Pista ciclabile MODENA VIGNOLA

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Pista ciclabile MODENA VIGNOLA Fino ai primi anni del 1960 una rete ferroviaria a scartamento ridotto collegava i vari centri della provincia al capoluogo Modena, dalla città partiva il treno che andava a Vignola mentre verso nord giungeva a Mirandola e con diramazione nei pressi di Medolla arrivava a Finale Emilia attraversando i paesi di San Felice e Massa Finalese. Poi scelte non proprio oculate determinarono l'abbandono e lo smantellamento delle menzionate linee ferroviarie provinciali. Nei primi anni del 1990 la provincia di Modena ha cominciato il recupero di queste linee dimesse realizzando percorsi ciclabili molto suggestivi che attraversano le campagne modenesi e le vecchie stazioni ferroviarie memori del tempo che fu. LUOGO DI PARTENZA: Modena Teatro Storchi in Largo Garibaldi LUOGO DI ARRIVO: Vignola Piazza dei Contrari (Castello) TIPOLOGIA DI PERCORSO: strade urbane e piste ciclabili interamente asfaltate DISTANZE CHILOMETRICHE DA MODENA: Vaciglio km 4,111 San Donnino km 8,560 Castelnuovo Rangone (ex stazione del treno) km 13,360 Sant'Eusebio (paese in miniatura) km 17,500 Spilamberto km 19,008 Vignola (tangenziale) km 25,300 Vignola (piazza dei Contrari) km 27,211 IL NOSTRO PERCORSO Partendo da San Donnino si passa sotto l'autostrada del Sole e si prosegue verso Castelnuovo Rangone (patria della lavorazione della carne suina, c'è anche il monumento al maiale) per arrivare alla ex stazione del treno, ora ristrutturata mantenendone inalterate le caratteristiche originali. Si prosegue per Spilamberto (famosa per le manifestazioni riguardanti nocino e aceto balsamico), passando sopra un vecchio ponte ferroviario. Successivamente si arriva in località Sant'Eusebio, dove presso un ex casello ferroviario è possibile ammirare un paese in miniatura (Spilamberto). Se si vuole vedere crescere nel tempo il paesino in miniatura si può lasciare un'offerta nell'attigua cassettina onde contribuire alle spese di realizzazione. Si prosegue sulla ciclabile entrando a Spilamberto. Poco dopo si arriva ad un incrocio con viale Italia e ci si dirige fuori dall'abitato. Questo tratto è interamente illuminato da pannelli foto voltaici. Si arriva a Vignola (famosa per le sue ciliege e per lo splendore dei suoi ciliegi in fiore) e la ciclabile termina a fianco della stazione del treno di Vignola, che la collega a Bologna, e da qui ci si dirige verso il Castello, percorrendo una pista il cui fondo è in cubetti di porfido.

VIGNOLA Il nome Vignola deriva dal latino vineola, piccola vigna, ad indicare la coltivazione della vite, già in epoca romana largamente praticata sui terreni alluvionali del Panaro e ancora oggi la pianta della vite compare nel gonfalone della città. La prima menzione di questa località si trova in un documento dell'abbazia di Nonantola datato 826. A seguito di una permuta l'abate del Monastero di Nonantola otteneva la basilica S.Maria in Tortiliano e il in loco viniole ad saxo dove successivamente venne edificato il castello. Nel medioevo fu a lungo contesa fra Modena e Bologna e causò numerosi scontri tra le opposte fazioni dei guelfi e dei ghibellini e il comune di Bologna. Della crisi politica seppe approfittare Gherardo Grassoni che instaurò a Vignola la signoria della sua famiglia, affermando un dominio che durò quasi un secolo, fino a quando gli Estensi si riappropriarono del feudo e con la nomina di un podestà, iniziarono ad esercitare la loro signoria diretta (1399). Nel 1401 Niccolò III d'este donò ad Uguccione dei Contrari di Ferrara il castello e le sue adiacenza e il feudo di Vignola divenne contea con sedici comunità. La Signoria, che durò quasi due secoli, coincise con il periodo di massima prosperità del paese. Con la morte di Ercole Contrari nel 1575, per mancanza di eredi, il marchesato di Vignola tornò agli Este che, su richiesta del Papa Gregorio XIII, lo cedettero a Giacomo Boncompagni, suo figlio naturale. La conquista napoleonica fece decadere definitivamente il dominio della famiglia Boncompagni e Vignola, in virtù della nuova costituzione repubblicana, divenne il capoluogo di Cantone del Dipartimento del Panaro. Con la Restaurazione (1814) Vignola entrò a far parte dei domini del duca di Modena Francesco IV d'austria-este, di cui subì il governo autoritario e dispotico; diversi vignolesi parteciparono ai moti del 1831, alle guerre d'indipendenza ed alle imprese garibaldine fino al compimento dell'unità Nazionale. A tutt'oggi, anche se il tessuto economico locale è costituito da piccole e medie imprese che spaziano in diversi comparti economici, la vocazione agricola è molto radicata sul territorio, tanto che Vignola è conosciuta in tutta Europa per la sua produzione di ciliege. Prima fra tutte la prelibata e nota ciliegia mora di Vignola e il durone da gustare appena colte o conservare sotto spirito. Da non dimenticare, la Torta Barozzi, così denominata in omaggio al celebre architetto Jacopo Barozzi, è uno squisito dolce al caffè creato a Vignola un secolo fa e prodotto ancora in modo artigianale. La ricetta vera è tutt'ora segreta e custodita gelosamente dalla Particceria Gollini di Vignola. Vignola è stata insignita del titolo di Città dall'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per le suo caratteristiche storiche, sociali ed economiche.

