Dispense del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore Laurea Magistrale in Matematica. Prof. Rolando Magnanini

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Dispense del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore Laurea Magistrale in Matematica Prof. Rolando Magnanini DIMAI Dipartimento di Matematica e Informatica U. Dini Università di Firenze, viale Morgagni 67/A, 534 Firenze E-mail address: magnanin@math.unifi.it

Indice Capitolo. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue.. Funzioni a variazione limitata.2. Derivabilità quasi ovunque delle funzioni a variazione limitata 3.3. Funzioni assolutamente continue 7.4. Due esempi 3 Esercizi 4 Capitolo 2. Cenni di Analisi Funzionale 7 2.. Spazi di Hilbert 7 2.2. Sistemi ortonormali 2 2.3. Funzionali ed operatori lineari 24 2.4. Il teorema di Banach-Steinhaus 29 2.5. I teoremi di Stampacchia e di Lax-Milgram 32 2.6. Operatori compatti 35 2.7. Teorema dell alternativa di Fredholm 4 2.8. Spettro di un operatore limitato 43 2.9. Spettro di un operatore compatto 45 2.. Sistemi di Sturm-Liouville 48 Esercizi 53 Capitolo 3. Serie di Fourier 57 3.. Generalità 57 3.2. Convergenza puntuale 6 3.3. Convergenza in media 64 iii

iv Indice 3.4. Nuclei di sommabilità 66 3.5. Il fenomeno di Gibbs 67 3.6. Applicazione: il metodo di separazione delle variabili 69 Esercizi 74 Capitolo 4. Trasformata di Fourier 77 4.. Generalità 77 4.2. La classe di Schwartz 78 4.3. La trasformata di Fourier in L 2 (R N ) 8 4.4. Nuclei di sommabilità 84 4.5. La formula di addizione di Poisson 88 Esercizi 9 Capitolo 5. Cenni sulle distribuzioni 93 5.. Qualche motivazione 93 5.2. Generalità 94 5.3. La derivata distribuzionale e gli spazi di Sobolev 96 5.4. Operazioni sulle distribuzioni 97 5.5. Distribuzioni a supporto compatto 2 5.6. Il teorema fondamentale per le distribuzioni 6 5.7. Le distribuzioni temperate Esercizi 2 Capitolo 6. Funzioni armoniche 5 6.. Generalità 5 6.2. La proprietà della media 6 6.3. Il principio di massimo 8 6.4. La disuguaglianza di Harnack 2 6.5. Criteri di compattezza 24 6.6. Maggiorazioni a priori delle derivate 26 Esercizi 28 Capitolo 7. Problemi al contorno 3 7.. La soluzione fondamentale 3 7.2. I problemi di Dirichlet, Neumann e Robin 35 7.3. Teoremi di unicità 35 7.4. La funzione di Green 4 7.5. Il metodo di Perron 46

Indice v 7.6. Il principio di Dirichlet 52 7.7. Riduzione ad un equazione integrale di Fredholm 57 7.8. Risoluzione di equazioni per decomposizione spettrale 63 7.9. Il principio di Rayleigh 66 7.. Domini nodali e teorema di Courant 69 Esercizi 72 Appendice A. Complementi 75 A.. Teorema di copertura di Vitali 75 A.2. La formula multinomiale 77 A.3. Formula di Taylor in R N 78 A.4. Lemma di Du Bois-Reymond 79 A.5. Il teorema di Gauss della divergenza 8 Appendice. Bibliografia 83 Appendice. Indice analitico 85

Capitolo Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue.. Funzioni a variazione limitata Sia f limitata nell intervallo [a, b] e si consideri una partizione dell intervallo [a, b]: a = x < x <... < x n = b. La variazione totale V f [a, b] di f in [a, b] è definita da { n } sup f(x i ) f(x i ) : a = x < x <... < x n = b. i= Se V f [a, b] <, si dice che f è a variazione limitata. Si noti che se f è monotona in [a, b], f è a variazione limitata e V f [a, b] = f(b) f(a). Si noti anche che se f è lipschitziana in [a, b], cioè se esiste un numero L tale che f(x ) f(x ) L x x per ogni x, x [a, b], allora si ha che V f [a, b] L(b a). Esempio... Esistono funzioni continue che non sono a variazione limitata; per esempio la funzione definita da f(x) = x cos x per x (, ], f() =.

2. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue Si ha infatti che V f [, ] n ( f i= (i + )π ) ( f iπ ) n [ = i= per ogni n N e questa espressione diverge per n. Si provano facilmente i seguenti risultati. (i + )π + iπ Teorema..2. (i) L insieme delle funzioni a variazione limitata su un intervallo [a, b] è uno spazio vettoriale. (ii) Se f e g sono a variazione limitata in [a, b], anche fg è a variazione limitata; se inoltre g µ, con µ costante positiva anche f g è a variazione limitata. (iii) Se f è a variazione limitata in [a, b] e c [a, b], si ha che ] V f [a, b] = V f [a, c] + V f [c, b]. Posto per definizione [t] + = max(t, ) e [t] = max( t, ), t R, la variazione positiva e la variazione negativa di f in [a, b] sono definite da { n } P f [a, b] = sup [f(x i ) f(x i )] + : a = x < x <... < x n = b e i= { n } N f [a, b] = sup [f(x i ) f(x i )] : a = x < x <... < x n = b, i= rispettivamente. Si osserva che V f [a, b] = P f [a, b] + N f [a, b], f(b) f(a) = P f [a, b] N f [a, b]. Da queste formule segue la seguente decomposizione di Jordan di una funzione a variazione limitata: f(x) = f(a) + P f [a, x] N f [a, x], x [a, b]. Siccome P f [a, x], N f [a, x] sono funzioni non decrescenti di x in [a, b] sussiste la seguente proprietà. Proposizione..3. Ogni funzione a variazione limitata è differenza di due funzioni crescenti. Teorema..4. Una funzione a variazione limitata ha punti di discontinuità solo di prima specie ed essi sono al più una infinità numerabile.

.2. Derivabilità quasi ovunque delle funzioni a variazione limitata 3 Dim. Siccome una funzione a variazione limitata è differenza di due funzioni monotone basta provare la proprietà per una funzione non decrescente in [a, b]. Per c [a, b] poniamo f(c ) = lim x c f(x), f(c+ ) = lim x c + f(x); è noto che questi limiti sono finiti e si ha che f(c ) f(c) f(c + ). Se f(c + ) > f(c ) il punto c è un punto di discontinuità di prima specie ed il numero f(c + ) f(c ) si dice salto della funzione f in c. Notiamo che se c,..., c m sono punti di discontinuità di f si ha m f(b) f(a) [f(c + i ) f(c i )]. i= Pertanto, per ogni n N, f ha un numero finito di salti maggiori di n e quindi ha al più una infinità numerabile di discontinuità..2. Derivabilità quasi ovunque delle funzioni a variazione limitata Sia f : [a, b] R. I quattro numeri derivati del Dini sono definiti per ogni x (a, b) da D f(x) = lim inf h D +f(x) = lim inf h + f(x + h) f(x), D h f(x) = lim sup h f(x + h) f(x), D h +f(x) = lim sup h + f(x + h) f(x), h f(x + h) f(x). h Se f è derivabile i quattro numeri derivati coincidono con la derivata. Teorema.2.. Se f è crescente in [a, b], le funzioni D f, D f, D +f e D +f da [a, b] a R sono misurabili. Dim. Dimostriamo che D +f è misurabile. Posto (.) g n (x) = sup <h< n si ha f(x + h) f(x), h D +f(x) = lim n g n(x) e quindi per provare la misurabilità di D +f basta provare la misurabilità delle g n, poiché il limite di successioni di funzioni misurabili è misurabile.

4. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue Indichiamo con Q n l insieme dei razionali compresi in (, n ) e sia f(x + h) f(x) k n (x) = sup. h Q n h Risulta sempre che k n g n per ogni n N. Inoltre, fissato ε >, per la (.) esiste un t in (, n ) tale che f(x + t) f(x) > g n (x) ε t e quindi, per densità e continuità, possiamo trovare un h Q n con h > t tale che f(x + t) f(x) > g n (x) ε. h Poiché f è crescente, avremo quindi che f(x + h) f(x) h f(x + t) f(x) h > g n (x) ε. Dunque k n (x) > g n (x) ε e, per l arbitrarietà di ε, si ha quindi che k n = g n. Le k n sono misurabili perché estremi di successioni di funzioni misurabili e quindi sono tali le g n ed, in definitiva, D +f. Analoga è la dimostrazione per la misurabilità degli altri numeri derivati del Dini. È infine chiaro che sono misurabili anche le funzioni definite da per x [a, b]. D f(x) = max{d f(x), D +f(x)}, D f(x) = min{d f(x), D +f(x)}, Lemma.2.2. Sia f crescente in [a, b]; per ogni t R risulta che (.2) f(b) f(a) t m ( {x [a, b] : D f(x) > t} ). Dim. Poniamo E = {x [a, b] : D f(x) > t}. Se m(e) = la (.2) è evidente; supponiamo quindi che m(e) >. Consideriamo la famiglia F di intervalli (α, β) aventi un estremo in E e tali che f(β) f(α) (.3) > t. β α Ogni punto di E è estremo di intervalli di F di misura inferiore a qualunque costante positiva prefissata. Infatti, se α E allora, per esempio, D +f(α) > t e quindi, per ogni ε > esiste < h < ε tale che f(α + h) f(α) > t; h basterà quindi scegliere β = α + h per avere che β α < ε e (.3).

.2. Derivabilità quasi ovunque delle funzioni a variazione limitata 5 Pertanto F copre E nel senso di Vitali. Per il Teorema di Vitali A..2, fissato ε > esiste un numero finito di intervalli disgiunti di F, (a i, b i ), i =, 2,..., n, tali che n (b i a i ) > m(e) ε (si può sempre supporre che a i < b i ). Si ha quindi che f(b) f(a) i= n [f(b i ) f(a i )] > i= n t (b i a i ) > t [m(e) ε] e, per l arbitrarietà di ε, il teorema è provato. Teorema.2.3 (di Lebesgue). Ogni funzione a variazione limitata ha quasi ovunque derivata finita. Dim. Per la decomposizione di Jordan delle funzioni a variazione limitata basta provare il teorema per una funzione f non negativa e crescente in [a, b]. Per il Lemma.2.2 si ha i= m({x [a, b] : D f(x) = + }) lim m({x [a, b] : f(b) f(a) t D f(x) > t}) lim =. t t Si noti che vale sempre che D f(x) D f(x) e che D f(x) = D f(x) se e solo se f è derivabile in x. Sia allora E = {x [a, b] : D f(x) < D f(x) < + } e supponiamo per assurdo che m(e) >. Indicato poi con p e q due numeri naturali poniamo E p,q {x E : D f(x) < p q < p + q < D f(x) < + }. È chiaro allora che E è l unione (numerabile) di tutti gli E p,q e, siccome m(e) >, esistono due numeri naturali p, q tali che m(e p,q ) >. Sia F la famiglia di intervalli [α, β] aventi almeno un estremo in E p,q e tali che f(β) f(α) < p β α q. Ragionando come nel lemma precedente, fissati δ > e x E p,q, dato che D f(x) < p q, esiste un intervallo di F avente un estremo in x e lunghezza minore di δ. Pertanto F ricopre E p,q nel senso di Vitali. Per il Teorema A..2, fissato ε > esiste un numero finito di intervalli disgiunti (a i, b i ) con [a i, b i ] F, i =,..., n, tali che, indicata con P la loro

6. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue unione, risulti che n (b i a i ) ε = m(p ) ε < m(e p,q ) < m(e p,q P ) + ε. i= Si ha quindi che n [f(b i ) f(a i )] < p q i= n (b i a i ) < p q [m(e p,q) + ε]. i= Per il precedente lemma e la definizione di E p,q si ha che f(b i ) f(a i ) p + q m(e p,q [a i, b i ]), e quindi che n [f(b i ) f(a i )] p + q i= Si ottiene dunque la disuguaglianza p q [m(e p,q) + ε] > p + q m(e p,q P ) > p + q [m(e p,q ) ε], da cui segue che m(e p,q ) < (2p + ) ε, che è assurdo. [m(e p,q ) ε]. Dimostriamo infine un importante teorema sulla derivazione per serie. Teorema.2.4 (di Fubini). Sia data una serie convergente in [a, b] di funzioni f n crescenti in [a, b] e si ponga f(x) = n N f n (x), x [a, b]. Allora f è quasi ovunque derivabile in [a, b] e f (x) = n N f n(x) per quasi ogni x [a, b]. Dim. Sostituendo f n (x) f n (a) ad f n (x), possiamo sempre supporre che f n per ogni n N. Poniamo allora R n (x) = f k (x). k=n+ Si ha che R n (x) R n+ (x) per ogni n N ed ogni x [a, b] e, per ipotesi, lim n R n(x) =, x [a, b].

.3. Funzioni assolutamente continue 7 Inoltre, le funzioni R n e R n R n+ = f n+ sono crescenti in [a, b] e quindi, per il precedente teorema, si ha che R n R n+ quasi ovunque in [a, b]. Pertanto, è definita e non negativa quasi ovunque in [a, b] la funzione g(x) = lim n R n(x), x [a, b]. La tesi seguirà dimostrando che g = quasi ovunque in [a, b]. Si osservi che R n(x) g(x) per ogni x [a, b] ed n N; quindi, posto per il Lemma.2.2, risulta che E k {x [a, b] : g(x) > /k}, R n (b) k m(e k), n N. Poiché R n (b) tende a zero per n, si ottiene che m(e k ) =. D altra parte {x [a, b] : g(x) > } è l unione di tutti gli E k e quindi anch esso ha misura nulla, cioè per quasi ogni x [a, b]. lim n R n(x) =.3. Funzioni assolutamente continue Una funzione f definita in [a, b] si dice assolutamente continua in [a, b] se, per ogni ε >, esiste un δ > tale che, fissato comunque un numero finito di intervalli disgiunti (a i, b i ), i =,..., n, contenuti in [a, b] e con n (b i a i ) < δ, risulti che i= (.4) n f(b i ) f(a i ) < ε. i= Notiamo che, per l assoluta continuità dell integrale di Lebesge, se g è sommabile in [a, b], la funzione di x è assolutamente continua in [a, b]. x a g(t) dt Proposizione.3.. Se f è assolutamente continua in [a, b], è anche continua e a variazione limitata in [a, b].

8. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue Dim. La prima affermazione è evidente. Si fissi inoltre ε > e sia δ > tale che per (a i, b i ) disgiunti e con lunghezza totale minore di δ valga la (.4). Se [α, β] è un intervallo di lunghezza minore di δ, allora { n } V f [α, β] = sup f(x i ) f(x i+ ) : α = x < x < < x n = β ε. i= Suddividiamo allora [a, b] in m intervallini [α j, β j ] della stessa lunghezza; avremo allora che m V f [a, b] V f [α j, β j ] m ε <, j= se scegliamo (b a)/m < δ. Esempio.3.2. Esistono funzioni continue che non sono assolutamente continue. Per esempio, la funzione dell Esempio.. è continua e non è a variazione limitata e quindi non può essere assolutamente continua. Si noti anche che la somma, la differenza e il prodotto di due funzioni f, g assolutamente continue in [a, b] è una funzione assolutamente continua in [a, b]; così pure il quoziente f/g, supposto g in [a, b]. Teorema.3.3. Se f è assolutamente continua in [a, b] e f quasi ovunque in [a, b], allora f è crescente. Dim. Sia [α, β] [a, b] con α < β e sia E l insieme dei punti di (α, β) dove f è derivabile e f non negativa; si ha per ipotesi che m(e) = β α. Sia ε > ; per l assoluta continuità di f esiste un δ > tale che, per ogni scelta di un numero finito di intervalli disgiunti con lunghezza totale minore di δ, vale la (.4). Per ogni x E, dato che f (x) > ε, per ogni σ > esiste un h (, σ) tale che f(x + h) f(x) > εh; gli intervalli [x, x + h] così costruiti con x E coprono E nel senso di Vitali. Pertanto, per il Teorema A..2, ce n è un numero finito, (α i, β i ), i =,..., n, tale che n (α i, β i ) > m(e) δ e f(β i ) f(α i ) > ε (β i α i ), i =,..., n. i= Ora, l insieme [α, β] \ n [α i, β i ] è costituito da un numero finito di i= intervalli, (a j, b j ), j =,..., m, ed ha misura inferiore a δ. Si ha quindi

.3. Funzioni assolutamente continue 9 che m f(b j ) f(a j ) < ε. j= D altra parte, è facile dimostrare che n f(β) f(α) = [f(β i ) f(α i )] + e quindi i= f(β) f(α) ε m [f(b j ) f(a j )] j= n (β i α i ) ε > ε(β α) ε. i= Per l arbitrarietà di ε, f(β) f(α). Siccome [α, β] è arbitrario in [a, b] con α < β, è provata la non decrescenza di f. Teorema.3.4. Se f è assolutamente continua in [a, b] e f è nulla quasi ovunque, f è costante. Dim. Infatti per il precedente teorema f è crescente e decrescente. Questo teorema ci dice anche che, se due funzioni assolutamente continue hanno la stessa derivata quasi ovunque (e cioè sono primitive della stessa funzione), allora esse differiscono per una costante. In altre parole, per le funzioni assolutamente continue, vale una parte del Teorema Fondamentale del Calcolo. In quanto rimane di questo paragrafo dimostreremo che, in effetti, per le funzioni assolutamente continue vale tale teorema in ogni sua parte. Sia E un insieme misurabile contenuto in [a, b] e sia m E la funzione definita da m E (x) = x a X E (t) dt, x [a, b]. Si noti che m E è una funzione assolutamente continua e crescente e, posto F = [a, b] \ E, si ha che m E (x) + m F (x) = x a; quindi, (.5) m E + m F = quasi ovunque in [a, b]. Teorema.3.5. Sia E [a, b] misurabile e limitato; allora si ha: m E = quasi ovunque in E, m E = quasi ovunque in [a, b] \ E.

. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue Dim. Ricordiamo che ogni insieme E misurabile e limitato si può scrivere come ( ) E = A n \ Z, n= dove gli A n sono aperti tali che A n+ A n per n N e m(z) =. Perciò basterà dimostrare la tesi solo nel caso in cui E è un unione numerabile di una successione decrescente di aperti. Se A è aperto si ha evidentemente m A = in A, perché in un intorno di ogni punto di E si ha X A =. Inoltre, m A quasi ovunque nel complementare di A, per la (.5). Supponiamo ora che E sia un unione numerabile di una successione decrescente di aperti. Si ha allora che m An m An+ e che m E (x) = x a X E (t) dt = lim n per il Teorema di Beppo Levi. x a X An (t) dt = lim n m A n (x), Si osservi ora che m A n m A n+ quasi ovunque e cioè che la funzione m An m An+ è crescente. Siccome m A m E = (m An m An+ ), n= per il teorema di Fubini.2.4 si ha che m A m E = (m A n m A n+ ) = m A lim n= n m A n. Sappiamo però che m A n = quasi ovunque in A n (e quindi in E); pertanto m E = quasi ovunque in E. Infine, posto F = [a, b] E, si ha analogamente a prima m F = quasi ovunque in F e, siccome m E + m F = quasi ovunque in [a, b], si ha m E = quasi ovunque in F. Teorema.3.6. Se f è sommabile in [a, b], la funzione definita da F (x) = x a f(t) dt, x [a, b], è quasi ovunque derivabile in [a, b] e si ha che F = f quasi ovunque in [a, b]. In altre parole, F è quasi ovunque una primitiva di f.

.3. Funzioni assolutamente continue Dim. Supponiamo dapprima che f sia semplice: n f = c i X Ei. In tal caso si ha che F = i= n c i m Ei i= e, per il precedente teorema, F = c i quasi ovunque in E i, i =,..., n, cioè F = f quasi ovunque. Supponiamo ora f sommabile e non negativa. Esiste una successione crescente di funzioni semplici s n che converge puntualmente ad f. Posto si ha che Pertanto S n (x) = x a s n (t) dt, x [a, b], lim S n(x) = F (x), x [a, b]. n F = S + (S n+ S n ) n= e, siccome S n+ S n è crescente in [a, b], per il Teorema di Fubini.2.4 si ha che F (x) = lim n S n(x) = lim s n(x) = f(x), n per quasi ogni x [a, b]. Si conclude osservando che ogni funzione sommabile è differenza di due funzioni sommabili e non negative. Teorema.3.7. Se f è a variazione limitata in [a, b], allora f è sommabile in [a, b]. Se inoltre f è assolutamente continua in [a, b], allora f(x) = f(a) + x a f (t) dt, x [a, b]. Dim. Supponiamo dapprima che f sia crescente in [a, b] e quindi che f quasi ovunque. Posto E n = {x [a, b] : n < f (x) n} si ha che f (t) dt = f (t) dt n m(e n ), [a,b] E n n= e quindi per provare la sommabilità di f basta provare che è convergente la serie sopraindicata. n=

2. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue Procedendo come di solito, possiamo dimostrare che ogni E n è ricoperto nel senso di Vitali da una famiglia di intervalli [α, β] tali che f(β) f(α) > n. β α Il Teorema di copertura di Vitali, tramite la Proposizione A..3, implica allora che, dati gli insiemi a due a due disgiunti E,..., E n esistono n insiemi a due a due disgiunti P,..., P n tali che m(e i P i ) > 2 m(e i), i =,..., n, e ciascun insieme P i costituito da un numero finito di intervalli disgiunti (α i,j, β i,j ), j =,..., m i. Si ha dunque che m i j= m i [f(β i,j ) f(α i,j )] > (i ) m(e i [α i,j, β i,j ]) = (i ) m(e i P i ) > i m(e i ). 2 Siccome f è crescente e gli intervalli (α i,j, β i,j ) sono disgiunti, si ha che n m i n i f(b) f(a) > [f(β i,j ) f(α i,j )] > m(e i ). 2 i= j= Valendo questa limitazione qualunque sia n, ne segue la convergenza della serie (n ) m(e n ), il che implica, come detto, che f è sommabile. n= Ora, ogni funzione f assolutamente continua è a variazione limitata e pertanto è la differenza di due funzioni crescenti. Quindi, anche in questo caso, f è sommabile. Posto g(x) = f(a) + x a j= i= f (t) dt, x [a, b], si ha che g = f quasi ovunque in [a, b], per il precedente teorema. La funzione assolutamente continua g f ha quindi derivata quasi ovunque nulla e quindi, per il Teorema.3.4, è costante in [a,b]; essendo g(a) f(a) = si ottiene la tesi. Osservazione.3.8. Sia f a variazione limitata in [a, b] e siano g ed s le funzioni definite da g(x) = f(a) + x a f (t) dt e s(x) = f(x) g(x), x [a, b];

