Legalità e illegalità



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Legalità e illegalità I IL CONCETTO DI LEGALITÀ La legalità può essere definita come il rispetto delle leggi. Ma che cosa sono le leggi? Le leggi sono le norme (regole) imposte dallo Stato per determinare i diritti e i doveri nei rapporti tra cittadini. Infatti, il concetto di legalità comprende l'esercizio responsabile dei propri diritti e l'adempimento dei propri doveri. Benché questa definizione sia semplice ed evidente, pure la legalità non è un valore comunemente condiviso. Infatti, non esiste soltanto la clamorosa violazione delle leggi, che si realizza nella grande criminalità organizzata, nella delinquenza armata, nella corruzione all'interno delle strutture dello Stato, nell'evasione fiscale, nella microcriminalità. Al contrario, la società attuale è caratterizzata, soprattutto negli ultimi anni, da una progressiva tendenza a non percepire come illegale una serie di comportamenti che trasgrediscono le norme giuridiche (le leggi). In particolare tra i giovani, si registra la crescente tendenza a non considerare illegali alcune azioni che violano le leggi. Nel corso degli ultimi vent'anni, risulta notevolmente aumentato il numero di ragazzi che giudicano ammissibili azioni come viaggiare in autobus senza pagare il biglietto, oppure dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna. Paragonare i grandi crimini alle piccole trasgressioni può sembrare, agli occhi di molti, una forzatura: invece, entrambi i fenomeni coinvolgono la base fondamentale dell'organizzazione sociale, cioè il rapporto tra lo Stato e i cittadini. Una definizione La percezione dell illegalità 1 NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE Sin dall'antichità, l'uomo ha avvertito il bisogno di organizzare la propria convivenza in base a regole riconosciute da tutti come valide, in modo da prevenire i conflitti e creare una società che permettesse convivenze pacifiche. Quando l'uomo comprese che condividere gli obiettivi era più conveniente che scontrarsi per il trionfo del più forte, capì anche che il continuo confronto con gli altri permette di migliorarsi. L'unione degli obiettivi, se è duratura e stabile, ha come scopo la convivenza pacifica dei membri che compongono la comunità sociale così aggregata. Quando una società con fini comuni si insedia su un territorio, nasce l'organizzazione statale. Le prime regole, quelle stabilite dalle società preistoriche, venivano trasmesse di padre in figlio, ripetute di generazione in generazione e riconosciute da tutti come leggi. Queste norme fissate dalle consuetudini, insieme con quelle che derivano dalla religione, dalla morale e dall'educazione, costituiscono l'insieme delle norme sociali. Il rispetto di queste regole, liberamente poste (e presenti anche nella società attuale), non è obbligatorio: quindi chi non le rispetta non è punibile, anche se con il suo comportamento danneggia gli altri e, in ultima analisi, pure se stesso. Invece, il rispetto delle regole stabilite dallo Stato per governare la condotta dei cittadini è obbligatorio: queste regole sono dette «norme giuridiche». Che cosa s'intende per società Le prime regole Le sanzioni

L'insieme delle norme giuridiche che disciplinano una società costituisce il di- ritto vigente: il suo scopo è quello di mantenere l'ordine all'interno di quella stessa società. Infatti, in una società civile i cittadini non risolvono le loro controversie personalmente, ma, al contrario, ne affidano la risoluzione al diritto e alle autorità che lo applicano, i giudici. Il diritto vigente La trasgressione delle norme giuridiche comporta una sanzione, cioè una conseguenza negativa. Di solito, la sanzione è di carattere punitivo, cioè stabilisce che il responsabile riceva una punizione pecuniaria (una multa), se l'infrazione è leggera; oppure una punizione detentiva (l'arresto), se l'infrazione è grave. I primi codici Il diritto romano La lunga durata 3 IL DIRITTO E LA SUA EVOLUZIONE Che cos'è il diritto? Il diritto è l'insieme delle leggi che regolano il comportamento dei cittadini e la loro convivenza. Nell'antichità più remota, le leggi venivano tramandate a voce, ma ne derivava un grave pericolo: che i giudici le interpretassero a proprio vantaggio, oppure a vantaggio dei loro protetti. Fu pertanto un grande passo avanti quello compiuto dal re babilonese Hammurabi che, nel XVIII secolo a.c., ordinò di mettere per scritto le leggi, raccogliendole nel primo codice della Storia. Come tutti quelli successivi, anche il codice di Hammurabi prevedeva le sanzioni per chi non rispettava le leggi. Ogni tempo, ogni Paese ha i suoi codici. Sono stati soprattutto i Romani a influenzare la formazione del diritto, organizzandolo in modo scientifico, cioè distinguendo al suo interno due rami: il diritto penale, che prende nome dalla pena che il giudice applica a chi non rispetta la legge; il diritto civile, costituito dall'insieme di tutte le altre leggi. Gli antichi Romani svilupparono soprattutto il diritto civile, in una serie di codici il primo dei quali è noto come Legge delle XII Tavole. Grazie ai loro codici, essi poterono governare efficacemente un territorio immenso, dove convivevano popolazioni con abitudini e tradizioni molto differenti, e che rispettavano leggi diverse, spesso non scritte. Tutta la produzione del diritto romano fu poi radunata nel Codice di Giustiniano, un imperatore che regnò nel VI secolo d.c. Il diritto romano è ancora oggi alla base del nostro perché a quel tempo i giuristi (studiosi del diritto) furono tanto abili da costruire un edificio immenso, perfettamente adatto a governare i rapporti tra cittadini. Anche se in duemila anni la società è profondamente cambiata, i concetti espressi allora sono validi ancora oggi. Nella storia della società europea, il concetto di legalità ha subito profonde tra- sformazioni dovute all'evoluzione delle forme di governo. II diritto consuetudinario 4 COME SI È TRASFORMATO IL CONCETTO DI LEGALITÀ

