57 Quali sono i punti principali della Riforma Brunetta?



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56 Parte Quarta Ancora, tra i più recenti interventi ad ampio raggio in tema di lavoro pubblico, ricordiamo la cd. finanziaria d estate 2010, D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010, nonché il cd. Collegato Lavoro, recato dalla L. 183/2010. 57 Quali sono i punti principali della Riforma Brunetta? La Riforma Brunetta (D.Lgs. 150/2009) intende: responsabilizzare maggiormente i dipendenti (dirigenti in primis); incentivare selettivamente le migliori prestazioni (meritocrazia); affermare la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera dei dipendenti; contrastare la scarsa produttività e l assenteismo, agevolare la mobilità del personale, assicurare una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale; assicurare la trasparenza dell operato delle amministrazioni pubbliche, anche a garanzia della legalità; rafforzare le prerogative datoriali dei dirigenti; riaffermare e presidiare la ripartizione tra gli ambiti e le materie sottoposte alla legge, nonché sulla base di questa, ad atti organizzativi e all autonoma responsabilità del dirigente nella gestione delle risorse umane, e quelle oggetto della contrattazione collettiva; rilegificare, totalmente o parzialmente, alcuni aspetti del rapporto di lavoro pubblico, scelta motivata dalla sostanziale sfiducia nei confronti di una contrattazione collettiva considerata, per più versi, inefficace e/o fuori controllo; costruire un sistema globale di gestione delle performances, attraverso un ciclo comprensivo di sei fasi, dalla definizione e assegnazione degli obiettivi alla rendicontazione dei risultati agli organi di vertice politico e amministrativo delle amministrazioni, nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi distribuito tra 4 attori: gli organi politici di vertice, la dirigenza, i nuovi Organismi indipendenti di valutazione (che prendono il posto dei Servizi di controllo interno nelle amministrazioni) e l inedita figura della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l integrità delle pubbliche amministrazioni, con funzioni di coordinamento centrale.

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 57 58 Qual è l ambito di applicazione delle norme del D.Lgs. 165/2001? Il comma 2 dell art. 1 del D.Lgs. 165/2001 elenca le amministrazioni destinatarie della normativa in tema di pubblico impiego. Il legislatore ha opportunamente chiarito che per «amministrazioni pubbliche», si intendono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende autonome, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali e le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l ARAN e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999. Inoltre, fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al D.Lgs. 165/2001 continuano ad applicarsi anche al CONI (quest ultima è una modifica introdotta dall art. 2, comma 2quaterdecies, D.L. 29-12-2010, n. 225, conv. in L. 26-2-2011, n. 10, cd. Milleproroghe). 59 Quali sono le categorie di dipendenti pubblici escluse dalla privatizzazione? L art. 3 del D.Lgs. 165/2001 individua le categorie di dipendenti esentate dall applicazione della normativa di diritto comune e dal processo di contrattualizzazione (per tali categorie non opera neanche il trasferimento della giurisdizione al giudice ordinario). Esso, infatti, dispone che rimangono assoggettati ad un regime di diritto pubblico, secondo i rispettivi speciali ordinamenti, i rapporti di lavoro concernenti: a) magistrati ordinari, amministrativi e contabili; b) avvocati e procuratori dello Stato; c) personale militare e delle Forze di Polizia statali; d) personale delle carriere diplomatica e prefettizia;

