Utilizzo degli animali domestici nella valutazione dei rischi di inquinamento ambientale: indagini epidemiologiche e studi sperimentali



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Contributi pratici F. Santin 1 - C. Stelletta 2 - M. Morgante 2 1 Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità; 2 Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Università di Padova; Utilizzo degli animali domestici nella valutazione dei rischi di inquinamento ambientale: indagini epidemiologiche e studi sperimentali Riassunto La diffusione di numerosi agenti inquinanti nell ambiente in cui viviamo può rappresentare un rischio per la salute umana. Le difficoltà di valutazione dell esposizione cronica a basse dosi di inquinanti ambientali, le più disparate modalità di esposizione, la lunghezza dei periodi di latenza delle patologie connesse e la non specificità dei sintomi possono complicare la realizzazione di studi epidemiologici nell uomo. Quindi può essere utile integrare questi ultimi con l epidemiologia e gli studi sperimentali sugli animali. Animali monitorati per una serie di parametri scelti ad hoc possono fornire informazioni a proposito dei livelli espositivi e dei potenziali effetti sulla salute umana. Gli animali domestici hanno ricoperto in passato il ruolo di sentinelle per gli effetti sulla salute associati ad esposizioni a numerosi inquinanti ambientali, tra cui i metalli pesanti, i pesticidi, il fumo passivo di sigaretta, l asbesto e i campi elettromagnetici a bassa frequenza. Gli animali da compagnia, in particolare, possono risultare particolarmente adatti allo scopo perché essi condividono con i loro padroni lo stesso ambiente, hanno periodi di latenza più brevi e sono esenti da importanti fattori di rischio dovuti allo stile di vita. Questo lavoro prende in rassegna i principali studi epidemiologici e sperimentali che negli ultimi decenni hanno preso in considerazione gli animali da compagnia e gli animali da reddito esposti a contaminanti ambientali come sentinelle nella valutazione dei rischi per la salute pubblica. Parole chiave: animali sentinella, inquinamento ambientale, salute pubblica. Introduzione Il concetto dell utilizzo degli animali come sentinelle per stimare l entità del rischio di esposizione dell uomo a contaminanti ambientali non è nuovo. In passato i canarini venivano impiegati nell esplorazione delle miniere di carbone per monitorare la presenza di monossido di carbonio. Successivamente il sistema animale sentinella è stato applicato in studi epidemiologici finalizzati a registrare effetti sugli animali e a raccogliere i dati di mortalità della fauna selvatica o nell istituzione di registri dei tumori animali, mentre sono molto pochi gli studi sperimentali finora effettuati sull argomento. Studi epidemiologici descrittivi possono essere utilizzati per stimare la frequenza delle manifestazioni patologiche e la loro distribuzione geografica in relazione all ubicazione dei siti contaminati, ma altrettanto utile per predire i rischi di salute per l uomo è il rinvenimento di alterazioni dei parametri clinici, ematologici e immunologici nell ambito di studi sperimentali su popolazioni animali che condividono lo stesso ambiente con gli uomini. In Italia è attuale il dibattito sui contributi e limiti di indagini ad hoc in popolazioni animali residenti in aree di particolare interesse ambientale. O Brien definisce come sentinelle degli organismi nei quali variazioni di caratteristiche note possono essere misurate per stimare l entità della contaminazione ambientale e le sue implicazioni nella salute umana e per fungere da campanello d allarme prima che queste implicazioni si manifestino nell uomo. Gli animali domestici in alcuni casi si rivelano particolarmente adatti alla valutazione dei rischi espositivi per l uomo non solo per le analogie anatomo-fisio-patologiche, ma anche per la possibilità di aggirare i problemi derivanti dalla lunghezza dei tempi di insorgenza delle patologie, dallo stile di vita e dalle esposizioni occupazionali. Qui di seguito vengono riportati i principali studi epidemiologici e sperimentali effettuati sia sugli animali da compagnia, sia sugli animali da reddito esposti a contaminanti ambientali di vario genere. SETTEMBRE 412

