Colonna lombo-sacrale



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LE PATOLOGIE OSTEO-ARTICOLARI DA MOVIMENTAZIONE MANUALE DI CARICHI Colonna lombo-sacrale Premessa Le affezioni cronico-degenerative della colonna vertebrale, collocate dal «National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) al secondo posto nella lista dei dieci problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro, sono di frequente riscontro presso collettività lavorative dell agricoltura, dell industria e del terziario. Esse, sotto il profilo della molteplicità delle sofferenze, dei costi economici e sociali indotti (assenze per malattia, cure, cambiamenti di lavoro, invalidità), rappresentano uno dei principali problemi sanitari nel mondo del lavoro. Nei paesi industrializzati i casi di lombalgia cronica rappresentano una fonte di spesa enorme: in Svezia l inabilità permanente conseguente a patologie della colonna lombo-sacrale, nel periodo 1952-1987, è aumentata del 6000%, con un incremento massimo attorno al 1980, in coincidenza con l approvazione della nuova legge svedese sulle malattie indennizzabili. Simile andamento è stato segnalato negli Stati Uniti, con un incremento degli indennizzi pari al 2700% nel ventennio 1956-1976. Sempre negli Stati Uniti, approssimativamente il 10% dei lavoratori con lombalgia cronica assorbono il 65-70% dei costi di tutti i risarcimenti. L impatto sia sociale che economico è rilevante: recenti dati epidemiologici dimostrano che negli Stati Uniti la lombalgia: è la principale causa di limitazione lavorativa in persone con età < 45 anni e gli indennizzi per patologie professionali della colonna assorbono il 33% dei costi totali. I settori produttivi spendono annualmente per trattamenti e compensi assicurativi il corrispondente di 20.000 miliardi di lire italiane è la prima ragione per richiesta di visita medica (14% delle prime visite riguardano il mal di schiena) è la quinta causa di ricovero ospedaliero è la terza più frequente ragione di intervento chirurgico. In Italia, le sindromi artrosiche sono, secondo dati ISTAT, le affezioni croniche più diffuse. Le affezioni acute dell apparato locomotore sono al secondo posto nella prevalenza puntuale di patologie acute ed al secondo posto tra le cause di invalidità civile. Tra gli infortuni del lavoro, in base a dati ottenuti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60-70% dei casi si manifesta con una lombalgia acuta, ha incidenza e prevalenza costanti, nonostante siano sotto stimate per omissione di denuncia. 1

Aspetti epidemiologici E stato calcolato secondo diversi studi (fig. 1) che la prevalenza nell arco della vita (lifetime prevalence) della lombalgia nella popolazione generale, è compresa tra il 50 e il 70%. Tuttavia, i reali tassi di prevalenza risultano abbastanza difficile da stabilire: in effetti la prevalenza nell arco della vita scende drasticamente al 13,8% se si considerano solo i casi di lombalgia che siano durati almeno due settimane. Valkenburg & Haanen (1982) Valkenburg & Haanen (1982) Svensson & Andersson (1988) Svensson & Andersson (1983) Nagi et al. (1973) Magora & Taustein (1969) Frymoyer et al. (1983) Hult (1954) Hirsch et al. (1969) Biering-Sorensen (1982) Biering-Sorensen (1982) % 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Prevalenza nell arco della vita e puntuale della lombalgia in diversi studi Figura 1 Di maggior importanza però per il medico del lavoro sono i dati relativi alla prevalenza di disturbi lombosacrali nelle popolazioni di lavoratori nei diversi settori dell industria, agricoltura e terziario. La relazione con il lavoro delle comuni malattie cronico-degenerative è stata criticamente valutata da parecchi gruppi di esperti e da singoli ricercatori ed una proporzione significativa dei disordini muscolo-scheletrici è stata attribuita al lavoro. Infatti numerose sono le indagini epidemiologiche riportate nella letteratura internazionale tendenti a dimostrare una relazione causa-effetto tra attività lavorative a rischio e patologie a carico della colonna lombosacrale. Nella fig n.2 ad esempio sono riportate le prevalenze di lombalgia standardizzate per età in diverse professioni ; dalla figura emerge come lavoratori coinvolti in movimentazione manuale di carichi pesanti presentano prevalenze notevolmente più elevate rispetto a lavoratori addetti a lavori più leggeri. In un intervista ad oltre 30.000 lavoratori di diverse industrie è stata indagata la prevalenza di lombalgia durante gli ultimi dodici mesi di attività lavorativa. I dati 2

riportati nella fig. n.3 mostrano come le prevalenze siano più elevate negli addetti all industria meccanica, estrattiva ed edilizia. 30 25 20 15 10 Infermieri Ind.Pesante Bancari Agricoltori Guid.Autobus Ind.Leggera Uff.Postale Polizia Totale 5 0 La lombalgia in diverse professioni Prevalenze standardizzate per età (Magora( Magora) Figura 2 Servizi (addetti pulizie) Sanitario (fisioterapisti e infermieri) Agricolo e forestale Autotrasporti Meccanico-leggero Minerario Edilizio Estrattivo Meccanico-pesante 0 2 4 6 8 10 12 % Prevalenza di lombalgia negli ultimi 12 mesi di attività in diversi settori lavorativi (Behrens( Behrens,, 1994) Figura 3 3

Un indagine prospettica sull incidenza dell ernia discale e della sciatalgia è stata condotta da Heliövaara (1987) su 57.000 lavoratori per la durata di undici anni. I dati di incidenza sono stati raccolti solo sui lavoratori che hanno subito un ricovero ospedaliero. Su 1537 pazienti ricoverati, nel 30% dei casi è stata diagnosticata un ernia del disco lombare e nel 24% una sciatalgia, con rischio relativo superiore per l uomo rispetto alla donna. Fattori di rischio significativi sono risultati il sesso, la professione, il carico di lavoro e l altezza corporea. Differenziando tra le varie professioni, i rischi relativi più elevati e statisticamente significativi, rispetto ad un gruppo di controllo di impiegati d ufficio, riguardarono i lavoratori dell industria metallurgica pesante, nonché i guidatori di automezzi seguiti dagli addetti all edilizia e forestali (fig.n.4). Addetti industria leggera 2,2 2,6 ** Addetti industria chimica Edili 2,4 * 2,4 * 3,2 ** 3,1*** Metalmeccanici 3,0 * 4,2 *** Autisti 2,9 * 4,6 *** Agricoltori 1,4 * 2,5* Forestali Impiegati (gruppo di controllo) 1,0 1,0 3,1* 2,9 * p < 0.05 ** p < 0.01 *** p < 0.001 Rischio relativo di ernia discale e di ernia discale e/o scialtalgia nella popolazione maschile (57.000 lavoratori seguiti per 11 anni) - (Heliovaara 1987) Figura 4 Per quanto riguarda le richieste d indennizzo analizzate da Klein (1984), relativamente a 26 stati d America, emerge (fig. 5) che i picchi più elevati si verificano per gli uomini nel range d età tra i 25 e i 34 anni e il sollevamento carichi risulta essere tra le cause più citate di sovraccarico osteo-articolare. 4

