ANTINCENDIO MODALITA DELLA DISCIPLINA



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ANTINCENDIO MODALITA DELLA DISCIPLINA PREVENZIONE riduzione delle cause di incendio PROTEZIONE PASSIVA qualità dell edificio PROTEZIONE ATTIVA impianti di estinzione

CAUSE E DINAMICHE DI UN INCENDIO Lo sviluppo di un incendio ha sempre come origine l innesco di una combustione che si viene a verificare per cause accidentali, colpose e in alcuni casi dolose. Affinché il fenomeno di combustione possa avere inizio devono essere presenti contemporaneamente tre elementi fondamentali che costituiscono il cosiddetto triangolo del fuoco. Questi elementi sono il comburente, il combustibile e l energia. IL TRIANGOLO DEL FUOCO E sufficiente che uno di questi venga a mancare perché il fenomeno non si verifichi. In prima analisi sembra quindi molto semplice effettuare una efficace azione preventiva evitando la coesistenza di questi tre fattori, ma di fatto questi elementi sono costantemente presenti in ogni momento della nostra vita di tutti i giorni. Infatti il comburente più diffuso e comune è l ossigeno. Questo è presente nell aria in percentuale di circa il 21% e pertanto non può essere eliminato. Combustibili sono la maggior parte delle cose che ci circondano e che contribuiscono a soddisfare le nostre necessità ed a favorire il nostro confort. In particolare tutto ciò che è costituito da legno, carta, materie plastiche e sostanze di sintesi, tessuti, e sostanze a base organica in genere.

L energia è una qualsiasi fonte di calore che può innalzare la temperatura di una sostanza combustibile fino a favorire l inizio della sua decomposizione, con la conseguente emissione di sostanze combustibili volatili che, combinandosi con l ossigeno ed in presenza di una fonte di calore, innescano il processo di combustione. Nonostante si ponga sempre più attenzione per prevenire le cause di innesco ( scintille, corti circuiti, sovratemperature, fiamme libere, ecc) utilizzando sempre più frequentemente sistemi di controllo, di regolazione e di sicurezza sempre più sofisticati, la casualità, il verificarsi di anomalie o la semplice incuria alcune volte sono purtroppo ancora vincenti. Per incrementare maggiormente i margini di sicurezza possiamo soprattutto intervenire cercando di limitare al massimo, ed ove è possibile, l utilizzazione di sostanze combustibili e/o facilmente infiammabili, principalmente negli ambienti ove il rischio di incendio risulta essere elevato, ma anche in tutti quei casi nei quali la scelta di un materiale incombustibile al posto di un prodotto combustibile è possibile, favorendo così una maggior sicurezza. Inoltre anche fra i prodotti combustibili, il comportamento all incendio non è uniforme, ma è definito da alcune caratteristiche intrinseche del materiale, quali la facilità di innesco, la velocità di propagazione di fiamma, nonché il potere calorifico superiore, che consentono di definirne il grado di partecipazione all incendio e quindi la pericolosità.

Il potere calorifico superiore rappresenta la quantità massima di calore che può essere sviluppata da un volume unitario o da una massa unitaria di materiale quando si verifica una combustione completa. Di seguito vengono forniti i P.C.S. di alcune famiglie di materiali ed il corrispondente quantitativo di legno che sviluppa pari calore in caso di combustione. Pertanto, maggiore sarà la quantità di materiale combustibile presente in un ambiente e maggiore sarà il suo potere calorifico, tanto più sarà elevato il potenziale calorifico che si potrà sviluppare nell intero locale nel caso si dovesse verificare un incendio. Tale grandezza viene solitamente indicata col termine di carico di incendio e rappresentata dall equivalente quantitativo di Kg di legna per m 2 di superficie orizzontale del locale, in grado di fornire lo stesso potenziale calorifico sviluppabile al m 2 da tutti i materiali combustibili presenti nell ambiente. Pertanto la nascita e lo sviluppo di un incendio sono fortemente condizionati dalla natura dei materiali presenti sul luogo ove si verifica, anche se altri fattori quali la tipologia della sorgente di innesco, le dimensioni e la geometria dell ambiente, la ventilazione ecc giocano ruoli molto importanti.

