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a cura di Rossella Villani Giovanni De Gregorio: le ultime opere Il quarto decennio si apre all insegna del dipinto con l Apparizione del Bambino a S. Antonio da Padova, nella chiesa di S. Francesco a Pietrapertosa. Esso rinvia a quello eseguito circa venti anni prima dal pittore nella parrocchiale di Missanello. Stesso ambiente domestico, stessa postura di S. Antonio e del Bambino e, per di più, stessa semplicità e rigore compositivo. Dopo il Trenta effettivamente il Pietrafesa, come sottolinea la Grelle, è sempre più impegnato a riprodurre tele eseguite precedentemente, dato il successo ottenuto da queste. Tuttavia Saccone 1 nota nella teletta uno sfoggio di raffinatezze cromatiche soprattutto nelle tonalità luminose e perlacee che ravvivano gli elementi della scena. Ciò ci induce a seguire il cambiamento di rotta del Pietrafesa, in concomitanza con la svolta attuata dal Santafede in direzione di alcuni esiti veneti, oltre che del luminismo caravaggesco. Al 1633 risale il polittico nella chiesa del convento di Piaggine. Esso è composto di undici tele: al centro è l Immacolata Concezione; a destra S. Antonio da Padova nel registro inferiore e S. Ludovico da Tolosa in quello superiore; a sinistra S. Francesco nel registro inferiore e S. Bonaventura in quello superiore; nella cimasa l Eterno Padre tra S. Giovanni Battista e S. Giuseppe e il Bambino; nei pannelli laterali: a destra S. Felice da Cantalice e, a sinistra, S. Chiara. Piaggine. Chiesa del convento dei Cappuccini, part. del polittico: Martiri francescani. (foto S.B.A.S. - Matera)

2 L Immacolata di Piaggine risulta essere gemella di quella di Castelcivita, sia per quanto riguarda la figura della Vergine, che per la miriade di angeli che la circondano. In particolare, i tre angeli musici in basso ripropongono il repertorio del Borghese al quale Pietrafesa sembra sempre più attingere in questa fase. Infatti l Immacolata di Piaggine, come quella di Castelcivita, ricordano l Immacolata del polittico che Ippolito Borghese dipinse a Lauria, oltre che l Assunzione della Vergine nella cappella del monte di Pietà a Napoli. Pure il polittico del 1623 con la Vergine e i SS. Michele Arcangelo, Bonaventura, Giuseppe, Francesco e Ludovico da Tolosa, eseguito da Borghese nella chiesa dei Cappuccini di San Severo, è dal Pietrafesa assunto a modello nei ritratti naturalistici dei Santi dei pannelli laterali. Dopo il 1640 sembra collocarsi la Deposizione nella chiesa della SS. Croce di Moliterno. Il dipinto, accostato in più d una occasione alla Deposizione nel convento di S. Sofia a Castelcivita, presenta a mio avviso solo qualche affinità con quest ultima. Mentre nella composizione di Castelcivita la croce divideva la scena due parti simmetriche in cui trovavano posto i personaggi, nel dipinto di Moliterno la croce è il perno attorno al quale ruota tutta la narrazione che ha il suo centro nella Madonna che abbraccia Cristo Deposto. Intorno a questo nucleo trovano posto i personaggi, quasi caricaturali nell espressionismo esagerato dei volti stravolti dalla disperazione. Tra essi, in primo piano, la Maddalena è connotata da un mantello spiraliforme e manierato in assonanza con il panneggio accartocciato di Maria, i cui cangiantismi testimoniano ancora una volta l adesione al linguaggio coloristico di impronta veneta caro al Santafede. Pure il paesaggio sullo sfondo si rabbuia e si allontana in funzione di una studiata messa a fuoco dei tre soggetti in primo piano: Cristo, la Vergine e la Maddalena, investiti da una luce abbacinante e sovrannaturale. Nella chiesa di Santa Maria a Castelmezzano si conserva una altro dipinto firmato dal Pietrafesa, collocabile negli anni Quaranta: la Trinitas terrestris ed Eterno. Precedentemente attribuita da Anna Grelle a Girolamo Bresciano 2, seguace del Pietrafesa, e da Nuccia Barbone Pugliese al Petrafisianus 3, personalità distinta dal De Gregorio ma che avrebbe condiviso con quest ultimo i caratteri formali, l opera si è rivelata essere del Pietrafesa a seguito del restauro che, oltre a chiarire il linguaggio stilistico, ha permesso di leggere la sua ben nota firma autografa Petrafisianus pingebat. La tela mostra Maria e S. Giuseppe che camminano tenendo per mano Gesù fanciullo, alla presenza dell Eterno Padre, che si affaccia da un parapetto di nubi frammiste a testine alate, e di fanciulli adoranti inginocchiati in terra alla base del dipinto. Il Pietrafesa sembra con ciò voler tornare alla maniera a lui più consona, quella del pietismo devoto e decoroso ispirato al Santafede e all Azzolino. Invero la composizione perfettamente equilibrata e simmetrica non è esente dagli influssi dei riformati toscani, quali Santi di Tito, Ciampelli o Passignano, filtrati attraverso il Santafede e l Azzolino. Dalla trinità terrestre di quest ultimo nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone di Napoli, De Gregorio trae spunto, spingendosi fino all accoglimento di una tipologia quasi identica delle figure dell Eterno e del Bambino presenti nella tela napoletana, e sorprendentemente anche nella ripetizione dello stesso tipo di arbusti dipinti in primo piano 4.

