DOCUMENTI IL FALLITO E UNA NUOVA ATTIVITÀ Il fallito può intraprendere una nuova attività? A quali condizioni rispetto ai ricavi? Può acquisire direttamente, se vittima riconosciuta di estorsione ed usura, le erogazioni previste dalle l. n. 44/1999 e da quella 7 marzo 1996, n. 108? Il giudice delegato presso la sezione fallimenti del Tribunale di Milano, dott. Domenico Chindemi, ha emesso il 18 marzo 2002 il seguente provvedimento seguito agli interrogativi posti dal curatore del fallimento G. di G.S.G. e B.A. Pubblichiamo integralmente tale provvedimento, annotato dall'avv. Salvatore Morvillo. * * * Il Tribunale di Milano, Sezione fallimentare Il G.D. _ Esaminata l'istanza del curatore del fallimento G. di G.S.G. e B.A. diretta ad accertare se, dopo il fallimento, i predetti possano o meno intraprendere una nuova attività professionale e se possano acquisire direttamente l'erogazione concessa ai sensi della l. n. 44/1999. Visto il parere del Comitato dei creditori; Osserva: 1) L'istanza del curatore deve intendersi formulata, oltre che ai sensi della l. n. 44/1999, come espressamente indicato nell'oggetto della stessa e nella richiesta di parere della Prefettura di Milano in data 15 febbraio 2002, anche ai sensi della l. n. 108/1996, che prevede l'erogazione di un mutuo alle vittime dell'usura, di cui si fa espressa menzione nell'istanza del curatore; l'art. 1 della l. 23 febbraio 1999, n. 44 (recante «disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura») prevede l'elargizione, a favore di soggetti danneggiati da attività estorsive, di una somma di denaro, a fondo perduto, «a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito», mentre l'art. 14 della l. 7 marzo 1996, n. 108, (recante «disposizioni in materia di usura»), dispone che il Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura «provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al quinquennio a favore di soggetti che esercitino attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o, comunque, economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale» (Art. 14, comma 2); «L'importo del mutuo è commisurato al danno subito dalla vittima del delitto di usura per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti all'autore del reato» (Art. 14, comma 4). 2) Il primo quesito concernente la possibilità per i coniugi Gallo G.S.G. e B.A. di intraprendere una nuova attività di impresa. Occorre, al riguardo, rilevare che il fallimento non comporta, per il fallito, nè la perdita della capacità giuridica, nè della capacità di agire e, quindi, in linea di principio, potrebbe anche esercitare, dopo il fallimento, una nuova impresa o altra attività di lavoro o professionale, ma, ovviamente, non con beni facenti già parte del suo patrimonio personale separato, sottratti alla sua disponibilità per l'intervenuto fallimento, ma con beni strettamente personali, non compresi nel fallimento, ai sensi dell'art. 46 n. 1 l. fall., o con beni altrui o, comunque, forniti da terzi, o anche senza beni, ove riesca ad ottenere credito o soltanto col proprio lavoro personale, nel caso, ad esempio, di lavoro dipendente. Tale eventuale nuova impresa, gestita dal fallito, potrà essere diversa sia per attività che per tipologia, da quella precedente, oggetto del fallimento, oppure potrà essere anche la stessa, purchè
gestita con nuovi beni aziendali e con mezzi diversi da quelli preesistenti, di cui il fallito ha perso la disponibilità per effetto del fallimento. Tuttavia l'esercizio di una nuova attività non costituisce un diritto soggettivo pieno ed esclusivo del fallito, dovendo essere valutata, in concreto, l'opportunità di una nuova attività imprenditoriale, anche in relazione al possibile interesse dei creditori della massa e a seconda della stessa provenienza dei beni impiegati che, comunque, devono essere beni non compresi nel fallimento. Il sig. G.S.G. ha dichiarato, in sede di convocazione, in data 13 marzo 2002, «di avere intenzione di intraprendere una nuova