IL COLLEGATO LAVORO Avv. Sergio Passerini

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1 IL COLLEGATO LAVORO Avv. Sergio Passerini Studio Legale Ichino Brugnatelli e Associati * * * Biella 26 novembre 2010

2 La riforma: il Collegato Lavoro Legge 4 novembre 2010 n. 183, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9 novembre 2010, entrata in vigore il 24 novembre 2010 «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l impiego, di incentivi all occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro»

3 I. Autonomia delle parti, certificazione dei contratti e poteri di controllo del Giudice 1. Art. 30 co. 1 «In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all articolo 409 del codice di procedura civile e all art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali [...] il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell ordinamento, all accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente»

4 Esclusione del sindacato giudiziale del merito delle scelte imprenditoriali del datore di lavoro o del committente (art. 41, comma 1, Cost.) Il Giudice del lavoro, in presenza di una clausola elastica, di un ipotesi tipo, deve limitarsi all accertamento del presupposto di legittimità, ovvero alla verifica della sussistenza della situazione di fatto che rende legittima la condotta censurata.

5 A mero titolo esemplificativo e non esaustivo, l art. 30, comma 1, del Collegato Lavoro ha espressamente precisato che i limiti del sindacato giudiziale riguardano tutte le clausole generali (o elastiche) in tema di: b) instaurazione di un rapporto di lavoro; c) esercizio dei poteri datoriali; d) trasferimento d azienda; e) recesso.

6 Inutilità della norma? L esclusione del sindacato giudiziale sul merito delle scelte gestionali è già pacifico nel nostro orientamento giuslavoristico. Nel corso degli ultimi decenni la giurisprudenza di merito e di legittimità ha ripetutamente affermato l insindacabilità da parte del Giudice della congruità e opportunità delle scelte aziendali ad esempio in tema di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (Cass. 13 luglio 2009 n ), licenziamento collettivo (Trib. Milano 20 aprile 2007), trasferimento del dipendente (Cass. 28 aprile 2009 n. 9921), trasferimento d azienda ex art c.c. (Cass. 2 maggio 2006, n ).

7 Art. 30 co. 2 «Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro [...], salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione» Obbligo per il Giudice di attenersi, ai fini della qualificazione del contratto di lavoro e dell interpretazione delle relative clausole, alle valutazioni operate dalle parti nei contratti certificati), salvo il caso di: g) erronea qualificazione del contratto; h) vizio della volontà; i) novazione oggettiva del contratto in corso di esecuzione.

8 Art. 80 D. Lgs n. 276 (Legge Biagi) Rimedi esperibili nei confronti della certificazione: «Nei confronti dell atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l atto stesso è destinato a produrre effetti possono proporre ricorso, presso l autorità giudiziaria di cui all art. 413 del c.p.c., per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l atto di certificazione anche per vizi del consenso»

9 Art. 30 co. 3 Limiti alla discrezionalità del Giudice nella valutazione delle motivazioni del licenziamento. Il comma comprende in realtà due parti: 7) criteri di valutazione delle motivazioni poste a base del licenziamento (per tutti i licenziamenti); 8) parametri ai quali attenersi in sede di determinazione del risarcimento del danno (solo per i licenziamenti intimati nell area della c.d. tutela obbligatoria)

10 a) Art. 30, comma 3, prima parte «Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento il Giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione».

11 Nella versione definitiva della norma sono stati eliminati i riferimenti alle fondamentali regole del vivere civile e, soprattutto, all oggettivo interesse dell organizzazione, pure precedentemente indicati come parametri legali di valutazione giudiziale delle motivazioni del licenziamento. In particolare, il criterio di valutazione dell interesse oggettivo dell impresa era stato oggetto di forti critiche e di fondati dubbi di incostituzionalità: la norma, così formulata, sarebbe stata destinata ad allargare notevolmente l ambito di discrezionalità del Giudice, consentendogli di decidere la controversia facendosi egli stesso interprete finale dell interesse oggettivo dell organizzazione aziendale. Contraddizione sistematica con il principio generale espresso solennemente all art. 30 co. 1, secondo cui al Giudice è vietato sindacare nel merito le valutazioni che competono al datore di lavoro.