Se il diritto all'istruzione, pur appartenendo a tutti, oggi non è praticato ovunque, ancor meno lo era nel passato. Per molti secoli, soltanto i ragazzi più fortunati e più ricchi si sono potuti avvicinare al sapere, in quanto la scuola era riservata ai membri delle famiglie nobili e alle alte gerarchie ecclesiastiche. Ne erano comunque escluse le donne (benché appartenenti ai ceti privilegiati), cui era consentito di imparare a leggere e a scrivere soltanto in casa, con precettori privati. In Italia, la scuola elementare pubblica e obbligatoria dai 6 agli 8 anni fu istituita a metà dell'ottocento; qualche anno dopo, l'obbligo fu innalzato ai 9 anni, e ai 14 nel 1923. Eppure, nel 1951 più della metà degli Italiani era analfabeta. In seguito, grazie all'istituzione della scuola media unica (uguale e obbligatoria per tutti, 1962), l'istruzione di base si diffuse in tutto il Paese. Recentemente (2003), è stata varata una riforma della scuola primaria che impone agli studenti, al termine della terza media, di scegliere tra il proseguimento degli studi e la formazione lavoro. Il costo dell'istruzione ricade sulla collettività perché è interesse generale che tutti i cittadini abbiano gli strumenti necessari per partecipare alla vita del Paese. Le differenze tra eri e oggi LA SCUOLA OGGI Varie riforme hanno cercato di modernizzare la scuola italiana e di renderla adeguata alle nuove richieste della società. 4 IL RUOLO DELLA SCUOLA L'Italia ha potuto uscire dalla condizione di scarso sviluppo e intraprendere negli anni Sessanta la via del progresso, grazie all'istruzione. 3 Lo STATO Al di fuori della famiglia e della scuola, l'individuo trova molte comunità o associazioni a cui riferirsi. Egli può farne parte liberamente e servirsene per partecipare all'amministrazione di quella che gli antichi chiamavano res publica (cosa di tuttij, cioè lo Stato. Lo Stato è la principale forma di associazione umana: una istituzione stabile, fissa, cui è assegnato il compito di regolare la convivenza fra i cittadini, fissando norme, chiarendo diritti, imponendo doveri e facendo rispettare queste disposizioni a tutti indistintamente. L'istituzione statale non è una creatura a sé stante, dotata di vita propria e lontana dai cittadini. Al contrario, essa esprime la volontà dei singoli, o almeno di La principale forma di associazior