attività lavorativa nel settore abbigliamento ed, al riguardo, dichiara di avere già aperto la partita iva. Afferma che l'intenzione è di aprire un piccolo negozio di abbigliamento in Provincia (di Milano), attività che potrà intraprendere solo dopo l'erogazione del mutuo». La tipologia di attività che si intende intraprendere, la particolare condizione dei coniugi G.S.G. e B.A., vittime di usura ed estorsione, anche in considerazione dell'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale, a tutela dei diritti inviolabili della persona umana, previsti dall'art. 2 della Costituzione, consente di ritenere, astrattamente autorizzabile, sotto il profilo soggettivo, una nuova attività di impresa, soprattutto nel settore abbigliamento, che i predetti intendono avviare. In tal caso si realizzerebbe un patrimonio autonomo del fallito, ma gli eventuali utili verrebbero acquisiti all'attivo del fallimento, previa detrazione dei costi e passività inerenti la gestione della nuova impresa (art. 42, comma 2, l. fall.) e di quanto occorre per il mantenimento dei predetti e della loro famiglia (art. 46, n. 2 l. fall.), la cui eventuale quantificazione, in relazione a tale ultimo punto, sarà successivamente effettuata con decreto del G.D. Occorrerà, tuttavia, prima dell'inizio di tale nuova attività, l'autorizzazione specifica del G.D. previa individuazione di modalità, ubicazione, mezzi in concreto adoperati e la valutazione di mancanza di danno per la procedura ed eventuale convenienza per i creditori. G.S.G. e B.A., ove autorizzati ad intraprendere nuova attività lavorativa, avranno anche l'obbligo di rendiconto nei confronti del curatore, in relazione alla nuova attività svolta. 3) Occorre anche accertare se possano essere utilizzate per l'esercizio di tale nuove attività le somme eventualmente erogate dal Fondo di solidarietà per le vittime di estorsioni e usura, senza che le stesse confluiscano nella massa fallimentare. Vanno fatte, al riguardo, distinte valutazioni a seconda che le somme vengano erogate ai sensi della l. 23 febbraio 1999, n. 44, oppure ai sensi della l. 7 marzo 1996, n. 108. a) Nel primo caso trattasi, come già evidenziato, di elargizione di una somma «a fondo perduto» a favore di soggetti danneggiati da attività estorsive, «a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito», indipendentemente dall'esercizio di una nuova attività; mentre la l. 7 marzo 1996, n. 108, prevede la possibilità di erogazione di mutui senza interesse esclusivamente a favore di soggetti che esercitino attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o, comunque, economica, ovvero una libera arte o professione. In relazione all'elargizione di cui alla l. n. 44/1999, occorre accertare se essa abbia o meno natura strettamente personale, al fine di ritenerla esclusa o compresa nel fallimento. Tale somma viene elargita da soggetto terzo (Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura), diverso dal danneggiante e costituisce un «contributo», al risarcimento del danno. Tale erogazione è, quindi, cumulabile, con l'ulteriore risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, eventualmente ottenibile dai responsabili del fatto illecito, con l'unico limite dell'integrale risarcimento, non potendo, ovviamente, la parte lesa ottenere, per via del doppio risarcimento, un importo maggiore del danno effettivamente subito. I criteri di quantificazione del danno erogato dal predetto Fondo sono indicati nell'art. 9 comma 2 l.c. e tengono conto, nel caso di danno a beni mobili o immobili, della perdita subita e del mancato guadagno, «salvo quanto previsto, dall'art. 7 comma 3» con possibilità, quindi di riconoscere, non
