6) I LUOGHI DEL SACRO Gli edifici di culto spesso hanno orientato l organizzazione territoriale in maniera incisiva e hanno avuto ruolo distintivo nell identità locale: nelle varie epoche hanno creato gravitazioni e gerarchie, hanno garantito convergenze, hanno attribuito significato e riconoscibilità ai luoghi; spesso hanno catalizzato a sé le vie di percorrenza per garantire accessibilità per le funzioni liturgiche ma anche per le manifestazioni che richiamavano fedeli da altri luoghi, oltre che per i commerci che si affermavano nei pressi di santuari, eremi, monasteri. La loro presenza spesso ha costituito un impronta durevole, ereditata e custodita dalle comunità, luogo del sacro talvolta identificato con il sacro stesso. L evoluzione di alcuni ambiti territoriali ha risentito in maniera particolarmente intensa della presenza dei siti edificati per la preghiera e della loro forza organizzatrice e accentratrice, che ha creato complesse relazioni orizzontali e verticali; l inclusione di tali edifici nel progetto delle Reti può agevolare la volontà di una tutela più ampia, capace di ricucire gli edifici e la loro storia alla realtà del territorio 11 del quale spesso hanno determinato forme e modalità di sviluppo per lunghi secoli. Nei Repertori del Piano territoriale di coordinamento provinciale ( Beni Immobili di Interesse Artistico e Storico 12 e Presenze Archeologiche 13 ) viene proposto un inventario degli edifici storici religiosi, che sono cartografati nelle Carte Tematiche 14 e accompagnati da brevi schede. In questo ambito non è parso utile procedere a un nuovo censimento di tutti i luoghi di culto, delle aree sacre e degli edifici di preghiera di interesse storico presenti sull intero territorio provinciale: si è scelto di proporre alcuni siti di esempio e di valorizzare gli edifici di una particolare epoca, offrendo un lavoro che può costituire un modello operativo valido per altre località e per strutture di epoche differenti, ugualmente eloquenti e significative per il loro ruolo di perno territoriale e di nodo locale. In età altomedievale le pievi si affermarono ereditando spesso la funzione di luogo sacro di riferimento per la popolazione residente su un ampio territorio: al controllo della pieve sottostavano gli edifici minori, disposti nell area di pertinenza presso le comunità dei fedeli. Le pievi testimoniate prima dell anno mille sul territorio bergamasco sono sette, cui va aggiunta quella del capoluogo; un elenco del XIII secolo segnala la presenza di 12 pievi (plebanie) nella diocesi bergamasca, oltre a quella urbana. In carta si segnalano gli edifici plebani di Almenno (testimoniato già prima dell anno Mille) e di Dossena (compare fra le sedi testimoniate nel XIII secolo): perni di un ampia porzione del territorio per lunghi secoli, attualmente questi edifici conservano parti significative dell originaria struttura e risultano ubicati in prossimità 11 P. M. DE MARCHI 2005, Prosprettive per una più ampia tutela dei siti del Romanico, in G. M. Labaa 2005 p. 49 12 Beni Immobili di interesse artistico e storico in Piano territoriale di coordinamento provinciale approvato dal Consiglio Provinciale con delibera n. 40 del 22/04/2004, pp. 3-44 13 Presenze archeolgiche in Piano territoriale di coordinamento provinciale approvato dal Consiglio Provinciale con delibera n. 40 del 22/04/2004, pp.301-332. 14 Si fa riferimento alle tavole 5.3 e 5.6 allegate al progetto del P.T.C.P. della Provincia di Bergamo. 315
di aree non edificate (che possono configurarsi, quindi, come nodi per la Rete Ecologica). Il territorio bergamasco si è da tempo segnalato per la rilevante presenza di edifici religiosi romanici; recentemente è stata avanzata la proposta di realizzare un Parco del Romanico Lombardo per la valorizzazione delle testimonianze presenti in Lombardia 15. Nella scheda confluiscono dati da studi a carattere provinciale, accompagnati dalla carta che individua la presenza di queste strutture (allegato tratto da M. LORENZI, A. PELLEGRINI, p. 113 figura n. 43- e dalla carta repertorio del Romanico che individua i luoghi in cui sono edificate le strutture romaniche in tutta la provincia di Bergamo (non solo gli edifici di culto ma anche torri, ponti ec.), tratta da G. M. Labaa 2005 figura n. 44 -. figura n. 44, Il repertorio del Romanico in Provincia di Bergamo da Labaa 2005, p. 101 15 A. GARLANDINI, Riconoscimento del patrimonio e prospettiva di valorizzazione, in G. M. Labaa 2005, pp. 51-54 316