.4. Due esempi 3 È chiaro che s è a variazione limitata e s = quasi ovunque in [a, b]. La funzione s si dice la parte singolare di f; risulta quindi che f = s + g, con g assolutamente continua. Perciò, ogni funzione a variazione limitata è la somma della sua parte assolutamente continua e della sua parte singolare..4. Due esempi (i) Sappiamo che la funzione di Cantor s detta anche scala di Cantor è continua, crescente e con derivata nulla quasi ovunque. Essa è quindi a variazione limitata, ma non è assolutamente continua; infatti, se lo fosse, varrebbero i Teoremi.3.4 e.3.7, cioè s sarebbe costante oppure sarebbe s() s() =. È inoltre chiaro che s coincide con la sua parte singolare. (ii) Si vuole ora definire una funzione continua nell intervallo [, ] e priva di derivata in ogni punto di [, ]. Ciò dimostrerà che l ipotesi del Teorema.2.3 è essenziale. Definiamo la funzione: {x} = min{ x n : n Z}, x R; essa è continua (anzi, lipschitziana) e periodica di periodo. Sia ora f(x) = i= { i x} i, x R; f è continua, perché definita da una serie totalmente convergente di addendi continui, dato che {i x} i i, x R, i =, 2,.... Per la periodicità di f ci si può limitare a considerarla in [, ). Ogni x [, ) ha una rappresentazione decimale definita da, a a 2 a i, dove a i sono interi compresi fra e 9; questa rappresentazione è univocamente definita supponendo di escludere il caso in cui gli a i siano definitivamente uguali a 9. Si ha quindi che (.6) (.7) { i x} =, a i+ a i+2... se, a i+ a i+2 2, { i x} =, a i+ a i+2... se, a i+ a i+2 > 2. Indichiamo con ε i un numero uguale a nel caso (.6) e uguale a nel caso (.7); indichiamo con σ j un numero uguale a se a j 4 e a j 9 e

4. Funzioni a variazione limitata e assolutamente continue uguale a se a j = 4 oppure a j = 9. Posto h j = σ j j si ha Pertanto { i (x + h j )} { i (x)} = se i j, { i (x + h j )} { i (x)} = i j σ j ε i se i < j. f(x + h j ) f(x) j = h j e quindi il valore assoluto del rapporto incrementale è un intero che ha la stessa parità di j. Pertanto non esiste finito qualunque sia x. Esercizi. Provare il Teorema..2. i= f(x + h j ) f(x) lim j h j 2. Se f è continua e a variazione limitata in [a, b] anche V f [a, x] è una funzione continua di x in [a, b]. 3. Siano x i (t) funzioni continue in [a, b], i =,..., N e sia Γ la curva in R N di equazione parametrica x(t) [x (t),..., x N (t)]. Provare che condizione necessaria e sufficiente perché Γ sia rettificabile è che le funzioni x i (t) siano a variazione limitata. 4. Costruire una funzione crescente in [, ] con discontinuità in tutti i punti di ascissa razionale. 5. Siano f crescente in [a, b] ed J x l insieme dei punti di discontinuità di f in [a, x]. La funzione s(x) = y J x [f(y + ) f(y )], x [a, b], si dice funzione dei salti di f. Provare che s(x) è a variazione limitata in [a, b] ed ha le stesse discontinuità di f; provare inoltre che la funzione g = f s è continua e a variazione limitata in [a, b] e che ε i V f [a, b] = V g [a, b] + V s [a, b]. 6. Calcolare le derivate del Dini nell origine della funzione { f(x) = x sin x per x, per x =. 7. Costruire una funzione f tale che D +f =, D +f =, D f = D f =.

Esercizi 5 8. Provare che, se f ha un massimo in un punto c, allora D f(c). 9. Sia f definita in [a, b]; provare che f è crescente in [a, b] se D f in [a, b].. Provare che, se le funzioni f n, n N, sono a variazione limitata in [a, b] e se le serie f n (a), V fn [a, b] n= sono convergenti, allora la serie n= n= f n converge ad una funzione a variazione limitata f e si ha quasi ovunque f = f n. n=. Se f è assolutamente continua in [a, b] allora la funzione [a, b] x V f [a, x] è pure assolutamente continua. 2. Costruire un insieme E contenuto in (, ) tale che m E () = 2 oppure m E () = 3. x 3. Sia f assolutamente continua in [a, b]; provare che V f [a, x] = f (t) dt. 4. La funzione f(x) = x 3 2 sin x per < x e f() = è assolutamente continua in [, ]? 5. Sia f assolutamente continua non decrescente in [a, b] e sia E [a, b], con m(e) =. Provare che m(f(e)) =. 6. Provare che una funzione lipschitziana è assolutamente continua. Provare che una funzione assolutamente continua è lipschitziana solo se f è limitata. a

Capitolo 2 Cenni di Analisi Funzionale In questo capitolo riassumiamo i risultati di Analisi Funzionale che ci saranno necessari negli altri capitoli. 2.. Spazi di Hilbert Sia X uno spazio vettoriale su R (o su C). Un prodotto interno o scalare su X è un applicazione (, ) : X X R (oppure (, ) : X X C) con le seguenti proprietà: (i) (u + v, w) = (u, w) + (v, w) per ogni u, v e w X; (ii) (αu, v) = α(u, v) per ogni u, v X ed α R (oppure α C;) (iii) (v, u) = (u, v) (oppure (v, u) = (u, v)) per ogni u, v X; (iv) (u, u) per ogni u X e (u, u) = se e solo se u =. Il prodotto interno (, ) definisce la norma = (, ) /2. Teorema 2... Sia X uno spazio vettoriale con prodotto interno (, ) e norma = (, ) /2. Allora risulta: (i) (disuguaglianza di Cauchy-Schwarz) (x, y) x y per ogni x, y X; (ii) (identità del parallelogramma) u + v 2 + u v 2 = 2 u 2 + 2 v 2 per ogni x, y X. 7

8 2. Cenni di Analisi Funzionale Dim. Esercizio. Uno spazio vettoriale H dotato di prodotto interno si dice uno spazio di Hilbert se è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno. Esempio 2..2. () Lo spazio R N con il prodotto definito da N (x, y) = x n y n, x, y R N, n= è uno spazio di Hilbert su R. Un altro prodotto scalare rispetto al quale R N è uno spazio di Hilbert è il seguente: (x, y) A = (Ax, y), x, y R N, dove A è una matrice N N simmetrica e definta positiva. (2) Lo spazio C N con il prodotto interno definito da N (z, w) = z n w n, x, y C N, è uno spazio di Hilbert su C. n= (3) Sia (X, M, µ) uno spazio di misura. Lo spazio L 2 (X, µ) = {f : X R, f misurabile con f 2 sommabile in X} è uno spazio di Hilbert sui reali rispetto al prodotto: (f, g) = f g dµ. Scegliendo X = N e µ = misura che conta, otteniamo lo spazio l 2 = {x = (x n ) n N : n N (4) In modo analogo si definisce: con X x 2 n < }, (x, y) = n N x n y n. L 2 C (X, µ) = {f : X C, f misurabile con f 2 sommabile in X}, (f, g) = X f g dµ. Teorema 2..3 (Teorema della proiezione). Sia C un sottoinsieme non vuoto, convesso e chiuso in H. Allora, per ogni u H \ C esiste un unico v C tale che u v = min{ u w : w C} = dist (u, C). Inoltre v è caratterizzato dalla proprietà: v C e (u v, w v) pe ogni w C.

