Il modello della PSOA per l orientamento

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Transcript:

Il modello della PSOA per l orientamento Il modello PSOA applica l analisi psicoanalitica al mondo del fare, del lavoro collegandoli alla dimensione degli affetti. E una teoria, un metodo, una tecnica come diceva L.Pagliarani che pone l attenzione al nesso integrante individuo-copia-società. SINGOLARE (Io, individuo) PLURALE (Altri, Gruppo ) AMARE emozioni affetti sentimenti FARE azioni lavoro progetto GENITUS (territorio del PUER, della condizione di FIGLIO) FABER (territorio del ruolo, dell'individuo singolo operante) 1ª 2ª 3ª 4ª GLOBUS (territorio del gruppo, di ogni dimensione e natura ) OFFICINA (territorio dell'or ganizzazione, del sociale, del gruppo co-operante) La finestra che rappresenta tale modello è suddivisa in quattro quadranti che rinviano alle interconnessioni tra individuo al singolare e al plurale con il mondo degli affetti e il mondo del fare. Genitus e Globus rinviano alla condizione del mondo degli affetti, delle emozioni e che trovano il loro luogo di indagine nelle dimensioni dell analisi individuale e di gruppo. Faber e Officina evidenziano il mondo dell operatività, del fare, del produrre e trovano gli strumenti d indagine nella consulenza la ruolo (counseling individuale) e nell intervento organizzativo. La finestra mette in particolare evidenza la connessione tra questi mondi e gli scambi continui che tra questi si realizzano, a voler sottolineare che non è possibile effettuare nessuna indagine nei diversi contesti senza in qualche modo prendere in considerazione ciò che emerge dalle altre dimensioni. Due concetti sono fondamentali per cogliere gli obiettivi di questa tipo di counseling: Il primo è la mancanza come una condizione connaturata dell uomo che per sua natura nasce immaturo (condizione di neotenia) e considerata quale evento critico. Da un vertice esclusivamente psicologico essa è ambivalentemente sentita come abisso e come opportunità di sviluppo. Mancanza intesa quindi non solo come bisogno, incapacità, carenza, ma bensì come momento di possibilità, di potenzialità e di progettualità. L.Pagliarani sostiene la parola decisiva per me è la parola mancanza la mancanza può essere il grembo da cui nasce quello che prima non era mai stato visto; la mancanza può essere l abisso, il buio, lo smarrimento. Lo stato di mancanza è importante perché è all origine della nostra pazzia o della nostra intelligenza, del nostro riuscire o del nostro fallire, del crollo, del naufragio o del successo della propria esistenza [L. Pagliarani, (1985, 2003), Il coraggio di Venere, Cortina, Milano]. Balint parla di Difetto Fondamentale, di quel livello psichico in cui si vive una sensazione di mancanza, di difettosità che accomuna tutti gli esseri umani in quanto neotemici pertanto dipendenti per la soddisfazione dei propri bisogni dalla risposta dell ambiente.