Possiamo dividere lo sviluppo dell incendio in tre fasi distinte: Una prima fase di nascita e di crescita durante la quale si viene a verificare l innesco della combustione ed inizia la propagazione delle fiamme alle aree vicine alla zona di innesco. Questo provoca l insorgere di fumi e gas caldi che innalzano la temperatura delle aree vicine al fronte di fiamma, favorendone la decomposizione con conseguente crescita della zona interessata dalle fiamme. Tale fenomeno sarà tanto più rapido quanto maggiore sarà il calore sviluppato e tanto più veloce sarà la decomposizione delle sostanze presenti. La seconda fase è la fase di sviluppo vero e proprio durante la quale abbiamo la propagazione dell incendio. Il fuoco si estende a tutti i materiali combustibili presenti vicino al luogo di origine incrementando fortemente la temperatura dell ambiente tanto che, anche a causa del forte irraggiamento che ne consegue, si viene a verificare la propagazione dell incendio anche a zone non a diretto contatto col fronte di fiamma. L emissione di fumi, sempre più densi ed opachi, e di gas caldi cresce in rapida progressione. In tali condizioni il crescente sviluppo dell incendio comporta un sempre maggiore consumo dell ossigeno che partecipa alla combustione; pertanto l atmosfera diventa sempre più povera di ossigeno e sempre più irritante per la presenza delle sostanze tossiche rilasciate dai prodotti in combustione.

In alcuni casi durante questa fase si può verificare un fenomeno estremamente pericoloso e devastante chiamato flash over. Il flash-over è una condizione di incendio generalizzato che può avvenire durante la fase di sviluppo dell incendio e ne rappresenta il culmine. I gas caldi che si sono accumulati nell ambiente si incendiano simultaneamente con l effetto di una esplosione provocando un elevatissimo rilascio di calore e pertanto un forte aumento delle temperature. Tutto ciò che c è di combustibile nell ambiente brucia ed in presenza di aperture quali porte e finestre abbiamo la fuoriuscita di fiamme con la conseguente propagazione dell incendio agli ambienti circostanti. Pertanto la zona dell incendio non è più circoscritta all ambiente dove si è sviluppata ma si estende alle aree vicine. La terza ed ultima fase è quella dell estinzione. Una volta che il fuoco ha divorato, come abbiamo visto in modo più o meno violento, tutto ciò che poteva bruciare si estingue per mancanza di sostanze che lo possono alimentare. Al di là degli interventi che possono prevenire e minimizzare i rischi di innesco di incendio, è parte integrante dell aspetto sicurezza l utilizzazione di sistemi e materiali che possano segnalare tempestivamente la situazione di pericolo e far sì che l incendio si limiti alla sola fase di crescita o che quest ultima venga protratta nel tempo il più a lungo possibile prima di degenerare nella fase di sviluppo.

Questo consente la possibilità di evacuazione delle persone presenti nell area interessata e la maggior salvaguardia dei beni, consentendo un più rapido spegnimento ad opera dei vigili del fuoco. Si tratta pertanto di intervenire nella fase progettuale in funzione delle condizioni di rischio prevedendo l impiego di sistemi di protezione attiva quali per esempio : - rivelatori di fumo, temperatura, fiamma, gas - sistemi di allarme, - sistemi di spegnimento manuale e/o automatico - evacuatori di fumo e calore e di protezione passiva quali : - l utilizzazione di materiali non combustibili al posto di materiali combustibili e facilmente infiammabili - la protezione delle strutture con materiali resistenti al fuoco aventi la scopo di incrementare il tempo di mantenimento dell integrità funzionale della struttura prima del collasso, permettendo così l evacuazione delle persone ed un più rapido e sicuro lavoro di spegnimento da parte dei V.V. F.F. - la compartimentazione delle aree a rischio con lo scopo di ostacolare la propagazione dell incendio - l evacuazione naturale dei fumi e del calore I due sistemi di protezione attiva e passiva sono complementari, pertanto la loro utilizzazione associata consente di ottenere i migliori livelli di sicurezza.