LA ROCCA Il profilo della città di Vignola si identifica con la sua celebre Rocca, uno degli esempi più interessanti di architettura fortificata della Regione. E', forse, per tutti i vignolesi, il simbolo più importante ed amato di identità geografica e culturale. Ad essa vengono associati i più significativi momenti storici della Valle del Panaro: dai tempi in cui, roccaforte, fungeva da bastione e da punto di aggregazione per gli abitanti, alla sua successiva trasformazione in elegante residenza quattrocentesca, polo d'attrazione per artisti, musici, letterati, politici. La storia di Vignola e quella della Rocca procedono di pari passo, dando luogo ad una perfetta osmosi tra l'edificio castellano e il tessuto urbano circostante. Ciò è avvenuto nel corso di un lunghissimo arco di tempo che va dalle lotte dei feudatari nei secoli medievali alla seconda guerra mondiale, quando le possenti ed antiche mura sembravano il più sicuro rifugio dagli orrori del conflitto. Non si conosce, invece, con certezza l'anno di fondazione della Rocca, ma si può ragionevolmente supporre che sia stata edificata negli anni successivi alla fine della dinastia Carolingia per fronteggiare le invasioni degli Ungari, quando a difesa dei nuclei abitati vennero innalzate torri e recinti fortificati. La tradizione attribuisce alla stessa Abbazia nonantolana l'erezione di questo primo fortilizio. Un documento risalente al 936 attesta che in quell'anno Vignola era sottoposta al dominio del Vescovo di Modena. Un'altra testimonianza documentale prova l'esistenza della Rocca almeno a partire dal 1178. Sino ai primi anni del Quattrocento l'edificio ebbe funzioni militari. Nel 1401 il nobile ferrarese Uguccione Contrari ricevette in dono dal signore di Ferrara Nicolò III d'este il feudo vignolese. Nei due decenni successivi la Rocca mutò profondamente la sua funzione, trasformandosi nella sontuosa dimora riccamente affrescata della famiglia Contrari, abituata agli agi e alla magnificenza della corte ferrarese. Estinta questa dinastia, con la morte violenta di Ercole Contrari il giovane, nel 1577 la Rocca passò ai Boncompagni, che affidarono l'amministrazione del feudo a un governatore, visitando Vignola sporadicamente. Nel corso dell'ottocento, all'interno dell'edificio castellano hanno trovato sede le istituzioni politiche e sociali della città: il Municipio, la Biblioteca, e la Cassa di Risparmio di Vignola, che ne ha acquisito la proprietà nel 1965. Un costante ed attento lavoro di restauro ha consentito in questi ultimi decenni di recuperare, sia a livello architettonico che pittorico, l'intera struttura. Grazie alle ricerche storiche condotte è stato inoltre possibile risalire al significato complessivo degli affreschi, in gran parte databili al XV secolo, che decorano le sale del piano terra (sala dei Leoni e dei Leopardi, sala delle Colombe e sala degli Anelli) e alcuni locali del primo piano (sala della Dame, sala degli Stemmi e sala dei Tronchi d'albero). Le imprese e gli stemmi che campeggiano sulle pareti tramandano la storia della famiglia Contrari, evidenziando la sua stretta alleanza con gli Estensi. Nella Cappella della Rocca si può ammirare il prezioso ciclo di affreschi tardogotici