I tre poteri Stato autoritario, totalitario, democratico alcuni di essi, ed è lo strumento attraverso cui gli uomini curano gli affari della propria comunità, facendo politica (dal greco pòlis = città). Ciò che caratterizza uno Stato, qualunque ne sia la struttura, è la presenza di: un gruppo sociale stabilito su un territorio; un insieme di norme scritte (o non scritte) che regola la convivenza e disciplina l'uso del potere; un potere sovrano che garantisce l'unità dello Stato. Questo potere è l'unico che può usare la forza per garantire la sicurezza dei cittadini all'interno del territorio e nei rapporti con l'esterno. I tre poteri fondamentali dello Stato sono: il potere legislativo (fare le leggi); il potere esecutivo (governare); il potere giudiziario (amministrare la giustizia). Se i tre poteri sono assunti da una sola persona o da un ristretto gruppo di militari o funzionari, ci troviamo di fronte a una dittatura, che dà vita a uno Stato autoritario (per esempio le dittature militari, al potere per buona parte del XX secolo in Africa e in America Latina). Quando è invece un partito unico a guidare lo Stato in nome e per conto dell'intera popolazione, senza ammettere opposizioni o voci contrarie, si è di fronte a un regime totalitario (come il fascismo, il nazismo, il comunismo nei Paesi dell'est Europa sino al 1989, ecc.). Se il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario rimangono distinti, affidati a organismi diversi, e questi sono formati da uomini e donne liberamente eletti dai cittadini ed espressi da più partiti o movimenti politici, allora vi è la democrazia. Monarchia e Repubblica Stati unitari e Stati federali 4 FORME DI STATO Altra differenza è quella che vige tra Stati monarchici e Stati repubblicani. La distinzione non si basa esclusivamente sul ruolo preminente ricoperto dal re nel primo caso, dal presidente della Repubblica nel secondo. La vera differenza risiede nel modo in cui il potere è stato assunto: nelle monarchie, secondo il principio dinastico (ereditarietà della carica); nelle repubbliche, tramite elezione che garantisce la rappresentanza del popolo. Oggi, sia il sistema repubblicano sia quello monarchico convivono, generalmente, con la democrazia: infatti si parla di repubblica democratica nel primo caso, di monarchia costituzionale nel secondo. Ma non si tratta di una regola ferrea. Infatti, le monarchie hanno contribuito all'affermazione di lunghe dittature (ad esempio, in Italia negli anni Venti-Quaranta del Novecento, con l'affermazione del fascismo), mentre alcune repubbliche, pur definendosi democratiche o popolari, in realtà hanno dato vita a regimi totalitari (per esempio, la Repubblica democratica tedesca e la Repubblica popolare cinese). A seconda del numero dei poteri sovrani, gli Stati si distinguono in unitari e federali: negli Stati unitari, su un solo popolo e su un solo territorio viene esercitato un unico potere sovrano; negli Stati federali, su uno stesso popolo e su uno stesso territorio agiscono due poteri sovrani: quello dello Stato centrale e quello degli Stati membri della federazione. L'esempio più noto è quello degli Stati Uniti, dove convi-

vono il governo federale, con sede a Washington, e i governi nazionali, insediati nelle capitali dei 50 Stati che formano l'unione. Quanto agli Stati regionali, essi fanno parte degli Stati unitari, ma se ne distinguono perché realizzano un forte decentramento di poteri a vantaggio di entità intermedie (Comuni, Province, Regioni: in questa direzione si sta sviluppando il sistema italiano). Ai tradizionali compiti assunti dallo Stato nel corso della Storia (difendere il territorio da attacchi esterni, mantenere l'ordine interno, amministrare le risorse), se ne sono aggiunti altri: l'organizzazione di un efficiente sistema scolastico; l'offerta di servizi pubblici (dai trasporti all'energia, alle telecomunicazioni); il sostegno e la cura dei più bisognosi (bambini, poveri, ammalati, anziani); la tutela dell'ambiente; la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale. Tali servizi caratterizzano il moderno Welfare State, o Stato sociale. Il «Welfare State» 4 LO STATO SOCIALE La cura degli anziani è una delle priorità, visto l'aumento dell'età media della vita. 5 FORME DI GOVERNO Il modo di organizzare il potere politico, con la sua distribuzione fra gli organi dello Stato, determina la forma di governo: infatti a ogni forma di Stato possono corrispondere diverse forme di governo. Le moderne democrazie rappresentative si distinguono sulla base dell'organo statale cui è affidato il potere di «indirizzo politico generale». Abbiamo un governo parlamentare quando il potere esecutivo risponde del suo operato al Parlamento (di cui deve avere la "fiducia"); abbiamo invece un governo presidenziale quando il Capo del governo e il Capo dello Stato sono la stessa persona, e il governo non risponde al Parlamento. Italia, Germania, Gran Bretagna sono Paesi in cui vige un sistema di governo parlamentare; gli Stati Uniti si riconoscono invece nel modello presidenziale. I sistemi democratici dell'antichità, soprattutto quello di Atene, "culla" della democrazia, prevedevano la partecipazione diretta di tutti i cittadini alla vita pubblica e alle decisioni politiche. Poiché nelle moderne realtà statali che adottano criteri democratici, questo sistema non è praticabile, i cittadini delegano qualcuno che li rappresenti e decida in loro nome. La scelta avviene tramite elezione, e gli incaricati del compito di rappresentanza sono detti "deputati", perché destinati a questo specifico ruolo. Negli Stati democratici, ogni cittadino è titolare di un diritto elettorale attivo (cioè può eleggere i deputati e i senatori) e di un diritto elettorale passivo (cioè può essere eletto deputato o senatore). I diritti elettorali possono essere perduti in seguito a una pesante condanna penale o per una grave malattia che renda incapaci di intendere e di volere. Modello parlamentare e modello presidenziale La rappresentanza