PROGETTO DI CONCORSO DI PRIMO E SECONDO GRADO PER IL MONUMENTO AI CADUTI DI COMO

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Transcript:

MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO PROGETTO DI CONCORSO DI PRIMO E SECONDO GRADO PER IL MONUMENTO AI CADUTI DI COMO Como, 1925-1926 (non realizzato - I grado, I premio ex equo; II grado, II premio) Giuseppe Terragni (con P. Lingeri; scultori: I grado G. Mozzanica; II Grado G.B. Tedeschi) OPERA

Il progetto di Concorso di primo e secondo grado per il Monumento ai Caduti di Como vede impegnato nel 1926 Terragni con l'amico Lingeri, nella redazione di un'idea legata alla tradizione, medievaleggiante, che prosegue la ricerca iniziata dall'ingegnere Federico Frigerio nel 1923, il quale proponeva la costruzione di un monumento dedicato alla grande guerra, partendo dallo studio dei luoghi significativi della città e definendo la ricostruzione di una quinta medievale; all'ingegner Frigerio l'incarico era stato affidato dal Comitato per le Onoranze ai Caduti in Guerra della Città di Como (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 297; Novati, Pezzola, 65). L'idea dell'ingegnere era basata sulla costruzione di una torre civica e la liberazione dalle superfetazione della facciata della Chiesta di San Giacomo, valorizzando il pronao; il monumento - sacrario doveva trovare posto all'interno del Broletto e della torre ricostruita: la sommità della torre sarebbe stata il sacello, a cui vi si accedeva dopo aver condotto un percorso ascensionale (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 297). Per una serie di motivi l'idea venne successivamente abbandonata, ma i due elementi caratterizzanti la proposta di Frigerio, la torre e il pronao ricostruito, saranno alla base della proposta di Terragni e Lingeri. Due anni dopo, nell'ottobre del 1925 viene bandito il concorso pubblico di idee per la realizzazione di un Monumento ai Caduti, da erigersi nell'area già individuata nella proposta di Frigerio, tra il Duomo, il Broletto e il campanile romanico della basilica di San Giacomo (Zevi, 22). Molti dei partecipanti, tra cui Asnago e Vender vincitori del secondo grado di concorso), seguirono alla lettera le prescrizioni del bando che voleva conferire al ricordo la forma di un elemento monumentale, addossato alla torre del Broletto; Terragni e Lingeri invece seguirono la via indirizzata da Frigerio (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 298). "Dalla proposta di Frigerio, e in particolare dal suo pronao medievale, Terragni e Lingeri riprendono la medesima tessitura muraria; le analogie si fermano qui. I due autori eliminano completamente ogni apparato ornamentale: questo vale soprattutto per le decorazioni a graffito, gli affreschi di soggetto pseudo - storico che conferivano un tono da commedia in costume non all'altezza dell'evento. Il progetto del 1926 è invece dominato da un carattere 'squadrato [...] e severo come una costruzione del mille', si osserva in un articolo comparso su 'Il Secolo d'italia'. Per rincarare la dose, il giornalista aggiunge che vi è '[...] qualcosa di ferrigno, di guerriero, di fiero come la forza, trionfale come la vittoria' (Il Secolo d'italia)" (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 299). "L'impianto, caratterizzato da una spazialità astratta e inverata in volumi addirittura essenziali, non evoca comunque immagini rigidamente

