Lettura orante del Vangelo secondo Luca



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Transcript:

don Claudio Doglio Lettura orante del Vangelo secondo Luca 8. Il perdono alla donna peccatrice (7,36-50) L evangelista Luca mostra l inizio del ministero di Gesù secondo lo schema tradizionale, con quelle semplici variazioni per cui anticipa la scena di Nazaret e posticipa la chiamata dei discepoli; per molti altri episodi segue lo schema di Marco come si può facilmente confrontare mettendo in parallelo i due racconti. Notiamo poi che nel capitolo 6 inizia una serie di insegnamenti che in Marco mancano e, di fatto, gli studiosi parlano a questo proposito di una piccola inserzione lucana che inizia al capitolo 6,20 e prosegue fino al capitolo 8,3. In questa sezione Luca ha condensato molto materiale proprio, soprattutto una serie di insegnamenti di Gesù assenti in Marco. Con il capitolo 8,4 Luca riprende invece a seguire lo schema narrativo di Marco. Queste osservazioni servono per aiutare a comprendere come l evangelista abbia lavorato redazionalmente, cioè non ha scritto una vita di Gesù, una ricostruzione della storia del suo ministero, ma ha costruito un racconto elaborato, con dei criteri letterari. In questa sezione noi prendiamo in considerazione un episodio molto importante nella narrazione complessiva di Luca ed è l episodio della peccatrice che troviamo al capitolo 7,36-50. Qualcosa del genere, con una figura di donna ai piedi di Gesù, si trova anche in Matteo, in Marco e in Giovanni, ma con tutt altra sfumatura. In Giovanni la donna è identificata con Maria di Betania, la sorella di Lazzaro e di Marta; in Matteo e Marco è presentata come una donna di Betania ma anonima che si trova in casa di un certo Simone il fariseo o il lebbroso. In ogni caso in questi racconti la donna usa un unguento prezioso per ungere i piedi di Gesù. Luca quell episodio non lo racconta, presenta quest altra narrazione per alcuni versi simile all altra, ma differente nella sostanza. Qui non è una donna profeta, una donna che ha intuito la dignità e la grandezza di Gesù e lo onora con una grande spesa; è invece una peccatrice che bagna i piedi con le lacrime. Gli studiosi discutono se si tratti di una rielaborazione lucana di quell episodio, oppure se si tratti di un altra scena. Senza dover scegliere, noi leggiamo il testo cercando di gustarlo e di

meditarlo sapendo che abbiamo a che fare con un racconto tipico del terzo evangelista. È un testo che gli appartiene in modo proprio anche perché nell interno dell episodio viene inserita una parabola. Un invito a pranzo 36 Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Gesù accetta gli inviti anche dei farisei; va a casa dei peccatori creando turbamento e discussioni, ma non va solo in quelle case. Anche se contesta la mentalità dei farisei accetta frequentemente gli inviti nelle loro case. È Luca che, in particolare, racconta scene ambientate nelle case dei farisei durante i banchetti. Questo testimonia come le autorità farisaiche avessero un rispetto e una stima di Gesù e Gesù non avesse rotto i ponti con loro. Notiamo ancora che c è questa disponibilità di Gesù a partecipare alla vita della gente e a condividere volentieri la mensa. Uno dei farisei lo invitò a mangiare, non dice che lo invitò a pregare; Gesù andò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Gesù condivide la vita, condivide la mensa; è un gesto di amicizia, di solidarietà. 37 Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; 38 e stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. La scena è improvvisa e inattesa, la donna viene presentata soltanto con il titolo di peccatrice, senza nessuna altra indicazione. In greco l aggettivo usato, «a`martwlo,j» (hamartōlós), non è diverso dal maschile al femminile e quindi è il termine normale per indicare il peccatore; non viene quindi detto che tipo di peccatrice sia. Questo aggettivo come il corrispondente sostantivo peccato indica una mancanza e un fallimento; l immagine del peccato sia nell antichità greca sia nell Antico Testamento si riferisce al fallimento dell arciere che non colpisce il bersaglio; quindi designa il mancato raggiungimento