12 Tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo contenute nei contratti collettivi e nei contratti individuali certificati. Importante previsione normativa, ma che pone dubbi sulla sua effettiva portata innovativa, posto che il Collegato Lavoro non ha abrogato la legge 604/1966, né l art c.c., e solleva molti dubbi interpretativi Fino a che punto si può legittimamente tipizzare una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento? Lo scarso rendimento o la eccessiva morbilità possono essere ipotesi tipiche di giustificato motivo oggettivo di licenziamento? L art. 30 comma 3 si inserisce nel quadro più ampio della legislazione previgente. Il Giudice dovrà sempre valutare le motivazioni poste a base del licenziamento non solo alla luce delle tipizzazioni contrattuali, ma anche del contenuto della normativa generale. E in caso di conflitto tra il contratto collettivo e il contratto individuale certificato?

13 I contratti collettivi di lavoro normalmente elencano, a carattere esemplificativo, condotte del lavoratore che possono costituire illecito disciplinare e prevedono le relative sanzioni, sino al licenziamento con preavviso (art. 3 legge 604/1966) o senza preavviso (art c.c.). La giurisprudenza ha sempre affermato che il Giudice, anche se deve tenerne conto, è solo parzialmente vincolato dalle previsioni dei contratti collettivi, perché stante la inderogabilità della disciplina dei licenziamenti deve comunque sempre verificare: se la previsione del contratto collettivo sia conforme alla nozione di giusta causa di cui all art c.c., che è nozione legale; e se la condotta addebitata sia tale da giustificare il licenziamento anche in ragione dei principi generali di ragionevolezza e di proporzionalità (art c.c., art. 7 Stat. Lav.)

14 b) Art. 30, comma 3, seconda parte «Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento ai sensi dell art. 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai predetti contratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell attività esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti anche prima del licenziamento».

15 Questa previsione si sovrappone a quanto già era previsto dall art. 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 ( norme sui licenziamenti individuali ), secondo la quale: «Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro» Sono stati dunque aggiunti nuovi criteri di valutazione, a carattere non oggettivo, destinati ad ampliare la discrezionalità del Giudice.

16 Coerentemente: l art. 30 del Collegato amplia non solo gli effetti, ma anche l ambito della certificazione dei contratti di lavoro: la volontà è quella di passare dalla certificazione del tipo contrattuale alla certificazione del contenuto del contratto in cui sia comunque dedotta una prestazione di lavoro: art. 75 D. Lgs. 276/2003, precedente formulazione: Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente Titolo ; art. 75 D. Lgs. 276/2003, nuova formulazione: Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente Titolo.

17 Esempi di contratti che potranno essere oggetto di certificazione: contratto di collaborazione coordinata e continuativa; contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto; contratto di associazione in partecipazione; regolamenti interni delle cooperative (art. 83 Legge Biagi); contratti di appalto (art. 84 Legge Biagi); contratto del socio d opera; contratto di lavoro intermittente; contratto di lavoro ripartito; contratto di apprendistato; clausola appositiva del termine al contratto di lavoro; clausole elastiche o flessibili dei contratti di lavoro a tempo parziale; contratti di somministrazione di lavoro; contratti di cessione di azienda o di suo ramo (?).

18 Quali gli effetti della certificazione? 1. Per le parti del contratto: limiti alla impugnabilità in giudizio del contratto di lavoro e delle sue clausole (art. 80 D. Lgs. 276/2003: erronea qualificazione del contratto; difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione; vizi della volontà). 4. Per i terzi: i terzi interessati a una diversa qualificazione del contratto (enti previdenziali o pubbliche amministrazioni interessate sotto il profilo contributivo, previdenziale o fiscale) possono far valere eventuali vizi del contratto solo dopo l accoglimento del ricorso in giudizio a norma dell art. 80 D. Lgs. 276/ Per il Giudice: art. 30, c. 2: «Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro [...], salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione».

19 II. La nuova disciplina su conciliazione e arbitrato Le novità più rilevanti: Il tentativo di conciliazione diventa FACOLTATIVO, cessando di essere condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 31 co. 1, che sostituisce l art. 410 c.p.c.), e svolto secondo un unica procedura per il rapporto di lavoro privato e quello pubblico. Il tentativo di conciliazione rimane obbligatorio solamente per le controversie relative a contratti di lavoro certificati e deve essere esperito presso la stessa commissione che ha emesso l atto di certificazione (art. 31 co. 2).

