LA RIFORMA DEL COLLOCAMENTO DELLA GENTE DI MARE



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LA RIFORMA DEL COLLOCAMENTO DELLA GENTE DI MARE (D.P.R. 18 aprile 2006, n. 231) La nuova regolazione del mercato del lavoro marittimo tra pubblico e privato GRUPPO DI ALLIEVI UFFICIALI DELL ACCADEMIA ITALIANA DELLA MARINA MERCANTILE DI GENOVA La differenza tra una gentildonna e una fioraia non sta nel modo in cui si comporta ma nel modo in cui è trattata. George B.Shaw, Pigmalione, 1912 Riccardo Degl Innocenti 2007

INDICE Prefazione Introduzione 1. Il mercato del lavoro marittimo in Italia 2. Il nuovo regolamento del collocamento della gente di mare 3. Le questioni aperte e i decreti attuativi da emanare 4. I marittimi italiani, una specie in estinzione: la profezia che si autoavvera? Appendice: il testo del DPR 231/2006 2

All amico mentore Ivo, figlio di gente di mare, per la limpida passione divisa equamente tra l impresa e il lavoro marittimo. PREFAZIONE Qualcuno dirà che ci risiamo. Che questo libro che tratta del lavoro marittimo non è scritto da un esperto del mondo del mare ma da uno che non ha mai messo piede su una nave se non per andare in vacanza in Sardegna. Insomma l ennesima ingerenza di chi con il mare non ha niente a che vedere e che viene a dirci che cosa fare. Voglio rispondere, e cerco di dimostrarlo con il libro, che per il mondo marittimo oggi è essenziale dotarsi di una funzione di interprete, mi viene da dire di mediatore culturale, per farsi comprendere al di fuori del suo ambito specialistico e al contempo per meglio comprendere il mondo circostante in cui si opera e da cui non può prescindere. Anzi, verso il quale occorre che converga senza rinunciare alle sue peculiarità per beneficiare di maggiori e migliori opzioni. Oggi che al mare viene riconosciuto un ruolo strategico (ambientale, economico, politico, culturale) nel panorama della globalizzazione, oggi che il cluster marittimo italiano si afferma come un comparto determinante della nostra economia alle prese con le sfide della competizione internazionale, oggi che l impresa e il lavoro marittimo italiani scrivono nuove storie di successo e di primato nel grande torneo mondiale dei traffici, è divenuto urgente comunicarlo al resto della società per fare uscire il mondo marittimo dalla diversità, talora anacronistica, in cui in certe circostanze esso indugia per difendere le proprie tradizioni e la propria identità. Atteggiamento che ha trovato conferma puntuale nella posizione pregiudizialmente contraria assunta dalla maggior parte delle istituzioni marittime e delle rappresentanze sociali in occasione della riforma del collocamento della gente di mare. A dispetto del fatto che in tale riforma ci sono i presupposti per affrontare finalmente molte delle questioni che affliggono il mercato del lavoro marittimo e per rilanciare tra i giovani italiani le professioni della gente di mare. Nonostante, infatti, la bella citazione attribuita allo scrittore Arthur C. Clarke che fa da epigrafe al recente Green Paper della Commissione europea sulla futura politica marittima dell Unione: How inappropriate to call this planet Earth when it is quite clearly Ocean ( È assurdo definire Terra un pianeta composto per lo più da Oceani ), è sulla terraferma che origina e termina la catena del valore dell economia marittima e (finalmente) è sulla terraferma che ritornano i marittimi al termine dei loro viaggi. Ringrazio coloro che mi hanno aiutato a conoscere il mondo marittimo e che perdoneranno le eventuali imprecisioni o inesattezze contenute nel libro, di cui conservo tutta la responsabilità: Gian Enzo Duci e Ivo Guidi di Federagenti, Armando Pavia di Federpesca, Remo Di Fiore di ITF, Elio Rizzi e Claudio Barbieri di Confitarma, Giuseppe Perasso di Federazione del Mare, Lucio Terranova della Capitaneria di porto, Renato Causa di FIT CISL, Matteo Cavalleroni di ANPAN. Il libro è stato scritto nell ambito del servizio da me prestato nell Amministrazione provinciale di Genova, grazie alla politica lungimirante che il suo Presidente, Alessandro Repetto, anche in qualità di coordinatore delle Province di mare in seno all UPI, ha avviato da alcuni anni a favore del riconoscimento del ruolo nazionale e locale dell economia marittima e del rilancio dell occupazione dei giovani italiani a bordo della nostra flotta. Le considerazioni esposte tuttavia sono frutto esclusivo del mio pensiero e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l Amministrazione. Riccardo Degl Innocenti Genova, settembre 2007 3

INTRODUZIONE Quando nell estate del 2006 fu pubblicato il DPR231 con il nuovo regolamento del collocamento della gente di mare, il Presidente della Provincia di Genova Repetto scrisse al Ministro del Lavoro Damiano una lettera in cui gli offriva l esperienza acquisita nella riforma dei servizi per l impiego dalle Provincie di mare, coordinatesi in seno all Unione Province Italiane. Lo scopo era di contribuire a integrare i servizi pubblici generalisti, avviati ormai da sei anni, con quelli marittimi sino ad allora rimasti estranei dal mercato del lavoro generale. A seguito della lettera la Provincia di Genova in rappresentanza dell UPI fu invitata dal Ministero del Lavoro a partecipare al tavolo di discussione con il Ministero dei Trasporti, con il Corpo delle Capitanerie di porto, da cui dipendono gli uffici di collocamento della gente di mare, e con le rappresentanze delle imprese armatoriali e dei lavoratori marittimi. Vi partecipai compiaciuto di contribuire all avanzamento della riforma, ma trovai una sorpresa. Tutti i convenuti si dichiararono avversi al nuovo regolamento e le parti sociali affidarono ai dirigenti del Lavoro un messaggio per il Ministro Damiano affinché fosse mantenuto il precedente regolamento del 1992. In realtà al tavolo c erano anche posizioni più sfumate ma unanime fu il rilievo polemico e severo sul metodo in quanto il precedente governo, che aveva promosso e approvato il decreto, non aveva mai coinvolto le associazioni datoriali e sindacali né accolto i rilievi critici del Ministero dei Trasporti e delle Capitanerie di porto. I motivi puntuali delle critiche erano innumerevoli. In primo luogo, sebbene il DPR231/2006 fosse figlio del DLvo297/2002 che aveva innovato le regole dei servizi per il lavoro e cancellato il vecchio armamentario delle liste di disoccupazione, veniva giudicata posticcia e deleteria l adozione dello schema operativo dei servizi generalisti. Questi ultimi si basano infatti sulla verifica periodica dell immediata disponibilità al lavoro e sulla attivazione del lavoratore nella ricerca di un occupazione in cambio del riconoscimento dello status di disoccupato, mentre la domanda e l offerta nel mercato del lavoro marittimo presentano dinamiche e comportamenti molto diversi. Ancor più dell impronta del 297 ci si lamentava (principalmente da parte dei sindacati) dell impronta ideologica del DLvo276/2003 di attuazione della legge 30, visibile nel ruolo delle agenzie private introdotte a scapito del ruolo dei Raccomandatari marittimi, operatori già abilitati all intermediazione del lavoro marittimo in base alla legge 135/1977 voluta a suo tempo e apprezzata da tutte le parti sociali. Ma il motivo principale dell avversione delle parti sociali riunite a quel tavolo, era l abrogazione del turno particolare di imbarco, un argomento che non riguardava il settore della pesca ma a cui bastavano, per farne il punto di rottura sociale e politico della riforma, le invettive delle rappresentanze del trasporto. Il turno particolare costituisce infatti il principale strumento regolatore del mercato del lavoro del trasporto marittimo, costruito dalle parti in decenni, anche aspri, di relazioni industriali. Esso assicura ai marittimi che vi sono iscritti la precedenza (di fatto la sicurezza) nelle chiamate di imbarco da parte degli armatori, sì da raggiungere l obiettivo di una quasi-continuità di rapporto di lavoro laddove invece la forma contrattuale resta in prevalenza quella del contratto a tempo determinato (o più tipicamente, a viaggio). Con l abrogazione del turno particolare i sindacati temevano di andare verso una ulteriore precarizzazione del lavoro marittimo, di cui avrebbero potuto approfittare gli armatori: o per aumentare il potere sui lavoratori non più tutelati da un istituto di legge, sebbene sia previsto anche dal CCNL, o per spingersi verso la loro totale sostituzione con marittimi extracomunitari. In questo senso l avvento delle agenzie private contribuiva ad aggravare la preoccupazione, perché esse si sarebbero interposte tra i lavoratori e gli armatori divaricandone le posizioni e gli interessi nella logica di mercato, mentre sinora la relazione era gestita amministrativamente e garantita dalle istituzioni pubbliche attraverso le Capitanerie. Per le imprese c era di riflesso la preoccupazione che si allentasse il rapporto di fidelizzazione con i marittimi iscritti nel proprio 4