2.. Spazi di Hilbert 9 Dim. Esercizio. Il Teorema 2..3 definisce un operatore P C : H C la proiezione di H su C tale che P C u = v per ogni u H. Proposizione 2..4. Sia C un sottoinsieme non vuoto, convesso e chiuso in H. Allora P C u P C u 2 u u 2, per ogni u, u 2 H. Dim. Siano v = P C u e v 2 = P C u 2 ; si ha: (u v, w v ) e (u 2 v 2, w v 2 ) per ogni w C. In particolare, ponendo w = v 2 nella prima disuguaglianza e w = v nella seconda, si ottiene: da cui segue che (u v, v 2 v ) e (u 2 v 2, v v 2 ), (u v, v 2 v ) + (u 2 v 2, v v 2 ) = (u u 2, v v 2 ) + v v 2 2 e cioè v v 2 2 (u u 2, v v 2 ) u u 2 v v 2, che è quello che basta dimostrare. Sia M un sottospazio vettoriale di H. Il complemento ortogonale di M è l insieme M = {u H : (u, v) =, per ogni v M}. Teorema 2..5. Sia M un sottospazio vettoriale non vuoto di H. (i) M è un sottospazio vettoriale chiuso in H; (ii) se M è la chiusura di M in H, allora (M ) = M; (iii) H = M M. Dim. (i) È chiaro che M è un sottospazio vettoriale di H. Sia {u n } n N M una successione convergente in H ad un elemento u H. Allora per ogni v M risulta: (u, v) = lim n (u n, v) = e cioè u M. (ii) È evidente che M (M ) e, poiché (M ) è chiuso, M (M ). Sia ora u (M ). Dato che M è un sottospazio vettoriale chiuso, dal Teorema 2..3 otteniamo che (u P M u, w) =

2 2. Cenni di Analisi Funzionale per ogni w M, cioè u P M u M, e quindi (u, u P M u) =, dato che u (M ). Perciò: ossia u = P M u M. u P M u 2 = (u, u P M u) (P M u, u P M u) =, (iii) Se u H, abbiamo già visto che u = P M u + (u P M u) con P M u M e u P M u M. Poiché M M = {}, allora tale decomposizione è unica. 2.2. Sistemi ortonormali Sia I un insieme di indici, non necessariamente numerabile. Un insieme S = {e i } i I di vettori di H si dice un sistema ortonormale se risulta: (e i, e j ) = δ ij per ogni i, j I, dove δ ij = se i = j e δ ij = se i j. Esempio 2.2.. () In l 2, l insieme S = {e n } n N con è un sistema ortonormale. e n = (,...,, n,,... ) = (δ nm ) m N. (2) Sia L 2 (T) l insieme delle funzioni f : R C, misurabili e periodiche di periodo T > e tali che f L 2 ([, T ]). L insieme S = {e 2πnt/T } n Z è un sistema ortonormale rispetto al prodotto scalare (f, g) = T T f(t)g(t) dt. Dati e,..., e n S, qual è la migliore approssimazione di un vettore u H con combinazioni lineari dei vettori e,..., e n? In altre parole, vogliamo minimizzare la funzione n f(c,..., c n ) = u c k e k al variare di c,..., c n in R. k= Se poniamo H n = span{e,..., e n }, poichè H n è chiuso, allora min{f(c,..., c n ) : c,..., c n R} = min{ u w : w H n } = u P Hn u,

2.2. Sistemi ortonormali 2 dove P Hn u = n k= c k e k per qualche scelta di numeri c,..., c n, e u P Hn u H n. In particolare, (u P Hn u, e k ) = per ogni k =,..., n e quindi c k = (u, e k ) per ogni k =,..., n. Dato che risulta che (2.) n u c k e k k= 2 = u 2 n (u, e k ) 2, k= n (u, e k ) 2 u 2. k= Teorema 2.2.2 (Disuguaglianza di Bessel). Sia S = {e i } i I un sistema ortonormale in H. Allora per ogni u H risulta che (u, e i ) 2 u 2, i I dove si è posto { n } (u, e i ) 2 = sup (u, e ik ) 2 : i,..., i n I distinti. i I k= Dim. La tesi segue direttamente dalla (2.). Il numero û(i) = (u, e i ) si dice il coefficiente di Fourier di u di indice i I. Osservazione 2.2.3. Si noti che (u, e i ) 2 = i I dove µ è la misura che conta. Corollario 2.2.4. Sia S = {e i } i I u H. I (u, e i ) 2 dµ(i), un sistema ortonormale in H e sia Allora l insieme degli indici i I tali che û(i) è al più numerabile. Dim. Infatti {i I : (u, e i ) 2 > } = m N I m, dove { I m = i I : m + u 2 < (u, e i ) } m u, m N per la disuguaglianza di Bessel, ciascun I m è finito o vuoto.

22 2. Cenni di Analisi Funzionale Teorema 2.2.5. Sia H uno spazio di Hilbert separabile. Allora ogni sistema ortonormale in H è al più numerabile. Dim. Sia D = {u n } n N un sottoinsieme numerabile denso in H ed S un sistema ortonormale in H. Per ogni e i S esiste n i N tale che 2 e i u ni < 3 Se i j, si ha che 2 = ei e j e i u ni + u ni u nj + e j u nj e quindi u ni u nj > 2/3, ossia n i n j. Abbiamo dunque stabilito una corrispondenza biunivoca di I con un sottoinsieme di N. Osserviamo ora che, a partire da una successione qualsiasi {u n } n N di elementi di H, possiamo sempre costruire un sistema ortonormale S = {e k } k N mediante il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt: si pone infatti e = u u e per ricorrenza si definisce: e k = v k v k, dove v k k = u k (u k, e j ) e j, k = 2, 3,. Se accadesse che v k = per qualche k, allora eliminiamo il vettore u k, perchè è linearmente dipendente con i precedenti. Un sistema ortonormale S in H si dice completo oppure si dice che S è una base (hilbertiana) ortonormale per H, se j= (u, e i ) = per ogni i I implica che u =. Esempio 2.2.6. Il sistema ortonormale in l 2 definito nell Esempio 2.2. () è completo, infatti se (x, e n ) = per ogni n N, risulta che x n = per ogni n N e quindi x =. Teorema 2.2.7. Sia S = {e i } i I un sistema ortonormale in H. Se span(s) = H allora S è completo. Dim. Sia u H tale che (u, e i ) = per ogni i I. Per ogni ε > esiste u ε span(s) tale che u u ε < ε; dato che u ε è una combinazione lineare finita di elementi di S, allora (u, u ε ) =. Perciò ε 2 > u u ε 2 = u 2 + u ε 2 u 2 e cioè u < ε per ogni ε >, ossia u =.

