L anima e la vita umana. Gianluigi Bellin



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L anima e la vita umana Gianluigi Bellin January 25, 2011

Il mondo antico. Il concetto di anima (termine di origine latina, in greco ψυχη) presente nelle culture più diverse, caratterizza un principio che distingua gli esseri viventi dal mondo inanimato. Questo principio vitale deve contribuire alla spiegazione delle funzioni organiche (nascita, crescita, decadenza, morte, nutrizione, riproduzione, sensibilità, mobilità indipendente) e di quelle proprie della mente (percezione, pensiero, volontà). Nella cultura ebraica antica, l anima è il soffio di Dio. Quando il soffio di Dio lascia un essere vivente, questo muore. Nella Bibbia Ebraica non si parla di sopravvivenza dell anima individuale; si parla di resurrezione dei morti in libri tardi come Maccabei, scirtti circa 124-120 avanti Cristo; le interpretazioni che vedono nel libro di Giobbe una aspettativa di resurrezione sono generalmente rifiutate.

In molte culture, tra cui quella induista-buddista, si ritiene che dopo la morte l anima si reincarni (metempsicosi). Questa dottrina è associata ad un principio etico: a seconda del comportamento morale tenuto nella vita precedente, l anima si reincarnerà in un essere inferiore o superiore nella gerarchia dei viventi. Nella cultura buddista la perfezione della vita spirituale ottenuta attraverso la liberazione dei desideri e delle passioni, porta alla liberazione dal ciclo delle rinascite. Nella Grecia classica la tesi della metempsicosi era sostenuta dai culti orfici; Platone sembra aver ricavato questo ed altri principi dalla sua metafisica dalla spiritalità orfica. Per Platone nell uomo vi sono almeno tre anime, quella vegetativa, sensitiva-volitiva e razionale. L anima razionale ha accesso al mondo delle idee prima di incarnarsi in un corpo, e poiché le idee sono universali ed imperiture, anche l anima razionale deve essere imperitura.

Aristotele Nel De Anima, Libro II, Aristotele dà tre definizioni, che si suppongono equivalenti, della ψυχη. 1. L anima è la forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza. 2. L anima è l atto perfetto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza. 3. L anima è l atto perfetto primo di un corpo naturale che ha organi. Aristotele, studente di Platone, aderisce all inizio alle dottrine platoniche. Poi la sua dottrina dell anima diventa ilomorfica: l anima è la forma (µoρφη) della materia (υλη) di cui è composto l organismo umano ed è destinata a perire con esso.

Aristotele applica la sua dottrina metafisica delle quattro cause: nell analisi delle sostanze composte, come gli esseri viventi nel mondo sublunare, i seguenti principi: una causa materiale; una causa formale; una causa efficiente; una causa finale. Nel caso di un animale, p.es. il cavallo Folgore, la causa formale è il principio di organizzazione che rende questo insieme organico un cavallo; la causa materiale è ciò che rende Folgore questo cavallo qui. La causa efficiente di Folgore sono i suoi genitori (o il genitore maschio?). La causa finale è l organismo pienamente sviluppato di età adulta.

La stessa analisi si può applicare anche agli esseri inanimati ed agli artefatti. Per esempio, la causa materiale della Venere di Samotracia è il marmo, la causa efficiente è lo scultore con i suoi scalpelli, la causa formale è la figura realizzata in atto, che esisteva in potenza come causa finale nella mente dello scultore. Dunque negli esseri artificiali il principio formale, quello efficiente e quello finale risiedono nell iniziativa dell artefice. Invece negli esseri viventi il principio formale e quello finale sembrano coincidere e vengono trasmessi dalla causa efficiente nel momento della generazione. Per questo principio formale-finale degli esseri viventi Aristotele trova nella tradizione e adotta il termine ψυχη. Ma Aristotele (De Anima Libro II) dice anche che se una scure fosse un essere naturale, invece che artificiale, allora il suo essere tagliente sarebbe la sua ψυχη (ilomorfismo). Per lo svolgimento delle funzioni vitali la ψυχη necessita di organi, della cui formazione è