turno particolare, i quali avrebbero potuto più liberamente rispondere alle offerte provenienti da altre compagnie. Quel tavolo, con le sue tante e motivate ragioni di opposizione, lasciava tuttavia perplessi. Non parlo delle obiezioni al metodo su cui non c era dubbio sull unilateralità con cui il governo aveva inopinatamente proceduto. Riguardo al merito invece colpiva come le parti del settore trasporti convenute, mentre quelle della pesca sotto questo profilo manifestavano una posizione decisamente aperta e interessata, non avessero sufficiente considerazione dei principi europei che stavano alla base della riforma e da cui il legislatore non aveva potuto prescindere: la liberalizzazione del mercato del lavoro marittimo con la fine del monopolio pubblico e del collocamento obbligatorio, la creazione di un sistema per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e per promuovere l occupazione marittima con servizi per l impiego moderni e politiche attive del lavoro integrate con la formazione scolastica e professionale. Peraltro il monopolio pubblico del collocamento della gente di mare, nato ottant anni prima per reprimere la senseria, era ormai diventato un simulacro, superato dalle dinamiche del mercato in cui domanda e offerta si incontravano o direttamente o per mezzo dell attività dei raccomandatari, pionieri dell intermediazione privata legale in Italia. Quanto al collocamento obbligatorio, esso era già stato molto circoscritto nel regolamento del 1992 e mantenuto solo per alcune categorie di lavoratori del trasporto, tant è che il mercato del lavoro della pesca agiva sin da allora al di fuori degli uffici di collocamento. Per tutto questo, erano diventati del tutto residuali i cosiddetti turni generali, equivalenti alle liste di disoccupazione del collocamento ordinario, da cui attingere personale con chiamate pubbliche numeriche. Ai turni generali erano però agganciati quei turni particolari di cui si è detto in precedenza. Inoltre, molto critico era diventato lo stato del rapporto tra domanda e offerta di lavoro marittimo ed esigente di una gestione del mercato del lavoro obiettivamente più efficiente e di una sua integrazione con strumenti moderni di politiche del lavoro e della formazione utili per risolvere le questioni principali: l offerta insufficiente di figure di ufficiali, con addirittura la minaccia della loro estinzione sulle navi dedite al trasporto internazionale; lo sviluppo delle autostrade del mare che richiama nuova occupazione che occorre promuovere tra i giovani italiani in crisi di vocazioni marittime; il tendenziale decremento di occupazione nella pesca dovuto a limiti produttivi imposti dall Unione europea ma per cui resta essenziale l esigenza di ricambio generazionale e di qualificazione professionale; infine il nuovo mercato della nautica da diporto commerciale che promette interessanti sviluppi occupazionali che vanno opportunamente sostenuti con politiche e strumenti normativi e operativi. Tutte queste questioni erano e sono ovviamente all attenzione delle parti istituzionali e sociali marittime presenti al tavolo, ma c era difficoltà a cogliere nella riforma del collocamento l occasione buona per affrontarle finalmente in maniera positiva, dopo una ventina di anni di inutile attesa che si facesse quanto promesso a favore del lavoro marittimo, mentre tanto si era fatto a favore dell impresa armatoriale. Senza andare troppo indietro, è sufficiente partire dal 1998, quando fu istituito il registro internazionale per favorire il rientro delle navi italiane dalle bandiere di comodo, grazie ad agevolazioni fiscali e contributive e alla parziale liberalizzazione della nazionalità degli equipaggi e con il sacrificio quindi di buona parte dell occupazione italiana a bordo. In quella legge e nelle successive norme emanate sulla stessa materia, così come nei rinnovi contrattuali che si sono susseguiti sino al recentissimo CCNL siglato a giugno di quest anno, si trovano a più riprese stabiliti strumenti, interventi, programmi, tutti rivolti a sostenere la formazione dei marittimi italiani, in particolare degli allievi ufficiali e delle figure più qualificate, e l occupazione italiana. Ebbene, dal 1998 poco o nulla è stato realmente fatto anche di ciò che stava scritto nelle leggi e nei contratti nonostante il continuo lamento della crisi del lavoro marittimo italiano e comunitario: quasi un fenomeno di profezia che si autoavvera, un atteggiamento che pare abbia coinvolto tutte le parti e che forse ne ha 5

condizionato l atteggiamento anche in occasione dell emanazione del nuovo collocamento. Come se anch esso venisse a confermare le minacce (un ulteriore manifestazione della profezia!) e non invece a offrire occasioni di soluzione. Sotto questo profilo il nuovo regolamento annuncia infatti nuove e concrete opportunità. A cominciare dalla prima, il trasferimento di competenze dal Ministero dei Trasporti, che tradizionalmente non ha né una spiccata vocazione sociale né concrete risorse per la formazione, al Ministero del Lavoro che invece ha la missione, la cultura amministrativa e i fondi per promuovere e finanziare piani di intervento per l occupazione e la formazione, anche d intesa con le Regioni e gli enti locali e con le parti sociali con cui ha permanenti rapporti di concertazione e di collaborazione. Inoltre, il nuovo regolamento guarda alla costruzione di un sistema evoluto di governance del mercato del lavoro marittimo, basti pensare all istituzione del Comitato centrale, interistituzionale e paritetico, e alle politiche integrate a cui può dare vita, per promuovere e rilanciare il lavoro marittimo come opportunità professionale e occupazionale qualificata, rivolta principalmente a soddisfare la domanda di lavoro, di reddito e di competenze che in Italia a dispetto dei luoghi comuni sull estinzione dei marittimi continua a esistere, soprattutto tra i giovani meridionali dai quali peraltro tradizionalmente continuano ad arrivare le leve più numerose. Per passare alla seconda opportunità, la realizzazione di un sistema informatico/ivo nazionale che finalmente dia conto in maniera esatta e aggiornata delle dimensioni quali-quantitative del mondo del lavoro marittimo e che consenta una gestione efficiente del mercato del lavoro, ottimizzando l impiego delle risorse professionali disponibili e permettendo un efficace programmazione della formazione e dell occupazione a favore dei giovani. Per finire alla terza, il collegamento e alla possibile integrazione tra servizi per il lavoro marittimo e quelli per il lavoro generale, che possono favorire iniziative di orientamento e di promozione delle carriere marittime su larga scala territoriale e quella circolazione di competenze e professioni dalla terra al mare e viceversa che costituisce uno degli indirizzi fondamentali dell Unione Europea per sviluppare l occupazione nel cluster marittimo. Per promuovere presso i giovani il lavoro a bordo delle navi, infatti, non basta la promessa di un occupazione sicura, legale, retribuita qualificata. Occorre anche accompagnare la proposta con una promessa e una scommessa: dopo qualche anno di lavoro a bordo, un giovane che non voglia più navigare, grazie all esperienza e alla professionalità acquisita, potrà trovare facilmente a terra una nuova occupazione nei settori che utilizzano competenze analoghe. Il contesto internazionale dal punto di vista geografico, normativo, organizzativo e relazionale delle professioni marittime; l intensità delle prestazioni lavorative; la complessità organizzativa del lavoro; il grado di autonomia che si sviluppa anche psicologicamente grazie alla distanza dalla propria residenza e dal proprio paese; la modernità delle tecnologie impiegate a bordo ecc., tutto questo rende il lavoratore che sbarca quale un professionista che può prevalere facilmente nella competizione sul mercato del lavoro con un suo coetaneo che abbia fatto solo esperienze a terra. Le imprese marittime, di fronte alle difficoltà di imbarcare giovani e considerata la necessità di disporre di personale italiano che in molte posizioni offre le garanzie di qualità professionali migliori dei lavoratori di ogni altra nazione, sono disponibili ad accettare questa scommessa, scambiando turn over con formazione, a condizione naturalmente che dal turn over risulti una quantità e una qualità sufficiente di personale che decida di permanere a bordo, di fidelizzarsi e di crescere verso le posizioni organizzative superiori. A questa prospettiva sono naturalmente molto interessate anche le imprese a terra che ricevono personale giovane eppure già formato e esperto, che possono concorrere quindi efficacemente al loro sviluppo offrendo competitività e internazionalità. In quel tavolo al Ministero che mostrava per lo più freddezza per queste opportunità c era in buona sostanza una rappresentazione delle contraddizioni del mondo del lavoro marittimo: per un verso, fermo nella difesa della sua estrema specialità, su cui fonda la sua identità sociale e 6

