Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-04-2015) 11-05-2015, n. 19358 Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Como, con ordinanza in data 17/02/2015, annullava il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Como in data 19/01/2015 nei confronti di T.D., indagato per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. Assumeva il Tribunale che il reato ipotizzato, con riferimento al periodo di imposta 2007, consumato in data 28/09/2008, dovesse ritenersi prescritto, non essendo intervenuto alcun atto interruttivo nel termine di prescrizione di anni 6. E' vero che può considerarsi atto interruttivo il processo verbale di constatazione, anche se non notificato; deve però trattarsi di verbale di constatazione redatto nei confronti del soggetto indagato e per lo stesso fatto reato. Nel caso di specie, invece, il verbale era stato redatto nei confronti di S.C.M. ed ipotizzava il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8. Secondo il Tribunale, poi, al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa ai periodi di imposta 2008 e 2009, il ricorrente aveva perduto la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione della Ecologia Ambiente s.r.l., per cui non poteva procedersi al sequestro di beni a lui appartenenti, ma eventualmente di quelli del rappresentante legale a lui subentrato. 2.Ricorre per cassazione il P.M. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como, denunciando l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 17. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato la natura oggettiva, impersonale e non ricettizia delle cause interruttive della prescrizione. E' sufficiente quindi che, prima della scadenza del termine ordinario di prescrizione, il fatto addebitato ad un determinato soggetto venga accertato.
Nel caso di specie il verbale di accertamento, a carico della Sirio Promotion s.r.l., di emissione di fatture per operazioni inesistenti, per consentire a terzi l'evasione di imposte, conteneva il contemporaneo accertamento anche del reato commesso da ciascuno degli utilizzatori delle fatture D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 2. Il reato in questione nei confronti di T.D. non era pertanto prescritto. Il Tribunale ha proceduto, poi, ad una lettura formalistica della norma, avendo ritenuto l'estraneità dell'indagato ai reati relativi ai periodi imposta 2008 e 2009 per il solo fatto che, alla data delle presentazione delle dichiarazioni,il predetto non era più il rappresentante legale. Non tiene conto, invero, che della dichiarazione infedele o fraudolenta possa rispondere anche l'amministratore di fatto. E, nel caso di specie, l'utilizzo delle fatture della Sirio Promotion srl da parte della Ecologia Ambiente srl. era iniziata quando il vecchio ed il nuovo amministratore (i fratelli T.) erano presidente e vicepresidente del Consiglio di Amministrazione e proseguita quando essi si erano scambiati la carica; inoltre bisognava tener conto dell'ingente importo delle fatture utilizzate specie se rapportato al volume di affari della società. La responsabilità per l'utilizzo delle fatture doveva, quantomeno, ravvisarsi ex art. 40 c.p., comma 2. Motivi della decisione 1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto. 2. A norma del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 17, il corso della prescrizione è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'art. 160 c.p., dal verbale di constatazione o dall'atto di accertamento delle relative violazioni. Sono quindi validi atti interruttivi della prescrizione tanto il verbale di costatazione della violazione redatto dalla Guardia di Finanza, quanto il processo verbale di accertamento.
E, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, l'efficacia interruttiva della prescrizione dipende dalla mera emanazione dell'atto non già dalla sua comunicazione all'interessato e ciò anche se l'atto abbia natura ricettizia per altri fini (Cass. sez. 3 n. 9116 di 27/05/1999; Cass. sez. 3 n. 1945 del 19/12/1996; Cass. sez. 3 n. 11977 del 9/1/2014). Non è necessario neppure che l'atto di accertamento sia portato a conoscenza dell'autorità giudiziaria, dispiegando esso l'effetto interruttivo di per sè (Cass. sez. 3, n.7106 del 5/5/1994). Come ha rilevato correttamente il ricorrente la causa interruttiva ha, quindi, carattere oggettivo, impersonale e non ricettizio. Deve, cioè, trattarsi di un'attività nel corso della quale gli Uffici finanziari o la Guardia di finanza prendano cognizione dell'esistenza del reato, con ciò manifestando la persistenza della volontà punitiva dello Stato. L'interpretazione data dal Tribunale si pone in contrasto con tali principi, in quanto si richiede che il processo verbale di constatazione venga "redatto nei confronti del medesimo soggetto accusato e concernente lo stesso fatto reato". Il carattere pacificamente non ricettizio dell'atto di accertamento risulta, però, in questo modo, "ridimensionato". Viene, infatti, arbitrariamente, a negarsi validità interruttiva all'accertamento di una determinata ipotesi di reato, per il solo fatto che essa riguardava un soggetto diverso da quello nei cui confronti era stato compilato il processo verbale. E' del tutto evidente, invece, che proprio il carattere non ricettizio dell'accertamento consenta di ritenere verificato l'effetto interruttivo in relazione a qualsiasi reato accertato in quella sede. La pronuncia richiamata in tema di interrogatorio di uno soltanto dei concorrenti non appare pertinente, trattandosi di atto tipico ex art. 160 cod. pen., che richiede la "partecipazione" dell'interessato.
Il Tribunale ha, quindi, omesso di verificare se dal verbale di constatazione risultasse accertata anche la sussistenza del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 nei confronti degli utilizzatori delle fatture (relative ad operazioni fittizie), emesse da Sirio Promotion srl. 3. Quanto al secondo motivo, il Tribunale si è limitato a prendere atto che al momento della presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta 2008 e 2009 il ricorrente non rivestisse più la carica di presidente del Consiglio di Amministrazione, senza porsi il problema di accertare se egli svolgesse il ruolo di amministratore di fatto ed i rapporti esistenti con il nuovo amministratore (fratello). 3.1. E' pacifico, invero, che anche sull'amministratore di fatto, reale detentore dei poteri all'interno dell'impresa, gravino i doveri inerenti tale carica e quindi anche gli obblighi fiscali; della loro violazione, pertanto deve rispondere, eventualmente in concorso con l'amministratore di diritto. L'equiparazione degli amministratori di fatto a quelli di diritto è stata affermata da questa Corte sia in materia civile, che penale e tributaria (cfr. Cass. civ. 5.12.2008 n. 28819; Cass. civ. 12.3.2008 n. 6719; Cass. sez. un. civ. 18.10.2005 n. 2013; Cass. civ. Sez. 5 n. 21757 del 2005; Cass. pen. n. 7203 del 2008; Cass. pen. n. 9097 del 1993; Cass. pen. n. 2485 del 1995). Tale equiparazione trova del resto precisi riferimenti normativi. il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11 parifica il legale rappresentante all'amministratore di fatto, prevedendo formalmente la diretta responsabilità anche degli amministratori di fatto. E, in base al novellato art. 2639 c.c., "L'amministratore di fatto è da ritenere gravato dall'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall'art. 40 c.p., comma 2" (Cass. pen. sez. 5 n. 7203 dell'11.11.2008). La norma di cui all'art. 2639 c.p., anche se relativa ai reati societari, contiene la codificazione di un principio generale applicabile ad altri settori penali dell'ordinamento e per la sua natura interpretativa è applicabile anche ai fatti pregressi (cfr. Cass. n. 7203/2008). Tale principio rende configurabile il concorso dell'amministratore di fatto sia nei reati commissivi che in quelli omissivi propri. 4. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di Como per nuovo esame alla luce dei rilievi e dei principi in precedenza enunciati.
P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Como.