Studi sugli animali domestici La valutazione di appropriati biomarcatori negli animali domestici, e in particolare nei cani, potrebbe ridurre alcune delle incertezze legate alla predizione dei rischi espositivi per l uomo permettendo l individuazione degli effetti biologici che precedono l insorgenza delle patologie. Gli animali domestici hanno notevoli potenzialità come sentinelle della salute ambientale: ciò è stato dimostrato in numerosi studi epidemiologici, di seguito trattati, riguardanti esposizioni croniche ad alcuni agenti carcinogeni caratteristici dell ambiente esterno e di quello domestico. Asbesto Già nel 1983 Harbison et al. sottoposero ad esame clinico e successivamente ad esame post mortem 6 cani residenti in ambiente urbano affetti da mesotelioma maligno (si trattava di mesoteliomi pleurici e/o pericardici e/o peritoneali): campioni di polmone di questi animali furono messi a confronto con quelli di animali non affetti da mesotelioma e fu riscontrata nei primi una maggior quantità di fibre di asbesto e di corpi ferruginosi mettendo in risalto l origine ambientale di questa patologia anche nel cane. In considerazione del fatto che il mesotelioma maligno canino era eziologicamente, clinicamente e morfologicamente simile a quello umano, che i mesoteliomi in animali residenti in ambienti urbani/industriali presentavano, come nell uomo, un incidenza superiore rispetto a quelli residenti in campagna e che il periodo di latenza nel cane era sensibilmente inferiore, Mirabella auspicò l utilizzo del mesotelioma spontaneo canino come evento sentinella che potesse essere utile allo studio dell epidemiologia nell uomo. Anche Glickman et al. proposero di monitorare i mesoteliomi spontanei canini al fine di individuare delle situazioni espositive ambientali rischiose per la salute dei proprietari degli animali: i cani considerati in questo studio condividevano con i loro padroni lo stesso ambiente domestico, ma erano ovviamente liberi dall influenza di attività (come il fumo e il lavoro) che possono alterare l interpretazione degli studi epidemiologici umani. Si evidenziò quindi come un occupazione o un hobby associata ad esposizione ad asbesto di almeno un membro della famiglia e l uso di prodotti repellenti per le pulci fossero correlati significativamente con l insorgenza di mesoteliomi canini. Inoltre si evidenziò un trend indicante un aumento del rischio di mesotelioma per i cani residenti in ambiente urbano e si riscontrò una maggiore presenza di fibre di asbesto (crisotilo) nei cani malati rispetto ai cani controllo. Questi risultati indicano come studi epidemiologici riguardanti i tumori spontanei degli animali da compagnia possano fornire importanti informazioni dell esposizione ambientale dell uomo ad inquinanti ambientali e, specificamente nel caso delle fibre, suggeriscono la necessità di attivare la registrazione sistematica dei mesoteliomi canini per facilitare l individuazione di possibili fonti di asbesto nell ambiente. De Nardo et al. hanno recentemente effettuato uno studio prendendo in considerazione una popolazione di pecore residenti in un area della Sicilia (Biancavilla) in cui è stata suggerita una correlazione tra esposizione a fibre asbestiformi (fluoro-edenite) presenti nell ambiente e l insorgenza di mesoteliomi pleurici nell uomo. Per monitorare la diffusione ambientale delle fibre sono stati esaminati col microscopio elettronico a scansione e con la microanalisi ai raggi X dei campioni di polmone di 27 pecore di almeno 3 anni di età e residenti vicino al Monte Calvario (una zona a sud-est di Biancavilla, in cui si trovano delle cave di rocce contenenti fibre asbestiformi): la fluoro-edenite è stata