IMPATTO DEGLI UNGULATI (CINGHIALE Sus scrofa) SULLA BIODIVERSITA dei PARCHI ADERENTI



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PROTOCOLLO D INTESA Progetto per la conservazione della biodiversità denominato: Impatto degli ungulati sulla biodiversità dei parchi italiani Progetto di sistema dei Parchi Nazionali Direttiva Biodiversità Prot. 52238 28.12.2012 Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare AZIONI ANNO 2014 EX CIRCOLARE Prot. 0048234\GAB del 21/10/2013 Direttiva Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. n.52238 del 28 12 2012: Direttiva per l impiego prioritario delle risorse finanziarie assegnate ex Cap. 1551 IMPATTO DEGLI UNGULATI (CINGHIALE Sus scrofa) SULLA BIODIVERSITA dei PARCHI ADERENTI REPORT/RELAZIONE Direttiva 2012 (AZIONI SVOLTE NEL 2013) E PROPOSTE PROGETTUALI Direttiva 2013 (AZIONI DA SVOLGERE NEL 2014) SETTEMBRE 2014 Tecnico Faunistico Responsabile: Dott. Nat. Federico Morimando STUDIO ASSOCIATO P.IVA/C.F. 00899500524 Sede legale: Via Uopini 21-23 53035- Monteriggioni Siena - Italy 1

Progetto per la conservazione della biodiversità denominato: Impatto degli ungulati sulla biodiversità dei parchi italiani Progetto di sistema dei Parchi Nazionali Direttiva Biodiversità Prot. 52238 28.12.2012 Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare AZIONI ANNO 2014 EX CIRCOLARE Prot. 0048234\GAB del 21/10/2013 PREMESSA Il cinghiale (Sus scrofa) è inserito nell elenco redatto dall IUCN delle 100 specie animali e vegetali più invasive al mondo (Lowe S., Browne M., Boudjelas S., De Poorter M. (2000) 100 of the. World's Worst Invasive Alien species). Recentemente, un documento congiunto della IUCN e CBD (Invasive Species Agreement, novembre 2011) individua nelle specie aliene o invasive una grave minaccia per la conservazione della biodiversità sensu latu. Il cinghiale nell'italia continentale è da considerarsi una specie autoctona ma invasiva a causa della sua eccessiva proliferazione: rispetto alla distribuzione e numerosità della specie agli inizi del 900, si sono verificati numerosi e importanti cambiamenti demografici e biogeografici che hanno visto incrementare in maniera considerevole le popolazioni del suide selvatico, anche all interno delle Aree Protette. Benché generalmente l attenzione all interno dei Parchi Nazionali sia focalizzata sul problema dei danni causati dal cinghiale alle colture agricole, a causa delle implicazioni socio economiche del fenomeno, poco o nulla viene affrontato riguardo al problema dei danni causati alla biodiversità dal proliferare delle popolazioni di cinghiale. I Parchi Nazionali e le Aree protette in genere rappresentano il più importante serbatoio nazionale di biodiversità e, paradossalmente, mentre si concentrano risorse e energie per studiare e limitare gli impatti sulla biodiversità da parte di elementi di origine antropica o nei confronti di attività economiche, nulla viene dedicato a limitare la perdita di biodiversità ascrivibile al proliferare della fauna selvatica, in particolare quella causata dalle specie animali invasive, autoctone o alloctone che siano. Il presente progetto si prefigge come scopo principale il mettere a punto un protocollo standard di monitoraggio degli impatti del cinghiale e di alcune altre specie di ungulati selvatici 2

sugli habitat ed ecosistemi dei Parchi Nazionali Italiani interessati dal fenomeno dell esplosione demografica di ungulati, attraverso la predisposizione di uno schema tipo di monitoraggio delle specie target (endemismi animali e vegetali o specie rare e localizzate presenti in più Parchi Nazionali) proponendo al contempo possibili soluzioni o specifiche attività di prevenzione del danno agli ecosistemi. In questo modo tutti i Parchi coinvolti nel progetto potranno misurare con gli stessi strumenti l entità degli impatti o della perdita di biodiversità, adottando criteri comuni di mitigazione o prevenzione del fenomeno. Questo progetto potrebbe rappresentare così una sorta di laboratorio o start up per affrontare in maniera sistemica, problemi comuni e complessi che interessano la totalità delle aree protette nazionali. Direttiva Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. n.52238 del 28 12 2012: Direttiva per l impiego prioritario delle risorse finanziarie assegnate ex Cap. 1551 3

