Collegato lavoro : nuove regole per impugnare i licenziamenti

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Collegato lavoro : nuove regole per impugnare i licenziamenti Renzo La Costa Tra le numerose novità in corso di introduzione rivenienti dalle norme adottate con il DDL 1167-B approvato definitivamente dal Senato, di notevole rilievo appaiono quelle novellate dall art. 34 recante Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato. Non ci si lasci innanzitutto sviare dalla titolazione della disposizione che reca il riferimento ai contratti a termine, in quanto il pacchetto di misure relativo al licenziamento deve intendersi applicabile e riferito ai contratti a tempo indeterminato. Il comma 1 provvede a riscrivere il primo e secondo comma dell art. 6della legge 15.7.1966 nr. 604: Art. 34 DDL 1167-B 1. Il primo e il secondo comma dell articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti: «Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l intervento dell organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo». Legge 604/66 art. 6 1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. 2. Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento. La nuova disposizione, mantiene sostanzialmente il termine dei 60 giorni utile all impugnativa del licenziamento a pena di decadenza ( che decorrono dalla data di ricezione della comunicazione o dalla successiva data in cui il lavoratore riceve le motivazioni del recesso, ove indicate nella prima comunicazione ed ove espressamente richieste al datore). Ove siano decorsi infruttuosamente i predetti 60, è riservato al lavoratore l ulteriore e successivo termine di 180 utile al deposito del ricorso al giudice, pena inefficacia dell impugnativa in oggetto. Il mancato deposito, quindi, estingue conseguenzialmente l originaria impugnativa. Entro lo stesso termine dei 180 giorni e sempre a pena di decadenza dell impugativa, il lavoratore ha facoltà di comunicare alla controparte la richiesta

di tentativo di conciliazione o arbitrato. In caso di rifiuto alla conciliazione o in caso di mancato accordo, è riservato al lavoratore il più breve termine di 60 giorni per il deposito del ricorso presso il giudice, che decorrono dalla data di rifiuto o dal mancato accordo. Può ben vedersi, da tale complessiva disposizione, che parte attiva del nascendo conflitto è il lavoratore che dovrà tenere in debito conto i tre termini ad egli assegnati ai fini della legittimazione alla impugnativa. Tale precisazione è necessaria tenuto conto che altra disposizione del DDL 1167-B ( per l esattezza l art. 33 che ha riscritto la disciplina delle conciliazioni ed arbitrato) ha reso il tentativo di conciliazione facoltativo e non più obbligatorio ai fini della procedibilità in giudizio. (Per inciso, il medesimo art. 33 ha mantenuto obbligatorio solo in tentativo di conciliazione regolato dall art. 80 c.4 del Dlgs 276/2003 relativo al ricorso avverso un atto di certificazione ). Art. 80 dlgs. 276/03 4. Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei precedenti commi 1 e 3, deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile. Il successivo comma 2 dell art. 34 in trattazione, dispone che le norme appena commentate si applichino anche a tutti i casi di invalidità e di inefficacia del licenziamento. Quanto alle cause di invalidità del licenziamento, esse sono da individuarsi essenzialmente nella inefficacia e nella nullità, atteso che l annullabilità, altro aspetto dell invalidità, che di regola deriva dalla violazione di norme a tutela particolare di una delle parti, la quale sussiste solo nei casi espressamente previsti dalla legge, in tema di licenziamento ricorre, ai sensi dell art. 18 Legge 300/1970, in tutte le ipotesi di licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo. L inefficacia, ovverosia l inidoneità di un atto a produrre gli effetti che gli sarebbero propri, nell ambito del licenziamento individuale è espressamente prevista dall art. 2 della Legge 604/1966, tutte le volte in cui il licenziamento sia intimato in mancanza di forma scritta o in difetto della comunicazioni dei motivi addotti. Conseguenza giuridica dell inefficacia del licenziamento è l applicazione della tutela reale del lavoratore, se il rapporto di lavoro rientra nella sfera di operatività dell art. 18 Legge 300/1970, diversamente il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno secondo le regole generali sull inadempimento delle obbligazioni. La nullità, che sussiste allorquando un atto è privo di uno dei suoi elementi giuridici essenziali, è contrario a norme imperative ovvero nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 1418 c.c.), non consente anch essa all atto di produrre gli effetti della categoria cui appartiene e pertanto, ai fini che qui interessano, il licenziamento nullo comporterà per il lavoratore l applicazione del regime di tutela approntato, in ragione dei requisiti dimensionali dell impresa. Per completezza, si evidenzia che sono espressamente dichiarati dalla legge nulli tutti i licenziamenti discriminatori (sindacale, sessuale religiosa, della lavoratrice gestante, a causa di matrimonio ) e, indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati dall impresa recedente, in simili circostanze al lavoratore è garantita la tutela reale. Il seguente comma 3 estende inoltre le stesse modalità recate al comma 1 : a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile; c) al trasferimento ai sensi dell articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento; d) all azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo. Le nuove disposizioni, e quindi i nuovi termini a pena di decadenza, compreso il tentativo facoltativo di conciliazione o arbitrato di cui al predetto comma 1, trovano ora applicazione anche alle singole ipotesi sopra enunciate. Di particolare rilevo, è l applicabilità della novella all azione di illegittimità o nullità del termine apposto al contratto che, insieme alle altre casistiche, viene attratta ad una univoca procedura. Più in particolare, il seguente comma quattro, dispone ancora che quanto previsto dal precedente comma 1 trattato, si applica anche : a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge. Pertanto, per i contratti stipulati ai sensi del citato Dlgs 368/01 in corso di esecuzione dalla entrata in vigore della novella, le illustrate modalità di impugnativa di licenziamento, conciliazione e ricorso giudiziale con i rispettivi termini, decorrono dalla data della scadenza del termine contrattuale; mentre, per i contratti a termine eventualmente instaurati in applicazione di legge previgente, le medesime modalità e termini si applicano dalla data in vigore del provvedimento. Il comma 5 del DDL fissa invece nuove modalità di risarcimento a favore del lavoratore nei casi di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato. V è da evidenziare che il testo del DDL non è chiarissimo nell introdurre tale ipotesi: dalla prima lettura, infatti sembrerebbe un refuso l ipotesi di conversione del contratto a tempo determinato senza specificarne la nuova qualificazione che se seguirebbe.

