19 novembre 2010. Gli adattamenti alimentari nell evoluzione umana



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Transcript:

19 novembre 2010 Gli adattamenti alimentari nell evoluzione umana di Sergio G. Grasso Ci fu un'epoca lontana perduta nei boschi nelle praterie dell'africa, in cui i nostri antenati divennero protagonisti di una vera e propria rivoluzione: scesero dagli alberi e iniziarono ad adottare una posizione semi eretta che lentamente li trasformò in bipedi. Dapprima in forma goffa e ancora scimmiesca, poi, mano a mano, sufficientemente elegante e disinvolta. La posizione eretta richiese un nuovo equilibrio statico e dinamico del tronco. La parte alta della spina dorsale arretrò sensibilmente per scaricare il peso del cranio mentre il lato opposto della colonna vertebrale si spingeva in avanti per favorire la deambulazione eretta. Importanti cambiamenti intervennero sul bacino spingendolo a sopportare l'intero peso della struttura scheletrica e muscolare. La nuova posizione eretta permise una migliore regolazione della temperatura corporea, concesse maggiore libertà alle braccia (migliorando l'efficacia della raccolta di cibo e un più agevole trasporto dei bambini) ma soprattutto migliorò l'efficacia energetica della camminata. La relazione tra l'energia acquisita ed energia spesa da un organismo è cruciale per la sua sopravvivenza e per la riproduzione della specie. Ma cosa spinse i nostri progenitori ascendere dagli alberi? Tra 5 e 2,5 milioni di anni fa l'africa fu sconvolta da importanti cambi climatici. Uno degli effetti più evidenti fu l innalzamento della temperatura di almeno 13 C (un enormità!) con la conseguente evaporazione delle riserve d'acqua e una crescente tendenza alla siccità. Gli antenati di Lucy (il nome dato allo scheletro di Australopithecus scoperto in Etiopia nel 1978 e datato a 3,4 milioni di anni fa) erano essenzialmente erbivori/frugivori e il loro habitat arboricolo garantiva una facile provvista di vegetali senza correre inutili rischi scendendo a terra. Mano a mano che le foreste umide si trasformavano prima in boschi e poi in prati aperti, gli australopitechi furono costretti a percorrere grandi distanze per approvvigionarsi del cibo/carburante radici, foglie e frutti da cui dipendeva la loro sopravvivenza. 1 1 Ancora oggi, gruppi di cacciatori/raccoglitori africani che percorrono quotidianamente 15 km nella savana di buon passo per procurarsi il cibo, evidenziano un dispendio medio di energia di oltre 3000 kcal giornaliere. Se lo stesso sforzo dovesse essere fatto su quattro zampe l energia richiesta sarebbe maggiore del 50% e risulterebbe notevolmente più lenta! Altri primati come il gorilla e gli scimpanzé continuarono la loro storia evolutiva in ambienti forestali umidi, senza alcuna necessità di spostarsi più di tanto per soddisfare le loro necessità nutrizionali.