2.2. Sistemi ortonormali 23 Teorema 2.2.8. Sia S = {e i } i I un sistema ortonormale completo in H. Allora span(s) = H. In particolare, per ogni u e v H risulta: (i) u = i I û(i) e i ; (ii) u 2 = û(i) 2 ; i I (iii) (u, v) = i I û(i) v(i). La (i) e la (ii) passano sotto il nome di identità di Parseval. Dim. (i) Sia u H; per il Corollario 2.2.4, si ha che û(i) solo per un infinità numerabile di indici i I : indichiamo questi con û(n), n N. Per la disuguaglianza di Bessel (Teorema 2.2.2), la serie û(n) 2 n N converge e quindi, per ogni ε >, esiste un ν N tale che n k=m+ û(k) e k 2 = n k=m+ û(k) 2 < ε 2, per ogni n, m > ν. Perciò la successione converge ad un v H ed inoltre n û(k) e k è di Cauchy e cioè k= v = Ora, per ogni i I risulta che ( (u v, e i ) = lim u n k= û(k) e k = i I n k= û(i) e i. û(k) e k, e i ) = lim n [û(i) û(n) δ ni] =. Per la completezza di S, segue che u v = e cioè v = u. (ii) Dalla (i) segue che u 2 = ( u, lim n k= n ) û(k) e k = lim û(k) 2 = û(i) 2. i I k= n k= n û(k) (u, e k ) =

24 2. Cenni di Analisi Funzionale (iii) Dalla (ii) si ottiene: (u, v) = { u + v 2 u v 2} = 4 { û(i) + v(i) 2 û(i) v(i) 2} = 4 i I i I û(i) v(i). i I Osservazione 2.2.9. Si noti che, se vale la (iii) per ogni u e v H, allora S è un sistema ortonormale completo. Infatti, se esistesse z ortogonale ad ogni e i, scelti u = v = z in (iii) si avrebbe: z 2 = (u, v) = i I û(i) v(i) =. Osservazione 2.2.. Quanto dimostrato fin qui implica che ogni spazio di Hilbert separabile ammette una base ortonormale. Infatti da un sottoinsieme numerabile denso D possiamo costruire un sistema ortonormale S, mediante il procedimento di Gram-Schmidt. Tale sistema è completo; infatti se u è ortogonale ad ogni e i S, poiché per ogni ε > esiste un u n D tale che u u n < ε ed inoltre ( n ) (u, u n ) = (u, v n ) + u, (u n, e k ) e k = (u, v n e n ) =, k= risulta u 2 u 2 + u ε 2 = u u n 2 < ε 2 e cioè u =. 2.3. Funzionali ed operatori lineari Siano X ed Y due spazi normati. Un applicazione A : X Y si dice (i) un operatore lineare se A(αx + βy) = αax + βay per ogni x, y X e α, β R; (ii) un operatore continuo se, per ogni successione x n n N di X tale che x n x in X, risulta che Ax n Ax; (iii) un operatore limitato se esiste una costante c tale che in questo caso si pone per definizione Ax Y c x X per ogni x X; (2.2) A = sup{ Au Y : u X = } = sup{ Au Y : u X } = sup u Au Y u X.

2.3. Funzionali ed operatori lineari 25 È facile verificare che (2.2) definisce una norma nello spazio vettoriale L(X, Y ) = {A : X Y : A lineare e limitato}. Poniamo inoltre L(X) = L(X, X). Il seguente risultato è di facile dimostrazione. Teorema 2.3.. Sia A : X Y un operatore lineare. Allora A è continuo se e solo se A è limitato. Dim. Esercizio 4. Di interesse particolare è il caso in cui Y = R : si dice che A un è funzionale lineare e per chiarezza in questo case useremo la lettera L al posto di A. Lo spazio vettoriale X = L(X, R) dei funzionali lineari limitati su X si dice lo spazio duale di X. Teorema 2.3.2 (Teorema di rappresentazione di Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert e sia H il suo duale. Allora, per ogni L H, esiste un solo v H tale che Lu = (u, v) per ogni u H e L = v. Dim. Sia L H, non identicamente nullo e sia M il nucleo di L. Poichè L è lineare e continuo, allora M è un sottospazio vettoriale chiuso in H. Sia u / M e sia v = P M u ; allora u = v + (u v ), dove v M e u v M. Se u H, allora possiamo scrivere u = λ (u v ) + P M u, dove Lu = λ L(u v ) = Lu e cioè λ = Lu/Lu ; perciò, scegliendo si ha: dato che v M e P M u M. v = u v u v 2 Lu, (u, v) = λ (u v, v) + (P M u, v) = Lu, Infine, è chiaro che Lu = (u, v)) v u per ogni u H e quindi L v. D altra parte, preso u = v/ v, si ha che Lu = (u, v) = v e quindi v L. Una successione {u n } n N X in uno spazio normato si dice debolmente convergente ad un elemento u X e si scriverà u n u se, per ogni L X, Lu n Lu per n. È chiaro che, se u n u in X, allora anche u n u.

26 2. Cenni di Analisi Funzionale Per il Teorema 2.3.2 appena dimostrato, u n u in uno spazio di Hilbert H se (u n, v) (u, v) per ogni v H. Il risultato che segue ci informa che la norma di uno spazio di Hilbert è una funzione semicontinua inferiormente rispetto alla convergenza debole. Teorema 2.3.3. Sia H uno spazio di Hilbert. Se u n u in H, allora lim inf n u n u. Se inoltre u n u, allora u n u in H. Dim. Esercizio 5. Il teorema di Bolzano-Weierstrass asserisce che ogni insieme limitato di R N contiene una sottosuccessione convergente è cioè relativamente compatto per successioni. In dimensione infinita ciò non accade, come mostra la proposizione seguente. Proposizione 2.3.4. Se ogni successione limitata in H contiene una sottosuccessione convergente, allora H ha dimensione finita. Dim. Se H avesse dimensione infinita allora conterrebbe un sistema ortonormale {e n } n N (almeno) numerabile. Dato che e n e m = 2 se n m, allora {e n } n N non potrebbe contenere alcuna sottosuccessione convergente. Il prossimo risultato si può riassumere dicendo che gli insiemi limitati in uno spazio di Hilbert sono per lo meno debolmente compatti. Teorema 2.3.5 (Teorema di Banach-Alaoglu). Sia H uno spazio di Hilbert separabile e supponiamo che esista una costante c > tale che u n c per ogni n N. Allora la successione {u n } n N contiene una sottosuccessione che converge debolmente ad un elemento di H. Dim. Sia D = {v k } k N un sottoinsieme (numerabile) denso in H. Poiché (u n, v ) u n v c v per ogni n N, esiste una sottosuccessione {u n} n N di {u n } n N tale che (u n, v ) converge ad un numero reale se n. Poiché (u n, v 2 ) u n v 2 c v 2 per ogni n N, esiste una sottosuccessione {u 2 n} n N di {u n} n N tale che (u 2 n, v 2 ) converge ad un numero reale se n. Iterando questo ragionamento, fissato k N esiste {u k n} n N {u k n } n N {u n } n N tale che (u k n, v k ) converge ad un numero reale se n.

2.3. Funzionali ed operatori lineari 27 La successione {u n n} n N sarà allora tale che (u n n, v k ) converge se n per ogni k N fissato. Fissati allora v H e ε >, esiste k N tale che ed inoltre esiste ν N tale che per ogni n, m > ν. v v k < ε 3c, (u n n, v k ) (u m m, v k ) < ε 3, Perciò, per ogni n, m > ν risulta che (u n n, v) (u m m, v) (u n n, v) (u n n, v k ) + (u n n, v k ) (u m m, v k ) + (u m m, v k ) (u m m, v) < (u n n, v v k ) + ε 3 + (um m, v k v) u n n v v k + ε 3 + um m v v k < ε. Da ciò segue che è ben definito il funzionale L : H H tale che Lv = lim n (un n, v) per ogni v H. È chiaro inoltre che L è lineare e limitato con L c. Per il Teorema 2.3.2, esiste u H tale che Lv = (u, v) per ogni v H; dunque lim n (un n, v) = (u, v) per ogni v H, ossia u n n u per n. Siano H e H 2 spazi di Hilbert e sia A : H H 2 un operatore lineare. Il rango di A è il sottospazio di H 2 : R(A) = {Au : u H }, mentre il nucleo di A è il sottospazio di H : N(A) = {u H : Au = }. Osservazione 2.3.6. Si noti che, se A L(H, H 2 ), N(A) è sempre un sottospazio vettoriale chiuso. Invece il sottospazio vettoriale R(A) non è detto che sia chiuso. Per esempio, sia H = H = H 2 = L 2 (R N ) e sia a L 2 (R N ) L (R N ), a / C (R N ). Sia inoltre A : H H definito da Au = a u. Per la disuguaglianza di Young Au = a u a u per ogni u H, e quindi A è limitato e A a.