S. Angelo le Fratte (Pz). Chiesa parrocchiale, Madonna del Rosario. (foto S.B.A.S. - Matera) Ma un altro riferimento importante di Pietrafesa nell ideazione di quest opera è sicuramente, per Silvano Saccone 5, quella di analogo soggetto dipinta nel 1607 da Girolamo Imparato per la chiesa di S. Giuseppe dei Ruffi a Napoli. Alla produzione tarda del De Gregorio sembra appartenere anche la Madonna del Rosario nella chiesa parrocchiale di S. Angelo Le Fratte. L opera consta di un pannello centrale circondato da quindici riquadri raffiguranti i Misteri. Nel centro la Vergine, incoronata da due puttini in volo, è ritratta nell atto di donare la corona del Rosario a San Francesco e Santa Chiara d Assisi, alla presenza di vescovi, prelati e sovrani, ma anche del popolo, raffigurato in lontananza. Il dipinto si rifà a quello ad analogo soggetto già dipinto dal De Gregorio nella chiesa di S. Maria Assunta ad Albano, dopo il 1620, ovvero nel momento di massimo splendore della sua fioritura artistica. Purtroppo esso non regge il confronto con quello di Albano, poiché mostra un evidente calo nella resa figurativa dei personaggi -inespressivi e manieristici- e nello schema prospettico-spaziale. I personaggi, bloccati e irrigiditi in pose poco credibili, ma avviluppati da abiti ridondanti e accartocciati o stole serpentine, sembrano sovrapporsi gli uni agli altri in funzione di una composizione affollata, multiforme e sofisticata, in cui il chiaro scuro, più marcato del consueto, la fa da padrone. Tra le ultime opere del Pietrafesa va collocato l Eterno Padre nella chiesa di S. Matteo e S. Margherita a Sicignano degli Alburni. La tela apparteneva in origine ad una pala d altare con Madonna del Rosario, oggi perduta. L immagine rinvia, per le sue molteplici affinità, ad altri dipinti del Pietrafesa, per esempio alla figura dell Eterno del polittico di Piaggine, a quella nella cimasa della pala d altare di S. Croce a Moliterno e alla versione eseguita per la chiesa dei Cappuccini di Polla, prima del 1620, oltre che al volto di S. Giuseppe nella Trinitas terrestris di Castelmezzano. 3

4 Castelcivita. Chiesa del convento di S. Gertrude (già S. Sofia), Deposizione. (foto S.B.A.S. - Matera) Alle prime due tele ora citate il dipinto di Sicignano si apparenta non soltanto per l impostazione compositiva ma anche, come fa notare Saccone, per il cangiantismo che accentua le volumetrie dei panneggi e per l impegno luministico evidente soprattutto nella mano investita dalla luce. Caratteri questi ultimi che, insieme all utilizzo di un chiaroscuro più accentuato, caratterizzano la produzione tarda dell artista lucano e inducono a collocare il dipinto in questione al periodo di maturità del pittore, ovvero agli inizi degli anni Quaranta. Del 1641 è pure la Natività della chiesa di S. Nicola a Picerno, attribuita dalla Grelle, a seguito del restauro, a Giovanni De Gregorio. Il dipinto, che raffigura Gesù Bambino al centro, adorato da Maria e Giuseppe a sinistra e a destra della composizione, e dall Eterno, Spirito Santo e angeli in alto, presenta numerose affinità con altre opere eseguite da Pietrafesa negli anni addietro. L eterno, per esempio, ricalca il vegliardo di Sicignano degli Alburni, mentre gli splendidi angeli avvinti dagli accartocciati panneggi rimandano alle superbe creature in volo più volte rappresentate dal pittore nelle sue tele, sempre con rinnovato e studiato interesse. Nella chiesa del convento di S. Antonio a Balvano si conserva una tela con Madonna con Bambino e i SS. Francesco d Assisi, Lorenzo e Gaetano firmata dal Pietrafesa e datata 1649. L opera fu precedentemente assegnata dalla Grelle all allievo del Pietrafesa, Girolamo Bresciano, nonostante la leggibilità della firma e della data, poiché si pensava che a quella data il pittore fosse già morto da qualche anno. Oggi, grazie alla ricostruzione della biografia dell artista, vissuto fino al 1656, siamo in grado di reintegrare a pieno titolo questa opera nel corpus del Pietrafesa. Il dipinto rappresenta la Madonna seduta in trono con in braccio il Bambino, nell atto di stringere a sé S. Lorenzo, alla presenza di S. Francesco e S. Gaetano ai lati della tela, e di un grazioso angioletto che mostra una ghirlanda di fiori, seduto ai piedi del trono.

