Rifiuti. Trasporto di rifiuti eiscrizionenell albo delle imprese di smaltimento



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Trasporto di rifiuti eiscrizionenell albo delle imprese di smaltimento Vincenzo Paone La massime, i principi Cassazione penale, sez. III, sentenza 15 febbraio 2007 (9 gennaio 2007), n. 6397 Presidente: E. Papa - Estensore: Teresi Riferimenti Art. 212, 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; art. 30, 51, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 Principi I. Sanità pubblica - di rifiuti - Trasporto di rifiuti propri - Iscrizione nell albo delle imprese di smaltimento - Necessità II. Sanità pubblica - di rifiuti - Trasporto di rifiuti propri - Ordinarietà e regolarità Iscrizione nell albo delle imprese di smaltimento - Necessità III. Sanità pubblica - di rifiuti - Occasionalità - Configurabilità del reato Massime I. Secondo la disciplina del D.Lgs. 22/97, il trasporto di rifiuti non pericolosi effettuato dal produttore dei medesimi (i materiali trasportati infatti derivavano dalla demolizione e ristrutturazione di un immobile effettuata dallo stesso trasportatore) richiede l iscrizione nell Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione di rifiuti. II. Secondo il nuovo T.U.A. sono esonerati dall obbligo di iscrizione i titolari di imprese che effettuano il trasporto dei propri rifiuti (non pericolosi) purché la movimentazione dei medesimi non dia vita ad un attività che abbia i connotati dell ordinarietà e regolarità. III. Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi (nella specie, il trasporto) costituisce reato anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata da soggetti che non esercitano professionalmente tale attività. Il commento Può capitare, forse a causa dell eccessivo carico di lavoro dei giudici, che la Corte suprema incappi talora in qualche «scivolone» dovuto ad un non corretto inquadramento della fattispecie esaminata. È il caso, da ultimo, di Cass. 9 gennaio 2007, Belfiore,in tema di trasporto dei rifiuti. Questo il fatto: il conducente di un autocarro, unitamente al proprietario del veicolo, vengono condannati per la contravvenzione di cui all art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 22/1997 per aver effettuato attività di trasporto di rifiuti non pericolosi, provenienti dai lavori di ristrutturazione edile dell abitazione di un terzo, in mancanza della prescritta iscrizione nell Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione di rifiuti. Nel ricorso per cassazione, gli imputati eccepivano la configurabilità del reato contestato sia perché essi non svolgevano professionalmente attività d impresa sia perché la condotta aveva i connotati dell occasionalità sicché il fatto era penalmente irrilevante. La Corte ha respinto il ricorso osservando che «La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi [inerti provenienti da attività di costruzione o da demolizione edilizia] trasportati su un autocarro senza alcuna autorizzazione. Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi configura il reato 7/2007 605

Rifiuti contestato anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata da soggetti che non esercitano professionalmente tale attività, perché, «Il trasporto dei rifiuti, quale possibile fase delle attività di gestione, deve essere autorizzato dalla autorità competente (la Regione o, su delega, la Provincia), da chiunque posto in essere e sottostare alle prescrizioni contenute nell atto di autorizzazione anche secondo il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, come risulta dall art. 51, 18-28 -38 comma» (1). Nella specie, il Tribunale ha accertato, con congrua motivazione, alla stregua della deposizione degli agenti della polizia municipale, che gli imputati non erano iscritti all Albo nazionale dei trasportatori di rifiuti e che non erano autorizzati al trasporto degli inerti». Rifiuti propri o di terzi? La prima questione, di decisiva rilevanza perché da essa dipendeva l applicazione dell art. 30, comma 4, D.Lgs. n. 22/1997 relativo all Albo nazionale delle imprese di gestione rifiuti, è stabilire se i rifiuti movimentati dagli imputati fossero «propri» o prodotti da terzi. Si deve al riguardo partire dall art. 6, D.Lgs. n. 22/1997 che contiene la nozione di produttore (la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione dei rifiuti). Orbene, anche a prescindere dall ulteriore vexata quaestio se in quella