La Prevenzione Incendi



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La Prevenzione Incendi

Indice della presentazione 1. Triangolo del fuoco 2. Croce del fuoco 3. Combustione: a. effetti sull uomo b. statistica di pericolosità dei prodotti b. varianti c. dinamica dell incendio 4. Agenti estinguenti 5. Legislazione inerente la Prevenzione Incendi 6. Il rischio d incendio 7. Le strutture universitarie: luoghi MARCI 8. Provvedimenti relativi ai laboratori: a. relativi ai locali b. relativi alle attrezzature c. relativi ai comportamenti 9. Prescrizioni per i depositi/archivi 10. Curiosità

Il triangolo del fuoco Perché possa determinarsi la combustione è necessaria la compresenza di tre fattori: Combustibile, Comburente, Energia di attivazione/temperatura di ignizione. Il combustibile è la sostanza in grado di combinarsi chimicamente con l ossigeno. Il comburente è l ossigeno, sia esso puro o contenuto nell aria ovvero contenuto in composti quali clorati, nitrati, perossidi, etc.. L energia di attivazione/temperatura di ignizione è il calore necessario a portare almeno una piccola parte della miscela infiammabile (combustibile + comburente) alla temperature di ignizione. Tali suddette tre condizioni vengono normalmente indicate unitariamente come triangolo del fuoco di Kinsley.

La croce del fuoco Affinché possa determinarsi combustione e questa possa continuare nel tempo è necessaria la compresenza di una quarta condizione, oltre le tre viste in precedenza, si tratta della autocatalisi. Pertanto i quattro elementi che consentono la combustione ed il suo protrarsi nel tempo sono: Combustibile, Comburente, Energia di attivazione/temperatura di ignizione, Autocatalisi. L autocatalisi è l autoalimentazione della combustione; nonostante venga a cessare l innesco esterno, il combustibile continua a reagire con il comburente. Si parla in tal caso di croce del fuoco. Il fuoco pertanto potrà generarsi e permanere unicamente se si ritrovano operanti le 4 condizioni anzidette. Non appena una di esse viene a mancare, il fuoco si estingue ovvero non può essere generato.

Effetti dell incendio sull uomo I prodotti della combustione: gas di combustione, fiamma, calore e fumo determinano effetti dannosi sull uomo e sulle cose. I principali effetti dell incendio sull uomo sono: Anossia (a causa della riduzione del tasso di O 2 nell aria), Azione tossica dei fumi (tossicità combustione), di alcuni prodotti della Riduzione della visibilità (per la presenza di fumo, costituito da particelle solide (aerosoli) o liquide (nebbie) o vapori condensati), Azione termica (disidratazione dei tessuti, difficoltà o blocco della respirazione e scottature).

Statistica di pericolosità dei prodotti dell incendio Da studi americani condotti negli anni settanta risulta che circa 3/4 delle vittime nel caso di incendi è associabile alla inalazione dei fumi derivanti dalla combustione. Le vittime per inalazione ammontano a circa 3,6 volte le vittime per le elevate temperature. Questo rapporto cresce fino a 5 qualora l incendio superi il punto di flash-over, con riferimento soprattutto alle zone limitrofe ai locali teatro dell incendio. Per inciso il limite termico sopportabile per le persone è pari a circa 100 C. La potenza tossica Ct è circa 900 gxmin/mc (30 g per 30 min).

Varianti della combustione La velocità di ossidazione del materiale combustibile costituisce l elemento caratterizzante del fenomeno, in quanto determina: - la velocità di decomposizione o vaporizzazione del combustibile - la composizione dei prodotti combusti - l energia sviluppata in forma esotermica. In funzione della velocità di ossidazione si manifestano le seguenti varianti del fenomeno: ossidazione normale ossidazione molto rapida ossidazione pressoché istantanea combustione, deflagrazione, esplosione.

Dinamica dell incendio 1/2 Nell evoluzione dell incendio si possono individuare le seguenti fasi caratteristiche: Inizio Espansione Generalizzazione Estinzione Superato il punto o intervallo di flash over, caratteristico del singolo incendio considerato (in genere 15-20 min, 600 C), diventa particolarmente arduo domare l incendio in quanto tutti i materiali presenti partecipano alla combustione e l incendio diventa violento e incontrollato, le conseguenze dell incendio risultano particolarmente gravose.

