QUADERNO 1 Nuovi materiali e tecnologie
QUADERNO 1 Nuovi materiali e tecnologie Come abbiamo avuto modo di sottolineare, la scelta dei materiali corretti per realizzare il packaging per il settore del Food and Beverage è una scelta complessa, che deve tenere in conto molte implicazioni: il costo del materiale, le tecnologie di processo per la lavorazione, la compatibilità al contatto alimentare, le modalità di trasporto e di utilizzo, la gestione del rifiuto. Nella valutazione degli impatti ambientali legati al ciclo di vita di un prodotto (LCA) i materiali svolgono un ruolo determinante. L origine (naturale o artificiale), i processi di estrazione e di prima trasformazione per ottenere una materia prima dovranno essere valutati attentamente e dovranno essere cercate soluzioni che minimizzino gli impatti già in queste prime fasi. Ma la scelta del materiale ha poi ripercussioni significative su tutta la successiva valutazione del ciclo di vita. I processi industriali necessari per la realizzazione di un prodotto così come la fase di trasporto del prodotto stesso dipendono inevitabilmente dai materiali scelti. Nuove tecnologie più eco-efficienti, materiali più leggeri e una progettazione più attenta possono contribuire a minimizzare gli impatti in tutte queste fasi. I prodotti del presente sono i rifiuti del futuro; vanno quindi individuati e preferiti materiali che meglio si prestano alle best practices di gestione dei rifiuti (Waste Management), ovvero materiali riutilizzabili, riciclabili, biodegradabili e/o compostabili. I successivi quaderni cercano di dare una risposta a questi temi presentando materiali che possono ridurre il peso dei prodotti (Quaderno n. 2), materiali naturali o biodegradabili (Quaderno n. 4) e materiali che possono migliorare la gestione del fine vita del prodotto (Quaderno n. 3). Come riportato nel documento FBP-Main Issues, un ultimo ma fondamentale aspetto legato al settore dell FBP riguarda la capacità del materiale di proteggere il prodotto dalla degradazione fisica e biologica, limitando in tal modo lo spreco di alimenti, la cui produzione ha richiesto energia e creato impatti nell ambiente. L impiego di nuovi materiali rappresenta oggi uno degli strumenti più efficaci per conferire valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica ai prodotti e in termini di ecosostenibilità. Questo quaderno vuole descrivere i materiali attualmente utilizzati per il packaging nel settore Food&Beverage e quali sono le novità presenti nel mercato, con uno sguardo finale ai prossimi sviluppi tecnologici. I materiali utilizzati nel settore del packaging possono essere suddivisi in 5 famiglie.
1. VETRO Prodotto a partire prevalentemente da sabbie silicee, con il vetro si realizzano contenitori impermeabili e facili da aprire. In molti Paesi tali contenitori vengono riutilizzati o riciclati in percentuali molto alte. Una delle fasi più impattanti del ciclo di vita del packaging in vetro è senz altro la produzione, dove sono necessarie elevate temperature e movimentazione continua dei pezzi. La riduzione degli attriti negli impianti di produzione, per esempio, può limitare il consumo energetico globale del processo. Alternativi ai tradizionali sistemi di lubrificazione ad olio o grasso, esiste uno speciale coating a solvente acquoso, asciutto al tatto, additivato con microsfere, visibili solamente mediante l utilizzo del microscopio, contenenti uno speciale olio lubrificante. Nel caso di sfregamento, e quindi di attrito, le microsfere si rompono, rilasciando la sostanza contenuta all interno, formando un microfilm lubrificante tra le due parti in contatto. cross section: open microcapsule lubrificant layer TOUCH DRY friction partner lubrificant layer anti friction coating layer coated component
2. METALLO Il metallo viene oggi utilizzato per realizzare contenitori, fogli o sistemi di chiusura. I due metalli più utilizzati sono senz altro acciaio stagnato e alluminio con i quali si producono lattine e scatole. Entrambi i materiali sono attualmente riciclati. La fase di produzione dei metalli richiede un dispendio di energia notevole; la fase di riciclo è pertanto molto importante, in quanto il consumo di energia in questa fase risulta molto inferiore rispetto a quella utilizzata nella linea primaria di produzione. I fogli metallici sono utilizzati anche per realizzare accoppiati con cartoni e/o plastica, per realizzare multistrati flessibili ma meccanicamente resistenti ed impermeabili.