solo a terzi, vittime indirette dell'usura o di attività estorsive, ma anche al danneggiato diretto, oltre al danno emergente, anche quello derivante da lesioni personali. Ai sensi dell'art. 7, comma 3, «ai fini della quantificazione della elargizione si tiene conto del solo danno emergente ovvero di quello derivante da lesioni personali». Ove si ritenesse che la possibilità di riconoscere il risarcimento delle lesioni personali spetti solo ai terzi e non alle vittime dirette dell'estorsione e dell'usura, si verrebbe a creare una disparità di trattamento di rilevanza costituzionale che impone di interpretare la norma nel senso conforme alla Costituzione. Nell'ambito delle lesioni personali vanno ricomprese non solo quelle strettamente fisiche, ma anche quelle, comunque, pregiudizievoli dell'integrità psico-fisica o solo psichica del danneggiato. Va, al riguardo, esclusa la possibilità di risarcire il danno morale che costituisce danno non patrimoniale, escluso dalla normativa in esame. Costituisce lesione psichica, suscettibile di elargizione risarcitoria da parte del Fondo, il cd. «danno esistenziale», conseguente ad attività criminose, subito da entrambi i coniugi G.S.G. e B.A., per la modificazione peggiorativa della propria qualità della vita, conseguente a fatto illecito altrui (consistente, principalmente, nel reato di usura ed estorsione) che ha certamente provocato una alterazione del modo di essere di entrambi i coniugi, ledendo interessi meritevoli di tutela, quali il diritto alla libera estrinsecazione della personalità. Le ripercussioni negative subite dalla personalità dei danneggiati conseguenti al fallimento, nell'ambito personale e familiare, il discredito conseguente a tale situazione, la modificazione peggiorativa della qualità della vita dei coniugi G.S.G. e B.A., in tutti gli aspetti personali, familiari, di intrattenimento, sociali, ecc. devono ritenersi provati, oltre che dalle risultanze dirette, anche dalle ripetute richieste di intervento dei servizi sociali da parte del curatore, dalla minaccia di suicidio del sig. Gallo Stampino e dal tentativo di suicidio posto in essere dalla sig.ra Bollino, come evidenziato anche dagli articoli di giornali relativi alla vicenda. Tale danno, consistente in una modificazione peggiorativa della qualità della vita, obiettivamente apprezzabile, è diverso dal danno morale, consistente nel solo «pretium doloris» e dal danno biologico, per il cui riconoscimento è necessaria l'esistenza di uno stato patologico consistente in una malattia o uno shok psichico di natura patologica. Il danno esistenziale è diverso dal danno biologico, in quanto non comporta l'insorgere di una malattia in senso stretto, ma dà causa ad un'alterazione dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla personalità del soggetto danneggiato, alterandone le normali attività quotidiane e provocando uno stato di malessere diffuso che provoca, tuttavia ansia, irritazione, difficoltà a far fronte alle normali occupazioni, depressione, ecc. Il danno esistenziale consiste, dunque, nell'alterazione delle normali attività dell'individuo, che si traducono nella alterazione della personalità del soggetto, del relativo modo di essere, cui ciascun soggetto ha diritto sia nell'ambito lavorativo, sia, a maggior ragione, nell'ambito familiare e privato. A causa della lesione della sfera psichica di entrambi i coniugi devono ritenersi alterati, in misura rilevante, i loro rapporti familiari sociali, culturali, affettivi, pur senza la prova dell'insorgenza di una malattia psichica in senso stretto. Può essere, quindi, riconosciuto, a favore di Gallo Stampino Guido e Bollino Arcangela una lesione psichica consistente in una apprezzabile violazione del «diritto alla qualità della vita» e/o «alla libera estrinsecazione della personalità», con modificazioni peggiorative nella sfera personale di entrambi. Ai fini del riconoscimento della lesione personale psichica, occorre anche la sussistenza degli ulteriori elementi costituiti dalla ingiustizia del danno secondo gli usuali parametri dell'art. 2043 c.c. ed il nesso di causalità tra comportamento lesivo e danno che deve tradursi in un giudizio di proporzionalità o adeguatezza tra il fatto illecito e le conseguenze dannose e la consecutività temporale tra comportamento lesivo e danno.