Dinamica dell incendio 2/2 La massima temperatura che un generico incendio normalmente può raggiungere è di circa 1.100 C, per poi decrescere. I fattori che condizionano la dinamica di un incendio e le temperature raggiunte sono: - la ventilazione - le caratteristiche dei materiali (potere calorifico, quantità, dimensioni) - la dimensione e forma del locale. Nella fase di prima propagazione le temperature si mantengono relativamente basse, in tale fase si verifica la rottura dei vetri del locale in cui si è sviluppato l incendio dopo circa 12-15 min alla temperatura di circa 100 C. Un incendio, per il gran numero di variabili che influiscono sul fenomeno, non è mai uguale ad un altro. Per ogni incendio la curva θ(t) è caratteristica e diversa dalle altre. Al fine di avere un riferimento unico nello studio del fenomeno incendio si è introdotta una curva standard internazionale, che stabilisce una legge di variazione della temperatura nel tempo secondo un programma predefinito di riscaldamento: θ = θ 0 +345 log 10 (8t+1).

Agenti estinguenti 1/2 Gli agenti estinguenti agiscono in vario modo sull incendio impedendo la compresenza degli elementi, visti in precedenza, indispensabili all ulteriore protrarsi dell incendio. Essi devono avere caratteristiche di: disponibilità, economicità, efficacia, capacità di non creare nuovi pericoli alle persone coinvolte e non arrecare ulteriori danni alle cose che si vogliono salvare. I più comuni sono: sabbia, acqua, schiuma, polveri chimiche, anidride carbonica, idrocarburi alogenati (no halon). Gli idrocarburi alogenati agiscono attraverso l inibizione delle reazioni a catena che hanno luogo nelle combustioni con fiamma, con un azione di natura puramente chimica. Si tratta di un fenomeno di catalisi negativa. Per evitare il ripetersi di danni alla persona e all ambiente (buco nello strato di ozono) causati dai primi idrocarburi alogenati adoperati, halon, oggi tali miscele non contengono bromo, cloro e fluoro. Per tutti gli agenti estinguenti, e per quelli gassosi in particolare, si pone anche la problematica ambientale legata all effetto serra. Su questo punto si è ancora in fase di studio e pertanto gli attuali estinguenti utilizzati, in particolare gassosi, non sono scevri dal rischio di determinare tale effetto.

Agenti estinguenti 2/2

Legislazione inerente la prevenzione incendi 1/2 Art.46 del D.Lgs.81/2008 e s.m.i. Prevenzione incendi; DM 30 novembre 1983 Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi; DM 10 marzo 1998 - Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell emergenza nei luoghi di lavoro; DM 26 giugno 1984 Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi; DM 26 agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l edilizia scolastica; DM 10 marzo 2005 e s.m.i. (DM 25/10/2007) Classi di reazione al fuoco per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali è prescritto il requisito della sicurezza in caso d incendio; DM 15 marzo 2005 Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo;

Legislazione inerente la prevenzione incendi 2/2 DM 22 febbraio 2006 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l esercizio di edifici e/o locali destinati ad uffici; DM 16 febbraio 2007 Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere di costruzione; DM 9 marzo 2007 Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo Nazionale dei VV.F.; DM 9 maggio 2007 Direttive per l attuazione dell approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio; DM del 5 agosto 2011 Procedure e requisiti per l autorizzazione e l iscrizione dei professionisti nell elenco del Min. Interno di cui all art.16, del D.Lgs. 8/03/2006 n.139. DPR 1 agosto 2011 n.151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell art.49, co 4-quater, del DL 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla L 30 luglio 2010, n.122.

Art.46 D.Lgs.81/2008 1/2 1. La prevenzione incendi èla funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell ambiente. 2. Nei luoghi di lavoro soggetti al D.Lgs.81/08 devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l incolumità dei lavoratori. 3. i Ministri dell interno e del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri atti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze;

Art.46 D.Lgs.81/2008 2/2 3. b) le caratteristiche dello specifico SPP antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione. 4. Fino all adozione dei suddetti decreti continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al DM 10 marzo 1998. 5. Omissis 6. Omissis 7. Omissis

Il presente decreto del 1983 riporta delle fondamentali definizioni di prevenzione incendi. Di seguito se ne elencano alcune (come modificate dal DM 9.03.2007): - Altezza ai fini antincendi (degli edifici civili): altezza massima misurata dal livello inferiore dell apertura più alta dell ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso. DM 30/11/1983 1/10

DM 30/11/1983 2/10 - Carico di incendio: potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a 0,054 kg di legna equivalente. (Potenziale termico della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti. Convenzionalmente è espresso in kg di legna equivalente (potere calorifico inferiore 4.400 kcal/kg). - Compartimento antincendio: parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione. (parte di edificio delimitata da elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi).

