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Autovalori e autovettori Matrici associate a applicazioni lineari Endomorfismi semplici e matrici diagonalizzabili Prodotti scalari e Teorema Spettrale nel caso generale 2 2006 Politecnico di Torino 1

Endomorfismo e autovettori Sia V uno spazio vettoriale su K. Un applicazione lineare f :V V da V in sé si dice un endomorfismo di V. Allora un autovettore di f con autovalore λ K è un vettore v V diverso da O tale che f (v ) = λv. Si dice anche che λ è un autovalore di f. 4 2006 Politecnico di Torino 2

Autospazi e indipendenza degli autovettori L insieme V f (λ) = {v V f (v ) = λv}, detto autospazio di f relativo a λ, è un SSV di V. Sia V un SV su K di dimensione finita e sia f : V V un endomorfismo di V con autovalori λ 1,..., λ k. Allora, scelta per ogni autospazio V f (λ i ) una k base, l insieme di vettori è libero. i L = i = 1 i 5 Endomorfismi semplici Da ora in poi considereremo solo SV di dimensione finita. Se V è uno SV su K, un endomorfismo f : V V si dice semplice se esiste una base di V formata da autovettori di f (base di autovettori per f ). 6 2006 Politecnico di Torino 3

Criterio di semplicità (1/2) Siano V un SV su K con dimv = n e f : V V un endomorfismo di V con autovalori λ 1,..., λ k. Posto d f (λ ) i = dimv f (λ ) i (molteplicità geometrica di λ ), i allora f è semplice se e solo k i = 1 f ( ) d λ = n. i 7 Criterio di semplicità (2/2) Osserviamo che questo criterio deriva dal fatto che l insieme libero L ottenuto in precedenza come unione di basi di autospazi ha esattamente k i = 1d f ( λ i ) elementi. Quindi se tale somma è uguale a n, L forma una base di autovettori per f. 8 2006 Politecnico di Torino 4

Esempio: la trasposizione (1/3) Sia T : M 2 M 2 la trasposizione:t (A) = t A. A è simmetrica se e solo se T (A) = A mentre A è antisimmetrica se e solo se T (A) = -A. Quindi i sottospazi delle matrici simmetriche e antisimmetriche sono gli autospazi V T (1) e V T (-1) di T relativi agli autovalori 1 e -1 rispettivamente. 9 Esempio: la trasposizione (2/3) Le matrici simmetriche e antisimmetriche di ordine 2 si possono scrivere rispettivamente come: a b 1 0 0 1 0 0 = a + b + c = ae 1 + be 2 + ce 3 b c 0 0 1 0 0 1 e 0 k 0 1 = k = ke k 0 1 0 4 10 2006 Politecnico di Torino 5

Esempio: la trasposizione (3/3) Si verifica facilmente che una base di V T (1), mentre base di V T (-1). 1 2 = {E 1, E 2, E 3 } è = {E 4 } è una Quindi d T (1) + d T (-1) = 3 +1 = 4 = dimm 2 : per il Criterio di semplicità T è semplice e = {E 1, E 2, E 3, E 4 } è una base di autovettori per T. 11 2006 Politecnico di Torino 6

Esempio (1/3) Se A M 2 e se = {E 1, E 2, E 3, E 4 } è la base di M 2 definita in precedenza, possiamo scrivere a b b + c b c A = = ae + E + de + E c d 2 2 1 2 3 4. Quindi le coordinate di A rispetto a sono b + c b c A = ( a,, d, ). 2 2 13 Esempio (2/3) Ora b + c b c T A at E T E dt E T E 2 2 ( ) = ( ) + ( ) + ( ) + ( ) 1 2 3 4 da cui b + c T ( A) = a T ( E 1) + T ( E 2) + d T ( E 3) + 2 b c + T ( E 4 ) 2 Osserviamo che T(E i ) = E i per i = 1, 2, 3 e che T(E 4 ) = -E 4. 14 2006 Politecnico di Torino 7

Esempio (3/3) Quindi, se M è la matrice le cui colonne ( T ) sono i vettori di coordinate ( ) = ( ) ( ) = ( ) T E 1,0,0,0, T E 0,1,0,0, 1 2 ( ) ( ) ( ) ( ) T E 3 = 0,0,1,0, T E 4 = 0,0,0, 1, abbiamo a a 1 0 0 0 b + c b + c 0 1 0 0 T 2 2 ( A) M ( T ) A = = = 0 0 1 0 d d 0 0 0 1 b c c b 2 2 15 Matrice associata (1/2) Il procedimento precedente si può generalizzare. Sia f : V W un applicazione lineare tra SV su K con dimv = n e dimw = m. Se = {v 1,..., v n } e ' = {w 1,..., w m } sono basi di V e W rispettivamente, indichiamo con M ' ( f ) la matrice le cui colonne sono i vettori f ( v i ) delle ' coordinate rispetto a ' delle immagini degli elementi di. 16 2006 Politecnico di Torino 8