causa. Come nel feto si sviluppano organi che presiederanno al movimento ed alla sensibilità, cosí si può dire che in quel momento l anima sensitiva-volitiva e sussume in sè la funzioni dell anima vegetativa. Tuttavia per Aristotele come per Platone le funzioni intellettuali superiori richiedono un principio universale ed imperituro (νoυς). Nel Libro III del De Anima Aristotele postula l esistenza di un principio attivo che coglie i principi universali e di un principio passivo che li riceve nella mente umana. Il νoυς non ha parti e non opera attraverso organi.

Interpreti antichi e medievali di Aristotele. L interpretazione del Libro III del De Anima costituirà un terreno di dibattito per la cultura tardo antica e medievale, araba e cristiana, preoccupata di giustificare la dottrina dell immortalità dell anima con l autorità di Aristotele ( il maestro di color che sanno ). Secondo Alessandro di Afrodisia, (fine II secolo - inizio III secolo dopo Cristo) il principio attivo del νoυς è semplicemente l intelletto divino, mentre il principio passivo che è negli esseri umani è perituro. Secondo il filosofo ispano-islamico Averroè (1126-1198) sia il principio attivo che quello passivo sono divini ed unici, ma l anima dei singoli uomini è mortale. Questa è la conclusione ottenuta attraverso l analisi razionale; la religione islamica insegna diversamente e questo insegnamento religioso può essere condivisa sia dal popolo che dai dotti.

Le opere di Averroè, che conobbe tutto il corpus aristotelico sopravvissuto e ne fece estesi commenti, ebbero una enorme influenza nell occidente, benché fossero tradotte dall arabo in latino in modo talvolta inadeguato. Averroé venne accusato di postulare due tesi assurde, (a) l esistenza di un unica mente universale e (b) la dottrina della doppia verità; ma è probabile che Averroè sostenesse un principo di demarcazione che i filosofi cristiani medievali non erano disposti a riconoscere. Il filosofo padovano Piero Pomponazzi (1462-1525), sulla base delle dottrine di Alessandro di Afrodisia, negò che l anima umana individuale fosse immortale (averroismo latino). Nel XXV canto del Purgatorio Dante presenta una dottrina della generazione umana che il filosofo domenicano tedesco Alberto Magno (1206-1280) ricavò da Aristotele. Il principio attivo (causa efficiente) della generazione è lo sperma, che trasmette l anima (causa formale-finale) al sangue femminile,

organizza l embrione, che prima ha un anima vegetativa ma poi anche un anima sensitiva. Tra il principio della generazione, cioè il seme, e la forma ultima dell animale completo, vi sono molte generazioni intermedie come Avicenna dice nel suo Sufficientia e queste generazioni debbono terminare in certe forme, delle quali nessuna ne fa un ente completo secondo la specie, ma un ente incompleto, cioè uno stadio verso una certa specie Tommaso d Aquino Comm. de generatione, I, 8. [Avicenna è un filosofo islamico, vissuto dal 980 al 1037]. Non appena nel feto si è compiuta l organizzazione del cervello, al quale si riconducono tutte le funzioni sensitive, interviene Dio, il quale si compiace di quell opera mirabile della natura, e v infonde uno spirito nuovo e pieno di virtù, l intelletto possibile; e questo assimila al suo essere ciò che trova nel feto, cioè l anima sensibile per farne una sola anima, che vive e sente e sé in sé rigira (riflette su se stessa). Aristotele, nel De generatione animalium, II, 3 sostiene: Rimane il solo intelletto a sopraggiungere dall esterno,

