II. IL MESSAGGIO ALLE CAMERE: PRECEDENTI E FORME



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II. IL MESSAGGIO ALLE CAMERE: PRECEDENTI E FORME DI SILVIO TRAVERSA \

Il potere di messaggio del Presidente della Repubblica è esplicitamente previsto da due disposizioni costituzionali: la prima, che ha un carattere generale, è quella contenuta nel secondo comma dell'articolo 87 ove è stabilito che il Presidente della. Repubblica «può inviare messaggi alle Camere»; la seconda, che ha specifico riferimento al procedimento di formazione della legge, è contenuta nell'articolo 74, comma primo, il quale testualmente stabilisce: «Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione». La dottrina giuspubblicistica ha ampiamente dibattuto il tema del potere presidenziale di esternazione {come risulta ampiamente dalla bibliografia allegata), nel cui ambito può inserirsi la facoltà di «inviare messaggi» alle Camere, che costituisce uno degli aspetti più rilevanti di tale potere. La prassi costituzionale repubblicana offre esempi diversi e sia pure non molto numerosi di messaggi presidenziali. Anzitutto vengono in considerazione i messaggi motivati con i quali il Capo dello Stato rinvia alle Camere i progetti di legge per una nuova deliberazione. Di essi ne sono stati inviati alle Camere soltanto 16, così suddivisi: 4 da parte del Presidente Einaudi; 3 nel settennato Gronchi; 8 nel breve periodo della Presidenza Segni; nessuno da parte del Presidente Saragat e soltanto 1, fino a questo momento, ad opera del Presidente Leone. In ordine a questa categoria si può rilevare, quanto al merito, come tali messaggi abbiano avuto prevalentemente ad oggetto provvedimenti di legge sui quali venivano espressi rilievi relativamente al rispetto dell'articolo 81 della Costituzione e, quanto alla forma da essi assunta, che la controfirma dell'atto presiden-

34 SILVIO TRAVERSA ziale è avvenuta ad opera del ministro competente sulla materia disciplinata dal progetto di legge. Tale prassi ormai costante, affermatasi ad integrazione del tenore letterale dell'articolo 89 della Costituzione, potrebbe trovare giustificazione nella considerazione che, riconducendosi generalmente l'atto di rinvio nella categoria di quelli di prerogativa del Capo dello Stato, e non essendo, quindi, individuabile un ministro proponente, ma dovendosi pur sempre controfirmare l'atto presidenziale, si è fatto ricorso al criterio della competenza. L'apposizione della controfirma anche del Presidente del Consiglio, necessaria ai sensi del secondo comma del citato articolo 89 per «gli atti che hanno valore legislativo» e comunque che abbiano richiesto una previa deliberazione del Consiglio dei ministri {cfr. articolo 10 del regio decreto 14 novembre 1901, n. 466) sarebbe ipotizzabile, nei casi di rinvio, ove si accettasse l'opinione che ritiene ammissibile un rinvio sollecitato dal Governo. In secondo luogo abbiamo i messaggi alle Camere del Presidente della Repubblica che si richiamano espressamente all'articolo 87, secondo comma, della Costituzione. Di essi abbiamo due soli esempi: il primo, datato 17 settembre 1963, del Presidente Segni; il secondo in data 15 ottobre 1975, del Presidente Leone. Entrambi sono stati stampati in apposito documento {cfr. nella IV legislatura il Doc. XII n. 1 e Vili n. 1 e, nella VI legislatura, i Doc. In. 1, rispettivamente presso la Camera dei deputati ed il Senato) e risultano controfirmati dal Presidente del Consiglio in carica, rispettivamente Leone e Moro. Peraltro, mentre il messaggio del Presidente Segni che affrontava due soli argomenti e, precisamente, quelli dell'elezione e della nomina dei giudici della Corte costituzionale e della non rieleggibilità del Presidente della Repubblica fu letto dai Presidenti delle due Camere presso ciascuna Assemblea {cfr. Atti Parlamentari, TV legislatura, discussioni Senato e Camera, 17 settembre 1963, rispettivamente p. 1051 e 1205) senza che venisse sollevato alcun problema in ordine ad un suo eventuale esame, di talché i presidenti, al termine della lettura, si limitarono a comunicare che il messaggio sarebbe stato stampato e distribuito; viceversa, nel caso qui considerato del messaggio del Presidente Leone, a parte la diversa ampiezza di contenuti, il Presidente della Camera Pertini e quello del Senato Spagnolli, comunicarono rispettivamente che: «È convocata la Conferenza