commissionato da Uguccione Contrari, anch'esso recentemente restaurato. I dipinti, raffiguranti le Storie di Cristo, sono attribuiti al Maestro di Vignola, personalità di spicco dell'arte emiliana dei primi decenni del Quattrocento, di cui per ora non si conosce il nome. E' molto probabile che il committente, amico e consigliere di Nicolò III d'este, si sia rivolto a un membro della cerchia di artisti che gravitava attorno alla corte estense nei primi tre decenni del XV secolo. Il Maestro di Vignola riesce in questa sua opera a sintetizzare in modo originale i caratteri della cultura figurativa estense, che risentiva di influssi emiliani, veneti, lombardi, e del portato dell'arte di Giovanni da Modena e di Gentile da Fabriano, nonché degli stilemi della miniatura di ambito ferrarese. Altro splendido ambiente affrescato è la sala del Padiglione, che deve il nome alla rappresentazione di una grande tenda, con i lembi aperti e finemente decorata, davanti alla quale stanno due personaggi che la critica ha voluto identificare in Battistina Campofregoso e Ambrogio Contrari, sposi nel 1461. Proprio la scena del loro matrimonio è rappresentata all'interno di mura merlate che lasciano immaginare la struttura di un giardino pensile, a melograni, tralci di fiori e foglie, oltre le quali appaiono molteplici varietà di piante da ornamento. Dopo la salita al cassero, dal quale si gode un splendida vista sulla piazza antistante la Rocca, dominata da Palazzo Boncompagni e sull'antico borgo di Castelvecchio, è possibile visitare gli alloggi degli armigeri, poi trasformati in prigioni, e i camminamenti di ronda che collegano tra loro le torri denominate: di Nonantola, delle Donne e del Pennello. Nei sotterranei, dalle antiche cantine sono state ricavate due sale convegni in cui si svolgono annualmente molteplici eventi: la sala dei Contrari, idonea ad ospitare incontri, concerti e spettacoli teatrali, e la sala Grassoni, più indicata ad accogliere corsi e riunioni di carattere tecnico. L'accostamento tra valori storico-artistici riproposti nella loro forma più elevata e il restauro funzionale hanno contribuito, valorizzandolo, a rendere l'antico monumento, fruibile in tutti quei momenti in cui la città vuole presentare all'esterno la propria immagine più qualificata.

IL PALAZZO CONTRARI BONCOMPAGNI Fu costruito verso il 1560 per volere del conte Ercole il Vecchio, quale residenza degna del prestigio e della ricchezza dei Contrari, signori di Vignola (che probabilmente erano più facoltosi degli stessi Estensi). La fabbrica del Palazzo fu affidata da Ercole al magistro muratore Bartolomeo Tristano di Ferrara, all'epoca operante per il duca di Modena Alfonso II, ma la tradizione (da alcuni studiosi contestata) ha da sempre attribuito al grande architetto vignolese Jacopo Barozzi (detto il Vignola ) il progetto del prestigioso palazzo, che in effetti presenta molte caratteristiche comuni anche ad altri edifici sicuramente attribuiti a lui. E' un tipico edificio di epoca rinascimentale di pianta leggermente rettangolare, quasi quadrata. A tale corpo di fabbrica, con portale a bugnato, sono annesse due ali laterali di forma rettangolare, che racchiudono un portico archivoltato. LA SCALA A CHIOCCIOLA Nell'ala sporgente a sud-ovest è presente l'unico collegamento verticale dell'edificio: la scala elicoidale (detta popolarmente a chiocciola ) che è sicuramente l'elemento di maggior pregio di tutto il palazzo. La pianta ha forma ellittica, molto simile a quella circolare: la misura del diametro maggiore, infatti (m 5,58) è poco superiore a quella del diametro minore (m 5,10). La scala si svolge in una spirale armoniosa costituita da 5 cicli, di cui uno collega il piano terra al seminterrato, due il piano terra al primo piano e i rimanenti due il primo piano al secondo. Calcolando anche quello del seminterrato, da cui ha origine la scala, ci sono complessivamente 4 pianerottoli, i quali, però, non interrompono visivamente il soffitto elicoidale della rampa che segue l'andamento continuo della spirale. Ad ogni pianerottolo corrisponde un'apertura: nel seminterrato è costituita da un arco, a piano terra si identifica con la porta d'ingresso e nei rimanenti con altrettante porte che conducono alle stanze del palazzo. Le finestre, poste ad ogni emiciclo della scala, sono complessivamente 4, considerando anche la porta-finestra per accedere alla terrazza, e si affacciano sul cortile posteriore. La scala è costituita da 106 alzate per un altezza totale di 12,33 m., le dimensioni dei gradini variano sia in lunghezza che in larghezza; anche le alzate variano sensibilmente l'una dall'altra, raggiungendo una differenza massima dell'ordine di 1-2 cm. Il parapetto si conclude con un corrimano in legno, sul quale sono fissate, a determinate distanze l'una dall'altra, delle placche di rame. Quest'ultimo intervento risale agli anni '50 e all'epoca univa lo scopo decorativo ad uno puramente funzionale: evitare che i ragazzini che frequentavano i corsi di catechismo nelle sale superiori scendessero a cavalcioni del parapetto. L'aspetto odierno della scala non è quello originario: nel '500 le pareti erano semplicemente intonacate e tinteggiate di bianco; poi nel 1880, il vano della scala venne decorato, insieme a molte altre sale dell'edificio, dai pittori modenesi Fermo Forti e Angelo Forghieri, per iniziativa del principe Boncompagni, proprietario del palazzo (fino al 1796 la famiglia Boncompagni resse il Marchesato di Vignola). Intorno al 1940 le pareti e il parapetto furono nuovamenti dipinti di bianco; restarono decorati solamente il soffitto del vano e della rampa. E così è stato fino a pochi anni fa, quando con l'ultimo restauro sono state riportate alla luce le decorazioni del 1880.