PARCO NAZIONALE DELL APPENNINO LUCANO, VAL D AGRI-LAGONEGRESE AZIONI SVOLTE NEL 2013 AZIONE 1) RACCOLTA ED ELABORAZIONE INDICI DI PRESENZA DEL CINGHIALE DISPONIBILI (PERIZIE DANNI, DENUNCE, SEGNALAZIONI, TRANSETTI, STIME O QUANT ALTRO). VALUTAZIONE DEGLI INDICI DI PRESENZA DEL CINGHIALE (IN GENERALE GLI ULTIMI 3-4 ANNI) NEL PARCO NAZIONALE PER STABILIRE IL TREND DEMOGRAFICO DEL SUIDE Dall esame degli indici di presenza sopra descritti si può capire come l entità dei danni e il numero di richieste di rimborso o risarcimento sia in costante e rapido aumento. Il fatto è evidentemente legato a un progressivo reclutamento delle domande e delle Aziende agricole, causato da un plausibile fenomeno di passa parola fra gli agricoltori e da una maggiore informazione degli stessi sulle possibilità di richiesta di risarcimento danni. Tuttavia, alla luce del forte aumento di richieste danni, risulta plausibile anche un reale ed effettivo aumento delle presenze del cinghiale nel territorio del Parco. Se tuttavia andiamo a valutare i Comuni dove i danni sono più concentrati, si può vedere come la maggior parte dei danni (oltre il 50%) sia lamentata e liquidata nei Comuni di San Martino d Agri e S. Chirico Raparo ossia nella porzione meridionale del Parco. Tale zona, non a caso, coincide con il punto di contatto/confine tra il Parco Nazionale dell Appennino Lucano e il Parco Nazionale del Pollino, area protetta caratterizzata da una massiccia presenza di cinghiali e da una forte criticità relativamente al problema danni alle colture agricole. AZIONE 2) INDIVIDUAZIONE DELLE SPECIE TARGET INDICATRICI DI BIODIVERSITA' SUSCETTIBILI ED ESPOSTE AL DANNO DA CINGHIALE Si è proceduto con la raccolta ed elaborazione indici di presenza o studi (ultimi 3-4 anni) sulle specie animali e vegetali sensibili, endemismi etc, al fine di valutare i migliori indicatori di biodiversità riferibili alla realtà territoriale del Parco Nazionale dell Appennino Lucano. Gli studi che il Parco dell Appennino Lucano ha promosso negli ultimi 3-4 anni relativi alla Biodiversità e che sono interessati dagli effetti conseguenti alla eccessiva presenza del cinghiale 4

sono stati i seguenti: Il progetto Atlante degli Uccelli nidificanti nel Parco nazionale Appennino Lucano Val d Agri Lagonegrese, i sentieri delle orchidee del Faggeto di Moliterno, la ricerca sulla presenza degli Anfibi nel territorio del Parco, il progetto Biodiversità ed uso sostenibile dei funghi del Parco e infine le produzioni tipiche di prodotti agro alimentari della Val d Agri definiti dal marchio Alto Agri legate agli ambienti e coltivazioni tipiche e uniche della Val d Agri. Per ciascuno di questi studi sono state individuate le specie target indicatrici di biodiversità suscettibili ed esposte al danno da cinghiale. AZIONI PREVISTE PER IL 2014 Con il presente programma di gestione del cinghiale, si prevede di superare la stima per indici di presenza attuando un monitoraggio della specie cinghiale in aree campione del territorio del Parco attraverso il trappolaggio fotografico presso governatoi o punti di alimentazione autorizzati e assistiti nel periodo primaverile o autunnale (mesi di aprile maggio e/o settembre di ogni anno) eseguendo un campionamento mirato ed intensivo, stratificato e calibrato sui vari habitat caratterizzanti il territorio del Parco. A tale fine si prevede di mettere in campo le seguenti attività: 1) Corso di formazione su fototrappolaggio rivolto al personale tecnico del Parco agronomi forestali agrotecnici tecnici faunistici e personale del CTA 2) Corso di formazione relativo alle operazioni di cattura e di selecontrollo del cinghiale nelle aree protette. 3) Monitoraggio del cinghiale in area Parco da effettuarsi mediante il personale formato. 4) Eventuali azioni di cattura e telecontrollo delle popolazioni di cinghiale o delle presenze di cinghiale in esubero accertate attraverso l azione di monitoraggio e di accertamento dei danni. 5