La tutela costituzione della lesione psichica costituente il danno esistenziale va individuata nell'art. 2 della Costituzione che tutela i «diritti inviolabili dell'uomo, sia come singole che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». Qualunque alterazione di diritti che costituiscono ostacolo alla realizzazione della libertà individuale, sia nell'ambito familiare, ricreativo, sia nell'ambito lavorativo, costituiscono violazioni di diritti personali, tutelati dall'ordinamento, soprattutto quando alla violazione consegue una lesione psichica. Le gravi ripercussioni sulle attività non reddituali dei soggetti lesi, la necessaria compromissione delle normali abitudini di vita, costituiscono le voci da porre a fondamento del danno esistenziale. Quanto alla natura giuridica del danno esistenziale, non appare rilevante, ai fini del riconoscimento del contributo previsto dalla l. n. 44/1999, la natura della lesione, non sussistendo, comunque, limitazioni risarcitorie qualora venga leso un diritto costituzionalmente tutelato, in base al metodo sistematico interpretativo ricavabile dalla stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 184 del 14 luglio 1986 che non consente limitazioni di alcun genere alla tutela di valori costituzionali. Si legge, in particolare, in tale pronuncia che «se è vero che che l'art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale del privato e se è vero che tale diritto è primario e pienamente operante anche nei rapporti tra privati, allo stesso modo come non sono configurabili limiti alla risarcibilità del danno biologico, quali quelli posti dall'art. 2059 c.c., non è ipotizzabile limite alla risarcibilità dello stesso danno, per sè considerato, ex artt. 2043 c.c. Il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. è sanzione esecutiva del precetto primario: ed è la minima (a parte il risarcimento ex art. 2058 c.c.) delle sanzioni che l'ordinamento appresta per la tutela di un interesse. Quand'anche si sostenesse che il riconoscimento in un determinato ramo dell'ordinamento d'un diritto subiettivo non esclude che siano posti limiti alla sua tutela risarcitoria... va energicamente sottolineato che ciò, in ogni caso, non può accadere per i diritti e gli interessi della Costituzione dichiarati fondamentali. Il legislatore ordinario, rifiutando la tutela risarcitoria (minima) a seguito della violazione del diritto costituzionalmente dichiarato fondamentale, non lo tutelerebbe affatto, almeno nei casi esclusi dalla predetta tutela. La solenne dichiarazione della Costituzione si ridurrebbe ad una lustra, nelle ipotesi escluse dalla tutela risarcitoria: il legislatore ordinario rimarrebbe arbitro dell'effettività della predetta dichiarazione costituzionale. Con l'aggravante che, mentre il combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. porrebbe il divieto primario, generale, di ledere la salute, il fatto lesivo della medesima, per il quale non è previsto dalla legge ordinaria il risarcimento del danno, assurdamente impedirebbe al precetto primario d'applicarsi (il risarcimento del danno rientra, infatti, nelle sanzioni che la dottrina definisce esecutive) o, dovrebbe ritenersi giuridicamente del tutto irrilevante. Dalla correlazione tra gli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. è posta, dunque, una norma che, per volontà della Costituzione, non può limitare in alcun modo il risarcimento del danno biologico» (Corte Cost.: 14 luglio 1986, n. 184). Tale importante principio, evidenziato dalla Consulta in relazione agli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. risulta applicabile anche in tutti gli altri casi di lesioni di interessi o valori costituzionalmente garantiti con estensione della metodologia adoperata dalla Corte Costituzionale. Ogni lesione di un diritto costituzionalmente protetto non può, quindi, soffrire limitazioni risarcitorie da parte del legislatore ordinario. Il precetto costituzionale integra la norma di garanzia di cui all'art. 2043 c.c. e consente di fondare un sistema completo di garanzia del principio generale del «neminem laedere», che comprende anche la tutela del danno esistenziale, in quanto anche la lesione della qualità della vita, costituisce diritto della personalità ed è tutelabile ex art. 2043 c.c. La tutela della persona umana costituisce, peraltro, principio informatore di tutte le Costituzioni europee e di quella Americana, la cui centralità di tutela è individuabile anche nella nostra Costituzione negli artt. 2, 3 e 32 e non può subire limitazioni e condizionamenti da parte del legislatore ordinario.