2,00 Richieste indennizzo/100 lavoratori 1,80 1,60 1,40 1,20 1,00 0,80 0,60 0,40 0,20 Maschi Femmine 0,00 Under 20 20-24 25-29 30-34 35-44 45-54 55-64 65+ Gruppi d'età Incidenza delle richeste d indennizzo (richieste/100 lavoratori) in 26 stati americani in addetti al sollevamento carichi (Klein( Klein,, 1984) Figura 5.Fattori di rischio Il ruolo dei singoli fattori di rischio individuali e professionali non è sempre facile da stabilire, soprattutto per la loro possibilità di interagire; tuttavia la loro conoscenza è di rilevante importanza quando l obiettivo finale è la prevenzione. Fattori di rischio individuali - Possono essere divisi in fattori di rischio non modificabili (età e sesso, parametri antropometrici, difetti strutturali, caratteristiche psicosociali) e modificabili (grado di allenamento fisico, motilità lombare, forza muscolare, atteggiamenti posturali, abitudine al fumo). - Età e sesso - Entrambi i sessi mostrano una uguale prevalenza di lombalgia, con un picco di frequenza tra i 30 e i 35 anni d età ; unica differenza tra i due sessi è che dopo la fase di picco, nella donna gli episodi di lombalgia tendono a mantenersi più alti rispetto all uomo, suggerendo che l osteoporosi possa rappresentare un ulteriore fattore di rischio. Inoltre personale femminile, adibito a movimentazioni manuali pesanti, presenta un maggiore numero di disturbi, rispetto all uomo, che invece subisce interventi chirurgici per ernia discale con un rapporto 3:1 rispetto alla donna. Parametri antropometrici - Non sembra esistere una evidente correlazione tra i parametri altezza e peso, costituzione corporea e lombalgia anche se l obesità, sembrerebbe costituire un fattore di rischio nel 20% dei soggetti con l indice di massa corporea più alto. Difetti strutturali - La discopatia degenerativa è una inevitabile manifestazione patologica che si manifesta col progredire dell età. Gli spazi discali L4 e L5 sono quelli prevalentemente interessati, ed il processo degenerativo del disco, secondo studi radiografici e su autopsie inizia nell uomo attorno ai 30 anni, mentre nella donna è ritardato di 5

circa 10 anni. La spondilosi lombare, conseguenza della discopatia degenerativa, segue, in genere, ad una distanza di più di dieci anni. Numerose indagini hanno messo in luce come l attività fisica pesante sia in grado di accelerare lo sviluppo della degenerazione del disco di una decina d anni. La spondilolistesi si è dimostrata frequentemente associata alla lombalgia, al contrario delle schisi occulte, spondilosi e sacralizzazioni dei processi trasversi. Caratteristiche psicosociali - Scarsa soddisfazione per il proprio lavoro, lavoro monotono, scarso apprezzamento da parte dei superiori, sembrano essere positivamente correlati, non tanto con gli episodi di lombalgia acuti, quanto con la forma cronica, analogamente agli atteggiamenti depressivi, ansiosi o di eccessiva preoccupazione del proprio stato di salute; tuttavia, non è ancora stato chiarito se gli aspetti psicosociali rappresentino una causa o l effetto delle forme croniche di lombalgia. Grado di allenamento fisico - Alti gradi di allenamento fisico sono concordemente ritenuti protettivi non solo nei confronti della lombalgia, ma anche sui tempi di recupero dopo episodi acuti di lombalgia. Motilità lombare - Nel recente passato indagini retrospettive tendevano a dimostrare una associazione positiva della ridotta motilità con la lombalgia. Più recenti studi prospettici non hanno dimostrato nessuna associazione della lombalgia con la ridotta motilità lombare, mentre, altri studi hanno dimostrato una associazione positiva della aumentata motilità con la lombalgia. Forza muscolare - L ipotesi che una ridotta forza della muscolatura del tronco possa costituire un fattore di rischio di lombalgia non trova supporto nella letteratura, anche se è stato dimostrato un aumento del rischio di lombalgia nei lavoratori, la cui attività richiedeva una forza muscolare uguale o superiore alle proprie capacità. Atteggiamenti posturali - Modificazioni della lordosi lombare e cifosi dorsale non sono risultate associate positivamente agli episodi di lombalgia. Anche la scoliosi non risulta associata alla lombalgia, a meno che non superi gli 80 o abbia il vertice collocato a livello lombare. Abitudine al fumo - E stata riscontrata una associazione positiva tra abitudine al fumo, lombalgia ed ernia discale, per la quale è stata supposta una alterazione dei meccanismi di nutrizione del disco, che lo renderebbe più vulnerabile agli insulti meccanici, anche se rimane ancora da dimostrare l eventuale presenza di potenziali fattori di confondimento. - Fattori professionali - In una recente pubblicazione del National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH, 1997) sono state prese in considerazione le numerose indagini epidemiologiche presenti in letteratura, indicanti una associazione tra attività lavorativa e lombalgia. Dopo una accurata revisione, basata su rigidi criteri epidemiologici, sono stati selezionati 42 studi che evidenziavano una associazione positiva o negativa con i seguenti cinque fattori di rischio professionali: lavoro fisico pesante, sollevamento manuale di gravi, frequenti flessioni e torsioni del tronco (posture incongrue), vibrazioni «whole body» e posture di lavoro statiche, giungendo alle seguenti conclusioni, classificate sulla base di nessuna evidenza, insufficiente evidenza, evidenza, forte evidenza. 6