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ENTE PARCO NAZIONALE DEL POLLINO AZIONI SVOLTE NEL 2013 Nel corso del 2013, così come negli anni 2011 e 2012, è stata data attuazione al Piano di Controllo del Cinghiale così come previsto dalla DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO N. 30 del 29/04/2011. Il Piano di controllo della specie cinghiale prevede azioni specifiche e mirate atte a ridurre l impatto che la specie ha nei confronti delle colture agricole e sulle biocenosi. Il Piano di controllo del cinghiale nel Parco Nazionale del Pollino approvato nel 2011 ha una durata quinquennale e strutturata per classi di età e sesso, con una consistenza numerica sufficiente a salvaguardare l importantissimo ruolo ecologico svolto dalla specie, che costituisce la principale risorsa trofica Progetto Life Wolfnet di cui L Ente Parco Nazionale del Pollino è partner ed il rapporto tra la presenza di questo carnivoro e quella del cinghiale AZIONI PREVISTE PER IL 2014 Le azioni previste dall Ente Parco proseguono quelle intraprese nel 2013 nell ambito del Piano di Controllo della specie cinghiale adottato con DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO N. 30 del 29/04/2011 e si focalizzano sull indagine relativa alle popolazioni di cinghiale presenti nel Parco. In particolare l attività per il 2014 riguarderà i seguenti aspetti: 7

1) Esame della struttura di popolazione del cinghiale e del tasso di natalità della specie attraverso l esame degli uteri e delle ovaie delle femmine prelevate in attività di controllo numerico già intrapresa. 2) Studio della produttività forestale attraverso il monitoraggio della produttività del seme delle essenze forestali in aree campione di foresta. 3) Corso di formazione sul monitoraggio degli impatti del cinghiale sulla biodiversità. 8

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PARCO NAZIONALE GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA 10 AZIONI SVOLTE NEL 2013 In seguito all'approvazione del progetto, questo Ente ha provveduto ad avviare le procedure concernenti l'acquisto di sei radiocollari satellitari, per il monitoraggio radio telemetrico/gps del cinghiale. Sono state scelte aree di studio remote e distanti dai centri abitati, in base all'obiettivo del progetto di studiare il comportamento spaziale della specie, in assenza di disturbo antropico. Nell'attesa dei tempi di produzione e spedizione dei sei radiocollari ordinati presso la ditta Vectronic, e delle SIM necessarie al loro funzionamento, questo Ente ha provveduto al riutilizzo di propri radiocollari satellitari, recuperati nell'ambito del progetto di reintroduzione del cervo conclusosi nel 2012. Per catturare i cinghiali sono stati posizionati sette recinti di cattura in due distinte aree del Parco. Le procedure di cattura dei primi cinghiali, sono state avviate nel mese di agosto 2013 attivando il recinto di cattura posto nella Val Chiarino, area di studio ritenuta idonea per l'assenza di disturbo antropico. In relazione alla necessità di operare economie di bilancio, come conseguenza del contenimento della spesa pubblica, cui questo Ente si deve attenere, al momento dell'approvazione dei progetti da parte del Ministero, non erano disponibili automezzi da impiegare per il presente progetto. Per trasportare i recinti di cattura nei diversi siti individuati, per effettuare le attività di pasturazione dei recinti, per svolgere le attività di cattura e di monitoraggio dei cinghiali radiocollarati, è stato necessario riattivare (bollo e assicurazione) tre automezzi 4x4. Tre maschi adulti di cinghiale sono stati catturati, sedati e marcati con radiocollari satellitari. Ad ogni cinghiale sono state rilevate le misure biometriche secondo la scheda in allegato D. Due sono state le motivazioni che hanno portato alla scelta di marcare esclusivamente animali adulti: la prima motivazione è stata dettata dalla pericolosità di posizionare un collare su animali che non avessero ancora terminato l'accrescimento, potendone causare così, in futuro, il soffocamento; la seconda è stata la necessità di approfondire le conoscenze in merito all'effettiva importanza che maschi e femmine adulte ricoprono nel controllo del territorio occupato, impedendone l'utilizzo a nuovi individui provenienti da altri branchi e favorendo l'unità del proprio branco. Il radiocollare posto sul primo maschio, denominato 31374 e catturato il 10 settembre 2013, non ha mai comunicato via SMS, mentre il segnale VHF non è stato più sentito dopo circa due mesi dalle prime localizzazioni. I radiocollari satellitari applicati agli altri due maschi, denominati rispettivamente 31368 e 31373, entrambi muniti di marche auricolari, hanno comunicato ed i dati acquisiti sono stati