di una meta, per lo più in senso spirituale. L idea della prostituta o dell adultera è quindi una qualifica che esula dal testo; potrebbe essere anche una usuraia, una peccatrice in campo economico, molto attaccata ai soldi. Di questa donna non viene detto assolutamente niente e io ho solo fatto un esempio per dire che non dobbiamo lavorare in una certa direzione perché in questo caso non c è nessun argomento valido per indicare qualche comportamento specifico, sarebbe solo un lavoro di inutile fantasia. Non è certo Maria Maddalena ed è stato un errore grossolano identificare la Maddalena con la peccatrice. Nei testi dove la Maddalena è nominata non risulta essere una peccatrice; per lo meno non una persona caratterizzata da una vita di peccato. È quindi una gaffe storicamente fatta che stiamo faticosamente superando, ma purtroppo per una lettura superficiale dei testi conservata da tanta tradizione ignorante, cioè che ignora, che non conosce i Vangeli. Quindi questa non è s. Maria Maddalena; è una anonima donna peccatrice. La casa di un fariseo, in Galilea, permette la disposizione della mensa all aperto. Le case erano abbastanza piccole e non era pensabile ospitare un gruppo di persone e fare un banchetto con ospiti al chiuso. La tavola pertanto è imbandita all aperto diciamo nel cortile della casa con molta gente che va e che viene. Ecco perché l accesso a una estranea è facilmente possibile. Nella sala da pranzo di un palazzo non potrebbe entrare chiunque, invece in un cortile, in una festa di tanta gente, è possibile che si intrufoli qualche estraneo. È questo il caso di questa donna.

Il fatto è comunque strano perché in quel contesto culturale uomini e donne sono rigorosamente separati. In quel banchetto c erano solo uomini, a tavola sedevano solo maschi, le donne stavano da un altra parte, mangiavano in un altro ambiente; al massimo potevano venire a servire velocemente e scappare. Sedute a tavola assolutamente no. Quindi tutti i quadri delle nozze di Cana con Maria seduta al fianco di Gesù è bene toglierseli dalla testa perché non sono reali. In quella occasione Maria si è accorta della mancanza di vino perché non era a tavola, ma in cucina; se fosse stata seduta a tavola non poteva accorgersi che mancava il vino, quindi doveva essere in un altro ambiente. L intervento di questa donna peccatrice suscita quindi interesse perché è strano che arrivi. Così è altrettanto strano, fuori luogo e inopportuno non solo che entri, ma che cerchi di non farsi vedere. Si pone infatti di dietro ed è raggomitolata sotto il tavolo in una posizione da cani; in una posizione decisamente scomoda e assolutamente non nobile. Ha fatto in modo quasi di non farsi vedere, pur tuttavia la sua presenza viene percepita e colui che ha ospitato Gesù è estremamente imbarazzato. Provate a immaginare se capitasse a voi. Avendo in casa un ospite di riguardo, con il quale volete fare bella figura, improvvisamente arriva sotto il tavolo un estraneo. Non sapete neanche voi come reagire perché avete soggezione dell ospite, però nello stesso tempo vi immaginate che pensi male di voi perché questa persona è intervenuta a disturbare, a turbare quell equilibrio. Un pianto di pentimento Perché questa donna compie un gesto del genere? Che cosa ha conosciuto di Gesù? Perché adesso si è gettata ai suoi piedi? Il narratore non ci dà queste spiegazioni, lascia che il lettore rifletta per conto proprio. Evidentemente per compiere un gesto di così grande umiliazione questa donna deve stimare molto Gesù; non gli chiede nulla, semplicemente piange e piange così tanto da bagnargli i piedi con le lacrime. Non è così facile piangere tanto. Proviamo un po a pensare ai nostri pianti, magari abbiamo pianto anche tanto: ma per i nostri peccati, quanto abbiamo pianto? È una domanda; e la risposta è personale, è una occasione di esame di coscienza. Perché abbiamo pianto? Proviamo a passare in rassegna i nostri pianti, cioè la manifestazione esterna di un sofferenza. Un dispiacere fa piangere, la paura fa piangere, un dolore proprio come dispiacere come la perdita di una persona cara provoca il pianto. Ma il pianto per il proprio peccato, per i propri sbagli, un