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Status di rifugiato e clima di violenze causato da bande giovanili Trib. Milano, sez. I civile, ordinanza 10 ottobre 2012 (est. M. Flamini) Protezione internazionale Status di rifugiato Rischio di persecuzione a causa della violenza usata da bande giovanili (nel caso di specie: El Salvador) Sussistono i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato in favore dello straniero in fuga da un Paese d origine (nel caso di specie, Salvador) caratterizzato da un alto livello di violenza, a causa della guerra che si consuma nelle periferie urbane tra le bande giovanili. In particolare, là dove le citate bande uccidano chi non sia disposto a pagare le tangenti imposte e con le stesse le autorità governative abbiano concluso accordi (nel caso di specie: benefici ai capi delle bande criminali a condizione che riducano gli omicidi) inidonei a reprimere il fenomeno. (Massima a cura di Giuseppe Buffone Riproduzione riservata) IN FATTO E DIRITTO Con ricorso ex art. 35 D.L.vo 25/08, tempestivamente proposto in data 17.12.2010,...., cittadino di El Salvador, ha proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato di Milano (provvedimento notificato il 19.11.2010) aveva rigettato la sua richiesta di protezione internazionale. Il ricorrente, a sostegno della propria domanda di protezione internazionale, ha dedotto: che, quando aveva dieci anni, si era trasferito unitamente alla madre ed ai fratelli a Los Angeles, ove aveva iniziato a frequentare la banda, detta anche la 13, osteggiata dalla rivale banda 18, di origine messicana; che, a causa del difficile contesto familiare, aveva cominciato a frequentare sempre più assiduamente la banda MS, diventando anche un homie (termine che indica un rapporto di fratellanza); che a causa della frequentazione con i membri della banda non si era presentato agli Uffici Immigrazione e che nel 1995 era stato deportato in Salvador; che, dopo aver ricominciato a far uso di droghe, era venuto in contatto con membri della Chiesa Cristiana ed aveva iniziato un percorso di disintossicazione e reinserimento nella società; che aveva cominciato ad insegnare religione ed aveva conosciuto poi una ragazza che era diventata in seguito sua moglie; che nell ottobre del 2004 era stato avvicinato da membri della banda.. che lo avevano minacciato e poi, nell ottobre 2004, era stato vittima di un sequestro da parte di membri della detta banda; che dal 2004 al 2009 membri della banda.. avevano continuato a minacciare il ricorrente e la sua famiglia (giungendo anche da abusare della moglie) e pretendevano altresì il Riproduzione riservata 1

pagamento di un pizzo ogni mese; che, a causa del clima di terrore subito dal ricorrente e dalla sua famiglia a causa dei comportamenti della banda, era stato infine costretto a lasciare il Salvador. La Commissione Territoriale, non costituitasi in giudizio, ha trasmesso gli atti relativi al procedimento svoltosi dinanzi ad essa. Il P.M. ha ricevuto rituale notifica del ricorso introduttivo ed ha concluso per l accoglimento del ricorso. Sentito il ricorrente, escussi i testi ammessi, acquisiti i documenti prodotti, il giudice, sulle conclusioni delle part, ha trattenuto la causa in decisione. Il ricorso, proposto ai sensi dell'art. 35 del D.Lvo 28.1.2008 n. 25 (Attuazione della Direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, applicabile nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2011 ai procedimenti pendenti, come quello in esame, in virtù del disposto dell art. 36) è fondato e merita accoglimento. Ai sensi dell'art. 2 del D.Lvo 19.11.2007 n. 251, che dispone, conformemente alla Convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28.7.1951 e ratificata con L. 24.7.1954 n. 722, rifugiato è il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o non vuole avvalersi della protezione di tale Paese. Il successivo art. 3 dispone che, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato o dell'attribuzione della protezione sussidiaria, il richiedente debba presentare tutti gli elementi e la documentazione necessaria a motivare la relativa domanda. Ai sensi degli art. 5 e 7 del medesimo D.Lvo, ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale, gli atti di persecuzione paventati debbono essere sufficientemente gravi, per natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, potendo assumere, tra le altre, la forma di atti di violenza fisica o psichica, di provvedimenti legislativi, amministrativi e giudiziari discriminatori; responsabili della persecuzione o del danno grave debbono essere lo Stato, partiti od organizzazioni che controllano lo Stato od una parte consistente del suo territorio; soggetti non statuali, se i soggetti sopra citati, comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione. È invece persona ammissibile alla protezione sussidiaria il "cittadino di un Paese non appartenente all'unione Europea o apolide che non possiede i requisiti per essere rifugiato, ma nei cui confronti sussistano fondati motivi di ritenere che se ritornasse nel Paese d'origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall'art. 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007 n. 251, e il quale non può, o a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della Riproduzione riservata 2