L organismo umano si differenzia da quello di molti mammiferi in quanto non è predisposto per la lenta digestione di pasti abbondanti e diradati. La ricerca del cibo e il suo consumo sono incombenti ogni giorno e il prezzo pagato per questa necessità fu probabilmente la più importante molla evolutiva del genere Homo. Percorrendo maggiori distanze gli ominidi dovettero far fronte a un crescente fabbisogno alimentare cui supplirono con cibo convenientemente concentrato, di alto contenuto calorico e soprattutto proteico. Nulla risponde meglio alla richiesta della carne e di altri alimenti di origine animale (latte, uova, midollo osseo). I resti fossili di Australopithecus (tra 4 e 2 milioni di anni) testimoniano una dieta quasi esclusivamente vegetariana: crani rotondi con mandibole massicce che ospitavano potenti muscoli masticatori e enormi molari ricoperti di un grosso strato di smalto. Erano vere e proprie macchine costruite per masticare e triturare foglie, segni e radici dure e fibrose. Ciò non significa che gli Australopitechi non fossero in grado di mangiare carne ma lo facevano sporadicamente, erano onnivori occasionali, come accade ancora oggi con gli scimpanzé. L aumentata disponibilità di proteine (i mattoni del corpo) provocò nell erectus un sensibile accrescimento della statura media (da 130 cm dell Australopithecus ai 160 dell H. erectus). Ma le più evidenti modificazioni conseguenti al cambio di dieta riguardarono la struttura craniale dell Homo erectus. che divenne via via più sottile, perse la copertura del muscolo temporale (utile a proteggere il cranio in caso di caduta), diminuì il prognatismo, i denti diventarono più piccoli e le mandibole ridussero il loro spessore non dovendo più reggere grossi fasci muscolari. In pratica aumentò lo spazio a disposizione del cervello che in soli 300.000 anni passò da 600 cm 3 a 900 cm 3. Homo erectus non aveva certo raggiunto la dimensione cerebrale di Homo sapiens ma aveva surclassato ogni altro primate di un distacco incolmabile. In evoluzione però tutto ha un costo. E qui torniamo al filo conduttore di questa storia: un cervello più grande necessità di più energia per funzionare. Più calorie, più nutrienti: in definitiva il cibo. O miglior cibo. Secondo la stima di Robertson e McHenry (University of California), il cervello di Homo erectus necessitava per funzionare di 250 kcal giornaliere, il doppio del consumo di un Australopithecus.

La domanda viene spontanea: come è possibile un'evoluzione vantaggiosa per cervelli di così alto costo energetico? Per non dire che il nostro di cervello, richiede il 25% delle calorie assorbite in un giorno. La risposta sta nella dieta. Il cervello di Homo erectus non sarebbe mai potuto evolvere se non fosse intervenuta una dieta parzialmente carnea, l'unica in grado di procurare calorie e alimenti plastici in grande quantità. Non me ne vogliano i vegetariani che adottano una scelta di vita che fa loro onore e che rispetto, ma l evoluzione si è nutrita di carne. E a ragione! Una bistecca da 200 g apporta circa 400 kcal; 200 g di formaggio arrivano a 600 kcal, mentre ugual peso in frutta fresca a stento sviluppa la quarta o quinta parte d energia. I ricercatori dell'università del Colorado diretti da Loren Cordain hanno dimostrato che gruppi attuali di cacciatori e raccoglitori in Africa e America del sud ottengono il 60% della loro energia da alimenti di origine animale come carne e latte Mentre gli australopitechi si erano specializzati in una dieta "passiva" del disponibile, gli erectus adottarono un'altra strategia. La riduzione delle foreste e l'espansione del prati portò una relativa abbondanza di gazzelle, antilopi e altri mammiferi e erbivori. Si inaugurò così una nuova tappa nella storia dell'evoluzione: la caccia. Grotte e ripari frequentati da Homo erectus presentano spesso grandi quantità di ossa animali, molte volte con evidenti segni di utensili in pietra per il taglio e la rottura. Cervelli più grandi richiedevano più calorie ma permettevano comportamenti sempre più complessi come la costruzione strumenti in pietra e l'organizzazione in gruppi. Tutto questo portò a migliori strategie di alimentazione che a loro volta incrementavano lo sviluppo del cervello. Ma non basta. La condizione carnivora di un onnivoro lo spinge a cercare spazi più grandi rispetto agli erbivori puri. Tecnicamente si dice che i carnivori dispongono di meno calorie disponibili per unità di superficie. Sono quindi condannati al movimento. Fu così che probabilmente 1,8 milioni di anni fa alcuni gruppi di Homo erectus cominciarono a uscire dal loro ambiente d origine (l Africa centrale) per cercare cibo in aree a loro sconosciute. Quelli furono i primi abitanti dell Asia. Il mediterraneo era a portata di mano! L'evoluzione umana è dunque fatta di cibo animale. E questo vale anche per le specie di Homo più recenti. I Neanderthal vissero in Europa e in medio oriente tra 200 000 e 40 000 anni fa. A differenza dei loro avi africani vivevano in climi più freddi e spesso sconvolti da periodi glaciali. La loro struttura fisica era