statiche grazie all'azione filtrante che il traforo degli arconi esercita sulle immediate adiacenze storiche, 'sacralizzate' dal metafisico silenzio architettonico che gli autori sembrano voler opporre alla roboante parata di leoni in pietra, archi trionfali, colonne - faro, pantheon di varia natura e scalee, preordinata per rendere 'illustre' e 'definitivo' l'antico centro cittadino" (Marcianò, 18). Un altro tema importante, soprattutto in altre opere successive di Terragni, è l'idea della percorribilità: a differenza dei diversi monumenti celebrativi realizzati fino alla fine dell'ottocento, le opere di Terragni sono vissute interamente dagli spettatori e vengono percorse (Novati, Pezzola, 65). "Terragni propone un edificio percorribile, tramite una scala esterna si entra nel grande arco dove vengono raccolte decorazioni statuarie e bassorilievi. Il Monumento si configura così come un percorso museale, come luogo visitabile: monumento all'architettura ancor prima che monumento ai caduti" (Novati, Pezzola, 147). "In quest'opera emerge un'intenzione duplice: interpretare il sentimento collettivo di una città nei confronti dei propri caduti e restituire alla città un'architettura che si era persa nel tempo. In questo si dà anche un'interpretazione del senso del monumento: il recupero di una forma architettonica è tutt'uno con la celebrazione della memoria e dell'identità spirituale e civile" (Novati, Pezzola, 146-147). Il progetto di primo grado, in fase di giudizio, rischia di essere escluso dalla competizione per la sua "troppa modernità", arrivando poi ad ex equo con un altro progetto rinascimentale, mentre al secondo grado di concorso Terragni e Lingeri ottengono pareri favorevoli, ma non la commissione del monumento (Zevi, 22). Il linguaggio utilizzato, del medievalismo basato sulla valorizzazione delle grandi masse, riporta l'architettura ad un livello minimo di espressività, forse non troppo lontano dagli assunti puristi del Gruppo 7 poi annunciati. "Siamo ancora in un ambito morfologico tradizionale. Giulio Carlo Argan osserva che il disegno 'non è neoromanico né novecentesco. Volendolo inquadrare nella storia delle correnti, va collocato tra metafisica e Valori Plastici. II romanico non è modernizzato ma, piuttosto, arcaicizzato, ricondotto ad una strutturalità originaria: è lo stesso processo con cui Carrà ritrova Giotto e Masaccio'. Infatti, l'enfasi dell'impianto s'affida alla riduzione degli strumenti espressivi: vaste superfici laterizie addossate alla Torre, capitelli scarnificati, spazi solenni quasi surreali, simmetria contestata dal taglio dello scalone esterno, impegno concentrato sui vuoti" (Zevi, 22). Anche il progetto di Asnago e Vender, vincitori, non venne realizzato a causa della negazione delle autorizzazioni da parte del Comune nel

1928; solo un anno dopo, nel 1929, il Comune accetta la proposta di Greppi di costruire un obelisco prospiciente lo stadio con sistemazione di un piazzale a lago (Marcianò, 20). Terragni non riuscì mai a costruire il proprio monumento ai caduti per la città di Como. Se volle realizzarlo dovette seguire, naturalmente modificandolo e modellando interamente l interno, un progetto altrui: di Sant Elia, via Prampolini, auspice Martinetti. Il progetto alternativo di Terragni, dichiaratamente razionalista ed ermetico, ci mostra quanto doveva essere contrario all idea marinettiana di compattare e ridurre una centrale elettrica a monumento. Vi si impegnò comunque (Bruno Zevi, Omaggio a Terragni, Novati, Pezzola, 148). Scritto redatto sulla base di: CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996 MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987 NOVATI, Alberto, PEZZOLA, Aurelio, Il mutevole permanere dell'antico: Giuseppe Terragni e gli architetti del Razionalismo Comasco, con testi di TORRICELLI Angelo et al., cura dei testi e bibliografia MONTORFANO Giancarlo, prefazione di PONTIGGIA Elena, Boves: Araba Fenice, 2012 ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980 DISEGNI ED ELABORATI

Disegni del progetto di concorso di primo e secondo grado per il Monumento ai Caduti Credits foto http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/unita/miud02f925/

Disegni del progetto di concorso di primo e secondo grado per il Monumento ai Caduti Credits foto http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/unita/miud02f925/

Disegni del progetto di concorso di primo e secondo grado per il Monumento ai Caduti Credits foto http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/unita/miud02f925/ GEOLOCALIZZAZIONE http://maps.google.com/maps?q=como