La relazione duale madre-bambino è l area dell amore primario in cui si sperimenta la dipendenza e la possibile autonomia. Interessante è il concetto di rêverie di Bion, che consiste in quell atteggiamento della madre verso il figlio che consente di svolgere quella funzione che consiste nel fornire al bambino un apparato mentale, sostitutivo al suo immaturo, per digerire il caos emozionale delle prime esperienze di contatto col mondo e restituirgli le sensazioni negative rendendole tollerabili e pensabili. Una funzione fondamentale per consentire al bambino di poter tollerare le angosce che derivano dalla sua condizione di dipendenza e di impotenza di fronte al mondo. La mancanza e la conseguente elaborazione affettiva di questo sentimento, a seconda che prevalga in noi il sentimento di amore o di paura, sarà elaborata come possibilità nel primo caso e con esito regressivo nel secondo. Se ci poniamo nella situazione di dipendenza e di attesa della soddisfazione del bisogno di essere amati da parte di altri, la mancanza sarà vissuta come assenza e abbandono, oppure, attivando la capacità di saper sostare nella ricerca delle possibili soluzioni, potrà essere elaborata in modo non difensivo divenendo forza generatrice di possibilità. Il secondo è il concetto di Puer nel senso di figlio, una condizione che ci accomuna tutti, ma anche ci rende unici in quanto ognuno di noi è diverso da tutti gli altri. La nascita in quanto essere gettati nel mondo è già in sé un progetto della nostra unicità e come dice Pichon Rivière: in un panorama di possibili se stessi ogni uomo sceglie quei nuclei di identità che definiranno le sue possibili mete e i suoi valori. Quindi un elemento tensionale di progettualità che è originario, che porta ognuno di noi a ricercare le forme più adeguate di essere nel mondo. La relazione col mondo porta con sé una possibilità progettuale del nostro puer, ma porta con sé anche il rischio di auto-tradimento della propria originalità in nome del bisogno di essere amati. La condizione per poter realizzare quel progetto richiede la capacità di saper tollerare la possibilità del fallimento, ma anche l angoscia di saper esprimere le proprie possibilità. Il Puer non è una condizione data, ma si definisce nella relazione con il suo ambiente mediante esperienze che nella loro unicità forgiano la soggettività connotandola in maniera unica. Occorre quindi avere cura del Puer, il che significa assumersi la responsabilità della propria educazione, che nel rispetto delle capacità, delle motivazioni, delle aspirazioni e del contesto sappia dedicare ascolto alla bellezza del proprio progetto che implica attenzione al figlio interno. Dare voce alla bellezza del proprio progetto assumendosi la responsabilità della sua realizzazione rispetto a sé. Una domanda che ci possiamo porre è in che misura ho ben allevato me stesso?. Occorre una puercultura che sia fondata sul valore e sul rispetto della diversità, che si genera nel momento in cui due individui che si riconoscono nella loro unicità, all'interno della loro relazione, attribuiscono valore proprio al loro puer interno. Dove si colloca la consulenza orientativa e su cosa interviene? Il contesto di lavoro è il Faber, l ambito dell individuo che opera. La consulenza individuale offerta è una relazione di aiuto rivolta al miglioramento dell utilizzo delle capacità del cliente nel comprendere e gestire le proprie relazioni e scelte di lavoro, favorendo la capacità di cogliere e distinguere gli aspetti del mondo esterno e del mondo interno nel contesto delle propria vita lavorativa e delle scelte in esso operate.

Lavorare per vivere è un attività fondamentale per l uomo. Obbligandolo ad adattarsi all ambiente, il lavoro gli permette di soddisfare le sue necessità, lo costringe contemporaneamente a misurare le sue capacità, a esercitare il suo giudizio, ad assumersi delle responsabilità, a raggiungere i risultati concreti e specifici. Il lavoro gli permette pure di stabilire un continuo rapporto fra la realtà esterna e la percezione di quella realtà; inoltre gli fornisce una misura per giudicare con precisione il proprio valore (anche se non desidera sempre servirsene). Per di più l entusiasmo o l apatia con i quali egli si dedicherà al lavoro ci diranno quale equilibrio esiste in lui tra le forze vitali e quelle distruttive. In breve, il lavoro non soddisfa solo le necessità materiali dell uomo: nel senso profondo dell espressione, il lavoro gli dà la misura del suo equilibrio psichico (E. Jaques, 1967) La scelta orientativa si pone agli individui nel momento in cui sono di fronte a situazioni di transizione che segnano la futura evoluzione scolastica o lavorativa, che precedono l integrazione in nuovi contesti, o in una situazione di vuoto lavorativo, di tensione e desiderio di cambiamento professionale. Siamo di fronte a situazioni critiche per l individuo nelle quali si avverte un disagio e il bisogno di superarlo, si è alla ricerca di qualcosa di non ben ancora definito e chiaro nei suoi contorni, siamo di fronte a delle scelte che condizioneranno il proprio futuro. Ci troviamo in una situazione di temporanea disorganizzazione dei quadri di riferimento rassicuranti ed emerge una difficoltà nel fronteggiare l evento. Una situazione critica che genera incertezza e che trova le sue radici sia nella dimensione personale, sia nella difficoltà di chiarire il contesto ambientale, c è un mondo interno ed esterno che devono essere ridefiniti. Sono situazioni che ci portano a rivivere la situazione di mancanza, di dipendenza, di incertezza che inevitabilmente si genera in condizioni di scarsa chiarezza e di fronte a qualsiasi scelta. La scelta deve sapere tener conto sia degli aspetti personali, sia delle richieste del gruppo di appartenenza, sia dei vincoli personali e sociali. Due aspetti della scelta sono qui da evidenziare: il primo è la necessità di un equilibrio tra le istanze presenti. Io con i miei bisogni, i miei desideri,le mie aspettative, le abilità ecc..., le richieste degli altri, familiari, ambiente sociale, contesto economico che agiscono sulla mia scelta e l obiettivo che mi sto ponendo. Esiste la necessità di esercitare una scelta che sappia tener in equilibrio questi elementi per essere una scelta consapevole e realistica.