Il principio ispiratore della Consulta è individuabile nella tutela integrale di tutti i diritti della personalità, intesi anche come diritti dell'individuo che, pertanto, vanno risarciti senza limitazione alcuna. In tal caso il precetto costituzionale, improntato alla piena tutela della persona, prevale su eventuali limitazioni risarcitorie imposte dal legislatore ordinario. Il criterio risarcitorio, provata l'esistenza del danno, non può, allo stato, che essere equitativo, e, ai fini della determinazione del «quantum», si deve tenere conto della personalità del soggetto leso, delle attività svolte, delle alterazioni familiari, sociali, lavorative provocate dal fatto illecito e delle loro ripercussioni in tali ambiti. Il danno esistenziale, per tutte le argomentazioni espresse, appartiene alla sfera dei diritti strettamente personali, esclusi dal fallimento, mentre le somme riconosciute a titolo di perdita subita o mancato guadagno, trovando la loro fonte in fatti antecedenti al fallimento, non possono essere considerati beni strettamente personali e non possono essere sottratti alla massa. Poichè la l. n. 44/1999 non prevede il caso del fallimento della vittima dell'usura o delle attività estorsive, nel concedere l'elargizione occorre che il Commissario per il Coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, nel decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, oltre a tener conto della natura del fatto che ha cagionato il danno patrimoniale, del rapporto di causalità, dei singoli presupposti positivi e negativi, stabiliti dalla legge, indichi espressamente gli importi erogati a titolo di risarcimento del danno a beni mobili e immobili, comprendente la perdita subita e il mancato guadagno, che vanno ricompresi nel fallimento, nonchè specifichi la somma liquidata a titolo di contributo al risarcimento della lesione conseguente al danno esistenziale. Tale ultima voce, ove liquidata e riconosciuta come tale nel decreto citato, costituisce bene strettamente personale, escluso dal fallimento, ai sensi dell'art. 46 l. fall. b) Nel caso, invece, di erogazione, da parte del «Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura», ai sensi dell'art. 14 l. 7 marzo 1996, n. 108 di «mutui senza interessi» a favore delle vittime dell'usura, alle condizioni previste dalla legge, la possibilità in concreto di tale erogazione è collegata all'osservanza del piano di «investimento ed utilizzo delle somme richieste che risponda alla finalità di reinserimento della vittima del delitto di usura nell'economia legale» (Art. 14 comma 5, l. n. 108/1996). Eventuali diversi impieghi delle somme erogate a titolo di mutuo o provvisionale, rispetto al piano di investimento ed utilizzo, costituiscono causa di revoca del provvedimento di erogazione. Appare, quindi, evidente, che in tanto tale erogazione può essere effettuata in quanto il danneggiato si impegni ad utilizzarla in base al predetto piano. Ove tali somme fossero acquisite alla massa fallimentare verrebbe mano la stessa causale e «ratio» dell'elargizione del mutuo che dovrebbe essere revocato «ex lege». Trattandosi di mutuo senza interesse, erogato dal Fondo, la fattispecie può essere equiparata ed assimilata a quella di esercizio di nuova attività imprenditoriale da parte del fallito utilizzando beni altrui, comunque non compresi nel fallimento. Vi è anche, in relazione ad entrambe le fattispecie esaminate, una valutazione di convenienza dei creditori, in quanto difficilmente il Commissario antiracket erogherà somme di danaro a favore del fallito, vittima dell'usura, ove queste dovessero essere apprese dal fallimento, ostandosi, anche, il chiaro disposto, nel caso del mutuo, dell'art. 14, comma 9, mentre i creditori potrebbero giovarsi degli eventuali utili conseguenti alla nuova attività commerciale eventualmente intrapresa dal fallito, con le somme erogate, avendo diritto di acquisire gli utili netti della nuova attività, detratto quanto necessario per il mantenimento del fallito e della sua famiglia. Inoltre i creditori non avrebbero alcun interesse ad acquisire la somma erogata a titolo di mutuo, dovendo, comunque, restituirla, sia pure senza interessi, trattandosi di un finanziamento con conseguente obbligo di rimborso. Va, conseguentemente, autorizzato il curatore, in caso di erogazione del mutuo, a non acquisirlo alla massa, in quanto contestuale debito di pari importo.