molto più robusta degli erectus e della nostra. Avevano una capacità cranica di 1400 cm 3 e adottavano una dieta ipercalorica (superiore alle 4000 kcal giornaliere) basata su alimenti di origine animale. Fu soprattutto grazie a questo tipo di alimentazione funzionale che riuscirono a mettere a punto straordinarie tecniche di caccia, a costruire trappole e armi di grande effetto e a sviluppare i primi codici di comunicazione fatti di segni emozionali (pittura) e di linguaggio complesso. I Neanderthal furono però anche i primi esseri viventi a utilizzare il fuoco per trasformare gli alimenti mentre orientavano il proprio sistema digestivo al cibo cotto. Con loro l alimentazione divenne cucina, una visione diversa del cibo che lo fa leggere come ingrediente. Non fu cosa di poco, poiché il nostro metabolismo alimentare utilizza una elevata percentuale di energia per trasformare gli alimenti crudi in nutrimento efficace. La cottura semplifica notevolmente lo sforzo digestivo e, dal punto di vista dei Neanderthal, l energia risparmiata poteva essere impiegata dal cervello. A parità di peso corporeo, in confronto con gli altri primati il nostro intestino è il più piccolo in assoluto. Probabilmente possiamo permettercelo in considerazione del fatto che abbiamo delegato al cervello una gran parte del lavoro gastrico intestinale. Dove non arrivano agevolmente denti, enzimi e succhi gastrici è arrivata l'intelligenza dei Neanderthal con la loro semplificazione gastronomica. Cuocere la carne, anche solo portarla a 70 di temperatura, smantella il suo tessuto connettivo e riduce al minimo lo sforzo masticatorio. Un dente utilizzato per masticare una patata lessata può essere dell 80% più piccolo di uno deputato a maciullare la stessa patata cruda! In più molti alimenti tossici da crudi diventano vantaggiosamente edibili dopo cottura: è il caso dei chicchi di mais, dei fagioli, della stessa patata. La natura ha fatto centro ancora una volta: nutrire il cervello con l energia sottratta ai processi digestivi permette di sviluppare nuove abilità individuali e rapporti sociali, come la raccolta o la cattura del cibo, la sua conservazione e preparazione. l Homo sapiens comparso 30.000 anni fa in Europa ha proseguito sulla strada evolutiva segnata dai suoi antenati. Ha creato tecniche e strumenti per rendere efficace l agricoltura e l allevamento, ha codificato la cucina e il cibo riconoscendo loro una valenza non solo alimentare ma anche sociale, simbolica, religiosa e culturale nel senso più pieno. Anche le tecniche di miglioramento genetico (non mi riferisco agli OGM!) rispondono a questa