Il secondo è l aspetto psicologico della scelta di ciò che essa comporta per l individuo. Scegliere significa andare in una direzione, puntare su una delle possibili alternative nella consapevolezza che due strade non sono possibili. Nella scelta c è una dimensione del futuro i cui esiti possono essere solo intravvisti e immaginati, ma c è anche una dimensione attuale legata alla dimensione della rinuncia, del dovere rinunciare a qualcosa di cui non sapremo mai l esito. La paura è un aspetto che inevitabilmente è presente nei momenti della scelta, è un sentimento con il quale dobbiamo fare i conti. Convincente che sia, la teoria di Jaques sull ansia della scelta derivante dal non saperne - se non a distanza di tempo - l esito, mi ha sempre lasciato un interrogativo irrisolto. Ora lo capisco. C è un altra ansia, collegata all alternativa che si deve abbandonare, all esperienza frustrante di rinuncia. Il bambino infatti soffre di fronte alla scelta, non perché si ponga il problema di dove lo porterà il futuro avendo scelto, ma perché scegliendo - e si tratta spesso di scelta imposta - deve anche rinunciare. Lui vorrebbe tutto, cioè eliminerebbe la scelta. ( ) Il rinvio della scelta - che si ha spesso negli adulti - non è pertanto solo una difesa dall ansia selettiva ma è anche espressione di questa avidità onnivora. Non scelgo per non rinunciare. (L. Pagliarani, Il coraggio di Venere, 1985) Quindi nella scelta c è un ambivalenza che inevitabilmente deve essere risolta per decidere, l individuo deve accettare l angoscia del non sapere se la scelta che farà lo porterà a un buon esito, ma deve anche saper rinunciare a qualcosa, l altra possibilità, l alternativa. 46 Decisione viene da de-caedere (tagliar via); ciò implica avviarsi sul sentiero scelto nel senso di scartare definitivamente le altre possibilità (o di decidere di non cercarne altre), e seguire il sentiero scelto nella realtà esterna. 48 - Il momento della decisione è quello che più facilmente fa sorgere ansie: simbolizza il taglio e il parto; è il punto senza ritorno; implica la perdita di altre possibili linee d azione alle quali bisogna rinunciare; è il momento del successo o del fallimento. (E.Jaques Tesi sul lavoro e la creatività 1970) Nella scelta gli aspetti legati alla specificità individuale, gli aspetti di interazione con gli altri e il contesto interagiscono creando inevitabilmente ansie, angosce, timori, paure che devono essere gestite in modo consapevole senza cedere alla fretta di scegliere per sciogliere il problema. Non scegliere mai il tuo the in fretta perché poi te lo devi bere (anonimo)

Il progetto come dimensione dei possibili mira a modificare il mondo, il senso del mondo, l altro e me stesso non dimenticando l altro aspetto fondamentale, i vincoli. Il processo progettuale deve considerare la dimensione interna e attraverso l ascolto e il riconoscimento del proprio puer, scegliere i possibili se stessi e quei nuclei di identità che definiranno le possibili mete e i valori. Il progetto richiede un ascolto che sappia cogliere le proprie aspirazioni e i propri desideri come energia vitale che sostenga la nostra azione futura, che consenta la costruzione di progetto che non sia un semplice adattarsi alle richieste altrui e/o della realtà che ci circonda, ma sappia individuare le proprie mete e sappia disegnare un proprio telos, individuare la propria vocazione. La progettualità a cui ci richiamiamo deve saper coniugare i vertici del triangolo che chiamiamo strategico, in un equilibrio delle dimensioni coinvolte, che sappia rispettare i bisogni dell individuo e le richieste degli altri senza che, ci si sacrifichi o vengano sacrificati gli altri. C è la necessità che l individuo trovi i fondamenti della sua identità attraverso i valori, le aspirazioni, gli interessi che gli sono propri e quindi non tradisca se stesso, ma nel contempo sappia porre in equilibrio tutto questo con quello che gli altri chiedono o si aspettano da lui. Spostarsi troppo sulle richieste altrui e del contesto per timore della perdita dell amore altrui o per eccessivo realismo, non fa che impoverire il soggetto di quella dimensione dello sviluppo della sua identità, dell autoriconoscimento e della cura di sé. La consapevolezza di sé è la base per un Io maturo che sappia distinguere tra ciò che è reale nel mondo esterno e ciò che viene proiettato su di esso dal nostro mondo interno. Il processo progettuale può essere descritto come l attraversamento di un territorio all inizio del quale c è la consapevolezza di sé e al cui estremo c è il traguardo della crescita personale e professionale, in una prospettiva di auto-sviluppo. (S. Tacchio) La consapevolezza di sé si costruisce attraverso il riconoscimento: degli apprendimenti delle attitudini delle aspirazione e motivazioni nella vita e nel lavoro dagli interessi e dei valori personali e professionali

