DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI



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DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI Col termine rifiuto si definisce qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi (Art.6 D.Lgs. 22/97). In senso lato sono rifiuti anche le acque reflue civili ed industriali e gli scarichi in atmosfera. Tuttavia, sotto il profilo normativo (giuridico ed amministrativo), sia per le acque reflue che per gli scarichi in atmosfera è prevista una trattazione separata dai rifiuti. Analogamente dicasi per i rifiuti radioattivi ed i rifiuti di attività minerarie. Pertanto, col termine rifiuto si fa generale riferimento ai cosiddetti rifiuti solidi cui si aggiungono anche particolari tipologie di rifiuti liquidi (in genere liquidi concentrati di origine industriale) non recapitati in fognature dotate di depuratore terminale, ma trasportati agli impianti di smaltimento con modalità analoghe ai rifiuti solidi (trasporto stradale, ferroviario, marittimo). I rifiuti così definiti possono essere classificati in 3 distinte categorie: Rifiuti solidi urbani(rsu) Comprendono i rifiuti prodotti in insediamenti civili ed in aree pubbliche. Vi sono poi tipologie di rifiuti derivanti da attività commerciali, artigianali ed industriali che hanno caratteristiche simili ai RSU o loro componenti (ad es. materiali di imballaggio, ritagli di tessuti, gomma, scarti dell'industria alimentare, scarti di legno, scarti di materiali di arredamento ecc.). Sono detti "Rifiuti assimilabili ai RSU" e come tali vengono di norma smaltiti negli stessi impianti. Rifiuti speciali (RS) Comprendono soprattutto la vasta categoria dei rifiuti industriali, artigianali, agricoli e commerciali. In aggiunta sono considerati rifiuti speciali i seguenti: rifiuti composti da materiali da costruzione, demolizione e scavo; veicoli e macchinari obsoleti; rifiuti prodotti da ospedali e case di cura; residui derivanti dal trattamento di rifiuti solidi urbani (scorie di incenerimento, residui degli impianti di riciclaggio) e dal trattamento delle acque reflue civili (materiale grigliato e fanghi di risulta). Rifiuti pericolosi (RP) Comprendono rifiuti che rappresentano un pericolo immediato, o nel lungo termine, per la salute dell uomo e la vita animale e vegetale. Secondo la normativa italiana di riferimento (DPR 915/1982), questi rifiuti erano definiti "Rifiuti Tossico-Nocivi". In seguito, con il Decreto Legislativo n.22 del 5/2/1997 (Decreto Ronchi ) la dizione è stata modificata in "Rifiuti Pericolosi" che appare più appropriata anche in rapporto alla denominazione "Hazardous Wastes" attribuita dall Unione Europea e dalla letteratura scientifica internazionale. Si tratta in prevalenza di rifiuti di origine industriale, i quali presentano una o più delle seguenti caratteristiche di pericolo: Infiammabilità (formazione di fiamma a bassa temperatura); Tossicità/nocività/irritabilità (rischi per la salute acuti o cronici, conseguenti ad ingestione, inalazione, penetrazione dermica); Corrosività (distruzione di tessuti vivi); Cancerogenicità (malformazioni cancerose);

Teratogenicità (malformazioni congenite, non ereditarie); Mutagenicità (difetti genetici ereditari); Infettabilità (malattie all uomo ed altri organismi viventi a causa di microrganismi contenuti nel rifiuto); Reattività (sviluppo di calore, gas tossici o altri prodotti pericolosi, a seguito di contatto con acqua, aria, altri rifiuti); Esplosività (possibilità di esplosione per effetto di fiamme, urti, attriti). Tra i composti che conferiscono carattere di pericolosità al rifiuto si citano a titolo di esempio i seguenti (per un elenco completo si rimanda alla direttiva CEE 91/689 del 12/12/1991 relativa ai rifiuti pericolosi): - composti del cromo; - composti del berillio; - composti del nichel; - composti del rame; - composti dello zinco; - composti del piombo; - amianto (polveri e fibre); - clorati e perclorati; - PCB e PCT (PoliCloroBifenili e PoliCloroTrifenili); - composti farmaceutici e veterinari; - biocidi e composti fitosanitari (erbicidi, antiparassitari, ecc.); - sostanze infettive; - solventi alogenati; composti organo-alogenati; - PCDD e PCDF (PoliCloroDibenzoDiossine e PoliCloroDibenzoFurani); - ecc. Ovviamente, il carattere di pericolosità del rifiuto dipende dalla concentrazione dei composti pericolosi. Per tale ragione vengono di norma definite delle concentrazioni limite (C.L.) oltre le quali il rifiuto viene definito rifiuto pericoloso. Inoltre, per rendere più semplici le procedure di identificazione dei rifiuti pericolosi, le normative emanate dai vari Stati prevedono un elencazione di specifiche tipologie di rifiuti per le quali è generalmente dimostrato il carattere di pericolosità. Ad esempio, sono considerati tali i seguenti prodotti (per un elenco più completo si rimanda alla direttiva CEE 91/689 relativa ai rifiuti pericolosi): - prodotti farmaceutici, medicinali; - biocidi e prodotti fitosanitari; - inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche e vernici; - oli minerali; - prodotti di laboratori fotografici; - materiali catalitici usati; - accumulatori e pile elettriche; - prodotti isolanti contenenti PCB e PCT; - solventi esausti; - ecc.

CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI 1. I parametri di qualità La conoscenza qualitativa di un rifiuto è essenziale sia ai fini della sua classificazione amministrativa (rifiuto solido urbano, rifiuto speciale, rifiuto pericoloso), sia per la definizione delle soluzioni di smaltimento. In termini generali si possono distinguere tre livelli di qualità: - qualità merceologica; - qualità chimico-fisica; - qualità biologica. 1.1 Qualità merceologica L'analisi merceologica è tipica di rifiuti compositi, quali i RSU ed assimilabili e acquista significato in relazione ad obiettivi di recupero di singole frazioni. Essa viene determinata attraverso la selezione manuale delle singole frazioni e la relativa pesatura. Il livello di dettaglio della selezione va commisurato agli obiettivi di trattamento del rifiuto che si vogliono realizzare. A volte ci si accontenta della pesatura di famiglie di materiali omogenei, come segue: materiali cellulosici (carta e cartoni di vario tipo, materiali tessili, legno); materiali plastici, gomma, cuoio (film ed articoli in plastica di varia natura, articoli in gomma, articoli in cuoio); materiali ferrosi; altri metalli; materiali organici umidi (residui alimentari, residui di giardinaggio); inerti vari (vetri, ceramiche, ceneri, ecc.). L'analisi merceologica non ha ovviamente significato per una moltitudine di rifiuti speciali e pericolosi, aventi caratteristiche di omogeneità. 1.2 Qualità chimico-fisica I tipici parametri atti ad individuare le caratteristiche chimico-fisiche di un rifiuto sono: Densità; distribuzione della dimensione delle particelle; umidità; contenuto di ceneri (materiale incombustibile); contenuto di materiale combustibile; potere calorifico; analisi chimica. a) Densità Ha significato pratico riferirsi alla "densità apparente". Per i RSU si registrano valori di norma inferiori a) 1 [ton/m 3 ], come segue: - RSU all'origine (sacchi di raccolta): 0,15-0,20 [ton/m 3 ]; - RSU stoccati in fossa di accumulo: 0,30-0,50 [ton/m 3 ];

- RSU in discarica ben compattata: 0,70-0,80 [ton/m 3 ]. Per i rifiuti solidi industriali la casistica è molto ampia; frequentemente si riscontrano densità superiori a 1 [ton/m 3 ]. b) Distribuzione della dimensione delle particelle solide Questo parametro è di importanza in relazione ai trattamenti cui si ritiene di sottoporre il rifiuto. In particolare, per i RSU le operazioni di selezione automatica al fine del recupero di alcune frazioni si basano anche sulla distribuzione di pezzatura (operazioni che impiegano sistemi di vagliatura). c) Umidità Viene ricavata per essiccamento in forno a 105 C. Il risultato viene espresso come percentuale sul campione tal quale. Valori tipici di umidità per i RSU variano nell intervallo 15 50%. Per i rifiuti solidi industriali la casistica è estremamente ampia passando da valori quasi nulli (es. ceneri volanti di inceneritori di rifiuti) a valori di oltre l'80% (rifiuti melmosi di varia origine). d) Materiale combustibile e ceneri Sono tipiche analisi di rifiuti destinati alla termodistruzione. Ceneri (% in peso) Dopo aver evaporato l'acqua in stufa a 105 C, viene elevata la temperatura del residuo a 600 C in muffola per 3 ore. Si pesa la frazione solida residua e per differenza viene calcolata la frazione persa (solidi volatili). La frazione solida residua è costituita da ceneri (solidi inorganici) e da carbonio fisso. La frazione solida residua viene bruciata in fornetto alla temperatura di 900 C. Si pesa la frazione residua (ceneri) la quale è costituita da solidi inorganici (in prevalenza ossidi di metalli vari) Per differenza tra la frazione residua a 600 C e le ceneri si calcola il "carbonio fisso". Materiale combustibile (% in peso) Si calcola come somma di solidi volatili e carbonio fisso. Ovviamente, la somma di umidità, materiale combustibile e ceneri è pari al 100%. e) Potere calorifico È una tipica analisi per rifiuti potenzialmente destinati alla termodistruzione. Il potere calorifico di un combustibile è la quantità di calore liberata dalla combustione di 1 kg, a pressione costante di 1 bar, con i reagenti (combustibile e comburente) a 25 C ed i prodotti residui della combustione sempre a 25 C. Si distingue tra Pcs (potere calorifico superiore) e Pci (potere calorifico inferiore). Il Pcs presuppone che l'acqua contenuta nel rifiuto, con in aggiunta l'acqua che si forma dalle reazioni di combustione, sia tutta considerata allo stato liquido. Viceversa, il Pci presuppone che l'acqua al termine della combustione sia tutta considerata allo stato di vapore. Chiaramente, il Pci è più rappresentativo delle situazioni reali di combustione e per tale ragione si fa generalmente riferimento ad esso nei bilanci termici. La correlazione tra Pcs e Pci è la seguente: Pci = Pcs - 600 (U + 9 H) Ove: Pci e Pcs: potere calorifero inferiore e superiore [kcal/kg];