nozione si possa comprendere non solo il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l obbligo, sancito dall art. 10, comma 1, cit. decreto, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti (2), nella fattispecie i materiali trasportati derivavano dallo svolgimento dell attività edile da parte di uno degli imputati e quindi non potevano che essere qualificati come rifiuti «propri» e non prodotti da terzi. Ciò posto, considerato che l art. 30, comma 4, D.Lgs. n. 22/1997 recita che «Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi... devono essere iscritte all Albo», ne consegue che il reato contestato non era configurabile per difetto del presupposto richiesto dalla norma. Per completezza, va detto che in un caso sovrapponibile a quello della sentenza in commento, Cass. 15 giugno 2005, n. 36963, Rebecchi, inedita, ha invece (e giustamente) escluso il reato sostenendo che «nel caso di specie, era il Comune di... ad aver deciso la demolizione dei capannoni e che ad averla eseguita era stata la... del..., in veste di società subappaltante, non v è dubbio che - si estenda o non anche al Comune - la qualità di produttore dei residui della demolizione edili competeva alla stessa società». Inoltre, è opportuno segnalare che la massima che la Corte cita per sostenere la propria tesi, non appare del tutto pertinente alla fattispecie: infatti, nel caso deciso da Cass. Martucci, il titolare di un impresa di autotrasporto era stato condannato perché, autorizzato ad operare nell ambito di una provincia, aveva trasportato - anche se in un occasione - rifiuti fuori provincia. Ma, come si può agevolmente comprendere, non esiste alcun punto di contatto con il caso della sentenza Belfiore perché in quella vicenda l imputato era comunque soggetto agli obblighi di legge e si poteva al più discutere se violare i limiti territoriali dell autorizzazione equivalesse a gestione di rifiuti non autorizzata o non integrasse, stante l occasionalità della condotta, una violazione delle prescrizioni dell autorizzazione rilasciata (3). Le modifiche di cui al T.U. del 2006 La conclusione cui siamo giunti si giustifica tenuto conto che il trasporto è stato effettuato in epoca anteriore al D.Lgs. n. 152/2006. Ma l art. 212 di questo decreto modifica in parte la normativa precedente e perciò dobbiamo approfondire la questione per verificare se il caso avrebbe potuto avere un diverso esito. Il nuovo assetto normativo, conforme alla direttiva comunitaria come interpretata da Corte giust. 9 giugno 2005, causa C-270/03, è sinteticamente il seguente: continuano ad essere esonerati dall obbligo di iscrizione i titolari di imprese che effettuano il trasporto dei propri rifiuti (non pericolosi) purché la movimentazione dei medesimi non dia vita ad un attività che abbia i connotati dell ordinarietà e regolarità. A questo proposito, crediamo che la nozione di attività ordinaria e regolare possa essere ricostruita attingendo all elaborazione giurisprudenziale in tema di scarico di reflui: si è infatti sempre sostenuto che lo scarico, rilevante a fini penali, non implica necessariamente la conti- (1) Cassazione sezione III, n. 4398/2000, Martucci, RV. 216150. (2) In tema, v. Cass. 9 aprile 2003, De Michelis, RivistAmbiente, 2003, 1353, contrastata da Cass. 28 gennaio 2003, Capecchi, Foro it., 2003, II, 617, Riv. pen., 2003, 483. (3) V. Cass. 9 marzo 2005, Rosafio, Ced Cass., rv. 231078, per cui il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli originariamente comunicati, in sede di iscrizione all albo nazionale, configura il reato di cui all art. 51, comma 4, D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che deve ritenersi svolto in violazione dei requisiti e delle condizioni richiesti per l iscrizione e delle prescrizioni richiamate nell atto abilitativi. 606 7/2007