e lui solo è divino; infatti l operare del corpo non comunica alcunchè al suo operare. Sembra che qui Dante segua la dottrina di Alberto Magno, secondo cui è la stessa virtù attiva del seme che si fa anima vegetativa e anima sensibile del feto e poi diventa anima razionale per l azione dello spirito divino. Tommaso d Aquino (1225-1274), domenicano, studente di Alberto Magno, (Doctor Angelicus) sostiene una teoria differente (Contra gent., II, 89): l anima vegetativa viene meno al sopraggiungere dell anima sensitiva e quella sensitiva viene meno quando l anima razionale viene infusa. Sembra dunque che secondo i filosofi scolastici il feto umano abbia in potenza la capacità specificamente umana del pensiero, ma in modo diverso nei vari stadi del suo sviluppo: prima il feto ha il livello di organizzazione di una pianta o di un animale, ma potrà divenire uomo, poi, dopo l infusione dell intelletto passivo da parte di Dio, è effettivamente un uomo, anche se non eserciterà le capacità intellettive se non quando si sarà sviluppato oltre lo stadio dell infanzia.

Critica delle spiegazioni teleologiche. La scienza moderna modifica la nozione Aristotelica di causa. Da un lato tende ad indebolire ed ampliare il concetto di causa efficiente in quello di correlazione funzionale. Dall altro rifiuta la nozione di causa finale come principio esplicativo sullo stesso piano della causa efficiente e della causa formale. Il iflosofo francese René Descartes ammette solamente la sostanza estesa coincidente con la materia, le sostanze pensanti, presente nelle menti umane e la sostanza divina, (l essere perfettissimo la cui esistenza è dimostrata dalla prova ontologica). Per Descartes solo spiegazioni meccanicistiche sono accettabili in biologia. Ma gli esseri viventi sono meccanismi autoregolativi i cui organi si formano in funzione della sussistenza dell organismo intero. È difficile evitare spiegazione finalistiche non solo nella descirzione degli esseri viventi (p.es., dire che la sudorazione ha lo scopo di ridurre la temperatura del corpo per effetto dell evaporazione del sudore), ma anche nella descrizione di sistemi complessi come gli ecosistemi (p.es., dire che i carnivori

hanno la funzione di ridurre la popolazione degli erbivori per evitare la distruzione dell ambiente vegetale). La posizione di Immanuel Kant rispetto al finalismo è importante in questo senso. Secondo Kant, il principio di causa è principio costitutivo dell esperienza, le spiegazioni finalistiche sono principi regolativi dell esperienza. Noi non possiamo dare spiegazioni dei fenomeni naturali se non usando la nozione di sostanza, di causa efficiente e di interazione tra sostanze. Invece noi non possiamo provare che la natura sia organizzata secondo finalità, ma dobbiamo sistemare la nostra conoscenza come se la natura fosse organizzata finalisticamente. Solo organizzando la nostra conoscenza secondo principi finalistici possiamo dare alla conoscenza scientifica una struttura bene ordinata secondo la crescente complessità degli esseri; ma la trattazione dei principi finalistici è affidata alla Critica del giudizio che è il trattato kantiano sull estetica e che dipende dunque dalla sua trattazione della razionalità ei giudizi etici. Inoltre Kant riconosce alle spiegazioni un valore euristico, in quanto esse guidano alla ricerca di spiegazioni sulla base de principio di causa efficiente e di interazione. Kant era scettico sulla possibiltà di elminare le spiegazioni finalistiche dalla biologia. La teoria dell evoluzione, nella misura in cui spiega l esistenza di organismi complessi attraverso i meccanismi delle mutazioni genetiche e del principio di selezione naturale, mostra un modo in cui le spiegazioni finalistiche possono essere integrate o perfino eliminate dalle scienze biologiche.

