dimostrare che le righe sono esatte: Γ n {ψ} è suriettiva poiché lo è ψ n ; 39

Λ n {ϕ} è iniettiva poiché lo è ϕ n ; Im Γ n {ϕ} ker Γ n {ψ}: si consideri d n + B n {D } ker Γ n {ψ}, allora 0 = Γ n {ψ} {d n + B n {D }} = ψ n {d n } + B n {E }, cioè ψ n {d n } B n {E } = Im E n+1, quindi esiste e n+1 E n+1 tale che ψ n {d n } = E n+1 {e n+1 } ; ma ψ n+1 è suriettiva, quindi esiste d n+1 D n+1 tale che ψ n+1 {d n+1 } = e n+1 ; componendo si ha ψ n {d n } = E n+1ψ n+1 {d n+1 } = ψ n D n+1 {d n+1 }, cioè d n D n+1 {d n+1 } ker ψ n Im ϕ n. Quindi esiste c n C n tale che ϕ n {c n } = d n D n+1 {d n+1 }; passando ai quozienti, ϕ n {c n } + B n {D } = d n D n+1 {d n+1 } + B n {D } = d n + B n {D }, da cui Γ n {ϕ} {c n } = d n + B n {D } Im Γ n {ϕ}. Im Γ n {ϕ} ker Γ n {ψ}: sia d n + B n {D } Im Γ n {ϕ}, allora esiste c n C n tale che ϕ n {c n } + B n {D } = d n + B n {D }. Applicando Γ n {ψ}, Γ n {ψ} {ϕ n {c n } + B n {D }} = ψ n ϕ n {c n } + B n {E } = 0 + B n {E }, poiché ψ n ϕ n = 0. Im Λ n {ϕ} ker Λ n {ψ}: sia d n 1 ker Λ n {ψ}, allora 0 = Λ n {ψ} {d n 1 } = ψ n 1 {d n 1 }, cioè d n 1 ker ψ n 1 = Im ϕ n 1. Quindi esiste c n 1 C n 1 tale che 40

d n 1 = ϕ n 1 {c n 1 } = Λ n {ϕ} {c n 1 }; rimane da dimostrare che c n 1 Z n 1 {C }; si ha ϕ n C n 1 {c n 1 } = D n 1ϕ n 1 {c n 1 } = D n 1 {d n 1 } = 0 poiché d n 1 Z n 1 {D }. Per l iniettività di ϕ n si conclude che C n 1 {c n 1 } = 0. Im Λ n {ϕ} ker Λ n {ψ}: sia d n 1 Im Λ n {ϕ}, allora esiste c n 1 Z n 1 {C } tale che d n 1 = ϕ n 1 {c n 1 }; quindi Λ n {ψ} {d n 1 } = ψ n 1 ϕ n 1 {c n 1 } = 0. Il diagramma soddisfa le condizioni del lemma 4.1.7; applicandolo risulta ω tale che ker ˆ C n ker ˆ D n ker ˆ E n ω C D E coker ˆ n coker ˆ n coker ˆ n ; sostituendo si ha la seguente successione esatta: H n {C } H n {D } H n {E } ω H n 1 {C } H n 1 {D } H n 1 {E }. 4.2 Omotopie ϕ,ψ Definizione 4.2.1. Dati C D morfismi di complessi, un omotopia tra ϕ e ψ è ϕ Σ Σ ψ costituita da C n n Dn+1 per ogni n, con ϕ n ψ n = D n+1σ n + Σ n 1 C n. C n Σ n C n D n+1 ψ n ϕ n C n 1 Σn 1 D n D n+1 Se esiste un omotopia tra ϕ e ψ si scrive ϕ ψ. Osservazione 4.2.2. Se Σ è un omotopia, si ottiene che H n {ϕ} {c n + B n {C }} = ϕ n {c n } + B n {D } = 41

ψ n {c n } + n+1σ D n {c n } + Σ n 1 n C {c n } +B n {D } = ψ n {c n } +B n {D }: infatti n+1σ D n {c n } B n {D }, mentre c n Z n {C } implica Σ n 1 n C {c n } = 0. Quindi si ottiene H n {ϕ} = H n {ψ}, cioè l omotopia conserva i morfismi tra i moduli di omologia. Proposizione 4.2.3. L omotopia è una relazione di equivalenza. Dimostrazione. La relazione è chiaramente riflessiva (con Σ n = 0) e simmetrica (con Σ n = Σ n ). Per dimostrare la transitività, siano ϕ Σ ψ Θ χ due omotopie; risulta χ n ϕ n = (χ n ψ n ) + (ψ n ϕ n ) = D n+1 {Σ n + Θ n } + (Σ n 1 + Θ n 1 ) C n. Quindi Σ + Θ è un omotopia tra ϕ e χ. Lemma 4.2.4. Siano C ϕ,ψ D ϕ,ψ E. Se ϕ ψ allora ϕ ϕ ϕ ψ, mentre se ϕ ψ allora ϕ ψ ψ ψ. Inoltre, se ϕ ψ e ϕ ψ allora ϕ ϕ ψ ψ. Dimostrazione. Per il primo caso, si ha ϕ nϕ n ϕ nψ n = ϕ n D n+1σ n + ϕ nσ n 1 n C = n+1ϕ E n+1σ n + ϕ nσ n 1 n C ; quindi ϕ Σ realizza l omotopia tra ϕ ϕ e ϕ ψ, dove (ϕ Σ) n = ϕ n+1σ n. Allo stesso modo si verifica che la seconda omotopia cercata è data da Θψ, con (Θψ) n = Θ n ψ n. Se ϕ ψ e ϕ ψ, per le dimostrazioni precedenti si ha ϕ ϕ ϕ ψ e ϕ ψ ψ ψ; poiché l omotopia è una relazione di equivalenza, ϕ ϕ ψ ψ. Lemma 4.2.5. Sia F un funtore additivo e ϕ ψ, allora F {ϕ} F {ψ}, cioè un funtore additivo preserva l omotopia; in particolare H n {F {ϕ}} = H n {F {ψ}}. n 1 n C Dimostrazione. Applicando il funtore al complesso C si ottiene un altro complesso F {C } con n F {C } = F { } { n C : infatti F C } { } n 1 F C n = F { } C = F {0} = 0, e la commutatività del diagramma segue da quella del complesso C. Applicando F alla relazione di omotopia si conserva l uguaglianza, quindi F {ϕ} F {ψ} tramite l omotopia F {Σ}. Esempio 4.2.6. L uguaglianza tra gli H n {ϕ} non implica l omotopia tra i ϕ: 42