58 Parte Quarta e) dipendenti delle Authority che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dal D.Lgs.C.P.S. 691/1947 (risparmio, funzioni creditizia e valutaria) e dalle leggi 281/1985 (tutela del risparmio, valori mobiliari) e 287/1990 (tutela della concorrenza e del mercato), quindi Banca d Italia, CONSOB e Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ad esse si sono aggiunte sulla base delle leggi istitutive (o di modifiche delle stesse) ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private), Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità per energia e gas, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Garante per la protezione dei dati personali (esclusione quest ultima contestata); f) professori e ricercatori universitari; qui però la mancata contrattualizzazione è seguita al congelamento della situazione previgente, in attesa di una specifica, organica riforma; questa è finalmente stata posta in essere con la L. 30-12-2010, n. 240, recante norme in materia di organizzazione universitaria, personale accademico e reclutamento (cd. Riforma Gelmini dell Università); g) dirigenti e personale (salvo quello volontario) del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, esclusi dalla privatizzazione a seguito della L. 252/2004; h) personale della carriera dirigenziale penitenziaria, esclusione aggiunta dalla L. 154/2005. Dalla esclusione dalla privatizzazione discendono due importanti conseguenze: le categorie di dipendenti elencate nell art. 3 del D.Lgs. 165/2001 restano disciplinate dai rispettivi ordinamenti, i quali, tranne poche eccezioni, presentano un assetto pubblicistico dominato dalle fonti legislative e da atti normativi ed amministrativi; le relative controversie di lavoro, comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali nascenti dal rapporto di impiego, non ricadono nell ambito di cognizione del giudice ordinario, bensì restano assoggettate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 60 In che modo si articola il sistema delle fonti del pubblico impiego? In virtù del secondo comma dell art. 2 del D.Lgs. 165/2001 i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 59 disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel decreto il pubblico impiego è assoggettato, tendenzialmente, alla medesima regolamentazione privatistica. Il D.Lgs. 150/2009 ha aggiunto che: le speciali disposizioni del D.Lgs. 165/2001, che modellano i tratti specifici del rapporto dei pubblici dipendenti, rappresentano «disposizioni a carattere imperativo»; nell ipotesi di nullità delle disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva, si applicano gli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c., secondo il meccanismo della sostituzione automatica delle clausole difformi e della conservazione del contratto affetto da nullità parziale. L art. 1 della L. 15/2009 era precedentemente intervenuto a modificare il rapporto tra norme speciali, destinate ai pubblici dipendenti, e contratto collettivo, disponendo che «eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge». Il previgente dettato, invece, consentiva ai contratti collettivi successivi di derogare alla speciale normativa intervenuta, azzerandola, a meno che la legge stessa non la autodefinisse insuscettibile di modifica da parte del contratto collettivo. La forza di deroga affidata al contratto collettivo era finalizzata ad evitare che la legge (e le altre fonti unilaterali) si riappropriasse stabilmente di ambiti riservati alla contrattazione medesima. Oggi è, invece, l inderogabilità della legge ad essere presunta, senza alcuna necessità di una sua menzione espressa; mentre la derogabilità da parte del successivo contratto collettivo deve essere dichiarata. Ciò consente più facilmente la rilegificazione di intere materie e/o ambiti. 61 Quali sono i livelli di contrattazione collettiva esistenti nel nostro ordinamento? I livelli di contrattazione collettiva contemplati nel nostro ordinamento sono due: la contrattazione collettiva nazionale; la contrattazione integrativa a livello di singola amministrazione.

60 Parte Quarta In particolare, l art. 40 D.Lgs. 165/2001, come novellato dal D.Lgs. 150/2009, prevede che: viene riconsiderato l ambito delle materie attribuite alla contrattazione medesima: è, infatti, previsto che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni sindacali; nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge. Sono, ancora, escluse espressamente dalla contrattazione le materie attinenti: all organizzazione degli uffici; alla partecipazione sindacale, ai sensi dell art. 9; alle prerogative dirigenziali ai sensi degli artt. 5, comma 2, 16 e 17; al conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali; alle sette materie già richiamate dall art. 2, comma 1, lettera c), della L. 23-10- 1992, n. 421: responsabilità giuridiche degli operatori; organi, uffici e modi di conferimento della titolarità dei medesimi; principi fondamentali di organizzazione degli uffici; procedimenti di selezione per l accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; ruoli e dotazioni organiche; garanzia della libertà didattica e scientifica; disciplina delle incompatibilità e divieto di cumulo di impieghi e incarichi; specifici accordi nazionali definiscono o modificano le unità fondamentali della contrattazione (ossia, per il personale non dirigenziale, i comparti - comprendenti settori omogenei o affini) e, per i dirigenti, le aree contrattuali autonome) ovvero regolano istituti comuni a più comparti; vi sia l istituzione di massimo quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale (e quattro arre separate per i dirigenti); nell ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità; la contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. Le pubbliche amministrazioni attivano, poi, autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa. Questa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l impegno e la

