Nuove biotecnologie: insetti e biocarburanti



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Xxxx Xxx Gli insetti xilofagi come fonte di enzimi per ottenere bioetanolo da biomasse lignocellulosiche Nuove biotecnologie: insetti e biocarburanti di Gabriella Butera Australia centrale. A sinistra la grande torre di un termitaio. I biotecnologi sono sempre alla ricerca di enzimi dalle fonti più disparate, utilizzabili per ottenere sintesi pulite e innovative con le quali produrre beni di largo consumo. Gli insetti xilofagi si nutrono di legno. Sebbene alcune specie siano decisamente dannose per i manufatti realizzati con questo materiale, sono importanti nel ricambio del carbonio organico e dalla flora intestinale di alcuni di essi si possono ottenere enzimi utilizzabili per produrre biocarburanti di seconda generazione da biomasse legnose. In questo modo si possono usare fonti energetiche rinnovabili, evitando l inopportuna competizione con le colture alimentari.

Struttura della lignocellulosa. [Immagine: Edward M. Rubin; 2008 Nature 454, 841-845]. Reticulitermes lucifugus: operaia (sinistra) e soldato (destra). Gli insetti xilofagi Gli insetti xilofagi si nutrono di un particolare tessuto delle piante vascolari chiamato xilema o, più comunemente, legno. È facile intuire che si tratti di insetti che da un punto di vista ecologico giocano un ruolo molto importante nel processo di turnover del carbonio, in quanto nutrendosi di tutti i detriti vegetali presenti nelle lettiere dei boschi (ma anche nei nostri giardini di casa!) consentono il riciclo della materia organica. Alcune specie però, proprio per la loro capacità di nutrirsi della cellulosa presente nel legno, causano gravi danni alle infrastrutture in legno in tutto il mondo, specialmente in quei Paesi in cui le case sono costruite interamente in legno. Questi animaletti non sarebbero così efficienti nel degradare i residui vegetali se non ospitassero all interno del loro intestino una vasta comunità microbica che - oltre a contribuire alla fissazione dell azoto - gioca un ruolo determinante nella degradazione di tutti i polimeri che compongono i materiali vegetali, primo fra tutti la cellulosa che costituisce circa il 50% del totale in peso secco di una pianta adulta. La flora intestinale degli insetti xilofagi include organismi appartenenti a tre domini differenti: batteri, archeobatteri ed eucarioti. Quest ultimo dominio è rappresentato principalmente dai protozoi. Tra di loro si instaura un rapporto di simbiosi così complesso che è stato oggetto di studio da parte di molti scienziati, non soltanto perché è alla base dell efficienza della degradazione della lignocellulosa, ma per capire i meccanismi della simbiosi stessa. La termite (pronuncia: tèrmite) è uno degli insetti xilofagi più studiati. Appartiene all ordine Isoptera, famiglia Rhinotermitidae. Presenta una complessa organizzazione sociale e si nutre della cellulosa presente nel legno. Crea delle ampissime colonie sotto terra in ambienti umidi e bui. Per spostarsi all esterno alla ricerca di cibo, le termiti operaie costruiscono dei tunnel formati da terra ed escrementi entro i quali si muovono. Col nome di termite si indica un gruppo di specie che si possono distinguere in lower (il termine anglosassone è qui usato nell accezione di inferiori, meno evolute) e higher (superiori, più evolute). Le prime ospitano nel loro intestino una vasta popolazione di batteri e protisti flagellati (organismi eucarioti unicellulari che per spostarsi nell ambiente in cui vivono muovono i flagelli di cui sono dotati). L apparato digerente di tutte le termiti che si nutrono di lignocellulosa produce una glico-idrolasi (un enzima idrolitico) che viene secreta ed è attiva nella parte anteriore dell intestino. Questo rappresenta un importante ecosistema che ospita numerosi microorganismi e le molteplici relazioni simbiotiche che si instaurano tra di essi e il loro ospite stanno alla base dell efficienza della degradazione della lignocellulosa. Studi recenti hanno chiarito che importanti enzimi idrolitici vengono prodotti dai batteri qui presenti. A supporto di questa ipotesi vi sono alcune evidenze sperimentali: l osservazione di batteri strettamente attaccati a particelle di legno all interno dell intestino e la scoperta di un gene codificante per una endoxylanasi nel Dna batterico prelevato dal tratto intestinale di una specie di termite. Questo ecosistema è uno dei più affascinanti esempi di simbiosi tra un animale 12 n.28 Dicembre 2012

