Linguistica Romanza Corso introduttivo Alberto Varvaro



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Parte A Introduzione 1 che COSA È LA LINGUISTICA ROMANZA La linguistica romanza studia in ogni loro aspetto tutte le parlate che hanno origine da una evoluzione della lingua latina. Proprio per questo le lingue romanze si chiamano anche neolatine. Secondo la distinzione delle lingue che risale a August Wilhelm Schlegel si possono distinguere lingue isolanti, agglutinanti e flessive. Le prime sono le lingue in cui ogni parola corrisponde ad uno e un solo morfema, le agglutinanti sono quelle in cui in una parola si combinano più morfemi invariabili e ben distinguibili tra di loro, le lingue flessive sono quelle in cui ogni parola combina più morfemi non necessariamente distinti e di forma variabile, come accade per il latino. In realtà i tre tipi isolante, agglutinante e flessivo non si trovano mai in forme pure; le lingue reali si approssimano più ad uno o ad un altro ma con gradazioni molto sottili. Tutte le lingue romanze rientrano con modalità varie nel tipo flessivo, ma l identificazione di tali lingue non è tipologica, bensì genealogica: si fa riferimento ad una famiglia linguistica, che ha a capo una lingua madre. All inizio del XIX secolo fu riconosciuta la fondamentale affinità di un gruppo assai cospicuo di lingue che include il latino, il greco, il tedesco, il russo, l albanese, l armeno, il persiano e il sanscrito. Questa affinità fu dimostrata non sulla base di evidenze, ma di rigorose corrispondenze tra morfemi e suoni. Essa fu spiegata con la comune origine di tutte questa lingue da un capostipite unico: l indoeuropeo. Postulando cioè una lingua di cui non si ha alcuna traccia, ma è l unico strumento possibile per spiegare tali affinità. Poco a poco la metafora genealogica fu utilizzata anche per ipotizzare fasi intermedie anch esse scomparse, per spiegare la somiglianza tra loro di alcuni gruppi di lingue indoeuropee rispetto alle altre. Le lingue romanze sono dunque una ramificazione particolare della famiglia indoeuropea; il solo caso conosciuto e documentato in cui da una lingua ben attestata come il latino sia nata un intera famiglia. Può accadere però che i dati siano contraddittori. Accade che ci siano lingue in cui il lessico è in maggioranza romanzo ma il sistema grammaticale no. Come accade per l inglese, considerata per questo lingua germanica. Analogo è il caso del romeno che consideriamo lingua romanza anche se gran parte del suo lessico non è latino. La linguistica romanza include dunque lo studio di ogni aspetta, antico e moderno delle lingue romanze. Essa ha un versante diacronico ed uno sincronico, oltre ai settori tradizionali come la fonetica, la morfologia, la sintassi e la lessicologia include anche la dialettologia, la sociolinguistica, la pragmatica e la tipologia delle lingue romanze di ieri e di oggi. 2 BREVI CENNI DI STORIA DELLA LINGUISTICA ROMANZA Conosciamo già dal medioevo riflessioni sulle lingue romanze. I collezionatori sei e settecenteschi di campioni di lingue non avevano riconosciuto però l appartenenza al gruppo romanzo di numerose varietà europee. Mancava un Pagina 1 di 38

metodo che permettesse una sistemazione scientifica delle ricche conoscenze in questo campo. È l acquisizione del metodo comparativo elaborato dalla linguistica indoeuropea a fornire la consapevolezza che le corrispondenze devono essere regolari, costanti e verificabili. Ciò permette al tedesco Diez di produrre una grammatica comparata delle lingue romanze e poi un vocabolario etimologico della famiglia. Nella seconda metà dell 800 si realizza un gran numero di edizioni scientifiche di testi letterari e non letterari medievali; parallelamente si sviluppa l attenzione ai dialetti parlati soprattutto ad opera del goriziano Isaia Ascoli. Tra il 1866-1868 il tedesco Schuchardt mise in rilievo la complessità dei rapporti con il latino, indagando di questa lingua non i testi normalizzati dalla letteratura, ma le innumerevoli deviazioni della norma documentale degli scritti più umili o rozzi. Ci si