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 61 qualità della performance. A tal fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato. Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; può, poi, avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. 62 Che cosa è l ARAN? Una delle novità introdotte dalla riforma del pubblico impiego è stata l istituzione dell Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa e contabile. Sulla struttura e sulle competenze dell ARAN ha inciso, in un momento successivo, anche la Riforma Brunetta del 2009. L ARAN ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, esercita a livello nazionale ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell uniforme applicazione dei contratti collettivi. L ARAN assicura anche la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe dei sindacati da ammettere alla contrattazione. Su richiesta delle amministrazioni, infine, può fornire assistenza ai fini della contrattazione integrativa (art. 46 D.Lgs. 165/2001). L ARAN opera conformandosi agli indirizzi impartiti dai «comitati di settore», che sono espressione delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche amministrazioni. L ARAN effettua anche il monitoraggio sull applicazione dei contratti collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa e presenta annualmente al Dipartimento della Funzione pubblica, al Ministero dell economia e delle finanze nonché ai comitati di settore, un rapporto in cui verifica l effettività e la congruenza della ripartizione fra le materie regolate dalla legge, quelle di competenza della contrattazione nazionale e quelle di competenza dei contratti integrativi nonché le principali criticità emerse in sede di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa.

62 Parte Quarta 63 Come si accede ai posti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni? L art. 97 Cost. prevede che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge. Tale norma costituzionale è diretta all assicurazione dell imparzialità e della efficienza dell azione amministrativa, in quanto il meccanismo concorsuale è tendenzialmente volto a garantire la selezione di personale qualificato. L art. 35 D.Lgs. 165/2001 prevede, infatti, che l assunzione nelle pubbliche amministrazioni avvenga attraverso procedure selettive volte all accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l accesso dall esterno. Per le qualifiche e i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell obbligo, invece, l assunzione avviene mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità. In tema di collocamento obbligatorio dei lavoratori è intervenuta la L. 68/1999, che ha come finalità la promozione dell inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili (cd. categorie protette) nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Le assunzioni dei soggetti appartenenti alle categorie protette sono effettuate mediante avviamento per mezzo dei servizi di collocamento, o mediante convenzioni con appositi organismi. I lavoratori disabili hanno diritto ad una riserva dei posti messi a concorso. 64 Quale soggetto, nelle amministrazioni pubbliche, riveste il ruolo di datore di lavoro? La Riforma Brunetta ha notevolmente innovato ed ampliato le competenze dei dirigenti pubblici, delineandoli quali veri e propri datori di lavoro nell ambito delle pubbliche amministrazioni. Infatti, alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2009 al complesso di articoli dedicati alla dirigenza (artt. 13-29bis D.Lgs. 165/2001), emerge chiaramente la volontà del legislatore di configurare il dirigente come rappresentante del datore di lavoro pubblico, responsabile della gestione delle risorse umane e della qualità e quantità delle prestazioni poste in essere dai dipendenti.

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 63 Ai dirigenti, infatti, spetta di individuare le risorse ed i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell ufficio cui sono preposti (anche al fine della compilazione del documento di programmazione triennale di fabbisogno di personale); inoltre, ad essi compete la lotta ai fenomeni di corruzione ed il rispetto delle relative misure nei pubblici uffici. I dirigenti, ancora, sono tenuti ad effettuare la valutazione del personale assegnato ai loro uffici, ai fini non solo della progressione economica tra le aree ma anche della corresponsione di indennità e di premi incentivanti. A tali maggiori poteri corrisponde, in maniera speculare, una responsabilità più accentuata: l art. 21 T.U. pubblico impiego, infatti, dispone che il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione di cui al D.Lgs. 150/2009 ovvero l inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. Ancora, al dirigente nei confronti del quale sia stata accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali, la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall amministrazione, conformemente agli indirizzi deliberati dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l integrità delle pubbliche amministrazioni, la retribuzione di risultato è decurtata, sentito il Comitato dei garanti, in relazione alla gravità della violazione, di una quota fino all ottanta per cento. 65 Come sono organizzati gli uffici pubblici? Il D.Lgs. 165/2001 precisa, in ossequio alla riserva di legge di cui all art. 97 Cost., che le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e mediante atti organizzativi in base ai rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità degli stessi e determinano le dotazioni organiche complessive (art. 2, comma 1; cd. macro-organizzazione) Nell ambito delle leggi e degli atti organizzativi, le determinazioni per l organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro (cd. micro-organizzazione) sono assunte in via esclusiva