ritrovata in 8 animali. Anche nella capra è stato in precedenza effettuato uno studio simile: sono stati analizzati al microscopio elettronico campioni di polmoni di 10 capre residenti in un area della Corsica caratterizzata dalla presenza nel suolo di fibre asbestiformi (crisotilo e tremolite) e si è evidenziata la presenza di queste ultime nelle capre esposte e non in quelle controllo. Recentissima è l indagine, non ancora ultimata, di Bellis et al. () articolata in due fasi. Nella prima fase si sono osservati in microscopia ottica in luce diretta campioni di tessuto polmonare di animali vissuti in Piemonte (42 bovini, 1 cinghiale, 2 camosci, 3 caprioli, 35 cani e 4 gatti), divisi a loro volta in due gruppi, uno controllo e uno comprendente animali residenti in luoghi in cui sono presenti rocce contenenti crisotilo, tremolite e actinolite. Nella seconda fase sono stati esaminati più in dettaglio solo i campioni di tessuto polmonare degli animali esposti (esclusi i cani) con l ausilio di un microscopio elettronico con annesso microanalizzatore in spettrometria di dispersione che ha permesso di ricercare, identificare e quantificare le fibre. Al microscopio ottico sono stati rilevati corpi ferruginosi (fibre ricoperte da ferro e materiale proteico) in 13 bovini, 2 caprioli e 4 cani ed in particolare nei bovini e in un capriolo si sono trovate al microscopio elettronico crisotilo e/o tremolite in quantità significative. I lavori citati in questa sede suggeriscono quindi il possibile ruolo della pecora, della capra, del bovino e di altre specie domestiche e selvatiche come sentinelle nella valutazione della diffusione ambientale delle fibre asbestiformi. PCB/Insetticidi Per valutare l utilità dell impiego degli animali domestici nella sorveglianza delle esposizioni ambientali Schilling et al. (1988) andarono a determinare le concentrazioni sieriche di PCB (bifenilipoliclorurati) in 9 cani residenti in una ristretta area dell Indiana in cui si erano verificati precedentemente episodi di contaminazione ambientale ed intossica- 413 SETTEMBRE

zione nell uomo. Altri 9 cani residenti in una zona non contaminata della Georgia funsero da controlli. Gli autori scelsero di indagare questi inquinanti per la loro ubiquitarietà, la particolare tendenza a persistere nell ambiente e per l affidabilità della metodica utilizzata per la loro determinazione nei campioni di siero ematico. I risultati evidenziarono concentrazioni di PCB sensibilmente più elevate negli animali esposti (in media 3 ppb) rispetto ai controlli (in media 1.7 ppb) dimostrando che gli animali da compagnia possono essere delle sentinelle affidabili nella valutazione dei rischi di esposizione ambientale dell uomo a PCB. Glickman et al. (1989) condussero uno studio in cani domestici per stimare l esposizione a insetticidi topici e al fumo passivo di sigaretta nell ambiente casalingo. Le informazioni necessarie allo svolgimento dell indagine furono ricavate intervistando i padroni di 59 cani affetti da carcinoma delle cellule di transizione della vescica e di 71 cani affetti da altre patologie croniche. Gli autori riuscirono ad evidenziare una significativa correlazione tra l utilizzo di insetticidi topici e l insorgenza del cancro alla vescica (il rischio era amplificato nei cani obesi), mentre non ottennero risultati positivi per il fumo passivo. Glickman et al. suggerirono quindi di impiegare questo modello per facilitare l individuazione di agenti carcinogeni specifici presenti nei comuni insetticidi usati sugli animali domestici e nell ambiente e misero in luce la necessità di istituire un registro tumori animali per definire la loro incidenza, distribuzione geografica e favorire l identificazione dei rischi ambientali per gli uomini e i loro animali. Backer at al. (2001) hanno di recente condotto uno studio su cani residenti da almeno 4 anni in un area della Nord Carolina vicina ad una discarica di prodotti chimici di varia natura (tra cui DDT, DDE e