professionale che sente minacciata dall omologazione con il lavoro in generale; per l altro verso, risentito per la marginalità sociale e politica in cui il lavoro marittimo è lasciato, invece di ricevere un adeguata considerazione dei sacrifici a cui sono sottoposti i lavoratori e del contributo economico che le imprese forniscono al Paese. Senza tuttavia avere la capacità e la tenacia di rivendicare e ottenere anche solo quello stabilito da norme e contratti. Una sorta di sindrome che ha la sua espressione sintomatica nel lutto perdurante per la sostituzione del Ministero della Marina mercantile con quello più generale dei Trasporti, come se il problema stesse nella targa fuori del palazzo, e come se non occorresse oggi una visione moderna della logistica integrata. Insomma, mi trovavo a partecipare a una riforma che quasi nessuno voleva, che anzi la maggior parte dei presenti denunciava come ostile e controproducente, fatta a loro insaputa e nell ignoranza delle principali questioni, al solo scopo di omologare pedissequamente e rovinosamente il collocamento marittimo a quello generale. Mi misi allora a cercare di comprendere i motivi apparenti e profondi di questo generale atteggiamento, convinto dalla mia lettura terza del testo di riforma che essa poteva rappresentare invece un ottima occasione di rilancio del lavoro marittimo italiano. Fortunatamente nei mesi successivi, grazie alla determinazione e all impegno della Direzione generale del Mercato del lavoro del Ministero del Lavoro e del Corpo generale delle Capitanerie di porto, il confronto è andato avanti con una maggiore disponibilità di tutti ad approfondire il testo della riforma, a riconoscerne i principi moderni e ormai inderogabili, e a istruire i sette decreti attuativi previsti che dovranno essere emanati, per chiarirne alcune oscurità e per cercare di farne l occasione per un effettivo miglioramento della gestione pubblica del mercato del lavoro marittimo. Alcuni di questi decreti sono in cantiere e prossimi all emanazione sotto la regia del Ministero del Lavoro d intesa con il Ministero dei Trasporti. Con essi è lecito prevedere che si trovino le soluzioni alla gran parte dei problemi emersi a partire da quel primo tavolo di confronto e che tutte le parti interessate concorrano alla loro definizione. Questo libro vuole essere un contributo alla buona riuscita della riforma, nell interesse generale dell impresa e del lavoro marittimo italiani, che costituiscono risorse essenziali per l economia nazionale e locale e opportunità di occupazione qualificata e remunerativa per i giovani alla ricerca di un futuro professionale appagante. Ma il libro vuole essere anche il mezzo con cui cercare di decifrare le carte con cui i diversi attori istituzionali, economici e sociali del mercato del lavoro marittimo stanno giocando con il futuro dell occupazione italiana in questo settore, una partita in cui si sente aleggiare il sospetto che qualcuno stia bluffando. 7

Capitolo 1 IL MERCATO DEL LAVORO MARITTIMO IN ITALIA al fine di poter ridurre l unico costo di esercizio che non è determinato internazionalmente: quello degli equipaggi. Giovanni Delle Piane, armatore, 2002 Per lavoro marittimo si intende ogni attività lavorativa che si svolga in mare, a bordo di un imbarcazione. Chi presta del lavoro marittimo appartiene di norma ad una specifica categoria di lavoratori detta gente di mare. In questo libro ci occupiamo dei tre settori di attività civile in cui si svolge il lavoro marittimo: il settore dei trasporti, il settore della pesca e il settore del diporto nautico. Per quanto riguarda il trasporto, si tratta del lavoro prestato a bordo di navi adibite al trasporto di merci e di passeggeri, oltre gli stretti sulle rotte oceaniche dei traffici internazionali, sulle rotte corte del cabotaggio nazionale e mediterraneo, e a bordo delle navi speciali che operano offshore, per la posa di condotte, per la costruzione e l installazione di piattaforme ecc., oltre che a bordo delle imbarcazioni di servizio nei porti, come i rimorchiatori, le unità dei piloti, le navi addette al bunkeraggio, cioè al rifornimento di carburante, ecc. Per quanto riguarda la pesca, si tratta del lavoro a bordo delle imbarcazioni adibite alla pesca marittima, sia che operino sotto costa o in aperto Mediterraneo, sia che varchino gli stretti per andare a pescare negli oceani, oltre che il lavoro a bordo delle imbarcazioni al servizio dei sistemi di acquacoltura per l allevamento, la riproduzione e la raccolta in aree marine attrezzate di pesci, molluschi, crostacei. Per quanto riguarda il diporto nautico, si tratta del lavoro a bordo di imbarcazioni concepite per scopi sportivi o ricreativi dai quali esuli il fine di lucro, ma che la legge consente che possano anche essere impiegate in attività economiche, a scopi commerciali, mediante contratti di locazione e di noleggio ( charter nautico ) oppure per l insegnamento della navigazione da diporto, nonché come unità di appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo. Ci occuperemo quindi del complesso del lavoro civile che si svolge a bordo e in mare, escludendo perciò il lavoro a bordo delle unità navali militari (Marina militare, Guardia costiera ecc.) e il lavoro a terra nelle sedi direzionali e operative da cui dipendono le attività marittime (gli uffici delle compagnie di navigazione e delle agenzie marittime, le banchine dei terminal portuali, ecc.). A bordo e in mare, ovvero dove si svolge la prestazione lavorativa della gente di mare, è l elemento che caratterizza il lavoro marittimo, la circostanza che ne ha determinato storicamente la specificità e le distinzioni rispetto al lavoro in generale. A cominciare dal fatto che per il lavoro marittimo, a causa dei rischi intrinseci a cui è soggetto, si configura un interesse pubblico fondamentale, in primo luogo dello Stato, in nome della sicurezza della navigazione, nel senso dell incolumità degli equipaggi e dei passeggeri, delle merci e dei mezzi di trasporto, e infine della tutela dell ambiente marino e costiero a rischio di inquinamento provocato da incidenti o naufragi. Prova ne è che al lavoro marittimo si applica il Codice della navigazione, una particolare disciplina di natura pubblicistica che si interpone alle leggi ordinarie con una fitto articolato di disposizioni e regolamenti, e che quasi tutte le norme che lo regolano devono essere conformi a regole internazionali per armonizzarsi con gli interessi degli altri Stati con cui 8