Il controllo sull'utilizzazione del mutuo e delle eventuali altre somme specificate spetterà all'autorità erogante. Appare, comunque, auspicabile una modifica legislativa che espressamente preveda la sorte delle elargizioni o dei mutui concessi dal Fondo in costanza di fallimento del soggetto danneggiato, fattispecie non prevista dalla normativa vigente. P.Q.M. _ dichiara che: a) G.S.G. e B.A. possono esercitare nuova attività di impresa, previa espressa autorizzazione del G.D. b) gli importi erogati, nel decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, a titolo di risarcimento del danno a beni mobili e immobili, comprendenti la perdita subita e il mancato guadagno, siano ricompresi nel fallimento; c) la somma erogata, nel decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, a titolo di risarcimento del danno per la lesione conseguente al danno esistenziale, costituisce bene strettamente personale e come tale, va esclusa dal fallimento, ai sensi dell'art. 46 l. fall. d) il mutuo eventualmente erogato, ai sensi dell'art. 14 l. 7 marzo 1996, n. 108, non va acquisito alla massa. Autorizza il curatore, in caso di erogazione del mutuo, ai sensi della l. n. 108/1996, a non acquisirlo alla massa, in quanto contestuale debito di pari importo. Dispone che a) eventuali utili derivanti dalla gestione della nuova impresa verranno acquisiti all'attivo del fallimento, previa detrazione dei costi e passività e di quanto occorre per il mantenimento del fallito e della sua famiglia (art. 46, n. 2 l. fall.), la cui eventuale quantificazione, in relazione a tale ultimo punto, sarà successivamente effettuata, con decreto del G.D. Dispone la comunicazione del provvedimento a G.S.G. e B.A., al curatore del Fallimento rag. Luigi Pagliuca, al Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, dott. Rino Monaco, al sig. Prefetto di Milano ed al comitato dei creditori. Il curatore di un fallimento ha posto al suo Giudice Delegato due quesiti: i) se il fallito, malgrado tale stato, possa intraprendere una nuova attività; ii) se egli possa acquisire direttamente l'erogazione che la l. n. 44/1999 prevede a favore delle vittime di estorsioni. Nel suo provvedimento il Giudice Delegato ha opportunamente ricordato che, in realtà, due sono le norme alle quali occorre fare riferimento: a) l'art. 1 della l. 23 febraio 1999, n. 44 («disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura») dove, a favore dei soggetti danneggiati da attività estorsive, è prevista l'erogazione di denaro, a fondo perduto, «a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito»; b) l'art. 14 della l. 7 marzo 1996, n. 108 («disposizioni in materia di usura») che dispone che il Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura «provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al quinquennio a favore di soggetti che esercitino attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o, comunque, economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale» (art. 14, comma 2). «L'importo del mutuo è commisurato al danno subito dalla vittima del delitto di usura per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti all'autore del reato» (art. 14, comma 4). Così puntualizzati i riferimenti normativi e ricordato come il debitore, pur in pendenza del suo fallimento, possa svolgere una nuova attività commerciale, salvo dover riservare l'utile a favore dei creditori concorsuali (sul tema cfr. da ultimo G. Uberto Tedeschi, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2001, p. 257 ss.) il decidente ha affrontato i quesiti: i) se la somma che, a sensi della l. 23 febbraio 1999, n. 44, il Fondo di solidarietà per le vittime di estorsioni e usura può erogare a fondo perduto, a titolo di «contributo al ristoro del danno patrimoniale subito», ed anche indipendentemente dall'esercizio di una nuova attività, abbia a confluire all'attivo fallimentare; ii) se il mutuo senza interessi che la l. 7 marzo 1996, n. 108 prevede a favore di soggetti che esercitino attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o comunque economica ovvero una libera arte o