Il dubbio trova soluzione nella relazione di accompagnamento al provvedimento che esplicita espressamente l ipotesi di trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato. Nei casi quindi di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Al riguardo va preliminarmente osservato : secondo la preesistente normativa la invalidità della clausola oppositiva del termine comportava l automatica conversione dell originario contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. L orientamento consolidato in tal senso, si fondava sul primo comma dell art. 1 della legge 230/1962: il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, salvo le eccezioni appresso indicate.. Tale formula non si rinviene nel d.lgs 388/2001 il quale inoltre dispone espressamente l abrogazione della legge 230/1962 (v. il primo comma dell art. 11). Da ciò autorevole dottrina ha dedotto che, a seguito dell innovazione legislativa, la invalidità della clausola oppositiva al termine resterebbe disciplinata dal diritto comune, e precisamente dall art., 1419 primo comma c.c. secondo cui la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità. La tesi pur autorevolmente sostenuta non è stata nel tempo condivisa. Già la Corte Costituzionale (sentenza n. 210 del 11/5/1992) ha disatteso tale posizione, sottolineando che siffatta interpretazione avrebbe posto la norma in questione in contrasto con i valori costituzionali. È in proposito significativo un passo della summenzionata sentenza : L art. 1419 comma 1 c.c., infatti, non è applicabile rispetto al contratto di lavoro, allorquando la nullità della clausola derivi dalla contrarietà di essa a norme imperative poste a tutela del lavoratore, così come, più in generale, la disciplina degli effetti della contrarietà del contratto a norma imperative trova in questo campo (come anche in altri) significativi adattamenti volti appunto ad evitare la conseguenza della nullità del contratto. Ciò in ragione del fatto che, se la norma imperativa è posta a protezione di uno dei contraenti, nella presunzione che il testo contrattuale gli sia imposto dall altro contraente, la nullità integrale del contratto nuocerebbe, anziché giovare, al contraente che il legislatore intenderebbe proteggere.

Pur quindi in assenza nel dlgs 368/01 - della specifica disposizione di trasformazione del rapporto, concorde giurisprudenza ha adottato il principio per il quale essendo la disciplina del lavoro dipendente ispirata dall esigenza di tutela del lavoratore subordinato ritenuto la parte debole del rapporto ciò costituisce il fondamento di un ulteriore principio : il contratto di lavoro non viene travolto dalle nullità sancite a tutela del dipendente, perché la sua validità ed efficacia si recupera mediante un effetto legale sostitutivo dell autonomia privata, ovvero la trasformazione del rapporto in tempo indeterminato sin dalla sua origine. Ciò in quanto si è anche affermato in giurisprudenza - una lettura costituzionalmente orientata dell art. 1 del d.lsg 368/2001 impone di interpretare la norma nel senso che dispone la conversione automatica del contratto di lavoro in contratto a tempo indeterminato in qualunque ipotesi di invalidità della clausola oppositiva del termine. E quindi questo il meccanismo su cui intende sensibilmente incidere il comma 5 in commento. Già. Perché nel testo di tale norma, la parte più interessante è quella non scritta. L indennizzo che la norma dispone non è aggiuntivo o alternativo alla trasformazione a tempo indeterminato, ma sostitutivo. In tutti i casi,cioè, in cui il giudice ravvisi i motivi di nullità o illegittimità di apposizione del termine, non ne consegue l automatica sanzione della trasformazione, bensì unicamente l indennizzo del lavoratore, da determinarsi secondo i criteri già vigenti a norma della legge 604/66. A tali criteri si affianca il dettato del comma, il quale prevede che in presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, che prevedano l assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell indennità fissata è ridotto alla meta. Sostanzialmente la riduzione alla metà dell indennizzo opererà nel caso in cui pur non essendo stato trasformato dal giudice a tempo indeterminato il rapporto, la riassunzione a tempo indeterminato rivenga da un particolare obbligo sancito dal CCNL Chiude questa parte del provvedimento il comma 7, specificando che le disposizioni di cui ai commi 5 (indennizzo) e 6 (riduzione dell indennizzo) trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell articolo 421 del codice di procedura civile. Art. 421. c.p.c. ( 1 ) (Poteri istruttori del giudice) Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti. Può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell'articolo 420. Dispone, su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purchè necessario al fine dell'accertamento dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità, l'esame dei testimoni sul luogo stesso. Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell'articolo 247. (1) Articolo così modificato dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112.

Schematicamente: Impugnativa di licenziamento Entro SESSANTA giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero entro SESSANTA giorni dalla comunicazione dei motivi (pena decadenza) L impugnazione diviene inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.