le attività marittime creano relazioni funzionali e con cui si condivide il bene comune e universale del mare. Per restare all oggetto di questo libro, ai fini della sicurezza della navigazione il Codice contiene disposizioni rivolte a regolare l accesso al lavoro marittimo, come il requisito dell iscrizione dei lavoratori in appositi registri pubblici della gente di mare e quello del possesso di titoli professionali e di specifiche qualifiche, e come la stipula del contratto di arruolamento sotto forma di atto pubblico. Il Codice della navigazione contiene inoltre norme che regolano il modo in cui funziona l organizzazione di bordo, tra cui spiccano quelle che ne predeterminano i ruoli e indirizzano la composizione degli equipaggi, e che la ordinano secondo un rigoroso principio di gerarchia di stampo militare: tutte le persone a bordo sono soggette all autorità del comandante della nave e devono inoltre prestare obbedienza ai superiori e uniformarsi alle loro istruzioni per il servizio a bordo, pena l applicazione disciplinare di natura non solo amministrativa, ma anche penale. Tuttavia, la nave è anche luogo e mezzo di produzione di un impresa che fa capo alla figura dell armatore che è il gestore della nave stessa (spesso ne è anche il proprietario), per cui il lavoro marittimo rientra anche nella norma del rapporto di lavoro in generale, che si caratterizza per lo scambio tra l attività del prestatore, svolta in posizione subordinata, e la retribuzione, e che non muta la sua essenza se l attività lavorativa si esplica a bordo di una nave invece che a terra. Nell arruolamento (il termine con cui si indica l assunzione dei lavoratori marittimi) è possibile infatti distinguere gli stessi elementi fondamentali tipici del contratto di lavoro subordinato. In questo senso, sebbene il Codice della navigazione abbia dato luogo a due sistemi normativi paralleli e conviventi, l uno di carattere pubblicistico, l altro relativo al rapporto di lavoro, caratterizzati da regole, poteri, apparati sanzionatori distinti, da alcuni anni si assiste ad una tendenza da parte delle fonti normative e della giurisprudenza a fare convergere le due sfere disciplinari 1. Si può dire che il caso della riforma del collocamento della gente di mare segue questa inclinazione. Sin qui abbiamo parlato del lavoro marittimo come se fosse unico, anche se abbiamo premesso che può svolgersi in tre settori distinti: il trasporto, la pesca e il diporto. In realtà ci sono molti lavori marittimi che a partire dalla comune appartenenza alla categoria delle attività della gente di mare distinguono in maniera anche molto netta i diversi ambiti organizzativi e operativi dell impresa e i diversi profili professionali e occupazionali dei lavoratori, per cui danno luogo a diversi segmenti o sottomercati del lavoro marittimo. Ci sono anche lavori marittimi che non presuppongono l appartenenza alla gente di mare, come è per gran parte delle attività di tipo alberghiero, ricreativo e commerciale prestate a bordo della navi da crociera, sebbene i lavoratori che le svolgono concorrano a formarne a pieno titolo gli equipaggi di quelle navi. LA DOMANDA DI LAVORO DELLE IMPRESE Quanti sono i lavoratori marittimi italiani? Da quanti lavoratori è composta la gente di mare iscritta nei registri delle Capitanerie di porto? Quanti lavorano nel trasporto? Quanti sui pescherecci? Quanti sulle imbarcazioni da diporto? Quanti attendono privi di un occupazione un lavoro a bordo? Quanti sono gli armatori italiani e quante le rispettive imbarcazioni che determinano la domanda di marittimi sul mercato del lavoro nazionale? Quanta domanda è invece rivolta sul mercato del lavoro internazionale e quanti sono quindi i marittimi non comunitari a bordo delle nostre imbarcazioni? Quanti marittimi italiani lavorano su navi di bandiera estera? Quanti sono i lavoratori e di quale nazionalità che, senza appartenere alla gente di mare, prestano la loro attività a bordo delle navi passeggeri e da crociera? Domande che in un qualsiasi altro settore occupazionale riceverebbero più facilmente risposte di quanto accada nel 1 Cfr. Maria Novella Bettini, Quando il diritto del lavoro è costretto a navigare, in Nautes, Rivista di IPSEMA, 2, 2003. 9

settore marittimo, che da questo punto di vista invece costituisce una sorta di pianeta sconosciuto o di entità misteriosa, anche per gli addetti ai lavori e nonostante la gestione pubblica dei registri di immatricolazione, dei turni di imbarco, degli arruolamenti, dei ruoli degli equipaggi, oltre che delle posizioni assicurative e previdenziali. Insomma, siamo di fronte al paradosso per cui il settore privato del mercato del lavoro che ha più evidenza pubblica sia il settore di cui si ha minore informazione pubblica e quindi conoscenza generale. Non esiste una fonte statistica ufficiale dei lavoratori marittimi, né nazionale né locale. ISTAT non se ne occupa se non all interno o a margine di indagini entro cui non si riesce a distinguere e a estrapolare il lavoro marittimo vero e proprio. Non esiste un archivio centralizzato del Ministero dei Trasporti né delle Capitanerie di porto presso cui sono registrati i dati delle matricole e dei movimenti occupazionali. Ciascuna Capitaneria detiene la parte di dati relativa alla propria attività, ma per lo più su supporto cartaceo o su supporto elettronico locale. A nostra conoscenza, nessuna Capitaneria produce rapporti statistici sulla consistenza dei marittimi iscritti e arruolati. Le iniziative assunte negli ultimi dieci anni sia in sede legislativa sia in sede di intese contrattuali dalle parti sociali per dotare il mercato del lavoro della gente di mare di un sistema informativo nazionale, basato o sugli uffici delle Capitanerie di porto oppure sulle Compagnie di navigazione, non hanno sinora sortito alcun effetto. Ugualmente, né INPS né INAIL né IPSEMA, quest ultimo è l istituto assicurativo dei marittimi, hanno sinora rilasciato rapporti ufficiali sull occupazione nel settore marittimo. Però su questo fronte c è una nuova, ottima, notizia che dovrebbe contribuire a risolvere il problema delle statistiche del lavoro marittimo per una parte fondamentale: quella relativa ai movimenti occupazionali. Si tratta di una doppia norma contenuta nella legge Finanziaria 2007: la prima già in vigore dal 1 gennaio 2007, la seconda che sarà presto in vigore prima della fine del 2007 e che assorbirà la prima. La prima norma riguarda l obbligo dal 1 gennaio 2007 per i datori di lavoro del settore marittimo di comunicare a IPSEMA l avvio o la cessazione di un rapporto di lavoro tramite la denuncia nominativa 1. Questa operazione non era obbligatoria fino ad ora, infatti la legge 38 del 2000 che stabilisce la denuncia all istituto assicuratore (INAIL) nel primo giorno lavorativo non era stata estesa al comparto marittimo, per cui l armatore si limitava ad aprire una posizione assicurativa per la nave con la previsione dei posti a bordo sui quali ruotavano più lavoratori anonimi (in ragione degli avvicendamenti). Il nuovo obbligo grava invece su tutti i datori di lavoro marittimo, prescindendo dalla categoria di naviglio di riferimento (trasporto, pesca, diporto), per cui anche il settore marittimo può contare, dal 1 gennaio 2007, su una anagrafe assicurativa nominativa dei lavoratori. D altro canto la stessa legge finanziaria ha introdotto l obbligo della comunicazione telematica obbligatoria il giorno antecedente l inizio e alla fine di qualsiasi rapporto di lavoro dipendente, ivi compreso quello marittimo. La comunicazione va resa ai Centri per l impiego e nel caso dei marittimi agli Uffici di collocamento della gente di mare che a loro volta la reindirizzeranno per quanto di competenza agli istituti assicurativi e previdenziali, IPSEMA compresa. Per l entrata in vigore di questa seconda norma si è in attesa di un decreto che definisca i moduli di comunicazione via internet che sarà pubblicato in autunno di quest anno 2. Alla fine del 2007 sarà dunque solo IPSEMA a potere dare conto dei movimenti occupazionali dei marittimi nel corso dell intero anno solare, mentre dal 2008 lo potranno fare con maggiore dovizia di dati gli Uffici di collocamento della gente di mare. A dire il vero il problema della difficoltà di disporre dei dati sull occupazione in campo marittimo non riguarda solo l Italia. L Unione europea non perde occasione per segnalare questo 1 Art.1, c.1182, della legge 27 dicembre 2006, n.296 (Finanziaria 2007). 2 Art.1, c.1180, ibidem. La comunicazione all INAIL ex art. 14, comma 2, del D.L.vo n. 38/2000 attraverso gli strumenti telematici resta in vigore fino alla piena operatività delle nuove modalità di trasferimento dei dati. Lo stesso vale nei confronti dell IPSEMA. 10

