Tratto dal catalogo della mostra personale Bruno Munari, Servizi Culturali Olivetti, Ivrea Mostra n novembre 17 dicembre 1980



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Transcript:

Tratto dal catalogo della mostra personale Bruno Munari, Servizi Culturali Olivetti, Ivrea Mostra n. 33 26 novembre 17 dicembre 1980 Olio su tela «Quando l'immagine è presente, è inutile che il pennello la finisca». Non so se questa antica regola della pittura cinese sia stata conosciuta dai pittori impressionisti, fatto sta che questi artisti non usarono più nei loro dipinti la tecnica della finitura degli elementi del quadro, accennando al soggetto solo con il minimo di tratti di colore sparsi sulla tela. Le figure venivano così «finite» dall'osservatore. Da quel momento l'arte visiva cominciò a espandersi uscendo da formule chiuse e si aprì a mille esperienze di ogni tipo. Quando, come si dice, l'arte «raggiunse il massimo splendore», il prodotto artistico era l'opera unica del grande Genio. Nelle varie epoche il potere seppe sempre usare questi geni per continuare il proprio dominio. La Cattedrale era il massimo dell'espressione artistica usata per suggestionare il popolo analfabeta e mantenerlo in condizioni volute per poterlo sfruttare. Nacquero così certi valori da attribuire all'opera d'arte, come se non ce ne potessero essere più altri: il valore dell'opera unica del genio artistico, la durata massima nel tempo, il fatto a mano personalmente; valori che ancora oggi vengono considerati dai più come validi. Ma intanto, come si diceva prima, dall'impressionismo in poi l'arte si espande, si apre a mille esperienze, pittura e scultura sono solamente due modi di dar corpo a espressioni artistiche, l'arte singola diventa molteplice, diventerà le arti di una moltitudine di persone che vogliono anche loro comunicare. Non c'è più l'arte per tutti ma c'è l'arte di tutti. Si inventano nuove regole, si usano nuovi materiali, si esce dal museo, si sta in mezzo alla gente. L'arte aiuta a vivere meglio. Per addentrarsi in questo immenso mondo delle arti ci sono strade maestre ben lastricate dagli storici, che hanno messo i loro cartelli indicatori per spiegare tutto il possibile, e questo va bene. Ma ci sono anche delle stradine secondarie, delle scorciatoie che possono mostrare dei nuovi punti di vista. Proviamo a percorrerne una delle tante: una cosa si può notare in questa storia, che la grande arte espandendosi ha trasformato se stessa abbandonando alcune componenti che, in effetti non le appartenevano direttamente. Una di queste componenti è la letteratura, quella componente che dava il «soggetto» al dipinto. Ci si accorse, ad un certo punto che il soggetto non è l'arte, ma l'arte è invece il modo di trattare, di comunicare, di costruire un soggetto qualunque. Si lascia quindi il soggetto alla letteratura e si cerca di indagare su altre componenti. (Nel frattempo il pubblico impreparato continuerà a chiedersi di fronte a un quadro: che cosa mi vuole raccontare questo pittore? E così non vede il quadro.) Molte opere d'arte sono conservate nei musei non per quello che raccontano ma per il modo «a regola d'arte» col quale sono state fatte. Che cos'è quindi questa regola d'arte? Ce n'è una sola o ce ne possono essere diverse? Ogni popolo ha la sua? Ogni artista può inventarne una? Le regole d'arte danno qualità al soggetto artistico qualunque sia. Nasce così l'astrattismo il quale pensa di costruire dei dipinti solo con le regole d'arte e con i colori, non importa con quali figure. Non solo con le figure che si vedono ma anche con quelle che si possono inventare. Si abbandona quindi la cosiddetta riproduzione del vero visibile, troppo limitativa, e ci si avventura nell'invenzione di forme nuove, geometriche e non. Un dipinto di Kandinsky ci mostra infatti gruppi di forme inventate naviganti in assenza di gravità in un atmosfera pittorica. Ma sia questa atmosfera pittorica, sia i colori delle forme, sono ancora colori tonali, sono ancora i colori della vecchia pittura. Infatti vediamo nei dipinti di Mondrian e dei suoi seguaci, come i colori e l'atmosfera della vecchia pittura siano aboliti a vantaggio di una composizione rigorosa fatta in modo asimmetrico (mentre prima le composizioni erano sempre centrate) e con colori primari. Lo spirito di Mondrian si espande all'oriente e ritrova le asimmetrie dinamiche dei giapponesi, più dinamiche della normale simmetria.

Si forma intanto, per reazione allo spirito rigoroso, la pittura informale la quale bandisce dai suoi dipinti qualunque tipo di figura ma ci mostra delle superfici dove nella massima libertà e nell'apparente caos, colori tonali e non, si mescolano liberamente. Viene abolito perfino l'uso del pennello e nasce il segno sgocciolato. Queste due grandi componenti, una la geometria e la regola, l'altra l'informe organico e la non regola, si alterneranno per un po' di tempo nelle mostre di quel periodo. La componente geometrica diventando sempre più rigorosa, da astratta a concreta, usando la matematica e la topologia, progettando arte cinetica e programmata. L'informale invece si mostra sempre più casuale e organico per cui qualunque venatura di marmo, qualunque macchia casuale poteva andar bene. Non a caso arriva Yves Kline ed espone i suoi dipinti in tinta unita: uno tutto Rosso senza alcuna variazione di tono, uno Blu e uno Giallo. Veniva eliminato anche il piacere dell'impasto cromatico: il blu era blu cobalto e basta. Nel frattempo Lucio Fontana prende una tela monocromatica e la lacera con buchi e tagli. Proviamo quindi ad eliminare anche il colore in tinta unita e non. Restano l'olio e la tela. Olio su tela. La tela con i suoi colori raffinatissimi, dalla tela di canapa a quella di lino, a quella di cotone, a quella sottilissima di batista. Gli olii da quello di lino a quello di papavero, a quello di mandorle, a quello di ricino, colori appena visibili. Molto più raffinati del banale rosso e verde bandiera. Olio su tela, olio puro, tela senza telaio, olii su tele. Bruno Munari 1980