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ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 27/2014 Napoli 21 Luglio 2014 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI GIUGNO 2014 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Giugno 2014. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Giugno 2014 è pari a 0,960084 e l indice Istat è 107,40. L UTILIZZO IN COMPENSAZIONE DI CREDITI INESISTENTI CONFIGURA IL REATO DI EVASIONE FISCALE E NON PUO ESSERE CONSIDERATO ILLECITO AMMINISTRATIVO. CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 30267 DEL 10 LUGLIO 2014 La Corte di Cassazione Sezione Penale -, sentenza n 30267 del 10 luglio 2014, ha statuito che il contribuente che, al fine di non versare l IVA dovuta, porta in compensazione crediti palesemente inesistenti rischia anche la condanna penale. In sostanza, il contribuente in questione era incorso nella fattispecie penale regolata dall art. 10-quater del decreto delegato 74/2000 per effetto del quale chiunque non versi entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale le somme dovute al Fisco per un ammontare superiore a 1

50.000 euro per ciascun periodo d'imposta, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, crediti non spettanti o inesistenti, incorre nel reato di indebita compensazione. Più in particolare, il reato in questione può essere commesso da qualsiasi contribuente e potrebbe essere chiamato a risponderne, a titolo di concorso, anche il consulente fiscale laddove si dimostri che abbia istigato la condotta vietata o che abbia comunque fornito un contributo consapevole e adeguato alla realizzazione della stessa (Cass. n. 24166/2011). Il reato si consuma nel momento in cui si invia un modello F24 contenente l indebita compensazione. La pena edittale è la reclusione da sei mesi a due anni. Con la sentenza de qua, i Giudici di Piazza Cavour hanno confermato la condanna alla pena di dieci mesi di reclusione emessa dal Giudice di merito nei confronti di un legale rappresentante di società, che non aveva versato l IVA dovuta per il 2005 e per il 2006 per un ammontare superiore alla soglia di punibilità utilizzando crediti non spettanti. L'imputato, invero, aveva promosso ricorso dinanzi alla Corte di Legittimità affermando, tra gli altri motivi, la ricorrenza dell'illecito amministrativo di cui all'articolo 27, comma 18 del Decreto legge n. 185/2008 applicabile, secondo la prospettazione del ricorrente, in ragione del principio di specialità - e non quello del reato ex art. 10-quater del d. lgs. 74/2000. La Suprema Corte, sul punto, nel rigettare il ricorso, ha statuito che non si può applicare il principio di specialità tra il reato e l'illecito di indebita compensazione perché la fattispecie penale «ha riguardo alla condotta, diversa e ulteriore, consistente nell'omesso versamento dell'imposta dovuta». IL DIPENDENTE PUBBLICO CHE UTILIZZA IL PC DELL UFFICIO PER ACCEDERE A SITI PEDOPORNOGRAFICI COMMETTE SIA IL REATO DI INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO SIA QUELLO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 27528 DEL 25 GIUGNO 2014 La Corte di Cassazione Sezione Penale, sentenza n 27528 del 25 giugno 2014, ha statuito che il dipendente pubblico che, durante l'orario 2

di lavoro, utilizza il computer del proprio ufficio per collegarsi a siti pedopornografici commette sia il reato di interruzione di pubblico esercizio che quello di appropriazione indebita. Nel caso de quo, un dipendente comunale, nel corso del proprio orario di lavoro, veniva pizzicato ad utilizzare i personal computer dell'ufficio, normalmente dedicati all'attività di telegestione e controllo della pubblica illuminazione, per collegarsi a siti pedopornografici. Condannato in entrambi i gradi di giudizio, per appropriazione indebita ed interruzione di pubblico servizio, il lavoratore ricorreva in Cassazione. Orbene, gli Ermellini, nell'avallare in toto il decisum di merito, hanno statuito che il lavoratore pubblico che distoglie, per fini personali, i pc dal loro normale uso commette sia il reato di interruzione di pubblico servizio che quello di appropriazione indebita in quanto fa propri degli impulsi elettrici destinati ad uso diverso da quello programmato essendo, a tal proposito, del tutto irrilevante che il contratto di servizio telefonico, per la connessione internet, sia di tipo flat. Pertanto, atteso che nel caso in commento il dipendente aveva distolto il pc dall'attività di monitoraggio e telecontrollo dell'illuminazione pubblica per accedere a siti pedopornografici, i Giudici di legittimità ne hanno confermato la condanna per appropriazione indebita ed interruzione di pubblico servizio. IL COMMITTENTE E RESPONSABILE DELL INFORTUNIO OCCORSO AL DIPENDENTE DELL APPALTATORE SE NON HA ADEGUATAMENTE VIGILATO SUL RISPETTO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 24602 DELL 11 GIUGNO 2014 La Corte di Cassazione, sentenza n 24602 dell 11 giugno 2014, ha statuito che il committente è responsabile dell'infortunio occorso al dipendente dell'appaltatore se non ne ha opportunamente verificato l'ottemperanza alla normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel caso de quo, un lavoratore, nel mentre era intento a svolgere lavori di demolizione e rifacimento di alcuni solai, veniva schiacciato da una pietra riportando gravi lesioni ad una mano. 3