3. CARTA E CARTONE La carta è ricavata da materie prime fibrose prevalentemente vegetali, saldate tra loro ed essiccate. Il limite principale della carta riguarda la sua scarsa impermeabilità e la sua igroscopicità. Viene utilizzata come packaging primario, accoppiata con fogli metallici o trattata con speciali rivestimenti superficiali che conferiscono proprietà barriera, e come packaging secondario e terziario, dove raggiunge livelli altissimi di percentuale di riciclo. Alternativo ai tradizionali trattamenti barriera, esiste un innovativo trattamento superficiale per carta in grado di offrire proprietà barriera superiori al polietilene e un impatto ambientale ridotto. Si tratta infatti di un coating a base di carbonato di calcio (CaCO 3 ) e polietilene a bassa densità LDPE, realizzato in spessori da qualche micron fino all ordine del millimetro. E un prodotto che si può dunque definire ecocompatibile in quanto consente di ridurre notevolmente le emissioni di CO 2 in atmosfera e il consumo di energia necessaria per la produzione del packaging stesso. Questo trattamento viene impiegato nel settore del packaging su substrati cartacei, sia vergini che da riciclo, e consente di ridurre del 60% (in peso) l impiego di materiale plastico rispetto ad un packaging che utilizza LDPE puro come film barriera.
4. POLIMERI Ottenuti a partire da petrolio, sono presenti nel mondo del packaging in molteplici tipologie. In particolare i polimeri più utilizzati sono il polietilene (PE), utilizzato prevalentemente in fogli e imballaggi flessibili e sottili, il polipropilene (PP), per realizzare confezioni e chiusure, e il polietilenterftalato (PET) per realizzare bottiglie e flaconi, Polistirene (PS) per realizzare espansi. Il packaging in polimero può essere riutilizzato, riciclato o utilizzato per il recupero energetico. Uno dei limiti principali dei polimeri riguarda la loro provenienza fossile e la notevole stabilità del prodotto a fine vita (rifiuto). Di notevole interesse quindi sono i polimeri derivanti da risorse rinnovabili, riciclabili e biodegradabili, definiti biopolimeri. I biopolimeri sono polimeri derivati da risorse rinnovabili generalmente mais, canna da zucchero, amido di patata o olio di ricino. Come esposto nel Quaderno n. 2, per biodegradazione si intende un processo che consente a determinati microbi di digerire intere strutture molecolari presenti nei materiali polimerici. Ad oggi le organizzazioni internazionali che hanno stabilito gli standard e i metodi di test sono: American Society for Testing and Materials ASTM-6400-99 European Standardisation Committee (CEN) EN 1 3432 International Standards Organisation (150) I S 0 14855 German Institute for Standardization (DIN) Dl N V49000 ASTM, CEN e DIN standards specificano i criteri per la biodegradazione e eco-tossicità perché una plastica possa essere chiamata compostabile. Polimeri di questo tipo vengono generalmente impiegati per la realizzazione di film flessibili estrusi in impianti di blowmoulding, in sostituzione del PE o del PET; inoltre questi materiali, tramite termoformatura, vengono utilizzati per la produzione di vaschette di vario tipo, in sostituzione al PP e al PS, ad esempio per i fast food, dove le problematiche di smaltimento di volumi elevati di questi prodotti trovano nei biopolimeri biodegradabili e compostabili una risposta significativa in termini di salvaguardia ambientale. All interno di questa categoria di polimeri rientrano ad esempio quelli derivati dal ben noto PLA (acido polilattico).