professione possa essere utilizzato dal fallito per l'esercizio di nuova attività, senza dover confluire all'attivo fallimentare. Per rispondere al quesito riassunto sub i) il Giudice Delegato ha dovuto chiedersi se le elargizioni di cui alla l. n. 44/1999 possano o meno rientrare nella categoria dei beni e diritti «di natura strettamente personale» che l'art. 46 l. fall. dichiara «non... compresi nel fallimento». A tale domanda egli ha fornito risposta affermativa ma solo limitatamente alla parte di elargizione che possa ritenersi destinata a risarcire il danno esistenziale. E poichè la l. n. 44/1999 non prevede espressamente il caso del fallimento della vittima dell'usura o delle attività estorsive il G.D. ha suggerito che, nel concedere l'elargizione, il Commissario per il Coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, nel decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, oltre «a tener conto della natura del fatto che ha cagionato il danno patrimoniale, del rapporto di causalità, dei singoli presupposti positivi e negativi» stabiliti dalla legge, abbia a indicare espressamente gli importi erogati a titolo di risarcimento del danno a beni mobili e immobili, comprendente la perdita subita e il mancato guadagno (che vanno ricompresi nel fallimento) e quanto invece erogato a risarcimento del danno esistenziale. Con riferimento al quesito sopra riassunto sub ii) (erogazione a sensi dell'art. 14 l. 7 marzo 1996, n. 108 di mutuo senza interessi) il G.D. ha accortamente osservato a) che lo scopo del mutuo (reinserimento della vittima nell'economia legale) sarebbe frustrato dalla acquisizione delle somme all'attivo del fallimento talchè l'acquisizione dovrebbe essere revocata ex lege e così risultare inutile per i creditori concorrenti; b) che la fattispecie comunque andrebbe omologata a quella dell'utilizzo di beni altrui nell'esercizio della nuova attività. Con argomentazione persuasiva il G.D. ha quindi dichiarato che _ gli importi erogati col decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, per risarcire il danno a beni mobili e immobili, comprendenti la perdita subita e il mancato guadagno, sono da ricomprendere nel fallimento; _ la somma erogata, invece, sempre col decreto previsto dall'art. 14 l. n. 44/1999, a titolo di risarcimento del danno per la lesione conseguente al danno esistenziale, costituisce bene strettamente personale e come tale, va esclusa dal fallimento, ai sensi dell'art. 46 l. fall. _ il mutuo eventualmente erogato, ai sensi dell'art. 14 l. 7 marzo 1996, n. 108, non va acquisito alla massa. L'interesse della decisione sembra possa rinvenirsi soprattutto nella utilizzazione, ai fini della applicazione dell'art. 46 l. fall., della nozione di danno esistenziale. In merito a tale figura di danno (riflesso di una vita quotidiana gravemente perturbata e compromessa nella sua qualità e regolarità, con privazioni, depressioni e ansia) lo stesso Giudice si era espresso con sentenze 8 giugno 2000 e 15 giugno 2000 (rispettivamente in Resp. civ. e prev., 2000, 923 e 2001, 461, entrambe ricordate da V. Minucci in nota a Trib. Napoli 19 dicembre 2001-12 febbraio 2002, anch'esso in tema, cui adde Trib. Milano 1 aprile 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, p. 4 con nota di D. Chindemi). Qualche perplessità rimane con riferimento al fatto: i) che l'autore del decreto di cui all'art. 14 l. n. 44/1999 possa quantificare separatamente il danno esistenziale; ii) che la quantificazione da parte sua possa avere alcun valore vincolante; iii) che, di fronte all'insufficienza della somma a coprire l'intero danno, possa restare incerta la proporzione da istituire (a meno di dare assoluta precedenza al danno esistenziale). (annotazione dell'avv. Salvatore Morvillo)