lindano), mettendoli a confronto con cani residenti in una zona lontana dal sito contaminato: i proprietari degli animali hanno completato un questionario e sono stati prelevati dei campioni di sangue da ciascun animale. Questi campioni sono stati testati per alcuni parametri emato-biochimici standard e soprattutto per i probabili effetti genotossici indotti dagli inquinanti in questione (la frequenza dei micronuclei presenti nei linfociti) e sono state studiate alcune subpopolazioni linfocitarie (CD4+ e CD8+). Gli autori hanno riscontrato una maggiore variabilità nei livelli sierici della fosfatasi alcalina e della alanina-amino transferasi nel gruppo esposto rispetto al gruppo controllo. Inoltre si è osservato un significativo aumento del numero e della frequenza di micronuclei in linfociti binucleati negli animali esposti e si è riscontrata, sempre in questi ultimi, una consistente diminuzione, anche se non statisticamente significativa, del rapporto CD4+/CD8+. È stato quindi proposto quest ultimo parametro come biomarcatore appropriato per la valutazione dell esposizione a pesticidi. Fumo passivo di sigaretta ed altri prodotti della combustione Alcuni studi (Monzeglio, 2004) hanno concluso che il fumo di tabacco può aumentare il rischio umano di contrarre un linfoma non- Hodgkin. Il linfoma è una neoplasia comune nel gatti domestici. Questa patologia viene utilizzata come modello per lo studio del linfoma non-hodgkin nell uomo: infatti per stimare se l esposizione a fumo ambientale domestico aumenti il rischio di linfoma felino medici della University of Massachusetts e veterinari della Tufts University hanno condotto uno studio caso-controllo su 80 gatti con linfoma e 144 controlli con patologie renali diagnosticati tra il 1993 e il 2000. Il rischio relativo di sviluppare un linfoma nei gatti con qualsiasi esposizione a fumo passivo era più che raddoppiato ed aumentava proporzionalmente alla durata di esposizione e alla quantità di fumo inalato. Reif et al. (1992) hanno condotto uno studio per determinare se l esposizione domestica a fumo di sigaretta può essere associata ad un aumentato rischio di cancro ai polmoni nei cani. Sono stati considerati nell indagine tutti i casi di tumore ai polmoni raccolti da due cliniche veterinarie tra il 1985 e il 1987 (70 animali) e, come controlli, dei soggetti con altre forme neoplastiche (106 animali), tenendo conto del numero di fumatori residenti in ogni abitazione, il numero di sigarette fumate e la quantità di tempo trascorso dagli animali in casa. Una debole correlazione è stata trovata per esposizioni al fumo prodotto da un solo fumatore, ma si è notata una significativa diminuzione del rischio di sviluppo del tumore nelle razze a naso corto (più corto è il naso e minore è la capacità di filtrare le sostanze cancerogene che quindi raggiungono più facilmente i polmoni). In un lavoro successivo Reif et al. (1998) hanno valutato il rischio di insorgenza di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali in seguito ad esposizione a fumo passivo di sigaretta dei cani: sono stati considerati 103 casi clinici verificatisi tra il 1986 e il 1990 e si sono messi a confronto con soggetti affetti da altri tipi di neoplasie (378 animali). Come nello studio del 1992 l esposizione al fumo fu valutata considerando il numero di fumatori presenti in ogni nucleo famigliare, la durata dell esposizione e il tempo trascorso in media dagli animali all interno dell abitazione: è stato riscontrato un aumento significativo dell incidenza dei tumori nasali nei cani a naso lungo (maggiore filtrazione delle sostanze cancerogene rispetto al naso corto) esposti al fumo di un fumatore. Questi risultati supportano l associazione tra l esposizione a fumo passivo di sigaretta e il cancro nasale canino giustificando l utilizzazione di questa neoplasia nel cane come evento sentinella per la valutazione del rischio di cancro nell uomo. Anche secondo Bukowski et al. (1998) le neoplasie seno-nasali canine possono rap- SETTEMBRE 414