nuità o abitualità dello sversamento potendo rientrare in quella definizione anche gli scarichi saltuari o sporadici, purché provenienti da un insediamento che produca i reflui con stabilità e permanenza. Possiamo perciò ritenere che il trasporto è «libero» solo quando sia un fatto del tutto episodico, isolato, e soprattutto slegato dalle necessità costanti del ciclo produttivo del produttore di rifiuti. Questa opinione è rafforzata dall art. 193, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui è esonerato dall obbligo della redazione del formulario il produttore di rifiuti che effettui il trasporto degli stessi in modo «occasionale e saltuario». Peraltro, in coerenza con la modifica anzidetta, la Corte costituzionale con ordinanza n. 126 del 19 aprile 2007, ha ordinato la restituzione degli atti alla Corte di cassazione alla luce dello ius superveniens considerando che, successivamente all ordinanza di rimessione (4) è intervenuto il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale, come già riferito, dispone l iscrizione nell Albo delle imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» pur prefigurando, per dette imprese, un regime sensibilmente agevolato. Il nuovo sistema è conforme alla direttiva comunitaria, ma forse non garantirà un elevato livello di tutela dell ambiente. Infatti, immaginiamo un organo di controllo che ispezioni, su strada, un autoveicolo sul quale sono trasportati rifiuti. Cosa potrà fare una volta che il conducente abbia dichiarato non solo che i rifiuti sono «propri», ma anche che il trasporto è «occasionale»? Sappiamo bene che è onere di chi invoca l esenzione fornire la prova al riguardo, ma quali documenti potranno «certificare» la fondatezza della mera dichiarazione della parte (5)? Il problema non è di poco momento e dalla sua soluzione dipende chiaramente il maggiore o minore grado di applicazione della legge. Pertanto, in una situazione in cui l organo di controllo non potrà, per forza di cose, svolgere accurati accertamenti, perché questi presuppongono la verifica diretta dei flussi dei rifiuti originati dall attività produttiva del trasportatore, la strada più corretta da seguire, scartata l idea di «credere» passivamente al trasportatore, potrà essere quella di contestare il reato di trasporto abusivo, con il conseguente sequestro del veicolo, solo quando, in base ad elementi oggettivi, non sia assolutamente plausibile né la provenienza «propria» dei rifiuti né l asserita occasionalità del trasporto. Ovviamente, il rischio è che molte situazioni oggettivamente illegali possano così sfuggire alla sanzione. Va da sé, comunque, che le difficoltà prospettate non si pongono quando l organo di controllo accerti che, dopo il trasporto, i rifiuti siano stati abbandonati in ambiente: in questa ipotesi, infatti, il comportamento, anche se occasionale e purché sia riferibile al titolare di un impresa, è direttamente sanzionato dall art. 51, comma 2. Occasionalità dello smaltimento: rilevanza penale La sentenza Belfiore sostiene che il trasporto «anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata da soggetti che non esercitano professionalmente tale attività» sia sempre punibile. In termini più generali, ci domandiamo se la contravvenzione di cui all art. 51, comma 1, del decreto n. 22/1997 (oggi art. 256 del decreto n. 152/2006) sia configurabile anche quando la condotta è isolata o occasionale o se viceversa la norma penale non reprima solo le condotte abusive permanenti o quanto meno abituali. Sulla questione si registrano decisioni contrastanti. Infatti, mentre per Cass. 5 novembre 1993, Leonardi (6), l occasionale distruzione di rifiuti speciali concretatasi in un singolo episodio non integra la contravvenzione ex art. 25, D.P.R. n. 915/1982; per Cass. 12 aprile 1999, Mori (7), lo smaltimento non autorizzato di batterie esauste in un area adiacente ad un officina di proprietà di un meccanico, che svolge tale attività non in forma di impresa, ma in maniera non professionale ed occasionale, non integra il reato di cui agli art. 16 e 26, D.P.R. n. 915/1982; per Cass. 10 novembre 2000, Duclos (8), nell ipotesi di reato di cui all art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 22/1997 rientra l attività di chiunque ponga in essere, non necessariamente a titolo imprenditoriale, le condotte descritte da detta norma non solo in relazione ai rifiuti prodotti da terzi, ma anche ai rifiuti propri purché l attività non abbia carattere di assoluta occasionalità e non integri, in considerazione della ripetitività o abitualità della condotta posta in essere, l ipotesi di gestione dei propri rifiuti; per Cass. 18 dicembre 2004, Spinello, n. 1989, ine- (4) Cass. 24 novembre 2005, Italiano, che ha eccepito la legittimità dell art. 30, comma 4, D.Lgs. n. 22/97, nella parte in cui non prevede l obbligo di iscrizione all albo nazionale per l imprenditore che a titolo professionale trasporti rifiuti non pericolosi per conto proprio. (5) V. al riguardo Cass. 11 settembre 1997, Squadrito, Ced Cass., rv. 210299, per cui, ai fini dell applicazione della esimente di cui all art. 12 d.l. 8 luglio 1996 n. 352 (e altri successivi decreti), sono necessarie la comprovata e concreta destinazione al riutilizzo, non desumibile dalle mere dichiarazioni dall interessato, e la conformità dell attività di stoccaggio provvisorio alla disciplina dettata con il d.m. 26 gennaio 1990 e alla normativa regionale. (6) Giust. pen., 1994, II, 172, Riv. pen., 1994, 635. (7) Riv. pen., 1999, 655. (8) Foro it., 2002, II, 354, Riv. giur. ambiente, 2002, 53. 7/2007 607