28 2. Cenni di Analisi Funzionale Per la disuguaglianza di Hölder, a u a 2 u. Sia {a n } n N C (RN ) una successione convergente ad a in L 2 (R N ); allora a n u C (R N ) e, dato che a n u a u a n a 2 u, a n u converge uniformemente ad a u e quindi Au = a u C (R N ). Questo significa che R(A) C (R N ). Prendiamo ora u n (x) = n N j(nx) con j C (RN ) e R N j dx = ; è chiaro che Au n = a u n converge ad a in H. Abbiamo quindi dimostrato che a R(A), dimostrando quindi che R(A) non può coincidere con la sua chiusura, dato che a / R(A). Sia ora A L(H, H 2 ); fissato u H 2, il funzionale lineare f u : H R definito da f u (v) = (u, Av) 2 per ogni v H è limitato su H e quindi, per il Teorema 2.3.2, esiste un solo elemento A u H tale che (A u, v) = (u, Av) 2 per ogni v H. L applicazione A : H 2 H è lineare e come vedremo limitata: si dice che A è l operatore aggiunto di A. Proposizione 2.3.7. Sia A L(H, H 2 ). Allora inoltre R(A) = N(A ) e R(A ) = N(A) ; H 2 = R(A) N(A ) e H = R(A ) N(A). Dim. Poiché R(A) è un sottospazio vettoriale di H 2, risulta che H 2 = R(A) R(A), per la Proposizione 2..5. D altra parte, dato che (Au, v) 2 = (u, A v) per ogni u H e v H 2, si ha che v R(A) se e solo se v N(A ) e quindi R(A) = N(A ), da cui H 2 = R(A) N(A ). Inoltre R(A) = (R(A) ) = N(A ) In modo analogo, si dimostrano le altre due asserzioni. Proposizione 2.3.8. Se A L(H) allora anche A L(H) e A = A = AA = A A. Dim. Per ogni u H si ha che (2.3) A u 2 = (A u, A u) = (A A u, u) A A u u A A u u, e quindi A u A u, da cui A A, cioè anche A è limitato. Inoltre, dall ultima disuguaglianza in (2.3), si ottiene che AA A A, mentre dalla prima disuguaglianza in (2.3), si ha che A u 2 AA u u AA u 2,

2.4. Il teorema di Banach-Steinhaus 29 e quindi A 2 AA A A. Scambiando A con A, si ottiene che A 2 A A A A. Perciò A = A = AA = A A. Si dice che A è simmetrico o autoaggiunto se A = A. Proposizione 2.3.9. Sia A L(H) simmetrico. Allora A = sup{(au, u) : u = }. Dim. Sia M il secondo membro della precedente uguaglianza e sia u H con u =. Dato che (Au, u) A, allora M A. D altra parte, è facile mostrare che 4(Au, v) = (A[u + v], u + v) (A[u v], u v). Presi u e v unitari, abbiamo allora 4(Au, v) M{ u + v 2 + u v 2 } = 2M { u 2 + v 2 } = 4M, per la definizione di M, e dunque (Au, v) M. Scegliendo v = Au/ Au, si ha che Au M e quindi A M. Esempio 2.3.. Siano H = R N, H 2 = R M e A : R N R M la matrice M N di elementi a ij, i =,..., M, j =,..., N. Allora A : R M R N non è altro che la matrice trasposta N M di elementi a ji, i =,..., M, j =,..., N. Esempio 2.3.. Sia H = H = H 2 = l 2 (C) e sia A : H H definito da dove a : N C e Allora Au = n N a(n) û(n) e n, sup a(n) <. n N A = sup a(n) e A u = a(n) û(n) e n. n N n N 2.4. Il teorema di Banach-Steinhaus Utilizzeremo il seguente risultato di topologia (per una dimostrazione, si veda [Ru]). Teorema 2.4. (Lemma di Baire). In uno spazio metrico completo X l intersezione numerabile di sottoinsiemi densi aperti di X è densa in X o, equivalentemente, l unione numerabile di chiusi con interno vuoto ha interno vuoto.

3 2. Cenni di Analisi Funzionale Teorema 2.4.2 (Banach-Steinhaus). Siano X uno spazio di Banach ed Y uno spazio vettoriale normato. Sia inoltre {T α } α A una famiglia di operatori lineari e limitati di X in Y. Allora o risulta che o esiste x X tale che sup T α <, α A sup T α x Y =. α A Dim. Sia φ(x) = sup T α x, x X, α A e sia V n = {x X : φ(x) > n}, n =,, 2,. Ogni funzione x T α x è continua e quindi φ è semicontinua inferiormente; dunque ogni V n è aperto. Se ogni V n è denso in X, allora per il Teorema 2.4. anche V n è denso in X e quindi φ(x) = per ogni x Altrimenti, se esiste ν N tale che V ν non è denso in X, esisterà x X ed r > tale che B X (x, r) V ν = ; ciò implica che φ(x + y) ν per ogni y tale che y r e quindi n= V n. T α (x + y) ν, n= per ogni α A ed ogni y r. Perciò, posto y = rx/ x, si ha: T α x = r x T α y r x { T α x + T α (x + y) } 2ν r x, per ogni α A e quindi sup T α 2ν α A r. Teorema 2.4.3 (Teorema dell applicazione aperta). Siano X ed Y due spazi di Banach e sia T : X Y un operatore lineare, limitato e suriettivo. Allora esiste una costante c > tale che T (B X (, )) B Y (, c). In particolare, l immagine di un aperto di X è un aperto di Y. Dim. Dimostriamo dapprima che esiste c > tale che (2.4) T (B X (, )) B Y (, 2c).

2.4. Il teorema di Banach-Steinhaus 3 Siano Y n = nt (B X (, )); poiché Y = n N Y n, per il Teorema 2.4., esiste ν N tale che l interno di Y ν è non vuoto. Ne segue che anche l interno di T (B X (, )) è non vuoto. Siano c > e y Y tali che B Y (y, 4c) T (B X (, )); in particolare T (B X (, )) contiene y e, per simmetria, y. Perciò B Y (, 4c) = y + B Y (y, 4c) T (B X (, )) + T (B X (, )) = 2T (B X (, )), dove l ultima uguaglianza segue dal fatto che T (B X (, )) è convesso. Dunque vale la (2.4). Dimostriamo ora l asserzione del teorema. Fissiamo y Y con y < c. Dalla (2.4) segue che y T (B X (, /2)), cioè, per ogni ε >, esiste z X con z < /2 tale che y T z < ε. Scegliendo successivamente ε = c/2 n, n =, 2,, esiste una successione {z n } n N X tale che z n < 2 n e y T (z + + z n )) < c 2 n, per ogni n N. La successione x n = z + + z n è pertanto di Cauchy. Sia x il limite di x n ; risulta che y = T x, dato che T è continuo. Si noti infine che n x n z + z k z + 2, k=2 e quindi x z + 2 <, cioè y T (B X(, )). Se ora A è un aperto di X e y T (A), esiste x A tale che y = T x. Poiché A è aperto, esiste B X (x, r) A; perciò, per quanto finora dimostrato, esiste c > tale che B Y (y, rc) = y + r B Y (, c) y + r T (B X (, r)) = T (x + B X (, )) = cioè T (A) è aperto. T (B X (x, r)) T (A), Corollario 2.4.4. Siano X ed Y due spazi di Banach e sia T : X Y un operatore lineare, limitato e biunivoco. Allora T : Y X è limitato. Dim. Per ogni x X con x, si ha che u = x/( x ε) / B X (, ) per ogni < ε < x. Perciò T u / T (B X (, )) e quindi T u / B(, c), per il Teorema 2.4.3. Perciò T x = T u c x ε e, facendo tendere ε a zero si ottiene che per ogni x. x c T x,