loro ospite. I protozoi presenti nell intestino delle termiti lower sono responsabili della digestione della lignocellulosa in questo gruppo di insetti. Essi sono specifici per il tipo di termite che le ospita, in quanto si è in presenza di un associazione simbiotica obbligata. La loro relazione evolutiva non è stata ancora adeguatamente descritta a causa della diversità e dell'elevata abbondanza specifica della microflora. Biocarburanti da biomasse Xilema e Floema Lo xilema o, più semplicemente, il legno è il complesso costituito da vasi, fibre e cellule parenchimatiche presente nelle angiosperme, piante superiori dette anche vascolari, caratterizzate dalla formazione di fiori. Il floema, o libro, rappresenta il complesso dei tubi cribrosi, cellule parenchimatiche e fibre (quest ultime non sempre presenti) delle angiosperme. I vasi ed i tubi cribrosi sono i due tipi di condotti del sistema vascolare delle piante superiori che è specializzato nel trasporto dei nutrienti: lo xilema porta l acqua e i sali minerali, necessari alla pianta per sintetizzare sostanza organica, dal terreno alle foglie; nel floema, invece, scorre la linfa elaborata dalle foglie, dove si concentra l attività fotosintetica, che così raggiunge il resto della pianta. Termiti operaie e soldato della specie Reticulitermes lucifugus. R. lucifugus, Kalotermes flavicollis e Cryptotermes brevis sono le specie di termiti presenti in Italia. R. lucifugus è una specie molto dannosa che ha causato ingenti danni al patrimonio storico e artistico nazionale. [Immagine: Gabriella Butera]. La cellulosa è il biopolimero più diffuso. Si tratta di un polisaccaride costituito da 300-3.000 molecole di glucosio, unite tra loro da un legame β-1,4 glicosidico. Il monomero è rappresentato più precisamente dal cellobiosio che è il dimero (disaccaride) del glucosio. La catena polimerica non è ramificata. Come si vede nello schema tridimensionale (in basso), tra catene adiacenti si formano numerosi legami a idrogeno (tratti celesti) grazie alla presenza dei numerosi residui -OH. Ciò conferisce alla cellulosa una struttura cristallina compatta. e microbi e tra le diverse specie di questi ultimi. La microflora intestinale delle termiti viene comunemente scambiata tra i membri di una colonia e trasmessa alle generazioni future attraverso la trofallassi, un tipo di nutrizione molto comune negli isotteri in cui il cibo viene distribuito ai diversi individui della colonia mediante il rigurgito bocca a bocca. Questo meccanismo di nutrizione può promuovere meccanismi di co-evoluzione tra i simbionti e il La cellulosa è il maggiore componente delle biomasse di origine vegetale. È un polimero costituito da molecole di glucosio (uno zucchero monosaccaride a sei atomi di carbonio) unite da legami 1,4 β-glicosidici in lunghissime catene lineari che costituiscono un sistema di fibre intrecciate tra loro su diversi piani all interno della parete cellulare delle cellule vegetali. Il legame β-1,4 conferisce alla cellulosa una struttura cristallina molto compatta che la rende resistente agli attacchi degli agenti biologici. Questa organizzazione spaziale è responsabile dell elevata resistenza della cellulosa che svolge un ruolo meccanico di tessuto di sostegno. La consistenza viene aumentata dalla presenza nella parete cellulare di altri biopolimeri: lignina, emicellulose e pectine che riempiono gli spazi tra le molecole di cellulosa. Nelle piante adulte la cellulosa costituisce più del 50% del peso secco, motivo per cui è il polimero più diffuso nel regno vegetale. Per la sua ampia disponibilità e per il rapido processo di formazione, la cellulosa è considerata una materia prima rinnovabile. In questi ultimi decenni è stata studiata con grande attenzione la possibilità di utilizzarla come fonte di glucosio per la produzione di bioetanolo, oggi ampiamente usato nel settore del trasporto come carburante alternativo a quelli di origine fossile. Attualmente, la maggior parte di esso è prodotta 13 n.28 Dicembre 2012