U: umidità nel rifiuto [kg H2O/kg di rifiuto]; H: contenuto di idrogeno nel rifiuto [kg H/kg di rifiuto]. Pcs è superiore a Pci di circa il 3% per un comune carbon fossile, del 7% circa per la benzina. La differenza è più sensibile per i rifiuti in possesso di un alto tenore di umidità; ad esempio per un RSU il Pcs può risultare pari al doppio e più del Pci. Il potere calorifico può essere determinato in tre modi differenti: misura diretta con bomba calorimetrica. Con questa tecnica il calore sviluppato dalla combustione viene misurato attraverso l'innalzamento di temperatura dell'acqua contenuta nella camicia che avvolge la camera di combustione. La misura esprime il Pcs. calcolo approssimato attraverso l'analisi elementare del rifiuto. Con questo metodo vengono determinate analiticamente le presenze di C, H, O, S ed U nel rifiuto. Si applica poi la formula di Dulong per il calcolo del Pcs: ove C, H, O ed S rappresentano le frazioni ponderali di carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo nel rifiuto [kg di elemento/kg rifiuto]. L'approssimazione dell'uso di questa formula è dovuta al fatto che non tiene conto delle reazioni endotermiche che accompagnano le pur prevalenti reazioni esotermiche. calcolo approssimato attraverso la conoscenza della composizione merceologica del rifiuto ed i poteri calorifici delle varie frazioni. A questo tipo di approccio possono prestarsi rifiuti disomogenei e ben classificabili manualmente. Ad esempio per le varie frazioni che compongono i RSU si stimano i Pcs riportati nella Tabella 1. Si tratta di un metodo di larga approssimazione. f) Analisi chimica L'analisi chimica è tipica di rifiuti industriali, in funzione della loro classificazione (rifiuti speciali o rifiuti pericolosi). In tali casi vengono ricercate le concentrazioni dei composti pericolosi. In altri casi l'analisi chimica viene finalizzata alla ricerca di elementi e composti che possono avere influenza sul processo di trattamento.

Ad esempio, nell'incenerimento dei rifiuti industriali sono di regola utili le analisi chimiche seguenti: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, ceneri (utili per la definizione dei bilanci di massa sui fumi); alogeni (ovvero cloro e fluoro) e metalli pesanti vari (ovvero mercurio, cadmio, piombo, ecc.); questi composti influenzano la natura dei fumi e quindi la scelta del processo di trattamento. 3.1.3 Qualità biologica La qualità biologica è connessa alle caratteristiche di biodegradabilità del rifiuto. Viene rilevata essenzialmente su rifiuti destinati a trattamenti biologici, aerobici od anaerobici. Sono tipiche le seguenti determinazioni analitiche: SSV/SS (% in peso): per la misura del contenuto di sostanza organica (SSV) sul totale di sostanza secca (SS); Oxygen Uptake Rate (mg O2/Kg SSV h): velocità di respirazione, da parte di una flora batterica acclimatata al substrato (presente o inoculata); Misure di BOD5 e BOD20 attraverso la ricostruzione di tutta la curva di respirazione, utilizzando flore batteriche acclimatate. Le tre misure indicate sono soprattutto tipiche di rifiuti liquidi e fanghi.