pianto di dolore per il proprio comportamento non è per nulla comune o abituale. Possiamo dire che ci dispiace tanto, ma che qualcosa ci spiaccia di aver fatto al punto da farci piangere è raro. Proviamo a riflettere se qualche volta abbiamo pianto di pentimento, e se abbiamo mai pianto al punto da versare tante lacrime da bagnare i piedi. Non è la questione della presenza di Gesù, Gesù c è, è presente, ma il pentimento è indipendente dal fatto che ci sia lui o no. È un momento in cui questa donna comprende di avere sbagliato, di essere fallita. Partiamo però da questa idea: Gesù non è andato a cercare questa donna, Gesù è lì che sta mangiando; non era nemmeno durante una predica, stava mangiando con tanti altri uomini e parlavano del più e del meno, magari ridendo e scherzando. Questa donna è entrata lì per fare un gesto di penitenza e di umiliazione ed era anche possibile che la prendessero a calci. Che cosa fai? Levati di lì! Con gli occhi, la testa proprio sui piedi, ha rischiato seriamente di prendersi un calcio. Pensate al fatto di asciugare i piedi con i capelli; anche se i capelli sono lunghi è comunque scomodo; provate a immaginare la scena. Provate a ripetere voi quella scena, a vedere quali

gesti dovete compiere per asciugare i piedi con i capelli. In ogni caso è una condizione non dignitosa, è un gesto che coinvolge totalmente la persona. Cerco di invitarvi a ricostruire la scena e di entrare dentro il racconto evangelico per non passare semplicemente in superficie da una scena all altra. Sono scene che conosciamo bene, ma è importante entrare nel testo e nell evento, partecipare al racconto per essere noi protagonisti di questo episodio. Questa donna si coinvolge in un modo totale, si umilia e riesce a farlo perché è stata toccata in profondità. Come? Noi non lo sappiamo; è però evidente che ritiene che quest uomo possa fare qualche cosa per lei. Presunzione e giudizio 39 A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». Un pensiero recondito. Il padrone di casa è rimasto imbarazzato dal fatto che questa donna sia entrata; adesso però rimane scandalizzato dal comportamento di Gesù il quale la lascia fare. Il fariseo conosce questa donna del suo paese e la disprezza. Tanto per cominciare perché è una donna e poi perché è una peccatrice e da persona onesta quale egli è e quale è Gesù giudica che il suo ospite non dovrebbe lasciarsi toccare da una peccatrice. Gesù gli scade. Se lo ha invitato è perché lo apprezzava, adesso però si comporta in un modo che non gli è più simpatico. Questo non va bene, io avevo l impressione che fosse un profeta, invece non lo è. Come profeta, infatti, dovrebbe per prima cosa rendersi conto di che donna è e, secondariamente, non dovrebbe lasciarsi toccare. Se invece non reagisce significa che non è un profeta. Non ha però il coraggio di dirglielo. 40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, dì pure». Gesù ha letto nel cuore di questo fariseo e lo chiama per nome: «Simone, ho una cosa da dirti» e lui, che aveva appena pensato una critica di disprezzo, risponde chiamandolo «Maestro, dì pure». Si dimostra disponibile, servizievole, pronto ad accogliere. L esterno non è come l interno: pensa una cosa e ne dice un altra. Fenomeno non così raro C è qualcuno che non pensa quello che dice e qualcun altro che non dice quello che pensa. Le relazioni di parola sono molto importanti, meritano di essere studiate e approfondite. Gesù allora gli racconta una parabola. Qui ci troviamo proprio in un contesto vivo dove è nata una parabola. Una parabola è un racconto che serve per coinvolgere l ascoltatore, per fargli formulare un giudizio. Se il narratore è bravo prende in castagna l ascoltatore, cioè lo prende all amo, lo fa abboccare, gli fa dire qualcosa che non direbbe. La parabola deve portare a un giudizio 41 «Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42 Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Questa è una vicenda, un fatto. Potrebbe essere di cronaca, ma l elemento parabolico compare nella domanda e la domanda è fatta proprio a Simone il fariseo. Chi dunque di loro lo amerà di più?». Si è parlato di debiti, ma alla fine si parla di amore.

