N. 00488/2016 REG.PROV.COLL. N. 02031/2011 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2031 del 2011, proposto da: **, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Marchese, presso lo studio del quale ha eletto domicilio in Milano, Via Montevideo, 5; contro Ministero dell'interno - Questura della Provincia di Milano, rappresentato e difeso ex lege dall'avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, Via Freguglia, 1; per l'annullamento - del provvedimento del Questore della Provincia di Milano n. 29027/2009, datato 25 marzo 2011, recante il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per ragioni di lavoro subordinato;
- di ogni atto connesso Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'interno Questura della Provincia di Milano; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il provvedimento impugnato l amministrazione ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, scaduto nel 2008, presentata da ** per motivi di lavoro subordinato. Il provvedimento si fonda sulla circostanza che lo straniero è stato condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione, con sentenza del Tribunale di Milano datata 16.11.2007, per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ex art. 73 del d.p.r. 1990, n. 309. Il ricorrente lamenta, con più censure che possono essere trattate congiuntamente, perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, che l amministrazione non avrebbe tenuto conto dell occasionalità del reato e della sua attuale disponibilità di un occupazione, nonché della durata del suo soggiorno in Italia, che sarebbe idonea a qualificarlo come
soggiornante di lungo periodo con conseguente necessità di accertare in concreto la sua pericolosità sociale. Le censure sono infondate La giurisprudenza (cfr. Corte Costituzionale n. 277/2014; Consiglio di Stato, sez. III, 05 giugno 2015, n. 2775) ha da tempo precisato che il combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.l.vo n. 286/1998, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge n. 189/2002, qualifica come tassativamente ostative al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno talune condanne penali, tra le quali è compresa quella riportata dal ricorrente per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Si tratta di situazioni in cui il legislatore considera la commissione di determinati reati come in sé espressiva di pericolosità sociale dello straniero, precludendone l ingresso e la permanenza in Italia; in altre parole, il legislatore assume a paradigma ostativo non la gravità del fatto concreto, in sé e per sé considerata, quanto la specifica natura del reato, riposando la sua scelta su una esigenza di conformazione agli impegni di inibitoria di traffici riguardanti determinati settori reputati maggiormente sensibili. Ne consegue che la condanna per un reato ostativo conduce in modo vincolato al rifiuto del permesso di soggiorno o al rigetto dell istanza di rinnovo del permesso medesimo. In tale contesto, è del tutto irrilevante che il ricorrente non sia gravato da ulteriori precedenti penali e che il reato commesso abbia carattere isolato, così come resta indifferente la
circostanza che egli abbia reperito un attività lavorativa, trattandosi di fatti che non incidono sull esistenza di una condanna per un reato ostativo. Simili fatti neppure integrano degli accadimenti sopravvenuti da valutare ai sensi dell art. 5 del d.l.vo n. 286/1998, trattandosi di vicende irrilevanti a fronte dell esistenza di una condanna per un reato ostativo, in relazione al quale non è documentata, con riferimento al tempo di adozione del provvedimento impugnato, neppure la dichiarazione di estinzione del reato, per effetto della corretta esecuzione della pena in regime alternativo. Parimenti, è priva di rilievo la circostanza che egli si trovi in Italia da un tempo astrattamente sufficiente a qualificarlo come soggiornante di lungo periodo, in quanto la relativa condizione non integra uno stato di fatto, ma è la conseguenza di valutazioni e determinazioni riservate all amministrazione competente a rilasciare il permesso per soggiornanti di lungo periodo, valutazioni e determinazioni non effettuate nel caso in esame, in quanto il ricorrente non è mai stato titolare di un simile permesso di soggiorno. Di conseguenza, il riferimento alla necessità di un accertamento in concreto della pericolosità sociale è privo di fondamento, perché il ricorrente non versa in una condizione tale da imporre siffatta valutazione. In via di ulteriore precisazione, va osservato che egli non ha neppure allegato l esistenza di legami familiari in Italia, tali da giustificare l applicazione della disciplina più favorevole prevista dal citato art. 5, comma 5, del d.l.vo 1998 n. 286 per
lo straniero che sia stato parte di una procedura di ricongiungimento familiare. In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidandole in euro 1.000,00 (mille), oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati: Elena Quadri, Presidente FF Mauro Gatti, Consigliere Fabrizio Fornataro, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10/03/2016 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)