visualizzati nella mappa di home range. II 21 dicembre 2013, dopo alcuni giorni di ricerca, il maschio 31368 è stato ritrovato morto, ma lo stato di conservazione della carcassa ne ha impedito la determinazione della causa di morte. Nell'elenco sottostante è riportata la superficie dell home range dell'animale, le cui localizzazioni sono state acquisite nell'arco di tempo, di circa due mesi, compreso tra l'11 ottobre e il 17 dicembre 2013. Nel primo periodo, i tre cinghiali catturati in Val Chiarine hanno mostrato di utilizzare lo stesso home range. L'Home range del cinghiale 31374 non è stato calcolato a causa del numero esiguo di triangolazioni realizzate nell'arco di tempo in cui è stato possibile ricevere segnali VHF dal collare. La superfici degli Home range sono le seguenti: cinghiale 31368: Ha 469 cinghiale 31373: Ha 710. II maschio 31373 è l'unico animale catturato in Val Chiarine ancora vivo e in data 31/10/2013; dopo circa 20 giorni dal rilascio, si è spostato lungo la Val Vomano, fino alla frazione di Santa Croce, stabilizzandosi fuori dall'area protetta. Verso la fine del mese di ottobre 2013 sono stati catturati tre cinghiali adulti in una seconda area di studio, lungo la Val Leomogna, in un'area compresa tra i Comuni di Isola del Gran Sasso e Castelli. I tre cinghiali catturati, due femmine denominate 31377 e 31371 ed un maschio, denominato 31378, sono stati marcati e radiocollarati. La femmina 31377 ha perso il collare, poco dopo la cattura, a breve distanza dal sito di rilascio. La femmina 31371 è probabilmente morta. Le localizzazioni satellitari ricevute dal 17/11/2013 sono risultate tutte concentrate in un'area molto ristretta e non distano l'una dall'altra più di 50 m, che corrisponde, più o meno, all'errore satellitare di rilevamento della posizione geografica. Questo animale non è stato ancora recuperato a causa di un consistente smottamento del versante montuoso dove si trova. Le abbondanti piogge, che continuano a verificarsi rendono la zona insicura e di difficile percorrenza. L'Home range del maschio 31378 si estende su una superficie di 480 Ha, unitamente a quello della femmina probabilmente morta. I nuovi radiocollari, acquistati presso la ditta Vectronic sono stati programmati e provati. Le attività di cattura nell'area della Val Chiarine sono già riprese, ma nessun cinghiale è stato ancora catturato. Si prevede la prosecuzione delle attività di cattura, per tutto il periodo primaverile, senza interruzioni, con la finalità di catturare almeno altri sei cinghiali cui applicare i radiocollari satellitari attualmente disponibili. I dati che saranno acquisiti potranno fornire un utile contributo alla comprensione del comportamento spaziale messo in atto dai cinghiali e alla conseguente razionalizzazione dello sforzo di contenimento e di gestione della specie nel Parco. 11