43 Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». La parabola deve portare a un giudizio, a una valutazione. Bravo! Il giudizio è corretto. Che c entra però questa storia con la situazione? Simone non se ne accorge, ha pensato ad uno dei tanti casi legali che tra farisei discutevano. Non si accorge di essere implicato, di essere un personaggio della storia. Capita anche a noi tante volte, leggendo questi testi di vangelo, di non accorgerci che siamo il lupus in fabula, che siamo noi il personaggio della storia. Noi leggiamo le storie di altri e, tenendoci fuori, giudichiamo e valutiamo. L intento di questi racconti evangelici è invece quello di farci entrare nella dinamica degli eventi per diventare protagonisti e poter rivivere quella esperienza che viene narrata. Gesù allora aiuta il fariseo Simone a compiere il passaggio dalla teoria alla sua personale situazione. 44 E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Domanda retorica. Certo che l ha vista, è un po che l ha vista e l ha anche giudicata per bene; non ha detto niente, ma gli è venuto anche il nervoso avendola vista e ha giudicato non solo la donna, ma anche Gesù per il suo comportamento. Gesù però tira delle conseguenze diverse che il fariseo non aveva ricavato. Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Tre contrapposizioni: tu non hai lei invece sì. Proviamo ad analizzare le tre cose che non ha fatto Simone il fariseo: non gli ha dato l acqua per i piedi, non lo ha baciato, non gli ha regalato un profumo da versare sul capo. Sono tre gesti di accoglienza, sono tre gesti di amicizia, di affetto; sono tre gesti che implicano una relazione autentica, un coinvolgimento personale. Simone il fariseo ha invitato a pranzo Gesù, condivide la mensa, ma non condivide una relazione di amicizia. Non è disposto a servirlo: l acqua per i piedi; non è disposto a baciarlo: incontro anche fisico di affetto, di coinvolgimento; non è disposto a fargli un regalo costoso. Il suo è l atteggiamento religioso freddo, di chi invita Gesù a pranzo, ma lo tiene a una certa distanza. È l atteggiamento di chi non si coinvolge, di chi resta sempre fuori, distaccato, perché convinto di essere più religioso. Ci sono anche tanti preti e suore che hanno questo atteggiamento del fariseo Simone, del non coinvolgersi, della distanza perché vogliono tenere una serietà e difendere la dignità e lo stile religioso. Non è però lo stile di Gesù. È possibile che anche noi abbiamo una mentalità del genere, da buona educazione formale, un po fredda, ma non è lo stile di Gesù. Fra i due atteggiamenti è chiaro che Gesù apprezza quell altro, l atteggiamento di chi si mette sotto il tavolo, raggomitolato. Sicuramente poca educazione, poca finezza, però che cosa ha fatto questa donna? Si è coinvolta personalmente, ha perso la faccia in quella situazione, si è umiliata.

