Scuola Forense M. De Andrè Corso integrativo 16-10-2019 Alessandro Barca PARERE 1 Tizio con atto a rogito notaio X di Genova, in data 23-10-2001 acquista 2 appezzamenti di terreno intestandone fittiziamente la nuda proprietà alla moglie Mevia e l usufrutto alla suocera Caia. Successivamente Tizio cura la ristrutturazione totale del fatiscente fabbricato rurale insistente su uno di detti fondi, sostenendo da solo l intera spesa. Andato in crisi il matrimonio ed in pendenza di giudizio di separazione personale, Tizio viene a sapere che Mevia e Caia in data 1-1-2016 hanno venduto i predetti immobili a Sempronia e Sempronio per atto notaio X. Tizio, quindi, scrive una missiva a Mevia, Caia, Sempronia e Sempronio, affermando che l atto di compravendita dell 1-6-2016 era nullo perché il fabbricato ceduto era stato interessato da vari e consistenti lavori, non regolarmente assentiti. A questo punto Mevia, Caia, Sempronia e Sempronio si rivolgono all Avvocato Sicuro il quale le rassicura circa la validità della vendita in questione, atteso che, nonostante la difformità del fabbricato rispetto al progetto assentito, gli estremi della concessione edilizia risultano menzionati nel contratto stesso avendo ivi le venditrici reso le dichiarazioni previste dalla L. n. 47/1985, artt. 17 e 40 (: tali articoli, infatti, non riguardano l effettiva conformità dell immobile trasferito allo strumento concessorio menzionato nell atto di trasferimento ma sanzionano la sola violazione, formale, di indicare, nel contratto, gli estremi della concessione o della domanda di sanatoria al fine di disincentivare l abusivismo e di tulelare l affidamento della parte acquirente). Il candidato, assunte le vesti dell Avvocato Sicuro, rediga motivato parere. SOLUZIONE Corte di Cassazione, sez. un., 22-3-2019, n. 8230 In presenza nell atto della dichiarazione dell alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. Quali sono le conseguenze della mancata indicazione nell atto, da parte dell alienante, degli estremi della concessione ad edificare o in sanatoria (artt. 17 e 40 L. n. 47/1985)? a) Nullità formale o testuale (art. 1418,3 c.c.)? b) Nullità sostanziale o virtuale (art. 1418,1 c.c.)? indirizzo più recente. Art. 17, L. n. 47/1985 Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l'entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell'articolo 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù. ( Omissis )
Indirizzo favorevole alla nullità formale o testuale (Cass., nn. 8147/00, 5068/01, 5898/04, 26970/05, 7534/04, 27129/06, 20714/12). Le prescritte dichiarazioni degli estremi dalla concessione costituiscono requisito formale del contratto, sicché è la loro assenza comporta di per sé la nullità dell'atto, a prescindere dalla regolarità dell'immobile. La regolarità del bene sotto il profilo urbanistico non rileva in sé, ma solo in quanto consente la conferma dell'atto. La nullità formale si configura nella mancata indicazione nell'atto degli estremi della concessione; la sanzione non prende in considerazione l ipotesi della conformità o meno dell'edificio rispetto al titolo urbanistico e la nullità del contratto di compravendita è prevista a prescindere dalla regolarità dell immobile che costituisce l oggetto del contratto medesimo. La nullità degli atti sia in base all'art. 15 della L. n. 10 del 1977 che in base all'art. 40 della L. n. 47 del 1985, ponendo limiti all'autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni, debbono ritenersi di stretta interpretazione, sicché esse non possono essere applicate ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste. In base a tale impostazione, la questione della negoziabilità di immobili affetti da irregolarità urbanistiche, non sanate o non sanabili, è stata risolta sul piano dell'inadempimento (in sostanza in modo conforme Ia quanto si era ritenuto in riferimento alle disposizioni della legge Bucalossi). Indirizzo favorevole alla nullità sostanziale o virtuale (Cass., nn. 20258/09, 23591/13, 28194/13, 25811/14, 18261/15, 14804/17). La strumentazione prevista dalla L. n. 47 del 1985 ha lo scopo di garantire che il "bene nasca e si trasmetta nella contrattazione soltanto se privo di determinati caratteri di abusivismo" ed il prescritto obbligo di dichiarazione in seno all'atto degli estremi della licenza o della concessione edilizia (ovvero della concessione in sanatoria) presuppone che detta documentazione vi sia effettivamente e riguardi la costruzione in concreto realizzata. La nullità sostanziale si giustifica sulla base dello scopo perseguito dalla norma, che è stato individuato in quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista urbanistico e che eviti l incongruità di sanzionare con la nullità per motivi formali atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico e consenta, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari, lasciando alle parti interessate la possibilità di assumere l iniziativa di risolverli sul piano dell inadempimento contrattuale. Indirizzo assunto dalla Corte di Cassazione, sez. un., 22-3-2019, n. 8230 a) La nullità sostanziale/virtuale non trova un solido riscontro nella legge; b) La nullità sostanziale/virtuale può risultare foriera di complicazioni applicative, col rischio dell acquirente di vedersi (incolpevolmente) nullo l atto; c) La nullità sostanziale/virtuale impone di bene definire la nozione della irregolarità urbanistica. Nella compravendita di immobile le norme pongono un solo precetto: che nell atto si dia conto della dichiarazione dell alienante contenente gli elementi indentificativi dei menzionati titoli, mentre la sanzione di nullità e l impossibilità della stipula sono direttamente connesse all assenza di siffatta dichiarazione. La nullità sostanziale/virtuale è una opzione esegetica che trascende il significato letterale della norma e, quindi, in contrasto con art. 12,1 Preleggi che impone all interprete di attribuire alla legge il senso fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione. E non è neppure in linea col criterio di interpretazione teleologica di cui all ultima parte dell art. 12,1 Preleggi. La lettera della norma costituisce il limite cui deve arrestarsi anche l interpretazione costituzionalmente orientata (C.cost., n. 82/2017).