Per quanto riguarda la propagazione dell incendio questa può avvenire per uno o più dei seguenti fenomeni : - convezione - irraggiamento - conduzione - per effetto di tizzoni Convezione : il calore prodotto da un materiale in fase di incendio si trasmette all aria circostante, riscaldandola e mettendola in movimento con conseguente trasferimento di calore a superfici e/o oggetti non ancora interessati dal fuoco. Irraggiamento : Il calore viene trasmesso per mezzo di onde elettromagnetiche emesse dalla zona di combustione che si trova ad alta temperatura, e viene pertanto trasferito ad altre superfici senza l intervento di alcun mezzo di trasporto. Conduzione : il calore si trasmette dal materiale in combustione alle zone a diretto contatto, propagandosi per via solida. Questo è l unico sistema di trasmissione che può intervenire in un solido o fra più solidi a diretto contatto fra loro. Per effetto di tizzoni : durante lo sviluppo dell incendio possono essere prodotte scintille e/o particelle incandescenti che se trasportate da fenomeni di convezione o più semplicemente dal vento possono favorire la propagazione agli edifici o agli oggetti circostanti.

LA COMBUSTIONE Combustione: reazione chimica fra due sostanze (sviluppo di fiamme ed energia) Comburente (generalmente O2) + Combustibile (solido, liquido o gas) Condizioni per lo sviluppo di un incendio: 1) Combustibile e comburente in opportune percentuali 2) Contatto fra combustibile e comburente 3) Temperatura di infiammabilità (TMIN. emissione vapori dal combustibile per formare con il comburente una miscela infiammabile) ed accensione (TMIN. miscela inizia a bruciare) 4) limiti inf. e sup. di infiammabilità in % di volume aria 5) limiti inf. e sup. di esplosività 6) temperatura teorica di combustione (TMAX che si può raggiungere nella combustione completa di un combustibile con una quantità teorica d aria). Temperatura incendio MODI DI ESTINZIONE Per interrompere la combustione: - azione meccanica (o di SEPARAZIONE) - azione di SOFFOCAMENTO con interposizione di incombustibile - azione di RAFFREDDAMENTO (sottrazione di Q): T < TACCENS - azione di catalisi negativa (o INIBIZIONE CHIMICA): agisce direttamente sulla combustione con idrocarburi alogenati (Halon)

La classificazione del CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione) si basa sul tipo di materiale coinvolto: - classe A (solidi combustibili) - classe B (liquidi infiammabili) - classe C (gas infiammabili) CLASSIFICAZIONE INCENDI - classe D (metalli leggeri combustibili) - classe E (apparecchiature elettriche sotto tensione) PREVENZIONE INCENDI insieme provvedimenti e metodi intesi ad evitare l insorgere degli incendi e impedirne la propagazione. DPR n. 577/82 (Regolamento generale servizi prevenzione incendi): servizio di interesse pubblico con i seguenti obiettivi: - sicurezza della vita umana - incolumità persone - tutela dei beni e ambiente Ministero dell Interno. emanazione norme tecniche in relazione alla conformità edifici civili ed industriali alle norme di prevenzione incendi. Fase progettuale: - Vie di esodo - Autorimesse - Locali per impianti tecnologici (CT, UTA, cabina elettrica, etc.) - Compatibilità materiali e strutture con l attività nell edificio - Controllo dei VVFF

PREVENZIONE INCENDI 1. Provvedimenti per ridurre al minimo le probabilità di innesco di incendio - imp. elettrici - messa a terra - ventilazione naturale / meccanica - materiali -dispositivi di sicurezza 2. Provvedimenti per rendere minimi i danni prodotti da un incendio - uscite sicurezza, impianti allarme acustico - luci sicurezza - scale a prova di fumo e protette - sfogo fumo e calore PROTEZIONE ANTINCENDIO Insieme di interventi volti a limitare i danni conseguenti ad un incendio 1. Protezione passiva - strutture a REI adeguato - distanze sicurezza - ventilazione naturale / meccanica - protezione strutture combustibili 2. Protezione attiva - estintori - idranti (capacità, portata e pressione della fonte idrica) - impianti spegnimento