Rifiuti dita, anche una sola operazione basta per realizzare il reato di cui all art. 51, comma 1 (nella specie, un soggetto è stato condannato per aver incenerito su un terreno materiale plastico). Queste le ragioni addotte: perché i reati previsti in tale articolo sono riferibili a «chiunque», salva l ipotesi di cui al secondo comma che fa riferimento ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti; perché il titolo è necessariamente onnicomprensivo riferendosi ad «attività di gestione di rifiuti non autorizzata», laddove il testo specifica successivamente la gamma dinamica delle attività del ciclo dei rifiuti, ricomprendendo, anche separatamente, la raccolta, il trasporto, il recupero, lo smaltimento, il commercio e l intermediazione e la necessità del controllo preventivo della P.A., tramite una specifica ed espressa autorizzazione; perché anche una singola operazione può cagionare pericolo per la salute e l ambiente (ex art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997); perché la legge citata mira ad assicurare la responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, utilizzo e consumo dei beni da cui originano i rifiuti (art. 2 comma 3), e non solo dei soggetti titolari di imprese ed enti; perché nelle operazioni di smaltimento dei rifiuti rientra anche «l incenerimento a terra» (art. 6, comma 1, lett. g, in relazione all allegato B, D.Lgs. n. 22/1997, punto D.10). Gli argomenti indicati non sono, però, tutti persuasivi. Non certo il primo che si riferisce al diverso problema del soggetto attivo del reato e non all elemento oggettivo. Il secondo motivo rivela la sua debolezza perché trascura che la normativa penale del 1997 e del 2006 non descrive il fatto tipico attraverso l indicazione delle singole condotte esecutive, come raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti, ma utilizza la locuzione «Chiunque effettua una attività di...» dimostrando, in tal modo, che il contenuto del divieto è lo svolgimento di una attività organizzata per la gestione dei rifiuti e non il singolo atto riconducibile ad una delle fasi elencate dalla legge. In proposito, si ricordi che la Cassazione a sezioni unite (9) ha messo l accento sul fatto che la condotta descritta come «gestione» consiste nell attivazione di una organizzazione, articolata o rudimentale non importa, di persone, cose e/o macchine diretta al funzionamento di una discarica e perciò non ci sembra azzardato ritenere che da quella nozione esulino i comportamenti occasionali o del tutto episodici. Certo, è vero che anche una singola operazione di smaltimento può cagionare un pericolo per la salute e l ambiente, ma questo argomento non è comunque risolutivo di fronte alla tassativa formulazione della norma. Non a caso, infatti, l art. 59, comma 5, D.Lgs. n. 152/ 1999 aveva distinto (nel testo originario) lo scarico di acque reflue e l immissione occasionale, pur assoggettando a sanzione entrambi i fatti in caso di superamento dei limiti d accettabilità. Questo conferma per l appunto che ubi lex voluit, ibi dixit. Infine, ci pare troppo «evanescente» appellarsi alla disposizione che «va assicurata la responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, utilizzo e consumo dei beni da cui originano i rifiuti». Già in passato, la Corte Suprema (10), occupandosi della questione se anche il committente di lavori edili o urbanistici sia «garante» della corretta gestione dei rifiuti da parte dell appaltatore e quindi penalmente corresponsabile del reato di abusiva attività di raccolta, trasporto, recupero o smaltimento di rifiuti, ha messo in guardia dall utilizzare la norma dell art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 22/1997 osservando che «la fonte legale (ma anche contrattuale) dell obbligo di garanzia deve essere sufficientemente determinata, nel senso che deve imporre obblighi specifici di tutela del bene protetto. Esulano perciò dall ambito operativo