rendeva così conto che le lingue romanze non sono lo sviluppo dell uso scritto di Cicerone odi Virgilio ma del complesso delle forme del latino parlato nell impero romano. Egli metteva in rilievo l importanza della variazione continua e della diffusione della innovazioni nello spazio e sottolineava il peso della mescolanza linguistica. Diventò così centrale il problema dell esistenza o meno di confini linguistici sul terreno, problema che dette la spinta alla realizzazione di atlanti linguistici basati su inchieste dirette. Il francese Jules Gilléron fu autore del primo atlante linguistica nazionale, nasce così la geografia linguistica. Alla metà del novecento la linguistica romanza soffre molto il trionfo della linguistica strutturale che si richiama a Saussure. La linguistica romanza ormai si è comunque estesa a tutti i paesi romanzi europei ed extraeuropei, e alla maggior parte di quelli non romanzi. Parte B Le lingue romanze oggi 3 GEOGRAFIA ED IDENTITÀ DELLE LINGUE ROMANZE ATTUALI Oggi le lingue romanze occupano, in primo luogo, un area geografica continua nell Europa occidentale, ad ovest di una linea che va dal Canale della Manica al mare adriatico. A occidente di questo confine, all interno dell area romanza, ci sono sparse isole linguistiche alloglotte, soprattutto in Italia. Ma vanno segnalate soprattutto due cospicue aree: la Bretagna francese è in parte di lingua celtica, vi sono poi zone basche nel sud della Francia e in Spagna. In queste aree, come nelle isole alloglotte minori, la maggior parte della popolazione è bilingue e non mancano coloro che non parlano la lingua locale. Le grandi lingue romanze sono il portoghese, lo spagnolo, il francese e l italiano, ma alcune lingue come il catalano, il galego e l asturiano hanno riconoscenza romanza. In Europa esiste però un altra importante area romanza, ad oriente del confine che abbiamo tracciato e senza continuità con l aria principale. Nei Balcani c è una massa compatta che copre gran parte della Romania e della Repubblica Moldava, ambedue di lingua romena. Fino ai primi anni del novecento c era nei Balcani un altra parlata romanza, un linguaggio ibero-romanzo degli ebrei espulsi nel 1492 dalla Spagna e rifugiatisi nell impero Ottomano. Le stragi della seconda quella mondiale, nel Pagina 2 di 38

Balcani e l immigrazione in Israele hanno fatto quasi scomparire questa varietà romanza dalla nostra area. In America vi è una vastissima area romanza, così come in Africa, dove nessun paese è propriamente di lingua romanza, ma la maggior parte degli stati di recente indipendenza ha conservato come ufficiale la lingua dell antico colonizzatore perché non c è una lingua locale dominante. In Asia vi sono delle piccole aree portoghesi e spagnole, mentre in Oceania usano il francese solo alcuni gruppi di isole. Non è facile alla luce di tutto ciò dire quanti siano i parlanti di lingua romanza. In ogni caso non meno di mezzo miliardo di persone. Delle lingue principali il più diffuso è lo spagnolo, seguito dal portoghese, dal francese e per ultimo l italiano. 4 POLITICHE LINGUISTICHE IN AREA ROMANZA Per politica linguistica si intende tutte quelle decisioni prese a livello governativo e simili che interessano l ambito della lingua di un paese. Nella storia delle lingue romanze alcune di queste decisioni sono rimaste memorabili. Nell anno 813 un concilio di vescovi dell impero carolingio, riunito sulla Loira decise che nelle chiese dell Impero, mentre la liturgia rimaneva in latino, le omelie dovessero essere formulate in lingua volgare, romanza nelle aree romanze e germanica in quelle germaniche, affinché i fedeli potessero intenderle. Questa decisione dava soprattutto legittimità alle lingue volgari modificandone quindi non la diffusione ma lo status. Nel 1539 il re di Francia Francesco I con l ordinanza di Villers-Cotterêts segnò un altro storico momento. Per evitare gli equivoci e le difficoltà che nascevano dall uso del latino nei tribunali del regno il re decise che fosse obbligatorio l uso del francese. Questa norma era fatta per agevolare tutti quanti disconoscevano