Come esposto in modo più dettagliato nel Quaderno n. 2, a base PLA (in alcuni casi caricati con carta da riciclo) sono oggi disponibili anche espansi biodegradabili, molto interessanti in un ottica di sostenibilità, visto il largo consumo che se ne fa nell FBP. Questi materiali rappresentano reali alternative al polistirene espanso e sono caratterizzate da un fine ciclo di vita non inquinante. Di generazione successiva è invece il PHA, acronimo di PolyHydroxyAlcanoate; si tratta di un poliestere lineare termoplastico sintetizzato da batteri non patogeni, a partire da zuccheri o lipidi. Seppure la scoperta risalga a qualche decennio fa, solo negli ultimi anni con lo sviluppo esponenziale delle ricerche sui bio-reattori, è stato possibile industrializzarne la produzione in quantità in grado di soddisfare le esigenze del mercato. Esistono fino a 150 gradi diversi di PHA, con proprietà meccaniche molto simili a quelle del polipropilene; di grande interesse risulta la possibilità di produrlo con proprietà elastomeriche. È un polimero che risulta biodegradabile secondo la normativa di riferimento europea EN13432 ed è certificato idoneo per contatto alimentare secondo normativa statunitense FDA. La caratteristica che lo contraddistingue maggiormente dal PLA è la sua elevata proprietà barriera ai gas, molto simile alla impermeabilità del PET. Tutte queste qualità, sommate ad un ottima resistenza all esposizione ai raggi UV e alla stabilità all acqua, ne fanno un materiale ideale per il food-packaging, in forma di film, lastra per termoformatura o prodotto mediante stampaggio a iniezione. La ricerca di soluzioni ecosostenibili ha reso disponibili sul mercato inchiostri che rispondono ai requisiti della normativa EN 13432 che regolamenta attualmente il mercato europeo dei prodotti biodegradabili e/o compostabili. Questi inchiostri possono essere applicati a materiali biodegradabili e film a base di PLA derivati da mais o derivati da cellulosa. Nel campo delle materie plastiche, infine, vale la pena citare il recente sviluppo di additivi plasticizzanti a base di acido citrico come alternativa agli ftalati, ad esempio da impiegare con PVC o derivati della cellulosa. Questi additivi hanno la proprietà di ridurre la durezza del polimero, sono idonei al contatto alimentare e biodegradabili. Possono venire utilizzati in campo alimentare, farmaceutico e medicale, nel settore dei giocattoli e della cosmesi.
5. LEGNO Il legno viene impiegato prevalentemente per pallets e casse e può essere riutilizzato molte volte. Poiché la materia prima proviene da coltivazioni riservate e controllate, rispetto alle famiglie precedenti, il legno rappresenta il materiale con il più basso impatto ambientale. Un ulteriore minimizzazione di un packaging costituito da legno può essere effettuata grazie ad una più attenta ecoprogettazione (studio di dimensioni e forme efficaci). A tal proposito segnaliamo uno speciale pannello lamellare leggero in legno di pino la cui particolare struttura garantisce peso ridotto, stabilità dimensionale e buon isolamento termoacustico. Queste caratteristiche sono raggiunte grazie ad un particolare processo di produzione che permette di tagliare e incollare a 90 vari strati di legno. Si raggiungono in questo modo valori di densità pari a 250 kg/m 3 e si riducono anche le naturali tensioni interne del legno massiccio. Oggi gli scarti della lavorazione del legno possono essere utilizzati come cariche per la realizzazione dei cosiddetti WPC, acronimo di WOOD POLYMER COMPOSITE. Si tratta di compositi con matrice poliolefinica (PE, PP o PVC) caricati in percentuale variabile (fino anche al 70%) con farine e polveri di legno. In questo modo si ottiene un master, processabile con i tradizionali processi di lavorazione dei polimeri, dall effetto estetico simile al legno. Si incrementano in alcuni casi proprietà meccaniche (resistenza a trazione e modulo di young) e si conferiscono proprietà fisiche, come l impermeabilità e la resistenza all acqua.