AZIONI PREVISTE PER IL 2014 Le azioni previste dall Ente Parco sono il proseguimento delle Azioni intraprese nel corso del 2013 e si focalizzano sull indagine relativa alle popolazioni di cinghiale presenti nel Parco e in particolare riguarderà i seguenti aspetti: 1) Studio sulla dinamica di popolazione, sulla biologia riproduttiva e sullo stato sanitario del cinghiale (Sus scrofa) attraverso l acquisizione dei dati sul peso e sulle misure corporee e numero dei feti nelle scrofe. In particolare saranno approfonditi gli aspetti relativi alla biologia riproduttiva (età e peso in cui le femmine iniziano a riprodursi, numero di feti per femmina e periodi delle nascite). Lo studio consentirà di migliorare la conoscenza dei principali parametri di popolazione dei cinghiali del Parco. 12

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PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE AZIONI SVOLTE NEL 2013 CARTOGRAFIA DEGLI AMBITI TERRITORIALI A MAGGIORE IMPATTO ANIMALE Le problematiche relative all impatto ambientale causato dai cinghiali riguardano l intero territorio del parco e interessano anche l Area vasta oggetto di studio che si estende da Levanto al Golfo di La Spezia. In particolare tutta la zona del crinale che delimita il Parco delle Cinque Terre è quella generalmente più popolata dagli ungulati che attraversano il confine del parco spinti dalle battute di caccia effettuate al di fuori del parco. Inoltre queste zone, prettamente boschive e poco antropizzate rappresentano l habitat ideale per questa specie, che trova in questi ambienti rifugio e una vasta gamma di frutti ed essenze spontanee con cui alimentarsi. Attraverso l analisi della documentazione relativa agli studi fin ora effettuati nel Parco, con l aiuto di tecnici, Responsabile Faunistico e Guardie Forestali del Parco, e alla luce dei sopralluoghi effettuati, è stato possibile individuare cinque zone, dove il cinghiale ha provocato maggiori danni agli ecosistemi naturali e agli agro ecosistemi. 1. Zona Mesco: è una zona di confine del Parco situata tra i comuni di Monterosso al mare e Levanto. L ambiente è totalmente boschivo (macchia mediterranea), poco antropizzato, scarsa l attività di controllo sulla popolazione animale, sia come prevenzione, per l assenza di recinzioni, sia per la carenza di prelievo venatorio. 2. Zona Monte Albereto: è anch essa una zona di confine del parco, situata a nord-est di 16

Monterosso al mare. L elevata densità del cinghiale in questa zona si ritiene dovuta oltre al tipo di habitat boschivo, anche alla presenza di piccoli corsi d acqua che rappresentano elementi di attrazione per questa specie amante delle zone umide ed ombreggiate. 3. Zona Monte Malpertuso: è il monte più alto del crinale delle Cinque Terre (mt. 812), nonchè dell'area vasta (intero arco da Portovenere a Levanto). Anche quest area di confine del parco, completamente boschiva, risulta fortemente danneggiata dalle popolazioni di cinghiali perché difficilmente raggiungibile dall attività di controllo (prelievo venatorio). 4. Zona Albana Tramonti: è una zona di confine tra i due Parchi naturali di Portovenere e delle Cinque Terre costituita da un crinale che percorre l intero promontorio di Portovenere. Quest area comprende delle zone coltivate a quote inferiori (viti e specie orticole) protette da recinzioni metalliche mentre più in alto l ambiente è di tipo boschivo. Nonostante l attività di controllo sia buona, la zona si presenta fortemente degradata per l elevata presenza del cinghiale. 5. Zona Volastra: è una zona situata nel comune di Riomaggiore. Rappresenta una delle zone più coltivate tra quelle soggette all impatto causato dai cinghiali. Il territorio risulta in parte terrazzato con coltivazioni soprattutto di olivo, mentre a quote più elevate è completamente boscato. Il piano di controllo del cinghiale, in quest area, risulta funzionale sia per la presenza di recinzioni metalliche che per una pressione venatoria adeguata. Per queste sue caratteristiche quest area è stata scelta per un indagine preliminare volta a valutare l evoluzione dei danni o l eventuale ripristino ambientale. STATO ATTUALE DELLE ZONE A MAGGIOR IMPATTO Da questa indagine preliminare relativa ai suddetti ambiti è stato possibile osservare che l entità dei danni causati dai cinghiali dipende essenzialmente da 2 fattori. 1.Caratteristiche agro-ambientali del sito (orografia, tipo di vegetazione presente, ecc.) 2.Densità animale. L impatto maggiore è stato riscontrato dove i cinghiali hanno raggiunto una concentrazione molto elevata rispetto alla capacità portante del territorio. Le zone boschive, soprattutto quelle situate ai confini del Parco, sono quelle che hanno subito il 17