Lavoro fisicamente pesante - Gli studi selezionati forniscono evidenza di una associazione positiva tra lombalgia e lavoro fisico pesante; gli indici di rischio sono risultati inferiori a quelli riscontrati per le attività di sollevamento e per l esposizione a vibrazioni «whole body», probabilmente per una imprecisa caratterizzazione dell esposizione. Sollevamento manuale di gravi - Esiste una forte evidenza della associazione. La maggior parte degli studi ha utilizzato metodi obiettivi di misura delle specifiche attività di sollevamento, mettendo in luce indici di rischio compresi tra 1.2 e 5, ed una relazione dose-risposta coerente con il grado di esposizione ed i dati sanitari riscontrati. Inoltre i risultati riportati risultano coerenti con i risultati delle indagini biomeccaniche condotte in laboratorio circa gli effetti delle attività di sollevamento sulle strutture della colonna lombare. Frequenti flessioni e torsioni del tronco (posture incongrue) - L associazione risulta evidente con indici di rischio superiori a 3 ed una relazione dose-risposta dimostrata. Inoltre è stato documentato che la combinazione attività manuale e posture incongrue aumenta ulteriormente il rischio. Vibrazioni «whole body» - Questo fattore di rischio riguarda in particolare i guidatori di automezzi pesanti. Esiste una forte evidenza di associazione con indici di rischio compresi tra 1.2 e 5.7, anche se è dimostrato che altri fattori di rischio sono associati alle vibrazioni, come la postura seduta prolungata, le posture incongrue, il sollevamento manuale ed i risultati siano influenzati dal tipo di veicolo. Posture di lavoro statiche - Pochi studi hanno esaminato l effetto sulla colonna lombo-sacrale delle posture di lavoro statiche ed i risultati forniscono una insufficiente evidenza dell esistenza di una associazione positiva. Cenni di biomeccanica e fisiopatologia della colonna vertebrale Dal punto di vista della funzionalità, la colonna vertebrale deve possedere due caratteristiche tra di loro contrastanti: l elasticità e la rigidità. Tali caratteristiche possono coesistere per la particolare struttura della colonna stessa che è formata da segmenti (le vertebre) tra di loro articolati ed uniti da legamenti e muscoli. Sebbene il range di movimento dell intera colonna sia molto ampio la possibilità di movimento tra due segmenti vertebrali è molto ristretta e, solamente la somma dei singoli movimenti delle vertebre dà luogo all ampiezza del movimento della colonna in toto. Per questo motivo la perdita di possibilità di movimento tra due o tre corpi vertebrali, come risultato di una patologia o dell invecchiamento, non comporta una riduzione significativa della funzionalità dell intera colonna. Il rachide lombare, tuttavia, è il segmento della colonna vertebrale su cui grava la maggior parte della dinamica flesso-estensoria; in particolare il 60-75% dell ampiezza di tale movimento è a carico della giunzione lombosacrale (cosiddetta cerniera L5-S1), il 20-25% è a carico della giunzione L4-L5 ed il resto (5-10%) interessa i segmenti superiori. Un immediata conseguenza di questa situazione è la maggiore vulnerabilità dei dischi intervertebrali L4-L5 e L5- S1, poiché sono quelli che non solo sopportano il maggior carico statico, ma anche quelli più sollecitati durante i movimenti. 7

La particolare struttura ad S italica della colonna vertebrale contribuisce invece a garantirne la rigidità e la resistenza alle sollecitazioni conseguenti al carico statico o ai movimenti; rispetto ad una colonna rettilinea la conformazione ad S italica garantisce una resistenza alle sollecitazioni meccaniche dieci volte superiore. Tutte le sollecitazioni meccaniche sia statiche che dinamiche vengono ridotte dal disco intervertebrale, che essendo composto da un nucleo gelatinoso, contenente acqua per il 90% circa, è in grado di distribuire in maniera uniforme le forze di compressione in tutte le direzioni agendo come un ammortizzatore idraulico. E noto come il disco intervertebrale non sia dotato di una sua vascolarizzazione e, pertanto, la sua nutrizione è garantita da un meccanismo di diffusione delle sostanze. Tale diffusione è condizionata dall equilibrio tra la pressione idrostatica ed osmotica, con un meccanismo a pompa ove una diminuzione della pressione idrostatica favorisce l ingresso di sostanze nutritive nel disco e rallenta l espulsione dei cataboliti, mentre il suo incremento determina la condizione inversa. Il flusso nutritivo avviene in particolare attraverso le cartilagini limitanti vertebrali che rappresentano la principale via metabolica del disco intervertebrale. Durante i sollevamenti, dal punto di vista biomeccanico il disco intervertebrale e le due vertebre contigue (unità funzionale) costituiscono il fulcro di una leva di I grado. Considerando il fulcro come un punto posto al centro del disco intervertebrale, ci si rende conto di come il braccio della resistenza (la distanza tra il fulcro ed il centro del peso che si movimenta) risulti più lungo del braccio della potenza ( la distanza tra il fulcro e il centro della muscolatura paravertebrale, che è mediamente di soli 5 cm.) rendendo la leva estremamente svantaggiosa. Per questo motivo anche il sollevamento di pesi non elevati, soprattutto durante movimenti di rotazione Fig 6 Carico sul disco vertebrale nelle diverse posture Kg 400 300 380 200 100 50 1 2 3 4 5 6 7 8 o flesso-estensione della colonna determinano forze di compressione sul disco intervertebrale(fig.6) molto elevate, in grado di determinare lesioni a livello delle cartilagini limitanti vertebrali, compromettendo il metabolismo del disco intervertebrale e dando inizio al processo degenerativo. 50 75 Valutazione della movimentazione manuale dei carichi: il peso limite raccomandato 100 150 180 150 30 Numerosi sono i metodi di valutazione della movimentazione manuale dei carichi presenti in letteratura. Tra i più citati si ricorda il metodo psicofisico, i test di forza muscolare, lo studio della pressione endoaddominale. 8

Tuttavia, una quantificazione più precisa dei carichi sulla colonna vertebrale è ottenibile mediante l applicazione di modelli matematici che sfruttano le conoscenze biomeccaniche. Queste ultime sono basate essenzialmente sui principi della leva in equilibrio, nella quale i diversi segmenti corporei agiscono come potenze, i muscoli e gli altri tessuti molli sono le resistenze e gli snodi articolari rappresentano i fulcri. Il modello attualmente più utilizzato è quello proposto dal National Institute for Occupational and Health (NIOSH) sviluppato nel 1981, e successivamente migliorato nel 1991. Il modello è noto come equazione NIOSH per la progettazione e la valutazione dei compiti di sollevamento manuale e rappresenta un metodo empirico per il calcolo del peso limite raccomandato, con l obbiettivo di prevenire o ridurre l occorrenza di lombalgie correlate al sollevamento di carichi. Nel modello proposto il peso limite raccomandato rappresenta il valore del carico, in un determinato compito che quasi tutti i lavoratori sani possono movimentare per periodi prolungati (fino a 8 ore) senza un incremento del rischio di lombalgia lavoro correlata. Nel determinarlo sono stati utilizzati tre criteri contemporaneamente e cioè il criterio biomeccanico per limitare l effetto dello stress lombosacrale, il criterio fisiologico per limitare lo stress metabolico e la fatica ed il criterio psicofisico per limitare il carico di lavoro sulla base della percezione soggettiva dei lavoratori; per ciascuno dei tre criteri sopra citati è stato preso in considerazione il limite più restrittivo. Questa modalità di approccio ha fatto si che il peso limite raccomandato secondo il modello NIOSH risulti molto più basso del peso limite ottenibile da ciascun criterio preso singolarmente come, illustrato nella Tabella 1 che rappresenta in quattro sollevamenti diversi i limiti indicati dai singoli criteri e dal modello NIOSH. Il criterio biomeccanico è basato su studi e ricerche sul campo che mettono in correlazione la stima delle forze di compressione con la prevalenza di lombalgie; il valore limite assunto su L5-S1 è di 350 Kg. (non protettivo, secondo indagini epidemiologiche e studi su cadaveri, per tutta la popolazione). Sollevamenti Biomeccanico Fisiologico Psico-fisico NIOSH 1 24 >24 14 10 2 >24 >24 13 13 3 20 7 8 6 4 24 6 12 4 Tabella 1. Peso limite raccomandato calcolato sulla base i singoli criteri e del NIOSH in quattro diversi gesti di sollevamento. Nonostante pochi dati dimostrino che la fatica fisica aumenta il rischio di danno alle strutture muscolo-scheletriche è stato riscontrato che nelle attività di sollevamento la capacità lavorativa può essere facilmente superata, aumentando il rischio di danno. Pertanto, seguendo il criterio fisiologico sono stati introdotti i seguenti valori limite: 9.5 Kcal/min come dispendio energetico massimo, da ridursi al 70% per sollevamenti al di sopra di cm 75 ed al 50%, 40%, 30% del massimo rispettivamente per durate di 1 ora, 1-2 ore e 2-8 ore. Ad integrazione del criterio biomeccanico e fisiologico è stato inoltre inserito anche il valore empirico di massimo peso accettabile, fornito dal metodo psico-fisico. 9