Biomasse lignocellulosiche Bioetanolo Schema della produzione di bioetanolo da biomasse lignocellulosiche. [Immagine : modificato da Hahn- Hagerdal et al., Trends Biotech. 2006]. 1) Pretrattamento. La biomassa viene triturata e fortemente riscaldata mediante vapore. Si ottengono così le emicellulose idrolizzate e la lignina parzialmente solubilizzata. 2) Idrolisi. La biomassa pretrattata contiene cellulosa e lignina e viene sottoposta a idrolisi mediante appositi enzimi per formare glucosio. Si scartano la lignina e la cellulosa residua non idrolizzata. 3) Fermentazione. Il glucosio così formatosi ed eventuali altri zuccheri (es. pentosi) possono essere fermentati da opportuni microrganismi per produrre bioetanolo, utilizzabile tra l altro per autotrazione. Biomassa pre-trattata Glucosio dall amido o da altri zuccheri provenienti da vegetali coltivati per questo scopo (colture energetiche); in genere si tratta di frumento, mais, canna da zucchero e soia. Questa pratica però porta con sé tutta una serie di svantaggi di natura socio-economica che comprendono la competizione con le colture alimentari per i campi fertili, con conseguente aumento dei prezzi del cibo e carenza di foraggio per il bestiame. Inoltre, i benefici ambientali derivanti dall utilizzo dei carburanti provenienti da colture (biocarburanti di prima generazione) non sempre sono evidenti e in certi casi l impatto ambientale ad esso connesso è più alto di quello del petrolio, a causa delle coltivazioni che richiedono dispendio energetico e consumo di acqua per l irrigazione, oltre all utilizzo di fertilizzanti e altre sostanze di sintesi. Di contro, i biocarburanti derivanti da scarti agro-forestali (biocarburanti di seconda generazione) non presentano gli stessi svantaggi, anzi non sottraggono terre fertili alle colture alimentari e il loro utilizzo implica il riuso di materiali che altrimenti sarebbero scartati. Infine, un grande vantaggio derivante dall utilizzo dei biocarburanti di seconda generazione è rappresentato dalla riduzione delle emissioni di gas serra, come disposto dalla European Waste Framework Directive (European Commission, 2006). L utilizzo di biocarburanti di seconda generazione è, quindi, una priorità a livello globale, ma questa esigenza si scontra con le difficoltà tecniche legate alla loro produzione, dovute soprattutto alla resistenza strutturale della lignocellulosa. Nel caso della cellulosa si ottiene etanolo per fermentazione alcolica dei monomeri di glucosio ottenuti dall idrolisi delle catene polisaccaridiche. La fermentazione è un processo mediato dai lieviti oppure dai batteri che possiedono questa via metabolica. L idrolisi delle catene di glucosio nei singoli monomeri può essere realizzata per diverse vie: enzimatiche, chimiche o fisiche. I trattamenti chimici comprendono l utilizzo di acidi o basi o liquidi ionici. Il processo di fermentazione utilizzato nella produzione industriale del bioetanolo è ben consolidato e prevede comunemente l utilizzo del lievito Saccharomyces cerevisiae, noto fin dall antichità per la panificazione e la produzione di birra e vino. La Le biomasse Se ne sente parlare molto ormai, ma cosa vuol dire biomassa? Si tratta di un termine generico che negli ultimi decenni ha assunto una nuova valenza, soprattutto alla luce del grande interesse per la possibilità di utilizzarle come fonti rinnovabili per la produzione di energia termica ed elettrica. Secondo il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n.387 (che recepisce a livello nazionale la Direttiva europea 2001/77/CE sulla promozione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili) per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. Quindi, in ambito energetico, la biomassa è qualsiasi sostanza organica, di origine vegetale o animale, da cui sia possibile ricavare energia attraverso uso diretto oppure previa trasformazione in un combustibile solido, liquido o gassoso. fase di idrolisi della cellulosa che precede lo stadio di fermentazione è invece ancora oggetto di studio al fine di identificare i meccanismi più efficaci per migliorare le rese in glucosio e per abbattere i costi ambientali e/o di produzione. Il contributo dell ingegneria genetica La sfida dei prossimi anni sarà quella di incrementare la produzione di biocarburanti di seconda generazione, la quale è strettamente connessa ai progressi tecnico-scientifici necessari per il trattamento sostenibi- 14 n.28 Dicembre 2012