il latino ma di fatto assegnò al francese uno status che riduceva quello di tutti gli altri dialetti del regno. Da qui ha inizio una politica di unificazione linguistica della Francia che sarà portata alle estreme conseguenze dalla Rivoluzione, per cui l uguaglianza tra i cittadini implica l uso di una stessa lingua, il francese. La storia del Ducato di Savoia, e quindi del Piemonte, ebbe una svolta quando dal 1560 in poi il duca Emanuele Filiberto adottò l italiano nell amministrazione e nella giustizia della parte italiana dei suoi possedimenti Il decreto de Nueva Planta, emanato nel 1707 ed esteso nel 1716 ai paesi catalani dal re di Spagna Filippo V (il primo della dinastia dei Borboni) introduceva l obbligo dello spagnolo nell uso dell amministrazione e giudiziario, risolvendo a sfavore delle altre parlate del regno, soprattutto del catalano. Non meno importanti in campo di politica linguistica sono le fondazioni di associazioni cui si assegna il compito di regolare l uso linguistico; come ad esempio l Accademia della Crusca,fondata nel 1582, l Académie Française, del 1636, e la Real Accademia de la lengua, del 1714. Nel mondo romanzo attuale solo in Francia è considerato normale che il governo intervenga sull uso linguistica, non solo combattendo l introduzione di termini stranieri, ma anche stabilendo che le insegne dei negozi debbano Pagina 3 di 38

essere in francese e perfino legiferando su usi grafici come la dieresi o l accento circonflesso. Il campo più importante della politica linguistica è sempre stato la scuola perché è il luogo in cui bisognerebbe insegnare ai giovani come si scrive e si legge. In Italia, dall unità (1861) in poi, salvo brevi periodi nelle scuole il dialetto è stato sanzionato, obbligando i bambini all uso dell italiano. 5 LA VARIAZIONE L unita linguistica non è la condizione naturale della lingua. La variazione è del tutto normale non solo tra le diverse comunità ma all interno di ciascuna di esse ed è limitata soltanto dalla necessità di comunicare. Già Dante aveva osservato che in una stessa città non si parla in tutti i rioni alla stessa maniera e che la lingua del passato era certamente diversa da quella del presente. I dialettologi dell 800 assumevano che in ogni località esistono usi linguistici sostanzialmente omogenei e prendevano in esame solo pochi campioni, ma quando le inchieste sul terreno si espansero fu inevitabile constatare che non era così. La prima spiegazione fu affidata al passare del tempo, ipotizzando che la lingua originale fosse quella degli abitanti più anziani, mentre i giovani la cambiavano col passare del tempo. Furono quindi presi in esame solo gli abitanti più anziani, dando per scontato che almeno in una famiglia l uso linguistico fosse omogeneo. Successivamente risultò invece che i parlanti studiati differivano gli uni dagli altri nel modo di parlare a seconda del sesso, dell età, dell occupazione. Ritenendo necessario non rinunciare all idea di omogeneità linguistica, i linguisti si convinsero che essa esistesse almeno all interno di un singolo individuo. Più tardi fu ripreso il concetto con il termine di idioletto, con cui si indica l insieme degli usi linguistici propri del singolo parlante. Ma essendo la variazione un carattere intrinseco della lingua, di ogni lingua, anche l uso linguistico di un singolo parlante risulta incostante e ricco di variazioni. Le dimensioni della variazione sono molteplici. Le principali sono la diatòpica, diafàsica, diastràtica e diacronica. Per variazione diatòpica si intende quella che si realizza nello spazio. Tale variazione include sia la differenza tra le famiglie linguistiche, che può essere grandissima, sia quella tra le parlate dei rioni di una stessa città, che può essere minima. Per variazione diastràtica intendiamo quella che si realizza all interno di una comunità sociale in rapporto al variare delle condizioni sociali stesse. Per variazione diafasica si intende quella che si realizza in rapporto ai registri espressivi. Per variazione diacronica si intende quella che avviene nel tempo, per esempio quella che è avvenuta in italiano tra l 800 e il 900. 6 LA VARIAZIONE DIATÒPICA: I DIALETTI E LE VARIETÀ REGIONALI La forma più evidente di variazione linguistica è quella diatòpica, che si realizza nello spazio. Queste varietà vengono detti dialetti. Nella Romània antica i dialetti sono in linea di principio la continuazione diretta del latino parlato nella stessa area, trasmesso di generazione in generazione. In ogni caso è errata la convinzione diffusa che i nostri dialetti siano forme corrotte della lingua nazionale, al contrario essi derivano direttamente dal latino, Pagina 4 di 38