64 Parte Quarta dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti di cui all art. 9 (concernente la partecipazione sindacale). Rientrano, in particolare, nell esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità nonché la direzione, l organizzazione del lavoro nell ambito degli uffici (art. 5, comma 2, D.Lgs. 165/2001 come novellato dal D.Lgs. 150/2009). In definitiva, mentre la macro-organizzazione, a valle delle scelte effettuate dal legislatore, è commessa agli organi di governo degli enti (attraverso regolamenti e decreti atti di natura pubblicistica che disegnano la complessiva struttura degli uffici dirigenziali), la micro-organizzazione rientra, invece, nei compiti della dirigenza, attraverso atti di natura privatistica. 66 Quali doveri-obblighi nascono per il dipendente dal rapporto di pubblico impiego? I doveri del dipendente, in genere, possono essere raggruppati in due ampie tipologie: una, di stampo prettamente pubblicistico, riconducibile al dovere di fedeltà alla Repubblica, sancito dall art. 51 Cost., ai principi di imparzialità e buon andamento, affermati dall art. 97 Cost., e al carattere democratico della Repubblica (art. 1 Cost.), che impone di favorire rapporti di fiducia fra amministrazione e cittadino; una, di carattere privatistico, che si richiama, invece, ai doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà sanciti, anche per il rapporto di lavoro privato, dagli artt. 2104 e 2105 c.c. L elencazione minuziosa dei singoli doveri è contenuta nel codice di comportamento (D.M. 28-11-2000), le cui norme costituiscono esemplificazioni e specificazioni dei principi generali di fedeltà, lealtà ed imparzialità (POLICE). In particolare, il citato codice impone obblighi di: imparzialità, correttezza, collaborazione e trasparenza, nei confronti dei cittadini e dell utenza; efficienza nello svolgimento delle funzioni e di organizzazione razionale del lavoro; attenersi scrupolosamente agli standard di qualità del servizio, indicati dalle Carte dei Servizi adottate dalle amministrazioni;

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 65 non sfruttare nella vita sociale la posizione pubblica ricoperta; non divulgare notizie dell ufficio, specie se idonee a danneggiare l immagine della P.A.; non partecipare ad organizzazioni la cui attività possa arrecare danni all amministrazione, non svolgere collaborazioni con soggetti che abbiano interessi professionali o economici afferenti ad attività istituzionali, non contrarre, per ragioni di ufficio, con soggetti con i quali si siano avuti rapporti patrimoniali al di fuori dell ufficio. 67 Quali sono i diritti non patrimoniali del pubblico dipendente? Dal rapporto di pubblico impiego, oltre ai diritti aventi contenuto prettamente patrimoniale, come la retribuzione, nascono anche diritti non patrimoniali. Tra questi rientrano: il diritto all ufficio, consistente nell aspettativa a non essere rimosso dal proprio ufficio (quindi alla permanenza del rapporto di lavoro) se non nei casi e con le garanzie previsti dalla legge (art. 31 T.U. 3/1957 e artt. 33-34 D.Lgs. 165/2001) o dai contratti collettivi. Si tratta in realtà di un interesse legittimo; il diritto alla funzione, consistente nel diritto all esercizio delle funzioni inerenti alla propria qualifica; il diritto alla progressione, economica e di carriera, nell ambito della stessa area o di aree diverse; il diritto al trasferimento, che è in realtà un interesse legittimo dell impiegato, in quanto la sua destinazione ad una sede, piuttosto che ad un altra, rientra nella potestà discrezionale della P.A; il diritto alla riservatezza; il diritto alle pari opportunità: si deve ricordare che l art. 51 Cost. stabilisce che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, possono accedere agli uffici pubblici, secondo i requisiti stabiliti dalla legge e che, a tal proposito, la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne ed uomini. Principale norma di riferimento nell ambito del T.U. pubblico impiego è l art. 57, come di recente novellato dalla L. 183/2010, cd. Collegato Lavoro, che ha notevolmente innovato e rafforzato la disciplina delle pari opportunità nel lavoro alle dipendenze delle amministrazioni.