I gesti che lei ha compiuto Gesù li riprende uno per uno mostrando come lei abbia fatto molto di più di quello che avrebbe potuto fare Simone. Offrire una bacinella con un anfora d acqua per lavarsi i piedi era un gesto normale, servizievole, invece Tu non mi ha offerto l acqua per i piedi; lei ha lavato i piedi con le lacrime; ti rendi conto di quanto ha fatto di più? Tu non mi hai dato un bacio sulla guancia, lei mi ha baciato i piedi; ti rendi conto di quanto è più grande, più coinvolgente, più umiliante il suo gesto? Tu non mi hai dato un profumo per il capo, lei ha versato il profumo sui piedi; ti rendi conto dell onore che mi ha reso? 47 Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». Gesù sa chi è quella donna, il narratore vuole proprio mostrare la qualità profetica di Gesù. Simone pensava: se fosse un profeta saprebbe, Gesù sa e glielo dimostra. Sa che ha molti peccati, ma le sono perdonati perché ha molto amato. Come fa Gesù a sapere che ha molto amato? Non è quello che ha fatto prima, è questo atteggiamento di adesso. La necessità di riconoscersi peccatori Cerchiamo allora di capire dove sta l amore. Gesù dice che viene perdonata per questo suo atteggiamento di grande amore. Adopera il verbo «avgapa,w» (agapáō) il verbo dell agàpe, dell amore Divino, è il verbo nobile della teologia cristiana per indicare l amore pieno che dà se stesso. Gesù sta valorizzando l atteggiamento di questa donna; il perdono è legato all amore e lei ha compiuto un gesto di così grande umiliazione perché ha accolto un amore più grande, si è resa conto della stonatura della sua vita e ha dimostrato un gesto di affetto nei confronti di Gesù. Perché affetto nei confronti di Gesù? Perché è un gesto di amore nei confronti di uno che può salvarla, ma lei non glielo chiede con le parole; è un gesto quasi di disperazione, di chi si attacca ai piedi di un altro. É una supplica accorata. Dice Gesù a Simone: Vedi, qui c è un amore grande, mentre il tuo è un amore piccolo, freddo, superficiale. Ami poco perché sei convinto che Dio abbia poco da perdonarti; sei talmente convinto di essere una brava persona che se la può cavare con pochi riti formali di purificazione che non riesci ad amare. Il tuo atteggiamento religioso ti porta a disprezzare gli altri, ma tu non sei capace di amare. È un guaio per te, il tuo problema è che ami poco. Gesù sta parlando così a Simone il fariseo e prima di parlare alla donna ha parlato con il teorico, il teologo, il professore. Ho una cosa da dirti e te l ho detta. Ti ho detto che tu ami poco, perché è un tuo limite grave, perché sei convinto di avere poco da farti perdonare. Allora adesso parlo con lei. 48 Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?». Questa frase si trova anche in altri contesti, come nell episodio del paralitico (cf. 5,20). Luca riprende quell espressione polemica degli avversari e la colloca in questo contesto. Ecco quale è la vera paralisi: il peccato. Chi è Gesù? Uno che perdona i peccati; solo Dio può perdonare i peccati e Gesù qui si comporta da Dio. Non considera la critica 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va in pace!». Quel gesto viene qualificato come amore grande e come fede che salva.

Tiriamo allora le conseguenze: che cosa intende Gesù per amore grande e per fede che salva? Se quel gesto è valutato così, che cosa significa coinvolgimento personale, che cosa significa quella posizione così umiliante, quel pianto, quei capelli che asciugano i piedi o quell olio profumato e costoso versato sui piedi? Che cosa chiede il Signore da noi come amore e come fede? In che modo noi possiamo amare tanto? In che modo la fede ci può salvare? In che modo ci attacchiamo al Signore e non seguiamo piuttosto il fariseo? * * * Meditiamo su questo testo e chiediamo al Signore che ci faccia capire quanto ci ha perdonato e quanto ci continua a perdonarci e che faccia crescere il nostro amore, il nostro affetto. Superiamo una religiosità fatta di abitudini e di buona educazione per instaurare una relazione di affetto, di amore profondo che lega e coinvolge tutta la persona e tutta la vita.