20 Diversa composizione delle Commissioni di Conciliazione istituite presso le Direzioni Provinciali del Lavoro. La commissione è composta da direttore dell ufficio stesso o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.

21 Articolata definizione del contenuto della richiesta del tentativo di conciliazione, nonché di quello della memoria difensiva del convenuto. Possibile profilo di criticità della norma: nel tentativo di conciliazione l istanza introduttiva e la memoria difensiva hanno lo stesso contenuto e presentano lo stesso grado di complessità degli atti giudiziari.

22 2. Nuova procedura per il tentativo di conciliazione avanti alla Direzione Provinciale del Lavoro RICHIESTA del TENTATIVO di CONCILIAZIONE con specificazione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della domanda Se la controparte accetta il tentativo di conciliazione deve costituirsi entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta, mediante deposito di memoria (contenente difese, eccezioni in fatto e in diritto e eventuali domande riconvenzionali) Se la controparte non accetta il tentativo di conciliazione, ciascuna delle parti è libera di adire l autorità giudiziaria - segue -

23 Entro 10 giorni dal deposito della memoria, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione entro i successivi 30 giorni Seduta dinnanzi alla Commissione: conciliazione; proposta transattiva della Commissione; arbitrato volontario; mancata conciliazione.

24 Processo verbale di conciliazione (art. 31 co. 3, nuovo art. 411 c.p.c.) Il verbale della conciliazione (anche parziale) eventualmente raggiunta è dichiarato esecutivo dal Giudice su istanza della parte interessata. In caso di mancato raggiungimento dell accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazione espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il Giudice tiene conto in sede di giudizio. A tal fine devono essere prodotti in causa verbali e memorie della procedura conciliativa non riuscita.

25 Modifiche all art. 420, co. 1, c.p.c. (art. 31, co. 4, Collegato) «Nell udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva. La mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio»

26 Il tentativo (facoltativo) di conciliazione può essere richiesto: alle Commissioni di Conciliazioni preso le DPL; al Collegio di Conciliazione e Arbitrato (nuovo art. 412-quater c.p.c.); alle Camere Arbitrali presso gli organi di certificazione; al Collegio eventualmente previsto dai contratti collettivi. Se il tentativo riesce, il verbale in ogni caso non è impugnabile ai sensi dell art c.c. e può diventare titolo esecutivo Se il tentativo non riesce: dopo la DPL, può essere proposto ricorso al Giudice, che potrà valutare la condotta delle parti; il Collegio di Conciliazione e Arbitrato decide; nessuna conseguenza per il fallimento del tentativo di conciliazione svolto presso le Camere Arbitrali degli organi di certificazione o presso i Collegi previsti dai contratti collettivi.

27 Le novità in tema di arbitrato L arbitrato previsto dal Collegato è, innanzitutto, un arbitrato irrituale, quindi sostanzialmente equiparabile a un contratto attraverso il quale le parti, delegandone i contenuti a un terzo, decidono di por fine a una controversia tra loro pendente regolando in via vincolante e definitiva i reciproci interessi. Dal carattere irrituale dell arbitrato derivano alcune conseguenze: Applicabilità dell art c.c. (quindi necessità di procedere solo nell ambito di una delle sedi protette di cui agli artt. 410 e ss. c.p.c.); impugnabilità solo nei limiti procedurali di quanto previsto dall art. 808-ter c.p.c. (annullabilità se la convenzione arbitrale è invalida o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai limiti della convenzione; se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione; se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro; se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo; se non è stato rispettato il principio del contraddittorio); ammissibilità della decisione secondo equità: ma anche in tal caso l arbitro deve attenersi ai principi generali dell ordinamento giuridico, nonché ai principi regolatori della materia, inclusi quelli di origine comunitaria.