Figura n.43 Il Romanico a Bergamo, da Lorenzi, Pellegrini 2003, p.113 317
Numerosi sul territorio risultano anche i complessi monastici, centri organizzatori di ampie porzioni di territorio. A partire dall anno Mille nella Provincia bergamasca si segnala la presenza di numerosi monasteri, organizzati secondo differenti regole: Benedettini, Cluniacensi, Vallombrosani, Umiliati, Celestini, Cistercensi fondarono edifici che erano luogo di preghiera, ma anche centri di vigile attività, che coinvolgeva ampie percentuali della forza lavoro locale. Spesso le fondazioni di questi edifici risultò legata a lasciti da parte delle più potenti famiglie. A titolo di esempio della tipologia organizzativa del territorio circostante e dell impiego della forza lavoro locale si considera l esempio del monastero benedettino ad Abbazia (Albino) Pievi di età medievale Fra gli edifici religiosi a partire dal V secolo si distinsero le pievi, unici luoghi nei quali poteva essere celebrato il battesimo. A questi edifici faceva riferimento una ampia porzione del territorio: le comunità officiavano le liturgie sacre nelle chiese locali ma riconoscevano nella pieve di pertinenza un elemento di governo e un riferimento sovralocale. Fra epoca tardo antica ed età carolingia le pievi ereditarono il ruolo di gestione e amministrazione di ampie porzioni di territorio, ruolo che fu dei centri che amministravano i pagi in età romana; dall età carolingia divennero, inoltre, luogo di riscossione delle decime e, per alcuni secoli, si distinsero anche per la presenza stabile del clero, che abitava nella Canonica. Prima dell anno mille furono sedi plebane Almenno, Calepio, Clusone, Ghisalba, Mologno, Nembro, Terno, oltre al capoluogo; un documento del 1260 registra la presenza di 12 pievi che amministrano il territorio della diocesi di Bergamo (oltre alla pieve urbana): Santa Maria e San Salvatore di Almenno, San Giovanni Battista di Dossena, San Martino di Nembro, San Pietro di Scalve, Santa Maria di Clusone, Santa Maria di Solto, San Lorenzo di Mologno (Casazza), San Lorenzo di Calepio, San Lorenzo di Ghisalba, San Giovanni Battista di Telgate, Santo Stefano di Fara Olivana, San Vittore di Terno. Tutti questi siti ebbero in età antica un indiscusso valore di centro gravitazionale per la vita religiosa delle comunità di ampie porzioni territorio; alcuni di questi edifici sono stati sostituiti da strutture successive, ma conservano talvolta resti delle chiese più antiche. In questa sede si privilegiano gli edifici plebani di Almenno e di Dossena: accanto alle strutture sacre, che mantengono parte degli antichi edifici, rimangono spazi non edificati che possono permettere la realizzazione di nodi locali della Rete Ecologica. Pieve di Dossena La chiesa di S.Giovanni Battista di Dossena conserva elementi dell antico edificio plebano: in occasione degli ultimi restauri è stato messo in evidenza il paramento della facciata medievale 16. 16 Comunicazione orale dell architetto P. Mazzariol 318
Pieve di Almenno S. Salvatore Le origini più antiche dell edificio della Madonna del Castello risalgono all epoca longobarda, quando Almenno ospitò la corte regia, dotata di cappella. La cripta è datata al IX secolo mentre l edificio soprastante è successivo e conserva affreschi di età romanica. Nel XVI secolo, nell area immediatamente antistante e addossata alla facciata della struttura già esistente, venne realizzata un altra chiesa. Riferimenti bibliografici: L. CHIODI, Chiese di Bergamo sottoposte a censo circa il 1260, in Archivio Storico Lombardo, serie VII, 10, 87, 1960, pp. 168-170 E. CASTAGNA, Origine e diffusione del cristianesimo in I. TIRLONI, a cura di, Calcinate romana M.LORENZI, A. PELLEGRINI, Sulle tracce del Romanico in Provincia di Bergamo tra storia, architettura e paesaggio, Provincia di Bergamo, 2003, pp. 55-56 (le pievi), pp.134-134 (edificio ad Almenno S. Salvatore) 319