della responsabilità per causalità omissiva ex art. 40, cpv., cod. pen. gli obblighi di legge indeterminati, fosse pure il dovere costituzionale di solidarietà economica e sociale (art. 2, Cost.), che costituisce il generale fondamento costituzionale della responsabilità omissiva, ma per sé stesso non può essere assunto a base delle specifiche responsabilità omissive dei singoli reati. Alla stregua di questo principio non può dirsi che le citate norme dell art. 10 e (meno che mai) dell art. 2 costituiscano obblighi specifici da cui possa desumersi una posizione di garanzia a carico dei committenti di lavori edilizi o urbanistici, in quanto tali». A nostro avviso le osservazioni svolte sull effettiva portata dell art. 2, comma 3, in ambito penalistico possono dunque valere anche per escludere che rientri nello schema criminoso l effettuazione di un singolo atto di «raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti». (9) Cass., sez. un. 5 ottobre 1994, Zaccarelli, in questa Rivista, 1995, 4, pag. 62. (10) Cass. 22 settembre 2004, Lilli, Foro it., 2005, II, 465, Riv. pen., 2005, 152; Impresa, 2005, 481. 608 7/2007

Il documento Cassazione Penale, sez. III, 15 febbraio 2007, (ud. 9 gennaio 2007), n. 6397 (Omissis) Osserva Con sentenza in data 23 febbraio 2005 il Tribunale di Catania condannava B.N. e B.A. alla pena dell ammenda perché responsabili di avere effettuato, il primo, quale conducente dell autocarro targato (Omissis) e, il secondo, quale proprietario del veicolo, attività di trasporto di rifiuti non pericolosi provenienti da attività di costruzione e da demolizione calcinacci, mattonelle, laterizi per un peso compreso tra i 1.550 e i 3.000 kg in mancanza della prescritta iscrizione nell Albo nazionale delle imprese che effettuano gestione di rifiuti. Rilevava il tribunale che B.N. era stato sorpreso a scaricare in un area di proprietà del Comune di Catania i rifiuti, trasportati con un camion di proprietà del padre e provenienti dai lavori di ristrutturazione dell abitazione di proprietà (Omissis) e che gli imputati non erano iscritti all Albo nazionale dei trasportatori di rifiuti. Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge; mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del reato perché essi non svolgevano professionalmente attività d impresa, stante l assenza di prova della raccolta presso terzi dei rifiuti e l occasionalità della condotta, sicché il fatto poteva essere qualificato come abbandono di rifiuti, penalmente irrilevante. Aggiungevano che il superamento del limite dei 30 kg., di cui al del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 30, comma 4 riguarda solo la raccolta e il trasporto dei rifiuti pericolosi e non è applicabile al caso in esame. Chiedevano l annullamento della sentenza. Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico degli imputati e confutata ogni obiezione difensiva. La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi inerti provenienti da attività di costruzione e di demolizione edilizia trasportati su un autocarro senza alcuna autorizzazione. Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi configura il reato contestato anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata da soggetti che non esercitano professionalmente tale attività, perché «il trasporto dei rifiuti, quale possibile fase delle attività di gestione, deve essere autorizzato dall autorità competente (la Regione o, su delega, la Provincia), da chiunque posto in essere e sottostare alle prescrizioni contenute nell atto di autorizzazione anche secondo il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, come è dall art. 51, commi 1-2 - 3» (Cassazione Sezione III n. 4398/ 2000, Martucci, RV. 216150). Nella specie, il Tribunale ha accertato, con congrua motivazione, alla stregua della deposizione degli agenti della polizia municipale, che gli imputati non erano iscritti all Albo nazionale dei trasportatori di rifiuti e che non erano autorizzati al trasporto degli inerti. Irrilevante è l osservazione sul mancato superamento del limite giornaliero dei 30 kg, previsti soltanto per i rifiuti pericolosi, perché tale limite non opera per lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, sicché le imprese che svolgano l attività di raccolta e di trasporto di tali rifiuti prodotti da terzi devono essere iscritte nel suddetto albo. Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. (Omissis) 7/2007 609