DM 30/11/1983 3/10 - Resistenza al fuoco: una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi. (Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato in tutto o in parte: la stabilità <<R>> la tenuta <<E>> l isolamento termico <<I>>). La resistenza al fuoco può essere ottenuta con l impiego di più strutture in serie in quanto, in assenza di una prova al forno, si può ritenere che la resistenza complessiva sia fornita dalla somma delle resistenze di ciascun componente. Esempi tipici sono: a. Il filtro a prova di fumo, la cui resistenza al fuoco può essere assunta uguale alla somma delle resistenze delle due porte b. Un solaio protetto inferiormente da un controsoffitto

DM 30/11/1983 4/10 - Filtro a prova di fumo: vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60, con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 mq sfociante al di sopra della copertura dell edificio, oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrapressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure areato direttamente verso l esterno con aperture libere di superficie non inferiore a 1 mq con esclusione di condotti.

DM 30/11/1983 5/10 - Scala a prova di fumo: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.

DM 30/11/1983 6/10

DM 30/11/1983 7/10 - Scala a prova di fumo interna: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo.

DM 30/11/1983 8/10 - Scala di sicurezza esterna: scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto.

DM 30/11/1983 9/10 - Scala protetta: scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura.

DM 30/11/1983 10/10 Propagazione dei fumi di combustione, derivanti da un incendio originatosi in un locale adiacente, in una scala ordinaria e protetta.

DM 10 marzo 1998 1/21 Il presente decreto del 1998 si applica a tutti quei luoghi di lavoro per i quali non esiste normativa tecnica di prevenzione incendi specifica per la tipologia di attività ivi svolta (sono esclusi i mezzi di trasporto, i cantieri temporanei o mobili, le industrie estrattive, i pescherecci, i campi, boschi e altri terreni facenti parte di un impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall area edificata dell azienda). Qualora esistente si applica la normativa specifica. Tale decreto stabilisce i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.

DM 10 marzo 1998 2/21 Gli allegati al presente decreto sono i seguenti: I LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO II MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITA DI INSORGENZA DEGLI INCENDI III MISURE RELATIVE ALLE VIE DI USCITA IN CASO DI INCENDIO IV MISURE PER LA RIVELAZIONE E L ALLARME IN CASO DI INCENDIO V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI VI CONTROLLI E ANTINCENDIO MANUTENZIONE SULLE MISURE DI PROTEZIONE VII INFORMAZIONE E FORMAZIONE ANTINCENDIO VIII PIANIFICAZIONE DELLE PROCEDURE DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO IX CONTENUTI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE PER ADDETTI ALLA PREVENZIONE INCENDI, LOTTA ANTINCENDIO E GESTIONE DELLE EMERGENZE, IN RELAZIONE AL LIVELLO DI RISCHIO DELL ATTIVITA X LUOGHI DI LAVORO OVE SI SVOLGONO ATTIVITA A RISCHIO MEDIO O ELEVATO

DM 10 marzo 1998 3/21 I LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO La valutazione del rischio di incendio tiene conto: a) del tipo di attività; b) dei materiali immagazzinati e manipolati; c) delle attrezzature presenti nel luogo di lavoro compresi gli arredi; d) delle caratteristiche costruttive del luogo di lavoro compresi i materiali di rivestimento; e) delle dimensioni e dell articolazione del luogo di lavoro; f) del numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti che altre persone e, della loro prontezza ad allontanarsi in caso di emergenza. Per ciascun pericolo di incendio identificato, è necessario valutare se esso possa essere: - eliminato; - ridotto; - sostituire l attrezzatura e/o l attività con alternative più sicure; - separato o protetto dalle altre parti del luogo di lavoro.