La composizione, completata in alto da due angeli che pongono la corona sul capo di Maria, mostra, oltre alla scioglievolezza e fluidità del disegno e alla veridicità ritrattistica dei personaggi ivi raffigurati, un equilibrio simmetrico e formale compromesso da una certa libertà di movimento delle figure e da una ridondanza di forme tipiche della produzione matura del De Gregorio. E proprio l inquinamento della purezza compositiva iniziale, caratteristica per esempio della Madonna delle Grazie e i SS. Onofrio e Carlo Borromeo eseguita nella chiesa di S. Stefano a Sala Consilina nel 1615, che caratterizza il linguaggio figurativo delle ultime opere del De Gregorio, improntate ad un movimento, ad una tensione e ad una drammaticità che già precorrono gli Matera. Archivio Notarile, Crocifissione. (foto S.B.A.S. - Matera) esiti della pittura barocca. La Crocifissione eseguita dal Pietrafesa nella chiesa delle Domenicane di Matera nel 1653 chiude il ciclo di opere di Giovanni De Gregorio. Sulla tela campeggia il Crocifisso, accompagnato in basso dal Battista, dalla Maddalena, dalla Madonna e da S. Domenico, queste ultime parvenze deboli e caricaturali di personaggi dipinti dall artista in altre occasioni. L opera del tutto spoglia di tensione emotiva e drammaticità, privata dell elemento luminoso e dei cangiantismi degli anni ruggenti, ignara della pennellata morbida e pastosa, dimentica della genialità compositiva dei capolavori, testimonia il completo prosciugamento dell ispirazione da parte del pittore. Questi, ormai settantatreenne, ricorre infatti a stereotipi e a ripetitive e convenzionali immagini di repertorio nell intento di dar vita ancora una volta, col suo pennello, a quelle sacre rappresentazioni che avevano contrassegnato e dato un senso a tutta la sua esistenza. Un esistenza vissuta nel segno dell arte e per l arte. 5

NOTE: 1 S. SACCONE, Petrafisianus pingebat. Opere di Giovanni de Gregorio, 1608-1653. Catalogo della Mostra di Maratea, 1993, p. 68. 2 A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della mostra, 1981, pp. 116-117; 3 N. BARBONE PUGLIESE, Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa, in AA.VV., Opere d arte restaurate a Matera 1982/83, Catalogo della Mostra, Matera, 1985, pp. 24-34; 4 Cfr. S. SACCONE, 1993, p. 74. 5 IBIDEM, p. 74. BIBLIOGRAFIA: A.GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra, 1981, p. 113; N. BARBONE PUGLIESE, Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa, in AA.VV., Opere d arte restaurate a Matera 1982/83, Catalogo della Mostra, Matera, 1985, pp. 24-34; S. SACCONE, in AA.VV. Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell antica diocesi di Capaccio. Catalogo della Mostra di Padula, 1990, pp. 147-149 e 152-155; P.L. DE CASTRIS, La pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606, Napoli, 1991; S. SACCONE, Petrafisianus pingebat. Opere di Giovanni de Gregorio, 1608-1653. Catalogo della Mostra di Maratea, 1993; A. BASILE, Crocifissione con S. Domenico, in AA.VV., Cultura artistica della Basilicata. Opere scelte. Catalogo della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Matera, 1999-2000, pp. 52-53; A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra. Aggiornamenti all edizione del 1981, 2001, pp. 303-306. 6 Copyright: Regione Basilicata