problema e la necessità che i paesi membri si dotino di sistemi adeguati per risolverlo. Ultima denuncia in ordine di tempo l ha pronunciata il commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi Joe Borg nella conferenza a Sopot in Polonia a febbraio di quest anno sul ruolo della futura politica comunitaria nel delineare nuovi standard di formazione e occupazione marittima ( it has been clear to me since the beginning of our efforts to develop a maritime policy for the EU, that there is a lack of comprehensive data available. This is especially so with regard to maritime employment ), tanto da avere commissionato nel 2005 un apposita indagine poi pubblicata nel 2006 su cui avremo occasione di tornare per rilevarne i dati e i giudizi 1. È utile però sottolineare qui quelle caratteristiche del settore marittimo che secondo gli autori dell indagine motivano la difficoltà generalizzata a tutti i paesi europei di disporre di dati attendibili sul lavoro marittimo: la natura prevalentemente temporanea del contratto di imbarco per cui si rinnova ad ogni viaggio l arruolamento di un nuovo equipaggio, e la varietà delle bandiere di registrazione delle navi di armatori europei, soprattutto di quelle impegnate nel traffico internazionale, che impiegano per lo più equipaggi multinazionali, per cui i dati che si raccolgono dai paesi dell Unione cumulano spesso marittimi europei e non europei e navi di bandiera europea e non. Ne consegue che i dati dell occupazione risultano talvolta sovrastimati rispetto ai posti di lavoro occupati effettivamente da marittimi comunitari e su navi comunitarie. Inoltre, a rendere ancora più complessa l indagine, è risultato che alcuni paesi mischiano i dati degli occupati a bordo con quelli degli occupati a terra negli uffici e nei terminal delle compagnie di navigazione. Per l Italia, aggiungiamo noi, pesa inoltre l arretratezza già segnalata dell amministrazione pubblica. In attesa degli effetti delle nuove norme in materia di denuncia nominativa degli assicurati e di comunicazione obbligatoria telematica degli arruolamenti, che permetteranno come detto, di disporre in tempo reale dei flussi occupazionali marittimi, ci si deve arrangiare con dati approssimativi provenienti da fonti diverse, abbastanza simili però da permettere una stima attendibile dei numeri esatti. Per quanto riguarda il trasporto, la prima fonte è costituita dal Ministero dei Trasporti che nella pubblicazione annuale contenente il Conto Nazionale dei Trasporti e delle Infrastrutture (CNTI) fornisce però un unico dato sommario circa il totale delle unità di lavoro presenti nel settore marittimo. Tale informazione non è l elaborazione dei dati amministrativi primari provenienti dalle Capitanerie di porto che li archiviano in forma analitica nei loro registri e moduli operativi, sebbene esse dipendano dal Ministero dei trasporti, bensì di dati di seconda mano e pure approssimati. La seconda fonte, più analitica, la si trova nei dati forniti da CONFITARMA, la Confederazione Italiana degli Armatori, in occasione dell Assemblea annuale dei soci. La terza fonte è rappresentata dai posti assicurati da IPSEMA. Esistono poi altre fonti estemporanee, com è il caso di questo libro, che si cimentano a fini di ricerca e di studio nel mettere in relazione dati di provenienza diversa, per stimare in maniera più esatta sia i posti di lavoro a bordo delle navi addette al trasporto, sia i marittimi che si avvicendano su tali posti, sia la quota occupata da marittimi extracomunitari, sia infine il numero di marittimi italiani che abbandonano il mercato nazionale per imbarcarsi temporaneamente o stabilmente con navi straniere. Per quanto riguarda la pesca la situazione è più favorevole grazie all attività di IREPA (Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'acquacoltura) che dal 1994 svolge attività di assistenza tecnica in favore del Ministero per le Politiche Agricole e negli ultimi anni ha assunto la 1 ECOTEC Research & Consulting, An exhaustive analysis of employment trends in all sectors related to sea or using sea resources - Final report for the European Commission, DG Fisheries and Maritime Affairs, C3135 / September 2006. 11

responsabilità della produzione statistica dei dati della pesca in Italia per cui, oggi, opera nell'ambito del Sistema Statistico Nazionale (SISTAN) 1 Per quanto riguarda il diporto nautico la situazione è invece ai primordi e gli unici dati disponibili sono stime di IPSEMA e degli stessi operatori di mercato. Prima di passare ad esaminare i dati della domanda di lavoro marittimo, vale la pena di segnalare al di là delle oggettive difficoltà di rilevazione dei dati del lavoro marittimo, che anche i ricercatori dell UE hanno rimarcato, che più di un secolo fa l amministrazione del Regno d Italia era in grado di fornire, in una pubblicazione periodica intitolata Sulle condizioni della Marina Mercantile italiana al 31 dicembre. Relazione del Direttore generale della Marina Mercantile a S.E. il Ministro della Marina, i dati del personale iscritto nei compartimenti marittimi, suddiviso per categorie e per qualifiche, e la quota di imbarcati nell anno rispetto agli iscritti, come documenta Maria Stella Rollandi nel bel libro: Lavorare sul mare Economia e organizzazione del lavoro marittimo tra Otto e Novecento da cui è tratta la figura seguente 2 : Ciò accadeva in un mercato del lavoro marittimo certamente meno complicato di adesso in quanto integralmente nazionale, ma anche con numeri di marittimi iscritti quasi doppi di quelli attuali e soprattutto con una efficienza e una tempestività, nonostante la mancanza di tecnologie informatiche e telematiche, di cui lo Stato repubblicano non ha ancora dato prova nei suoi 60 anni di vita. 1 IREPA (Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'acquacoltura) è stato fondato a Salerno nel 1982 da enti pubblici e locali della Campania con lo scopo di promuovere lo sviluppo della ricerca economica di settore e svolgere attività di assistenza in favore degli enti pubblici deputati alla gestione della pesca e dell acquacoltura. 2 Edizioni Brigati, Genova, 2003. Si vedano le tabelle relative al periodo 1887-1913, pp.37-78. 12

LA DOMANDA NEL TRASPORTO MARITTIMO Per giungere a determinare quantità e qualità della domanda di lavoro nel settore del trasporto, occorre avere presente le sue diverse tipologie. In primo luogo si distingue il traffico internazionale o giromondo, quello in cui si svolge il lavoro marittimo per antonomasia, che ne caratterizza la storia e l immaginario. È il lavoro prestato a bordo di navi mercantili che fanno rotte internazionali, interne al Mediterraneo o più frequentemente con destinazione oltre lo Stretto di Gibilterra o lo Stretto dei Dardanelli o il Canale di Suez. Viaggi che tengono i marittimi, per lo più stranieri ad eccezione degli ufficiali come vedremo in seguito, lontano da casa per diversi mesi. Ci sono navi che fanno linee che non toccano mai l Italia e che navigano esclusivamente da porto estero a porto estero. Esistono persino navi dette tramp (vagabondo) o volandiere, che non fanno servizi di linea, ma che attendono lungo rotte commerciali di essere noleggiate al volo. Del traffico internazionale fanno parte anche le navi passeggeri che sulle rotte oltre gli stretti sono ormai esclusivamente quelle da crociera e che presentano una enorme quantità di lavoratori marittimi a bordo delle loro unità sempre più grandi. Basti pensare che una nave da carico ospita un equipaggio di una ventina di persone per la sua conduzione, mentre una nave da crociera può avere anche più di mille membri di equipaggio, la gran parte dei quali però dedicati non alla conduzione nautica ma ai servizi offerti alle migliaia di passeggeri imbarcati. Riducendo il raggio di azione delle navi, si distingue il cosiddetto cabotaggio o trasporto tra porti europei ( a corto raggio ) o tra porti italiani (cabotaggio interno o nazionale). Il cabotaggio comprende navi mercantili di ogni genere, sia di linea che non. Tra le prime rientrano i traghetti ( ferries ), che trasportano persone e/o merci per lo più accompagnate dai loro mezzi di trasporto, sicché le linee del cabotaggio interno e mediterraneo vengono anche dette autostrade del mare quando sono alternative alle corrispondenti rotte stradali del trasporto su gomma. I marittimi che vi lavorano, principalmente italiani, conducono navi specializzate nelle funzioni tipiche del cabotaggio, su rotte più brevi e prevalentemente di linea, che li obbligano a bordo per periodi relativamente brevi, con pause che permettono anche rientri a casa, un po alla stregua della condizione lavorativa dei ferrovieri impegnati a bordo dei treni di lunga percorrenza. Ci sono poi le navi speciali, in particolare i rimorchiatori per lo più impiegati nelle acque dei porti al servizio delle manovre delle navi in ingresso e in uscita, ma anche operanti nel traino di imbarcazioni o piattaforme in mare aperto, oppure le pilotine o le unità del bunkeraggio, tutti natanti su cui operano marittimi per lo più italiani, residenti nella città del porto in cui prestano servizio, che condividono una condizione lavorativa simile al turnista che torna comunque a casa dopo i turni di lavoro. A queste tipologie di trasporto marittimo, a cui corrispondono altrettante condizioni lavorative, corrispondono anche altrettanti mercati del lavoro, che distinguono in maniera sostanziale la gente di mare che vi opera sotto il profilo delle motivazioni, delle esperienze e degli orizzonti professionali e personali, pur condividendo formazione, qualifiche, titoli professionali, percorsi di carriera, e alla fine di tutto ciò anche sotto il profilo della nazionalità. Scendendo sul piano quantitativo della domanda, il mercato del lavoro del trasporto marittimo è meccanicamente determinato dal numero di navi. Esse costituiscono ciò che a terra è indicato come luoghi di lavoro o unità produttive. Da esse, dal loro numero, dalla loro tipologia e dalla loro dimensione, derivano i numeri dei componenti degli equipaggi, da cui derivano i numeri dei marittimi che si avvicendano a ricoprirne i ruoli nell arco di un anno di esercizio delle navi. 13