ESTINTORI ED IDRANTI Protezione attiva: presidi antincendio (apparecchiature) impiegate per evitare la propagazione del fuoco. Apparecchiature: elementi portatili: ESTINTORI contiene un agente estinguente (polvere, CO2, Halon) proiettato sul fuoco sotto l azione di una pressione interna elementi fissi: IDRANTI collegate a tubazioni (manichette) provviste di lancia). Per portare acqua sul luogo dell incendio è necessario che abbia: - pressione - portata - continuità di erogazione Gli IDRANTI si suddividono in: a) Idranti a servizio di edifici civili /industriali (bocchette antincendio). A muro (uscite o pianerottoli scale) ad H=1,20-1,30 m dal pavimento in cassetta metallica. b) Idranti sottosuolo. All Aperto, ad una profondità di circa 0,70 m, indicati da chiusini in ghisa ellittici. c) Idranti a colonna fuori terra. Ai lati di strade o piazze (HFT~0,90m; hint~0,70 m) Metodologia: Planimetria edificio, Locali IL CARICO D INCENDIO Calcolo carico d incendio Q, indici di valutazione I, coefficienti di riduzione K Riferimento: Circolare n. 91/61 (nata per gli edifici in acciaio, ma applicabile anche ad altri edifici) La classe del locale (del piano o dell edificio) C si ricava moltiplicando il carico d incendio Q per un coefficiente di riduzione K. C = Q x K C = classe dell edificio (min.) Q = carico d incendio (kg.legna equivalente)

Metodologia in dettaglio (Circ. n. 91/61): 1. sommare indici di valutazione I desunti da tabella 2. determinare K (0,2-1)da grafico: K = f (I) 3. calcolare Q: il carico d incendio è un parametro che indica la quantità media (per unità di superficie) di legna standard a cui sono rapportati i materiali presenti nei locali dell edificio. 4. calcolare la classe del locale che esprime la resistenza al fuoco che devono avere le strutture del locale: - classe 15, 30, 45, 60, 90, 120, 180 5. prescrizioni per edifici con H > 30 m 6. determinazione spessori delle strutture 7. gabbie scale e ascensori (non completamente esterne ed isolate): pareti in cls armato di s min =20 cm (o acciaio rivestito di cls) 8. edifici con H > 30 m e classi 120 e 180 scale ed almeno 1 ascensore a prova di fumo IL CARICO D INCENDIO RESISTENZA E REAZIONE AL FUOCO Resistenza al fuoco dei componenti in funzione di: - destinazione d uso -carico d incendio Resistenza al fuoco: t (min) esposizione incendio (standard) durante il quale il componente deve conservare: 1. stabilità meccanica (R): resistenza; 2. tenuta ai prodotti della combustione (E): non lasciar passare né produrre fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto; 3. isolamento termico (I): ridurre la trasmissione del calore Stabilito il massimo carico d incendio si determinano le caratteristiche delle strutture (compartimentazioni) in funzione della classe dell edificio. REAZIONE AL FUOCO dei materiali: grado di partecipazione del materiale combustibile al fuoco cui è sottoposto (da classe 0 incombustibili fino a classe 5).

RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE t (min) esposizione incendio (standard) durante il quale il componente deve conservare: 1. stabilità meccanica (R): resistenza; 2. tenuta ai prodotti della combustione (E): non lasciar passare né produrre fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto; 3. isolamento termico (I): ridurre la trasmissione del calore La caratteristica R è una caratteristica della struttura portante dell edificio Per il cemento armato dipende soprattutto dallo spessore del copriferro. Le strutture in acciaio hanno caratteristica R praticamente nulla (devono essere protette dal calore per evitare che si raggiunga la temperatura di rammollimento) Per le strutture in legno esistono normative per il calcolo che utilizzano il metodo della sezione residua. (attenzione ai particolari costruttivi!) NORME PARTICOLARI -EDILIZIA SCOLASTICA (DM 26 agosto 1992) -STRUTTURE ALBERGHIERE (DM 9 aprile 94) -CIVILE ABITAZIONE (DM 9 n.246/87) -OSPEDALI E CASE DI CURA (.) -LOCALI DI PUBBLICO SPETTACOLO ( ) -IMPIANTI DI PRODUZIONE CALORE ALIMENTATI DA COMBUSTIBILE GASSOSO (D.P.R. 412 del12/4/96)