protezione di detto Paese"; più precisamente, secondo il citato art. 14 "sono considerali danni gravi: a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale". Se per un verso nelle controversie attinenti al riconoscimento dello status di rifugiato politico deve ritenersi in via generale attenuato l onere probatorio incombente sul richiedente - così come oggi esplicitato dall art. 3, comma 5 D.lvo 251/07-, d altra parte il richiedente protezione non è esonerato dalla prova. Secondo l insegnamento della Cassazione L'onere probatorio, deve dunque essere assolto seppur in via indiziaria tenendo conto delle difficoltà connesse a volte ad un allontanamento forzato e segreto, ma comunque a mezzo elementi aventi carattere di precisione, gravità e concordanza, desumibili dai dati, anche documentali, offerti al bagaglio probatorio ( )Il fatto che tale onere debba intendersi in senso attenuato non incide sulla necessità della sussistenza sia della persecuzione sia del suo carattere personale e diretto per le ragioni rappresentate a sostegno della sua rivendicazione (cfr. Cass. n. 26278/05), e soprattutto non pone a carico dell'amministrazione alcuno speculare onere ne' di concedere il beneficio del dubbio, ne' di smentire con argomenti contrari le ragioni addotte dall'istante. (Cass. 18353/06). In particolare, per accertare la veridicità e l'attendibilità delle circostante esposte dal ricorrente a fondamento delle proprie istanze di protezione internazionale deve farsi applicazione del regime dell'onere della prova previsto nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, che stabilisce che, se il richiedente non ha fornito la prova di alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova vengono ritenuti comunque veritieri se: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) è stata fornita un'idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi, le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili e correlate alle informazioni generali e specifiche riguardanti il suo caso; c) il richiedente ha presentato la domanda il prima possibile o comunque ha avuto un valido motivo per tardarla; d) dai riscontri effettuati il richiedente è attendibile (v. Cass. 6879/11). Il ricorso merita accoglimento Nella domanda di protezione internazionale, formalizzata il presso la Questura di Milano, il ricorrente ha riferito di essere cittadino di El Salvador e di essere partito dal suo Paese perché costretto dalle continue minacce e aggressioni perpetrate nei confronti suoi e della sua famiglia da componenti della banda. Il ricorrente è stato sentito dalla Questura di Milano il 14.9.2010 e dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano il 25.10.2010, rendendo sempre dichiarazioni coerenti e concordanti. Riproduzione riservata 3

La motivazione addotta dalla Commissione a sostegno del suo provvedimento non può essere condivisa. Si osserva, ad ogni buon conto, che il presente giudizio non ha certo natura impugnatoria, avendo invece ad oggetto lo status di rifugiato, riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, rispetto al quale tutti i provvedimenti assunti dagli organi competenti hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva. Tra i numerosi procedimenti in materia di protezione internazionale sin qui definiti da questo giudice, quello in esame si staglia per la completezza e la chiarezza del quadro probatorio emerso nel corso del giudizio, che conferma in ogni particolare la vicenda personale narrata dal ricorrente. Le dichiarazioni rese dalla moglie del ricorrente nel corso del giudizio, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare solo in ragione del rapporto che la lega al ricorrente, le relazioni mediche versate in atti (che confermano come ancora oggi il ricorrente soffre di un grave stato di disagio causato dalle violenze e dai traumi a cui è stato sottoposto), la denuncia presentata alla Polizia di Santa Tecla dal conducente dell autobus sul quale viaggiava il Salvador il giorno del rapimento, la dichiarazione resa dal Pastore della Chiesa frequentata dal ricorrente, confermano quanto dichiarato dal ricorrente in merito al fatto che egli era stato costretto a lasciare il Paese a causa delle aggressioni e delle continue minacce subite dai componenti della banda MS. La stampa internazionale ed i siti it.peacereporter.net e www.internazionale.it danno conto del fatto che in Salvador il livello di violenza continua a crescere continuamente a causa della guerra che si consuma nelle periferie urbane tra le bande giovanili. In particolare si legge che nella maggior parte dei casi le bande uccidono chi non è disposto a pagare le tangenti per tenere aperto un negozio (come nel caso del ricorrente, che gestiva una panetteria) e che le stesse autorità salvadoregne hanno promesso una serie di benefici ai capi delle bande criminali a condizione che riducano gli omicidi. Alla luce di quanto sin qui sinteticamente esposto, a questo giudice appare del tutto evidente il grave pericolo di persecuzione cui sarebbe soggetto il ricorrente in caso di rientro in Patria, motivato dalla sua pregressa appartenenza alla banda, in una rilevante posizione (come homie) e dalle continue aggressioni e minacce subito dallo stesso nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2009. Le gravi aggressioni e minacce subite, il sequestro del 2004, il grande potere esercitato dalla banda.., l elevato numero dei componenti della detta banda e la notevole diffusione su tutto il territorio del Salvador, le preoccupanti informazioni sull incapacità delle autorità di contrastare tale gravissimo fenomeno, confermano l'attualità e concretezza del rischio per il ricorrente di subire in patria nuove minacce e aggressioni. Riproduzione riservata 4

Sussistono, pertanto, i presupposti per riconoscere al ricorrente lo status di rifugiato sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28.7.1951 e del D.Lvo 19.11.2007. n. 251. In considerazione del fatto che l Amministrazione dello Stato non si è costituita e non ha resistito alla domanda del ricorrente, e a norma dell art. 133 DPR 30.5.2002 n. 115, appare corretto prescindere dalla pronuncia di condanna alle spese (in quanto questa verrebbe a cadere su un amministrazione dello Stato, in favore di quest ultimo). P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa: accetta e dichiara il diritto di, nato a.. in data..1973 al riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28.7.1951 e del D.Lvo 19.11.2007. n. 251; spese non ripetibili; dispone che la presente sentenza sia notificata al Ministero dell interno presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale presso la Prefettura di Milano e sia comunicata al Pubblico Ministero. Milano, 10 ottobre 2012 Il Giudice Martina Flamini Riproduzione riservata 5