maggior impatto da parte del cinghiale che trascorre gran parte del suo tempo in questi habitat. Tali zone presentano evidenti segnali di degrado ambientale con modificazione delle caratteristiche vegetazionali che conferiscono al bosco un aspetto del tutto anomalo. La superficie del suolo è quasi sempre completamente rimossa dall azione di grufolamento da parte degli animali e la lettiera superficiale risulta praticamente inesistente. L azione di grufolamento (effetto rooting) ha determinato una sommovimentazione degli strati superficiali del terreno con distruzione degli inerbimenti e di gran parte delle piante arbustive tipiche del sottobosco. Le essenze boschive del sottobosco sono state distrutte anche con l azione di brucatura da parte degli animali; a tale proposito il cinghiale, determina una pressione selettiva sulla vegetazione, consumando le essenze più gradite e scartando quelle meno appetibili (Massai et Genov, 1995). Questo tipo di pressione selettiva può avere un impatto rilevante sulla fitocenosi per la riduzione della ricchezza delle specie vegetali (biodiversità), (Hone, 2001). La scelta delle specie gradite dipende dal contenuto di alcune sostanze repellenti di tipo gustativo (tannini, resine, ecc.) o olfattivo (olii essenziali) o dalla presenza di meccanismi di difesa da parte delle piante (spine) (Massai et Genov, 1995). Un altro tipo di danno causato al suolo e alla vegetazione del sottobosco è quello relativo al compattamento del terreno che può essere generalizzato o lineare (sentieramento) dovuto all abitudine dei cinghiali di passare sempre attraverso percorsi preferenziali (Pagliai et al., 1999; Ballon, 1995; Motta et Quaglino, 1989; Casanova, 1988). Oltre a provocare danni al suolo questo tipo di fenomeno può determinare ulteriori modificazioni alla fitocenosi poiché alcune essenze resistono meglio di altre al calpestamento ed inoltre soltanto alcune piante riescono a vegetare e riprodursi anche su terreni compatti. Nelle zone fortemente degradate sono stati evidenziati danni da scortecciamento alle specie arboree dovuto all abitudine del cinghiale di strofinarsi ripetutamente contro i tronchi degli alberi per liberarsi degli ectoparassiti che si annidano tra le setole. Questo tipo di danno risulta molto grave negli ambienti boschivi con elevata densità animale e può portare al deperimento delle piante fino alla morte. Sono stati osservati inoltre danni agli apparati radicali delle specie arboree a causa dell azione di scavo (insogli) che questi animali operano per effettuare bagni di acqua e di terra. 18