66 Parte Quarta 68 In quali tipi di responsabilità può incorrere il dipendente pubblico? La responsabilità dell impiegato per l inosservanza di norme giuridiche può essere: penale, civile, amministrativo-contabile e disciplinare. In particolare: si ha responsabilità penale quando la trasgressione compiuta dall impiegato assume il carattere di violazione dell ordine giuridico generale e si concreta nella figura del reato (es. omissione di atti d ufficio, corruzione etc.); si ha responsabilità civile quando dalla trasgressione dei doveri d ufficio derivi un danno per i terzi. Tale responsabilità è una responsabilità diretta, che ai sensi dell art. 28 Cost. si estende allo Stato e agli enti pubblici. La sanzione di essa consiste nell obbligo di risarcire il danno (sempre che vi sia dolo o colpa grave). Il dipendente dovrà risarcire il danno anche laddove la P.A. abbia subito una diminuzione patrimoniale a causa del risarcimento effettuato a favore del danneggiato, vittorioso nel giudizio intentato direttamente contro la P.A. stessa (cd. danno erariale indiretto); si ha responsabilità amministrativa quando l inosservanza dolosa o con colpa grave degli obblighi di servizio comporti un danno patrimoniale all amministrazione. In tale forma di responsabilità si inquadra anche la responsabilità contabile, che emerge in caso di violazioni di norme sui procedimenti di spesa e sulla custodia del danaro pubblico da parte di chi ne sia abilitato (e tenuto) al maneggio. I relativi giudizi di responsabilità sono affidati esclusivamente alle sezioni giurisdizionali (territorialmente competenti) della Corte dei conti. Data la diversa causa, le tre forme di responsabilità possono agire congiuntamente nei riguardi della stessa persona, ancorché unica sia la trasgressione da questa commessa. 69 Quali sono le vicende estintive del rapporto di pubblico impiego? Il rapporto di pubblico impiego è soggetto a vicende estintive di varia natura, che trovano la loro origine nella disciplina pattizia, pubblicistica e privatistica.

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 67 Secondo la disciplina pattizia, la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ha luogo per: licenziamento (con o senza preavviso) disciplinare; compimento del limite di età, ai sensi delle norme di legge in vigore; dimissioni del dipendente; decesso del dipendente; superamento del periodo di comporto in caso di malattia. Altre ipotesi di risoluzione previste dal contratto collettivo sono quella consequenziale all annullamento della procedura di reclutamento e la dispensa dal servizio per inidoneità fisica e psichica. Secondo la disciplina pubblicistica, residuano dalle vecchie previsioni, contenute nel testo unico degli impiegati civili dello Stato, le seguenti ipotesi di decadenza dall impiego: per perdita della cittadinanza italiana (art. 127, comma 1, lett. a), D.P.R. 3/1957); per avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un autorità straniera senza autorizzazione del Ministro competente (art. 127, comma 1, lett. b), D.P.R. 3/1957); per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività svolte dal dipendente, nonostante la diffida ricevuta (art. 63 D.P.R. 3/1957, espressamente richiamato dall art. 53 D.Lgs. 165/2001). Infine, i base all espresso richiamo all art. 2, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 sono estensibili ai rapporti di pubblico impiego le norme del codice civile e delle leggi speciali sul lavoro nell impresa. In particolare, è ammissibile il licenziamento: per giusta causa (art. 2119 c.c.); per giustificato motivo soggettivo (art. 3 L. 604/1966); per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. 604/1966). L inadempimento degli obblighi contrattuali può, invece, causare il licenziamento disciplinare del dipendente.

