Conference: La lotta contro la discriminazione nella pratica quotidiana: La direttiva Razza e la direttiva Lavoro



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La discriminazione fondata sulla religione Studio analitico sull esclusione fondata sulla religione Conference: La lotta contro la discriminazione nella pratica quotidiana: La direttiva Razza e la direttiva Lavoro Accademia del Diritto Europeo ERA, TREVIRI, Germania 5-7 marzo 2004 Professor Rikki Holtmaat Cattedra di diritto europeo della parità Università di Leiden, Paesi Bassi A. La lotta contro la discriminazione fondata sul credo religioso e sulle convinzioni personali Recepimento/ effetto diretto La discriminazione fondata sul credo religioso o sulle convinzioni personali è vietata ai sensi della Direttiva che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione (Direttiva 2000/78/CE). Il termine per il recepimento di tale direttiva è scaduto il 2 dicembre 2003. Ciò significa che ogni Stato membro dell UE oggi deve essere dotato di una normativa nazionale che proibisce questa tipologia di discriminazione. Se l ordinamento nazionale non è conforme alla direttiva, le norme di quest ultima possono esercitare un efficacia diretta (verticale) all interno degli Stati membri se la Corte di Giustizia Europea (CGE) le interpreta in tal senso. A proposito delle direttive esistenti in materia di parità tra i sessi, la CGE ha confermato a più riprese che le norme relative alla parità di trattamento possono effettivamente avere immediata applicazione. È pertanto prevedibile che la CGE in futuro decida che anche la maggior parte delle disposizioni della Direttiva per la parità in campo occupazionale possono avere efficacia diretta. I criteri applicabili al fine di tale efficacia presuppongono che una disposizione sia chiara, precisa e

sufficientemente incondizionata da poter essere invocata in giudizio. (C-63/99: Gloszczuk.) La definizione di religione e di convinzione personale La Direttiva stessa non fornisce una definizione del significato di religione o di convinzione personale. Non si trova nulla a proposito di tali termini neppure nel Preambolo della direttiva. Si apre così il dibattito giuridico su cosa si debba intendere per religione o per convinzione personale. Per la Corte Europea dei Diritti dell Uomo (CEDU), il concetto di religione di cui all articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo dovrebbe essere interpretata in senso lato. Tale articolo tutela anche il diritto di non avere una religione! (vedi CEDU 18 Febbraio 1999, Buscarini e altri contro San Marino, nr. 24645/94). Ma è una convinzione personale da rispettare il convincimento di una persona che ogni giovedì sia una giornata sacra in cui gli spiriti inviano un messaggio sulla terra? Nei Paesi Bassi abbiamo maturato una certa esperienza in materia di divieto di discriminazione fondata sulla religione e sui convincimenti personali, da cui possiamo trarre alcuni orientamenti. Secondo la Commissione olandese per la Parità di trattamento è un convincimento ai sensi della Legge olandese sulla Parità di trattamento solo un costrutto coerente di idee relativo ad opinioni condivise e fondamentali a proposito dell esistenza umana. A tal proposito il legislatore olandese e la Commissione hanno dichiarato che la tutela contro la discriminazione basata su questo motivo non riguarda solo il fatto che una persona nutra (interiormente) una certa convinzione religiosa, ma si riferisce anche al suo comportamento visibile (esteriore) ispirato da o basato su questa convinzione. Ciò induce a chiedersi quale tipo di comportamento sia considerato essenziale per il credo religioso di una persona. È necessario che tutti i membri di una determinata comunità religiosa condividano tale pratica? Esempio: alcune donne islamiche sostengono che indossare il velo è una componente essenziale del loro credo islamico, altre affermano che non lo è.