Alla fine del 2006 la flotta mercantile italiana era composta di 1.480 navi da trasporto, per un totale di 13.144.608 tsl 1 così ripartite 2 : Tipologie macro e micro Navi > 100 tsl % Tsl % Tsl / Navi NAVI DA CARICO LIQUIDO 294 19,9% 3.743.000 28,5% 12.731 Petroliere 116 7,8% 2.102.000 16,0% 18.121 Gassiere 43 2,9% 353.000 2,7% 8.209 Chimichiere 102 6,9% 1.253.000 9,5% 12.284 Altre cisterne 33 2,2% 34.000 0,3% 1.030 NAVI DA CARICO SECCO 204 13,8% 5.551.000 42,2% 27.211 Carico generale 38 2,6% 275.000 2,1% 7.237 Portacontainer 30 2,0% 869.000 6,6% 28.967 Portarinfuse 58 3,9% 2.134.000 16,2% 36.793 Traghetti 78 5,3% 2.273.000 17,3% 29.141 NAVI MISTE E DA PASSEGGERI 450 30,4% 3.101.000 23,6% 6.891 Crociera 15 1,0% 969.000 7,4% 64.600 Aliscafi, Catamarani e unità veloci 85 5,7% 25.000 0,2% 294 Traghetti 217 14,7% 2.055.000 15,6% 9.470 Altre navi trasporto passeggeri 133 9,0% 53.000 0,4% 398 PORTARINFUSE POLIVALENTI 2 0,1% 65.000 0,5% 32.500 NAVI PER SERVIZI AUSILIARI 530 35,8% 684.000 5,2% 1.291 Rimorchiatori e navi appoggio 307 20,7% 127.000 1,0% 414 Altri tipi di navi 223 15,1% 557.000 4,2% 2.498 TOTALE 1480 100,0% 13.145.000 100,0% 8.882 Di queste 1480 navi, sopra le 100 tsl 3, poco meno della metà, pari a 713 navi, sono >1.000 tsl equivalenti a 12.895.551 tsl complessive (il 48% delle navi copre dunque il 98% di tsl), mentre le restanti 767 navi hanno tra 100 e 999 tsl, equivalenti a 249.057 tsl complessive. Circa 90 navi appartengono al Gruppo Tirrenia, di proprietà pubblica. Si tratta di navi che operano esclusivamente nelle linee interne dei traghetti passeggeri, merci o miste, per assicurare la cosiddetta continuità territoriale, ossia il servizio pubblico di trasporto con le isole appartenenti al territorio nazionale. Le navi Tirrenia, assieme alla piccola flotta di navi della RFI (Rete Ferroviaria Italiana) composta da una decina di battelli che fanno servizio sullo Stretto di Messina, costituiscono la componente pubblica della flotta italiana, pari a circa il 4% del complesso del tsl nazionale, mentre il 96% del tonnellaggio complessivo è privato. Le categorie a cui appartengono le 767 navi <1000 tsl sono facilmente individuabili dal rapporto medio tra numero di navi e tsl complessivo di ciascuna categoria: sono principalmente presenti tra le altre cisterne che comprende le piccole unità in servizio nei porti per il bunkeraggio (appena 1000 tsl medie), tra le altre navi da trasporto passeggeri e gli aliscafi, catamarani e unità veloci (circa 300 tsl medie), tra i rimorchiatori e le navi appoggio e in una parte degli altri tipi di navi addette a servizi ausiliari (circa 400 tsl medie), oltre che in misura minoritaria 1 TSL (tonnellate di stazza lorda): è l unità di misura convenzionalmente più utilizzata per le dimensioni di una nave mercantile. Corrisponde al volume interno complessivo della nave. Una tonnellata di stazza equivale a 2,83 metri cubi. 2 La tabella è tratta da: CONFITARMA Relazione all assemblea annuale dei soci Roma, 5 luglio 2007. Per avere un dettaglio maggiore della composizione della nostra flotta si vedano le tabelle allegate all annuale Conto Nazionale dei Trasporti e delle Infrastrutture (CNTI) pubblicato dal Ministero dei Trasporti. 3 Sotto le 100 tsl le imbarcazioni appartengono di norma al settore della pesca e del diporto nautico. 14

tra le unità delle altre categorie. Si tratta nel complesso di navi che imbarcano equipaggi ridotti numericamente e che per lo più svolgono i loro servizi o in ambiti portuali o vicino alle coste o su linee di trasporto a corto e cortissimo raggio. Le altre categorie comprendono le navi >1000 tsl, come si evince dal rapporto medio tra numero di navi e tsl complessivo: sono le navi da carico liquido e secco (circa 25.000 tsl medie), le navi da crociera (circa 65.000 tsl medie) e i traghetti passeggeri o misti (circa 20.000 tsl medie), le portarinfuse (circa 30.000 tsl medie) e una parte di altri tipi di navi. Sono nel complesso le navi che avendo equipaggi abbastanza numerosi compongono il quadro maggioritario della domanda di lavoro marittimo del trasporto. Per fare comprendere meglio le dimensioni di queste navi >1000 tsl diamo alcuni esempi di senso comune 1 : - il piccolo traghetto della Toremar che serve l Isola d Elba da Piombino o il ferry-boat della Caronte che fa servizio sullo Stretto di Messina hanno ciascuno una stazza di circa 1.500 tsl; - il traghetto della Grandi Navi Veloci che fa linea tra Genova e la Sardegna ha una stazza di circa 40.000 tsl; - la MSC Napoli, la portacontainer che si è vista alla televisione in difficoltà lo scorso inverno nel Canale della Manica subire un parziale affondamento con perdita di carico ha una stazza di 53.000 tsl; - l ultima costruzione della Costa Crociere, la Costa serena, che imbarca 1100 componenti di equipaggio e 3800 passeggeri, ha una stazza di 114.500 tsl. Il numero, la tipologia e la dimensione delle navi determinano con buona approssimazione la domanda di lavoro per comporne gli equipaggi. Infatti, diversamente da quanto accade per una fabbrica o un ufficio, è materia di legge e di preventivi accordi sindacali la definizione di quanti e quali lavoratori salgono a bordo di una nave, ossia ne compongono l equipaggio e con quali titoli e qualifiche professionali, a dimostrazione ulteriore della forte impronta pubblicistica del settore marittimo, sempre dettata da ragioni di sicurezza della navigazione. L organico di una nave in particolare è fissato nella cosiddetta tabella di armamento dove sono indicati il numero minimo degli ufficiali di coperta e di macchina con i relativi gradi, nonché la composizione e la forza minima del resto dell equipaggio, tenuto conto anche del fatto che l esercizio di una nave copre le 24 ore giornaliere e i sette giorni della settimana. Il Codice della navigazione demanda alla legge o alla contrattazione collettiva la determinazione della tabella di ciascun tipo di nave e di ciascuna unità. Le tabelle sono sottoposte al controllo delle Capitanerie di porto che hanno facoltà di impedire la partenza delle navi il cui equipaggio sia composto in maniera difforme da quanto indicato sotto il profilo delle quantità e delle qualifiche. Le Capitanerie inoltre hanno il compito di accertare, mediante ispezioni, la validità dei certificati dei marittimi imbarcati richiesti obbligatoriamente dalle convenzioni internazionali in materia di sicurezza che ne completano il quadro di conformità professionale. A partire dunque dalla classificazione della flotta nazionale suddivisa per categorie di unità di trasporto marittimo, CONFITARMA presenta annualmente la stima dei posti di lavoro a bordo. Dalla stima presentata all assemblea di quest anno e riferita al 31 dicembre 2006, abbiamo elaborato la seguente tabella che sviluppa la precedente relativa alla composizione funzionale della flotta: Tipologie macro e micro Navi % Posti stimati a bordo % Posti stimati a bordo / Navi Posti stimati a bordo X 1,43 NAVI DA CARICO LIQUIDO 294 19,9% 5.005 16,4% 17 7.157 Petroliere 116 7,8% 2.320 7,6% 20 3.318 Gassiere 43 2,9% 690 2,3% 16 987 1 Un repertorio analitico della nostra flotta è fornito periodicamente dalla rivista TTM-Tecnologie Trasporti Mare - L'automazione Navale, edita a Genova. 15