28 II) L arbitrato volontario durante il tentativo di conciliazione innanzi alla Commissione di Conciliazione presso la DPL (art. 31 co. 5, nuovo art. 412 c.p.c.) Nel corso del tentativo di conciliazione è ammessa la possibilità su accordo delle parti di devolvere alla Commissione conciliativa il mandato a risolvere la lite in via arbitrale, indicando il termine per l emanazione del lodo (che non può superare i 60 giorni), le norme invocate a sostegno delle rispettive posizioni e l eventuale richiesta di decidere secondo equità, pur nel rispetto dei principi generali dell ordinamento, nonché dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

29 II) Il Collegio di Conciliazione e Arbitrato (art. 31 co. 8-10, il nuovo art. 412-quater c.p.c.) Possibilità per le parti contrattuali di compromettere validamente in arbitri eventuali controversie di lavoro, attraverso la pattuizione di clausole compromissorie. Nuovo art. 412-quater c.p.c.: «Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all art. 409 possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti. Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione»

30 La validità della clausola compromissoria è tuttavia subordinata a quattro condizioni concorrenti (art. 31, co. 10, Collegato): la certificazione dell accordo individuale da parte delle apposite commissioni; la previsione, a monte, di tale possibilità negli accordi interconfederali o nei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; in mancanza, trascorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore del Collegato Lavoro, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali convocherà le parti per favorire un accordo nei successivi 6 mesi, decorsi inutilmente i quali, potrà provvedere con proprio Decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie emerse nell ambito della contrattazione collettiva; il fatto che la clausola compromissoria sia stipulata solo dopo che sia terminato il periodo di prova, se previsto, oppure, in mancanza, che siano decorsi almeno trenta giorni dalla data di assunzione; il fatto che la clausola compromissoria comunque non riguardi controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro.

31 III. Contenere i tempi di incertezza delle situazioni giuridiche: il nuovo regime delle decadenze Le nuove decadenze in tema di impugnazione del licenziamento Il regime ante riforma Art. 6 L. 604/1966: impugnazione del licenziamento entro 60 giorni dalla sua comunicazione o dalla comunicazione dei motivi se non contestuale (salvi i casi dei licenziamenti inefficaci per vizi di forma (orali) o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti, dei licenziamenti nulli perché intimati nel periodo di interdizione per matrimonio o maternità, per motivi illeciti o in frode alla legge nullità, inesistenza del contratto, termine, etc.). Termine prescrizionale ordinario di 5 anni dalla comunicazione del recesso per la proposizione del ricorso giudiziale di impugnazione del licenziamento (salvi i casi di imprescrittibilità dell azione di nullità).

32 La riforma L art. 32 del Collegato sostituisce i primi due commi dell art. 6 della L. n. 604/1966: «Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l intervento dell organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso» (nuovo art. 6, co. 1, L. 604/1966).

33 «L impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo» (nuovo art. 6, co. 2, L. 604/1966).

34 L impugnazione può dunque essere comunque inefficace se non è seguita entro 270 giorni dal deposito del ricorso giudiziale presso la cancelleria del Tribunale, Sezione Lavoro. o dalla comunicazione alla controparte della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l arbitrato richiesti siano rifiutati o non venga raggiunto l accordo il lavoratore ha 60 giorni di tempo per depositare il ricorso presso il Tribunale N.B.: le decadenze previste dall art. 6 della L. 604/1966 non possono comunque essere rilevate d ufficio dal Giudice, ma necessitano di un eccezione in senso stretto.

35 Profilo di criticità della norma Il termine decadenziale per il deposito del ricorso giudiziale in caso di rifiuto o fallimento del tentativo di conciliazione o dell arbitrato è di soli 60 giorni, a fronte del ben superiore termine di 270 giorni previsto in assenza del tentativo di conciliazione o arbitrato. Possibile elemento di dissuasione dall intraprendere il tentativo di conciliazione o l arbitrato.

36 Estensione del campo di applicazione di questo regime di decadenze Queste disposizioni si applicano a tutti i casi di invalidità del licenziamento (art. 32 co. 2: «Le disposizioni di cui all art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento»), e quindi anche ai casi di licenziamenti nulli per causa di matrimonio o di maternità, per motivo illecito o in frode alla legge. Anche ai licenziamenti prima sottratti alla legge 604/1966? Restano esclusi i licenziamenti inefficaci per vizio di forma o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti dal lavoratore (esclusione dalla norma definitiva della menzione delle inefficacia e riferimenti alla comunicazione in forma scritta ).