Non possiamo far altro che attendere per vedere come interpreterà i concetti di religione e di convinzione personale la CGE. Le norme La Direttiva 2000/78/CE vieta la discriminazione diretta e indiretta e le molestie fondate sulla religione e la convinzione personale, nonché l ordine di commettere questo tipo di discriminazioni. Discriminazione diretta Sussiste discriminazione diretta quando un differenza di trattamento si fonda direttamente sul fatto che una persona ha una determinata religione o convinzione personale (articolo 2, par. 2a della Direttiva). Esempio: un datore di lavoro rifiuta di assumere un candidato perché questi ha dichiarato di essere cristiano e il datore di lavoro (un macellaio ebreo) vuole dare lavoro solo a persone ebree. In caso di discriminazione diretta si possono produrre solo le giustificazioni menzionate nella Direttiva (vedi più avanti). Discriminazione indiretta Sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi altrimenti neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una particolare religione o convinzione personale (articlolo 2, par. 2b della Direttiva). Questo comporta una duplice verifica: 1. Si è in presenza di un (a) impatto ineguale di (b) alcune disposizioni, criteri o prassi? 2. Se ne può dare una giustificazione oggettiva? Ad 1 (a): come valutare se così è? (vedi sopra: soluzioni diverse!) Come provarlo? Cosa significa particolare (quando marcata deve essere la differenza)? Evidenza statistica? O notorietà pubblica? Bisognerà vedere quale tipo di prova richiederà la CGE. Ad 1 (b) disposizioni, criteri e prassi: è una formulazione molto ampia. Dovrà essere presentata una causa qualsivoglia della differenza di effetto sui rispettivi gruppi e

tale causa dovrà essere in qualche modo collegata con le azioni (o le omissioni) dell accusato. Ad 2. Se sussiste un caso di discriminazione indiretta prima facie, si deve ancora accertare che tale disposizione, criterio o prassi non sia oggettivamente giustificato. (Vedi più avanti) Esempio: Una scuola ha decretato norme che stabiliscono l abbigliamento degli alunni: tutti devono indossare la stessa uniforme blu e grigia. È stato inoltre deciso che gli alunni non possono portare in testa berretti, veli o altro. Gli alunni che non seguono tali norme di abbigliamento saranno espulsi dalla scuola. Queste norme possono rivelarsi indirettamente discriminatorie nei confronti degli alunni che, a motivo del loro credo religioso, devono indossare il velo se si prova che questo codice di abbigliamento avrà un impatto sproporzionatamente negativo sui diritti di tali alunni. In tale eventualità di discriminazione indiretta, la direzione della scuola può addurre un argomentazione a giustificazione della discriminazione indiretta (vedi più avanti). Molestie Sussistono molestie quando è adottato un comportamento indesiderato avente lo scopo o l effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (articolo 2, par. 3 della Direttiva). Esempio: un lavoratore sikh che indossa un turbante deve subire costantemente le battute dei colleghi e il datore di lavoro rifiuta di intervenire per contrastare tale pratica. Va tenuto presente che la Direttiva non prevede alcuna giustificazione per i casi di molestie assodati. Ordine di discriminare Sussiste un ordine di discriminare se il datore di lavoro dà a persone che lavorano sotto la sua sorveglianza o con cui stabilisce contratti l ordine di effettuare discriminazioni dirette o indirette fondate sulla religione. Esempio: un datore di lavoro può dare a un agenzia di lavoro temporaneo l ordine di non inviargli personale interinale di una certa religione. Non è appurato in che misura un ordine di discriminare sia giustificabile. Alcuni commentatori danno per scontato che in questo