Negli agroecosistemi (oliveti e vigneti) i danni osservati erano diversi soprattutto a causa della tipologia del territorio che per questo tipo di coltivazioni si presenta in genere terrazzato e per la maggior presenza dell uomo. Questo tipo di sistemazione idraulica-agraria ha il vantaggio di ridurre la pendenza del suolo, rendendolo quindi più stabile, ma presenta problemi legati alla fragilità dei muri a secco che sono facilmente soggetti a crolli. I muri a secco rappresentano un elemento di fondamentale importanza per la protezione dell ambiente, per la loro funzione di contenere il terreno altrimenti soggetto a rischio di erosione e smottamento soprattutto dove la declività delle superfici è elevata (Branduini, 2009). Il cinghiale è delle maggiori cause del crollo dei muretti a secco, in quanto utilizza il grifo per scalzare le pietre e raggiungere i piccoli animali, insetti o i bulbi di piante poliennali, presenti all'interno del muro, di cui si ciba. Contrariamente a quanto riportato in letteratura in cui si afferma che l attacco ai muri da parte dei cinghiali parte dalla base, è stato da noi osservato come gli animali demoliscano il muro, partendo dall alto verso il basso. Questa constatazione, deriva dall osservazione di zone terrazzate danneggiate, in cui in molti casi era stata rimossa solo la parte superiore del muro a secco, mentre la base era ancora intatta. Ciò può essere spiegato dal fatto che la parte basale dei muri a secco è difficilmente attaccabile dagli animali perché costruita con pietre più grosse infisse in parte nel terreno e molto difficilmente rimovibili per la forte pressione esercitata dalle pietre sovrastanti. La parte superiore del muro, invece, è formata solitamente da pietre più piccole e più facilmente rimovibili dagli animali che utilizzano il grifo a mo di leva per scalzare e sollevare le pietre gettandole verso valle. La distruzione di questi muri a secco può creare grossi problemi idro-geologici, poiché il terreno non più sorretto tende a franare. Inoltre nei punti dove il muro è crollato si creano dei cunei di scorrimento delle acque idrometeoriche che, accelerando i fenomeni di smottamento, determinano il crollo dei muri sottostanti innescando pericolosi meccanismi a catena (effetto domino). Inoltre un altro aspetto importante riguarda la difficoltà ripristino delle strutture danneggiate. La 19

ricostruzione dei muri a secco il più delle volte è irrealizzabile, o per la difficoltà di trovare personale specializzato e per il troppo elevato costo della manodopera anche perché le zone colpite sono inaccessibili con mezzi i meccanici necessari per il trasporto delle pietre (Branduini, 2009). I danni alle coltivazioni, osservati nei due agro-ecosistemi oggetto di studio, si diversificano in relazione al tipo di pianta arborea. La vite viene coltivata a pergola bassa e quindi sia le fronde che i frutti sono facilmente raggiungibili dagli animali; gli olivi invece presentano un fusto più resistente ed una chioma troppo alta per gli animali, pertanto i soli danni registrati sono quelli da scortecciamento. I due agro-ecosistemi presentano analoghi danni al suolo ed agli inerbimenti, che non raggiungono l entità di quelli riscontrati negli habitat boschivi a causa della minor permanenza degli animali. Sono stati comunque evidenziati danni da grufolamento che nei periodi di assenza del cinghiale venivano mascherati dalla rinascita dell erba. Le zone sentierate invece rimanevano prive di vegetazione, anche quando la zona restava per un lungo periodo indisturbata. INDAGINE PRELIMINARE E SVOLGIMENTO DEI SOPRALLUOGHI DI VERIFICA Metodologia utilizzata Riguardo alle problematiche relative all impatto del cinghiale nel Parco Nazionale delle Cinque Terre è stato effettuato uno studio, ancora in corso di svolgimento, da parte del nostro Dipartimento nell ambito di una tesi di laurea. Per l indagine è stato utilizzato un territorio adiacente alle località di Manarola e Volastra, scelto perché considerato rappresentativo dell intero Parco poichè all interno erano presenti i tre ecosistemi tipici del territorio (vigneto, oliveto e bosco). I tre siti scelti presentavano evidenti segni di degrado dovuti ad anni di mancata gestione della popolazione di cinghiali dovuto al quadro normativo pregresso che prevedeva il divieto assoluto di attività venatoria. Dopo l istituzione del Parco delle Cinque Terre è stato invece messa a punto un attività di controllo delle popolazioni del cinghiale la cui efficacia è stata testata attraverso quest indagine mediante la valutazione dell evoluzione dei danni o dell eventuale ripristino ambientale. I siti selezionati oggetto dell indagine sono stati: 20