Secondo quest ultimo criterio non deve essere superata la capacità di sollevamento accettabile dal 99% della popolazione maschile e dal 75% della popolazione femminile. Per ciò che attiene ai criteri di interpretazione dei risultati derivanti dall analisi biomeccanica di azioni di movimentazione manuale di carichi, relativamente al tratto lombare è possibile effettuare le seguenti considerazioni: esperimenti su cadaveri hanno dimostrato che, nell unità vertebra-disco, quando vengono applicati carichi assiali, la componente più debole è rappresentata dalle limitanti vertebrali, che per prime presentano microfratture. I livelli di compressione assiale a cui si verificano microfratture dei limitanti vertebrali sono assai variabili, in funzione delle caratteristiche individuali, dell età e del sesso. La figura 7 riporta i valori medi e gli ambiti di variazione dei carichi di rottura delle limitanti vertebrali per diverse età del sesso maschile. Orientativamente, secondo i dati della letteratura, nel sesso femminile gli stessi valori andrebbero diminuiti in media del 17% ; Figura 7. Valori medi ed ambito di variazione delle forze di compressione che determinano fratture nelle unità funzionali lombari, per classi d età. la figura 8 riporta uno studio sull incidenza di episodi lombalgici nell arco di otto mesi, su più di 400 lavoratori, sottoposti a diversi valori di carico lombare: si evidenzia che, rispetto all esposizione a carichi lombari inferiori ai 250 Kg., l incidenza di lombalgia è circa 5 volte superiore in coloro che sono esposti a carichi lombari di 450-650 Kg. E 10 volte maggiore nei soggetti sottoposti a carichi lombari di più di 650 Kg. 10

Figura 8. Incidenza di lombalgia e forze di compressione sui dischi lombari. Sulla base dei tre criteri utilizzati, degli studi su cadaveri e delle indagini epidemiologiche è stato identificato, negli Stati Uniti un peso limite raccomandato che può essere movimentato fino ad otto ore senza incremento del rischio di lombalgia, pari a 23 Kg. Ovviamente, il valore di 23 Kg. Fa riferimento alla posizione, alla modalità e frequenza standard sollevamento. Ogni deviazione dai sopra citati parametri di riferimento comporterà una corrispondente riduzione del peso. In Italia, il D.Legs. 626/94 fissa, invece, in 30 kg., per l'uomo, e 20 kg., per la donna, il peso massimo sollevabile individualmente. Il modello NIOSH, anche se apprezzabile per il fatto che combina più criteri di valutazione ed include aspetti importati nel definire il rischio quali le flessioni e torsioni del tronco, frequenza e durata dell attività, caratteristiche della presa dell oggetto, presenta, tuttavia, alcuni limiti nei suoi presupposti di base (limiti delle forze di compressione assiali ricavati da studi su cadavere e non in vivo, scarsa considerazione delle forze trasversali di taglio) ma soprattutto per quanto riguarda la sua applicabilità sul campo dato che prende in considerazione solo le attività di sollevamento, eseguita contemporaneamente con i due arti superiori, e non è applicabile a tutte le altre attività manuali quali spingere, tirare, sostenere e trasportare. Nella maggior parte delle realtà lavorative, tutte le diverse attività manuali si combinano nelle modalità più svariate, rendendo la possibilità di applicazione del metodo NIOSH, abbastanza limitata. Calcolo del peso limite raccomandato (PLR) Il peso limite raccomandato (PLR)rappresenta il valore del carico, in un determinato compito che quasi tutti i lavoratori sani possono movimentare per periodi prolungati (fino a 8 ore) senza un incremento del rischio di lombalgia lavoro correlata ed è in relazione alle modalità di esecuzione dell attività lavorativa. Se il peso da sollevare è superiore a tale limite, è indispensabile intervenire attraverso la riorganizzazione del lavoro e/o l introduzione di ausili meccanici.le operazioni di movimentazione manuale dei carichi vengono analizzate applicando la formula matematica proposta dal NIOSH 1993 che consente di calcolare il peso limite raccomandato nelle diverse condizioni lavorative. 11

Di seguito viene riportata la formula tradotta da quella originale proposta dal NIOSH, unitamente ad un disegno illustrativo ed alla Figura 9: PLR = PMC x A x B x C x D x E x F La formula parte da una serie di considerazioni : il peso massimo consentito(pmc) è di 30 kg per gli uomini e di 20 kg per le donne (di età compresa tra 18-45 anni). Per ogni attività lavorativa si devono considerare 6 parametri: 1. fattore altezza: altezza da terra delle mani all inizio del sollevamento (A); 2. fattore dislocazione: distanza verticale di spostamento del peso fra inizio e fine del sollevamento (B); 3. fattore orizzontale: distanza massima dal corpo durante il sollevamento (orizzontale tra le mani e il punto di mezzo delle caviglie ; 4. fattore asimmetria: dislocazione angolare del peso (in gradi) rispetto al piano sagittale del soggetto (D); 5. fattore presa: giudizio sulla presa del carico (E); 6. fattore frequenza: frequenza del sollevamento (n. atti al minuto (F); Fig. 9 Parametri da considerare per il calcolo del peso limite raccomandato A D A B C 12

NIOSH 1993 - Modello per il calcolo del Peso Raccomandato Kg 30 - Uomo Kg 20 - Donna Fattore Altezza Fattore Dislocazione Fattore Orizzontale Fattore Frequenza Fattore Asimmetria Fattore Presa X X X X X X Peso Massimo raccomandato in condizioni ottimali di sollevamento Altezza da terra delle mani all inizio del sollevamento Distanza verticale del peso tra inizio e fine del sollevamento Distanza massima del peso dal corpo durante il sollevamento Frequenza del sollevamento in atti al minuto (=0 se >12 volte/minuto) Dislocazione angolare del peso rispetto al piano sagittale del soggetto Giudizio sulla presa del carico = PESO LIMITE RACCOMANDATO Per calcolare il peso limite raccomandato (PLR ) nelle diverse condizioni di lavoro è necessario moltiplicare il peso massimo consentito (PMC) per i fattori di correzione predefiniti corrispondente ai suddetti 6 parametri e riportati nella 13