caso si applichi il regime delle giustificazioni specifico del comportamento ordinato - discriminazione diretta o indiretta o molestie. Giustificazioni possibili per discriminazioni fondate sulla religione Ai vari motivi di non-discriminazione previsti dalla Direttiva 2000/78/CE si applica una clausola derogatoria generale. L articolo 2 par. 5 afferma che la direttiva lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui. Esempio: una determinate chiesa costuma sacrificare animali vivi alla sua divinità bruciandoli nel bosco nel cuore della notte. Il governo può proibire queste pratiche in un periodo di siccità e di grande rischio di incendio dei boschi. Il governo può inoltre dichiarare che bruciare vivi degli animali viola le norme penali nazionali che vietano il trattamento crudele degli animali. Discriminazione diretta Anche in caso di discriminazione diretta fondata sulla religione e sulle convinzioni personali il convenuto può presentare un certo numero (limitato) di giustificazioni specifiche ammissibili. Ai sensi della Direttiva 2000/78/CE esse sono: - requisiti determinanti per lo svolgimento dell attività lavorativa collegati alla professione di una religione o di una convinzione specifica (articolo 4, par. 1) - attività lavorativa all interno di chiese o di altre organizzazioni pubbliche e private basate su un ethos religioso (articolo 4, par. 3) - programmi di azioni positive (articolo 7, par. 1) - programmi specifici di azioni positive nell Irlanda del Nord (servizi di polizia e personale docente) (articolo 15). Quanto ai requisiti occupazionali, il Preambolo della Direttiva stabilisce chiaramente che il loro uso come giustificazione di trattamenti ineguali dovrebbe essere molto restrittivo (Preambolo, par. 23). A questo proposito troviamo due disposizioni: la loro finalità deve essere legittima (vale a dire non discriminatoria di per sé) e il requisito deve essere proporzionato. L esempio della macelleria ebrea può forse costituire un

esempio di requisito occupazionale giustificabile che motiva l assunzione di un macellaio professante la fede ebraica (a mio modesto parere il macellaio non rientra nel campo d applicazione del par. 2!). Quanto alle giustificazioni per le chiese e le altre organizzazioni religiose, tale clausola derogatoria della direttiva è molto controversa. È legittimo prevedere che essa sarà invocata principalmente in caso di discriminazione (presunta) fondata su uno degli altri motivi di discriminazione (tale aspetto sarà discusso più avanti, nella sezione B del presente articolo). Ma è prevedibile che tale discriminazione possa svolgere un suo ruolo anche nei casi di discriminazione fondata sulla religione. Esempio: una scuola cattolica vuole assumere un nuovo insegnante di educazione fisica e, nell annuncio di lavoro, afferma che possono aspirare al posto solo candidati cattolici. Tra i commentatori del diritto europeo contro la discriminazione è in corso un ampio dibattito sull esatta portata di tale disposizione. Nel workshop che si terrà nel quadro di questa Conferenza cercheremo di precisare meglio i limiti di questa argomentazione giustificativa. Per assicurare nella pratica la completa parità tra le persone di un gruppo religioso e per compensare gli svantaggi che tale gruppo subisce, talvolta sono necessari programmi di azioni positive (si pensi, ad esempio, all esempio dell Irlanda del Nord). I fedeli di tale religione beneficeranno, cioè, di un determinato trattamento preferenziale per superare gli effetti di discriminazioni, passate o presenti, da essi subite. Indubbiamente tale misura è ammissibile solo fintantoché il gruppo versa effettivamente in una posizione di svantaggio. È prevedibile che la CGE interpreti tale clausola in termini molto restrittivi in quanto ogni azione positiva a vantaggio di un determinato gruppo religioso comporterebbe automaticamente che fedeli di altre religioni o persone senza alcuna religione non beneficino degli stessi diritti. Essi risulterebbero quindi (teoricamente) discriminati. Alcuni orientamenti generali a proposito delle condizioni necessarie per l ammissibilità dei programmi di azioni positive sono stati delineati dalla Corte di Giustizia nella sua giurisprudenza in materia di parità tra i sessi (ad es. Kalanke, C-450/93 e Abrahamson, C-407/98.)