degli eventi gratificanti e problematici, dei successi e degli insuccessi delle capacità e delle abilità (saper fare), delle conoscenze (sapere), delle competenze (saper essere) delle proprie aree critiche delle aree di miglioramento o da sviluppare dei fattori di gratificazione e di insoddisfazione del proprio passato e presente formativo e professionale delle esperienze maturate ( bilancio critico) Nasciamo con il difetto fondamentale e accanto a questo c è il nostro puer, il nostro demone, che viene normalmente coltivato dai poeti, dagli artisti. La stragrande maggioranza di noi sceglie di vivere al di sotto (L. Pagliarani, L angoscia della bellezza -video, 1997) Il metodo si basa su un setting nel quale il counselor si pone nei confronti del cliente in un contesto di consulenza generativa, tesa cioè ad aiutare gli altri ad aiutare se stessi non proponendo soluzioni di problemi da lui costruite o sulla distribuzione di saggi consigli. Il setting deve essere ben definito tale da consentire lo sviluppo del processo di consulenza sulla base della narrazione del cliente. Questa è da considerare il materiale centrale e fondamentale per individuare le rappresentazioni interne che egli ha della sua situazione rispetto al tema del progetto. La narrazione è il racconto che ognuno di noi ha di sé e fa di sé, in quel racconto possiamo recuperare tutta la storia emotiva e identitaria del soggetto. Attraverso le cose narrate, le emozioni vissute nel qui ed ora, il consulente può ipotizzare quali siano le mappe interpretative del sé e della realtà che circonda il cliente, è il racconto di noi stessi, la nostra identità. Elemento fondante dell intervento del consulente è aiutare il cliente a cogliere e distinguere gli aspetti del mondo esterno e del mondo interno sui quali egli si sta fondando la propria scelta. Un importante azione, che il consulente deve essere in grado di fare, è di saper agire utilizzando il proprio controtransfert, cioè sapere cogliere la dimensione emotiva che viene agita e vissuta dal cliente nella relazione consulenziale, per consentire una lettura di una dimensione affettiva vissuta rispetto all oggetto della consulenza e che non può e non deve essere negata. La capacità del consulente risiede principalmente nel sapere accompagnare il cliente in quell intricata rete di collegamenti che sottostanno alle nostre scelte, elemento chiave per aiutare e consentire l elaborazione non angosciante dell incertezza che la situazione genera. Come diceva Bion, occorre che si eserciti un azione di Rêverie, una funzione di contenimento delle angosce primarie per favorirne una pensabilità, esercitare quella capacità empatica di capire ed elaborare le emozioni tenendo insieme aspetti emotivi e cognitivi, agire da Io ausiliario che rende tollerabili le angosce e favorisce l esame di realtà. Il ruolo delle emozioni nel processo decisionale sono una componente ineludibile e che non può essere ignorata, pena il rischio di lasciarsi dietro dei fantasmi che continuamente riemergono. Le emozioni sono il nocciolo significativo dell esperienza che richiede la trasformazione nella forma simbolica in modo che possa essere pensato e comunicato.

Il ruolo di Io ausiliario del consulente è una chiave fondamentale del processo di consulenza, è il cardine per attivare un sano processo di analisi di realtà, cioè di confronto di ciò che il cliente pensa e immagina sia la sua situazione personale e il cotesto nel quale egli sta operando la scelta. La tecnica di indagine e di intervento psicosocioanalitica per condurre una adeguata analisi, utilizza uno schema basato sulla distinzione tra quattro livelli di lettura della realtà: dichiarato presunto effettivo auspicabile (richiesto consentito) Un metodo che partendo dal dichiarato del cliente, attraverso la sua narrazione e le ipotesi del consulente, si sforza di definire un quadro più realistico della situazione che dopo avere individuato lo scarto tra dichiarato ed effettivo e analizzato le emozioni (presunto) in atto, permette di poter riprogettare la propria esistenza sulla base di un auspicabile consentito.