68 Parte Quarta 70 È possibile, per le pubbliche amministrazioni, ricorrere a forme flessibili di assunzione? Il principale referente normativo in materia è dato dall art. 36 D.Lgs. 165/2001, disposizione quanto mai tormentata. Dopo le modifiche dettate dall art. 4 del D.L. 4/2006 e dal comma 79 dell art. 3 L. 244/2007, il D.L. 112/2008 ha nuovamente riscritto il testo della norma in commento, poi modificato dal D.L. 78/2009. L originario dettato dell art. 36, come scaturito dall intervento della seconda privatizzazione (D.Lgs. 80/1998), sanciva il principio secondo cui le pubbliche amministrazioni potevano tendenzialmente avvalersi delle stesse forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste per il settore privato. Il legislatore aveva, così, voluto pienamente legittimare, anche nel pubblico impiego, l introduzione di forme di lavoro alternative al contratto a tempo indeterminato (cd. flessibilità tipologica), rimettendo, come previsto per il settore privato, alla contrattazione collettiva la funzione di controllo e di orientamento al loro utilizzo. Il nuovo testo vigente (rubricato Utilizzo di contratti di lavoro flessibile), invece: afferma programmaticamente che per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario (intese come quelle a carattere continuativo e duraturo e quindi permanente), le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le previste procedure di reclutamento; fa ancora genericamente riferimento alla possibilità di avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell impresa; aggiungendo, però, le specificazioni «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali» e «nel rispetto delle procedure di reclutamento»; ribadisce il potere specificativo della contrattazione collettiva, richiamando espressamente la normativa in tema di: contratti di lavoro a tempo determinato; contratti di formazione e lavoro; peraltro, tale contratto risulta ormai utilizzabile solo dalle pubbliche amministrazioni, non essendo più applicabile, nella sua regolazione storica, al lavoro privato (cfr. l art. 86 D.Lgs. 276/2003); altri rapporti formativi;

Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni 69 somministrazione di lavoro; lavoro accessorio (occasionale) di cui alla lettera d), del comma 1, dell articolo 70 D.Lgs. 276/2003; specifica che non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Il legislatore ha così confermato che ai lavoratori somministrati, essendo dipendenti di una agenzia terza, non è possibile affidare compiti dirigenziali, apicali e/o di gestione di strutture, intendendosi con ciò anche il coordinamento di personale dipendente dell amministrazione o compiti di rappresentanza degli interessi dell amministrazione. Accanto alla forme flessibili richiamate dall art. 36 D.Lgs. 165/2001 si pongono, poi, part-time e telelavoro, soluzioni che possono accedere ad un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Parte Quinta L attività della P.A.: il provvedimento amministrativo e la patologia dell atto 71 Secondo quali modalità può esplicarsi l attività amministrativa nel nostro ordinamento? L attività amministrativa è quella attività mediante la quale determinate figure soggettive all uopo preposte provvedono alla cura degli interessi pubblici ad essi affidati. L individuazione del fine da perseguire, la sua qualificazione come pubblico e la sua assegnazione alla P.A. sono operate in sede di indirizzo politico, alla cui determinazione concorrono gli organi cui è attribuita la funzione politica o di governo. A sua volta, la funzione amministrativa si caratterizza, sul piano soggettivo-formale, per essere affidata, in base a norme di legge, ad una pluralità di figure che compongono il complesso organizzatorio denominato «Pubblica Amministrazione»; e, sul piano oggettivo-contenutistico, per estrinsecarsi nella cura di interessi pubblici in modo diretto ed immediato (in tal modo differenziandosi sia dalla funzione legislativa, la quale stabilisce in modo astratto e generale come determinati interessi debbano essere curati, sia dalla funzione giurisdizionale, la quale accerta che l attività legislativa sia rispettata). Quanto alle tipologie in cui può concretizzarsi l attività amministrativa, abbiamo: attività amministrativa attiva: vi rientra tutta l attività posta in essere direttamente da una pubblica amministrazione per realizzare le proprie finalità pubbliche; attività amministrativa consultiva: vi rientrano quelle attività dirette a fornire, sotto forma di pareri, consigli, direttive ed orientamenti alle autorità che devono concretamente agire; attività amministrativa di controllo: è quella attività diretta a sindacare secondo diritto (controllo di legittimità) ovvero secondo le regole della buona amministrazione (controllo di merito) l operato dei soggetti agenti cui sono affidati compiti di amministrazione attiva.