IL* MESSAGGIO ALLE CAMERE: PRECEDENTI E FORME 35 dei presidenti di Gruppo per esaminare se, come e quando dovrà essere aperta una discussione sul messaggio del Presidente della Repubblica» {cfr. Atti parlamentari, Camera dei deputati, VI legislatura, discussioni, seduta 15 ottobre 1975 p. 24057); e che si riunirà «immediatamente la Conferenza dei presidenti dei Gruppi parlamentari al fine di stabilire il calendario dei lavori dell'assemblea per i prossimi giorni, e in questo ambito, definire i tempi e le modalità di un eventuale dibattito sugli argomenti che hanno formato oggetto del messaggio del Capo dello Stato testé letto» (cfr. Atti parlamentari, Senato della Repubblica, VI legislatura, resoconto stenografico dell'assemblea del 15 ottobre 1975, p. 23518). Occorre considerare, in terzo luogo, i cosiddetti messaggi del Presidente della Repubblica rivolti al Parlamento riunito in seduta comune dei suoi membri in occasione del giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione a' sensi dell'articolo 91 della Carta fondamentale. Tali messaggi che, secondo risulta espressamente dagli Atti parlamentari delle Camere riunite, sono letti dal Capo dello Stato {cfr. sedute 12 maggio 1948, 11 maggio 1955, 11 maggio 1962, 29 dicembre 1964 ed ivi ripetuta costantemente l'identica formula: «Il Presidente della Repubblica legge il seguente messaggio») con la sola eccezione, a quanto sembra, di quello rivolto dal Presidente Leone {dagli atti parlamentari della seduta del 29 dicembre 1971, infatti, risulta la diversa formula: «Il Presidente della Repubblica pronuncia il seguente messaggio»), non trovano esplicito fondamento in una disposizione costituzionale scritta, diversamente dagli altri messaggi innanzi ricordati. Il citato articolo 91 della Costituzione, infatti, si limita a precisare che «Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni presta giuramento...» e non anche che in tale circostanza rivolge indirizzi alle Camere, tanto più che, come è stato autorevolmente rilevato {v. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1976, tomo II, p. 660) la lettera dell'articolo 87 della Costituzione prevede «l'invio di messaggi», il che «dovrebbe condurre ad escludere la lettura o pronuncia del messaggio fatta direttamente dal Presidente alle due Camere». Può forse ritenersi che, analogamente a quanto verificatosi vigente lo Statuto albertino {i cui articoli 9, 22, e 23 tacevano sul punto) si sia determinata in materia una consuetudine, anche se essa ha scopi ed obiettivi diversi da quella formatasi con i discorsi della Corona del periodo regio. Ciò che emerge con chia-

36 SILVIO TRAVERSA rezza dalle considerazioni, tuttora interessanti, di MANCINI e GA LEOTTI {cfr. Norme ed usi del Parlamento italiano, Roma 1887, p. 618 ss.) secondo i quali: «La consuetudine ha consascrato anche presso di noi la usanza inglese dell'apertura delle Sessioni col discorso della Corona. Questo anzi è l'unico atto per mezzo del quale la Corona comunica direttamente con le Camere legislative [...]. Il discorso della Corona viene letto dal Re, ma è atto essenzialmente ministeriale: esso è in certo modo il compendio del programma del Gabinetto per la Sessione. Onde la sua compilazione suol essere affidata ad uno dei ministri [...] e viene poi discusso in Consilio dei ministri. Non è possibile definir precisamente quello che vi si debba contenere, né ciò che vi debba essere taciuto». Non solo, ma per consuetudine il discorso della Corona era porto al Sovrano dal Presidente del Consiglio e le Camere erano solite approntare indirizzi di risposta. Un cenno, infine, meritano taluni interventi atipici del Capo dello Stato nei confronti delle... Camere e dei loro Presidenti che, con ogni probabilità, soltanto impropriamente potrebbero farsi rientrare nella categoria dei messaggi in senso tecnico. Intendiamo, particolarmente, richiamare due diversi precedenti verificatisi nel settennato Gronchi. Il primo concerne una lettera, inviata il 3 aprile 1957 ai Presidenti delle due Camere al fine di ottenere «un rinvio della seduta comune indetta per domani» con all'ordine del giorno: «Votazione per la nomina di un membro effettivo e di un membro supplente dell'alta Corte per la Regione siciliana». In proposito si era già autorevolmente rilevato {cfr. ESPOSITO, in Giurisprudenza costituzionale 1957, n. 894 e s.) che: «Dubbi possono essere avanzati sulla rispondenza a Costituzione della procedura seguita, poiché la nostra Carta costituzionale, se conosce e disciplina l'istituto del messaggio presi- v denziale alle Camere {articoli 73, 87 e 89), ignora invece l'istituto delle lettere presidenziali ai Presidenti delle Camere, lettere a quél che pare non personali, riservate o confidenziali, ma ufficiali. Tale infatti dovette essere considerata la comunicazione in oggetto dai Presidenti degli organi legislativi, se essi ne diedero lettura in pubblica seduta e se il Presidente della Camera la pose a base di una decisione relativa al Parlamento {che, come risulta dagli atti parlamentari, veniva poi contraddittoriamente dichiarata " attribuzione propria del Presidente della Camera" sottratta a possibilità di discussione)».

IL* MESSAGGIO ALLE CAMERE: PRECEDENTI E FORME 37 Il secondo riguarda pur sempre una lettera inviata dal Presidente della Repubblica, in data 27 dicembre 1957, ai Presidenti delle due Camere, ma che ha mero contenuto accompagnatorio. Di essa i Presidenti delle Assemblee diedero lettura nelle sedute del 21 gennaio 1958 (cfr. Atti parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, II legislatura, discussioni, rispettivamente p. 39072 e 25787) sotto il titolo: «Annunzio di un messaggio del Presidente della Repubblica per il decennale della Costituzione» rilevando entrambi, con quasi identica formulazione che: «Poiché tale trasmissione è avvenuta in periodo di aggiornamento dei lavori... la Presidenza, in considerazione dell'alto valore celebrativo del documento, ne ha nel frattempo disposto la stampa...». Occorre sottolineare, oltre quanto già da altri rilevato (cfr. «Documentazione e cronaca costituzionale», in Giurisprudenza costituzionale, 1958, n. 3501, e cioè che «// messaggio non reca la controfirma ministeriale né, a differenza della lettera di accompagnamento, la firma presidenziale»), che di tale atto non solo non si è data lettura in seduta pubblica, ma anche che la stampa del messaggio è avvenuta in forma atipica, senza cioè far ricorso ad apposito documento parlamentare, mentre esso risulta ora rilegato nei volumi delle discussioni parlamentari, in allegato alle predette sedute del 21 gennaio 1958. SILVIO TRAVERSA