proprio come le lingue romanze, le quali per altro si sono formate sulla base di un dialetto. Se si prende ad esempio la città di Siviglia, essa è rimasta per secoli in mano ai musulmani e alla fine di questa dominazione la popolazione era in maggioranza araba. Il Sivigliano moderno non è dunque lo sviluppo del latino in Italica ma la conseguenza della Reconquista e del ripopolamento della città con immigrati. Nello spazio la variazione è costante ma in genere modesta: gli abitanti di una località sono quasi sempre in grado di comprendere il dialetto usato nelle località circostanti; solo ad una certa distanza la somma delle differenze da luogo alla convinzione che sia intervenuta una differenziazione più radicale. I dialetti regionali presentano fenomeni di convergenza: usandoli i parlanti evitano fenomeni strettamente locali, che sono generalmente considerati più rustici. I dialetti locali vengono così sottoposti all influsso livellatore dei dialetti regionali e a quello della lingua di cultura. Essa è ritenuta indispensabile per acquisire uno status sociale alto e per accedere ad una serie di attività professionali, specialmente se si lavora fuori dal luogo di origine. Chi parla solo il dialetto è condannato all emarginazione. In Francia questo processo è iniziato prima ed è molto avanzato. I patois resistono solo in zone e strati sociali molto marginali, soprattutto se non sono originariamente affini dal francese. In Italia i dialetti sono molto più forti che in Portogallo, Spagna o Francia, ma da tempo se ne paventa la morte. In realtà questo inarrestabile processo di variazione non si arresta, ma cambia, si formano così quelli che vengono chiamati italiani regionali. Nella fonetica spesso si distinguono ad esempio la presenza o l assenza del raddoppiamento fonosintattico, ma anche nella sintassi possiamo riscontrare piccole variazioni a seconda delle diverse regioni. Sono numerosi anche i geosinonimi, cioè le parole che in aree diverse esprimono lo stesso concetto. 7 LA VARIAZIONE DIATÒPICA: I PIDGINS ED I CREOLI Un caso estremo di variazione diatòpica si è realizzata negli empori commerciali creati dall espansione oceanica degli europei dal medioevo in poi e più tardi nelle colonie basate sul lavoro degli schiavi. Nel primo caso, piccoli gruppi di europei, soprattutto portoghesi e poi spagnoli e francesi, quasi esclusivamente maschi, gestivano sulle coste dell Africa e dell Asia stazioni commerciali. Gli europei avevano limitate necessità di contatto linguistico con gli indigeni e non imparavano la lingua di costoro, ma semmai ricorrevano alla mediazione di servitori locali. A questo fine si creavano lingue semplificate, dette pidgins, caratterizzate da una grammatica ridotta all essenziale e da un lessico funzionale ai rapporti commerciali e a forme ridotte di convivenza. La stabilità di un pidgins è limitata: esso nasce e muore in rapporto al bisogno di comunicazione. Alcuni di questi empori rimasero attivi per secoli e vi si creò una mini-società gli europei si univano a donne indigene e i figli nati da queste unioni erano detti meticci. Il pidgins diveniva così la lingua materna. A questo punto, però, non parliamo più di pidgins ma di creolo privo di limitazioni funzionali alle relazioni commerciali ed è appunto lingua materna e spesso unica. Pagina 5 di 38