72 Parte Quinta 72 Qual è la differenza tra attività politica ed attività amministrativa? Mentre l attività amministrativa è espressione della funzione amministrativa, intesa come potere finalizzato alla realizzazione dei fini pubblici individuati dagli organi che determinano l indirizzo politico dello Stato, l attività politica, invece, è funzionale alla individuazione delle finalità che lo Stato deve perseguire. Ciò si traduce nella circostanza che mentre l attività amministrativa è vincolata nei fini pubblici da tutelare, l attività politica è libera dal momento che è essa stessa che li fissa. Tale fondamentale differenza si ripercuote anche sul piano pratico. L attività politica, infatti, al contrario dell attività amministrativa, sfugge ad ogni sindacato giurisdizionale (art. 31 R.D. 1054/1924) e gli atti politici, qualificabili come atti di suprema direzione dello Stato, a differenza di quelli amministrativi, incontrano esclusivamente i limiti derivanti dalla Costituzione e dall ordinamento europeo. Inoltre, essi costituiscono un numerus clausus e non sono assimilabili al regime proprio degli atti amministrativi. 73 Che differenza c è tra attività amministrativa discrezionale ed attività amministrativa vincolata? La dottrina più moderna ha evidenziato come il concetto di discrezionalità amministrativa sia descrittivo di «uno dei due possibili modi di interazione tra l operato dell Autorità pubblica e la legge» (CARINGELLA). Ed invero, considerato che è la legge a determinare il fine pubblico che la P.A. deve realizzare, a seconda che le venga lasciato o meno un margine di operatività nella scelta delle concrete modalità operative, si è in presenza, rispettivamente, di attività discrezionale ovvero di attività vincolata. Se la dottrina tradizionale (VIRGA) definisce la discrezionalità come la facoltà di scelta fra più comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell interesse pubblico e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere esercitato, altri autori hanno posto in evidenza il momento della ponderazione comparativa di più interes-

L attività della P.A.: il provvedimento amministrativo e la patologia dell atto 73 si secondari (pubblici e privati) in ordine ad un interesse primario (quello pubblico specifico fissato dalla legge) (GIANNINI). Viceversa, laddove sono arretrati gli «spazi di scelta» dell amministrazione, in quanto sono prefissate dal legislatore anche le modalità di azione, si parla di azione vincolata (CASETTA). La scelta concreta fra le diverse soluzioni provvedimentali ipotizzabili al fine di realizzare il fine pubblico costituisce il merito amministrativo. Al fine di evitare che le scelte dell autorità amministrativa possano sfociare in arbitrio, dottrina e giurisprudenza hanno individuato i limiti propri dell attività discrezionale, rappresentati da: l interesse pubblico, da intendersi come interesse della collettività, non coincidente con quello della P.A., né, tantomeno, con la somma degli interessi individuali; la causa del potere, in quanto l attività discrezionale deve sempre perseguire un fine rispondente alla causa del potere esercitato, ovvero l interesse pubblico specifico; i principi di logicità, di imparzialità e ragionevolezza; il principio dell esatta e completa informazione, ossia di adeguata istruttoria compiuta attraverso uffici competenti ed agenti addetti, che consegua un risultato esente da errori. Del corretto esercizio del potere discrezionale, l amministrazione deve darne conto nella motivazione dell atto. 74 Che si intende con l espressione «discrezionalità tecnica»? L impostazione tradizionale ha sempre provveduto a distinguere dalla discrezionalità amministrativa la cd. discrezionalità tecnica, concretantesi nell esame di fatti o situazioni sulla base di cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico (discipline mediche, ingegneristiche, biologiche etc.). La peculiarità di tale discrezionalità, che la distingue dalla discrezionalità amministrativa, è data dalla presenza di una specifica fase di giudizio, e dunque di un istruttoria, non accompagnata da alcuna manifestazione di volontà, attraverso la quale si procede all analisi dei fatti, supportata dalle regole tecniche di volta in volta interessate (es.: valutazione della fatiscenza di un edificio, del valore artistico di un opera, della malattia da cui è affetto un animale, del pregio ambientale o culturale di un area).