presentare un valido aiuto nella valutazione del rischio di cancro nell ambiente domestico: in questa indagine però i risultati misero in luce non tanto un associazione con il fumo passivo, ma con la presenza di agenti inquinanti prodotti dagli impianti di riscaldamento a carbone e a cherosene. Metalli Pesanti Considerando che le concentrazioni ematiche normali di piombo nei bambini sono molto simili a quelle riscontrabili in cani sani e che questi valori rispecchiano i livelli di piombo presenti nell ambiente, che i cani e i bambini condividono, Bloom et al. (1976) raccolsero 206 campioni di sangue da cani residenti in città e cani residenti in campagna: i cani di città (probabilmente più esposti alle emissioni dei veicoli a motore) evidenziarono valori sensibilmente più elevati dei cani di campagna (rispettivamente 6.8 µg/100 ml e 4.5 µg/100 ml) dimostrando che gli animali domestici possono fungere da utili sentinelle per la valutazione dell inquinamento ambientale da piombo. Thomas et al. (1975) raccolsero campioni di sangue appartenenti a cani normali residenti in un area suburbana (gruppo controllo), cani residenti in un canile cittadino ed animali residenti in famiglie di basso reddito (abitazioni vecchie con vernici delle pareti, contenenti piombo, che si staccavano). Nel 22% dei 50 cani del canile e nel 15.3% dei 98 cani appartenenti alle famiglie a basso reddito si riscontrarono livelli ematici di piombo in eccesso (> 35 µg/100 ml) e rispettivamente nell 8% e nel 4.1% livelli associati ad intossicazione (> 60 µg/100 ml), mentre nei soggetti controllo i valori risultarono tutti compresi tra 0 e 29 µg/100 ml. Fu inoltre osservato come, analogamente a quanto accade nell uomo, le intossicazioni da piombo fossero più frequenti nei soggetti giovani (cuccioli di età inferiore ad un anno). Recentemente Ghisleni et al. (2004) hanno misurato alcuni marcatori biologici di esposizione a piombo (indicatori di metabolismo eritrocitario e l attività dell enzima _-aminolevulinico acido deidratasi) nel sangue di 20 cani provenienti da 5 differenti tipologie di ambiente, scelti sulla base del grado di urbanizzazione (montagna, campagna, città, zona industrializzata e controlli, tenuti in laboratorio e non soggetti a nessun protocollo sperimentale). I cani provenienti dalla zona industrializzata hanno evidenziato concentrazioni ematiche di piombo significativamente più alte rispetto ai controlli, a conferma dell importante ruolo delle emissioni di piombo nell inquinamento ambientale e del possibile ruolo dei cani come sentinelle dell esposizione al piombo in queste aree. Campi elettromagnetici a bassa frequenza (50-60 Hz) Numerose indagini epidemiologiche suggeriscono l esistenza di un associazione tra esposizione residenziale a campi elettromagnetici a bassa frequenza e l insorgenza di leucemie infantili (I.A.R.C. 2002), ma la carenza di studi sperimentali a riguardo, non consente di dimostrare un nesso di causalità. In questo contesto gli animali possono svolgere un ruolo molto importante nella valutazione indiretta dei rischi biologici per l uomo. Reif et al. hanno ipotizzato in passato che potesse esistere un associazione tra campi magnetici a bassa frequenza e neoplasie linfoidi nei cani che vivono in un ambiente residenziale. Il linfoma canino è una neoplasia ematopoietica comune nei cani e poiché presenta delle caratteristiche in comune con le leucemie umane e il linfoma non-hodgkin, gli effetti delle esposizioni ambientali sono stati valutati in molti studi epidemiologici utilizzando questo modello animale delle neoplasie linfoidi. Sono stati considerati 96 casi di linfoma canino e 137 altre forme tumorali (controlli) diagnosticate tra il 1987 e il 1990 e l intensità di campo magnetico è stata misurata al momento della diagnosi sia internamente che esternamente alle abitazioni, a condizione che gli animali vivessero da almeno un anno nei luoghi in questione. Si è evidenziato