Chimichiere 102 6,9% 1.635 5,4% 16 2.338 Altre cisterne 33 2,2% 360 1,2% 11 515 NAVI DA CARICO SECCO 204 13,8% 3.320 10,9% 16 4.748 Carico generale 38 2,6% 495 1,6% 13 708 Portacontainer 30 2,0% 570 1,9% 19 815 Portarinfuse 58 3,9% 1.160 3,8% 20 1.659 Traghetti 78 5,3% 1.095 3,6% 14 1.566 NAVI MISTE E DA PASSEGGERI 450 30,4% 19.410 63,6% 43 27.756 Crociera 15 1,0% 2.925 9,6% 195 4.183 Aliscafi, Catamarani e unità veloci 85 5,7% 595 2,0% 7 851 Traghetti 217 14,7% 5.640 18,5% 26 8.065 Altre navi trasporto passeggeri 133 9,0% 800 2,6% 6 1.144 Personale alberghiero 9.450 44 630 13.514 PORTARINFUSE POLIVALENTI 2 0,1% 40 0,1% 20 57 NAVI PER SERVIZI AUSILIARI 530 35,8% 2.730 8,9% 5 3.904 Rimorchiatori e navi appoggio 307 20,7% 1.840 6,0% 6 2.631 Altri tipi di navi 223 15,1% 890 2,9% 4 1.273 TOTALE 1480 100,0% 30.505 100,0% 21 43.622 La tabella mostra che alla fine del 2006 i posti di lavoro stimati a bordo delle navi italiane >100 tsl erano 30.505, di cui: - il 63,6% a bordo di navi miste e passeggeri, di cui circa la metà costituito da personale alberghiero, - il 27,3% a bordo di navi da carico (liquido o secco) più lo 0,1% a bordo di portarinfuse, - il resto, pari all 8,9%, a bordo delle navi speciali e ausiliarie. Percentuale di marittimi imbarcati per tipo di trasporto navi speciali e ausiliarie; 8,90% navi da carico; 27,50% navi passeggeri; 63,60% Sulla base del rapporto posti di lavoro stimati/numero di navi si ottiene la stima dell equipaggio medio per ciascuna categoria di nave, che si aggira: - tra 15 e 20 componenti per le navi da carico e le portarinfuse, - sui 6-7 componenti per i piccoli traghetti, sui 25-30 per i traghetti più grandi e sui circa 200 per le navi da crociera; a questi equipaggi medi delle navi passeggeri va aggiunto il personale alberghiero, la cui media andrebbe ponderata tra i traghetti e le navi da crociera; 16

- circa 5 componenti per le navi speciali e ausiliarie. In base delle norme contrattuali per cui un posto di lavoro a bordo di una nave in esercizio per tutto l anno è occupato da 1,43 lavoratori, in considerazione dei periodi di riposo obbligatori previsti per i marittimi (circa 4 mesi/anno), la tabella mostra anche il totale complessivo di lavoratori che occupano avvicendandosi nell arco di un anno i posti stimati a bordo 1. Secondo questo calcolo, la stima della domanda da parte delle navi italiane impegnate nel trasporto per coprire i fabbisogni di composizione degli equipaggi nell arco dell anno, ammonta a 43.622 marittimi. CONFITARMA più sommariamente indica la cifra di 40.000. Di questi marittimi, sulla base delle percentuali prima stimate, poco meno di 12.000 navigano sulle navi da carico tra cui molte vanno oltre gli stretti, mentre circa 21.000 navigano su navi passeggeri, tra cui solo le crociere, che ne imbarcano circa 10.000, escono dal Mediterraneo, e infine quasi 4000 operano per lo più dentro o in prossimità delle aree portuali: L altra fonte importante di dati è costituita da IPSEMA, l istituto di previdenza dei lavoratori marittimi, che rilascia dati pubblici in occasione della pubblicazione del Bilancio sociale di cui però sono disponibili solo quelli relativi al 2003 e al 2004. Inoltre i dati sono ripartiti per categorie diverse di navi, non facilmente confrontabili con quelle utilizzate da CONFITARMA. Essi registrano i posti di lavoro dichiarati all istituto dall armatore per ogni nave sulla base della tabella di armamento al momento dell apertura delle posizioni assicurative obbligatorie. Abbiamo però i dati di IPSEMA relativi al 2006 che sono stati trasmessi dallo stesso istituto a FEDERPESCA, la Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca, che li ha gentilmente messi a disposizione di questo libro. Essi corrispondono abbastanza nella loro sommarietà ai dati di CONFITARMA: i posti di lavoro indicati da IPSEMA sono infatti 28.446, solo un 5% in meno di quelli indicati da CONFITARMA. Circa il numero di marittimi che si sono avvicendati per ricoprire questi posti nell arco del 2006, IPSEMA indica in maniera abbastanza analitica (ripartiti per comune di domicilio), un numero di circa 48.000 lavoratori, più alto del 15% di quello stimato applicando il moltiplicatore convenzionale di 1,43, pari ad un moltiplicatore di 1,6, dovuto probabilmente alla maggiore considerazione di un certo tasso di assenteismo e di un certo impiego di marittimi in soprannumero rispetto alle tabelle di armamento in relazione ai carichi stagionali sulle categorie di navi impegnate nel trasporto turistico. Tirando le somme, si può concludere che la domanda di lavoro marittimo per il trasporto, rilevata alla fine del 2006, è di circa 30.000 posti a bordo delle navi di bandiera italiane (assumiamo come più attendibile il dato CONFITARMA), pubbliche e private, per coprire i quali l armamento italiano ha potuto disporre di un numero di lavoratori che oscilla intorno alle 48.000 unità (assumiamo come più attendibile il dato IPSEMA). POSTI DI LAVORO A BORDO 30.000 MARITTIMI IMPIEGATI A BORDO 48.000 1 Numero di lavoratori equivalenti alle ULA in statistica sociale: unità di lavoro equivalenti a tempo pieno che occupano un posto di lavoro. 17

L internazionalizzazione del lavoro marittimo nel trasporto Sino ad una quindicina di anni fa le navi italiane potevano imbarcare solo marittimi italiani, ai sensi dell art.318 del Codice della Navigazione che prevedeva solo in via eccezionale e per deroga ministeriale, la presenza di stranieri tra il personale di bassa forza e comunque in numero contenuto. Dal 1994 i marittimi degli Stati membri della Comunità europea sono stati equiparati agli italiani ai fini della formazione degli equipaggi, in attuazione di una direttiva CEE sul riconoscimento dei titoli di formazione professionale 1. In quegli anni il lavoro marittimo italiano, in particolare quello impegnato nel traffico internazionale, stava affrontando una dura contesa che aveva in palio la sua stessa sopravvivenza. Sino dagli anni 80 gli armatori stavano abbandonando sempre più numerosi il Registro italiano, ossia la nostra bandiera, per iscriversi in registri stranieri sotto bandiere di comodo. Lì trovavano migliori condizioni fiscali e non avevano i vincoli di arruolamento di personale italiano e comunitario imposti dal Codice della navigazione, che determinavano costi eccessivi nella gestione della nave se confrontati con i costi degli armatori esteri concorrenti, anche comunitari a cominciare dai paesi scandinavi, che non erano più assoggettati agli stessi vincoli grazie all adozione di specifiche misure finalizzate ad aprire gli arruolamenti al personale extracomunitario. Si veda a questo proposito la tabella che segue, che mette a confronto i costi di gestione di una nave italiana alla fine degli anni 90 con quelli di due navi europee concorrenti e da cui emerge come il diverso margine operativo, sfavorevole per la nave italiana, sia determinato dal costo dell equipaggio superiore più del doppio rispetto alle altre due navi 2 : La situazione era così grave che si temeva per la sopravvivenza stessa della flotta italiana sulle rotte del traffico internazionale con conseguenze non solo sull occupazione diretta ma anche in tutti i settori economici gravitanti intorno alla flotta (banche, assicurazioni, broker, cantieri ecc.). Fu allora dapprima approvata la legge 234 del 1989, meglio nota come la legge sul Bare Boat Charter ( locazione a scafo nudo ) 3. In base ad essa fu consentito alle navi italiane di assumere una bandiera estera attraverso lo strumento della locazione, e quindi di raggiungere lo scopo di imbarcare marittimi extracomunitari, allora vietato dal Codice della navigazione. Successivamente fu approvata una seconda e decisiva legge, la 30 del 1998, meglio nota come 1 Art.23 del DLvo 2 maggio 1994 n.319 di attuazione della Direttiva 92/51/CE. 2 La tabella è tratta da: Antonio Gozzi, Bulk Shipping, Giappichelli, 2002. 3 Legge 14 giugno 1989 n.234 Disposizioni concernenti l industria navalmeccanica e armatoriale e provvedimenti a favore della ricerca applicata al settore navale. 18