agroecosistema vigneto (loc. Manarola) agroecosistema oliveto (loc. Volastra) ecosistema bosco (loc. Volastra) Lo studio si è quindi focalizzato sulla valutazione e caratterizzazione e parametrizzazione (indice di danno) di una serie di danni diretti causati dal cinghiale rivolti: al suolo: grufolamento o effetto rooting, danni da sentieramento e scavi; alla vegetazione: danni da scortecciamento alle specie arboree e danni alle piante in generale; ai muri a secco: causati dal grufolamento o dal sentieramento. La stima dei danni al suolo si basa sulla valutazione della percentuale di superficie alterata, ovvero totalmente rimossa da effetto rooting, scavi e compattamento e priva di copertura vegetale. Fabbio et al. (2004) ha dimostrato una stretta correlazione tra la densità animale e la perdita di copertura vegetale. La stima dei danni alle piante arboree e al sottobosco viene infatti calcolata in base alla percentuale di alberi che presentano danni da scortecciamento al fusto e alla percentuale di superficie di sottobosco distrutta. I danni ai muri a secco vengono valutati mediante la stima della percentuale della superficie di muro danneggiato o crollato rispetto alla superficie totale osservata. Particolare attenzione è stata data inoltre alla valutazione del ripristino ambientale quale reazione degli ecosistemi alla pressione/non pressione del cinghiale, in base all entità della ripresa vegetativa degli inerbimenti e delle diverse specie tipiche del sottobosco. Nei tre ecosistemi considerati sono stati effettuati controlli periodici, tramite sopralluoghi in cui sono stati svolti i seguenti rilievi sperimentali: rilievi fotografici, effuttuati nei medesimi luoghi, per valutare l'evoluzione degli eventuali danni; rilievi riguardanti i danni sulla specie arboree (scortecciamento e scalzamento radicale); valutazioni in merito all'evoluzione floristica del sottobosco, evidenziando la distribuzione 21

delle piante esistenti o la rinascita di nuove essenze, mediante opportuna classificazione; valutazione dei danni ai muri a secco e controllo temporale del loro stato di conservazione. Sono stati inoltre contattati i viticoltori locali, proprietari dei siti considerati, per conoscere le problematiche relative ai danni al raccolto evidenziati durante la fase di fruttificazione delle colture. Risultati preliminari Queste osservazioni sono state effettuate nell ambito di uno studio, ancora in corso di svolgimento, relativo alle problematiche in oggetto. Dai primi risultati ottenuti è stato evidenziato come in caso di esclusione del cinghiale, le zone compattate presentino una maggior difficoltà di ripristino ambientale rispetto a quelle sottoposte a grufolamento. Studi analoghi da noi effettuati in precedenza (Macci et al. 2012; Bondi, 2013; Pistoia, 2009), hanno dimostrato che ciò è collegato al peggioramento della qualità del suolo dal punto di vista delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del terreno. Il compattamento infatti determina una riduzione della porosità del suolo che comporta una totale perdita di struttura, inoltre la peggiore capacità di infiltrazione dell acqua, riscontrata nei suoli compattati, può provocare fenomeni di allagamento nei terreni pianeggianti e fenomeni erosivi sui terreni declivi, a causa dello scorrimento verso valle dell acqua piovana carica di detriti (Pagliai et al., 1999; Ballon, 1995; Motta et Quaglino, 1989; Casanova, 1988). Tali fenomeni erosivi determinano l asportazione degli strati superficiali di suolo ricchi di sostanza organica e questo porta ad un peggioramento delle caratteristiche chimiche del suolo. La scomparsa della vegetazione, la mancanza di ossigenazione degli strati superficiali del suolo e la riduzione di quelle forme di sostanza organica direttamente assimilabile dai microrganismi, può provocare un inibizione anche delle attività biochimiche del suolo riducendo di conseguenza la sua fertilità chimica (Macci et al. 2012, Davini 2006, Bondi et al. 2012, Pistoia, 2009; Bennet, 1993). Questi processi risultano accentuati nei territori boschivi particolarmente declivi e soggetti a totale mancanza di inerbimenti e di lettiera (effetto mulching), importanti fattori antierosivi perché riducono l azione battente della pioggia e la velocità di scorrimento dell acqua idrometeorica tramite la parte epigea, e determinano il trattenimento dello strato superficiale del suolo per mezzo 22