DM 10 marzo 1998 4/21 II MISURE INTESE A RIDURRE LA PROBABILITA DI INSORGENZA DEGLI INCENDI All esito della valutazione dei rischi devono essere adottate una o più tra le seguenti misure intese a ridurre la probabilità di insorgenza degli incendi: A) Misure di tipo tecnico: - realizzazione di impianti elettrici a regola d arte; - messa a terra di impianti, strutture e masse metalliche, al fine di evitare la formazione di cariche elettrostatiche; - realizzazione di impianti di protezione contro le scariche atmosferiche conformemente alla regola dell arte; - ventilazione degli ambienti in presenza di vapori, gas o polveri infiammabili; - adozione di dispositivi di sicurezza. B) Misure di tipo organizzativo-gestionale: - rispetto dell ordine e della pulizia; - controlli sulle misure di sicurezza; - predisposizione di un regolamento interno sulle misure di sicurezza da osservare; - informazione e formazione dei lavoratori.

DM 10 marzo 1998 5/21 III MISURE RELATIVE ALLE VIE DI USCITA IN CASO DI INCENDIO Definizioni Affollamento: numero massimo ipotizzabile di lavoratori e di altre persone presenti nel luogo di lavoro o in una determinata area dello stesso. Luogo sicuro: luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un incendio. Percorso protetto: percorso caratterizzato da una adeguata protezione contro gli effetti di un incendio che può svilupparsi nella restante parte dell edificio. Esso può essere costituito da un corridoio protetto, da una scala protetta o da una scala esterna. Uscita di piano: uscita che consente alle persone di non essere ulteriormente esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configurarsi come segue: a) uscita che immette direttamente in luogo sicuro; b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta l uscita che immette in un luogo sicuro; c) uscita che immette su di una scala esterna. Via di uscita (da utilizzare in caso di emergenza): percorso senza ostacoli al deflusso che consente agli occupanti un locale o un edificio di raggiungere un luogo sicuro.

DM 10 marzo 1998 6/21 III MISURE RELATIVE ALLE VIE DI USCITA IN CASO DI INCENDIO Obiettivi Tenendo conto della probabile insorgenza di un incendio, il sistema di vie d uscita deve garantire che le persone possano, senza assistenza esterna, utilizzare in sicurezza un percorso senza ostacoli e chiaramente riconoscibile fino ad un luogo sicuro. Nello stabilire se il sistema di vie di uscita sia soddisfacente, occorre tenere presente: - il numero di persone presenti, la loro conoscenza del luogo di lavoro, la loro capacità di muoversi senza assistenza; - dove si trovano le persone quando un incendio accade; -i pericoli di incendio presenti nel luogo di lavoro; - il numero delle vie di uscita alternative disponibili.

DM 10 marzo 1998 7/21 IV MISURE PER LA RIVELAZIONE E L ALLARME IN CASO DI INCENDIO Obiettivo L obiettivo delle misure per la rivelazione degli incendi e l allarme è di assicurare che le persone presenti nel luogo di lavoro siano avvisate di un principio di incendio prima che esso minacci la loro incolumità. L allarme deve dare avvio alla procedura per l evacuazione del luogo di lavoro nonché l attivazione delle procedure d intervento.

DM 10 marzo 1998 8/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI Classificazione degli incendi Incendi di classe A: incendi di materiali solidi, usualmente di natura organica, che portano alla formazione di braci; Incendi di classe B: incendi di materiali liquidi o solidi liquefacibili, quali petrolio, paraffina, vernici, oli, grassi, etc.; Incendi di classe C: incendi di gas; Incendi di classe D: incendi di sostanze metalliche (alluminio, magnesio, potassio, sodio).

DM 10 marzo 1998 9/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI Per gli incendi di classe A gli estinguenti più comunemente utilizzati sono: l acqua, la schiuma e la polvere. Le attrezzature utilizzanti tali estinguenti sono: estintori, naspi, idranti ed altri impianti di estinzione ad acqua. Per gli incendi di classe B si utilizzano schiuma, polvere e CO 2. Per gli incendi di classe C è fondamentale bloccare il flusso di gas chiudendo la valvola di intercettazione o otturando la falla. Esiste il rischio di esplosione se un incendio di gas viene estinto prima di intercettare il flusso di gas. Per gli incendi di classe D, occorre utilizzare polveri estinguenti speciali e risulta fondamentale operare con personale particolarmente addestrato. Infine una categoria a parte può essere considerata quella degli incendi di impianti elettrici. In tali casi gli estinguenti utilizzabili sono: polveri dielettriche ovvero CO 2.