Nelle colonie commerciali non mancavano schiavi ma la situazione cambia quando la richiesta continua di braccianti genera la tratta. Le masse razziate sulle coste e nell interno venivano concentrate negli empori costieri d africa e poi imbarcate per la traversata. In questa fase gli indigeni venivano mescolati e dovevano così adottare una nuova lingua per comunicare tra loro e con i padroni; questa era di norma una lingua creola.. Le lingue creole, romanze e non romanze, sembrano costituire una categoria linguistica ben individuabile. Tutte hanno una grammatica molto semplificata, tendenzialmente di tipo isolante. Caratteristica è la morfologia verbale: il tempo e l aspetto sono espressi non da desinenze ma da particelle che precedono il morfema lessicale del verbo. Ne diversi creoli le particelle cambiano, ma il sistema è analogo. Il lessico è formato per la maggior parte da parole della lingua europea anche se modificate nella forma, quindi un creolo è differente dall altro ma le forme grammaticali presentano somiglianze anche se non sembrano in relazione con la stessa lingua europea di base. Di norma il creolo può accrescere o diminuire l incidenza della lingua di base e al limite può essere riassorbito da questa. Considerare i creoli come generati dalla lingua romanza di cui portano il nome (il creolo di haiti come neo-francese così come il francese è neo-latino) non è possibile, perché i due processi di formazione sono differenti. Ma è ugualmente inadeguato considerare i creoli come risultato di mescolanze linguistiche perché l apporto delle lingue non europee risulta modestissimo e marginale. 8 LA VARIAZIONE DIASTRÀTICA In Italia, più che negli altri paesi romanzi, la prima forma di differenza nell uso linguistico è quella tra chi usa il dialetto e chi usa lingua. Fino al pieno 800 la maggioranza degli italiani apparteneva al primo gruppo; De Mauro ha calcolato che gli italiani che parlavano italiano erano il 2.5% degli abitanti. Con i successivi rilevamenti statistici compiuti fino alla fine del 900 si constata che il numero dei dialettofoni aumenta tra le persone di condizione bassa rispetto a quelli di condizione medio alta, tra gli anziani rispetto ai giovani,nei piccoli centri rispetto alle città. Ecco perché possiamo dire che l opposizione tra uso della lingua e dialetto diventa correlativa di una stratificazione sociale. Più in generale, parlando di stratificazione sociale dell italiano, si è elaborato nei decenni scorsi il concetto di italiano popolare, una varietà che rappresenterebbe il livello socio linguistico basso della nostra lingua e che sarebbe influenzata dall area regionale di provenienza del parlante. Vi sono inoltre differenze sistematiche tra il parlato e lo scritto; il congiuntivo, ad esempio, è raro nel parlato piuttosto che nello scritto; in francese il parlato usa quasi esclusivamente il passato prossimo, o il futuro composto, la negazione semplice e l interrogazione espressa dal tono di voce. Lo scritto invece utilizza il passato remoto, il futuro semplice, la doppia negazione, l inversione interrogativa. Stratificazioni analoghe esistono in tutti i paesi romanzi, in forme diverse ma del tutto comparabili. Pagina 6 di 38

9 LA VARIAZIONE DIAFÀSICA: DIFFERENZE DI SESSO, ETÀ E PROFESSIONE Tra le forma di differenziazione diafasica ci sono anzitutto quelle collegabili al sesso e all età del parlante. Si ha spesso l impressione che le donne usino la lingua non esattamente come gli uomini. Non è stato facile per gli studiosi definire in cosa consista il linguaggio femminile, gli autori di ricerche sul terreno tendono a ritenere che la lingua delle donne sia più conservatrice di quella degli uomini. In passato questa caratteristica sarebbe stata associata alla minore mobilità della donna che aveva meno contatti con estranei. In verità, per quanto riguarda la Francia alcuni studi hanno portato alla conclusione opposta, nelle aree occitane e franco-provenzali le donne sono passate all uso del francese abbandonando il dialetto prima e con più attenzione alla correttezza rispetto agli uomini. Assai più netta è la specificità della lingua dei giovani. In realtà si tratta sempre di innovazioni lessicali di vitalità effimera. Nelle sue forma più spinte il linguaggio giovanile