Tabella n. 2; in questo modo se i parametri misurati si allontanano dalle condizioni ideali di sollevamento, l entità del peso da sollevare viene ridotta. Ognuno di questi fattori comporta una correzione : per esempio se un uomo solleva un peso da terra (al di sotto del fattore altezza = 0 cm viene riportato 0.78) bisognerà moltiplicare 30kg x 0.77, il che significa ridurre il peso del 22%. Verranno di seguito applicati tutti gli altri fattori per ottenere il peso limite raccomandato che paragonato col peso che l individuo effettivamente solleva fornirà un indice di rischio. Altezza delle mani da terra all inizio del sollevamento Altezza (cm) 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 175 >175 Fattore.78.81.84.87.90.93.96.99.99.96.93.90.87.84.81.78.75.72.70.00 Distanza verticale di spostamento del peso fra inizio e fine del sollevamento Altezza (cm) 25 40 55 70 85 100 115 130 145 160 175 > 175 Fattore 1.00.93.90.88.87.87.86.86.85.85.85.00 Distanza massima del peso dal corpo durante il sollevamento (orizzontale tra le mani ed il punto di mezzo delle caviglie) Altezza (cm) 25 28 30 32 34 36 38 40 42 44 46 48 50 52 54 56 58 60 63 >63 Fattore 1.00.89.83.78.74.69.66.63.60.57.54.52.50.48.46.45.43.42.40.00 Dislocazione angolare del peso rispetto al piano sagittale del soggetto Dislocazione angolare (in gradi) 0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 > 135 Fattore 1.00.95.90.88.81.78.71.66.62.57.00 Giudizio sulla presa del carico Giudizio BUONO DISCRETO SCARSO Fattore 1.00.95.90 Frequenza del sollevamento in relazione alla durata dell attività (n. atti/minuto).2.5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 > 15 Frequenza < 1 ora 1.00.97.94.91.88.84.80.75.70.60.52.45.41.37.00.00.00.00 1-2 ore.95.92.88.84.79.72.60.50.42.35.30.26.00.00.00.00.00.00 2-8 ore.85.81.75.65.55.45.35.27.22.18.00.00.00.00.00.00.00.00 Tabella 2 : fattori di correzione I parametri più importanti, dal punto di vista del fattore di correzione e che quindi devono essere considerati attentamente nella valutazione del rischio sono la distanza del peso dal corpo e la dislocazione angolare del 14

peso; infatti, se consideriamo un soggetto che solleva un peso di 10 kg in modo scorretto (peso lontano dal corpo), il carico che si esercita sul disco intervertebrale è di 350 kg rispetto ai 150 kg che si hanno in condizioni di sollevamento corretto. Condizioni per l applicabilità del peso limite raccomandato La procedura di calcolo del limite di peso raccomandato è applicabile quando ricorrono le seguenti condizioni: sollevamento di carichi in posizione eretta (non seduta o inginocchiata) in spazi ristretti; sollevamento di carichi eseguito con due mani; altre attività di movimentazione manuale (trasporto, spinta o traino) minimali; adeguata frizione tra piedi (suola) e pavimento (coefficiente di frizione statica > 0,4); gesti di sollevamento eseguiti in modo non brusco; carico non estremamente freddo, caldo, contaminato o con il contenuto instabile condizioni microclimatiche favorevoli (temperatura 19-26 C / umidità relativa 30-50%). Qualora i sollevamenti vengano effettuati in posizione assisa o sul banco di lavoro, si consiglia di non superare il valore di 5 kg per frequenze di 1 volta/5 minuti (diminuire il peso per frequenze superiori). Calcolo dell indice di rischio (IR) L indice di rischio si ottiene dal rapporto tra il peso effettivamente sollevato nel compito considerato e il peso limite raccomandato. Tale indice è indicatore di un rischio minimo per valori tendenziali inferiori ad 1 (IR< 1); è al contrario presente per valori tendenziali superiori ad 1, e tanto più alto è il valore dell indice, tanto maggiore risulta il rischio (IR> 1). < 0,75 Peso sollevato (PS) 0,75-1 INDICE DI RISCHIO = ------------------------------ = 1-3 PLR < 3 IR < 0,75 = situazione accettabile, non è richiesto alcun intervento specifico; IR 0,75-1 = situazione si avvicina al limite. Se possibile, si consiglia di attivare iniziative di formazione e sorveglianza sanitaria; IR > 1 = situazione a rischio; urgenza negli interventi di riduzione del rischio; attivare formazione e sorveglianza sanitari IR >3 = immediato intervento di prevenzione; specifica formazione degli addetti e sorveglianza sanitaria con periodicità ravvicinata. 15

Esempio di calcolo: valutazione di attività di confezionamento di box in scatolone Un operatore deve trasferire box di cartone del peso di 10 Kg l uno dal piano del pallet all interno di uno scatolone. Può assumere qualsiasi posizione. Lo scatolone è alto 100 cm ed è posto alle spalle dell operatore. In sintesi: altezza mani da terra 0 cm; dislocazione verticale 100 cm; distanza orizzontale dal corpo: al prelievo 30 cm; al deposito 60 cm; angolo di asimmetria 90 ; presa scarsa; frequenza 4 v/min per tutto il turno. ETÀ MASCHI FEMMINE Costante di peso > 18 anni 30 20 (Kg) 15-18 anni 20 15 E F 10 ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL INIZIO DEL SOLLEVAMENTO Altezza (cm) 0 25 50 75 100 125 150 >175 Fattore 0,78 0,85 0,93 1,00 0,93 0,85 0,78 0,00 DISLOCAZIONE VERTICALE DEL PESO FRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO Dislocazione (cm) 25 30 40 50 70 100 170 >175 Fattore 1,00 0,97 0,93 0,91 0,88 0,87 0,86 0,00 DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE DISTANZA DEL PESO DAL CORPO (distanza massima raggiunta durante il sollevamento) Distanza (cm) 25 30 40 50 55 60 >63 Fattore 1,00 0,83 0,63 0,50 0,45 0,42 0,00 ANGOLO DI ASIMMETRIA DEL PESO (in gradi) Dislocazione angolare 0º 45º 60º 90º 120º 135º >135º Fattore 1,00 0,88 0,81 0,71 0,62 0,57 0,00 GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO Giudizio buono Discreto scarso Fattore 1,00 0,95 0,90 FREQUENZA DEI GESTI (nº atti al minuto) IN RELAZIONE ALLA DURATA Frequenza 0,20 1 4 6 9 12 >15 Continuo < 1 ora 1,00 0,94 0,84 0,75 0,52 0,37 0,00 Continuo da 1 a 2 ore 0,95 0,88 0,72 0,50 0,30 0,21 0,00 Continuo da 2 a 8 ore 0,85 0,75 0,45 0,27 0,15 0,00 0,00 Peso effettivamente sollevato Peso limite raccomandato 30 CP 0.78 A 0.87 B 0.42 C 0.71 D 0,90 E 0,45 F 2.46 Kg Peso sollevato Peso limite raccomandato 4.06 = INDICE DI RISCHIO 16