Edifici di culto di età romanica A partire dall anno Mille in Europa si attestò una diffusa rinascita economica e sociale che trova testimonianza anche nella realizzazione di nuovi edifici religiosi, nei quali si affermarono le modalità tipiche dell arte romanica: in questa si fusero modalità espressive barbariche, soprattutto longobarde, nella scultura e nella decorazione delle superfici, con modelli differenti, anche ispirati al mondo romano. Negli edifici lombardi, in particolare, si sono voluti riconoscere aspetti tipici di un gusto caratteristico che è stato definito Romanico Lombardo. Nei secoli XI-XIII nella bergamasca vennero costruiti numerosi edificici per la preghiera: la loro realizzazione comportò la partecipazione attiva dell intera comunità (Pesenti 2000?, p.18). Le dimensioni spesso piuttosto ridotte di queste strutture sono diretto riflesso dei dati demografici oltre che dell uso tradizionale, per il quale gli edifici per la preghiera dovevano garantire accoglienza a un rappresentante per ogni famiglia della comunità. In epoca successiva, in seguito a mutamenti demografici e contestualmente all acquisizione di un nuovo ruolo centrale delle parrocchie entro le comunità dei fedeli, alcune chiese romaniche vennero sostituite da edifici più ampi, talvolta realizzati proprio sul luogo della precedente struttura cultuale, riutilizzando le pietre e causando la scomparsa delle precedenti strutture. Ciò malgrado sopravvivono numerosi edifici e resti di quest epoca, diffusi ampiamente sul territorio. Entro le realizzazioni architettoniche romaniche può essere segnata una distinzione fra le strutture di potente committenza vescovile o monastica, che si rivolsero ad architetti (e talvolta anche a maestranze) di chiara fama sovralocale o vollero riproposti modelli e motivi già famosi (esempio: S.Giorgio ad Almenno S. Salvatore figura n. 45- influenzato dal cantiere di S.;Maria Maggiore-, S. Tomé ad Almenno S. Bartolomeo cfr.influenze da area Comasca, S. Egidio a Fontanella al Monte), e le realizzazioni più legate al gusto, alle abilità e alla creatività locali. Si trattò in ogni caso di edifici funzionali che, con esclusione delle strutture monastiche, erano realizzate in siti di particolare importanza per la comunità: la situazione di isolamento che oggi caratterizza alcune chiese romaniche è, spesso, risultato di dinamiche successive, caratterizzate da abbandono o da forte riduzione della popolazione di pertinenza (per esempio S. Giulia di Lesina); costituiscono eccezione le strutture realizzate volutamente in un area ai margini degli abitati, ma centrale alle esigenze di alcune comunità disposte all intorno, che unirono forze e disponibilità per dotarsi di un luogo di preghiera comune, equidistante e facilmente raggiungibile (es.: S. Alessandro in Canzanica). In numerosi casi le strutture romaniche sorsero ad ampliare o a obliterare precedenti edifici di culto (cfr. per esempio S. Salvatore e S. Giorgio ad Almenno). 320
Figura n.45 Almenno S,Salvatore: la chiesa di S.Giorgio di Lemine, da Lorenzi, Pellegrini 2003, p.129 Riferimenti bibliografici: P. CAPELLINI, G. M. LABAA (a cura di), Itinerari dell anno mille Chiese romaniche nel Bergamasco, s.d. (2000?), Sesaab editrice, s.l.; nella seconda parte del testo vengono presentati studi monografici su alcuni edifici particolarmente significativi, che vengono evidenziati nella carta proposta in allegato (p. 52). F. ADOBATI, M.LORENZI (a cura di), Arte romanica tra Italia, Francia e Spagna Catalogo didattico, 2001 M.LORENZI, A. PELLEGRINI, Sulle tracce del Romanico in Provincia di Bergamo tra storia, architettura e paesaggio, Provincia di Bergamo 2003 G. M. LABAA (a cura di), Romanico in Lombardia: dalla conoscenza al piano-progetto, Atti dei Convegni Regionali di Studio, 2002-2004, Almenno S. Bartolomeo (Bg) 2005, ediz. Antenna Europea del Romanico 321
Monastero di S.Benedetto ad Abbazia Il monastero di S. Benedetto di Vall Alta sorse nel XII secolo, in una posizione rilevata rispetto alla Valle Seriana, nella frazione di Abbazia (comune di Albino); le proprietà del monastero comprendevano le frazioni Abbazia, Vall Alta, Fiobbio, Dossello e Casale, garantendo pertanto ai monaci la gestione di una discreta porzione di territorio. Malgrado le piccole dimensioni dell edificio, questo monastero ebbe grande notorietà e un ruolo molto importante, in quanto da esso dipendevano altre strutture e possedimenti anche esterni alla bergamasca (per esempio la cappella di S. Salvatore a Bergamo, la chiesa di S. Maria in campania probabilmente nei pressi dell attuale comune di Torre Pallavicina-, beni a Telgate, vendite e forse anche donazioni di privati, proprietà in territorio di Martinengo, ma anche il monastero di S. Lorenzo a Trento). Nel secolo XIV iniziò la decadenza del monastero, causata da una amministrazione poco oculata dei beni, che si concluderà due secolo dopo con la chiusura del cenobio e la distruzione di parte del monastero stesso. Attualmente della