La nullità va ricondotta nell ambito dell art. 1418, comma 3, c.c.: è quindi nullità formale/testuale. Il titolo deve realmente esistere e l informazione di quel titolo che viene data in atto, deve essere veritiera. La dichiarazione mendace va assimilata alla mancanza di dichiarazione. La nullità del contratto è comminata per il solo caso della mancata inclusione degli estremi del titolo abilitativo dell immobile, titolo che deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell immobile. La tesi della nullità formale/testuale non contrasta la lotta all abusivismo edilizio: l acquirente può appurare la regolarità urbanistica del bene e quindi valutare la convenienza dell affare anche in relazione alla regolarità urbanistica del bene. CONCLUSIONE In presenza di dichiarazione reale e riferibile all immobile, il contratto sarà valido e questo a prescindere dalla conformità o dalla difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (e questo perché le norme che pongono limiti alla autonomia privata e sanciscono la nullità degli atti debbono ritenersi di stretta interpretazione e non possono applicarsi ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste). La regolarità del bene sotto il profilo urbanistico non rileva in sé, ma solo in quanto consente la conferma dell'atto.
Scuola Forense M. De Andrè Corso integrativo 16-10-2019 Alessandro Barca PARERE 2 Tizio intende impugnare, per nullità/annullabilità, la delibera condominiale del 18-9-2019 del Condominio Orchiedea di Via Larga 1, in Genova, limitatamente all approvazione del rendiconto dell esercizio 2018 e del relativo piano di riparto, in base ai quali, ai sensi dell art. 1123,1 c.c., veniva posto a suo carico il pagamento della somma di euro 300 dovuta a titolo di spese postali e spese personali. Tizio, dunque, si rivolge all Avvocato Sicuro per avere un parere sul punto. Anche l Avv. Sicuro ritiene che non rientri nelle attribuzioni dell assemblea il potere di addebitare unilateralmente, ex art. 1123,1 c.c., a carico di Tizio le spese definite personali, quali, in concreto, oneri per euro 300 per spese postali e spese personali, nella specie compensi amministratore dovuti in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e su problematiche straordinarie condominiali (secondo l Avv. Sicuro dette spese devono essere ripartite secondo il criterio dell utilizzazione del servizio, vale a dire ai sensi dell art. 1123,2 e non dell art. 1123,1). Il candidato, assunte le vesti dell Avvocato Sicuro, rediga motivato parere, indicando: le ragioni per le quali la delibera condominiale in questione è viziata, quale sia la corretta ripartizione e perché. SOLUZIONE Corte di Cassazione, 10-5-2019, n. 12573 In materia condominiale le spese personali (nella specie maggiore spese postali e costo servizio/consulenza amministratore) non devono essere addebitate secondo il criterio generale della ripartizione di spesa proporzionale al valore della proprietà (ovvero ai millesimi) sancito dall art. 1123,1 c.c. bensì secondo il criterio dell utilizzazione del servizio sancito dall art. 1123,2 c.c., dopo avere compiuto una concreta valutazione della natura dell attività resa al singolo condomino, che deve essere rimessa al giudice di merito. (Precedenti conformi: Cass., n. 4403/1999 e Cass., n. 9263/1998) Il contributo alla spesa per un servizio comune destinato ad essere fruito in misura diversa dai singoli condomini deve essere ripartito in proporzione all utilizzazione di esso (1123,2 c.c.) e non ai millesimi (1123,1 c.c.), al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini. Il criterio generale è quello secondo cui la ripartizione delle spese comuni debba avvenire in base ai millesimi, cioè in proporzione all uso dei beni comuni (art. 1123,1 c.c.) (Cass., n. 9263/1998). In ogni caso quando l art. 1123,2 c.c. parla di possibilità di ripartizione delle spese personali di ciascun condomino in funzione delle utilità che lo stesso in concreto gode e ricava (e quindi non in base ai millesimi e non a carico di tutti i condomini), si riferisce all uso di cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condomini e non ad altro (cioè non alla fruizione di servigi resi dall amministratore al singolo condomino) (Cass., n. 12573/2019; Cass., n. 4403/1999). L applicazione della suddivisione della spesa ex art. 1123,2 c.c., è possibile solamente dopo una valutazione della natura dell attività svolta in favore del singolo condomino e questo è un criterio residuale al quale si ricorre quando non è possibile accertare l effettiva utilità per ciascun condomino e ciò al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini (Cass., n. 9263/1998).
La non addebitabilità di spese al singolo condomino che fruisca di servizi personali può essere affermata ma non col rinvio al principio generale del 1123,1 c.c.; Il permanere a carico del condominio delle spese comunque effettuate a fini individuali risiede nella corretta possibilità di applicare, o meno, il criterio stabilito dall art. 1123,2 c.c., previa valutazione in fatto della natura del servizio e conseguente considerazione della addebitabilità, o meno, individuale al singolo condomino. CONCLUSIONE Le maggiori spese postali e costo servizio di consulenza dell amministratore di condominio, devono astrattamente essere addebitate ex art. 1123,2 c.c. ma la valutazione in concreto (ossia se ripartirle ex art. 1123,1 o 1123,2 c.c.) deve essere compiuta dal giudice di merito, giudice del fatto.