Il committente, assolto in I grado, veniva condannato, in appello, al risarcimento del danno in quanto aveva omesso di vigilare sul rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da parte dell'azienda appaltatrice. Orbene, i Giudici di legittimità, aditi in ultima battuta per dirimere la querelle, hanno sottolineato che il committente è responsabile dell'omessa adozione, da parte dell'appaltatore, delle dovute cautele in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sussistendo, a suo carico, un obbligo di vigilanza. Pertanto, atteso che nel caso in disamina il committente non aveva posto in essere nessun tipo di controllo sulla sicurezza del cantiere, i Giudici dell'organo di nomofilachia ne hanno confermato la condanna al risarcimento del danno in favore del dipendente dell'appaltatore restato infortunato. NON E SOGGETTO PASSIVO IRAP IL PROFESSIONISTA CHE, NELL ESERCIZIO DELLA SUA ATTIVITA, SI AVVALE SALTUARIAMENTE DI COLLABORAZIONI ESTERNE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 15020 DEL 2 LUGLIO 2014 La Corte di Cassazione Sezione Tributaria -, sentenza n 15020 del 2 luglio 2014, ha statuito che non è soggetto Irap il professionista, che nell esercizio della sua attività professionale si avvale saltuariamente della collaborazione professionale di professionisti esterni. IL FATTO Un commercialista provvedeva ad avanzare all Amministrazione finanziaria domanda di rimborso dell IRAP versata per alcuni anni, ritenendo non sussistere una "autonoma organizzazione", in quanto esercitava da solo, senza dipendenti e collaboratori, servendosi soltanto di alcuni beni, come un pc, il mobilio d'ufficio ed un'autovettura ad uso promiscuo e che solo saltuariamente, per le competenze estranee al proprio lavoro, si avvaleva di altri professionisti con proprio studio separato e diverso dal proprio. Contro il silenzio rigetto dell istanza il professionista ricorreva alla giustizia tributaria, risultando vincitore in primo grado e soccombente in secondo. 4

In particolare, il Giudice d Appello, riteneva che le prestazioni prettamente intellettuali, che richiedono l'utilizzo di immobilizzazioni tecniche, vanno razionalmente organizzate. Inoltre, affermava che la sussistenza dell autonoma organizzazione si ravvisava anche dall'entità dei compensi dichiarati e dall'elevato importo dei compensi erogati a terzi. Da qui il ricorso per Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio, con la sentenza de qua, hanno accolto il ricorso del professionista, chiarendo nuovamente che: 1. in base al combinato disposto degli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/97, l esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall applicazione dell imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; 2. il requisito della "autonoma organizzazione", il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse; impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l esercizio dell attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. In definitiva, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del professionista e, decidendo la causa nel merito, ha condannato il Fisco al pagamento delle spese processuali. I COMPENSI DERIVANTI DALLO SVOLGIMENTO DI ATTIVITA PROFESSIONALE ESERCITATA SENZA LEGITTIMO TITOLO COSTITUISCONO INDEBITO ARRICCHIMENTO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 13043 DEL 10 GIUGNO 2014 La Corte di Cassazione, sentenza n 13043 del 10 giugno 2014, ha stabilito che lo svolgimento senza titolo di attività professionale legittima la restituzione delle somme indebitamente percepite. 5

Nella fattispecie in esame, un imprenditore aveva richiesto la condanna alla restituzione di somme indebitamente percepite da un professionista, privo di qualsiasi titolo legittimo, che gli aveva curato la redazione e la tenuta dei libri obbligatori per la contabilità salariale. Il geometra professionista, costituitosi in giudizio eccepiva la improponibilità dell azione di indebito arricchimento, avendo concluso con la controparte un contratto e, nel merito, sosteneva di aver legittimamente svolto l attività di tributarista regolarmente denunciata presso l Ufficio IVA. Il Tribunale accoglieva la domanda dell imprenditore, dichiarando la nullità del contratto intercorso fra le parti in difetto della qualifica professionale richiesta dall art. 1 L. n. 12/79; la Corte d Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado osservò che doveva, invece, distinguersi l'attività rientrante nella competenza di un professionista abilitato da quella costituente normale attività lavorativa generica, con ciò riconoscendo al professionista parte degli onorari richiesti. La Suprema Corte, compulsata dall imprenditore insoddisfatto, è intervenuta per dirimere la questione ed ha rigettato il ricorso proposto rilevando che, in difetto della prova concernente la esatta individuazione dell attività "protetta", richiedente, cioè, l iscrizione in apposito albo professionale, il Giudice di Appello, legittimamente è ricorso ad un calcolo approssimativo e probabilistico, non potendosi presumere che tutto il lavoro svolto dal professionista fosse contra legem. La sentenza impugnata ha, infatti, affermato che, stante la prevalenza dello svolgimento di attività non protetta espletata dal geometra (id: gestione, controllo e disbrigo pratiche) ed avendo percepito i compensi forfettariamente, appariva equo limitare le somme da restituire al venti per cento di quelle riconosciute dal Tribunale, dovendosi discriminare rispetto all attività svolta, quali atti afferissero alla competenza di un professionista abilitato e quali, invece, alla normale attività generica. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO 6

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. 7