Cellule di Saccharomyces cerevisiae osservate mediante le tecnica di microscopia ottica nota come DIC (Differential Interference Contrast microscopy). Il loro diametro si aggira attorno ai 5-10 micrometri. le da un punto di vista sia economico che ambientale delle biomasse lignocellulosiche. In ambito microbiologico l obiettivo della ricerca in questi ultimi decenni è stato quello di trovare microorganismi capaci di utilizzare gli scarti di tale natura per generare etanolo, una proprietà non comune tra gli organismi viventi. Il lievito Saccharomyces cerevisiae è il microorganismo più comunemente utilizzato in ambito industriale per la fermentazione del glucosio in etanolo. Contrariamente alla produzione basata sull'uso di saccarosio o amido, quella che impiega biomasse lignocellulosiche è una fermentazione che avviene a carico di un mix di zuccheri differenti e in presenza di composti che inibiscono la reazione - acidi organici a basso peso molecolare, composti fenolici e inorganici - rilasciati durante i pretrattamenti o durante il processo di idrolisi della materia di partenza. I ceppi wild-type di Saccharomyces cerevisiae (quelli esistenti in natura non mutati geneticamente) non metabolizzano gli zuccheri pentosi (a cinque atomi di carbonio). Altri tipi di lieviti sì, come Candida utilis che cresce in terreni di coltura che contengono xiosio (pentoso) come unica fonte di carbonio, ma questo lievito è strettamente aerobico e non produce etanolo. Nei primi anni Ottanta, in seguito alla scoperta che Saccharomyces cerevisiae, Schizosaccharomyces pombe e altri lieviti erano capaci di fermentare D-xilulosio in etanolo, ulteriori studi rivelarono che alcuni di essi sono capaci di convertire direttamente lo xilosio in etanolo, sia in condizioni aerobiche che in presenza di basse concentrazioni di ossigeno. Allora i ricercatori focalizzarono l attenzione sulle specie Pachysolen tannophilus, Candida shehatae e Pichia stipitis, i lieviti più conosciuti tra quelli naturalmente capaci di fermentare lo xilosio. Il metabolismo e l utilizzo degli zuccheri pentosi sono essenziali per la bioconversione della lignocellulosa in biocarburanti e altri composti chimici. Così, Saccharomyces cerevisiae è stato ingegnerizzato geneticamente attraverso l introduzione nel suo patrimonio genetico di tutti quei geni codificanti per gli enzimi necessari per il metabolismo dello xilosio, affinché questo lievito fosse capace di fermentare anche questo pentoso per formare etanolo. Negli anni successivi la priorità della ricerca in ambito biotecnologico è stata quella di creare attraverso tecniche di ingegneria genetica dei microorganismi che possedessero sia la capacità di produrre determi- 15 n.28 Dicembre 2012

nati substrati che di metabolizzarli. Per raggiungere questa finalità sono stati segui due tipi di strategie. Nella prima si ingegnerizzano ceppi batterici naturalmente capaci di idrolizzare la cellulosa per aumentare la loro capacità metabolica. La seconda prevede l inserimento dei geni che codificano per cellulasi (particolari enzimi deputati all idrolisi della cellulosa) di microrganismi cellulosolitici in altri che non le producono ma che, di contro, sono caratterizzati da elevate produzioni enzimatiche, ovvero vie metaboliche molto attive, con lo scopo di trasformare questi ultimi in organismi capaci di metabolizzare in maniera efficiente la cellulosa. Negli ultimi decenni numerosi altri microorganismi sono stati ingegnerizzati per produrre selettivamente etanolo. I maggiori successi in questo campo sono stati ottenuti con