SISTEMI DI VIE DI USCITA l esodo delle persone minacciate da un incendio è universalmente riconosciuto come problema di capitale importanza, per la cui risoluzione devono essere adottati provvedimenti tecnici irrinunciabili, che hanno per scopo la tutela della incolumità delle persone dalla minaccia di un incendio, e cioè dagli effetti del calore, del fumo, dei gas tossici e del panico. I PERICOLI DEL FUMO E DEL PANICO Nel caso di un esodo di emergenza, con presenza di un incendio, si determinano condizioni particolarmente negative: - Se un individuo deve spostarsi insieme ad un gruppo di persone, ci si rende facilmente conto che ciò comporta l'insorgenza di alcuni problemi, soprattutto se lo spostamento deve avvenire con rapidità. Gli inconvenienti tendono ad aumentare notevolmente se lo spostamento avviene in condizioni di emergenza, anche se la folla si trova in luoghi aperti; è noto infatti che, in alcuni casi, l'uscita precipitosa da alcuni stadi di calcio affollati ha causato, in passato, numerose vittime schiacciate dalla folla in preda al panico. Se invece l'esodo di emergenza di un gruppo di persone deve avvenire da un luogo chiuso ed in presenza di incendio e fumi di combustione, alle difficoltà ordinariamente prevedibili per un comportamento umano già di per sé non controllato, si aggiungono gli effetti negativi dovuti all'ambiente reso particolarmente ostile dalla presenza dell incendio, e ciò può facilmente produrre nell'individuo situazioni di panico.

Il fumo prodotto da un incendio (costituito principalmente da una sospensione nell'aria di particelle solide, liquide e gassose, quali residui incombusti, ceneri, vapore acqueo) è più leggero dell'aria perché è caldo, tende a diffondersi rapidamente (con velocità dell'ordine di qualche metro al secondo), ed a salire verso l'alto (soffitto e/o piani superiori), trasportando i gas di combustione, spesso estremamente tossici e letali. La pericolosità dei fumi è dovuta sia al fatto che determina difficoltà di respirazione (irrita le mucose ed è soffocante), sia al fatto che riduce od annulla completamente la visibilità rendendo molto più difficile la fuga delle persone presenti e l'opera dei soccorritori; il fumo provoca inoltre una diminuzione della concentrazione di Ossigeno, in misura spesso pericolosa per la respirazione. Pertanto il pericolo dell incendio per la vita umana è rappresentato molto spesso, più che dal contatto diretto con le fiamme (con conseguenti ustioni), dalla abbondante produzione di fumi e di gas tossici, e dalla conseguente rapida e spesso incontrollata diffusione e propagazione della miscela fumo - gas tossici all interno degli edifici. ORGANIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI VIE DI USCITA In linea generale per sistema di vie di uscita si intende l insieme dei percorsi (orizzontali, inclinati o verticali) che conducono, dall'interno di un edificio, verso un "luogo sicuro" rispetto agli effetti provocati dall'incendio; tali percorsi possono comprendere corridoi, locali di disimpegno, vani di porte, scale, rampe, passaggi. A tal riguardo si riportano le seguenti definizioni ufficiali: sistema di vie di uscita (DM 16.11.1983), o anche via di emergenza (D.Lgs. 626): percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. uscita di emergenza (D.Lgs. 626): passaggio che immette in un luogo sicuro. luogo sicuro (DM 16.11.1983): spazio scoperto, ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentire il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico). luogo sicuro (D.Lgs. 626): luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.

Nella progettazione (o nella verifica) di un sistema di vie d'uscita si devono sempre valutare alcuni elementi fondamentali, che riguardano principalmente i seguenti aspetti: dimensionamento e geometria delle vie d'uscita; sistemi di protezione attiva e passiva delle vie d'uscita; sistemi di identificazione continua delle vie d'uscita (segnaletica, illuminazione ordinaria e di sicurezza, etc.). Il dimensionamento delle vie di uscita dovrà tenere conto di molteplici aspetti, tra i quali assumono particolare importanza: la valutazione dei fattori di rischio nei locali interessati (es.: livello del rischio di incendio, tipologia ed informazione delle persone presenti, attuazione di un sistema di gestione della sicurezza, etc); il massimo affollamento ipotizzabile nei locali; la capacità di esodo dell'edificio (es.: capacità di deflusso, numero di uscite, larghezza delle uscite, livello delle uscite rispetto al piano di campagna, etc.). L organizzazione di un sistema di vie di uscita deve considerare i seguenti aspetti: Occorre sempre prevedere, in generale, almeno due diverse vie di esodo idonee per il raggiungimento di un luogo sicuro (es.: spazio scoperto, scala a prova di fumo, compartimento antincendio separato da filtro a prova di fumo, etc.), che deve poter essere raggiunto entro un tempo molto limitato, valutabile in generale in 1 o 2 minuti. Due percorsi di esodo possono esser considerati alternativi quando, a partire da ciascun punto di riferimento,formano un angolo maggiore di45 Devono essere evitati, per quanto possibile, percorsi di uscita in un'unica direzione; qualora non possano essere evitati, la distanza da percorrere fino ad una uscita di piano o fino al punto dove inizia la disponibilità di due o più vie di uscita, non dovrebbe essere in generale superiore a 15 metri. La lunghezza massima di un percorso di uscita (fino al raggiungimento di un luogo sicuro) non deve essere mediamente superiore a 40-45 metri (salvo quanto diversamente previsto da norme specifiche).