74 Parte Quinta 75 Che cos è l atto amministrativo? La dottrina definisce l atto amministrativo come una «qualsiasi manifestazione di volontà, desiderio, giudizio o conoscenza proveniente da una pubblica amministrazione nell esercizio di una potestà amministrativa» (ZANOBINI, CASETTA). Si tratta, quindi, del «mezzo» utilizzato da un autorità amministrativa, nell esercizio della funzione amministrativa, per intervenire in un caso concreto e nei confronti di destinatari determinati o determinabili. Da ciò discende che l atto amministrativo è: atto volontario, nel senso che è volontariamente posto in essere dal suo autore anche se gli effetti sono ricollegati a questo dall ordinamento; atto unilaterale, in quanto ha efficacia indipendentemente dalla volontà dei destinatari; atto esterno, in quanto strumento di esternalizzazione della volontà della P.A.; atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo. All interno della generale categoria degli atti amministrativi sono possibili numerose classificazioni. La più importante distinzione è quella tra meri atti ed atti di volontà: i primi sono atti volontari i cui effetti sono predeterminati dal legislatore, i secondi sono atti volontari e, nel contempo, espressione anche della volontà degli effetti. L esempio tipico di tale categoria di atto amministrativo è il provvedimento. 76 Partendo dalla definizione di provvedimento amministrativo, in cosa questo si differenzia rispetto all atto amministrativo? Il legislatore non ha fornito una definizione del provvedimento amministrativo, ma ha dettato una precisa disciplina del procedimento amministrativo al cui esito viene adottato il provvedimento. Tale lacuna è stata colmata dalla giurisprudenza e dalla dottrina giuspubblicistica che, in linea generale, hanno definito il provvedimento amministrativo come l atto amministrativo consistente in una manife-

L attività della P.A.: il provvedimento amministrativo e la patologia dell atto 75 stazione di volontà adottata dall amministrazione «volta alla cura di un concreto interesse pubblico e diretta a produrre unilateralmente effetti giuridici nei rapporti esterni con i destinatari» (GA- ROFOLI FERRARI). L emanazione di un provvedimento è di norma preceduta da un «insieme di atti, fatti ed attività, tutti tra loro connessi» (preordinati tutti all adozione del provvedimento finale), che confluiscono nel procedimento amministrativo (CASETTA). Da un punto di vista procedimentale, quindi, l atto amministrativo è preparatorio all adozione del provvedimento, unico atto idoneo a modificare unilateralmente le situazioni giuridiche soggettive di terzi, e manca di quelle peculiarità che caratterizzano il provvedimento. Tale distinzione rileva da un punto di vista pratico, considerate le notevoli conseguenze scaturenti dall inquadramento di un atto come provvedimento amministrativo: la principale di queste è quella dell impugnazione in sede giurisdizionale, in linea di massima, del solo provvedimento amministrativo. Pertanto, può dirsi che il provvedimento amministrativo è l atto amministrativo per eccellenza, e costituisce lo strumento tipico di cui si avvale la P.A. per porre in essere la propria attività, in attuazione dei limiti costituzionali di cui all art. 97 Cost. 77 Quali sono le caratteristiche principali del provvedimento amministrativo? Le caratteristiche tipiche dei provvedimenti amministrativi sono: forza giuridica autoritarietà: consiste nell imporre unilateralmente modificazioni nella sfera giuridica dei destinatari. Essa si manifesta in modo diverso a seconda che si tratti di provvedimenti positivi o negativi: per i primi, si manifesta nella costituzione, modificazione o estinzione dei poteri e delle facoltà del destinatario indipendentemente dal suo consenso e, quindi, anche contro la sua volontà (GUARINO), mentre per i secondi, si traduce nella cd. non spettanza e cioè nella definizione autoritativa che quel dato provvedimento non spetta al destinatario; esecutività ed esecutorietà: l esecutività di un provvedimento amministrativo consiste nella sua idoneità «a produrre automatica-