32 2. Cenni di Analisi Funzionale Ciò implica che T è limitato. 2.5. I teoremi di Stampacchia e di Lax-Milgram Richiamiamo il teorema di Picard. Teorema 2.5. (Teorema di Picard della contrazione). Sia (X, d) uno spazio metrico completo e sia F : X X una contrazione e cioè tale che esiste α (, ) tale che per ogni x, y X. d(f (x), F (y)) α d(x, y) Allora esiste un solo x X tale che F (x) = x. Dim. Sia x X e sia x n+ = F (x n ), n =,, 2,. Risulta: d(x n+, x n ) = d(f (x n ), F (x n )) αd(x n, x n ) = e perciò d(x n+p, x n ) αd(f (x n ), F (x n 2 )) α 2 d(x n, x n 2 ) α n d(x, x ), p d(x n+k, x n+k ) d(x, x ) k= d(x, x ) αp α αn. p α n+k = Dunque {x n } n N è una successione di Cauchy e quindi esiste x X tale che x n x se n. Poiché F è continua, si ha che x = lim n x n = lim n F (x n ) = F (x). Se x fosse un altro punto fisso, allora d(x, x ) = d(f (x), F (x )) α d(x, x ), k= e quindi x = x dato che α <. Sia H uno spazio di Hilbert. Una forma bilineare a : H H R si dice continua se esiste una costante C > tale che a(u, v) C u v per ogni u, v H; essa si dice inoltre coercitiva se esiste α > tale che a(u, u) α u 2 per ogni u H.

2.5. I teoremi di Stampacchia e di Lax-Milgram 33 Teorema 2.5.2 (Stampacchia). Sia H uno spazio di Hilbert e sia H il suo duale. Sia a : H H R una forma bilineare continua e coercitiva e sia K un sottoinsieme convesso, chiuso e non vuoto di H. Allora, per ogni L H esiste un unico u K tale che (2.5) a(u, v u) L(v u) per ogni v K. Inoltre se a è simmetrica, allora u è caratterizzata dalle proprietà { } u K e 2 a(u, u) Lu = min a(v, v) Lv : v K. 2 Dim. Per il Teorema 2.3.2, esiste f H tale che Lu = (f, u) per ogni u H. Inoltre, fissato u H, l applicazione v a(u, v) è lineare e continua su H e quindi esiste un solo elemento Au H tale che a(u, v) = (Au, v) per ogni v H. È chiaro che A : H H è un operatore lineare ed inoltre (Au, v) = a(u, v) C u v per ogni u, v H, da cui segue che Au C u, cioè A è limitato. Risulta anche che (Au, u) α u 2 per ogni u H, dato che a è coercitiva. Bisogna dunque trovare u K tale che (Au, v u) (f, v u) per ogni v K; questo equivale a dire che per qualche β > risulta: (βf βau + u u, v u) per ogni v K. Quest ultima disuguaglianza caratterizza u come la proiezione di βf βau + u su K, cioè (vedi Teorema 2..3). u = P K (βf βau + u) Ci siamo dunque ricondotti a dimostrare l esistenza di un β > tale che l applicazione F : K K definita da F (v) = P K (βf βav + v) abbia un punto fisso. Per la Proposizione 2..4, risulta: F (v ) F (v 2 ) = P K (βf βav + v ) P K (βf βav 2 + v 2 ) v βav (v 2 βav 2 )

34 2. Cenni di Analisi Funzionale per ogni v i, v 2 K. Perciò: F (v ) F (v 2 ) 2 = v v 2 2 2β(A[v v 2 ], v v 2 ) + β 2 A(v v 2 ) 2 v v 2 2 2αβ v v 2 2 + β 2 C 2 v v 2 2 = ( 2αβ + β 2 C 2 ) v v 2 2, per ogni v i, v 2 K, per la coercività e la continuità di A. Scegliendo β < 2α/C 2, abbiamo che 2αβ + β 2 C 2 < e quindi F è una contrazione (sullo spazio metrico completo K) e perciò esiste un solo u K tale che u = F (u) = P K (βf βau + u). L elemento u K è unico. Infatti, se u, u 2 K fossero due elementi soddisfacenti la (2.5) per ogni v K, scegliendo successivamente in (2.5) u = u e v = u 2, u = u 2 e v = u, si avrebbe rispettivamente: a(u, u 2 u ) L(u 2 u ) e a(u 2, u u 2 ) L(u u 2 ). Perciò si otterrebbe: α u 2 u 2 a(u 2 u, u 2 u ) = a(u 2, u 2 u ) a(u, u 2 u ) = ossia u = u 2. a(u 2, u u 2 ) a(u, u 2 u ) L(u u 2 ) L(u 2 u ) =, Nel caso in cui a è simmetrica, allora [u, v] = a(u, v) è un (altro) prodotto scalare su H, che induce la norma [u, u] /2, che risulta equivalente alla norma, dato che a è continua e coercitiva. Applicando il Teorema 2.3.2 allo spazio di Hilbert (H, [, ]), esiste g H tale che [g, v] = Lv, per ogni v H. Perciò, per ogni v K risulta che L(v u) a(u, v u) = [g, v u] [u, v u], cioè u non è altro che la proiezione P K g nel senso del prodotto scalare [, ]. In altre parole, per il Teorema 2..3, u minimizza il funzionale v [g v, g v] /2 = a(g v, g v) /2 su K, quindi il funzionale v a(g v, g v), o, ancora, il funzionale v 2 a(v, v) a(g, v) = 2 a(v, v) Lv. Teorema 2.5.3 (Lax-Milgram). Sia H uno spazio di Hilbert e sia H il suo duale. Sia a : H H R una forma bilineare continua e coercitiva. Allora, per ogni L H esiste un unico u H tale che a(u, v) = Lv per ogni v H.

2.6. Operatori compatti 35 Inoltre se a è simmetrica, allora u è caratterizzato dalla proprietà { } a(u, u) Lu = min a(v, v) Lv : v H. 2 2 Dim. Per il Teorema 2.5.2 (con K = H), esiste u H tale che a(u, v u) L(v u) per ogni v H. Poiché anche u v H, allora a(u, v u) L(v u) per ogni v H e quindi a(u, w) = Lw per ogni w = v u H. 2.6. Operatori compatti Un operatore lineare K : H H 2 si dice compatto se, per ogni successione limitata {u n } n N H, esiste una sottosuccessione {u nj } j N {u n } n N tale che {Ku nj } j N converge in H 2. Esempio 2.6.. Sia H come nell Esempio 2.3. e sia K L(H) definito da n K n u = a(j) û(j) e j, u H. j= Si ha che R(K n ) = span{e j } j=,...,n, che è uno spazio lineare di dimensione finita. L immagine di ogni limitato è quindi un sottoinsieme limitato di uno spazio di dimensione finita e quindi è relativamente compatta. Perciò, K n è compatto. Un operatore il cui rango abbia dimensione finita si dice di rango finito. Proposizione 2.6.2. Se K : H H 2 è compatto, allora è limitato. Dim. Se K non fosse limitato, per ogni n N esisterebbe u n H tale che Ku n 2 > n u n. Dato che u n, posto v n = u n / u n, avremmo che v n =, ma Kv n 2 > n, cioè nessuna sottosuccessione di {Kv n } n N potrebbe convergere. Questo contreddice il fatto che K è compatto. Teorema 2.6.3. Si verificano le seguenti affermazioni. (i) Se A : H H 2 è limitato e K : H 2 H 3 è compatto, allora KA è compatto. (ii) Siano K n : H H 2 compatti e supponiamo che K n K se n ; allora anche K è compatto.