DM 10 marzo 1998 10/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI estintori disco (tipo RINA) estintori portatili a polvere estintori portatili a co2 estintori portatili idrici estintori portatili a schiuma estintori automatici a polvere

DM 10 marzo 1998 11/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI E importante il corretto uso delle attrezzature di estinzione degli incendi. In particolare le figure mostrano tali modalità per gli estintori.

DM 10 marzo 1998 12/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI Estintore Naspo

DM 10 marzo 1998 13/21 V ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI Lancia Manichetta Idrante

DM 10 marzo 1998 14/21 VI CONTROLLI E MANUTENZIONE SULLE MISURE DI PROTEZIONE ANTINCENDIO Tutte le misure di protezione antincendio previste: - per garantire il sicuro utilizzo delle vie di uscita; - per l estinzione degli incendi; - per la rivelazione e l allarme in caso d incendio; devono essere oggetto di sorveglianza, controlli periodici e mantenute in efficienza.

DM 10 marzo 1998 15/21 VII INFORMAZIONE E FORMAZIONE ANTINCENDIO E obbligo del datore di lavoro fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attuare in presenza di un incendio. INFORMAZIONE ANTINCENDIO Il d.d.l. provvede affinché ogni lavoratore riceva una adeguata informazione su: a) rischi di incendio legati all attività svolta; b) rischi di incendio legati alle specifiche mansioni svolte; c) misure di prevenzione e di protezione incendi: - osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto comportamento negli ambienti di lavoro; - divieto di utilizzo degli ascensori per l evacuazione in caso di incendio; - importanza di tenere chiuse le porte resistenti al fuoco; - modalità di apertura delle porte delle uscite.

DM 10 marzo 1998 16/21 VII INFORMAZIONE E FORMAZIONE ANTINCENDIO ANCORA INFORMAZIONE ANTINCENDIO Il d.d.l. provvede affinché ogni lavoratore riceva una adeguata informazione su: d) ubicazione delle vie di uscita; e) procedure da adottare in caso di incendio: - azioni da attuare in caso di incendio; - azionamento dell allarme; - procedure da attuare all attivazione dell allarme e di evacuazione fino al punto di raccolta in luogo sicuro; - modalità di chiamata dei VV.F.; f) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze e pronto soccorso; g) il nominativo del responsabile del SPP dell azienda.

DM 10 marzo 1998 17/21 VII INFORMAZIONE E FORMAZIONE ANTINCENDIO FORMAZIONE ANTINCENDIO Tutti i lavoratori esposti a particolari rischi di incendio correlati al posto di lavoro, quali ad esempio gli addetti all utilizzo di sostanze infiammabili o di attrezzature a fiamma libera, devono ricevere una specifica formazione antincendio. Tutti i lavoratori che svolgono incarichi relativi alla prevenzione incendi, lotta antincendio o gestione delle emergenze, devono ricevere una specifica formazione antincendio con contenuti minimi differenziati in base al livello di rischio.

DM 10 marzo 1998 18/21 VIII PIANIFICAZIONE DELLE PROCEDURE DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO Ad eccezione delle piccole aziende con meno di 10 dipendenti ed aventi un rischio di incendio basso, in tutti i luoghi di lavoro deve essere predisposto e tenuto aggiornato un piano di emergenza. Questo deve dettagliare: a) le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio; b) le procedure per l evacuazione del luogo di lavoro; c) le disposizioni per chiedere l intervento dei VV.F. e per fornire le necessarie informazioni al loro arrivo; d) specifiche misure per assistere le persone disabili. Il piano di emergenza deve identificare un adeguato numero di persone incaricate di sovrintendere e controllare l attuazione delle procedure previste.

DM 10 marzo 1998 19/21 VIII PIANIFICAZIONE DELLE PROCEDURE DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO Il piano deve inoltre descrivere: -le caratteristiche dei luoghi con particolare riferimento alle vie di esodo; - il sistema di rivelazione e di allarme antincendio; - il numero delle persone presenti e la loro ubicazione; -i lavoratori esposti a rischi particolari; - il numero di addetti all attuazione ed al controllo del piano nonché all assistenza per l evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, evacuazione, lotta antincendio, pronto soccorso); - il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori.