Matrice associata (2/2) Per ogni v V si ha: ' ( ) ( ) f v = M f v ' La matrice M ' ( f ) si dice matrice associata a f rispetto alle basi e '. Nel caso degli endomorfismi, se = ', come nell esempio precedente, si pone M. ( f ) Nell esempio M ( T ) è diagonale: questo fatto dipende evidentemente dalla scelta di una base di autovettori per T.. 17 2006 Politecnico di Torino 9

Endomorfismi semplici e matrici diagonalizzabili (1/3) In generale possiamo affermare che un endomorfismo f : V V di un SV su K è semplice se e solo se esiste una base di V tale che la matrice M associata a f rispetto ( f ) a è diagonale. Questo sarà vero se e solo se è una base di autovettori per f. 19 Endomorfismi semplici e matrici diagonalizzabili (2/3) Supponiamo esista una base V tale che la matrice M = M ( f ) sia diagonalizzabile. Se {X 1,..., X n } K n è una base di autovettori per M, allora i vettori ' = {v 1,..., v n } di V tali che v i = X i formano una base di autovettori per f, in quanto ( ) ( ) f v i = M v i = MX i = λix i = λi v i f v = λ v. i i i 20 2006 Politecnico di Torino 10

Endomorfismi semplici e matrici diagonalizzabili (3/3) Abbiamo quindi provato che un endomorfismo f : V V di uno SV V su K è semplice se e solo se, data una base di V, la matrice M ( f ) associata a f rispetto a è diagonalizzabile. Le applicazioni associate a matrici studiate precedentemente sono un caso particolare di quanto esposto in questa lezione. 21 Esempio (1/2) Sia D : R 2 x R 2 x l endomorfismo tra i polinomi a coefficienti reali di grado 2 definito dalla derivata prima: D(p(x)) = D(a 0 + a 1 x + a 2 x 2 ) = a 1 + 2a 2 x = p (x). Se = {1, x, x 2 } è la base standard di R 2 x, allora D(1) = 0, D(x) = 1 e D(x 2 ) = 2x. 22 2006 Politecnico di Torino 11

Esempio (2/2) Quindi 0 0 0 M ( D) = 0 1 2. 0 0 0 Questa matrice ha solo l autovalore 0 con molteplicità algebrica 3, dunque non è diagonalizzabile (altrimenti sarebbe nulla!). Quindi D non è semplice. 23 Applicazioni associate a matrici diagonalizzabili (1/3) Sia 2 1 A = e consideriamo alcuni esempi. 1 2 = {e 1, e 2 } (base canonica): poiché Ae i = [A ] i per i = 1, 2, (l A ) = A. M = {(1, -1), (1, 1)} : è una base di autovettori 1 0 per A, quindi M ( l A ) =. 0 3 24 2006 Politecnico di Torino 12

Applicazioni associate a matrici diagonalizzabili (2/3) 1 0 = {(0, 1), (1, 1)}: allora M ( l A ) =. 1 3 Infatti l A (( )) ( ) ( ) ( ) la ( ) l ( ) = l = ( ) ( ) ( ) ( ) A (( )) ( ) 0,1 = 1,2 = 0,1 + 1,1 e 1,1 = 3 1,1, da cui A 0,1 1,1, 1,1 0,3. 25 Applicazioni associate a matrici diagonalizzabili (3/3) In generale, se consideriamo l applicazione lineare l A : associata a A M n, allora: K n M C K n (l A ) = A; l A è semplice se e solo se A è diagonalizzabile; una base di se lo è per A. K n è di autovettori per l A se e solo 26 2006 Politecnico di Torino 13

Definizione di prodotto scalare in generale (1/2) La nozione di prodotto scalare introdotta in precedenza per R n si può generalizzare al caso degli spazi vettoriali su R. Se V èuno spazio vettoriale su R, un prodotto scalare in V è una operazione che associa a due vettori v 1, v 2 di V un numero reale indicato con v. 1 v 2 (detto prodotto scalare di v 1 e v 2 ) in modo che valgano le stesse proprietà del prodotto scalare in. R n 28 2006 Politecnico di Torino 14