Nel caso l'uscita dal locale adducesse ad una scala a giorno o ad una scala protetta, non essendo tali scale considerabili luoghi sicuri, nel computo della lunghezza massima del percorso di uscita deve generalmente rientrare anche lo sviluppo lineare della scala. La larghezza minima delle uscite di sicurezza e dei percorsi di esodo deve essere, in generale, di almeno 1,20 metri, salvo diverse specifiche indicazioni normative. Le porte delle uscite di emergenza, quelle in corrispondenza delle uscite di piano, ed ogni porta sul percorso di uscita, devono essere apribili generalmente nel senso di esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. Nei piani degli edifici in cui è prevista la presenza di persone con capacità motorie ridotte od impedite, devono essere previsti, in generale, spazi calmi dimensionati in base al numero dei possibili utilizzatori. Le considerazioni precedenti hanno carattere generale, e sono svincolate dal quadro di riferimento normativo; per le effettive modalità applicative occorre riferirsi a: Per le attività soggette a controlli di prevenzione incendi ai sensi del DM 16.2.1982 e/o del DPR 689/59, le caratteristiche delle vie ed uscite di emergenza sono descritte nelle normative tecniche specifiche relative alle varie attività (quando esistenti); Nei casi e/o per gli aspetti non normati, per la progettazione di un sistema di vie d'uscita per attività soggette a controlli di prevenzione incendi, si applicano i criteri tecnici generali di prevenzione incendi. Per quanto riguarda i "luoghi di lavoro", le caratteristiche delle vie ed uscite di emergenza sono descritte nel DPR 547/55, nel D.Lgs. 626/94 e nel DM 10.3.1998.

DEFINIZIONI NORMATIVE ALTEZZA AI FINI ANTINCENDI DEGLI EDIFICI CIVILI: Altezza massima misurata dal livello inferiore dell apertura più alta dell ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso. ALTEZZA DEI PIANI: Altezza massima tra pavimento e intradosso del soffitto. COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: Parte di edificio delimitata da elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi. FILTRO A PROVA DI FUMO: Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 m 2 sfociante al di sopra della copertura dell edificio, oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrapressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure aerato direttamente verso l esterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 m 2 con esclusione di condotti.

LUOGO SICURO: Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico). INTERCAPEDINE ANTINCENDI: Vano di distacco con funzione di aerazione e/o scarico di prodotti della combustione di larghezza trasversale non inferiore a 0,60 m, con funzione di passaggio di persone di larghezza trasversale non inferiore a 0,90 m. ( ) Superiormente è delimitata da spazio scoperto SPAZIO SCOPERTO: Spazio a cielo libero o superiormente grigliato avente,anche se delimitato su tutti i lati, superficie minima in pianta (m 2 ) non inferiore a quella calcolata moltiplicando per tre l altezza in metri della parete più bassa che lo delimita. La distanza fra le strutture verticali che delimitano lo spazio scoperto deve essere non inferiore a 3,50 m. ( ) CAPACITÀ DI DEFLUSSO O DI SFOLLAMENTO: Numero massimo di persone che, in un sistema di vie d uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di «modulo uno». Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento. DENSITÀ DI AFFOLLAMENTO: Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda di pavimento (persone/m 2 ). LARGHEZZA DELLE USCITE DI CIASCUN COMPARTIMENTO: Numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento totale del compartimento. MASSIMO AFFOLLAMENTO IPOTIZZABILE: Numero di persone ammesso in un compartimento. È determinato dal prodotto della densità di affollamento per la superficie lorda del pavimento.

MODULO DI USCITA: Unità di misura della larghezza delle uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0,60 metri, esprime la larghezza media occupata da una persona. SCALA DI SICUREZZA ESTERNA: Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma. SCALA A PROVA DI FUMO: Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno. SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA: Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo. SALA PROTETTA: Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura. MODULO DI USCITA: Unità di misura della larghezza delle uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0,60 metri, esprime la larghezza media occupata da una persona. USCITA: Apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2,00 metri.