Questioni moderne di bioetica. Uno zigote è un essere umano? La possibilità di considerare uno zigote come un essere umano, dunque già al momento del concepimento, è stata esaminata criticamente alla luce delle moderne conoscenze embriologiche da John Burgess (Could a Zygote be a Human Being?, Bioethics 24 (2), 2010, pp.61-70). Secondo Burgess la possibilità che un essere monocellulare risultante dalla fecondazione di un ovulo sia un essere umano dipende dalla possibilità di tracciare una linea di sviluppo dallo zigote allo stadio successivo di adulto maturo. Secondo Burgess questo è impossibile per le ragioni seguenti: la fissione di un embrione per dar luogo a due gemelli monozigoti; la fusione di embrioni distinti in un unica chimera, un essere umano dotato di due codici genetici. Il problema non si risolve semplicemente dicendo che lo zigote e l embrione sono entità instabili e che fino ad un certo punto dello sviluppo il processo di individuazione non è compiuto. Anche se uno zigote non è un essere umano, vi è comunque un problema nell identificare una linea di sviluppo nel caso di una fissione o fusione embrionale. Una via d uscita dal problema è Burgess chiama multiple occupancy view che deriva dalla teoria logica dei mondi possibili nel senso di David Lewis. Se uno

zigote mono-cellulare si sviluppa scindendosi in due embrioni, possiamo considerare che nello zigote coesistessero due linee temporali di sviluppo. Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che uno zigote mono-cellulare si evolve non per divenire non solo uno o più embrioni, ma anche per diventare una placenta. Se dal punto di vista del feto sviluppato è facile vedere nella placenta una entità ausiliaria allo sviluppo degli embrioni, dal punto di vista dello zigote la placenta è una possibilità di sviluppo dei se stesso che chiaramente non è un essere umano. Ne segue che anche nel caso si voglia sostenere la tesi della multiple occupancy, occorrerebbe anche ammettere che uno zigote ha anche una linea temporale di sviluppo che termina in qualcosa che non è un essere umano. Ma allora, se l esito del processo di sviluppo è ciò che determina la natura dello zigote, occorrerebbe concludere che uno zigote è e non è un essere umano. Nella conclusione dell articolo John Burgess sostiene che una teoria sull inizio della vita umana accettabile dal senso comune dovrebbe essere simmetrica rispetto alla teoria sul termine della vita umana. A partire dalla considerazione che il termine della vita umana si associa all irreversibile interruzione del funzionamento dei sistemi cardiovascolare, respiratorio e nervoso centrale, Burgess azzarda l ipotesi che l inizio della vita umana dovrebbe essere associato alla comparsa del primo maggiore sistema, quello circolatorio, circa 6 settimane dopo il concepimento.

Conclusioni. La proposta di John Burgess sull inizio della vita umana sembra piuttosto definire l inizio della vita di tutti gli animali dotati di sistema circolatorio, non solo gli uomini. La tesi di Aristotele che l operazione delle funzioni intellettuali superiori, come la comprensione dei concetti universali, avvenga per opera del νoυς senza l uso di organi fisici specifici non sembra condivisibile. Gli studiosi delle funzioni cerebrali sono riusciti ad associare le modificazioni di cariche elettriche nel cervello a processi cognitivi ed a localizzare nelle diverse aree del cervello le funzioni linguistiche e matematiche. Per esempio, la valutazione approssimativa della disuguaglianza e il ragionamento geometrico-diagrammatico si svolgono in aree del cervello più profonde e più primitive della verifica di una equazione che è associata ai centri della parola. Sulla base di questo fatto, qualora si identifichi la capacità di autocoscienza come propria della mente umana (secondo il suggerimento di Dante, l uomo è un essere dotato di anima che vive e sente e sé in sé rigira), sembra doveroso ammettere che alla domanda quando inizi nel feto la capacità dell autocoscienza non è ancora possibile dare una risposta sulla base della scienza empirica, ma ribadire che nel futuro potrebbe essere possibile conoscere abbastanza sul funzionamento cerebrale per dare una risposta scientificamente accettabile.