37 Le disposizioni relative alla impugnativa e alle relative decadenze si applicano anche: ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto (art. 32 co. 3 lett. a); al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto (art. 32 co. 3 lett. b); al trasferimento del lavoratore, dalla data di comunicazione del provvedimento (art. 32 co. 3 lett. c); all azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli artt. 1, 2 e 4 D. Lgs. 368/2001, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo (art. 32 co. 3 lett. d); - segue -

38 ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati ai sensi degli artt. 1, 2 e 4 D. Lgs. 368/2001 in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dalla scadenza del termine (art. 32 co. 4 lett. a); ai contratti di lavoro a termine già conclusi alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della legge (art. 32 co. 4 lett. b); alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell art c.c., con termine decorrente dalla data di trasferimento (art. 32 co. 4 lett. c); in ogni altro caso si chieda la costituzione o l accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare (somministrazione irregolare; art. 32 co. 4 lett. d) Ma la decorrenza?

39 Regime transitorio? Non esistono disposizioni di carattere transitorio (a differenza di quanto previsto per i contratti a termine) Disposizioni applicabili ai licenziamenti già intimati e/o impugnati? Vengono introdotte nuove decadenze: inapplicabilità dell art. 252 disp. att. c.c. (non si tratta di nuovi termini più brevi per l acquisto di un diritto ); non è possibile applicazione analogica (si tratta di norme eccezionali che introducono termini di decadenza: art. 14 preleggi); applicabilità del principio generale di cui all art. 11 delle preleggi ( la legge non dispone che per l avvenire; essa non ha effetto retroattivo ).

40 Tre possibili ipotesi: 3. nuovi provvedimenti soggetti ai termini di decadenza (trasferimenti, recessi dai rapporti parasubordinati, cessioni di azienda, interposizioni, ecc.): i termini di decadenza saranno applicabili solo ai provvedimenti assunti dal 24 novembre 2010; 4. licenziamenti già soggetti all art. 6 della legge 604/1966, con termine per l impugnazione già scaduto e impugnazione stragiudiziale già effettuata alla data di entrata in vigore della nuova legge, e licenziamenti già sottratti alla vecchia disciplina: le nuove decadenze non saranno applicabili e resterà il solo termine prescrizionale; 5. licenziamenti già sottoposti nel regime precedente al termine di decadenza di 60 giorni per l impugnazione di cui all art. 6 della legge 604/1966 e intimati precedentemente all entrata in vigore del Collegato: il nuovo termine di decadenza di 270 giorni potrebbe essere ritenuto applicabile laddove l impugnazione del licenziamento sia avvenuta (o il termine per l impugnazione scada) dopo l entrata in vigore della nuova legge.

41 IV. Le nuove norme sul contratto a termine Il precedente sistema sanzionatorio Casi di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato (art. 5 D. Lgs. n. 368/2001): 4. prosecuzione del contratto a termine oltre il 20 giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, ovvero oltre il 30 giorno negli altri casi; 5. riassunzione a contratto a termine entro un periodo di 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi; - segue -

42 1. Superamento del limite esterno di 36 mesi per effetto di successione di contratti a termine tra lo stesso datore di lavoro e lavoratore per lo svolgimento di mansioni equivalenti; 2. illegittimità del termine originariamente apposto. Corte Costituzionale 14 luglio 2009 n. 214 e il diritto vivente ; Cass. 21 maggio 2008 n e molte altre: in caso di insussistenza delle ragioni giustificative dell apposizione del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni espressamente la mancanza di tali ragioni, la nullità del termine comporta ex art. 1419, co. 2, c.p.c. l instaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

43 Risarcimento del danno aperto a carico del datore di lavoro. Nessuna previsione di termini decadenziali per l azione giudiziaria, solo termine prescrizionale ordinario di 5 anni. Obbligo del lavoratore di costituire in mora il datore di lavoro per far decorrere il diritto al risarcimento del danno da perdita di retribuzioni.

44 La riforma: «Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.» (art. 32 co. 5). «In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà» (art. 32 co. 6). «Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell articolo 421 del codice di procedura civile» (art. 32 co. 7).

45 All accertamento della illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro conseguirebbe: 1 Solo un risarcimento del danno, in misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell art. 8 della L. n. 604/66.

46 2 Accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra lavoratore e datore di lavoro; risarcimento del danno pari a un importo che va da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell art. 8 della L. n. 604/66.

47 3 Accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ancora in essere tra lavoratore e datore di lavoro; risarcimento del danno pari all importo delle mensilità dalla messa in mora all effettiva riammissione in servizio; un ulteriore importo che va da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell art. 8 della L. n. 604/66, a titolo di sanzione.

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