struttura originaria sopravvivono solo le absidi centrale e sudorientale e parte (lato orientale e meridionale) di uno dei due chiostri: la rapidità e l economia con cui venne realizzato l edificio sono testimoniate dalla mancanza di ornamenti tipici del romanico lombardo (per esempio le arcatelle). Il monastero era cinto da mura, con torrette di controllo, che giungevano fino alla Ca di Fra e poi fino alla chiesa, comprendendo un area nella quale doveva trovarsi una costruzione rustica (per ricoverare gli animali e depositare gli attrezzi); all intorno una porzione di territorio doveva essere destinata alla coltivazione e in parte all allevamento (pecore, capre, bovini, suini). In località Stalù esisteva un laghetto artificiale, che fungeva da serbatoio per l acqua, mentre un mulino era ubicato nel pressi della struttura del moderno rifacimento in località Mulino. La Ca di Fra, posizionata più a monte, e un altro edificio più a valle, esterno alle mura, erano in costante contatto visivo (di notte si servivano di fuochi) e risultavano funzionali al controllo dei possedimenti del monastero; la Ca di Fra, in particolare, fungeva anche da centro di coordinamento per altre attività (per esempio controllava il passaggio obbligato lungo il percorso che portava al Colle Gallo e a Gaverina. Sulla collina rimangono i toponimi Caprile e Colombera a testimoniare altre strutture rurali ormai cancellate dai rifacimenti. Sulle terre dell abbazia lavoravano contadini che erano legati a diverso titolo da contratti: in alcuni documenti del XIII secolo figura la grangia, voce con la quale tradizionalmente si indicavano aziende agrarie di grandi dimensioni, nelle quali lavoravano i monaci stessi, destinate a colture diversificate. In questo caso si tratta di contratti di locazione e il termine può essere stato utilizzato per individuare, in un solo ambito, un ampia area che altrimenti avrebbe dovuto essere scomposta e descritta nei singoli appezzamenti (comprende seminativi, alberi da frutto e castagni, boschi e prati) che facevano riferimento ad alcuni edifici, nucleo centrale di questa porzione di territorio figura n. 46 -. In altri documenti vengono citate, invece, realtà differenti, con aziende minori, che spesso risultano costituite da un lotto di prato con una casa, cui si può aggiungere un edificio per il ricovero degli animali, e poderi (che comprendono alcuni appezzamenti e ricoveri per gli animali), ma vengono segnalati anche contratti di affitto (concessioni) per aree a bosco e a pascolo. 322
figura n. 46 La grangia di Casale con le sue pertinenze nel XIII secolo, da Zonca 1988 Documenti testimoniano che nel XIV secolo sul territorio gestito dal monastero risultano presenti fienili ed edifici in muratura nei quali si ricovera il bestiame; il mulino è testimoniato, invece, a partire dal XIII secolo figura n. 47-. 323
figura n. 47 l area di proprietà dell abbazia nel XIV secolo, con le radure e le strutture di pertinenza, da Zonca 1996, p.65 Alcune di queste strutture sopravvivono tuttora, anche se talvolta piuttosto pesantemente rimaneggiate. Fra le altre citiamo la Cascina Plazza (realizzata all inizio del XIV secolo figura n. 48-) realizzata in un area a prato definita Placea Absconsa (radura nascosta), la località Plazareto con le strutture sui luoghi degli antichi fienili in muratura (inizi XIV secolo), l ampia struttura denominata Stalù di Frà in località Gatti di Abbazia (inizi XIV secolo), che comprendeva un ampia stalla corredata da fienile e, probabilmente, strutture per l abitazione. 324
figura n. 48 Cascina Plazza nella valle del Luio, realizzata all inizio del XIV secolo, da Zonca 1996, p. 64 Riferimenti bibliografici: M. LOCATELLI, P. DA RE, Bergamo nei suoi monasteri storia e arte nei cenobi benedettini della Diocesi di Bergamo, ediz. Il Conventino, Bergamo 1986, pp. 219 247 A, MARTINELLI, La via dei monasteri, in A. RAGIONIERI, A. MARTINELLI, a cura di, L Isola fra Adda e Brembo indagine conoscitiva suio beni culturali e ambientali del territorio dell Isola, Gorle (Bergamo) 1988, pp. 57 62 A. ZONCA, Gli uomini e le terre dell Abbazia San Benedetto di Vallalta (secoli XII XIV), Comune di Bergamo (Civica Biblioteca A. Mai) Comune di Albino (Raccolte Civiche di Storia e Arte), 1998 A. ZONCA, L alto Medioevo, l età delle signorie locali, l età comunale, l età viscontea, in A. BELOTTI, G. O. BRAVI, P.M. SOGLIAN, Storia delle terre di Albino volume I, Le età, 1996 Brescia, pp. 31 94 325