logica evolutiva: incroci vegetali e ibridi animali finalizzati al miglioramento delle specie erano già praticati dagli antichi egizi. Quando l Homo sapiens ebbe la possibilità di organizzarsi in gruppi per la caccia, la sua dieta gli concesse maggior tempo disponibile: periodi di intensa attività venatoria potevano alternarsi a lunghi periodi di vita sociale sedentaria. (Basta uno sguardo alle natiche umane per capire che l'uomo non è stato progettato per una vita in parte sedentaria). Il nostro essere condannati all onnivorità va a braccetto con la versatilità che ci caratterizza fisicamente. È proprio la versatilità, piuttosto che la superiorità fisica, che separa l'uomo dagli altri animali con i quali, però, ha in comune i sistemi strutturali di base per l'alimentazione e la distribuzione del nutrimento. Come nel caso degli altri primati, l'uomo ha occhi frontali, adatti alla visione stereoscopica, che gli consente di determinare con precisione velocità e distanza; ha una temperatura corporea costante di 37 C; è dotato di un sistema di isolamento protettivo fornito dal grasso e dai capelli; ha prole poco numerosa che nasce dopo un notevole periodo di gestazione e che necessita di un lungo allattamento; infine ha le mani con dita mobili e prensili. Il suo pollice può disporsi in opposizione a tutte le altre dita, alla combinazione di tale destrezza manuale con il coordinamento mano occhio, nonché allo sviluppo del suo sistema nervoso. Un cavallo da corsa è due volte più veloce dell'uomo, un ghepardo è tre volte più veloce; un capriolo può mantenere su una distanza di 32 chilometri una velocità superiore alla migliore ottenibile da un velocista. I canguri ridicolizzano gli sforzi umani nel salto e nessun essere umano è mai stato padre di 36 000 piccoli, cosa che notoriamente può essere fatta da un coniglio! La durata della nostra vita è lunga, ma anche in questo caso la tartaruga vive più a lungo. Inoltre c'è la posizione eretta dell'uomo che gli ha conferito l'enorme vantaggio di lasciar libere le mani, sebbene gli abbia causato anche alcuni problemi fisici: per gli sforzi della muscolatura addominale, della spina dorsale e del sistema circolatorio infatti rischia le ernie addominali e quelle del disco. L'uomo tuttavia si trova fortemente avvantaggiato in fatto di adattabilità: egli è il miglior tuttofare. Può arrampicarsi, camminare, correre, saltare, tuffarsi e nuotare. La specie umana, più di qualsiasi altra, presenta una vasta area di diffusione geografica e quasi ogni maschio può procreare con quasi ogni femmina. Alcune delle diversità esteriori degli individui rispecchiano adattamenti ambientali: quanto più il clima è freddo tanto più è abbondante il grasso corporeo: gli esquimesi tendono ad avere un peso di 18 kg superiore a quello degli abitanti dell'europa meridionale. Nasi lunghi e sottili servono a

inumidire l'aria inspirata in condizioni ambientali secche e pelli scure servono a proteggere contro un'umidità eccessiva. Tutto questo sta a dimostrare che, sempre più nel corso degli ultimi 50 000 anni, l'uomo ha imparato a sopravvivere non già continuando a modificare il proprio corpo, bensì facendo uso della sua caratteristica più importante il suo cervello grande e complesso per rispondere a mutamenti ambientali ed opportunità sociali. E poiché la società sta ora cambiando a un ritmo accelerato dobbiamo tenere a mente che le più basilari necessità del corpo non si sono modificate. Può anche suonare limitativo della nostra libertà individuale ma il processo evolutivo non presuppone che i nostri corpi siano iper nutriti e utilizzati fisicamente in modo insufficiente. Tuttavia stiamo prendendo congedo dalla naturalità dell umano; la nostra specie vive in una dimensione determinata soltanto dai prodotti della sua intelligenza e della sua cultura. Ci stiamo congedando dalla selezione naturale ma la cerimonia dell addio avrà una durata imprevedibile. Forse è giunto il tempo di guardare in noi stessi, e decidere cosa vorremo diventare. Le basi naturali della nostra esistenza sono sempre più il risultato storicamente determinato delle nostre scelte. Dobbiamo essere cauti, non spaventati. Stanno per ricadere su di noi responsabilità enormi, e dobbiamo preparare le nuove generazioni ad affrontarle. Concludo con un pensiero di Julian Huxley, il primo direttore dell Unesco, che mezzo secolo fa nel suo libro New Bottles for New Wine avvertiva: è come se l uomo improvvisamente fosse stato nominato amministratore della più importante tra tutte le aziende chiamiamola l'azienda dell'evoluzione senza averlo chiesto, senza un congruo preavviso e senza una preparazione adeguata. Come se non bastasse, non può rifiutare questo incarico. SGG