IL PACKAGING DEL FUTURO L evoluzione delle tecnologie consente infatti oggi di poter progettare le caratteristiche dei materiali in funzione dei bisogni legati alle prestazioni dei prodotti in cui dovranno essere inseriti. In questo senso si colloca uno speciale polimero estruso in lastra che, grazie ad un trattamento speciale post-estrusione, può essere piegato per un numero infinito di volte senza subire fenomeni di snervamento. Il materiale, che è a base polietilene, ha una temperatura di fusione pari a 130 C. E disponibile in forma di piattina di diversi spessori (da 0.4 mm a 1 mm) e larghezze (da 2,5 mm a 10 mm). Può essere laminato in multistrato per conferire al materiale la proprietà di mantenimento della piegatura in tutte le direzioni. È certificato per l idoneità al contatto alimentare secondo la normativa giapponese. Le possibili applicazioni possono riguardare il settore dei dispositivi di sicurezza (stringinaso per maschere), calzaturiero (cinghie per scarpe da donna), alimentare (buste per il caffè), biomedicale, del giocattolo e della moda. Grazie alle sue caratteristiche, questo materiale può essere utilizzato in sostituzione di metalli, in un ottica di migliore gestione dei rifiuti. La vera frontiera verso la quale si sta spingendo il packaging è quella degli smart materials e packaging intelligente o packaging attivo. Il packaging intelligente è quell imballaggio che non si limita soltanto a contenere, proteggere o trasportare staticamente il prodotto, ma è in grado di monitorare il contenuto e di comunicare eventuali variazioni chimico-fisiche avvenute all interno. In questa ottica sono nate speciali etichette monouso con funzione di timer grazie al movimento controllato di un liquido attraverso una struttura porosa. Variando le combinazioni di liquidi e membrane diverse, queste etichette possono essere tarate su periodi di tempo che vanno da pochi minuti fino ad un anno e calibrate per funzionare in un particolare ambiente:
A temperatura ambiente, nel frigorifero o nel congelatore. Grazie a queste caratteristiche, sono applicate con un adesivo sulla superficie di prodotti alimentari, per controllare la loro scadenza o il tempo in cui sono mantenuti ad una certa temperatura. Anche l utilizzo di microsfere contenenti principi attivi rientra in questa categoria; sono applicabili a tessuti, carta ma anche polimeri e metalli, e possono contenere fragranze e aromi, assorbenti di odori, agenti igienizzanti e antimicrobici, principi derivati da erbe medicinali (Aloe Vera, Tea Tree), Vitamina E, ecc. La rottura delle microsfere avviene sempre per sollecitazione a taglio (tipico dello strofinio) e non ad impatto. Una recentissima innovazione in questa tecnologia consiste nella riduzione delle dimensioni delle capsule fino l ordine dei nanometri. In questo modo si regolarizza ulteriormente il rilascio del principio attivo; è inoltre possibile ottenere la rottura delle nanosfere a causa di variazioni di ph, temperatura, irradiazione o altro. Sono allo studio tecniche di nanoincapsulazione diretta nel prodotto nel settore alimentare, ma anche della cosmesi e medicale, per conferire nuove proprietà e funzioni, come protezione dall umidità, calore o altre condizioni critiche di conservazione. Nanoadditivi a base inorganica possono essere inoltre inseriti all interno di polietilene e polipropilene con la funzione di assorbimento dei raggi UV. Si tratta di particelle nanometriche (dimensioni 50-100 nm) di ossidi metallici, a base di ossido di zinco (ZnO) o di biossido di titanio (TiO 2 ). Rispetto agli additivi inorganici tradizionali, questi materiali offrono maggiore protezione ai raggi UV e garantiscono una trasparenza finale superiore e più duratura. Nel packaging alimentare sono impiegati per prevenire la perdita di vitamine e la produzione di odori.