diventa un gergo cioè una forma linguistica usata da un gruppo con la specifica finalità di non essere compresi da chi non fa parte del gruppo. Il gergo è un fenomeno antico, specialmente nei gruppi che hanno specifiche ragioni per non farsi comprendere. Esso incide in generale soltanto sul lessico e presenta una forte differenziazione nel tempo e nello spazio. Una caratteristica del lessico gergale è la ricchezza di sinonimi per le parole chiave. Il gergo più anticamente documentato è quello furbesco usato dalla malavita. In Francia il gergo, chiamato jargon e poi argot, è documentato fin dal medioevo, in particolare si conosce bene nel 400 quello dei coquilards. Il lessico dei coquilards è registrato in atti processuali. Oggi l argot, dopo aver contribuito al francese popolare, è in via di estinzione. Dal gergo alle lingue speciali quelle legate ad una specifica professione, il passo a volte è breve. Anche in questo caso si tratta soprattutto di fenomeni lessicali che danno origine a neo formazioni. 10 LO STUDIO DELLA VARIAZIONE: GLOSSARI, VOCABOLARI E GRAMMATICA La coscienza della variazione è nel mondo romanzo assai antica, intrinseca all esperienza dei parlanti. Il più antico segno di una attività culturale legata alla variazione è l attività di glossatura, cioè la pratica di accompagnare un testo in una lingua poco familiare con annotazioni interlineari o marginali che rendono una o più voci della lingua del testo con parole di un altra lingua più familiare a chi scrive. La pratica delle glosse è diffusissima e molto produttiva. essa era normale per la bibbia, sia in ambiente ebraico che latino, e produceva migliaia di voci, che spesso era comodo utilizzare senza ricominciare da capo la lettura, si capisce dunque come sia nata l idea di staccare le glosse dai testi e raggrupparle in glossari che fossero sistematici. La più elementare forma di organizzazione dei glossari è quella ideologica, in cui le parole sono raggruppare per campi concettuali. Ciò rende difficile la ricerca di una parola, si passa così al glossario alfabetico che in una prima fase raggruppa le parola solo in base alla lettera iniziale, poi assume un ordinamento propriamente alfabetico. Pagina 7 di 38

Solo con la dialettologia moderna, dalla fine dell 800 e soprattutto nel 900, appaiono vocabolari dialettali di concezione diversa. Basati sulla varietà di piccoli centri o di aree molto vaste, essi mirano a raccogliere l intero lessico di un dialetto per permetterne non la traduzione ma la conoscenza, e quindi in tutta la sua varietà formale e semantica. Dalla stessa esigenza nascono, già nel medioevo, le prime descrizioni grammaticali del francese ad uso di chi era di lingua madre inglese. Una lingua può essere descritta affinché sia parlata correttamente oppure affinché chi non la conosce ne apprenda almeno i rudimenti. 11 LO STUDIO DELLA VARIAZIONE: DIALETTOLOGIA ED ETNOLINGUISTICA Tradizionalmente, lo studio dei dialetti mirava a dimostrare che la loro dignità linguistica non era minore di quella delle lingue letterarie del tempo. Si tratta dunque di grammatiche normative che definiscono come si dovrebbe scrivere in dialetto e non descrivono come si parlava effettivamente. La dialettologia moderna invece, (dalla seconda metà dell 800) è descrittiva. Essa non si concentra sullo studio di un dialetto in particolare, ma sulla sua metodologia. È basata sulla raccolta diretta, sul terreno, dei dati da parte dell autore; i dati sono di norma tratti dal parlato e non dallo scritto o dalla letteratura dialettale. Lo studioso, dopo aver scelto la zona da analizzare, vi si reca per svolgere inchieste personale, trascrive il dialetto locale attraverso risposte alle sue domande o alla conversazione spontanea e poi studia e sistema i dati così raccolti. In passato si mirava a raccogliere e studiare il dialetto nella sua forma più pura e arcaica; a questo fine si selezionavano soggetti quanto più anziani e incolti possibile, senza esperienza di altre parlate. Poi ci si è resi conto che il dialetto puro è inesistente, poiché da nessuna parte esiste perfetta