La Direttiva introduce un eccezione specifica per l Irlanda del Nord, stabilendo come condizione esplicita che i programmi siano stati autorizzati dalla legislazione nazionale. Discriminazione indiretta In caso di discriminazione indiretta è possibile presentare giustificazioni oggettive. Ai sensi dell articolo 2, par. 2b, comma i, ciò significa che deve sussistere una finalità legittima e che i mezzi impiegati per il suo conseguimento devono essere appropriati e necessari. Nella sua giurisprudenza in materia di discriminazione fondata sul sesso, la CGE ha fornito indicazioni piuttosto concrete sulla definizione di finalità legittima e sui criteri di valutazione dell appropriatezza e della necessità dei mezzi impiegati (vedi ad es. Bilka, C.- 170/84 e Nimz, C.- 184/89.) La CGE descrive succintamente l esame da svolgere per appurare se tali giustificazioni costituiscono effettivamente una scusa per il fatto che alcune religioni o convinzioni risultano de facto svantaggiate da una disposizione, criterio o prassi formalmente neutri. Tale esame è costituito dalle seguenti fasi: 1. Il convenuto deve presentare la finalità della disposizione, criterio o pratica in questione e deve provare a) che tale obiettivo corrisponde a un esigenza reale dell azienda o coincide con una finalità necessaria della politica sociale di uno Stato membro (vedi ad es. Bilka, C. 170/84 e Nimz, C.- 184/89); b) che tale obiettivo, di per sé, non è in alcun modo collegabile ad una discriminazione fondata sulla religione o la convinzione personale. 2. Il convenuto deve provare che i mezzi (*) per il perseguimento della finalità sono appropriati e necessari, vale a dire a) che la finalità non potrebbe essere perseguita con altri mezzi (meno dannosi) - necessari b) che i mezzi sono proporzionati alla finalità e consentono effettivamente di realizzarla - appropriati (*) tali mezzi sono le disposizioni, i criteri o le prassi contestate.

Nel caso della scuola con norme di abbigliamento cosiddette neutrali per i propri alunni, ad esempio, si dovrebbe innanzitutto stabilire se, per effetto dei requisiti fissati, gli alunni di determinate religioni non sono ammessi alla scuola (vedi sopra). Si dovrà poi stabilire se sussiste una giustificazione oggettiva che possa legittimare la pretesa discriminazione, la finalità della codificazione dei requisiti di abbigliamento deve cioè essere scevra di qualsiasi discriminazione. Se la direzione della scuola ammette che il codice di abbigliamento mira a non permettere l accesso alla scuola di alunni musulmani, la finalità non è legittima! Altre possibili finalità, di per sé legittime, potrebbero essere la prevenzione di una concorrenza tra gli alunni o la prevenzione di un abbigliamento indecente o pericoloso. È poi necessario stabilire se la richiesta di indossare un uniforme scolastica è adeguata e necessaria al raggiungimento della specifica finalità addotta. (Non esaminerò questioni di natura più tecnica, come il requisito dell evidenza statistica della discriminazione indiretta o l onere della prova. Suppongo che tali aspetti saranno affrontate in altri momenti di questa conferenza.) B. La giustificazione di diverse forme di discriminazione tramite la libertà di religione o l autonomia delle chiese In caso di discriminazione diretta o indiretta fondata su razza/etnia, handicap, età o tendenza sessuale è possibile presentare una giustificazione basata sulla religione o sulla convinzione personale (vedi articolo 4 par. 2 della Direttiva 2000/78/EC). Sebbene tale disposizione possa essere invocata, a rigor di termini, esclusivamente per giustificare una differenza di trattamento fondata sulla religione o la convinzione personale, il suo effetto può anche essere quello di giustificare una differenza di trattamento basata su uno degli altri motivi citati all articolo 1 della Direttiva. Il legislatore europeo ha cercato di prevenire che ciò avvenga decretando esplicitamente, all articolo 4 par. 2, che tale disposizione non può giustificare una discriminazione basata su altri motivi. Malgrado ciò, numerosi commentatori hanno espresso il timore che le chiese o le organizzazioni religiose possano appellarsi a tale disposizione per giustificare la discriminazione, in special modo fondata sul sesso e la tendenza sessuale.

Di conseguenza, un organizzazione può affermare di non voler assumere un omosessuale perché questo sarebbe contrario alla sua etica e può farlo chiedendo che ogni suo dipendente dichiari apertamente di essere contrario all omosessualità (dichiarazione, questa, che risulterebbe offensiva per gli omosessuali). Con questa clausola della Direttiva siamo entrati nella complessa materia di conflitto tra il diritto a non essere discriminati da un lato e il diritto costituzionale della libertà di religione dei singoli e delle organizzazioni dall altro. Questo sarà uno dei temi da tenere esaminando il caso specifico a cui sarà dedicato il prossimo workshop.