i batteri Gram negativi (vedi Green n. L ingegneria genetica Viene definita ingegneria genetica la manipolazione del materiale genetico mediante la tecnologia del Dna ricombinante. Attraverso quest ultima un gene di una determinata specie può essere inserito all interno del genoma di un altra specie. Affinché ciò avvenga il frammento di Dna in questione viene tagliato attraverso particolari enzimi (enzimi di restrizione) e inserito (attraverso particolari enzimi detti Dna-ligasi) nel Dna di batteri o di altri organismi capaci di riprodursi rapidamente. È possibile anche isolare geni, modificarli e reinserirli di nuovo nell organismo originario o in organismi differenti. Il primo caso rientra nella così detta terapia genica nella quale uno o più geni normali vengono inseriti nelle cellule somatiche di un organismo per correggere un anomalia che può causare una grave malattia genetica nell uomo. In altri casi il gene codificante per una determinata proteina di grande interesse medico o industriale viene inserito nel Dna di altri organismi (nella maggioranza dei casi batteri) al fine di produrne in grandi quantità. 10, pag. 27), in particolare con Escherichia coli, Klebsiella oxytoca e Zymomonas mobilis. I primi due sono capaci naturalmente di usare un ampio spettro di zuccheri e il lavoro dei ricercatori è stato focalizzato sull ingegnerizzazione di questi ceppi per produrre selettivamente etanolo. Z. mobilis invece produce etanolo in grandi quantità, ma è capace di fermentare soltanto il glucosio (esoso) e il fruttosio (pentoso); il lavoro dei ricercatori su questo organismo è stato finalizzato all introduzione delle vie metaboliche per la fermentazione dei due pentosi arabinosio e xilosio. Da quanto detto finora appare evidente che tutti gli sforzi della ricerca in questo ambito scientifico sono stati indirizzati sull ottenimento di ceppi batterici e di lieviti adatti al miglioramento di tutto il processo industriale per la produzione di etanolo. In alcuni casi sono stati testati metodi fisici e chimici per incrementare la produzione degli enzimi idrolitici da parte dei ceppi cellulosolitici, ma con scarso successo. La comprensione dei meccanismi molecolari che stanno alla base della degradazione biologica della lignocellulosa e l individuazione degli organismi più efficienti sono passi fondamentali da compiere per una proficua applicazione dell ingegneria genetica (tecnologia del Dna ricombinante). Per esempio, il clonaggio e il sequenziamento dei vari geni codificanti per enzimi idrolitici potrebbe migliorare economicamente la resa del processo industriale di produzione delle cellulasi. Si tratta di strumenti molto promettenti che ci consentiranno di progredire nella comprensione dei meccanismi molecolari che stanno alla base della bioconversione della lignocellulosa e nell ingegnerizzazione sempre più efficiente di microrganismi preposti alla produzione industriale di bioetanolo. Enzimi idrolitici da insetti xilofagi Nuovi organismi, che possano essere potenziale fonte di enzimi utilizzabili per la sintesi di bioetanolo sopra descritta, possono convenientemente essere ricercati nei sistemi ecologici in cui la degradazione della lignocellulosa avviene naturalmente. Tra questi hanno sicuramente un posto rilevante gli insetti xilofagi, la cui microflora intestinale rappresenta una ricca riserva di enzimi tutta da esplorare. Oggi l interesse principale della ricerca è quello di individuare nuovi enzimi - oltre ai molti già scoperti, isolati e caratterizzati - che siano particolarmente resistenti alle alte temperature e all ampia variabilità dei valori di ph utilizzati durante i processi di pretrattamento delle biomasse, i due principali fattori limitanti dell intero processo. Inoltre dovrebbero essere più efficienti, meno costosi e più semplici da estrarre e purificare (soprattutto in termini di tempo necessario).per tale ragione sarebbe opportuno trovare un singolo microrganismo o un consorzio capace nello stesso tempo di idrolizzare zuccheri complessi e fermentarli formando bioetanolo. Gabriella Butera Unità di Ricerca Palermo 2 Consorzio INCA 16 n.28 Dicembre 2012