omogeneità. Il dialettologo mira dunque a raccogliere tutte le modalità di una parlata locale, sia in funzione dello studio della variazione diatòpica che di quelle diafàsica e diastràtica. Così la dialettologia diventa sempre di più sociolinguistica. Mentre quest ultima era nata come studio della varietà nelle parlate urbane e l altra si occupava dei piccoli paesi e dei villaggi, ora le metodologia convergono. I dialettologi non trascurano quasi mai il lessico, anche se non hanno come scopo la confezione di un vocabolario, ma poiché il fine dello studio è evidenziare le variazioni, queste sono sottolineate con maggiore rilevanza nel lessico. In ogni caso la descrizione di una rete di dialetti porta alla constatazione di differenze e somiglianze che permettono di tracciare delle aree geografiche separate la linee dette isoglosse. La constatazione di una rete di dialetti permette di tracciare un gran numero di isoglosse, ma si constaterà che assai di rado esse si sovrappongono. Lo studio dei dialetti non investe solo le forme, ma anche i loro usi. Se si considera ad esempio il caso dei pronomi personali le cui forme nei dialetti regionali non presentano molte particolarità, si trova interessante, invece, il loro uso ad esempio come allocutivo che varia a seconda delle regioni: nella zona appenninica si usa quasi sempre il tu anche con persone del rango superiore, mentre nel sud Italia si usa il voi. Pagina 8 di 38

Lo studio del lessico dialettale può avere un altro sviluppo, quello etnolinguistico. Spesso, infatti, per tradurre una parola non basta specificarla con un altra parola della lingua standard, a volte sono necessarie ulteriori definizioni che concernono questa parola o in alcuni casi disegni. Questo tipo di studio fu sviluppato all inizio del Novecento nel metodo parole e cose e poi esteso a termini che designano cose astratte che illustrano ideologie e valori di una cultura. Si è così realizzata una dialettologia che ricostruiva non solo le forme di espressione ma anche i contenuti della cultura di una comunità contadina e artigiana, assai diversa dalle culture urbane e borghesi. Si tratta dunque di una linguistica etnografica, non molto diversa da quella che si suole realizzare quando si descrivono lingue e culture extraeuropee di popolazioni in via di sviluppo. 12 LO STUDIO DELLA VARIAZIONE: GLI ATLANTI LINGUISTICI Verso la fine dell 800 si pensò in Germania che la soluzione del problema dell esistenza o meno di confini dialettali precisi potesse essere travata in indagini sistematiche che accertassero la distribuzione nello spazio di determinati fenomeni linguistici. Su questa base fu elaborata più tardi la tecnica di produzione degli atlanti linguistici. Un atlante linguistico è una raccolta di carte il cui fondo è costante: la rappresentazione schematica e muta (senza nomi di località, monti, fiumi..) dell area studiata, con la sola indicazione dei punti d inchiesta, cioè le località nelle quasi è stata condotta la ricerca. Le carte sono onomasiologiche, basate cioè su concetti e non su parole, ed ogni concetto corrisponde ad una domanda fatta in modo analogo in tutti i punti d inchiesta sulla base di un questionario predeterminato. Una singola carta può riportare forme diverse di una stessa parola, oppure forme diverse di parole diverse. I concetti sono scelti in modo che le parole che si ottengono documentino la variazione fonetica, morfologia, lessicale e qualche volta sintattica. La preparazione di un atlante implica una scelta di domande che dovranno comporre il questionario, i concetti da indagare devono essere tali da corrispondere alla cultura del luogo e da illuminare il maggior numero possibile di fenomeni linguistici. Preparato il questionario si scelgono i punti di inchiesta, in un primo momento si sceglievano le località più isolate e fuori mano, alla ricerca delle forme più arcaiche, poi ci si è accorti che anche i grandi centri e le vie di comunicazione erano importanti. In ogni punto bisogna scegliere più soggetti, quanto più ampio è un atlante e ricco il suo questionario, più diventa necessario