DM 10 marzo 1998 20/21 VIII PIANIFICAZIONE DELLE PROCEDURE DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO Per i luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi, il piano deve includere anche una planimetria nella quale siano riportati: - le caratteristiche distributive del luogo (destinazione varie aree, vie di esodo, compartimentazione antincendio); - il tipo, numero ed ubicazione delle attrezzature ed impianti di estinzione; - l ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo; - l ubicazione dell interruttore generale dell alimentazione elettrica, delle valvole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi combustibili.

DM 10 marzo 1998 21/21 X LUOGHI OVE SI SVOLGONO ATTIVITA A RISCHIO MEDIO-ELEVATO Vi è una serie di luoghi di lavoro per i quali il decreto prevede che i lavoratori incaricati dell attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze conseguano un attestato di idoneità (rilasciato dal C.P.VV.F.,di cui all art.3 della Legge n.609/1996). Fra tali luoghi sono presenti: - le scuole di ogni ordine e grado con oltre 300 persone presenti, - gli uffici con oltre 500 dipendenti, - gli alberghi con oltre 100 posti letto, - gli ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani, - i locali di spettacolo e trattenimento con capienza superiore a 100 posti, - gli edifici pregevoli per arte e storia (adibiti a musei, gallerie, collezioni, biblioteche, archivi), con superficie aperta al pubblico superiore a 1.000 mq.

DM 26 giugno 1984 Il presente decreto introduce la definizione di Reazione al fuoco: grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco. In relazione a ciò i materiali sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4 e 5 con l aumentare della loro partecipazione alla combustione; quelli di classe 0 sono non combustibili. ed inoltre definisce e descrive i metodi di prova per la determinazione della classe di reazione al fuoco dei materiali. Per materiali da costruzione, compatti o espansi a base di ossidi metallici (ossidi di calcio, magnesio, silicio, alluminio ed altri) o di composti inorganici (carbonati, solfati, silicati di calcio e altri) privi di legamenti organici; materiali isolanti a base di fibre minerali (di roccia, di vetro, ceramiche ed altre) privi di legamenti organici; materiali costituiti da metalli con o senza finitura superficiale a base inorganica, il DM 14 gennaio 1985 attribuisce la classe di reazione al fuoco 0 (zero) senza che gli stessi vengano sottoposti a prova di combustibilità.

DM 26 agosto 1992 1/8 Il presente decreto ha per oggetto i criteri di sicurezza antincendio da applicare negli edifici e nei locali adibiti a scuole, di qualsiasi tipo, ordine e grado (comprese le Università), allo scopo di tutelare l incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro il rischio di incendio. Rilevante è la classificazione delle scuole, in relazione alle presenze effettive contemporanee in esse prevedibili di alunni e di personale docente e non docente, nei seguenti tipi: - tipo 0: fino a 100 persone; - tipo 1: da 101 a 300 persone; - tipo 2: da 301 a 500 persone; - tipo 3: da 501 a 800 persone; - tipo 4: da 801 a 1200 persone; - tipo 5: oltre 1200 persone. Per le scuole di tipo 0 si applicano prescrizioni di sicurezza antincendio ridotte. Per le scuole di tipo 1 e seguenti scatta l attività, come indicato dal DM 16/02/1982. Per le scuole con oltre 1000 persone presenti, tipo 5 ed in parte scuole di tipo 4, trattasi di attività a rischio di incendio elevato, come indicato dal DM 10/03/1998.

DM 26 agosto 1992 2/8 Alcune prescrizioni del decreto: - scale: strutture portanti almeno R 60 (separanti REI 60) fino ad edifici con altezza antincendi di 24 m. Oltre i 24 m si richiede R 90 (REI 90). Larghezza minima 1,20 m. - capacità di deflusso: non superiore a 60.

DM 26 agosto 1992 3/8 Alcune prescrizioni del decreto: - lunghezza delle vie di uscita: non superiore a 60 m, dal luogo sicuro alla porta più vicina allo stesso di ogni locale frequentato dagli studenti o dal personale docente e non docente.

DM 26 agosto 1992 4/8 Alcune prescrizioni del decreto: - Sistemi di vie di uscita: almeno 2 uscite verso luogo sicuro, poste in punti ragionevolmente contrapposti. Gli edifici a più piani, oltre alla scala che serve al normale afflusso, devono essere dotati di una scala di sicurezza esterna o di una scala a prova di fumo o a prova di fumo interna.