come il rischio di sviluppare il linfoma aumentasse per quei soggetti che trascorrevano almeno il 25% della giornata all esterno e tra questi fossero più interessati gli animali esposti ad intensità di campo di 0.065 mt- 0.2 mt rispetto a quelli esposti ad intensità inferiori a 0.06 mt. Bronzo et al (2000) al fine di osservare le eventuali interferenze dovute all inquinamento elettromagnetico su alcuni parametri ematici nei cavalli sportivi hanno considerato 10 cavalli trottatori, divisi in due gruppi, uno stabulato sotto un elettrodotto di media differenza di potenziale (132 kw), un altro (gruppo controllo) a 20 metri dalla linea elettrica. Sono stati effettuati 8 prelievi ematici nell arco di 6 mesi, sui quali sono stati determinati i seguenti parametri: emocromocitometrico, formula leucocitara, attività fagocitaria dei polimorfonucleati neutrofili e concentrazione sierica di Ca_+, Mg_+, Na+, Zn_+: i risultati hanno evidenziato una diminuzione della percentuale dei linfociti, un aumento della percentuale dei polimorfonucleati e una diminuzione della concentrazione del Ca_+ negli animali esposti rispetto ai controlli. Stelletta et al. (2004/b) hanno effettuato uno studio sulle alterazioni della risposta immunitaria cellulo-mediata di vacche da latte in seguito ad esposizione cronica (nei sette mesi precedenti la prova) ad onde elettromagnetiche a bassa frequenza generate da un elettrodotto ad alta differenza di potenziale (380 kw). Sono stati presi in considerazione 4 animali esposti ad un campo magnetico di 1.98-3.28 _T e 4 animali (controlli) stabulati lontano dalla linea elettrica e sono stati effettuati 8 prelievi ematici sequenziali ad intervalli di 3 ore, misurando alcuni parametri ematologici ed immunologici, tra cui i leucociti totali,i neutrofili, i linfociti, gli eosinofili, le subpopolazioni leucocitarie CD45R, CD6, CD4, CD8, CD21,CD11B e il rapporto CD4/CD8. È stato 415 SETTEMBRE

individuato un differente valore del rapporto CD4/CD8 (0.84 e 2.14 rispettivamente negli esposti e nei controlli) per un diverso livello di CD8 (1,35 vs 0,50 x10.e3/ micron rispettivamente negli esposti e nei controlli) e quindi si è ipotizzato che l esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza possa essere responsabile di alterazioni delle variazioni temporali dei parametri ematologici ed immunologici nelle vacche da latte. Conclusioni In conclusione gli animali domestici rappresentano un eccellente strumento di valutazione dei potenziali effetti degli inquinanti ambientali sulla salute pubblica. Gli animali sentinella infatti vivono in stretta associazione con gli uomini condividendone lo stesso ambiente, col vantaggio non trascurabile di essere esenti da esposizioni occupazionali o dovute al particolare stile di vita dei proprietari. Gli animali inoltre hanno vite più brevi e conseguentemente i periodi di latenza delle patologie di origine ambientale cui sono soggetti sono sensibilmente inferiori, permettendo, con le dovute cautele, di estrapolare i risultati all uomo e di attuare tutti gli interventi preventivi che si rendono di volta in volta necessari. Si ricorda poi l utilità della registrazione sistematica dei tumori animali di origine ambientale come valido supporto per l epidemiologia ambientale in medicina umana. Inoltre l individuazione negli animali sentinella di biomarcatori affidabili si rivela estremamente importante non solo come punto di partenza che possa giustificare esami più approfonditi delle potenziali esposizioni ambientali della corrispondente comunità umana, ma rappresenta anche un utile strumento di valutazione del grado di benessere degli animali domestici. Ulteriori ricerche saranno comunque necessarie per valutare la sensibilità e l attendibilità dell utilizzo dei biomarcatori in popolazioni di animali sentinella esposte a contaminanti ambientali al fine di identificare e predire i rischi per salute umana. La bibliografia è disponibile sul sito www.ilprogressovetrinario.it