Il posto precedente viene riprogettato: sovrapponendo più pallets è stata ottenuta un altezza di circa 70-75 cm del pallet di prelievo dei box di cartone. La scatolone è stato abolito: i box vengono confezionati a più strati su pallet posto su carrello elevatore. In tal modo il piano di carico risulta regolabile in altezza; è mantenuto a 75 cm dal suolo. I due pallets sono angolati di 90. I ritmi di lavoro ed il peso dei box sono i medesimi. In sintesi: altezza mani da terra 75 cm; dislocazione verticale 25 cm; distanza orizzontale 25 cm; angolo di asimmetria 45 ; presa scarsa; frequenza 4v/min per tutto il turno ETÀ MASCHI FEMMINE Costante di peso > 18 anni 30 20 (Kg) 15-18 anni 20 15 E F 10 ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL INIZIO DEL SOLLEVAMENTO Altezza (cm) 0 25 50 75 100 125 150 >175 Fattore 0,78 0,85 0,93 1,00 0,93 0,85 0,78 0,00 DISLOCAZIONE VERTICALE DEL PESO FRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO Dislocazione (cm) 25 30 40 50 70 100 170 >175 Fattore 1,00 0,97 0,93 0,91 0,88 0,87 0,86 0,00 DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE DISTANZA DEL PESO DAL CORPO (distanza massima raggiunta durante il sollevamento) Distanza (cm) 25 30 40 50 55 60 >63 Fattore 1,00 0,83 0,63 0,50 0,45 0,42 0,00 ANGOLO DI ASIMMETRIA DEL PESO (in gradi) Dislocazione angolare 0º 45º 60º 90º 120º 135º >135º Fattore 1,00 0,88 0,81 0,71 0,62 0,57 0,00 GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO Giudizio buono Discreto scarso Fattore 1,00 0,95 0,90 FREQUENZA DEI GESTI (nº atti al minuto) IN RELAZIONE ALLA DURATA Frequenza 0,20 1 4 6 9 12 >15 Continuo < 1 ora 1,00 0,94 0,84 0,75 0,52 0,37 0,00 Continuo da 1 a 2 ore 0,95 0,88 0,72 0,50 0,30 0,21 0,00 Continuo da 2 a 8 ore 0,85 0,75 0,45 0,27 0,15 0,00 0,00 Peso effettivamente sollevato Peso limite raccomandato 30 CP 1.00 A 1.00 B 1.00 C 0.88 D 0,90 E 0,45 F 10.7 Kg Peso sollevato Peso limite raccomandato 0.93 = INDICE DI RISCHIO 17

L'intervento ha successo: la riprogettazione ergonomica rende accettabile il sollevamento senza interferire sulla produttività (pesi, ritmi e orari di lavoro rimangono inalterati). Il dolore lombare Sedi tessutali di origine del dolore I dischi intervertebrali sono privi di terminazioni nervose e quindi privi di sensibilità dolorifica; anche i legamenti gialli ed interspinosi sono insensibili agli stimoli algogeni. Al contrario il legamento longitudinale posteriore e la sinovia delle articolazioni posteriori presentano una ricca innervazione. Si comprende così come le alterazioni della colonna vertebrale sia di tipo legamentoso che osteo-articolare, anche se non a carico di strutture anatomiche direttamente innervate, possono determinare la comparsa di una sintomatologia dolorosa in rapporto ad una azione esercitata nei confronti dei tessuti contigui sopraddetti. Un'altra importante sede di origine del dolore è dovuta alla componente muscolare; uno stato di contrattura muscolare protratta può originarsi da spasmi riflessi locali mentre una contrazione muscolare troppo energica può dare dolore anche per irritazione locale del periostio. A livello lombo-sacrale una frequente causa di dolore (irradiato) è rappresentata infine dalla compressione delle radici del nervo sciatico. La lombalgia comune Il termine dolore lombare o lombalgia viene spesso utilizzato come definizione diagnostica di una patologia a carico della colonna lombare, ma, in realtà, esso fa unicamente riferimento al sintomo dolore, che può essere causato da numerose e diverse alterazioni patologiche della colonna lombare e, molto spesso, esprime l'impossibilità di formulare una precisa diagnosi, correlabile alla sintomatologia dolorosa. Viene distinto, sulla base delle modalità di manifestazione in dolore di tipo: meccanico: quando è aumentato dal movimento non meccanico: quando è presente anche a riposo viscerale Nella Tabella 2 vengono riportate le patologie responsabili dei diversi tipi di dolore, unitamente alla percentuale di pazienti con dolore lombare, nella popolazione generale, affetti dalla specifica patologia. Come si può osservare dalla Tabella 2 nel 70% dei casi non si è in grado di formulare una diagnosi che sia correlabile alla sintomatologia dolorosa ed, in accordo con i protocolli internazionali, questi casi vengono classificati sotto il termine di lombalgia comune. Solo nel 27% dei casi è possibile formulare una diagnosi eziologica, mentre le forme neoplastiche ed infiammatorie sono responsabili solamente dell'1% dei casi di dolore lombare, in questo caso presente anche a riposo e il 2% dei casi ha un'origine viscerale. 18

Tabella 2. Diagnosi Differenziale del Dolore Lombare Dolore Meccanico Lombare od alla Gamba (97%) -Lombalgia comune (70%) -Processi degenerativi del disco e delle faccette articolari (10%) -Ernia discale (4%) -Stenosi del canale spinale (3%) -Fratture da osteoporosi (4%) Dolore Non Meccanico Lombare (1%) -Neoplasie (0.7%) (mieloma, carcinoma metastatico, linfoma e leucemia, tumori della corda spinale, retroperitoneali e vertebrali primitivi) -Infezioni (0.01%) (osteomielite,discite settica,ascessi epidurali e paraspinosi,nevralgia erpetica) Dolore Viscerale (2%) -Malattie organi pelvici: prostatite endometriosi -Malattie renali nefrolitiasi pielonefrite ascesso perirenale -Aneurisma aortico -Spondilolistesi (2%) -Fratture traumatiche (<1%) -Patologie congenite: (<1%) cifosi grave scoliosi grave vertebre di transizione -Spondilolisi -Artriti infiammatorie (0.03%) (spondilite anchilosante,psoriasica, S.Reiter) -Mal.Scheuermann(osteocondrite) -Mal.Paget -Malattie gastrointestinali pancreatite colecistite ulcera perforata N.B. Questi dati riguardano la popolazione generale; in popolazioni selezionate i valori saranno diversi(per es. in una popolazione di tossicodipendenti saranno prevalenti le forme infiammatorie, mentre in una popolazione di anziani saranno prevalenti le diagnosi di osteoporosi e di stenosi del canale spinale). Le principali caratteristiche della lombalgia comune sono riportate nella Tabella 3. Tabella 3.Principali caratteristiche della lombalgia comune Insorgenza 20-55 anni Distribuzione del dolore Regione lombosacrale con possibile irradiazione fino alla faccia posteriore delle cosce Natura del dolore Di tipo meccanico esacerbato dai movimenti Condizioni paziente Buone Durata 90% dei casi di lombalgia regredisce entro 4 settimane ed il 96% regredisce entro 12 settimane La prognosi è favorevole ed il 90% dei casi si risolve spontaneamente entro 4 settimane; nell'arco di tre mesi si ha il 96% di guarigioni, mentre sono pochi i casi di cronicizzazione. La forma cronica, che dura oltre i 3 mesi, ha una 19