utilizzare più soggetti. Il soggetto dovrebbe conoscere bene il dialetto ed essere poco o per niente influenzato da altre varietà. Una volta fatto il questionario, le domande verranno trascritte con un alfabeto fonetico adatto e spesso foto e disegni di oggetti faranno parte della documentazione. Fin dai primi atlanti, le carte hanno mostrato che le isoglosse che dividono l area in cui un fenomeno si realizza dall area in cui questo non si realizza in genere non si sovrappongono. Viene così confermata l ipotesi dell inesistenza di netti confini dialettali e dell esistenza di un continuum. Si intravede che il mutamento linguistico si diffonde non solo nello spazio ma nello stesso luogo, da parola a parola, fino a diventare generale. Pagina 9 di 38

Si vede, in Francia, che il quadro dialettale è fortemente influenzato dal prestigio, e quindi dalla capacità di diffusione delle innovazioni non sempre avviene da una località a quelle vicine, bensì dalla località di maggiore prestigio ad una di prestigio intermedio. Esistono oggi atlanti nazionali, ma si prediligono quelli regionali per la possibilità di prendere in analisi un numero maggiore di punti. 13 LO STUDIO DELLA VARIAZIONE: LA SOCIOLINGUISTICA Dopo il 1950 è stata costituita la sociolinguistica, volta allo studio delle variazioni nei grandi centri urbani. Le prime indagini adottarono il metodo delle sociologia, distinguendo inchieste macro (che interessavano un largo numero di individui) e inchieste micro (più approfondite su una cerchia ristretta di individui analizzati). Nel primo caso il campione studiato deve rappresentare adeguatamente l universo corrispondente: i soggetti esaminati devono proporzionalmente rispettare le caratteristiche della popolazione nel suo insieme. Un tipo di ricerca esemplare è stata condotta dai coniugi Milroy, i quali hanno dimostrato l importanza delle reti di relazioni sociali di ogni individuo per quanto riguarda le variazioni linguistiche: le comunità a relazioni forti (in cui gli individui sono in continuo contatto tra di loro) sono più restie alle innovazioni rispetto a quelle comunità con relazioni deboli. Gli studi anglosassoni hanno poi influenzato lo studio di alcune città italiane, come Napoli, nella quale si trovano diverse variazioni diastràtiche. Si è così giunti alla conclusione che la sociolinguistica non è in una posizione antagonistica rispetto agli studi linguistici romanzi, anzi essa può essere utile nell integrarsi con la dialettologia tradizionale. Per uno studio sociolinguistico non occorre un questionario; bisogna tener conto di tutte le forme di uso parlato in tutti i ceti sociali ed in tutte le località dell area studiata, possibilmente nella loro espressione spontanea, raccolta mediante registratore, senza che i soggetti si rendano conto di essere osservati e limitino la loro spontaneità di espressione. Il tentativo di inserire negli atlanti tradizionali la dimensione diastràtica, è limitata appunto alla bidimensionalità della carta stessa che non permette di esprimere tutti gli approfondimenti degli studi. Ciò ha portato a nuove necessità di studio, scaturite dalla coscienza che in tutte le comunità linguistiche non esiste omogeneità, ma bisogna tener conto che in una identità individuale entrano in gioco anche fattori sociali. La correlazione tra debolezza delle reti di relazione e propensione per un mutamento chiarisce perché le parlate sono molto stabili dove esiste stabilità demografica, mentre i grandi fenomeni migratori facilitano il mutamento linguistico: chi rimane nel gruppo originario ha legami forti con la famiglia, chi si sposta ha sempre difficoltà a creare nuove relazioni altrettanto solide. Ecco perché la dove i dialetti romanzi continuano la parlata di insediamenti antichi e stabili, il dialetto è più conservativo e le differenze diatoniche sono più forti, mentre nelle aree di nuovo popolamento ed in tutte le situazioni coloniali il dialetto è più innovativo e meno differenziato. In Italia, per ragioni simili i dialetti siciliano sono meno differenziati di quelli peninsulari. Pagina 10 di 38