legge sul Registro Internazionale (RI) 1, sulla scia delle misure adottate dai paesi europei che si erano già mossi con successo in questa direzione e che si erano anche tradotti in indirizzi espliciti sia della Commissione che del Parlamento europeo verso una nuova strategia marittima 2. La legge fu elaborata grazie al concorso attivo delle parti sociali. Essa aveva lo scopo esplicito di ridare competitività e richiamare sotto la nostra bandiera il naviglio nazionale grazie all istituzione di un secondo registro che permettesse agli armatori di beneficiare di particolari aiuti di stato consentiti e condivisi dall Unione europea 3. Gli strumenti forniti dalla legge, riservata alle sole navi impegnate nei traffici commerciali internazionali con esclusione quindi del cabotaggio, riguardavano sia agevolazioni fiscali e contributive volte a contenere i costi di esercizio delle navi iscritte, sia la possibilità di imbarcare marittimi extracomunitari allo scopo di contenere i costi di personale 4. Per quello che riguarda in particolare quest ultimo aspetto, la legge interveniva a modificare l art.318 del Codice della navigazione concedendo la possibilità di armare la nave con equipaggio non comunitario, ad eccezione di sei membri a cui dovevano essere riservate le mansioni di comando o comunque le qualifiche più alte a bordo. Il minore costo del lavoro dei marittimi extracomunitari veniva determinato dalla regola, prevista dalla stessa legge, per cui il contratto di lavoro del personale imbarcato sulle navi iscritte nel RI, per i marittimi italiani e comunitari era disciplinato dalla normativa e dalla contrattazione collettiva dei singoli stati membri, mentre per il personale extracomunitario era regolato dalla legge scelta dalle parti e comunque nel rispetto delle convenzioni internazionali in materia di rapporto di lavoro. In pratica, si derogava al principio pari lavoro/pari salario già allora vigente e poi proclamato nella Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea, sottoscritta nel Consiglio di Nizza nel 2000: all articolo 15, comma 3 si stabilisce che i cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell Unione. Questa deroga per il lavoro marittimo avrebbe trovato conferma nell interpretazione fornita dal Presidium (il comitato di redazione della Carta) per cui l ingaggio di marinai aventi la cittadinanza di stati terzi negli equipaggi di navi battenti bandiera di uno stato membro dell Unione è disciplinata dal diritto comunitario e dalle legislazioni e pratiche nazionali. Sono le organizzazioni sindacali a livello internazionale che contrattano e vigilano sulle condizioni economiche, salariali e assicurative minime che devono essere osservate per i lavoratori non comunitari, condizioni che sono ovviamente molto inferiori agli standard italiani ed europei 5. Per rendersi conto dell efficacia della legge 30 sotto il profilo della restituzione della competitività si osservi la tabella seguente che mostra il confronto tra i costi di un equipaggio prima e dopo l introduzione del RI grazie agli sgravi fiscali e contributivi 6 : 1 Legge 27 febbraio 1998, n. 30 Conversione in legge con modificazioni del Decreto legge 30 dicembre 1997 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l incremento dell occupazione. 2 Cfr. Comunicazione della Commissione, al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Verso una nuova strategia marittima /COM/96/0081def. Cfr. anche la Risoluzione del Parlamento europeo su tale Comunicazione, approvata nella seduta del 24 aprile 1997. 3 Cfr. Orientamenti comunitari in materia di aiuti di stato ai trasporti marittimi (97/C 205/5). 4 Le agevolazioni consistevano nella esenzione IRAP e nell abbattimento al 20% della base imponibile IRPEG, e nel credito di imposta pari all IRPEF del lavoratore marittimo e nello sgravio del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali. 5 Le organizzazioni sindacali dei marittimi sono associate a livello mondiale nell ITF, International Transport Workers Federation. Questa raggruppa 681 sindacati che rappresentano 4,5 milioni di lavoratori del trasporto in 148 paesi del mondo. Sono 600.000 i marittimi membri dei sindacati affiliati all ITF. L ITF agisce per migliorare le condizioni dei marittimi di tutte le nazionalità e per assicurare una adeguata regolazione dell industria marittima difendendo gli interessi e i diritti dei lavoratori. L ITF difende il personale marittimo di qualsiasi nazionalità e imbarcato su qualsiasi bandiera. 6 La tabella è tratta da: Gozzi, op.cit. 19

La legge 30 raggiunse l obiettivo sperato, per cui si invertì il fenomeno dell abbandono della nostra bandiera e circa 600 navi nel giro di pochi anni rientrarono iscrivendosi nel RI e successivamente molte se ne sono aggiunte di nuova costruzione. Il successo fu tale che il repentino aumento delle navi in bandiera italiana rese difficile reperire i marittimi italiani necessari al completamento degli equipaggi delle navi iscritte nel RI, in particolare quei quadri ufficiali che la legge imponeva. Ciò era dovuto al fatto che molti ufficiali italiani si erano nel frattempo impegnati con flotte estere, facendo carriera e trovando buone e talvolta migliori condizioni organizzative e economiche. Inoltre nello stesso periodo il cabotaggio, operato da navi ancora escluse dal RI, conosceva un notevole sviluppo assorbendo molti ufficiali che trovavano più conveniente navigare in bandiera italiana e sulle rotte vicino a casa. A queste circostanze si aggiunga la carenza di vocazioni da parte dei giovani diplomati nautici che allora aveva raggiunto il culmine non solo e non tanto per motivi generici di disaffezione per il lavoro a bordo, quanto per l abbandono ventennale da parte degli armatori di una politica di reclutamento di personale ufficiale italiano, tentati e attratti dalla prospettiva di utilizzare esclusivamente personale extracomunitario ovvero rassegnati o convinti a seconda dei casi del definitivo tramonto della marineria italiana sulle rotte internazionali. Atteggiamenti che non avevano contribuito certo a motivare nuove carriere marittime. In realtà, la legge 30 prevedeva contestualmente delle misure rivolte a rilanciare e a incrementare l occupazione di marittimi italiani, in particolare, dei quadri di comando, grazie alla creazione dell'osservatorio del mercato del lavoro marittimo e all istituzione del Turno generale unico di collocamento della gente di mare, strumenti ritenuti essenziali per salvaguardare e gestire l'occupazione dei marittimi italiani e per promuovere di conseguenza le necessarie misure promozionali e formative 1. Tuttavia, da allora il Ministero dei Trasporti non ha provveduto a rendere operativi con i decreti previsti dalla legge né l'uno né l altro strumento: il primo finalizzato alla continua verifica dello stato della categoria e di gestione del fabbisogno di manodopera occorrente alla flotta nazionale; il secondo per allargare le chiamate d'imbarco a tutti i compartimenti marittimi nazionali, accertando in tale modo con sicurezza la presenza o meno di marittimi disponibili all'imbarco prima di ricorrere all'utilizzazione di personale straniero. Né le parti sociali hanno avuto la forza di ottenere tale adempimento da parte del 1 Art.9-ter. 20