prognosi peggiore; oltre i 6 mesi la probabilità di riprendere il lavoro è del 50% ; oltre i 2 anni la probabilità di riprendere il lavoro è nulla La prognosi favorevole e la difficoltà a formulare una diagnosi eziologica di fronte ad un caso di lombalgia comune pone il problema circa l'opportunità, in una fase precoce, di ricorrere ad accertamenti diagnostici, in particolare a quelli radiografici,. In effetti una radiografia della colonna lombo-sacrale, in età adulta, evidenzia quasi sempre alterazioni morfologiche, quali becchi artrosici, segni di degenerazione discale, ecc., cui si tende ad attribuire la causa del dolore lombare, che nella realtà rimane difficile da identificare. A questo proposito la Quebec Task Force, composta da un team di esperti di altissimo valore, appartenenti a diverse specialità, che hanno rivalutato oltre 7000 articoli della letterature scientifica, è giunta a formulare linee guida che indicano gli esami ritenuti da effettuare a discrezione(utili sulla base della consuetudine clinica se vi è un elemento diagnostico che ne suggerisce la prescrizione), consigliati(utili sulla base di deboli evidenze scientifiche) o raccomandati(utili sulla base di solide evidenze scientifiche).per i casi di lombalgia comune le indicazioni sono riportate in tabella 4. Tabella 4. Indicazione delle indagini da eseguire nella lombalgia comune Durata del dolore senza irradiazione o con irradiazione sino al ginocchio, senza segni neurologici < 7gg 7gg-7 settimane D D 7 settimane-3 mesi C D D D R C >3 mesi R C D D D R R Rx RxD TAC RMN Emg Lab Tpsi Legenda: - D: esame da eseguire a Discrezione sulla base della pratica clinica, se vi sono elementi clinici che lo suggeriscono - C: esame Consigliato, utili sulla base di deboli evidenze scientifiche - R: esame Raccomandato, la sua utilità è suggerita da studi clinici scientificamente validi Emg : esame elettromiografico. RxD : Rx dinamica Lab: esami di laboratorio: Emocromo, VES, PCR, Elettroforesi, Glicemia Creatininemia, Fosfatasi Alcalina, Calcemia, Esame Completo Urine Tpsi: tests psicologici. Transaminasi, Come si può osservare dalla Tabella 4 la radiografia lombo-sacrale viene indicata da eseguire a discrezione sulla base della pratica clinica, se vi sono elementi clinici che lo suggeriscono, solo se la lombalgia dura da almeno una settimana, viene consigliata, sulla base di deboli evidenze scientifiche, dopo circa due mesi dall'inizio dell'episodio e raccomandata, sulla base di solide evidenze scientifiche, solo dopo tre mesi. Tutti i pazienti devono comunque essere sottoposti ad una valutazione anamnestica nella quale devono essere esaminati i cosiddetti "segnali rossi"(red flags), indicatori di possibili gravi patologie spinali ed i "segnali gialli"(yellow flags), indicatori di una possibile cronicizzazione della lombalgia; in tali casi vanno attivati tutti gli accertamenti diagnostici ritenuti opportuni. Nelle tabelle 5 e 6 vengono rispettivamente riportati i segnali rossi e quelli gialli. 20

Tabella 5. Segnali Rossi, indicatori di possibili patologie spinali gravi Insorgenza prima di 20 e dopo 55 anni Presenza contemporanea di dolore toracico Anamnesi remota di neoplasie Tossicodipendenza, HIV Calo ponderale rapido Anamnesi positiva per evento traumatico importante Dolore di natura non meccanica, costante e progressivo Uso sistematico di steroidi Persistente e grave diminuzione del grado di flessione lombare Tabella 6. Segnali Gialli, fattori di rischio per la cronicizzazione della lombalgia comune *Anamnesi di pregressi episodi di lombalgia Dolore irradiato alla gamba *Manovra di sollevamento dell arto esteso ridotta Forza muscolare del tronco ridotta *Segni di interessamento della radice nervosa Forte fumatore *Forte evidenza scientifica per durata superiore alle 4 settimane *Comportamento sproporzionato nei confronti della gravità della malattia Scarsa soddisfazione del lavoro *Sindromi ansiose e depressive Controversie medico-legali in atto Numero di giorni di assenza dal lavoro Problemi personali (finanziari, familiari ) *Forte evidenza scientifica per durata superiore alle 4 settimane 21