Definizione di prodotto scalare in generale (2/2) Se v 1, v 2, v 3 V e α R : PS1 Simmetria: v. 1 v 2 = v. 2 v 1 PS2 ilinearità: (v 1 + v 2 ). v 3 = v. 1 v 3 + v. 2 v 3, v 1 (v 2 + v 3 ) = v. 1 v 2 + v. 1 v 3 e (αv 1 ). v 2 = v. 1 (αv 2 ) = αv. 1 v 2. PS3 Positività: v. v 0 e v. v = 0 se e solo se v = O V. 29 Norma e ortogonalità Il prodotto scalare in R n definito in precedenza, X. Y = t XY, si dice prodotto scalare canonico in. R n Per un prodotto scalare in uno SV V, come per il prodotto scalare canonico, si definiscono le nozioni di norma ( v = v v ), di versore ( v = 1), di ortogonalità (v 1 v 2 v. 1 v 2 = 0) e quindi di base ortogonale e base ortonormale. 30 2006 Politecnico di Torino 15

Prodotti scalari in R n (1/2) Sia q = q A una forma quadratica definita positiva in n variabili. Allora, per X, Y, Z R n e α R: q A (X, Y ) = t XAY = t ( t XAY ) = t Y t AX = t YAX = = q A (Y, X ); q A (X + Y, Z ) = q A (X, Z ) + q A (Y, Z ), q A (X, Y + Z ) = q A (X, Y ) + q A (X, Z ) e q A (αx, Y ) = q A (X, αy ) = αq A (X, Y ); q A (X, X ) 0 e q A (X, X ) = 0 se e solo se X = O. 31 Prodotti scalari in R n (2/2) Quindi, una matrice simmetrica A M n ( R ) con tutti gli autovalori positivi definisce un prodotto scalare in R n dato da X. Y = q A (X, Y ). Si può provare che ogni prodotto scalare di R n è definito da una forma quadratica q A definita positiva. In particolare il prodotto scalare canonico è definito da. q In 32 2006 Politecnico di Torino 16

Prodotto scalare di funzioni Nello spazio vettoriale C 0 (I ) delle funzioni continue su un intervallo I = [a, b ], possiamo definire il prodotto scalare b a ( ) ( ) f g = f x g x dx Le note proprietà dell integrale definito implicano direttamente quelle del prodotto scalare. 33 Esempio Se I = [0, 2π], allora le funzioni π cos x e 1 senx sono versori ortogonali tra loro poiché π 1 cos x sen x dx = 0, cos x dx = sen x dx = π. 2π 2π 2 2π 2 0 0 0 Quindi tali funzioni formano una base ortonormale del SSV di C 0 (I ) da loro generato. 34 2006 Politecnico di Torino 17

Endomorfismi autoaggiunti Sia V uno SV su R in cui sia definito un prodotto scalare. Un endomorfismo f : V V si dice autoaggiunto (rispetto al prodotto scalare considerato) se f (v 1 ). v 2 = v. 1 f (v 2 ) per v 1, v 2 V. Tali endomorfismi sono sempre semplici. Il caso di R n con il prodotto scalare canonico è stato studiato in precedenza. 35 Endomorfismi autoaggiunti di R n Se A M n, l endomorfismo R l A : R n R n è autoaggiunto (rispetto al prodotto scalare canonico) se e solo se A èsimmetrica. Infatti, se A = A, t per X, Y abbiamo A R n t t t ( ) = = = ( ) = ( ). l X Y AX Y X AY X AY X l Y Viceversa, se l A è autoaggiunto, per 1 i, j n, ( ) ( ) A = e Ae = e l e = l e e = e Ae = A t t t t i, j i j i A j A i j i j i, j A. 36 2006 Politecnico di Torino 18

Teorema Spettrale nel caso generale Sia V uno SV su R di dimensione finita in cui sia definito un prodotto scalare. Allora un endomorfismo f : V V è autoaggiunto (rispetto al prodotto scalare) se e solo se esiste una base ortonormale di autovettori per f. 37 Esempio Dato l intervallo I = [0, 2π] R, consideriamo il SSV V di C 1 (I ) generato da 1 f (x )= cos x e π 1 2 f (x ) = senx con il prodotto scalare definito π dall integrale. Come in un precedente esempio, le funzioni 1 f e 2 f formano una base ortonormale di V. L applicazione D 2 : V V definita dalla derivata seconda, D 2 (f ) = f, è un endomorfismo di V e D 2 (f 1 ) = - f 1, D 2 (f 2 ) = - f 2. Quindi è una base ortonormale di autovettori per D 2 e D 2 è autoaggiunta per il Teorema Spettrale. 38 2006 Politecnico di Torino 19