I principali quadri patologici La spondilodiscoartrosi Per artrosi si intende un artropatia cronica, a carattere evolutivo, consistente inizialmente in alterazioni regressive della cartilagine articolare e secondariamente in modificazioni delle altre strutture che compongono l articolazione (tessuto osseo, sinovia, capsula). Clinicamente l artrosi si manifesta con dolore, limitazione funzionale, atteggiamenti viziosi. L artrosi si instaura in un articolazione quando in essa si verifica, per fattori generali o locali, uno squilibrio tra resistenza della cartilagine e sollecitazioni funzionali. Fattori generali: età (modificazioni del ph del liquido sinoviale); ereditarietà (predisposizione alle affezioni artro-reumatiche); squilibri ormonali (con particolare riguardo agli estrogeni); obesità (sovraccarico delle articolazioni ed accumulo di colesterolo); alterazioni metaboliche (calcio, etc.); ambiente (abitazione, clima, condizioni di lavoro) Fattori locali: concentrazione o alterata distribuzione delle sollecitazioni meccaniche sulla superficie articolare (deviazione dei normali assi di carico, etc.); alterazioni articolari prodotte da affezioni di natura infiammatoria, traumatica, necrosi epifisarie, etc. Si distingue un artrosi primaria (riferibile solo a fattori generali) ed un artrosi secondaria (da cause locali). Dal punto di vista anatomo-patologico si rilevano i seguenti reperti (pur se variamente accentuati in rapporto al grado evolutivo della malattia): alterazioni cartilaginee articolari (assottigliamento, fissurazioni, ulcerazioni con messa a nudo dell osso subcondrale); osteofiti marginali (neoformazioni ossee di varia forma a becco, a rostro per ossificazione della cartilagine o delle inserzioni capsulari) in corrispondenza del margine periferico della superficie articolare. In caso di grossolana osteofitosi che determina la completa deformazione dei capi articolari si parla di artrosi deformante; osteosclerosi subcondrale (addensamento del tessuto osseo in corrispondenza delle zone di maggiore usura della cartilagine, laddove il carico è più accentuato); cavità psudocistiche o geodi (sono alternate o nel contesto delle zone di osteosclerosi); alterazioni della mebrana sinoviale; alterazioni della capsula. La sintomatologia clinica è esclusivamente locale. Si instaura tuttavia in maniera subdola e tardiva rispetto all inizio della malattia, evolvendo in maniera cronica attraverso fasi di attenuazione e remissione. Fondamentalmente abbiamo dolore locale, progressivamente ingravescente, e limitazione articolare (da ostacolo meccanico e/o da contrattura), segno costante e relativamente precoce. I più comuni reperti radiografici sono costituiti da: restringimento della rima articolare fino alla sua completa scomparsa (usura cartilaginea); osteofitosi (precoce) a livello dei bordi delle superfici articolari; alterazione della struttura ossea subcondrale, con zone di osteosclerosi e cavità geodiche. L osteoartrosi incide per i 2/3 sul totale delle malattie reumatiche ed è una delle patologie più frequenti in assoluto, insieme alle patologie cardiovascolari e respiratorie. L osteoartrosi non deve però essere considerata come un ineluttabile conseguenza dell invecchiamento ma una vera malattia, caratterizzata da fenomeni degenerativi della cartilagine articolare precoci ed intensi, a cui si associano processi flogistici della sinovia e delle altre strutture anatomiche periarticolari. Bisogna pertanto fare una chiara distinzione tra l osteoartosi (che si manifesta tipicamente a 45-50 anni) e l artrosi 22

senile, tipica dei soggetti anziani ultrasessantacinquenni e legata esclusivamente alla senescenza della cartilagine articolare. La diagnosi di osteoartosi è dunque una diagnosi clinica, che scaturisce da un insieme di dati anamnestici, obiettivi, di laboratorio e strumentali. Non appare pertanto corretto porre diagnosi di osteoartrosi solo in presenza di reperti radiologici (ad es. osteofiti) ininfluenti dal punto di vista fisiopatologico, che in effetti sopra una certa età (65-70 anni) possono essere riscontrati in alcuni distretti anatomici (ad es. vertebre) nel 100% dei soggetti. L osteoartosi ha poi una notevole incidenza sociale, perché colpisce tipicamente soggetti lavorativamente attivi e quindi determina, oltre che elevati costi per complessi e reiterati interventi di assistenza medica e fisiatrica, perdita di numerose giornate lavorative e corresponsione di pensioni d invalidità, in Italia limitate (finora) agli ambiti giuridici della causalità di servizio e dell invalidità pensionabile INPS ma in altri Paesi (USA, UK e paesi scandinavi) fortemente incidenti anche sul versante dell indennizzo dell inabilità lavorativa per infortuni sul lavoro e malattie professionali. Le principali localizzazioni dell artrosi sono all anca, alla colonna vertebrale e al ginocchio. Alla colonna vertebrale si localizza frequentemente al tratto cervicale e lombare. L artrosi vertebrale suole essere distinta in artrosi anteriore o intersomatica (spondilodiscoartrosi propriamente detta) e di artrosi posteriore o apofisaria. Nel primo caso (spondilodiscoartrosi) si hanno alterazioni dei corpi vertebrali in relazione alla progressiva disidratazione, degenerazione e schiacciamento di uno o più dischi intervertebrali adiacenti. Come già detto, i dischi intervertebrali sono composti da un anello fibroso e da un nucleo polposo: il primo rappresenta la porzione periferica, di natura consistente ed elastica, costituito da lamelle disposte concentricamente, formate da fibre collagene ed elastiche, mentre il secondo è costituito da una massa gelatinosa sferoidale posta al centro del disco intervertebrale con funzione di assorbire e ridistribuire uniformemente sulle superfici cartilaginee dei corpi vertebrali contigui, le sollecitazioni statico-dinamiche ricevute. Dopo l età di 40-50 anni tutti i dischi (ma soprattutto quelli del tratto inferiore del rachide cervicale e lombare) vanno incontro a fenomeni regressivi: riduzione del tenore idrico del nucleo e perdita delle proprietà elastiche dell anulus. A causa della degenerazione discale le sollecitazioni di pressione si concentrano sui bordi dei corpi vertebrali, con sclerosi reattiva delle limitanti somatiche superiore ed inferiore e proliferazione osteofitaria marginale che, insieme alla riduzione dello spazio intersomatico, costituiscono la triade radiografica della spondilodiscoartrosi. L artrosi apofisaria o artrosi vertebrale posteriore consiste invece nella comparsa delle tipiche alterazioni artrosiche a carico delle apofisi articolari posteriori. Tutte e due le forme presentano la stessa sintomatologia: dolore locale e rigidità articolare. Possibili complicazioni sono: le sindromi midollari (a livello cervicale); le sindromi vascolari (a livello cervicale sindrome di Neri-Barrè-Lieu); le sindromi radicolari (cervicobrachialgie e lombosciatalgie): gli osetofiti, sviluppandosi in sede postero-laterale in corrispondenza del forame di coniugazione, comprimono la rispettiva radice nervosa. SPONDILOLISI E SPONDILOLISTESI Per spondilolisi si intende l interruzione mono o bilaterale dell'istmo, cioè della porzione vertebrale compresa tra le apofisi articolari superiori ed inferiori dell arco neurale. In caso di interruzione bilaterale, si avrà in una elevata percentuale di casi una spondilolistesi, ovvero lo scivolamento anteriore del corpo vertebrale, dei peduncoli, delle apofisi trasverse e dei processi articolari superiori sulla vertebra sottostante. Sulla base della letteratura più recente, la spondilolisi viene oggi ritenuta una lesione acquisita, che si verifica nell epoca dell accrescimento corporeo e dunque interpretata come una frattura da stress dovuta a notevoli sollecitazioni statico-dinamiche settoriali, specie in iperestensione. La spondilolisi può essere del tutto asintomatica o manifestarsi, in altri casi, con una dolenzia localizzata in corrispondenza del segmento vertebrale interessato, che si accentua con la stazione eretta, con la deambulazione e con i tentativi di eseguire un attività lavorativa e/o sportiva. Nei casi in cui si associa una listesi, è possibile talvolta apprezzare con la palpazione la sporgenza dell apofisi spinosa della vertebra listesica. La conferma del sospetto clinico si basa sullo studio radiologico nelle ordinarie proiezioni ortogonali, integrate dalle due proiezioni oblique; la proiezione laterale è spesso assai utile per documentare lo spostamento anteriore del 23